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Tre storie di santità femminile tra parole e immagini

2019
978-3-8233-9360-3
Gunter Narr Verlag 
Mattia Zangari

Come in un castello incantato, tre mistiche guardano immagini che le fanno volare. I testi che parlano di loro traboccano di visioni ove bambini divini saltano fuori da culle celesti; fanciulle graziose in groppa ai cavalli percorrono boschi <<trasformanti>>; Madonne che parlano possono inchinarsi davanti alle donne o possono litigare con loro; Cristi loquaci possono animarsi, in modo da <<sedurre>> le mistiche, o possono sconvolgerle come i cavalieri delle favole. In questo libro si analizzano le storie di tre donne mistiche - due agiografi e e un'autobiografi a - fatte di parole sì, ma pure di immagini. Inizialmente l'attenzione è rivolta all'agio-biografi a di santa Lutgarda (1182-1246), appartenente alla raccolta di vite scritte dal domenicano Tommaso di Cantimpré - le Vitae matrum; Lutgarda mostra infatti di avere alcune visioni di personaggi celesti in base a come questi venivano rappresentati dall'iconografi a del suo tempo. Un'altra esperienza mistica analizzata è quella di sant'Angela da Foligno (1248-1309), una donna carnale e passionale che cerca l'Assoluto con l'aiuto delle immagini dipinte, come leggiamo nella sua autobiografi a spirituale. Il cerchio si chiude con la mistica sant'Agnese da Montepulciano (1268-1317), a sua volta molto sensibile al <<potere delle immagini>>. Delineando le storie di queste donne, lo studio mette in luce un'indicazione metodologica che riguarda la possibilità di individuare, nella rappresentazione agiografi ca, motivi comuni fra le mistiche del Nord Europa e quelle italiane, individuando così un typus di santità femminile europea.

ISBN 978-3-8233-8360-4 Come in un castello incantato, tre mistiche guardano immagini che le fanno volare. I testi che parlano di loro traboccano di visioni ove bambini divini saltano fuori da culle celesti; fanciulle graziose in groppa ai cavalli percorrono boschi «trasformanti»; Madonne che parlano possono inchinarsi davanti alle donne o possono litigare con loro; Cristi loquaci possono animarsi, in modo da «sedurre» le mistiche, o possono sconvolgerle come i cavalieri delle favole. In questo libro si analizzano le storie di tre donne mistiche - due agiografie e un’autobiografia - fatte di parole sì, ma pure di immagini. Inizialmente l’attenzione è rivolta all’agio-biografia di santa Lutgarda (1182-1246), appartenente alla raccolta di vite scritte dal domenicano Tommaso di Cantimpré - le Vitae matrum; Lutgarda mostra infatti di avere alcune visioni di personaggi celesti in base a come questi venivano rappresentati dall’iconografia del suo tempo. Un’altra esperienza mistica analizzata è quella di sant’Angela da Foligno (1248-1309), una donna carnale e passionale che cerca l’Assoluto con l’aiuto delle immagini dipinte, come leggiamo nella sua autobiografia spirituale. Il cerchio si chiude con la mistica sant’Agnese da Montepulciano (1268-1317), a sua volta molto sensibile al «potere delle immagini». Delineando le storie di queste donne, lo studio mette in luce un’indicazione metodologica che riguarda la possibilità di individuare, nella rappresentazione agiografica, motivi comuni fra le mistiche del Nord Europa e quelle italiane, individuando così un typus di santità femminile europea. Mattia Zangari Tre storie di santità femminile Mattia Zangari Tre storie di santità femminile tra parole e immagini Agiografie, memoriali e fabulae depictae fra Due e Trecento 18360_Umschlag.indd Alle Seiten 08.11.2019 10: 16: 13 Tre storie di santità femminile tra parole e immagini Studia philologica Monacensia Edunt Andreas Dufter et Bernhard Teuber Volumen 13 · 2019 Comité scientifique - Advisory Board - Wissenschaftlicher Beirat Lina Bolzoni (Scuola Normale Superiore di Pisa) Anthony Cascardi (University of California at Berkeley) Pedro Cátedra (Universidad de Salamanca) Victoria Cirlot (Universitat Pompeu Fabra, Barcelona) Marie-Luce Démonet (Université François Rabelais, CESR, Tours) Carlos Garatea Grau (Pontificia Universidad Católica del Perú, Lima) Barbara Kuhn (Katholische Universität Eichstätt-Ingolstadt) Frank Lestringant (Université Paris-Sorbonne) María Jesús Mancho Duque (Universidad de Salamanca) Wolfgang Matzat (Eberhard-Karls-Universität Tübingen) Paulo de Sousa Aguiar de Medeiros (University of Warwick) Wolfram Nitsch (Universität zu Köln) Uli Reich (Freie Universität Berlin) Maria Selig (Universität Regensburg) Elisabeth Stark (Universität Zürich) Collegium consultorum Mattia Zangari Tre storie di santità femminile tra parole e immagini Agiografie, memoriali e fabulae depictae fra Due e Trecento Umschlagabbildung: Pasi Hoekinpuro „Gruppe zehn heiliger Frauen“ (hintere Reihe von links nach rechts: Mechthild von Magdeburg, Beatrix von Nazareth, Hildegard von Bingen, Hadewijch von Antwerpen, Margareta Porete, Margareta von Cortona; vordere Reihe von links nach rechts: Maria von Oignies, Gertrud von Helfta, Angela von Foligno, Klara von Montefalco) In copertina: Pasi Hoekinpuro: “Gruppo di dieci sante donne” (da sinistra a destra, dall’alto verso il basso: Mechthild von Magdeburg, Beatrice di Nazareth, Hildegard von Bingen, Hadewijch d’Anversa, Margherita Porete, Margherita da Cortona, Maria d’Oignies, Gertrud von Helfta, Angela da Foligno, Chiara da Montefalco) Bibliografische Information der Deutschen Nationalbibliothek Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über http: / / dnb.dnb.de abrufbar. Die Dissertation wurde in Cotutelle zwischen der Scuola Normale Superiore di Pisa und der Ludwig-Maximilians-Universität München erstellt und unter dem Titel „Hagiographien, Memorialien und ‚fabulae depictae‘ ‒ Weibliche Heiligkeit in Text und Ikonographie von den ‚Vitae matrum‘ zum Monastero delle Contesse“ eingereicht. Sie wurde am 19. Dezember 2016 von der Scuola Normale Superiore di Pisa ‒ Geisteswissenschaftliche Klasse ‒ und zugleich von der Philosophischen Fakultät für Sprach- und Literaturwissenschaften der Ludwig-Maximilians-Universität förmlich angenommen. La tesi di perfezionamento è stata discussa in co-tutela tra la Scuola Normale Superiore di Pisa e la Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera con il titolo «Agiografie, memoriali e ‘fabulae depictae’ - Santità femminile fra testi e iconografia dalle ‘Vitae matrum’ al Monastero delle Contesse». La tesi è stata formalmente approvata il 19 Dicembre 2016 dalla Scuola Normale di Pisa ‒ Classe di Scienze Umane e, parimenti, dalla Facoltà di Linguistica e Letteratura della Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera. © 2019 · Narr Francke Attempto Verlag GmbH + Co. KG Dischingerweg 5 · D-72070 Tübingen Das Werk einschließlich aller seiner Teile ist urheberrechtlich geschützt. Jede Verwertung außerhalb der engen Grenzen des Urheberrechtsgesetzes ist ohne Zustimmung des Verlages unzulässig und strafbar. Das gilt insbesondere für Vervielfältigungen, Übersetzungen, Mikroverfilmungen und die Einspeicherung und Verarbeitung in elektronischen Systemen. Internet: www.narr.de eMail: info@narr.de CPI books GmbH, Leck ISSN 2365-3094 ISBN 978-3-8233-8360-4 (Print) ISBN 978-3-8233-9360-3 (ePDF) ISBN 978-3-8233-0199-8 (ePub) www.fsc.org MIX Papier aus verantwortungsvollen Quellen FSC ® C083411 ® 5 Indice Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 «Hoc speculum cotidie intuere»: le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d’Aywières (1182-1246) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 La storia dell’«antefatto» della «Vita Lutgardis» ossia le altre «matres»: la reclusa, la folle, la svanita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 Lutgarda: storia di una monaca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 Da Tommaso a Baro le Roy: stile del testo, codici manoscritti e edizioni a stampa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 Sibilla de Gagis ed Elisabetta de Wans: due testimoni per un’inchiesta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 La struttura del testo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 Le visioni. Sui metodi del racconto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 Libri e immagini per Lutgarda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 La griglia di «tòpoi» di Tommaso di Cantimpré . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 «Non amet absque pari»: i «volti» di Lutgarda «sponsa Christi» . . . . . . . 47 Nel «secretaire» di un’agiografia: il romanzo cortese di Lutgarda . . . . . . . 54 «Sicut pictor pingens»: il «Memoriale» di Angela da Foligno (1248-1309) e l’iconografia della basilica di Assisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 Un memoriale a quattro mani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 La «scriptura obscura» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 Il Codice 342 di Assisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 Angela e l’iconografia: i crocefissi della peste . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71 Angela da Foligno e gli affreschi della basilica inferiore di San Francesco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72 Angela e l’iconografia della basilica superiore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 Angela da Foligno e la crocifissione di Cimabue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 La vetrata degli angeli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 Angela interprete della teatralità francescana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 6 Indice «Dum puella devotius oraret coram immagine»: la «Legenda» di Agnese da Montepulciano (1268-1317) tra fonti classiche e santità femminile europea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89 Note linguistiche e indicatori di un classicismo «velato» nella «Legenda beate Agnetis» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 La «Legenda» di Agnese da Montepulciano e i «tòpoi» di una santità femminile europea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 Agnese Poliziana: rapporto fra testo e iconografia in due visioni . . . . . . 