Vox Romanica
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
10.2357/VOX-2021-010
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2021
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Kristol De StefaniFederico Spiess
2021
Lidia Nembrini
Dario Petrini
DOI 10.2357/ VOX-2021-010 Vox Romanica 80 (2021): 301-304 Federico Spiess 24 maggio 1927 - 14 agosto 2021 Lidia Nembrini (Cadro) / Dario Petrini (Bellinzona) 1 La notizia del decesso di Federico Spiess è giunta lo scorso mese di agosto ai redattori dell’opera alla quale ha dedicato le ricerche di una vita, il Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana (in seguito VDSI), suscitando commozione e ricordi affettuosi in coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo. Nato a Lugano nel 1927, si trasferisce in seguito a Zurigo dove frequenta le scuole fino al liceo, concluso nel 1946 con la maturità di tipo letterario. Compie successivamente studi di filologia romanza nelle università di Zurigo, sotto la guida di Jakob Jud, Pavia e Montpellier, per concluderli nella città sulla Limmat con il dottorato nel 1954. Fra il maggio dello stesso anno e il luglio 1955 è assistente presso il Romanisches Seminar zurighese (circostanza che gli fa tra l’altro incontrare Max Pfister, allora ai suoi primi passi). Nel 1956 viene assunto come redattore del VSI, sotto la direzione di Silvio Sganzini 2 , dove rimane fino al 1961. Dopo un’interruzione che lo vede collaboratore della rivista storico-culturale basilese Rassegna CIBA, nel 1966 fa ritorno al VDSI, per dirigerlo in seguito dal 1973 fino al 1992, anno del suo pensionamento. La bibliografia scientifica di Federico Spiess 3 si sviluppa lungo due linee principali: da un lato vi sono gli articoli che compila per il VDSI (se ne contano ben 1.081), dei quali non è possibile riferire compiutamente in questa sede 4 , dall’altro i contributi in riviste, atti di convegni e miscellanee; questi ultimi sono a loro volta suddivisibili in scritti nati dalle esperienze maturate redigendo voci del VSI e studi indipendenti da tale attività. Molti contributi di Spiess ce lo fanno immaginare sollecitato dall’esterno a esprimersi su temi scientifici di attualità mentre è completamente immerso nel lavoro in progress del VDSI. Abbiamo questa impressione perché l’attività quotidiana del lessicografo, la presentazione della «pratica», della «tägliche praktische Erfahrung» (espressioni a lui care) entrano spesso abbondantemente a far parte dei suoi inter- 1 A L.N. si devono i paragrafi conclusivi dello scritto e la ricerca di alcune informazioni biografiche. 2 Vedi il necrologio, firmato da Spiess, (Sganzini 1898-1972), VRom. 32: 213-16. 3 Si fa riferimento qui di seguito alla bibliografia presente nella raccolta di contributi dello studioso che il Centro di dialettologia e di etnografia gli ha voluto dedicare in occasione dei suoi 80 anni (Spiess, Scritti linguistici, a cura di G. Ceccarelli, Bellinzona 2007) alle pagine 15-23. 4 Segnaliamo almeno le trattazioni di verbi come batt ‘battere’, brüsá ‘bruciare’, bütá ‘germogliare; gettare’, casciá ‘cacciare’, di famiglie lessicali come quelle di bora ‘tronco d’albero’, brenta ‘brenta (recipiente a doghe)’, camoss ‘camoscio’, dei gruppi di voci inizianti per bor(e)le borgn-, dei tre omofoni bött e dei quattro bòza. Lidia Nembrini / Dario Petrini 302 DOI 10.2357/ VOX-2021-010 Vox Romanica 80 (2021): 301-304 venti. Come nel corposo intervento Karl Jaberg und die Sprachgeographie in der täglichen Arbeit des Dialektologen (1980), da cui deriva anche Teoria e pratica nel lavoro quotidiano del dialettologo (1981), in cui ci sembra di assistere per così dire «in diretta» all’elaborazione di un gruppo di voci dialettali accomunate dal tema barl-. In entrambi gli scritti pare di cogliere il momento in cui un allievo di Jud abbraccia le ricerche jaberghiane attorno agli elementi espressivi del linguaggio, considerandole in grado di far luce sull’origine di lessemi il cui trattamento risulta particolarmente arduo. A distanza di un anno, lo stesso materiale dialettale (arricchito con nuovi casi) viene poi affrontato da una prospettiva diversa, all’interno del contributo intitolato Über die Abgrenzung scheinbar zusammengehöriger Worteinheiten (1982), per esemplificare ulteriori problemi che si incontrano nella pratica lessicografica. Altre occasioni esterne all’attività quotidiana invogliano invece Spiess a