eJournals Vox Romanica 80/1

Vox Romanica
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
10.2357/VOX-2021-016
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/
2021
801 Kristol De Stefani

Thomas III. von Saluzzo, Le livre du Chevalier errant, herausgegeben von Robert Fajen, Reichert (Wiesbaden) 2019, lxii + 715 p. (Reihe Imagines Medii Aevi. Interdisziplinäre Beiträge zur Mittelalterforschung 48).

2021
Marco Veneziale
331 DOI 10.2357/ VOX-2021-016 Vox Romanica 80 (2021): 331-334 Besprechungen - Comptes rendus quelle le travail de Chardri aurait eu --selon l’auteure-- un impact direct sur les deux manuscrits conservés, le ms. d’Oxford et celui de la British Library (444-54). Ce dense volume répond à tous les critères d’une entreprise scientifique aussi novatrice que fiable. La richesse de la matière traitée fait de ce livre non seulement une lecture fondamentale pour les experts du sujet, mais aussi une découverte intéressante pour les autres chercheurs du domaine. Ils trouveront dans cet ouvrage un modèle de recherche littéraire ayant des implications scientifiques concrètes et utiles pour notre connaissance de l’histoire littéraire du Moyen Âge. Valeria Russo (Université de Lille) ★ Thomas III. von Saluzzo, Le livre du Chevalier errant, herausgegeben von Robert Fajen, Reichert (Wiesbaden) 2019, lxii + 715 p. (Reihe Imagines Medii Aevi. Interdisziplinäre Beiträge zur Mittelalterforschung 48). Dopo aver consacrato a Tommaso di Saluzzo una monografia nel 2003 (Die Lanze und die Feder. Untersuchungen zum ‘Livre du Chevalier errant’ von Thomas III., Markgraf von Saluzzo, Wiesbaden, Reichert), Robert Fajen completa oggi il suo lungo lavoro sull’opera del marchese con una nuova edizione del Livre du Chevalier errant. Come noto, l’immenso romanzo di Tommaso III è un prosimetro all’interno del quale un anonimo cavaliere errante (probabile maschera autobiografica dell’autore) compie un viaggio allegorico nei tre regni di Amore, Fortuna e Conoscenza, dove incontra personaggi storici e letterari e rivive eventi ripresi da diverse opere del Medioevo francese (romanzi arturiani, testi storici, manuali di devozione, ecc.). Gli studi sul romanzo, finora molto parziali, hanno trovato in questo filone d’indagine, lo studio delle fonti, un campo proficuo, soprattutto grazie ai lavori di Anna Cornagliotti, Anna Maria Finoli e Marco Piccat, che hanno permesso di mettere in luce la cultura e le conoscenze letterarie del marchese di Saluzzo. L’introduzione del volume si apre con una canonica biografia dell’autore (IX-XX) e uno studio del romanzo, considerato come un autoritratto letterario dell’autore (XX-LXII). In quest’ultima sezione Fajen prende posizione riguardo al dibattito critico attorno alla data di composizione. Gli studiosi si dividono tra chi opta per una datazione del romanzo tra il 1394 e il 1396, durante la prigionia torinese di Tommaso presso i Savoia, e chi opta per gli anni tra il 1403 e il 1405, durante il lungo soggiorno parigino dell’autore a seguito del suo matrimonio con Margherita de Roucy. Secondo quest’ultima ipotesi, seguita da Piccat nella sua edizione del 2008, è a Parigi che Tommaso avrebbe potuto affinare il suo francese e avere accesso a numerosi testi altrimenti irreperibili in Piemonte. F. propende invece per gli anni 1394-1396, convinto che, essendo Tommaso figlio di Beatrice di Ginevra ed essendo probabilmente cresciuto in un contesto forse bi-, se non addirittura plurilingue (piemontese, occitano, francese), non ebbe bisogno di vivere a Parigi per imparare il francese; tanto più che nessun riferimento storico contenuto all’interno del Livre si può far risalire al di là del 1395 (XXII-XXIII). 332 DOI 10.2357/ VOX-2021-016 Vox Romanica 80 (2021): 331-334 Besprechungen - Comptes rendus In seguito, F. si concentra sugli aspetti più letterari del romanzo, in particolare sulla sua struttura compilatoria, capace di inglobare numerosi elementi dalla coeva e precedente letteratura francese (XXVIII s., Eine erzählte Bibliothek). Tra i numerosi testi medievali messi a profitto da Tommaso, F. ricorda la presenza massiccia di elementi arturiani, tra cui spicca la conoscenza del Perceval di Chrétien e della sua Première Continuation (XXXI), di romanzi d’antichità, oltre a un romanzo di avventura come Theseus de Cologne; oppure, nella branche di Conoscenza, un ampio ricorso alla Somme le Roi di Frère Laurent. Secondo F., il romanzo si presenta quindi come una «imaginäre, in eine narrative Form gekleidete Bibliothek Thomas’ III» (XXXIII). F. studia inoltre le modalità con cui, all’interno del quadro allegorico del romanzo (ispirato ovviamente al Roman de la