105 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117 Testi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117 Bibliografia critica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 Apparato iconografico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131 Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147 7 Prefazione Questo bellissimo studio di Mattia Zangari indaga, con eleganza e maestria, i complessi rapporti fra le parole e le immagini nelle esperienze di tre mistiche vissute fra Due e Trecento. Il lavoro è costituito da tre parti: la prima è dedicata a un modello di donna paradigmatico per l’agiografia medievale, ossia la Vita di santa Lutgarda d’Aywières (1182-1246), redatta da Tommaso di Cantimpré (1200? -1270); la seconda parte è dedicata al famoso Memoriale di sant’Angela da Foligno (1248-1309) e si concentra sulle relazioni fra il testo, le visioni e il programma iconografico della basilica di San Francesco di Assisi; la terza parte è dedicata alla mistica sant’Agnese da Montepulciano (1268? -1317), della quale si indagano le visioni, secondo un metodo affine a quello utilizzato nelle due parti precedenti. Il lavoro ha origine da un’idea che si è sedimentata nel giovane studioso fin dai tempi della sua tesi magistrale, nella quale si prendeva in esame il rapporto fra le immagini e l’allora beata Angela da Foligno, che intanto è stata innalzata agli onori degli altari con la canonizzazione. La tesi magistrale ha conosciuto un significativo sviluppo, che ha condotto a una ricchissima e riuscitissima tesi di dottorato. Ciò che caratterizza la tesi dottorale, che oggi è un libro, è la struttura ternaria: il primo capitolo è dedicato a Lutgarda d’Aywières, il secondo ad Angela da Foligno e il terzo ad Agnese da Montepulciano. Lutgarda era una monaca benedettina proveniente dal Brabante che in seguito divenne cisterciense nel monastero di Aywières, nel Brabante vallone. Tommaso di Cantimpré le ha dedicato l’ultima parte delle Vitae matrum , una raccolta di biografie di quattro religiose: la monaca Lutgarda e le tre beghine Maria, Cristina e Margherita. Lo studio di Mattia Zangari si concentra sulle visioni della monaca Lutgarda e sulle relazioni della Vita Lutgardis con altri testi coevi (quali lo Specchio di Margherita Porète), con l’iconografia del tempo e, cosa molto interessante, con gli oggetti devozionali (ad esempio le culle con le quali le monache celebravano Gesù Bambino). Lo studioso analizza anche un elenco di motivi tradizionali ( topoi ) - tra questi lo «scambio del cuore» - presenti sia nella Vita di santa Lutgarda sia in molte altre Vitae di Sante, riprendendo una pista d’indagine proposta per la prima volta da Romana Guarnieri. Agnese da Montepulciano, biografata dal noto Raimondo da Capua (1330- 1399), è, come Lutgarda, molto sensibile alle rappresentazioni figurative; esse stimolano la sua immaginazione al punto che si può pensare a un influsso delle iconografie dell’epoca sulle visioni della mistica. Dopo aver condotto, con molta 8 Prefazione accortezza, un’analisi del testo (che rivela nessi molto interessanti fra il testo della mistica di Montepulciano e i testi della letteratura latina), l’autore analizza le visioni di Agnese e mette in luce alcuni tra i più importanti motivi di esse. Per esempio una volta la Madonna, con in braccio Gesù Bambino, compare alla mistica e poco dopo scoppia una lite fra la Vergine e la religiosa, che litigano perché si contendono Gesù Bambino. Sorprendentemente sant’Agnese afferra il Divino Infante trattenendolo per la collanina che ha indosso. La scena sembra essere esemplata sulle iconografie dell’epoca, che ritraggono Gesù Bambino con un amuleto al collo. Il collegamento fra testo e immagine sembra quindi fattibile e tutto è argomentato in modo molto convincente. Tanto all’agiografia di Lutgarda, quanto a quella di Agnese è applicata la griglia interpretativa dei motivi tradizionali delle agio-biografie femminili e si dimostra la sussistenza di topoi che ritornano con corrispondenze sistematiche, delineando un fenotipo di santità femminile europea in cui le Sante del Nord Europa e quelle italiane sembrano essere straordinariamente consimili. Il capitolo dedicato ad Angela da Foligno presenta dei risultati particolarmente interessanti. Si indagano coerentemente tre aspetti importanti del Memoriale : le specificità della tradizione manoscritta; la trasposizione linguistica delle percezioni soprasensibili, in specie percezioni visive e uditive che possono essere confrontate con altre testimonianze quali i testi poetici (come ad esempio il laudario di Jacopone da Todi); la connessione fra i contenuti delle visioni e il contesto delle mistiche, particolarmente con le testimonianze iconografiche (che danno luogo a dimensioni in cui la visione va «necessariamente» concepita come la risultante di parole e immagini, le quali si sovrappongono senza possibilità di scindere le une dalle altre). L’ipotesi più originale riguarda il rapporto fra il Memoriale di sant’Angela e le immagini della basilica di San Francesco. Oggi possiamo ricostruire il programma iconografico della basilica di Assisi, elaborato dal Maestro di San Francesco prima di Giotto, e possiamo dunque capire come esso appariva ai tempi del pellegrinaggio di Angela da Foligno nel 1291. Secondo l’ipotesi di Zangari, le vie purgativa e illuminativa, percorse spiritualmente dalla Santa, possono essere ricollegate al ductus delle immagini, alla loro disposizione e al loro «potere». Ad esempio la scena nella quale sant’Angela si denuda davanti alla Croce dovrebbe essere ricondotta al fatto che la mistica vede l’affresco della Spoliazione di San Francesco , rappresentata negli affreschi della navata all’epoca del pellegrinaggio della Santa. La scena dunque può essere concepita nei termini di una sceneggiatura immaginaria del monito di san Girolamo «Nudum Christum nudum sequere». Tutte queste congetture mettono in luce l’acribia e più in generale le qualità intellettuali di Mattia Zangari. Prefazione 9 Lo studioso parla, in definitiva, di forza «modellizzante» delle immagini (le cosiddette fabulae depictae ), come se il testo, in alcune sue parti, prendesse corpo grazie alla percezione ottica. Nel contesto degli ultimi studi questa interpretazione sembra molto appetibile e metodologicamente solida; essa adotta gli strumenti del cosiddetto «ritorno delle immagini» ( iconic turn ), allontanandosi da prospettive tradizionali e unilaterali e ponendo in risalto i fenomeni di « intermedia », presenti nell’esperienza visiva e uditiva delle mistiche. L’autore sostiene che ci sia fluidità e permeabilità fra parole e immagini, fra testi e altri media . Le ipotesi si fanno più forti e convincenti quando si dimostra come oltre alle immagini ci fossero altre dimensioni che incrociavano l’esperienza mistica, come le varie biografie di san Francesco (spesso trasmesse solo oralmente), le sacre rappresentazioni, i «giochi» paraliturgici, la nascente poesia religiosa. A queste dimensioni si potrebbero aggiungere alcuni luoghi delle Sacre Scritture, le omelie e i sermoni, le collationes monastiche e anche le semplici catechesi, e cioè una gran quantità di prediche e di «dispositivi discorsivi» che trasmettevano conoscenze e risvegliavano l’immaginazione. Insomma tutte quelle pratiche comunicative che Michel de Certeau chiamava «scena dell’enunciazione» e che Etienne Gilson, ancora prima di Certeau, aveva definito con il termine polisemico di « conversatio » (divenuta, nella Spagna del Cinquecento, l’attività del « conversar » all’interno dei monasteri carmelitani). Tutti questi influssi convergono creando un vero tesoro di immagini, di rappresentazioni e di contenuti sapienziali; stimolano l’immaginazione, la percezione uditiva e talvolta anche i sogni. Le acquisizioni presentate in questo libro fanno vedere che le esperienze mistiche non possono essere considerate fenomeni a sé stanti perché fra immagini, vetrate e affreschi intercorrono relazioni strutturali e bilaterali, affinità iconiche, così come pure sorprendenti e talvolta drammatiche trasformazioni, che creano forme e «schemi» culturali. Per esempio l’iconografia delle culle spinge Lutgarda a custodire il cuore di Gesù come se fosse un bimbo in una cuna , un bimbo da sventolare con un ventaglio; oppure, per fare un altro esempio, rimirare il corpo nudo di Cristo fa sì che Angela denudi sé stessa, come il Cristo che le sta davanti. Queste prospettive danno luogo a un libro che rivela una capacità critica e interpretativa di alto livello, che mette in luce risultati sfuggiti, fino ad ora, alle maglie della critica. I risultati qui presentati possono essere considerati originali scoperte e interpretazioni innovative, frutto di un approccio euristico e di una prassi di ricerca che permetteranno alla comunità scientifica di approfondire ulteriormente l’indagine sui fenomeni mistici. Monaco di Baviera, 16 luglio 2019 Bernhard Teuber 11 Introduzione Per i boschi della Spagna del siglo de oro , una donna cattolica, ma con origini ebraiche, viaggiava raminga, spostandosi da un convento all’altro, animata da un ideale, ossia la riforma dei monasteri carmelitani: era Teresa d’Ávila, che da lì a poco sarebbe diventata, nell’immaginario cattolico, la santa fundadora , la mistica escritora . L’obiettivo di Teresa era sì il rinnovamento dei monasteri, ma pure la messa in forma di un ideale di monaca che prendesse le distanze dalle rilassatezze che dilagavano al monastero dell’Encarnación di Ávila. Tre secoli prima, come vedremo nel primo capitolo di questo libro, un frate domenicano brabantino - Tommaso di Cantimpré - si poneva il medesimo problema, ovvero la ricerca di un modello comportamentale che ispirasse le monache del suo tempo; per la messa a punto del suo progetto, il frate illustrò in un testo la vita esemplare di una monaca morta due anni prima in odore di santità: Lutgarda d’Aywières (1182-1246). È con la biografia di Lutgarda che si chiude la raccolta di vite di donne - le Vitae matrum - scritta da Tommaso di Cantimpré, il quale si era specializzato nell’arte di biografare donne sante, donne mistiche molto diverse dalle sante regine che altri agiografi, prima di lui, avevano profilato con dei ritratti a penna. Il testo che Tommaso dedica a Lutgarda è molto ricco di spunti d’indagine. L’analisi delle visioni della mistica, infatti, rivela un delicatissimo rapporto - talvolta molto stringente - fra parole e immagini. In questo libro vedremo innanzitutto il modo in cui Tommaso informa il suo prototipo di monaca, il suo specchio di donna pensato per le monache sì, ma pure per le tutte quelle religiose - come le beghine, le cellanae , le reclusae , le eremitesse - senza un’identità istituzionale precisa. Il testo deve rispondere a esigenze di veridicità, esso deve cioè convincere che la santa Lutgarda - mistica, profetessa, taumaturga - è realmente esistita. Per assolvere a questo compito il frate compie un’indagine, «intervista» una serie di testimoni fededegni; fra questi vi sono le consorelle di Lutgarda e una in particolare - Elisabetta de Wans - non solo rappresenta una straordinaria «teste», ma mostra pure di aver avuto esperienze mistiche molto simili a quelle di Lutgarda, diventando quindi una specie di doppio di lei. Come anni fa ha mostrato Chiara Frugoni, le mistiche medievali sembrano sublimare il proprio desiderio di vita coniugale nelle loro esperienze di indiamento 1 e, parimenti, il desiderio di maternage poteva manifestarsi nella voglia 1 Chiara Frugoni: “Le mistiche, le visioni e l’iconografia - rapporti ed influssi”, in Temi e problemi nella mistica femminile trecentesca , Todi: Accademia Tudertina 1983, pp. 136- 160, a p. 150, n. 34. 