eJournals Vox Romanica 80/1

Vox Romanica
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
10.2357/VOX-2021-021
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2021
801 Kristol De Stefani

Nicolò Premi, Il trovatore Pons de la Guardia, Strasbourg (EliPhi) 2020, ix + 238 p. (Collection TraLittRo – Études et textes romans du Moyen Âge)

2021
Gerardo Larghi
366 DOI 10.2357/ VOX-2021-021 Vox Romanica 80 (2021): 366-374 Besprechungen - Comptes rendus Nicolò Premi, Il trovatore Pons de la Guardia, Strasbourg (EliPhi) 2020, ix + 238 p. (Collection TraLittRo - Études et textes romans du Moyen Âge). Un Maestro del rango di Alfred Jeanroy definì il trentennio compreso tra 1180 e 1210 «l’âge d’or de la poésie provençale» 1 : entro questi termini si colloca pienamente anche il canzoniere del signore catalano Pons de la Guardia di cui ora il giovane studioso veronese Nicolò Premi ci offre l’edizione critica per i tipi ELiPhi di Strasburgo. Alle otto liriche che compongono l’opera di Pons il Premi aveva già consacrato la sua tesi di dottorato, cui è stato assegnato nel 2021 dalla Association Internationale des Études Occitanes il Premio per il miglior lavoro finale del cursus universitario dedicato alla letteratura occitanica. Il filologo si è trovato a confrontarsi con una materia già abbondantemente soppesata e per di più da un gigante della disciplina quale fu István Frank: il risultato ovviamente avrebbe potuto risentirne in termini di esito generale data la qualità dei predecessori e la natura stessa del campo in cui si è deciso di arare, ma nonostante ciò al punto d’arrivo del lavoro si registreranno novità e non difetteranno né le indispensabili messe a punto (necessarie a oltre 70 anni da quella edizione), né le sottolineature di dettagli che fanno la differenza. In sostanza quello di Premi risulta a tutti gli effetti un valido contributo utile ad avanzare un’opera che, non lo si dimentichi, è per sua stessa natura perennemente perfettibile. Il volume si apre con un esame minuzioso della tradizione manoscritta, della recensio e delle caratteristiche della trasmissione del testo, cui fa seguito un capitolo dedicato alla discussione della consistenza del corpus e dei problemi attributivi che esso pone (21), delle liriche ad attribuzione univoca (21), di quelle di paternità controversa (22). Questa sezione continua con l’analisi dei dati biografici, argomento cui Premi dedica ampio spazio e notevole attenzione non solo riesaminando quanto già sappiamo sul nobile catalano e sulla sua vicenda umana quanto anche, ed è una scelta non solo rimarchevole per i risultati ma per nulla diffusa, andando a scavare negli archivi alla ricerca di nuove testimonianze. Dopo aver esaminato il contesto generale entro cui si colloca la vicenda del lirico catalano, l’editore passa così ad osservare le diverse forme attestate per il nome di Pons sia nella tradizione manoscritta delle sue poesie in volgare (in cui esso oscilla tra le forme sa gardia e la gardia) sia nei numerosi documenti ove esso compare (e in cui invece si rinviene solo Poncius de Guardia), giungendo ad aderire alla tradizionale denominazione di Pons de la Guardia (34). Una parte consistente di questa porzione di libro è a ragione e opportunamente consacrata allo studio dell’abbondante (almeno in relazione a quanto ci è noto di tanti altri suoi colleghi trovatori) dossier che ci è rimasto dell’artista: se i risultati finali possono non presentare modifiche radicali rispetto a ciò che già si sapeva, rimane che numerosi dettagli si precisano e il ritratto del trovatore acquista una luce un po’ più definita e dai contorni meno generici. Partendo dai dati desumibili dalle poesie (assai radi per la verità e che sono riassumibili nella citazione di Adelaide di Burlats in BEdT 377.6 e forse in 377.4; nelle dispute tra Alfonso II e Raimondo V di Tolosa del 1179 ancora in BEdT 377.6; e infine nella possibile allusione al 1 Jeanroy, A. 1934: La poésie lyrique des troubadours, Toulouse/ Paris, Henry Didier-Edouard Privat, t. 2: 144. 