eJournals Vox Romanica 73/1

Vox Romanica
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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2014
731 Kristol De Stefani

David Luscombe (ed.), The Letter Collection of Peter Abelard and Heloise, Oxford (Clarendon Press) 2013, 654 p.

2014
Gerardo  Larghi
Besprechungen - Comptes rendus 332 1 The Letters of Abelard and Heloise, translated with an introduction by Betty Radice, Harmondsworth 1974 2 The Letters of Abelard and Heloise, translated with an introduction and notes by Betty Radice, revised by M.T. Clanchy, London 2003. point that makes the work useful to a broad swathe of researchers in the history of French but as readily recommended for the studies that undertake more fine-grained levels of analysis. Michael Arrigo H David Luscombe (ed.), The Letter Collection of Peter Abelard and Heloise, Oxford (Clarendon Press) 2013, 654 p. L’affaire che coinvolse nove secoli or sono Abelardo ed Eloisa ci è noto soprattutto grazie alla descrizione che di quegli eventi ci hanno lasciato i due protagonisti attraverso alcune lettere che potrebbero essersi scambiati. I contenuti di quegli eventi, la monacazione di Eloisa ad Argenteuil, l’evirazione del filosofo parigino e la sua entrata in religione, sono stati ripetutamente analizzati e sottoposti a minuziosi esami da parte di filosofi, storici, letterati contemporanei, ma ancora continuano le discussioni circa la loro autenticità e l’eventuale falsificazione cui sarebbero state sottoposte le fonti che ci informano su quanto sarebbe avvenuto a Parigi. Tali fonti sono rappresentate, principalmente, dall’epistolario composto da otto lettere che sono state interpretate, di volta in volta, come un romanzo tragico, una edificante storia d’amore, un esempio di patriarchismo o (al contrario) di femminismo in nuce, una falsificazione. Proprio il dibattito sulla veridicità dei fatti ha attirato l’attenzione di numerosi studiosi. Il fatto però che Abelardo nella sua autobiografia, Historia calamitatum mearum, abbia raccontato la sua storia con Eloisa accomunandola alla condanna per eresia, al tentato omicidio di cui sarebbe stato vittima a Saint-Gildas, alla condanna del suo libro sulla Trinità destinato ad essere bruciato, e l’indubbia circostanza per cui un insieme di fonti conferma quanto da lui affermato, sembrano rendere incontestabile la veridicità degli eventi narrati. David Luscombe presenta ora la prima edizione critica completa della corrispondenza tra Abelardo e la sua giovane allieva, ricostruendola a partire dai dodici manoscritti che ce ne conservano il testo. Si tratta della prima edizione con traduzione inglese a fronte e per quanto non sia una traduzione integralmente nuova (essa si fonda infatti sulla versione dell’epistolario che fu fatta nel 1974 da Betty Radice 1 , e che fu poi rivista nel 2003 da Michael Clanchy 2 ) non di meno risulta aderente al testo e largamente soddisfacente. L’autore, d’altra parte, è uno tra i più noti conoscitori della materia, cui dedica la propria attenzione da quando, ed erano ancora gli anni Settanta, sostenne con John Benton una discussione sull’autenticità o meno del testo che ha dato ora alla stampa. Per comprendere l’importanza del volume che qui recensiamo basti considerare poi che esso è stato preceduto dal solo volume di Ileana Pagani, Abelardo ed Eloisa: Epistolario (Torino 1974, riedizione del 2008), che per quanto accompagnato da un saggio di Giovanni Orlandi dedicato all’esame della tradizione manoscritta delle epistole mancava di apparato critico, pur essendo ricco di quelle note e di quegli indici di cui invece è privo il volume dello studioso anglofono. In sostanza le due edizioni, quella della Pagani e di Luscombe si possono considerare complementari. La prima parte del lavoro di L. è dedicata ad una vasta e completa analisi del materiale testuale a noi giunto e relativo alla storia di Abelardo ed Eloisa (xvii-xxxvii), cui tien dietro Besprechungen - Comptes rendus 333 una altrettanto puntuale ed esauriente panoramica dei manoscritti che ci conservano il testo edito, dei codici dispersi o di incerta