12 Introduzione di cullare Gesù Bambino, come ben si vede nel caso di santa Gertrude di Helfta. Dato che nei monasteri del Nord Europa di allora è documentata la presenza di culle portatili e di corredi infantili, proveremo a vedere come si declinava il culto di Gesù Bambino all’interno del monastero di Lutgarda, con un’analisi che prende le mosse dal rapporto testo-immagine, ma che si allarga anche all’analisi dei cerimoniali delle monache. Come abbiamo detto all’inizio, l’agiografia oggetto del nostro commento è un testo estremamente ricco di spunti di riflessione e questo anche per via dell’ibrido genere di appartenenza; esso sembra cioè rispondere non solo allo «schema» della biografia mistica, ma pure a quello del romanzo cortese e si vedrà via via su che livello i due generi si intersecano. L’agiografia - e non soltanto quella tardo-medievale - si configura dunque come un pensatissimo progetto «letterario» dalle finalità soteriologiche - e non solo - messo a punto nelle officine agiografiche dei vari Ordini religiosi, che sponsorizzano le proprie Sante per ragioni diverse, il che presuppone uno studio attento, un lavoro ricercatissimo da parte dei biografi, i quali «confezionano» le vitae delle religiose ricorrendo a dei motivi comuni, a dei tòpoi talvolta molto antichi, talaltra meno. L’analisi della Vita Lutgardis ha rivelato risvolti inattesi perché si può ragionevolmente pensare che essa sia una delle prime biografie in cui confluiscono alcuni fra i topòi più ricorrenti delle agio-biografie delle mistiche europee. Del resto quella di istituire dei confronti sistematici fra le mistiche italiane e quelle del Nord Europa, allo scopo di rinvenirvi dei punti di contatto, era una pista di indagine suggerita da Romana Guarnieri che si è voluta qui applicare, come mostreremo. «Sarebbe estremamente istruttivo» - affermava Romana Guarnieri più di vent’anni fa a proposito della mistica italiana Angela da Foligno - «compiere un raffronto serrato tra le esperienze - mistiche e paramistiche - tipiche di tutte queste donne estatiche e quelle corrispettive, narrate nel Liber di Angela da Foligno. Più fruttuoso ancora risulterebbe un raffronto sistematico tra le loro dottrine». 2 Ad esempio il tema della maternità sublimata - come si vedrà - consente di raffrontare Lutgarda con le mistiche del monastero di Helfta, mentre il tema del sangue consente un «controllo incrociato» fra Lutgarda da un lato e santa Caterina da Siena dall’altro. Appuntando l’attenzione sulle mistiche più sensibili alle immagini e segnatamente all’iconografia, incontreremo in questo percorso una visionaria straordinaria cui abbiamo accennato: Angela da Foligno (1248-1309). Nel ricco ventaglio delle mistiche francescane, Angela da Foligno rappresenta un esempio mirabile e affatto singolare nella sua ricerca dell’Assoluto. Di grande interesse è il testo 2 Romana Guarnieri: “Angela, mistica europea”, in Angela da Foligno - terziaria francescana , Enrico Menestò ed., Spoleto: Centro italiano di studi sull’alto medioevo, 1992, pp. 39-82, p. 57. Introduzione 13 che la mistica detta a un frate francescano: il Memoriale . Si tratta di un testo estremamente complesso non soltanto per la fase di redazione - durante la quale Angela interviene continuamente e corregge il suo scriptor - ma anche per la storia della tradizione. L’analisi del Memoriale , in questo libro, è rivolta al rapporto del testo con l’iconografia della basilica di San Francesco di Assisi, ove Angela pellegrina. Le maestranze che avevano lavorato nella basilica inferiore di Assisi avevano affrescato le pareti rappresentando la Gerusalemme celeste, con la quale culminava tutto un ciclo di immagini pensate per i pellegrini. Ora, le immagini lì affrescate - è noto - non avevano, ai tempi di Angela, una funzione puramente decorativa, elogiativa e documentale; alla stregua di Biblia pauperum , esse stimolavano l’intelletto dei pellegrini in maniera da far assimilare le cose viste. Inoltre le rappresentazioni pittoriche non erano lì «da sole» perché altre dimensioni, quali la predicazione e la presenza di tituli abbinati agli affreschi si sovrapponevano alla «voce» delle immagini. Dato che Angela pellegrina e nella basilica inferiore e nella basilica superiore, la folignate - ci siamo chiesti noi - trasferisce nel suo Memoriale queste immagini? Se è sì, in che modo e con quali risultati? Angela sembra effettivamente assimilare i concetti rappresentati nella basilica a seguito di una catechesi che procede proprio per immagini. Inoltre la mistica è colpita da una vetrata della basilica superiore - la Vetrata degli angeli - i personaggi della quale si animano fino a determinare in lei una reazione particolarmente violenta, che ricorda la stessa teatralità di san Francesco: «Appena mi inginocchiai alla porta della chiesa e vidi san Francesco dipinto in braccio a Cristo, mi disse: “Ti abbraccerò così e molto di più di quanto si possa desiderare con gli occhi del corpo. […]”. […] poi si allontanò lentamente, indugiando. Fu allora, dopo la sua partenza, che incominciai a gemere a voce alta e a gridare. E senza nessuna vergogna davo gemiti e urli […]. E io gridavo che volevo morire […]». 3 Incentrata sulla dimensione miracolistica della protagonista piuttosto che su quella «teatrale» è l’agiografia di sant’Agnese da Montepulciano (1268? -1317), un testo che abbiamo attraversato nel capitolo conclusivo. La biografia rivela molti punti di contatto con le fonti classiche, evidentemente familiari al dotto biografo: il domenicano Raimondo da Capua (1330-1399). Espressioni caratteristiche della letteratura latina, desunte dai più celebri autori, fanno bellamente capolino in questo nostro testo. Particolarmente evidenti sono i richiami alle biografie di Cornelio Nepote, dal quale sembrano estrapolate alcune aretalogie. 3 Liber Lelle - Il Libro di Angela da Foligno nel testo del codice di Assisi, con versione italiana, note critiche e apparato biblico tratto dal codice di Bagnoregio , ed. Fortunato Frezza, Firenze: Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini 2012, pp. 39-40. 14 Introduzione Un’altra prospettiva critica adottata nel capitolo è la relazione della biografia di Agnese con i testi delle mistiche europee. La pista di analisi suggerita da Romana Guarnieri sarà applicata nuovamente quindi, nel tentativo di capire, ancora una volta, se i testi delle mistiche presentino corrispondenze oppure no. Ci si soffermerà sulle immagini con le quali il testo «dialoga»; in particolare si analizzerà una visione in cui la Madonna, con in braccio Gesù Bambino, appare a sant’Agnese, che tenta di afferrare il piccolo, dando luogo quindi a una curiosa contesa fra la mistica e la Vergine. Il che farà vedere che le visioni delle donne mistiche si diversificano, dando forma ad esiti più o meno solenni - come la visione del sangue in Lutgarda, che ha valore martiriale e salvifico -, o più o meno naïf - come nel caso del certamen fra sant’Agnese e la Madonna. Ancora una volta i testi confermano come le mistiche - e i biografi - considerassero le immagini parte integrante di un «processo» contemplativo, che può dare luogo ad esiti inattesi e interessanti, come le visioni, condite dalla vena sanguigna e passionale di chi, devotius , prega davanti all’immagine. Questo libro è il risultato di una tesi dottorale discussa nel dicembre 2016 alla Scuola Normale Superiore di Pisa in co-tutela con la Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera. Desidero ringraziare, in questa sede, quanti hanno contributo alla messa a sistema di questo lavoro. Anzitutto i relatori, i Proff. Lina Bolzoni e Bernhard Teuber, che mi hanno letto e ascoltato con dedizione, illuminandomi con il loro talento e i loro consigli. Ringrazio la commissione internazionale davanti alla quale ho discusso e dunque Isabella Gagliardi, Giovanna Rizzarelli, Florian Mehltretter e Albrecht Berger per il paziente lavoro di lettura. Devo grazie poi ai tanti interlocutori che hanno contribuito, ognuno a proprio modo, a dare una forma alle mie idee; un ringraziamento particolare va ad Anna Benvenuti, un’anima grande, che mi ha sempre incoraggiato a studiare le sante donne con uno stile che fosse il mio; un grazie sincero a Chiara Frugoni, per i consigli inerenti al rapporto testo-iconografia; altrettante grazie a Grado Giovanni Merlo, per la delicatezza di pensiero, senza la quale non avrei capito quanto forse ho capito dei testi francescani. Altrettanto importanti sono stati Massimo Vedova, per la perizia filologica che mi ha messo a disposizione e alla quale non ho attinto abbastanza; Rosanna Alhaique Pettinelli, per gli straordinari consigli di lettura inerenti al romanzo cortese e al romanzo cavalleresco; Alessandra Bartolomei Romagnoli per la disponibilità al dialogo sulle mistiche; Francesco Bausi per aver letto uno dei miei primissimi lavori su Angela da Foligno, ai tempi della mia tesi di Laurea magistrale; Mariateresa Horsfall Scotti, per il sostegno morale indefesso; il compianto Thomas Ricklin, per alcune generose osservazioni in merito al mio approccio alla mistica femminile; Claudia Märtl e Georg Strack per avermi accolto fra i dottorandi del ZMR (Zentrum für Mittelalter- und Renaissancestudien) della Ludwig-Maximilians-Universität München. Introduzione 15 Infine vorrei ringraziare padre Luigi Marioli, che mi ha beneficato a lungo con la sua finezza intellettuale; suor Maria Costanza Iannone, madre e sorella «in spirito»; i colleghi e gli amici della Normale, con i quali mi sono spesso interfacciato traendo sempre grande beneficio. Questo libro è dedicato alle mie sorelle ai miei genitori, per me via maestra nel percorso «tra le stelle e il profondo». Catanzaro, 20 luglio 2019. Mattia Zangari «Hoc speculum cotidie intuere»: le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d’Aywières (1182-1246) Questo nostro percorso prende le mosse da una raccolta di vite di donne, le Vitae matrum , scritte dal domenicano Tommaso di Cantimpré (1200? -1272) fra il 1231 e il 1248. Si tratta di un florilegio composto dal Supplementum alla Vita della beghina Maria d’Oignies (†1213) - che era stata scritta dal teologo Giacomo de Vitry (†1240) - e dalle biografie di altre tre religiose: Cristina di St. Trond (†1244), Margherita d’Ypres (†1234) e Lutgarda d’Aywières (†1246). Caratterizzando le protagoniste dello spicilegio tramite la vocazione alla vita ascetica, alla stregua dei padri del deserto, 1 come vedremo, l’intento di Tommaso è quello di offrire un quadro esemplare, un modello di comportamento rivolto alle donne e per realizzare questo modello egli illustra vita, mors et miracula di queste quattro religiose belghe. Se fino ad allora gli agiografi avevano rivolto la loro attenzione solo alle nobili regine (si pensi, ad esempio, all’agiografia ottoniana) 2 , ora sono donne «comuni» (seppur caratterizzate da un’intensa esperienza mistica) come Maria, Cristina, Margherita e Lutgarda a rappresentare dei «prototipi» comportamentali. La nostra attenzione sarà rivolta segnatamente all’ultima delle Vitae : quella dedicata alla monaca Lutgarda d’Aywières, mistica e profetessa. In primo luogo analizzeremo la tradizione del testo; in secondo luogo indagheremo il rapporto fra testo e immagini, a partire da una mappatura delle visioni che il testo registra. Adotteremo in seguito tre prospettive critiche; la prima di esse è quella delle tecniche mnemoniche: si sottolineerà infatti la presenza di alcune immagini (come la figura mentale del quadrato) che servivano tanto a delineare un percorso esemplare, quanto a fissarlo nella memoria dei lettori. Rispetto agli studi di Giovanni Pozzi, di Claudio Leonardi, di Caroline Walker Bynum (e veniamo alla seconda prospettiva) cercheremo di dimostrare che alcuni motivi 1 «Le moderne donne religiose sono simili alle monache nell’esercizio delle virtù, tra cui spicca l’amore per la verginità e la continenza, ma le superano in un’ascesa simile a quella praticata dai Padri del deserto e dagli eremiti», cf. Alessandra Bartolomei Romagnoli: Agiografia e modelli di santità - Le «Vitae matrum» di Tommaso da Cantimpré, in: ead.: Santità e mistica femminile nel Medioevo , Spoleto: Centro italiano di studi sull’alto medioevo 2013, p. 149. 