367 DOI 10.2357/ VOX-2021-021 Vox Romanica 80 (2021): 366-374 Besprechungen - Comptes rendus trattato di Jarnègues del 1176 in BEdT 377.3), Premi ricontrolla anzitutto il campo degli omonimi identificabili con il trovatore corroborando le conclusioni cui pervenne István Frank nel suo antico lavoro su Pons 2 : questi fu un cavaliere attivamente presente nell’entourage di Alfonso II d’Aragona e perfettamente inserito, dal rispetto biografico come ideologico, nei ranghi della classe cavalleresca (37-38) 3 . Il capitolo successivo anatomizza la ventina di testimonianze diplomatiche in cui compare il signum del cavaliere-poeta. Lo studio di questo importante corpus è ben condotto; Premi mette a frutto il paziente scavo condotto in fonti non sempre facilmente accessibili, potendo contare su una buona conoscenza della realtà storico-sociale catalana del secondo XII secolo e su un solido senso storico del documento. L’analisi delle fonti non si limita a segnalare la presenza della firma del trovatore negli escatocolli o la sua citazione in qualche parte degli atti, ma si allarga agli altri sottoscrittori, al contesto nel quale il diploma si inserisce; l’editore fa parlare i documenti e se non sempre i risultati sono pienamente convincenti, questa sua fatica si presenta comunque di notevole interesse e denota una attenzione al dato documentale indispensabile quando si voglia, come è qui il caso, inserire con precisione un autore e la sua opera nel contesto che lo generò e per il quale egli produsse i suoi testi. Tra le proposte avanzate da Premi in queste pagine che avrebbero forse richiesto maggiori riflessioni e a cui magari sarebbe stato opportuno dedicare uno studio specifico onde consolidarne i cardini, si segnala però l’invito dello studioso a riconoscere nel genitore di Pons, Raimondo Bernardo «uno dei tramiti aristocratici tra la casata barcellonese e il monastero di Ripoll» (41): i documenti evocati a sostegno di questa congettura rientrano infatti, almeno a nostro avviso, nella categoria dei consueti legami di ordine commerciale o sono da catalogare tra le procedure di sistemazione dei rapporti tra laici e istituzioni religiose che contrappuntarono i decenni post-riforma gregoriana. In merito invece alle indiscutibili e intense relazioni evocate da Premi tra Ripoll e il monastero provenzale di Saint-Victor di Marsiglia, in esse ci pare preponderante la radice ecclesiologica che divenne poi politico-genealogica. Senza dimenticare il ruolo (anche di esempio) che in questi legami giocò Cluny verso il cui modello organizzativo e riformatore Papa Gregorio spinse Saint-Victor 4 . Infine, sarebbe stato utile, 2 Frank, I. 1949: «Pons de la Guardia, troubadour catalan du XIIe siècle», Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona 22: 229-327. 3 Un quadro della curtis regia alfonsina si rinviene in Grifoll, I. 2017: «Guillem de Berguedà: de la cançó satírica al sirventès», in A. Carrera/ I. Grifoll (ed.), Occitània en Catalonha: de tempses novèls, de novèlas perspectivas. Actes de l’XIen Congrès de l’Associacion Internacionala d’Estudis Occitans, Barcelona/ Lleida: 529-43. 4 Arnaud d’Agnel, G. 1906: «Les possessions de l’abbaye de Saint Victor de Marseille dans le Sud Ouest de la France», Revue Mabillon 2: 177-84; Zarella, R. 1954: Étude d’une seigneurie ecclésiastique provençale: le patrimoine temporel de l’abbaye de Saint-Victor de Marseille au XIe siècle et dans la première moitié du XIIe siècle, D.E.S. d’histoire, Université d’Aix-en-Provence; Devos, J. C. 1956: «L’abbaye Saint Victor de Marseille et la réforme gregorienne», in: Mélanges Busquet: questions d’histoire de Provence XIe-XIXe siècles, Vaucluse, Macabet-Frères: 32-40; Baratier, E. 1966: «La fondation et l’étendue du temporel de l’abbaye de Saint-Victor», Provence Historique 16: 395-441; Magnani Soares-Christen, E. 1998: «Saint-Victor de Marseille, Cluny et la politique de Grégoire au nord-ouest de la Méditerranée», in: G. Constable/ G. Melville/ J. Oberste (ed.), Die Cluniazenser in ihrem politisch-sozialen Umfeld, Münster, LIT: 321-47; Zerner, M. 1999: «Cartulaire et 368 DOI 10.2357/ VOX-2021-021 Vox Romanica 80 (2021): 366-374 Besprechungen - Comptes rendus per completezza bibliografica, rinviare per tutti gli atti nei quali compare Alfonso II di Aragona anche all’edizione completa dei documenti emanati dal monarca catalano-aragonese a cura di Sánchez