compiere delle sintesi, a riunire materiali incontrati nel corso degli anni: è ad esempio il caso di Il Malcantone, un angolo del Luganese che guarda verso occidente (1988), che tratta dei rapporti, depositati nel lessico dialettale, fra la regione nominata nel titolo e il Piemonte, e di Forestierismi nei dialetti della Svizzera italiana (1988), da considerare uno dei saggi di riferimento sull’argomento. Merita a nostro avviso una menzione particolare un insieme di scritti che possono essere visti come riflessioni sul VDSI in quanto strumento di ricerca. In essi, una diversa caratteristica dell’opera viene volta per volta messa sotto la lente: Die Namenforschung im Rahmen des Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana (1974) affronta la questione del trattamento dell’onomastica; la presenza di forme documentarie nel VDSI e il rapporto con il lavoro degli storici sono indagati in Archivistica e lessicografia: due campi di attività che si completano (1976); del commento che chiude ogni lemma si occupa La ricerca etimologica nell’ambito del Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana (1981); infine, in L’aspetto geografico nel Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana (VSI) (1992) riemerge il tema della complementarità fra atlanti e dizionari dialettali. Un ulteriore sguardo, più generale, sull’attività del VDSI è inoltre rappresentato da Grossräumige und kleinräumige etymologische Wörterbücher (1997), nel titolo del quale è facile cogliere l’eco di un noto testo di Jaberg riferito agli atlanti linguistici. Si può affermare che gli scritti di Spiess indipendenti dall’attività redazionale hanno il loro capostipite nella sua tesi dottorale, Die Verwendung des Subjekt-Personalpronomens in den lombardischen Mundarten (1956). Nella miscellanea dedicata a Konrad Huber nel 1983, Spiess ricorda come il professore zurighese abbia deplorato, qualche anno prima, «che così pochi studiosi si [siano] […] chinati sui problemi tanto interessanti della morfosintassi dialettale». Stranamente, i pochi lavori dedicati a tali argomenti si dovevano ai direttori dei tre vocabolari nazionali romanzi, quasi che, continua Spiess tra il serio e il faceto, «[fossimo] obbligati a dedicare la nostra attività a un lavoro lessicografico che in fondo è contrario alla nostra vera vocazione morfosintattica». Tutto si risolve comunque per il meglio, nonostante l’apparenza del contrario, visto che «[possiamo] […] dedicarci alla dialettologia, tanto come professionisti nelle ore di presenza nei nostri uffici, quanto come dilet- Federico Spiess 303 DOI 10.2357/ VOX-2021-010 Vox Romanica 80 (2021): 301-304 tanti durante il nostro tempo libero». La «vocazione» di Spiess riaffiora più volte, all’interno della sua bibliografia: si vedano Zur Morphologie und Syntax des Verbums avé in den Mundarten der italienischen Schweiz (1963), o gli svariati contributi (1982, 1983, 1986) incentrati sui cosiddetti verbi sintagmatici (del tipo andare dentro ‘entrare’/ -fuori ‘uscire’/ -su ‘salire’/ -giù ‘scendere’ ecc.). Nel 1971, Spiess traduce un testo di Oscar Keller, Aktionsart oder periphrastisches Perfekt? Die Verbalflexion auf -ba der Val Verzasca (Tessin); nel 1985 pubblica La sintassi dialettale: un capitolo a torto trascurato della dialettologia; del 1991 è La congiunzione che da elemento lessicale a segno di subordinazione, con riflessioni personali sul tema del doppio complementatore (del tipo quando che, perché che in luogo dei semplici quando, perché). Pleonasmus und Expressivität bei Ortsadverbien in den Dialekten der italienischen Schweiz (2001) è poi una disamina ben strutturata del cumulo di avverbi di luogo (del tipo sü sü lí da sóra, alla lettera ‘su su lì di sopra’ ecc.). Accanto alla sintassi dialettale, la formazione delle parole appare a Spiess come «un altro capitolo […] alquanto trascurato»; nell’attesa che «qualche giovane ricercatore» se ne interessi, lo studioso propone un approfondimento esemplare di tre elementi derivativi nella relazione intitolata Di alcuni suffissi nei dialetti della Svizzera italiana (1983). Ma altri contributi ancora, svincolati dall’attività lessicografica, vanno assolutamente ricordati. Innanzitutto, fra il primo e il secondo periodo nel quale Spiess è redattore del VDSI si situano le due sezioni dello studio di fonetica Einige Betrachtungen zur Mundart der Collina d’Oro (1965, 1968), che sorprende tuttora per