2 Mi permetto di rimandare a Mattia Zangari: “Le due «Vitae» di Matilde di Sassonia - Agiografia e memorie di una santa regina”, in Leggerezze sostenibili - Saggi d’affetto e di Medioevo per Anna Benvenuti , Simona Cresti-- Isabella Gagliardi edd., Firenze: Società Editrice Fiorentina 2017, pp. 135-165; id.: “Storia di un’imperatrice perseguitata - L’epitaffio e altri testi agiografici su Adelaide di Borgogna (930ca.-999)”, Studi medievali , 60 1 (2019), 124-142. 18 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières letterari e iconografici hanno una tradizione più antica di quanto si pensasse, sottolineando il fatto che esista una circolazione di motivi e immagini che accomuna i Paesi del Nord con l’Italia: in questo contesto la Vita di Lutgarda rappresenta un punto nodale. I testi saranno infine analizzati dal punto di vista dei generi letterari: la Vita di Lutgarda appare infatti debitrice, oltre che al genere biografico, alla tradizione del romanzo cortese. Si cercherà quindi di capire che tipo di messaggio voglia filtrare quest’opera delle Vitae matrum prendendo in esame la biografia di Lutgarda per due ragioni. Morta Lutgarda, la badessa del monastero di Aywières dispone che il cantipretano, il quale aveva dato prova del suo talento di biografo scrivendo le agio-biografie di Maria, di Cristina e di Margherita, metta a sistema la Vita di Lutgarda, monaca che le altre religiose del monastero, rilassate nei costumi, 3 avrebbero dovuto emulare. 4 Estensore della biografia di santa Lutgarda, come vedremo, Tommaso può essere considerato uno dei primi agiografi a doversi porre 5 il problema di come «trans-mittere» la vita di una monaca, creando un ideale, un exemplum nel quale le monache brabantine, avrebbero dovuto rispecchiarsi, sì che la comune monialis liegese potesse guardare al racconto della mater di Tommaso - letto? Ascoltato attraverso il medium dei predicatori come Tommaso? - , come termine di paragone, sì « (…) che ce se vedeva tucta, come quasi in uno specchio». 6 Insomma: si può affermare che questa biografia ha valore particolarmente didascalico perché va considerata alla stregua di vademecum della monaca di allora. 7 L’altro motivo per il quale abbiamo scelto di soffermarci sulla Vita Lutgardis , preferendola così alle altre, è il continuo dialogo fra testo e iconografia, al punto che si potrebbe pensare a questa Vita come a una fabula depicta . Tantissime le occorrenze figurative all’interno di questo libercolo e riposti i significati di questi punti di incontro fra dimensione testuale, figurativa e scritturale. Essendo persuasi dall’idea secondo la quale questa prossimità fra testo e iconografia è finalizzata a istituire la connivenza di un linguaggio pensato, sulla 3 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis virginis in Aquiriae Brabantia (BHL 4950), in AASS, Iunii, III, Antuerpiae, 1701, pp. 234-263, (BHL 4950), a p. 259. 4 Alessandra Bartolomei Romagnoli: Santità e mistica femminile , p. 183. 5 Per la scrittura delle Vitae matrum, ingiunta a Tommaso da terzi, cf. Newman, The Collected Saints’ Lives - Abbot Jhon of Cantimpré, Christina the Astonishing, Margaret of Ypres, and Lutgard of Awières , Barbara Newmann ed., transtt. Margaret King and Barbara Newmann, Tournhout: Brepols 2008, passim. 6 Desumo l’espressione fra virgolette dalla deposizione della monaca Filippa al processo di canonizzazione di santa Chiara d’Assisi: Processo di canonizzazione di S. Chiara d’Assisi - Vita, conversione, miracoli (commento) , ed. Giovanni Boccali, Assisi: Edizioni Porziuncola 2003, III, 93-98, pp. 195-96, a p. 96. 7 Maria Chiara Ferro: Santità e agiografia al femminile - Forme letterarie, tipologie e modelli nel mondo slavo orientale (X-XVII sec.) , Firenze: Firenze University Press 2011. Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières 19 scia di chi ha dimostrato l’impossibilità di scindere il significato del leggibile e del visibile, 8 vorremmo provare a leggere questa Vita Lutgardis alla luce della probabilità di rinvenirvi uno sviluppo articolato nei termini di un linguaggio doppio, con dei fini affatto particolari. Da un lato il linguaggio scritto, dall’altro quello figurato cooperano bellamente nel tentativo di trasmettere la speciale missione affidata agli Ordini nei confronti della comunità ecclesiale, missione sulla quale non indagheremo perché la nostra ricerca ha obiettivi strettamente legati all’analisi dei testi, anzi saranno proprio i testi (l’agiografia di Lutgarda, così come le opere letterarie con le quali questa Vita è interconnessa) a consegnarci dei «mattoni», attraverso i quali costruire un discorso che pure sottende dimensioni pluridisciplinari. 8 I debiti agli studi pregressi da parte di chi prova a fare delle considerazioni sul nesso testo-iconografia possono dirsi, ad oggi, infiniti. Le idee qui raccolte altro non sono che la più breve distanza fra due punti, due percorsi di letture. Da un lato i lavori di Giovanni Pozzi (di cui ora ricordiamo solo: Giovanni Pozzi: La parola dipinta , Milano: Adelphi 1981 e id.: Sull’orlo del visibile parlare , Milano: Adelphi 1993) e quelli di Lina Bolzoni, particolarmente i seguenti: Lina Bolzoni: La stanza della memoria - Modelli letterari e iconografici nell’età della stampa , Torino: Einaudi 1995; ead: La rete delle immagini - Predicazione in volgare dalle origini a Bernardino da Siena , Torino: Einaudi 2002, rist. 2009. Per la francescanistica molte suggestioni sono venute dagli studi di Chiara Frugoni, della quale citiamo adesso solo: Chiara Frugoni: Francesco e l’invenzione delle stimmate - Una storia per parole e immagini da Bonaventura a Giotto , Torino: Einaudi 1993; ultimo studioso a cui si è guardato, per impostare un discorso su questi temi che fosse coerente il più possibile, è Miklós Boskovits, di cui vorremmo ricordare un testo rappresentativo della messa a sistema del suo metodo di lavoro: Miklós Boskovits: Immagini da meditare - Ricerche su dipinti di tema religioso nei secoli XII-XV , Milano: Vita e Pensiero 1994. La direzione interdisciplinare di questo nostro lavoro, lo spirito che delinea la volontà di analizzare i testi qui proposti in un certo modo, ci piace invece inquadrarli, summatim , con una riflessione di Mary Carruthers relativa ai testi da lei analizzati a proposito dell’estetica della mneme: «La madre di Guilberto di Nogent sognò Maria con le fattezze della Vergine rappresentata nella cattedrale di Chartres. E Thomas Bradwardine suggerisce a coloro che abbiano bisogno di un’immagine mnemonica per rappresentare una qualità astratta, come ad esempio la Trinità, di servirsi di “un’immagine come quelle che si vedono di solito dipinte nelle chiese”. Questi sono chiaramente modi di usare la memoria per pensare, inventare, comporre in un presente che è, però, proiettato verso il futuro». Mary Carruthers: «Machina memorialis» - Meditazione, retorica e costruzione delle immagini (400-1200) , prefazione di Lina Bolzoni, transt. Laura Iseppi, Pisa: Edizioni della Normale 2006, p. 107 (cf. pure la n. 34). 20 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières La storia dell’«antefatto» della «Vita Lutgardis» ossia le altre «matres»: la reclusa, la folle, la svanita Per la redazione delle Vitae matrum Tommaso di Cantimpré si ispira alla Vita di Maria d’Oignies, 9 che aveva segnato i prodromi del nascere di un nuovo genere letterario: il genere dell’agiografia mistica. 10 Se nel caso dei primi tre medaglioni (Maria d’Oignies, Cristina di St. Trond e Margherita d’Ypres) l’agiografo costruisce i suoi testi facendo ricorso a testimonianze indirette relative alle semireligiose delle quali si scrive, nel caso di Lutgarda Tommaso trascrive la storia della propria madre spirituale rappresentando lui stesso un testimone. Il motivo che spinge il canonico regolare a mettere a punto la prima di queste Vitae è rappresentato dal fatto che il suo priore a Oignies, Egidio, gli ordina di stendere una gionta alla Vita Mariae Oignicensis che Giacomo da Vitry aveva composto; sarà questo slancio iniziale a determinare la redazione delle biografie successive, ma prima di passare alla trattazione delle Vitae , ci piacerebbe aggiungere qualcosa a proposito del loro autore. Tommaso nasce nel 1200 o nel 1201 a Bellingen, un villaggio del Brabante fiammingo. Il padre aveva preso parte alla terza crociata al seguito di Riccardo Cuor di Leone e aveva mandato il futuro predicatore a studiare nella cittadina episcopale di Cambrai, avendolo destinato alla carriera ecclesiastica. 11 Nel 1217, in qualità di canonico, il giovane entra a Cantimpré, dove è a contatto con il clima intellettuale dell’abbazia dei canonici regolari di San Vittore. Gli studi e gli interessi del brabantino sono all’inizio di carattere soprattutto scientifico ed è infatti il De natura rerum 12 - un trattato di storia naturale a cui lavora per quindici anni - ad averlo reso noto. In seguito Tommaso compone un’opera in cui delinea un prototipo ideale di vita religiosa, che dovrebbe ispirarsi, secondo 9 La Vita Mariae Oigniacensis in Namurcensis Belgii diocesi per Iacobum de Vitriaco, così come il Supplementum alla Vita scritto da Tommaso di Cantimpré, sono state edite criticamente da Robert Burchard Constantijn Huygens: Jakob von Vitry, «Das Leben der Maria von Oignies»-Thomas von Cantimpré, «Supplementum», Thurnhout: Brepols 2012. In questo lavoro, tuttavia, si citerà il Supplementum dagli AASS: Vita Mariae Oignicensis in Namurcensis Belgii diocesi per Iacobum de Vitriaco - Supplementum (BHL 5517), in AASS , Iuni XXIII, Antuerpiae 1867, pp. 572-581. 10 Antonella Degl’Innocenti: “Mistica e agiografia”, in Il Liber di Angela da Foligno e la mistica dei secoli XIII-XIV in rapporto alle nuove culture , Atti del XLV Convegno storico internazionale di Todi, 12-15 ottobre 2008, Spoleto: Centro italiano di studi sull’alto medioevo 2009, pp. 355-383. 11 Alessandra Bartolomei Romagnoli: Santità e mistica femminile , p. 107. 12 Thomas Cantimpratanus: Liber de Natura Rerum , Berlin-New York: De Gruyter 1973. La storia dell’«antefatto» della «Vita Lutgardis» ossia le altre «matres» 21 lui, alla società delle api. 13 Poco prima di essere ordinato sacerdote, nel 1223, il cantimpratano comincia a stendere la Vita Ioannis, la biografia cioè dell’eremita e predicatore fondatore della comunità di Cantimpré. 