Casabón, A. I. 1995: Alfonso II Rey de Aragón, Conde de Barcelona y Marqués de Provenza. Documentos (1162-1196), Zaragoza, Institución Fernando el Católico. Seguono i capitoli dedicati alla cultura poetica (59-66): l’esame del dettato testuale consente a Premi di inserire il canzoniere ponsiano entro la corrente del trobar leu e in particolare di rilevarne gli intensi rapporti poetici e testuali intrattenuti con Bernardo di Ventadorn; le sue conclusioni trovano una corroborazione nelle pagine riservate all’esame della «Metrica e versificazione» (67-74), dalle quali emerge l’alto giudizio che trovatori maggiori, quali Peire Vidal, ebbero della competenza metrica di Pons (68). L’edizione vera e propria delle otto liriche è preceduta dalle Tavole di Concordanza, e dalla esposizione dei Criteri di edizione (79-83). Confrontato alla limitatezza del testimoniale (79) Premi assume il fatto che la rarità degli errori complica la costruzione di uno stemma per ogni testo: tale considerazione lo ha convinto a editare i testi fondandosi su principi bedieriani (ib.). In effetti la radezza di loci significativi indispensabili per una ricostruzione lachmanniana, orienta verso una scelta di ordine conservativo. La discussione ecdotica serve così a definire il miglior manoscritto, cioè quello ritenuto meno corrotto e con il maggior numero di varianti preferibili. Su di esso però Premi interviene sia con emendamenti agli errori certi sia laddove le varianti sono ritenute meno plausibili di altre. Il metodo adottato quindi, non è né pienamente lachmanniano (per mancanza di errori significativi) né pienamente bedieriano (perché l’editore comunque interviene contaminando la lezione del miglior manoscritto con quella di altri testimoni). Evitando ogni analisi metodologica dal vago sapore ideologico il ragionamento di Premi assume un andamento decisamente prudente e, soprattutto, le scelte effettuate ci paiono in massima parte condivisibili. L’editore dispone i testi seguendo l’ordine del manoscritto catalano V, il testimone che conserva la più completa collezione di testi ponsiani. Ogni poesia è riprodotta dopo una ampia ed esauriente discussione metodologica e codicologica, un’altrettanto approfondita analisi metrica e delle rubriche attributive, nonché da una puntuale dissertazione testuale. L’apparato, positivo, è diviso in due fasce, la prima delle quali riservata alle varianti di sostanza, mentre la seconda presenta al lettore le varianti grafiche. La traduzione è fedele senza essere pedestre e in essa l’editore cerca di mettere in rilievo il sottofondo culturale e ideologico che innerva il canzoniere del cavaliere-poeta e della corte alfonsina del cui pensiero egli era il riflesso. Le note sono abbondanti e puntuali, illuminando diversi aspetti del testo di ordine lessicale, metrico, testuale, linguistico, storico e prendendo in esame la gran parte dei lavori dedicati all’opera artistica del signore catalano. Segnaliamo qui alcuni passaggi che non ci hanno pienamente convinto. Canzone 1. (BEdT 377.4), vv. 12-13: Dopo «so sapchatz», meglio una pausa forte in luogo della virgola. Canzone 2. (BEdT 377.6), v. 25. Il que introduttivo della cobla andrà reso con historiographie à l’époque grégorienne: le cas de Saint Victor de Marseille», Provence Historique 49: 523-39. 369 DOI 10.2357/ VOX-2021-021 Vox Romanica 80 (2021): 366-374 Besprechungen - Comptes rendus «Infatti» piuttosto che con «Perché». Canzone 4. BEdT 47.8, vv. 13-16 «que, can li platz que.m fay be ni honor/ et eu l’am mais, no sai don s’eix l’amor./ E can me fai semblan d’orguil/ ges l’amors no.s baissa per tan». Si tratta del distico finale della cobla II e di quello iniziale della strofa successiva. Si potrebbe forse anche prevedere una continuità testuale sostituendo il punto fermo di v. 14 con una pausa debole, in modo da evitare che il testo di 13-14 risulti poco perspicuo («quando le piace farmi del bene e onorarmi allora io la amo di più-- non so donde sgorghi l’amore -, ma quando mi si mostra superba, l’amore non si abbassa altrettanto»). Un glossario completo segue l’edizione dei testi con l’indicazione delle categorie grammaticali a cui appartiene ciascun termine; un utile riscontro dei nomi di luogo e la Bibliografia chiudono il lavoro. Aggiungiamo infine a margine alcune annotazioni. p.