identificazione, delle edizioni pre-ottocentesche e di quelle date alle stampe negli ultimi due secoli (xxxvii-cxiii). Nelle singole schede relative ai testimoni sono raccolte con dovizia di particolari, tutte le informazioni possedute circa la storia di ogni manufatto, la sua collocazione, i materiali che esso contiene, i suoi proprietari. Questo capitolo è certamente assai utile sia ai fini di una compiuta conoscenza paleograficoecdotica, sia ai fini di una ricostruzione della storia delle Epistulae duorum amantium. Nel dettaglio Luscombe si avvale per la ricostruzione testuale anche dell’apporto di due nuovi manoscritti, H (Paris, B.N.n.acq.fr. 20001, del XIV secolo) e S (The Schøyen collection, Oslo and London, 2085, anch’esso trecentesco). Pur concordando con Orlandi nella ricostruzione dello stemma codicum (cxxviii) egli vi include anche H, S e V (un manoscritto ora perduto proveniente dalla abbazia di Saint Victor) che invece lo studioso italiano aveva omessi. La presenza di H non modifica sostanzialmente le nostre conoscenze dell’epistolario in quanto esso contiene solo alcuni estratti dalle lettere 7-8 ma omette la Regola che a quest’ultima epistola tien dietro. In S si leggono invece alcuni estratti dalla Historia Calamitatum, compresa l’offerta fatta da Abelardo a Fulberto di sposarne la nipote e la famosa risposta di Eloisa e una trascrizione di larga parte della epistola 7. L’indagine condotta da Luscombe in questo centinaio di pagine non aiuta invece a chiarire definitivamente quale sia stata l’intenzione dell’autore della corrispondenza, anche se l’editore arriva a concludere che a suo avviso le lettere vorrebbero narrare la storia di una conversione alla vita monastica. Ma non si può dimenticare che il manoscritto Y ne fornisce una interpretazione apologetico-polemica e satirica, mentre il testimone R collega il nostro testo alla corrispondenza tra Seneca e Lucilio e tra Seneca e San Paolo. In ogni caso ci pare corretta l’analisi che L. fa del testo abelardiano quando sostiene che «The collection as a whole has something of the character of a documentary record and narrative of the foundation of the abbey of the Paraclete, keenly showing first the earlier lives and troubles of the founder and the first abbess» (xx), tanto che dopo le prime cinque lettere, dedicate fondamentalmente alla storia d’amore tra i due protagonisti, seguono le lettere 7-8 che invece sono incentrate sul tema monastico, e la Regola. Proprio questa bipartizione, peraltro, può dar luogo ad una interpretazione opposta, tanto che da essa vi è stato chi ne ha dedotto la autenticità del materiale o viceversa vi ha intravvisto le stimmate di una sua falsificazione. In ogni caso nulla sembra scuotere la convinzione di Luscombe secondo cui la collezione fu assemblata «under the very eyes of» i suoi compositori e, circa la autenticità della corrispondenza che essa è «genuine, that is, that the letters were written by Abelard and Heloise» (xxviii). Per quanto proclami, come detto, di essersi fondato sugli undici manoscritti latori del testo, la ricostruzione proposta da Luscombe lascia largo spazio «too ready a preference to any one MS such as T» (cxxxi). Di fronte a varianti indifferenti o a situazioni diffrattive l’editore opera la sua scelta demandandone la giustificazione all’apparato. Questi è di tipo negativo, ed è costituito da due fasce: una prima nella quale sono adunate le varianti, ed una seconda nella quale sono raccolte le note e che serve a giustificare le lezioni adottate a testo dall’editore. Quanto alla traduzione essa, come detto, si fonda su quella antica di Betty Radice, alla quale i cambiamenti sono apportati senza però alcuna considerazione o segnalazione: «Where I have thought it good to do so I have ’silently’ made some alterations» (cxxxiii). Il volume è dunque notevole sia per i materiali in esso adunati sia per la ricostruzione testuale, ma anche per il suo «Index of Parallels with Other Writings of Abelard and Heloise», per l’ampiezza delle ricerche condotte e testimoniate dalle note che confermano la stilizzazione della corrispondenza e il loro