14 Dopo essere stato canonico regolare, si fa domenicano nel convento di Lovanio, lasciando Cantimpré e dedicandosi a una vita itinerante, sulla quale era stato instradato proprio da Lutgarda. «Sedotto» da questa madre santa, così come Giacomo da Vitry era stato, temporibus illis , «sedotto» da Maria d’Oignies, se il vitriacense si fa irretire dalla cattedra episcopale e dal cardinalato, lasciando Oignies nonostante Maria cerchi di trattenerlo, Tommaso segue fiducioso i consigli di Lutgarda di Aywières, la quale lo sprona a coltivare una vita più apostolica. Non a caso, nella conclusione del Supplementum, Tommaso rimprovera Giacomo con una requisitoria nella quale accusa il cattedratico di Parigi di non aver prestato ascolto alla beata Maria, beghina-reclusa del priorato di Oignies: Nunc igitur ad te mihi redeundum est, Tusculane Praesul, Romanae Curiae Cardinalem. Verum quidem, ut in his quisquam potest advertere, verissimum Dei famula dixit, hominem voluntatis tuae te esse contestans, qui utique ad tam evidentissimas ipsius Ancillae Christi revelationes obstinatus ita fuisti, quod nullo modo moveri a voluntate propria potuisti. 15 Il Supplementum alla Vita di Maria d’Oignies non vuole essere una nuova biografia, essa è più che altro un testo in cui è messa in rilievo la funzione profetica della beghina, che prende forma tramite un’indagine di Tommaso il quale, raccogliendo testimonianze di gente che ha conosciuto Maria direttamente, dà prova della veridicità delle profezie della donna. Per esempio quest’ultima aveva assicurato a Giacomo la costruzione di una nuova chiesa, secondo quanto le era stato rivelato nel corso di una visione; essa, come nel rapimento mistico, sarebbe stata di grandi dimensioni e caratterizzata dalla presenza di cinque altari. Era infatti scoppiato un incendio ai tempi della penitente all’interno della parrocchia, 13 Si rimanda a: ed. Henri Platelle: Les exemples du «Livre des abeilles» - Une vision médiévale , Thurnout: Brepols 1997. 14 La Vita Ioannis viene scritta in momenti diversi da Tommaso; è composta da una prima parte in cui è fatto un excursus sui prodromi della comunità, da un secondo blocco in cui è «trattato» l’abbaziato di Giovanni (1183-1193), e da un epilogo incentrato sulle dimissioni rassegnate dall’abate. Stretti dovettero essere i legami fra Giovanni e Riccardo di San Vittore, che Giovanni conosce ai tempi dei suoi studi a Parigi e del quale abbraccia la regola a Cantimpré, abbandonando quella agostiniana precedentemente adottata. Cf. Robert Godding: “Une oeuvre inédite de Thomas de Cantimpré - La «Vita Ioannis Cantimpratensis»”, Revue d’histoire écclesiastique , 76 (1981), 241-316. La traduzione della Vita è disponibile anche in inglese: Thomas of Cantimpré: The collected Saints’Lives , pp. 53-121. 15 Thomas Cantimpratanus: Vita Mariae Oignicensis , pp. 572-581. 22 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières incendio che aveva devastato la struttura e i paramenti, ma la beghina aveva fatto presto a consolare il priore, assicurandogli la prossima costruzione di una chiesa nuova, grande e bella: Consolare Pater carissime, consolare: damnum tibi istud infra decem annos incomparatabiliter Deus restituet, et quadrupliciter plus pro adipiscendis gaudebis ornatibus quam nunc pro perditis contristatus es. Sed heu me! quae tunc minime subsistens, ista non videbo. Nec fefellit eam promisso Deus; postea enim; quoniam venerabilis Iacobus in transmarinis partibus Acconensis Episcopus est electus, transmisit dicto Priori omnem insulam Episcopalem, cum aliis multis vestibus bissinis, et universa altaris vasa, cum diversis utensibilibus ministrorum eius ex auro et argento omnia fabricata. Portitor autem horum omnium, tanta velocitate mare transivit, infra dies videlicet quindecim, ut multis hoc incredibile videretur. Et hoc non mirum non sine divino miraculo, utique annorum decem tempus urgebat, quo haec Ancilla Christi complenda praedixerat. 16 Mistica come Maria è pure la seconda delle «madri» di Tommaso: Cristina la folle. Come si legge nella Vita De S. Christina Mirabili Virgine , a St. Trond, una cittadina nella Valle della Mosa, abitano tre sorelle che, rimaste orfane, organizzano nuovamente la gestione della casa. Se la prima si dedica alla preghiera e la seconda alla casa, la terza, Cristina, porta le bestie al pascolo. 17 Zelante contemplativa, Cristina muore prematuramente, ma durante la celebrazione dei funerali, la morta fa un salto fino al soffitto, balzando dal feretro. «Rimase lassù, in alto, per tutto il tempo della messa, appollaiata sulle travi come un uccello spaventato, e non ci fu verso di farla scendere». 18 Tommaso, anche in tal caso, compie un’indagine per sincerarsi della verità dei fatti, cercando di «intervista- 16 Thomas Cantimpratanus: Vita Mariae Oignicensis , p. 674, IV, 21. 17 Thomas Cantimpratanus: Vita Christina Mirabilis, (BHL 1746-1747), in AASS, Iuli V, Antuerpiae 1867, pp. 637-660. Di seguito l’incipit della Vita Christina: «Igitur memorabilis Christi virgo Christina ex oppido S. Trudonis in Hasbania honestis parentibus oriunda fuit. Haec, defunctis parentibus, cum duabus sororibus ipsa iunior relicta est. Tunc sorores secundum religiosae vitae modum vitam suam disponere cupientes, sororem aetate maiorem, ut vacaret orationi, mediam ut [domus] curam ageret, iuniorem autem Christinam, ut ad pascua euntia pecora custodiret, instituunt», I, 4. 18 «Cumque pro depositione eius missarum oblatio fieret, subito commotum corpus exsurrexit in feretro, statimque instar avis evecta templi trabes ascendit. Fugientibus ergo cunctis, qui aderant, sola soror aetate maior cum timore remansit [ ubi ] usque post missam immobilis perseverans, a presbytero ecclesiae sacramento constricta, est coacta descendere. Horrebat enim, ut quidam autumant, subtilitas eius spiritus odorem corporum humanorum. Mox cum sororibus reversa, domi cibis refecta est. Tunc amici eius spirituales, accedentes ad eam, sciscitati sunt, [ut] quod vidisset, vel quid passa fuisset, vellet exponere». ibidem. Per un’esposizione più approfondita rispetto ai contenuti: Alessandra Bartolomei Romagnoli: Santità e mistica femminile nel Medioevo , p. 125. La storia dell’«antefatto» della «Vita Lutgardis» ossia le altre «matres» 23 re» gente che aveva conosciuto personalmente Cristina, ad esempio la reclusa Yvette de Léau, 19 con la quale Cristina «la folle» aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita. Con questa donna assistiamo quindi a un evento nuovo: per la prima volta una donna scende fino all’Inferno e vede il Purgatorio, per ritornare successivamente sulla Terra. Due le funzioni legate al valore storico dell’esperienza di Cristina: da un lato il compito affidatole di descrivere ai viventi, una volta ritornata su questo mondo, l’aspetto dell’aldilà (in quanto lei, morta e risorta, l’aldilà lo ha conosciuto), dall’altro la volontà di far vedere come al genere umano - che Cristina rappresenta - sia offerta la possibilità di scontare le proprie colpe attraverso questi viaggi nel Purgatorio, grazie ai quali sarà concesso in seguito di ascendere al Paradiso. Interessante sarebbe capire quali siano i modelli agiografici d’ispirazione; questi potrebbero essere copiosi, per esempio i racconti dei morti che tornano sulla Terra per riferire su ciò che è altro dalla Terra. Bronto, Bonello, Fursy, come pure Guthlac, Wetti e Alberico, via via fino a Tnugdol e san Patrizio, 20 rappresentano certamente un antefatto, un precedente, eppure con Cristina si verifica un evento importante: non siamo davanti a una resurrezione, a una rinascita posta nei termini di un corpo che ritorna, appunto perché Tommaso parla di corpo «subtilis», riccorrendo spesso alla metafora della donna-uccello. Cristina non si ripresenta in Terra col suo corpo, vi ritorna in forma di spettro, secondo i dettami della coeva tradizione della Renania, in cui fioriscono a iosa racconti sull’apparizione dei morti. 21 La pastora di St. Trond è sciamanica: si getta nel fuoco, nell’acqua ghiacciata, salta sulle pale dei mulini a vento, penzola dalle corde del patibolo, si fa sbranare dai cani, e nonostante il sangue scorra, lei resta illesa: Tunc coepit Christina agere illa, propter quae a Domino remissa fuerat. Ingrediebaturque clibanos ignivomos, ad coquendum panes paratos, cruciabaturque incendiis velut aliquis nostrum, ita ut horrifice clamaret prae angustia, nec tamen in egredientis corpore laesura forinsecus apparebat. […] Sub aquis Mosae fluminis glaciali tempore frequenter ac diutius morabatur, adeo ut in iis, sex diebus et eo amplius permaneret. […] In hyeme etiam sub rota molendini ibat erecta stare, ita quod aqua dilaberetur per medium caput et membra eius. Veniebat etiam cum aqua natans aliquando, cadebatque 19 Per Yvette de Huy, Scrittrici mistiche europee - Secoli XII-XIII , 2. vol., Alessandara Bartolomei Romagnoli, Antonella Degl’Innocenti, Francesco Santi edd., Firenze: Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini 2015-2018, vol. 1, pp. 186-196. 20 Su questi temi la bibliografia è poderosa. Segnaliamo per un’introduzione all’argomento: Peter Dinzelbacher: Revelationes , Turnhout: Brepols 1991; Claude Carozzi: Le voyage de l’âme dans l’Au-delà d’après la litterature latine (V e -XIII e siecle) , Rome: École française de Rome 1994. 21 Alessandra Bartolomei Romagnoli: Santità e mistica femminile , p. 209. 24 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières cum aqua super rotae circuitum, nec ulla laesura tamen apparebat in membris. In rotis etiam, in quibus piratae aliquando cruciari solebant, more tortorum flectebat cura et brachia sua, et tamen, cum descenderet, non apparebat fractura in membris suis. Ibat etiam ad patibulum, et se inter latrones suspensos laqueo suspendebat, ibique uno die vel duobus suspensa pendebat. Saepiusque quoque sepulchra mortuorum intrabat, plangebatque ibi peccata hominum. Media etiam nocte quandoque surgebat, et canes totius civitatis S. Trudonis provocans ad latratus, quasi bestia fugiens praecurrebat, insequebanturque eam canes, et per silvas atque condensa spinarum agitabant eam, ita ut nulla pars corporis eius a plaga remaneret immunis, et tamen cum sanguinem diluisset, nullum laesurae vestigium apparebat. 22 Pare esserci una coscienza comune della dimensione patologica del comportamento della mistica Cristina, tanto che le sorelle e gli amici pensano sia posseduta dagli spiriti maligni; inoltre la donna respinge la morale comune perché mangia in casa dei ladri e degli assassini, dividendo con loro il pane dei furti (II, 23). 23 Segnaliamo anche un’affinità rispetto alla mistica Angela da Foligno: come Angela, Cristina beve l’acqua contaminata dalla lebbra: Et postquam ista optulimus eis, lavimus pedes feminarum et lavimus manus hominum, maxime cuiusdam leprosi qui habebat manus valde fracidas vel marcias et perditas, et bibimus de illa lotura. Et tantam dulcedinem sensimus, quod per totam viam venimus in magna suavitate ac si communicavissemus. Et videbatur michi recte quod ego comunicassem, quia suavitatem maximam sentiebam sicut si comunicassem, quia suavitatem. Et quia quedam scarpula illarum plagarum erat interposita in gutture, ego conabar ad glutiendum eam et reprehendebat me coscientia expuere sicut si comunicassem, quamvis non expuerem ed eiciendum, sed ad deponendum eam de gutture. 