-23. In BdT 377.2 vv. 60-64 si legge «Pons de Teza, Dieu prec que·us benezia/ quar a totz etz de belh acullimen/ e quascun iorn creyssetz vostr’onramen, / per qu’ieu me suy mes en vostra bailia, / quar bona fi fay qi ab bon arbre·s lia» 5 : la lirica è assegnata da alcuni manoscritti a Pons de la Guardia ma questa attribuzione è disconosciuta sia da Frank 6 sia da Premi (22-25). Si tratta di un sirventese religioso-morale indirizzato contro la Chiesa ma anche contro i giuristi e la sete di profitto. Secondo Frank Chambers 7 il testo è presumibilmente dedicato al signore di Thézan-lès-Béziers, nei pressi di Béziers, attestato in documenti degli anni 1210-1226 in relazione con ambienti albigesi, e dunque vissuto certamente in epoca più tarda rispetto a quella di Pons de la Guardia. In realtà la questione andrebbe ripresa ab imis in quanto un Pons signore di Thézan è documentariamente presente dal 1165 al 1183 8 , e in tal caso le date coinciderebbero con quelle del signore de La Guardia. In sostanza l’argomento cronologico potrebbe non risultare più decisivo per sciogliere il problema autoriale. p.-42. In merito ai rapporti tra i trovatori e l’Ordine del Tempio sarebbe stato utile rinviare a Carraz, D. 2005: «Ordres militaires, croisades et sentiments politiques chez les troubadours. Le cas de la Provence au XIII e siècle», in: I. C. Ferreira Fernandes (ed.), As Ordens Militares e as Ordens de Cavalaria na Construç-o do Mundo Ocidental, Actas do IV Encontro sobre Ordens Militares, Palmela, 30 de Janeiro - 2 de Fevereiro 2002, Lisboa, Edições Colibri, Câmara Municipal de Palmela: 993-1011. p.-56-57. Riguardo all’identità della donna celata sotto il senhal di Mon-tot-mi-platz, Premi al termine di una disamina completa dei dati, assume come propria l’ipotesi che era stata avanzata da István Frank, e immedesima la dama con Marqueza d’Urgel, la figlia del conte Armengoldo VII d’Urgel ‘Il Valenzano’ (1125ca.-1184; successe nel 1154 al padre), e di Dolce di Foix. Le motivazioni sono interne alle liriche e nascono da una corretta lettura del dettato testuale. Vi sono però alcuni elementi che a nostro avviso rendono tale immedesimazione 5 Vatteroni S. 2013: Il trovatore Peire Cardenal, Modena, Mucchi: 917. 6 Frank (1949: 234-35). 7 Chambers, F. M. 1976/ 1977: «Two troubadours lyrics», Romance Philology 30: 134-43. 8 Duhamel-Amado, C. 2007: Genèse des lignages méridionaux, t. 2: Portraits de familles, Toulouse, CNRS-Université de Toulouse-Le Mirail: 108-11. 370 DOI 10.2357/ VOX-2021-021 Vox Romanica 80 (2021): 366-374 Besprechungen - Comptes rendus quanto meno ripensabile, a cominciare dalla documentazione ad oggi disponibile relativa alla contessa di Urgel, documentazione che sembra a fatica componibile con i limiti cronologici generalmente accettati per Pons stesso. Costui infatti sarebbe nato (e nulla contraddice questo dato) ante 1140 mentre la sua morte sarebbe da porsi attorno al 1190, ma questi dati sono solo in parte congruenti con quelli relativi alla nobildonna, il cui padre, Armengoldo VII, aveva ereditato per parte materna ampi territori del Léon entrando nel gruppo di sodales che accompagnavano e consigliavano il sovrano leonese 9 : l’aristocratico catalano dovendo dividere la sua attività tra le terre di León e quelle di Urgel, fu costretto a delegare per lunghi periodi il governo diretto dei territori catalani alla moglie Dolce. Così avvenne, ad esempio, dal 1167 al 1175 quando i documenti della curia comitis ci informano della assenza di Armengoldo il quale fece invece ritorno in terra catalana dal 1175 al 1177, limite a partire dal quale intraprese un nuovo prolungato soggiorno a León. Dal 1178, e fino alla morte dello stesso Armengoldo, Dolce riprese di nuovo le redini del governo, facendosi affiancare questa volta dal figlio Armengoldo VIII, da un baglivo ( Joan), da Bernat, scriba e cappellano del conte, e da un amministratore, forse un castigliano, di nome Pedro Berzons 10 . Conosciamo molto (anche se non tutto, certamente), dell’attività della cancelleria dei conti di Urgel 11 , ma solo due tra i numerosi diplomi che ci parlano di Marqueza