la sua freschezza. Tale caratteristica è dovuta probabilmente alla volontà dichiarata dall’autore di distanziarsi dalle presentazioni canoniche, nelle quali gli esiti dialettali sono classificati a partire dal loro etimo. Qui Spiess parte programmaticamente «vom heutigen phonologischen und morphologischen System der Mundart» e, nel vocalismo, insegue schemi costituiti dalle alternanze determinate dall’accento (a cominciare da quella di ò aperta e o chiusa, in coppie come al pòrta ‘(egli) porta’/ portá ‘portare’). In secondo luogo, Lingua e dialetti nella Svizzera italiana (1974) sviluppa delle considerazioni sulle funzioni sociali rispettive di dialetto e lingua, basate soprattutto su esperienze personali. Nel titolo ci sembra di cogliere un’allusione al tuttora imprescindibile Lingua e dialetti della Svizzera italiana di Carlo Salvioni (1907), quasi a voler segnalare la complementarità del punto di vista qui adottato rispetto ai criteri linguistici che danno forma alla descrizione salvioniana. Ma anche Spiess, per nostra fortuna, ha voluto cimentarsi con questo genere saggistico, facendo sì che oggi possiamo utilmente affiancare allo scritto di Salvioni il suo La Svizzera italiana. Profilo regionale (2002). Federico Spiess, convinto di dover servire la collettività con le sue competenze quale forma di riconoscenza per aver potuto compiere studi universitari, accanto all’attività professionale principale ha assunto diverse cariche in istituzioni scientifiche e civili. È stato dapprima membro e poi presidente della Società svizzera di linguistica (dal 1986 al 1990), del Curatorium di Vox Romanica (dal 1973 al 2001), e anche autorevole capo della Sezione I dell’Accademia svizzera di scienze morali e Lidia Nembrini / Dario Petrini 304 DOI 10.2357/ VOX-2021-010 Vox Romanica 80 (2021): 301-304 sociali (dal 1990 al 1996), nella quale ha rappresentato le esigenze della Svizzera italiana, difendendole con costanza. Per i suoi molti meriti nella ricerca scientifica elvetica, nel 2003 è stato nominato membro onorario del Collegium Romanicum. L’impegno politico lo ha portato a ricoprire le cariche di municipale del suo comune di residenza, Montagnola (dal 1972 al 1985), poi di giudice di pace del circolo di Agno (dal 1993 al 1997), membro del comitato cantonale del PPD e vicepresidente dell’Ente turistico del Ceresio. Nell’attività associativa è stato presidente della Filarmonica popolare democratica di Montagnola e socio iniziatore della Fondazione culturale della Collina d’Oro. Con la partecipazione assidua ai convegni del Centro di Studio per la Dialettologia Italiana (dal 1967 quale delegato della Svizzera), Federico Spiess ha saputo tessere una rete di conoscenze e di amicizie con i maggiori esponenti della dialettologia italiana, da Manlio Cortelazzo a Giovanni Frau, da Alberto Zamboni ad Antonietta Dettori, da Rosanna Sornicola a Giovan Battista Pellegrini, da Giovanni Ruffino a Tullio Telmon (per citarne solo alcuni), con i quali scambiava proficuamente informazioni, dati inediti e ipotesi etimologiche su voci delle rispettive aree di indagine. Ben si spiega dunque anche la sua partecipazione ai lavori dell’Atlas Linguarum Europae (membro della commissione svizzera dal 1979 al 1990) e la sua appartenenza all’Académie des Langues Dialectales del Principato di Monaco (dal 1982 al 2020), dove ha presentato gli esiti dei suoi lavori di ricerca ergologica, condotti seguendo i principi a lui molto cari di attenzione alle parole e alle cose. Qui ci piace ricordare come la sua relazione dal titolo L’olio e la sua produzione nella Svizzera italiana (1986) abbia contribuito al recupero della coltivazione dell’ulivo in Ticino, in particolare nella regione di Gandria, dove da qualche anno si valorizza e vende il prodotto del raccolto locale. Federico Spiess, sposato con la vicentina Gina Spiller, non ha avuto la gioia di poter crescere figli suoi. Forse proprio per questo ha rivolto un’attenzione quasi paterna ai giovani interessati allo studio delle lingue e dei dialetti, mostrandosi prodigo di insegnamenti e di consigli di lettura con gli studenti universitari di Lettere che accoglieva per qualche mese di stage al VSI, e fungendo da maestro per i neoassunti redattori avviati alla ricerca dialettale ed etimologica. Federico Spiess è così riuscito negli anni a formare un team affiatato, che oggi gli è grato anche e soprattutto per la sua grande umanità.