24 Il vero protagonista dell’opera, ha notato Alessandra Bartolomei Romagnoli, sembra essere però il corpo di questa reclusa dei boschi, un corpo che si fa docile strumento dell’anima e suo prigioniero, e si assiste infatti a veri e propri dialoghi fra l’anima e il corpo: Et tamen cum iniuste aliquid acquisitum, et sibi in elemosynam datum comederet, videbatur ei quod ranarum ac bufonum viscera aut intestina serpentium deglutiret. Unde in esu talium clamabat quasi parturiens: «O Christe, quod agis mecum? Sic quare 22 Thomas Cantimpratanus: Vita Christina Mirabilis , II, 11-14. 23 «Accidit, ut quadam die ad sitim intolerabilem divinitus excitata, ad mensam cuiusdam sceleratissimi viri splendide epulantis accurreret, potumque poscens, ab illo insolita pietate commoto, parum vini sumeret ad bibendum». 24 Angela de Fulgineo: Ms A 11va, cf. Liber Lelle , op. cit., p. 78. La storia dell’«antefatto» della «Vita Lutgardis» ossia le altre «matres» 25 me crucias? »; tundensque pectus et corpus, dicebat: «O anima misera, quid desideras? Quid concupiscis haec orrida? Cur iis soridibus vesceris? ». 25 La Vita di Margherita d’Ypres - e veniamo alla terza delle Vitae matrum - è un modello parenetico pensato perché i domenicani si dedichino alla cura degli animi femminili; Sigieri (il padre spirituale della fanciulla) distoglie infatti Margherita dal proposito del matrimonio e la poverina acconsente, dedicando la propria verginità a Dio, donandosi a un tipo di vita che non è né monastico né strettamente beghinale. La ragazza trascorre il resto della propria vita in famiglia, assorta nella contemplazione, docile e virtuosa, mentre i parenti cercano di distoglierla da questo suo strano proposito di nubilato, da queste pratiche oranti che la portano a rifuggire da ogni distrazione mondana, rendendola completamente svanita. Un giorno compare sul suo braccio una stella, di cui la madre non capisce il significato: De eo quod stella apparuit in humero eius Sedens aliquando cum matre sua et sorore illius, sua matertera, de Deo invicem conferebant. Nec mora. In momento stelle clarissime lux visa est in humero Margarete et cum mater obstupefacta exclamaret: «Quid est hoc, filia? », respondit: «Non paveas, mater, quoniam Dominus in medio nostri est», et hoc secundum illud, quod olim dixerat Dominus: Ubi duo vel tres congregati fuerint in nomine meo, in medio eorum sum (Mt 18, 20). 26 Un’altra funzione assolta da questa biografia, data l’iniziale infatuazione della giovinetta nei confronti di un pretendente, è dimostrare come, anche per le anime sante, sia difficile smarcarsi dalle seduzioni terrene. Quello che qui ci interessa porre in risalto è poi il legame di Margherita con le immagini: sin da bambina comincia a flagellarsi, dopo aver visto in chiesa la figura di Cristo crocifisso; 27 racconta a Sigieri un sogno in cui Gesù le appare con tre corone d’oro-- a lei ne consegna una «pro voto castitatis», le altre due, dice Cristo, saranno consegnate alle sue sorelle, ma queste dovranno meritarsele: Sompniavi, inquit, si tamen somnium vocari debet, ignoro, quia nunquam vel in seculo posita in sermone aut ecclesia dormitavi. Illa hoc dicens necdum cognoverat Dominum, nec umquam ei fuerat revelatum. Cui idem spiritualis pater eius ridendo respondit: Quid, inquit, filia sompniasti? - Vidi, ait, quasi in sompniis, sed, ut 25 Thomas Cantimpratanus: Vita Christina Mirabilis , III, 24. 26 Thomas Cantimpratanus: Vita Margarete Ypriensis, in Gilles Gérad Meersseman: “Les Frêres Prêcheurs et le mouvement dévòt en Flander au XII e s.”, Archivum Fratrum Praedicatorum , 18 (1948), 110-141, a p. 124 (II, 38). 27 «Iam parata sum omne genus tormentorum pro Christo pati, si se tempus vel locus offeret». Ibid., pp. 123-124. 26 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières cortissime scio, evidentius tamen, vidi, inquam, lucidissime Dominum meum Iesum Christum, cum tribus michi aureis coronis astare et unam capiti meo imponens dixit: Hanc tibi, filia, pro voto, quod michi feristi, confero castitatis; reliquas duas sororibus tuis, si tecum perseveraverint, repromitto. Quo audito, ille spiritualis pater eius in Domino ex totis visceribus exultavit, animadvertens et videns, quod Deus sua gracia iuvenculam visitasset et quod acceptus ei iam esset fructus, quem in novella planta efficaci sermone rigaverat. 28 Lutgarda: storia di una monaca Come le altre tre agio-biografie, la Vita Lutgardis , che analizzeremo tra poco, sembra risentire molto dell’idea di santità che sottostà al modello femminile paolino. Le pagine di san Paolo dedicate alla santità non intendono, come sappiamo, quella costituita «populi credentis intuitu», stabilita dai processi istituzionali, dagli albi e dai codici; la santità della «letteratura» paolina fa fede alla testimonianza oculare e riguarda la condotta di chi, come le madri di Tommaso di Cantimpré, sta spesso ai margini della società. 29 Lutgarda (come le altre protagoniste delle Vitae matrum ) non è una nobile regina altomedievale di cui ci si appresta a trascrivere vita e miracoli, 30 si tratta di una donna «normale», come nel caso «dei santi paolini, uomini e donne, ai quali il linguaggio apostolico di Paolo e della sua cerchia assegna originariamente questo attributo di aghios nella ferialità silenziosa o anche dimenticata della loro vita». 31 Indagando le parole del Santo, ci si imbatte in quei famosi «divieti» imposti alle donne, veti che si rievocano qui per il motivo che stiamo per vedere. Paolo aveva affermato: Come in tutte le comunità dei santi, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la Legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea ( 1 Cor 14, 33-35). 28 Thomas Cantimpratanus: ibid., p. 110. 29 Fortunato Frezza: “Santità delle donne dalle pagine di Paolo alla Chiesa”, Bollettino storico della città di Foligno , 31-34 (2007-2011), 187-214, a p. 194. 30 Cf. Claudio Leonardi: Baudonivia, la biografa, in id.: Agiografie medievali , Antonella Degl’Innocenti e Francesco Santi edd., Firenze: SISMEL-Edizioni del Galluzzo 2011, pp. 505- 514. 31 Fortunato Frezza: Santità delle donne , p. 195. Cf. pure ibid., p. 200: «Di questa santità la donna nel corso del tempo si è fatta protagonista e soggetto tipico, a motivo delle sue specifiche qualità antropologiche, psichiche e spirituali, che, anche nei limiti dei condizionamenti contingenti, le hanno permesso di trovare spazi e modi di originale e anche audace creatività, come nel caso di Lidia nel Nuovo Testamento ( At 16, 11-15) o, nel corso dei secoli, delle religiosae mulieres nel Medio Evo». La storia dell’«antefatto» della «Vita Lutgardis» ossia le altre «matres» 27 Queste stesse inibizioni sancite da san Paolo avrebbero fatto da punto d’appoggio ideologico alla Periculoso , la bolla di Bonifacio VIII risalente al 1298, con la quale sarebbe stata imposta la vita claustrale al «sottobosco» europeo di cellanae , reclusae , bizzoche e beghine che, al di fuori di una precisa identità istituzionale, vivevano presso municipi, palazzi, ponti, cattedrali, ma pure nelle foreste e nei dirupi, presso gli ospizi, gli eremi e le curie. 32 Lutgarda rappresenta, già si anticipava, lo specchio delle virtù monastiche, la monaca da emulare e ricordare per la sua sottomissione e la sua obbedienza, sotto le quali giace tuttavia il potere della preghiera d’intercessione (così come nel caso delle donne delle quali si parla in 1 Cor 11,5) 33 e in tal senso si può forse affermare che testi come la Vita Lutgardis preparano il terreno alla costituzione bonifaciana. 34 Il valore della Vita è inoltre strettamente legato a finalità soteriologiche perché Lutgarda, specchio di tutte le monache, è compartecipe all’azione redentrice: La Vita Lutgardis rappresenta una tappa fondamentale nella storia dell’autocoscienza cristiana, perché la mistica di Aywières vive nella consapevolezza del valore costruttivo e dell’energia spirituale della sofferenza quando essa viene offerta nel segno della 32 Anna Benvenuti Papi: « In castro poenitentiae » - Santità e società femminile nell’Italia medievale , Roma: Herder 1990, passim. 33 La connessione tra la Vita Lutgardis e la Periculoso potrebbe essere comprovata da altre due notazioni. In I, 21, il cantimpratano descrive il desiderio molesto dell’abate di St. Trond, di ritorno dal Concilio Generle Lateranense. L’abate, essendosi le monache recate da lui in processione vorrebbe baciarle, ma «allorché fu giunto alla priora Lutgarda che desse il bacio all’abate, ella fermamente si rifiutò». L’esaltazione della pudicizia della priora è messa in rilievo dalla pericope successiva, messa a punto affinché le vergini di Cristo (le claustrate belghe cioè) abborriscano il delitto, come dice l’agiografo, sull’esempio di santa Lutgarda, ammonimento questo rafforzato dal gioco di parole col quale Tommaso conclude: «Tu ergo Virgo, sponsa utique Christi, aut amatrix quælibet castitati, cum Lutgarde fuge tales: flagitium abhorresce. Si quis te quasi ad sanctum osculum solicitare voluerit; si quis manu ad sinum, ad ubera, vel ad partes reliquas appropinquare tentaverit, sputum pro osculo reddas, et pugnum obvium contrectanti; nec Clerico in hoc deferas vel personæ: quia castitatem mentis etiam verbere tueri licet, sicut corporis vitam. Talem, inquam, non arbitreris servum Christi, sed satanæ; non spiritualem, sed animalem; non pudicitiæ sectatorem, sed revera vilissimum leccatorem», Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 241. L’altra notazione è invece relativa a II, 8, in cui è ricordato uno dei fontamentali temi della bolla di Bonifacio VIII: la preoccupazione di Giovanni de Lir «per le donne religiose che, nel Brabante, erano turbate da imitatrici». Giovanni si era infatti recato presso la Curia romana per garantire a questi movimeti penitenziali, istituzionalmente indefiniti, la possibilità di conciliabolo. Molte erano le beghine «eretiche», e queste andavano differenziate da quelle «affidabili». Ibid. p. 245. 34 Per la bolla di Bonifacio VIII, cf: Elizabeth M. Makowski: Canon Law and Cloistred Women-- «Periculoso» and Its Commentators, 1298-1545 , Washington: The Catholic University of America Press 1997. 28 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières croce. Abitando nel cuore di Cristo, tutta raccolta nelle sue piaghe gloriose, Lutgarda partecipa all’opera di redenzione del mondo. 