e che furono emanati dai comites Urgellensium sono collocabili in epoca anteriore all’ultimo decennio del XII secolo, vale a dire al momento del suo intervento attivo nella diatriba che contrappose il marito Pons II di Cabrera ad Alfonso II; il primo di essi è il testamento di Armengoldo VII e il secondo una carta del 1187. Entrambe però sono fonti tutt’altro che sicure. Armengoldo VII, infatti, presumibilmente sottoscrisse una disposizione ereditaria in coincidenza con ognuna delle sue prolungate assenze dalla contea di Urgel. Il primo e più antico di tali testamenti è stato fatto risalire al 1167 e vi si rinviene una menzione esplicita del maritum di Marqueza 12 . Il documento che fu identificato già da István Frank nella Bibliothèque 9 Esiste al riguardo una abbondante letteratura: ci limitiamo a segnalare Lomax, D. 1982: «Catalans in the Leonese empire», Bulletin of Hispanic Studies 59: 191-97; Barton, S. 1996: «The Count, the Bishop and the Abbot. Armengol VI of Urgel and the Abbey of Valladolid», The English Historical Review 111: 85-103; Fernández-Xesta y Vásquez, E. 2001: Relaciones familiares entre el Condado de Urgel y de Castilla y León, Madrid, Real Academia Matritense de Heráldica y Genealogía. 10 Martín, J. L. 1962: «Un vasallo de Alfonso el Casto en el reino de León: Armengol VII, conde de Urgel», in: VII Congreso de Historia de la Corona de Aragón, vol. 2, Barcelona: 223-33; Martín, J. L. 1963: «Armengol de Urgel y Salamanca», in: XXXVIII Día Universal del Ahorro, Barcelona, Fondo Cultural de la Caja de Ahorros Provincial de la Diputación: 193-97; Corredera, E. 1963: «Los condes soberanos de Urgel y los premostratenses», Analecta Sacra Tararconensia 36: 33-102 y 209- 82; Villanueva, J. 1976: Memorias cronológicas de los condes de Urgel, Balaguer (Lérida), Ayuntamiento; Bertrán P. 1978: «Dolça, comtessa d’Urgell i els orígens del monestir de les Franqueses», Urgellia 1: 291-300. 11 Bertrán, P. 1984: «Per un diplomatari d’Armengol VII (1154- 1184). Els ordes militars al comtat d’Urgell», Ilerda 45: 148-73; Trenchs J./ Conde, R. 1985: «La escribanía-cancillería de los condes de Urgel (s. IX-1414)», Folia Munichensia, Zaragoza, Institución Fernando el Católico: 7-130. 12 L’atto ci è conservato grazie alle Memorias di Villanueva (BNFonds espagnols n. 520, f. 258) ed è stato edito in Villanueva (1976). Su di esse e sulla loro storia cf. Miret y Sans, J. 1909-1910: «Las ‹Memories cronologiques› de los condes de Urgel por don Jaime Villanueva», Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona 5: 415-27. 371 DOI 10.2357/ VOX-2021-021 Vox Romanica 80 (2021): 366-374 Besprechungen - Comptes rendus Nationale di Parigi sarebbe stato dettato il 3 agosto 1167 a Ciudad Rodrigo, nei pressi della frontiera portoghese 13 e esso tra l’altro riporta queste righe: et si obierit predictus filius meus [il futuro Armengaldo VIII] absque legitima prole, revertatur totus predictus honor meus ad filiam meam et ad maritum suum Poncium de Cabrera. Frank si dichiarò tutt’altro che certo della autenticità di questo atto 14 ; mentre al suo riguardo non esprime alcun dubbio il maggior conoscitore dei fatti relativi a questa famiglia, Flocel Sabaté 15 . Comunque sia, una decina di anni più tardi, precisamente nel 1177 lo stesso Armengoldo predispose un nuovo Testamento: questa volta però nelle sue ultime volontà si dimenticò del tutto di citare il genero né il testo contiene alcuna allusione ad un eventuale figlio in vita 16 . Il dato chiama oggettivamente a qualche riflessione, tanto più che non abbiamo notizia di eventi storici che possano giustificare una così netta evizione del genero e di colui che pure sarebbe stato l’erede del titolo e dei diritti famigliari. Inoltre, un’analisi del documento, per quanto sommaria vi rivela la presenza di diversi dettagli problematici. Tra gli altri ci permettiamo di segnalare la singolarità della affermazione che segue il presunto lascito a Poncium de Cabrera: Similiter si illa (cioè Marqueza), abierit absque legitimis infantibus, revertatur praedictus honor ad aliam filiam meam et ad virum quem habuerit. Si etiam ambae decesserint absque legitima sobole (? ), revertatur praefatus honor meus ad sororem meam Isabel