Rose), sono integrate alcune figure letterarie appartenenti ad altre materie narrative. Il caso più eclatante è quello di Brehus sans Pitié, cavaliere fellone e uccisore di damigelle nel Tristan en prose e in Guiron le Courtois che, nella branche di Amore, è protagonista nella schiera dei gelosi (XXXIV-LII). Gli ultimi due paragrafi dell’introduzione (§3 e 4) sono di stampo filologico. Essi sono dedicati alla trasmissione manoscritta e alle edizioni precedenti e servono a F. per giustificare le proprie scelte ecdotiche. Il Livre du Chevalier errant è oggi trasmesso da due codici, P (= Paris, BnF, fr. 12559) e T (= Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, L.V.6), ai quali ne va aggiunto un terzo oggi non reperibile, M (v. §3.3), che appartenne a fine Settecento al medico torinese Vincenzo Malacarne, il quale ne diede una descrizione per la Società Patriottica Torinese. P e T si distinguono sia a livello macrotestuale (mancano in T alcuni passaggi lunghi), sia a livello microtestuale per una ricca microvarianza. Secondo F., i due testimoni rappresentano quindi due differenti stadi redazionali dell’opera, il secondo dei quali, rappresentato da P, da collocare durante il soggiorno parigino di Tommaso (LXX), mentre entrambe le copie sono l’opera di ateliers parigini dell’inizio del XV secolo. Finora, il romanzo di Tommaso si leggeva in due diverse edizioni: la tesi di dottorato (non pubblicata, ma disponibile in diverse biblioteche europee) di M. J. Ward 1 e il volume curato da L. Ramello e M. Piccat 2 . Rispetto a questi due lavori, la nuova edizione di F. apporta un contributo sostanziale alla conoscenza testuale del romanzo, giustificandone pienamente la pubblicazione a pochi anni dall’edizione Ramello. Benché sia Ward che Ramello avessero già deciso di utilizzare P come manoscritto di base dell’edizione, il loro atteggiamento nei confronti del codice si è rivelato per certi versi diametralmente opposto. Ward, da un lato, cerca di migliorare la lezione di P «vor allem in den Verspartien immer dann, wenn ihm die entsprechende Stelle in T grammatisch korrekter und in Metrum und Reim glatter erschien» (LXXII), creando così un’edizione a tratti ibrida. Ramello adotta un atteggiamento più conservativo rispetto alle lezioni di P, senza collazionare il testo di T: il lavoro è fin troppo «bédierista», salvo diventare interventista nel momento in cui l’editrice decide di stampare come fossero versi diversi passaggi prosastici (come ad esempio il discorso della città di Genova personificata) che dagli studi di Giuseppe Di Stefano sono noti come «prosa poetica»; e que- 1 Ward M. J. 1984: A critical edition of Thomas III, Marquis of Saluzzo's ‘Le Livre du Chevalier Errant’, Chapel Hill, University of North Carolina. 2 Ramello L./ Piccat M. 2008: Il Libro del Cavaliere Errante (BnF ms. fr. 12559), Boves, Araba Fenice. 333 DOI 10.2357/ VOX-2021-016 Vox Romanica 80 (2021): 331-334 Besprechungen - Comptes rendus sto anche se in entrambi i codici i passi in questione sono copiati in prosa - LXXIII-LXXIV; si veda anche la recensione dell’ed. Piccat/ Ramello (2008) di Finoli (2010) 3 . La soluzione ecdotica adottata da F. diverge dalle due proposte precedenti. Pur intervenendo in pochissimi casi sul testo di P, in apparato sono registrate tutte le varianti di T. In questo modo, il lettore ha la possibilità di verificare rapidamente le divergenze tra i due codici e di costruirsi mentalmente la lezione di T, ciò che è particolarmente utile nelle porzioni in versi, dove gli ottosillabi di P, spesso ipoo ipermetri, sono normalizzati dal copista di T. Si veda ad esempio i v. 1251-52, dove P recita: «Ilz n’y firent autre demeuré, / ou pays ilz sont entré»: il secondo v. del couplet è ipometro, la rima imperfetta. T recita invece, in maniera metricamente corretta: «Ilz n’y firent autre demeure / ou pays sont entrés en l’eure». Di base, F. non interviene sul testo di P che in caso di guasto evidente. In alcuni casi, si sarebbe potuto auspicare un maggiore interventismo da parte dell’editore, almeno nei confronti di lezioni già giudicate erronee dalla critica. Due esempi: ai v. 8688-89, in un passaggio tratto integralmente dal Roman de la Rose si legge «Entechiez de pardon pechiez, / Pechiez de pardon entechiez» il secondo verso presenta un’inutile ripetizione, che nasconde invece l’antitesi presente nel modello, «Entechiez de pardon pechiez, / De pechiez pardon entechiez» (Finoli 2010: 345). E ancora: all’interno della prima branche il Cavaliere errante passa dalla Francia in Piemonte, dove «Tant sejournames en celle citee / qui est au bout d’une valee, / quant on passe Morianne / Ce est a l’entree