35 Profetessa di principesse e castellane, 36 unica interlocutrice del fantasma di Maria di Roavia, 37 ammonitrice di sacerdoti, essendo dotata di grazia nel linguaggio, 38 la monaca Lutgarda di Aywières, come dicevamo, è l’ultima delle quattro matres di cui Tommaso di Cantimpré ci trasmette la biografia. Benedettina originaria di Tongeren, nelle Fiandre, era passata all’età di ventiquattro anni (intorno al 1205) al Cistercio di Aywières, in Brabante, nella diocesi di Liegi. La mistica, dotata di xenoglossia, infaticabile quanto a tenacia nelle lunghe e severe astinenze, è presentata da Tommaso, nel libro secondo, una volta eletta priora (II, 20), essendo lei la candela più splendente del monastero, come fosse un candelabro, una candela posta sulla sommità del candelabrum «poiché non era giusto che una lucerna tanto grande fosse di lato sotto il moggio»: Præterea, quoniam tantam lucernam latere sub modio non decebat, posita est super candelabrum; ut fulgor gratiæ eius omnibus appareret. Præposita ergo, id est priorissa ancillarum Dei in monasterio S. Catharinæ uno omnium consensu electa est, et concessa: abbatissam enim habere in ipso monasterio non solebant. 39 Quando nel 1246, il sedici di giugno, la santa madre Lutgarda si addormenta per sempre nel catafalco custodito dalle cistercensi del monastero di Aywières, il suo corpo risplende col candore dei gigli, la sua pelle è come di bisso al tatto 35 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 211. 36 Ibid., II, 34 e II, 36. Per la Vita Lutgardis (BHL 4950) è necessario ricorrere ancora al testo degli AASS. La prima stesura della Vita (1248) è sottoposta a un rimaneggiamento avvenuto ad opera di Bernardo, confratello di Tommaso e penitenziere di Innocenzo III (†1254). Il rimaneggiamento è funzionale all’impostazione storiografica del testo poiché Bernardo, testimone del «caso Lutgarda», integra il contenuto dell’agiografia con la sua stessa testimonianza. Per le traduzioni in fiammingo: Johannes Bormans: “Het Leven van Sinte Lutgardis”, De Dietsche Warande , 3 (1857), 37-62, 132-165, 285-322; 4 (1858), 155-170, 267-302; Jozef van Mierlo: “Willelm van Sinte Lutgart”, Verslagen en mededelingen van de Koninklijke Vlaamse Academie , 1935, 775-915. Ora a disposizione pure i volumi di Guido Hendrix: Ontmoetingen met Lutgart van Tongeren - benedictines en cisterciënzeiling (1182- 1246-1999) , Leuven: Bibliotheek van de Faculteit Godgeleerdheid 1999, (particolarmente i voll. 2 e 3). La funzione edificante della Vita Lutgardis presso il pubblico dell’epoca è ben messa in luce dal volume (con sinossi in lingua inglese) di Erwing Mantingh: Een monnik meeten rol - Willelm van Afflingem, het Kopenhaagse Leven Lutgart en de fictie van een meerolaagse voorleezing, Hilversum: Verloren 2000. La traduzione in inglese delle Vitae matrum, con un’introduzione, un commento e un apparato di note al testo è opera di Barbara Newmann, cf. The collected Saints’ Lives . 37 Cf. Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis, II, 5. 38 Ibid., II, 38. 39 Ibid., p. 241. La storia dell’«antefatto» della «Vita Lutgardis» ossia le altre «matres» 29 di chi la palpa, gli occhi spalancati, vitrei, ritti verso il cielo, quasi fosse una bambola di cera: Proinde proprium ex natura morientium est, ut in morte livido pallore nigrescant: pia autem Lutgardis, in signum innocentiæ virginalis, candorem in morte cum nitore lilii in facie prætendebat. Oculos in cælum (ut dictum est) instante hora mortis diu ante clausos aperuit, nec eos postea in morte vel post mortem reclusos habere potuit: quia ipse oculorum gestus, iter, per quod transierat spiritus, indicavit. Cutis autem totius corporis eius tantæ lenitatis a contrectantibus est reperta, ut sub palpantis manu byssus pariter candens et lenis plenissime crederetur: nemirum simplex hæc sine felle columba, lotos lacte puritatis oculos habuit, quæ speculabatur residens iuxta fluenta plenissima. 40 Questa scena in cui è descritta la monaca esanime è arricchita dalla composizione di alcuni versi, nello stile di un epitaffio, versi composti dalla fedele compagna di Lutgarda, Sibilla de Gagis, i quali avrebbero costituito il ricordo della defunta, apposti nel lato destro del coro del convento di Aywières, il lato in cui la morta era solita pregare: Lutgardis luxit; vitam sine crimine duxit; [cum epitaphio] Cum Christo degit, quam lapis iste tegit. Esuriens hæc et sitiens cælestia, luxit; Mera dies, sponsi facies, illi modo luxit. Hæc speculum vitæ, flos claustri, gemma sororum; Fulsit in hac pietas, compassio, gloria morum. 41 Da notare la triplice anafora del verbo luceo («luxit», brillò), ripresa nell’ultimo verso da «fulsit». Oltre ad alcune rime interne, che danno forse luogo a un insieme stilisticamente un po’ goffo («luxit»-- «duxit» v. 1, «degit»-- «tetigit» v. 2, «esuriens»-- «sitiens» v. 3, «dies»-- «facies» v. 4), riluce al v. 5 l’espressione «speculum vitae», riferito al valore dell’esemplarità della vita in cui rispecchiarsi. Le sequenze qui riportate hanno tutti crismi di frammenti polinodali: hanno un impianto agiografico, quindi didascalico, ma presentano in pari tempo finalità soteriologiche ed elementi di raccordo rispetto ad altri testi coevi, testi di monache e beghine vissute tra le Fiandre e il Brabante, ma pure di religiosae mulieres tedesche e, come già segnalava Romana Guarnieri, forti tangenze nei confronti delle Vitae delle bizzoche del Centritalia. 42 Tommaso di Cantimpré 40 Ibid., p. 260. 41 Ibid., III, 20, p. 262. 42 Romana Guarnieri: “La Vita di Chiara da Montefalco e la pietà Brabantina del ’200 - Prime indagini per un’ipotesi di lavoro”, in Claudio Leonardi - Enrico Menestò edd. Santa Chiara da Montefalco e il suo tempo, Atti del Convegno di studi storici ecclesiastici orga- 30 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières scrive la vita di Lutgarda e più in generale queste Vitae matrum prendendo coscienza progressivamente del valore di queste mulieres , del tracciato descritto dal vissuto di tutte loro le quali pur vivendo ai margini dell’istituzione ecclesiale e del contesto sociale, divengono exempla . 43 Sono opere enciclopediche, arazzi densi di informazioni estremamente preziose per ricostruire l’ambiente del tempo, dai menologi dei benedettini, dei cistercensi e delle spiritualità cui i reclusori beghinali erano legati, via via sino alle finalità propagandistiche con le quali queste donne divengono i simulacri di un culto che va impresso e trasmesso, attraverso i testi e le immagini. Da Tommaso a Baro le Roy: stile del testo, codici manoscritti e edizioni a stampa Non è affatto facile presentare uno status quaestionis sulla Vita Lutgardis , mai editata e, in un certo senso, ancora «sepolta» nella congerie degli Acta Sanctorum . Si cercherà di delineare qui un quadro filologico in base a una lettura del testo che prenderà le mosse dal Commentarius praevius , da questo «libretto d’istruzioni» introduttivo da sottoporre a un’analisi, a mo’ di tabula orientativa. Anzitutto il Commentario preliminare ci dà notizia di come la memoria di santa Lutgarda, vergine brabantina, sia inserita nel sedici di giugno all’interno nizzato dall’Arcidiocesi di Spoleto, Spoleto: Centro italiano di studi sull’alto medioevo 1985, pp. 305-368; ead: “Beghinismo d’oltralpe e bizzochismo italiano tra il secolo XIV e il secolo XV”, in La beata Angelina da Montegiove e il movimento del terz’Ordine regolare francescano femminile, Atti del Convegno di Foligno, Analecta Tor , 17 (1984), 1-13; ead: “Angela mistica europea”, in Angela da Foligno - terziaria francescana , op. cit.; ead.: . Pinzochere, in DIP ( = Dizionario degi Istituti di Perfezione ), 10 vol., Roma: Paoline, 1969-2003, vol. 6, 1973, coll. 1721-1749. Tutti questi contributi ora leggibili in ead: Donne e Chiesa tra mistica e istituzioni (secoli XIII-XV) , Roma: Edizioni di Storia e Letteratura 2004. Sul tema dei motivi comuni nelle biografie di donne mistiche, mi permetto di rimandare a: Mattia Zangari: “Il poema latino cinquecentesco sulla beata Colomba da Rieti e l’immagine della protagonista nello spettro delle donne mistiche nordeuropee”, Archivio Italiano per la Storia della Pietà , 31 (2018), 231-237. 43 « […] nel suo specchio agiografico Tommaso da Cantimpré declina la varietà e fluidità delle forme penitenziali adottate dalle mulieres sanctae della prima metà del Duecento. Inserite all’interno di una topografia religiosa difficile da sistematizzare, irregolari, queste donne vivono tutte ai margini delle strutture ordinate dall’istituzione ecclesiale. Ma quando fanno irruzione nell’agiografia, sconvolgono le morfologie dell’esperienza spirituale e dei codici chiamati a tradurla. […] Si tratta di una presa di coscienza graduale da parte dell’autore: le storie di queste donne, attraversandone la vita e la scrittura, possono quindi essere lette anche come un’autobiografia spirituale di Tommaso da Cantimpré» cf. Alessandra Bartolomei Romagnoli: Santità e mistica femminile , pp. 103-49, a p. 105. Da Tommaso a Baro le Roy: stile del testo, codici manoscritti e edizioni a stampa 31 del Martirologio romano , in base alle indicazioni del manoscritto Florario e di altri manoscritti redatti ad uso delle chiese belghe. 44 Il testo degli Acta Sanctorum , quello su cui lavoreremo noi, non è tuttavia l’unico ad aver trasmesso l’agiografia di Lutgarda perché, sebbene con molteplici omissioni, già Lorenzo Surio (1522-1578), dopo averlo emendato (essendo per lui eccessivamente «simplex»), 45 ne pubblica una, di cui non si ha traccia; tornando al testo degli Acta , fondamentale è capire quali siano i codici alla base del nostro scritto d’appoggio, vale a dire: l’autorevole codice del Collegio di Bruges, il manoscritto presente nella Biblioteca dei Canonici Regolari nella Valle Rubea, nei pressi di Bruxelles, e infine un ultimo codice vagliato da Alberto Mireo. 46 Il nostro testo presenta un’impostazione di forte connotazione storica, alla quale è quasi totalmente sacrificata l’eleganza formale. Non sussistono infatti molte elaborazioni retoriche, né particolari artifici letterari, volendo rispondere prevalentemente a obiettivi di veridicità. L’opera sistematizzata dai Bollandisti si presenta con un numero progressivo di colonna, inserito tra parentesi quadre, e molte annotazioni interpolate e segnalate da simili parentesi, probabilmente opera di Giovanni Molano (†1585), sommari o commenti parziali, ma sistematici. 47 Vi sono inoltre delle note erudite, di carattere tecnico, talvolta esplicativo, e viene data una scansione in capitoli 44 «Memoria S. Lutgardis Virginis in Brabantia insertæ est ad hunc XVI Junii hodiernis Martyrologii Romani Tabulis, jam ante reperta in Ms. Florario et aliis Mss. ad usum Ecclesiarum Belgicarum auctis […] ». Cfr. Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 231. 45 «Vitam hanc edidit pridem Laurentius Surius, præfatus stylum simpliciorem passim nonnihil a se emendatum» ibid., p. 231. 46 Per tutte queste informazioni, cf. ibidem: «Vitam hanc edidit pridem Laurentius Surius, præfatus stylum simpliciorem passim nonnihil a se emendatum: addo, et eam pluribus omissis contractam. Nos integrum contextum Auctoris damus primogenia phrasi, ex tribus potissimum codicibus Mss. scilicet uno valde insigni Collegii nostri Brugensis; altero, Bibliothecæ Canonicorum Regularium in Rubea valle prope Bruxellas, ubi illa legitur in secunda parte Hagiologii Brabantinorum; ac tertio, nobis communicato ab Autberto Miræo, Ecclesiæ Cathedralis Antverpiæ olim Decano, nostrorumque studiorum dum viveret amantissimo». Il ms. di Bruxelles sarebbe l’unico ad essersi conservato tra i codici sui quali si basa l’ed. dei Bollandisti. Si tratterebbe non dell’autografo, come vorrebbe Hendrix, bensì di un riassunto medievale, in base a quanto sostenuto da Lefèvre e da Newmann. Per questi dati si segnala: Barbara Newmann: “Introduction”, in Thomas of Cantimpré: The collected Saints’s Lives , pp. 3-51, a p. 51. Per quanto riguarda invece il numero dei codici della Vita Lutgardis ad oggi conservatisi essi sarebbero, come dimostra l’indagine di Antonella Degl’Innocenti, in tutto dieci. Per questo cf. Antonella Degl’Innocenti: “Per un’edizione dei testi mistici”, in Scrittrici mistiche europee , pp. XXIII-XXXIII, alle pp. XXVI-XXVII. 