et ad virum suum Raimundus Fulconis et ad filium eius nepotem meum. Ci sembra sospetto cioè che nel 1167 fosse già maritata quella stessa Marqueza di cui abbiamo notizie per ancora 40 anni e più, e il cui figlio, Guerau de Cabrera, compare nei documenti non prima della metà degli anni Ottanta del XII secolo. Nulla esclude che il matrimonio sia stato concordato in una data alta per essere celebrato più tardi: questo però non consente ancora di spiegare né l’intervallo di quasi 20 anni che intercorre tra la prima notizia relativa alle nozze e quella successiva, né il silenzio che su queste nozze pare essere calato in quell’intervallo temporale. Inoltre un atto del settembre 1194 ci consente di sapere che in quella data il giovane Guerau non aveva ancora compiuto vent’anni 17 . A latere si aggiunga che entrambi i lasciti testamentari di Armengoldo VII presentano identici incipit, e che i rispettivi dettati testuali sono in più parti sovrapponibili: in questo caso si tratta di elementi di peso specifico relativo ma che si sommano a quanto fin qui emerso. A tutto ciò si unisca il fatto che nel dicembre 1185 Dolce e i suoi rampolli Armengoldo VIII e Marqueza offrirono una proprietà a San Pietro di Ager in suffragio dell’anima del marito (e padre) appena defunto e che neppure 13 Cf. Souto Cabo, J. A. 2012: Os cavaleiros que fizeram as cantigas. Aproximaç-o às origens socioculturais da lírica galego-portuguesa, Niterói, Editora da Universidade Federal Fluminense: passim. 14 Frank (1949: 256, n. 19); altrettanto dubbioso si dichiarò Corredera (1963: 46). Nessun dubbio invece esprime Gonzalvo i Bou, G. 2007: Història del panteó dels comtes d’Urgell del monestir de Bellpuig de les Avellanes, Lleida, Edicions i Publicacions de la Universitat de Lleida: 23-24. 15 Sabaté, F. 2003: Història de Lleida. Alta edat mitjana, Lérida, Pagès. 16 Monfar y Sors, D. 1853: Historia de los condes de Urgel, Barcelona, Monfort, t. I: 418-21. 17 Monfar y Sors (1853: 417-18). 372 DOI 10.2357/ VOX-2021-021 Vox Romanica 80 (2021): 366-374 Besprechungen - Comptes rendus in quella circostanza accanto ai loro signa si registrano quelli del coniuge di Marqueza (e questo potrebbe trovare una giustificazione plausibile nella condizione di prigionia in cui il Cabrera versava e da cui sarebbe uscito nel 1186), ma più sospetto è che non venga fatto neppure il nome dell’eventuale figlio. Tutti conoscono quanto delicati siano da maneggiare gli argumenta e silentio, ma nel nostro caso il mutismo delle fonti ci parla attraverso i dubbi e le incongruenze che emergono dal quadro generale. Le perplessità non trovano soluzione, infatti, neppure nell’altra carta in cui si dovrebbe trovar traccia di Marqueza e delle sue nozze, vale a dire la pergamena che risale al dicembre 1186: essa è la più antica tra quelle che ci informano del matrimonio di Pons de Cabrera. L’atto però è perduto e oggi possiamo conoscerne i contenuti solo grazie ad un riassunto che ne fu fatto 18 : da esso veniamo a sapere che Pons de Cabrera con la moglie e il figlio donarono un allodio a Santa Maria di Campterres: Pons Biscompte de Cabrera, y sa muller Çamarquesa, ab son fill Gueral dónan a S.ta María de Camterrés una pessa de Alou plantada de olivers, que tenian, sita devant la Porta de dita Iglèsía de S-ta María de Camterres. Fet en lo mes de Desembre del any 1186 19 . Da queste poche parole è impossibile decidere se il figlio fosse già in condizione di firmare o se il riferimento al giovane fu inserito allo scopo di farlo partecipare ai benefici della donazione, e perciò se fosse già in età di sottoscrivere autonomamente gli atti 20 . Né gli altri documenti relativi a Guerau, il figlio della coppia e presumibilmente da immedesimare con l’omonimo trovatore, aiutano a fare chiarezza. Ancora nel gennaio 1193, infatti, Marqueza nell’accordo con Alfonso II parla in nome e per conto dei propri figli, tanto che questi vi sono genericamente richiamati nella qualità di filiis della coppia né vi si evoca il nome del primogenito 21 ; si è poi ipotizzato che nel 1194 Guerau abbia seguito Alfonso II in Provenza ma nulla ci viene detto del ruolo che in quella occasione gli fu fatto ricoprire e dunque nulla ci dice della sua età in quel