essere composte in larga parte da materiale desunto dalla letteratura sacra antica e medievale, per la vasta bibliografia (che occupa circa 61 pagine) e infine per la eccellente impaginazione. Besprechungen - Comptes rendus 334 Il volume quindi risulterà certamente utile per tutti coloro che vorranno, da qui in avanti, intervenire in uno dei più appassionanti dibattiti che interessano i medievisti, quello relativo alla autenticità di queste Epistole e allo scopo per cui esse furono scritte e raccolte. Gerardo Larghi H Andrew W. Lewis (ed.), The Chronicle and Historical Notes of Bernard Itier, Oxford (Clarendon Press) 2012, lxxvi + 305 p. Una delle domande che i medievisti si pongono con periodicità inversamente proporzionale ai risultati ottenuti, riguarda la quasi assoluta carenza di cronache storiche redatte in Occitania tra XII e XIII secolo. Tale analisi andrebbe comunque almeno parzialmente corretta, giacché ci è noto un gruppo, non numeroso ma non per questo meno significativo, di cronache redatte nell’ambiente monastico di San Marziale a Limoges, e frutto del lavoro di tre intellettuali di notevole levatura: Ademaro di Chabannes, Goffredo di Vigeois e Bernardo Itier. Tralasciando i problemi relativi ai primi due storici, vale la pena di ricordare che quest’ultimo fu bibliotecario del suo monastero dal 1195 fino alla sua morte nel 1225, e che compose non tanto una cronaca quanto una serie di note disperse nei margini dei codici che componevano l’armarium del suo monastero e che sono state vergate in una dozzina circa di codici. Le più importanti tra esse si rinvengono però nei margini del manoscritto Paris B.N.f.lat. 1338. Il caos e lo stato di dispersione in cui si trova questo materiale, hanno reso assai complesso ogni tentativo di organizzazione e, conseguentemente, ne hanno grandemente intralciato l’iter editoriale. Fatte finora oggetto di due edizioni, quella di Henri Duplès-Agier nel 1874 e quella più recente di Jean-Loup Lemaître nel 1998, che organizzarono il materiale disperso su base cronologica, le disjecta membra della cronaca di Bernardo sono state invece ora oggetto di un ripensamento e di un approccio esegetico del tutto nuovo. L’edizione che qui recensiamo, infatti, di Andrew Lewis ripudiando quel criterio, ha preferito considerare i materiali testuali accumulati nel codice B.N.f.lat. 1338 come una entità distinta e autonoma, relegando le note accumulate negli altri codici in una serie di appendici e considerandole dunque come un corpo a sé. Di volta in volta Bernardo è stato definito poligrafo, cronista, storico, compilatore, annalista: in realtà appare davvero difficile distinguere quale tra questi titoli gli si attagli meglio, quando si consideri la concezione che della storia ebbero i secoli di mezzo. Egli fu tutto questo ma fu anche altro: bibliotecario, autodidatta, liturgista, appassionato di medicina, viticultore, ma anzitutto monaco. La sua cronaca è dunque anzitutto il giornale di un uomo dotto, interessato agli avvenimenti relativi alla vita della sua comunità monastica, nella quale entrò a 14 anni e dove fu ordinato diacono e prete a 26: Bernardo comperò libri, li compilò, li munì di indici, tavole, li rilegò, li copiò e soprattutto li catalogò. Abbiamo identificato la sua mano in almeno 95 manufatti. È per noi decisivo, però, soprattutto il ms. B.N.f.lat. 1338, autografo, nel quale ci lasciò l’originale di una cronaca scritta in un latino fortemente tinteggiato di espressioni limosine. Molte sono le novità interessanti che rendono davvero importante questa edizione. Anzitutto la sua introduzione, nella quale, oltre a trovare posto il profilo biografico dell’autore, si rinvengono una disamina precisa e chiara della situazione manoscritta (xxxv-xli), un completo elenco dei testimoni nei quali si rintracciano copie della Cronaca (lv-lxv), un esame approfondito delle precedenti edizioni e della data di composizione del testo bernardiano. Ogni parte di questa introduzione però è inserita in un più generale quadro storico-sociale, entro una cornice composta di eventi locali puntualmente ricostruiti e di avvenimenti che,