de toute Ytalie» (v. 2667-70, che si tratti di Susa, la prima cittadina dopo il passo del Moncenisio? ). Il testo prosegue descrivendo il Piemonte come un paese «plains de tous delis, / car le Dieu d’Amour y fait son reppaire» (v. 2672-73). Il narratore chiude commentando che quel luogo, «Il est par aucuns nommés / le pays de Cananees». Già Segre (2008) 4 aveva osservato che il pays de Cananees altro non è che una lettura errata per Canavees, ovvero il Canavese, mentre F. decide in questo caso di stampare la lezione biblica conservata in P, Cananees, registrando però entrambe le varianti nell’indice dei nomi. È pur vero che il Canavese è regione storicamente più a Nord della valle di Susa, e che anche l’interpretazione come «terra promessa» sarebbe a priori accettabile: in questo caso una nota avrebbe potuto spiegare il giudizio dell’editore. Il volume è poi completato da un ricco glossario (583-611), un riassunto del romanzo (613- 46), una tavola sinottica comprendente i passaggi che Tommaso riprende letteralmente da altre opere (647-84) e, infine, da un indice dei nomi e dei luoghi (685-715). Queste ultime sezioni si rivelano di grande utilità anche per la comprensione del romanzo: scegliendo F. di non inserire note critiche, è all’interno del riassunto che si possono trovare riferimenti ai modelli di Tommaso, permettendo così di capire quando e dove comincino prestiti testuali e/ o riassunti di altri testi letterari. Grazie a questi strumenti, il lettore ha la possibilità di muoversi agevolmente all’interno del testo. Consapevoli del fatto che il romanzo è immenso e che sarebbe impossibile per una sola persona risolvere tutti i problemi che esso presenta, ci pare comunque che sarebbe stato necessario dedicare maggiore attenzione ai problemi posti dalla metrica e dalla lingua. Manca- 3 Finoli A. M. 2010: rec. a Ramello/ Piccat 2008, Studi Francesi 161: 344-46. 4 Segre C. 2008: Dai metodi ai testi. Varianti, personaggi, variazioni, Torino, Aragno: 282. 334 DOI 10.2357/ VOX-2021-016 Vox Romanica 80 (2021): 331-334 Besprechungen - Comptes rendus no infatti sia uno studio metrico, che un’analisi linguistica (come del resto già nell’edizione di Piccat/ Ramello 2008). Le due questioni non vanno separate, e avrebbero anzi permesso di meglio rispondere a una domanda fondamentale, anche ai fini della datazione del romanzo, ovvero quali fossero le conoscenze di francese di Tommaso e quali le sue capacità nella composizione dell’ottosillabo. Nulla è quindi cambiato rispetto alle osservazioni di C. Segre (pubblicate per la prima volta nel 1994), secondo il quale «non sapremo mai quali fossero le sue [scil. di Tommaso] conoscenze di italiano […]. Ancor più difficile informarsi sulle sue conoscenze del dialetto locale, in una zona d’incontro fra il piemontese della pianura e il provenzale delle valli alpine» (Segre 2008: 284). Per quanto riguarda il lessico, il ricco glossario posto alla fine del volume ci permette invece di essere meglio informati. Esso è pensato soprattutto come aiuto alla lettura, ma non mancano nel caso di termini difficili i rinvii ai dizionari. In generale, avrebbe comunque giovato allo studio lessicografico un’indicazione degli hapax di Tommaso e/ o dei termini rari. Proponiamo qualche rapidissima correzione: • travache 3304, ‘Zelt’ (‘tenda’) è un italianismo (trabacca è termine ben diffuso nei volgari italiani a partire dal XIII secolo, v. TLIO s.v.), assente in testi galloromanzi. Avrebbe quindi dovuto figurare nella lista degli italianismi stampata a p.-611. • parsegant 4487 non deriva a nostro avviso da parsuivre, come proposto da F., p.-603, ma da poursegier, ovvero ‘assediare da ogni lato’, cfr. FEW 11: 412a. Segnaliamo inoltre che il diagramma -gapuò anche indicare, all’interno del sistema grafico di P, un suono palatalizzato, cfr. p.-153 «l’empererur charga le gouvernement…». Nel glossario avrebbero potuto trovare posto alcuni termini rari, come: • amalee 1543, che è un probabilissimo italianismo per ‘ammalata’ (Segre 2008: 285), o forse ‘irritée, tourmentée’ come proposto da DMF amaler s.v., a partire dall’apr. amalar. • fossalant 4400, p.p. di fossaler ‘costruire un fossato’, termine abbastanza raro (cfr. DMF fosseler s.v.). In conclusione, Fajen ci propone un lavoro di grande respiro, che costruisce un sicuro punto di partenza per la lettura e lo studio dell’immenso prosimetro di Tommaso di Saluzzo. I pochi rilievi che qui si propongono non intendono sminuire l’ottimo lavoro dell’editore, ma solo indicare in quale direzione si potrebbero sviluppare le ricerche future. Marco Veneziale (FNS / Universität Zürich) https: / / orcid.org/ 0000-0002-9683-9673 ★