momento. Siamo costretti a scendere al 5 aprile 1199 per avere qualche indicazione meno generica sul quadro familiare degli Urgel, dato che in quel momento Guerau de Cabrera era in grado di prestare promessa di fedeltà a Pietro I d’Aragona: ma date le circostanze nulla ci conferma che in quel momento avesse compiuto 20 anni 22 . Tutto considerando non sarebbe quindi erroneo fare risalire il matrimonio dei genitori ad un’epoca attorno al 1185, e la nascita di Guerau alla seconda metà di quel medesimo decennio. La nostra conclusione è che sulla base delle fonti disponibili i soli termini sicuri entro cui situare le li- 18 Cf. Caresmar, J. 1766: Compendi de tots los instruments antichs, I modern ques’troban en lo Arxiu de la Mt. Insigne Iglesia Colegiata de Sant Pere de Ager, in: F. Esteva (ed.), copia manoscritta, conservato presso l’AHN di Madrid, Codis, L. 795, doc. 360. 19 Cf. Chese Lapeña, R. 2010: Colección diplomática de Sant Pere d’Àger hasta 1198, Barcelona, Fundació Noguera, t. 1, n. 571. 20 Cf. Pirot, F. 1972: Recherches sur les connaissances littéraires des troubadours occitans et catalans des XIIe et XIIIe siècles, Barcelona, Real Academia de Buenas Letras de Barcelona: 122, N57, sulla scorta dei dubbi già esplicitati da Frank (1949: 253 N7); oltre a Monfar y Sors (1853). 21 Sánchez Casabón (1995: 759-61). 22 Alvira Cabrer, M. 2010: Pedro el Católico, rey de Aragón y conde de Barcelona (1196-1213): documentos, testimonios y memoria histórica, Zaragoza, Institución Fernando el Católico, t. 1: 335 (atto n. 197). 373 DOI 10.2357/ VOX-2021-021 Vox Romanica 80 (2021): 366-374 Besprechungen - Comptes rendus riche di Pons indirizzate a Mon-tot-mi-platz sono i mesi tra tra il 9 luglio 1184 come emerge da una carta edita da Bertrán [1978: 173]) e il 1188. Evidentemente tale circostanza non toglie ogni credibilità alla proposta di immedesimazione di Frank ma ci pare che l’identificazione sia almeno da revocare in dubbio e che su di essa si dovrà tornare a riflettere e indagare. p.-73. Ci sembra un po’ troppo forte l’affermazione secondo cui la significativa presenza di assetti metrici a coblas capcaudadas «fa supporre che il trovatore […] tenesse particolarmente che i suoi testi restassero immuni dalle forze centrifughe della mouvance»: il fenomeno om. doveva invece essere ben allineato alla sensibilità coeva. p.-114. Nel presentare il quadro storico relativo alla diatriba tra Alfonso II e Raimondo II Trencavel, Premi avrebbe potuto appoggiare le sue considerazioni anche su Dovetto, J. 1997: Cartulaire des Trencavel. Analyse détaillée des 617 actes 957-1214, Carcassonne, Centre de Recherches et d’Information historiques des conférenciers de la Cité; Débax, H. 2006: «Un cartulaire, une titulature et un sceau: le programme politique du vicomte Roger II (Trencavel) dans les années 1180», in: D. Le Blévec (ed.), Les Cartulaires méridionaux, Paris, Publications de l’École Nationale des Chartes: 125-43; Débax, H. 2003: La Féodalité languedocienne (XIe-XI- Ie siècles). Serments, hommages, et fiefs dans le Languedoc des Trencavel, Toulouse. p.-116. Si fatica a condividere le giustificazioni portate a sostegno della asserzione secondo cui l’appellativo de Burlatz sarebbe stato meno politico dell’alternativa de Beders, per di più se riferito alla nobildonna figlia di Raimondo V: al limite si potrebbe pensare a una cronologia della lirica anteriore al 1171 (data del matrimonio di Adelaide, la contessa in questione) con Ruggero II Trencavel. Paradossalmente, d'altra parte entrambi gli appellativi avrebbero potuto essere letti in chiave politica in base alle circostanze storiche: Ruggero II non ebbe infatti posizioni univoche offrendo alternativamente il proprio sostegno ad Alfonso II o Raimondo V. Così, ad esempio, al momento del suo matrimonio con Adelaide e dunque dal 1171 al 1177 allorché entrò nella coalizione tolosana, il delocativo de Burlatz poteva costituire un opportuno riferimento alla provenienza della dama e perciò alla (per nulla consueta e scontata) intesa tra i Trencavel e i signori di Saint-Gilles; di contro quando tra 1178 e 1190, limite biografico estremo di Pons, Ruggero fu parte integrante della alleanza catalana, il delocativo de Beders avrebbe potuto essere inteso come una utile allusione al matrimonio della dama con i Trencavel e quindi alla appartenenza di Ruggero al partito dei signori linguadociani: non sembrino questi dei dettagli inutili o privi di concreti riflessi storici, giacché i più recenti studi hanno saputo mettere in luce la grande attenzione che Ruggero II riservò alle finezze di quella che noi oggi definiremmo ‹comunicazione politica› 23 . Nella sua ricostruzione della politica alfonsina in Provenza, Premi sarebbe stato aiutato anche dal ricorso a Ventura, J. 1961: Alfons el Cast el primer comte-rei, Barcelona, Editorial Aedos; Benito i Monclús, P. 2015: «The catalan-aragonese expedition to Tolouse and the submission of Nice and Forcauquier (1175-1177): A before and after in the course of the Great Occitan War», Imago temporis: Medium Aevum 9: 191-209; Benito i Monclús, P. 2009: «L’expansió territorial ultrapirinenca de Barcelona i de la Corona d’Aragó: guerra, política i diplomàcia (1067-1213)», in: M. T. Ferrer i Mallol/ M. Riu i Riu (ed.), Tractats i negociacions 23 Rinviamo solo al notevole contributo di Débax (2006). 374 DOI 10.2357/ VOX-2021-022 Vox Romanica 80 (2021): 374-376 Besprechungen - Comptes rendus diplomàtiques de Catalunya i de la Corona catalanoaragonesa a l’edat mitjana, vol. I.1: Tractats i negociacions diplomàtiques amb Occitània, França i els estats italians 1067-1213, Barcelona, Institut d’Estudis Catalans (Memòries de la Secció Històrico-Arqueològica 93) 1.1: 13-150. Rarissimi sono gli errori di stampa nel volume qui recensito: si avverte però che nella Bibliografia l’item relativo a Ferran Valls i Taberner si trova fuori luogo (235). Si tratta di minime considerazioni che non compromettono ovviamente la qualità del lavoro di Premi, le cui proposte ecdotiche ed esegetiche risultano di norma convincenti e discusse con scientificità e sostenute da argomentazioni solide. In conclusione, quella che ci è offerta è una bella edizione, elegantemente stampata e tanto più apprezzabile in quanto opera di un giovane e valente studioso. Gerardo Larghi (Como) ★ Iberoromania Joan Argenter/ Jens Lüdtke (ed.), Manual of Catalan linguistics, Berlin/ Boston (De Gruyter) 2020, 784 p. (Collection Manuals of Romance Linguistics 25). De Gruyter’s new series Manuals of Romance Linguistics (MRL) is meant to be a continuation and amplification of its two standard manuals Lexikon der Romanistischen Linguistik (1988- 2005) and Romanische Sprachgeschichte (2003-2008). Instead of binding together various shorter articles in one volume following the classical alphabetical ordering of encyclopedias, MRL follows the principles first established by Presses Universitaires de France in their Que-saisje? -collection. The present volume should therefore be seen as a huge one-volume entry s.v. Catalan Linguistics in the virtual Encyclopedia of Romance Linguistics, MRL. The editor claims on the back cover that in this series a «special focus will be placed on the presentation and analysis of the smaller languages» and it is to be feared that this is probably supposed to include Catalan to which the present volume is dedicated. That Catalan, a full-fledged literary and administrative language of the European Union with 9,2 million speakers in Europe should be considered a «small language» is certainly not the editor’s fault, but nevertheless a sad facet of our system of cultural classification. There are currently 24 official and working languages in the EU. If Catalan, with its 9,2 million speakers (Wikipedia), were the 25th official language of the EU, its number of speakers would be exactly in the middle, in 12th place, with more speakers than even Danish (5,3), Finnish (6,0), Slovak (6,0), Croatian (7,0) or Bulgarian (8,0), and with not much fewer speakers than Swedish with 10,5 million or Czech with 13,4 million. Catalan is therefore a medium-sized European cultural language with a rich literature and a writing tradition dating back to the 13th century. It is the official language of Catalonia, Valencia (Comunitat Valenciana), the Balearic Islands and Andorra. All the more it is to be welcomed that a whole substancial volume has been dedicated to Catalan Linguistics!