47 «His interpositis redeo ad Lutgardem. De hac optime meritus fuit Ioannes Molanus, quippe cuius ad Usuardum Additiones Baronio, ipsius scripta maximi facienti, momentum præcipuum attulerunt ad eius nomen Romani Martyrologii fastis inserendum […] », cf. Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 231. 32 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières titolati. Dopodiché è data un’informazione preliminare sull’autore, e quindi il passaggio dai Canonici Regolari all’Ordine dei Predicatori, le lodi alla nobiltà d’animo, alla rettitudine morale e l’ammirazione palesata da noti personaggi, tra i quali ricordiamo Roberto Bellarmino e Giusto Lipsio. 48 Infine, in III, 19-20, quindi a conclusione della storia, veniamo a sapere come non soltanto la vicenda qui trascritta da Tommaso sia un modo per rendere grazie alla Santa cui era ed è devoto, ma una forma attraverso la quale pagare tributo alla badessa Hadeweijch, che gli aveva promesso in cambio, come reliquia, la mano della cisterciense fiamminga. Infine, da un punto di vista stilistico, ricorrono delle appendici ai capitoli, appendici scritte in versi. Ad esempio, in III, 2, un luogo in cui è riferito il racconto della teutonica relativo all’ascesa al cielo di Giordano, generale dell’Ordine dei Predicatori, al quale la narratrice avrebbe assistito bilocandosi, leggiamo: Hic terram sanctam adiit illic fratres invisere, [prope Terram sanctam submerso,] Sed cum per mare rediit. Mergendo cœpit psallere, Christumque benedicere, Sicque cælum mox subiit, Ut signis datur credere. Nec mora: mox incanduit Columna lucis maxima, Quæ dum de cœlo micuit, Membra lustravit sanctissima; Et quo transisset anima Videntes scire voluit. In re manifestissima, Adiecto sacro littori Cæli lampas emicuit: Quæ ter superstans funeri, Quarto quoque resplenduit, In hunc quem secum habuit. Et sic recursu celeri Rapta nube non patuit. Corpus fragrans mirifice Curatur a fidelibus. A Græcis dantur unice 48 Ibidem: «Ioannes Trithemius, Leander Albertus, Guilielmus Eysengrein, Antonius Senensis, Robertus Bellarminus, Iustus Lipsius aliique, quorum testimonia profert Georgius Colvenerius, post Vitam Cantipratani a se illustratam». Da Tommaso a Baro le Roy: stile del testo, codici manoscritti e edizioni a stampa 33 Latinis et Gentilibus Laudes Christo cum fletibus. Et sic verum magnifice, Sub tribus patet testibus. 49 Per quanto attiene al discorso delle edizioni a stampa, oltre a quella di Surio, ne viene realizzata una a Madrid nel 1627 fondata, oltre che sulla Vita Sanctae Lutgardis , anche su una vita ulteriore con digressioni esortative alle monache di quella stessa città, opera questa dalla quale sarebbe stata tratta successivamente una traduzione italiana uscita a Venezia nel 1661. L’edizione del 1627, intitolata Sponsa Christi e posseduta da Bernardino de Villegas, avrebbe avuto come traliccio, stando sempre alle notizie dei Bollandisti, il manoscritto Ultraiectino della chiesa di San Salvatore. A queste edizioni avrebbero fatto eco alcuni compendi, realizzati in età moderna; fra di essi ricordiamo: l’opera del Frisen, nei Flores Ecclesiae Leodiensis , quelli di Crisostomo Henriquez, nei Gigli del Cistercio ; quella di Angelo Manrique, negli Annali Cistercensi ; infine quelli di Lippeloo e di Hareo, i quali assieme a molti altri, pubblicano nelle lingue volgari le agiografie esemplate sull’opera del Surio, portandosi appresso l’eredità degli errori da lui commessi. 50 Fondamentali risultano le aggiunte del Molano al Baronio, 51 mentre vivaci controversie sorgono a proposito della cronologia degli spostamenti di Lutgarda e a proposito della sua morte. Risulta interessante come i compilatori del Commentarius praevius , a un certo punto, contraddicano Tommaso di Cantimpré a proposito del ruolo che la pia Lutgardis avrebbe rivestito all’interno del monastero di Aywières: se Tommaso nega il fatto che le sia attribuita la carica di priora, i bollandisti la vogliono abadessa ad Aywières, dove si sarebbe recata ventiquattrenne, per adempiere un comando divino. Prima di allora la Santa trascorre dodici anni a Tongeren, fra le monache di San Benedetto, presso il monastero di Santa Caterina, in cui riceve la consacrazione a cinque o sei anni dal suo ingresso. La veridicità della notizia relativa al priorato della monaca sarebbe confermata, oltre che dal Molano, pure da Giacomo Baro le Roy, il quale dà la lista delle badesse succedutesi ad Aywières. Testimonianza preziosa quella di Baro le Roy, assai attento all’abbazia di Aywières, di cui cura l’icona: un’immagine successivamente incisa in un elegante cesello, in base a come il complesso si presentava, illo tempore , da settentrione. 52 49 Ibid., III, 2, p. 256. 50 Ibid., pp. 231-232. 51 Ibid., p. 232. 52 Ibidem. 34 Le «Vitae matrum e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières Sibilla de Gagis ed Elisabetta de Wans: due testimoni per un’inchiesta Tommaso cantimpratano è di Lutgarda devoto cronista. Egli si pone il problema legato al valore testimoniale ed edificante del racconto, si pone il problema della veracità di esso e, volendo dare un impianto di carattere storico all’insieme delle parti che costituiscono il testo, mette in parallelo le testimonianze di chi Lutgarda l’ha conosciuta. Pur senza prescindere dalla messa in rilievo della suggestionabilità dei testimoni, l’autore sottolinea nella sorpresa un indicatore di autenticità; lui stesso non ha mai sentito nulla di simile all’esperienza di Lutgarda e alla virtù di questa, eppure continuamente ripete «quid mirum? », appunto per sottolineare come la sua madre spirituale viva con estrema naturalezza il suo itinerario di rigorosa sequela di Cristo. Molto interessanti sono citazioni come: «non erroneum testimonium habeo»; 53 «in testimonium veritatis», 54 o ancor di più: «Qui vidit, testimonium perhibuit, et scimus quia verum est testimonium eius», 55 in cui si indravede una reminiscenza del De Trinitate Dei 56 : Nec credo vitam alicuius, quæ tot virtutum insignia et mirabilium ac miraculorum prærogativas in se contineat, a multis retroactis annis fuisse descriptam. Si autem quæritur, quomodo legentibus fidem faciam de iis omnibus, quæ conscripsi: breviter dico, quod ipse Christus testis et judex sit, quod plurima ex iis ab ore ipsius piæ Lutgardis, sicut familiarissimus eius, accepi: et in iis nullum ita temerarium credo, qui eius testimoniis contradicat: cætera vero a talibus me percepisse profiteor, qui nequaquam a veritatis tramite deviarent. […]. Cum ergo caritas omnia credit, omnia sustinet; peto ab iis, quibus Deus spiritum suæ caritatis infudit, ut credant his siqua sunt sancta, siqua utilia, siqua veritati consona proponuntur; simulque sustineant patienter, siqua minus apte, siqua minus litteratorie vel indiscrete posuero: quæ tamen propter hæc minus debite ab improbis repelluntur. Bonorum enim ingeniorum, ut dicit gloriosissimus Augustinus, insignis 53 Ibid., I, 15. 54 Ibid., II, 34. 55 Ibid., II, 34, p. 251. 56 Augustinus Hipponensis: De Trinitate Dei , 13, 1-4: «In eadem Ioannis narratione alia sunt corporis sensu, alia animi ratione cognita. Deinde quod sequitur: Hic venit in testimonium, ut testimonium perhiberet de lumine, ut omnes crederent per illum », cf. id.: Opera omnia, 44 voll., Paris: Près la Barrière d’Enfer, 1841-1865, vol. 8, 13, 1-4, p. 1014. Espressioni quali: «De latere Domini nostri Iesu Christi exivit sanguis pro redemptione mundi tempore passionis, id est mysterium Sanctae Trinitatis et Iohannes evangelista vidit et testimonium perhibuit et scimus, quia verum est testimonium eius» erano al centro dell’ Ordo Missae nel Medioevo, come testimoniano alcuni messali dell’epoca, ad esempio il codice 300 della Biblioteca Riccardiana di Firenze, risalente all’XI secolo o quello di Montecassino, ms. CXXVII (XI, 5), che risale a un periodo compreso fra l’XI e il XII secolo. Sibilla de Gagis ed Elisabetta de Wans: due testimoni per un’inchiesta 35 est indoles, in verbis verum amare, non verba. Neque enim aurum minus pretiosum est, quod de terra tollitur; neque vinum minus sapidum, quod de vilibus lignis excipitur. Ergo non solum vos, sed omnium monasteriorum Brabantiæ cœtus virginum, Vitam piæ Lutgardis suscipiant; ut quæ in fama virtutis notissima omnibus fuit, ipsa brevi libelli huius insinuatione plenius innotescat; augeatque legentibus virtutem et meritum, quibus præscriptum aderit virtutis exemplum. Valeat vestra sancta et sincera benignitas, et mei vos memores in orationibus vestris Divina pietas incolumes tucatur; Amen. 57 Nel Prologo si parla di «fides», e cioè di «affidabilità», e si invoca il giudizio di Cristo stesso. In più si fa appello al gloriosissimus Augustinus , del quale è riportato il pensiero senza indicarne la fonte, che in questo caso è il De doctrina Christiana . 58 Quanto alla divisione dei libri, si segue la scansione di progresso spirituale, sulla quale torneremo; ad ognuno dei tre libri cioè è correlata una condizione del direttorio ascetico, in base alla tripartizione dei Sermones super Cantica di Bernardo di Chiaravalle: 59 incohantes o vulnerati ( status poenitentiae ); proficientes o anche fatigati ( status pugnae ); infine perfecti ossia delicati ( status vitae contemplativae ). 60 La narrazione di Tommaso di Cantimpré, la stesura di questa biografia che è insieme edificante e propagandistica, si sostanzia di alcuni testimoni, abbiamo già detto, chiamati a suffragare la fondatezza della grandezza di Lutgarda. Due sono le testimoni più attendibili: Sibilla de Gagis, che aveva servito Lutgarda devotamente, ed Elisabetta de Wans, la nobile sposa di nozze bianche, intima della pia Lutgarda. Elisabetta non solo acquisisce progressivamente il dono della profezia, ma è pure vittima di rapimenti in cui le visioni si manifestano in maniera praticamente analoga a quelli di Lutgarda. Non è forse errato pensare a Elisabetta come a un doppio della sua maestra e non soltanto in quanto, esattamente come questa, Elisabetta viene rapita in estasi, ma pure perché, acquisendo il dono del vaticinio, la donna parla con gli spettri dei nascituri e conosce le sorti di quelli che verranno. Estremamente esemplificativa è la manifestazione del colloquio col crocifisso, che avviene in base ai racconti di Lutgarda: Cristo stacca cioè la mano dalla croce e la consola. Si veda per esempio questo luogo del Commentarius : 57 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 234. 58 Augustinus Hipponensis: “De Doctrina Christiana”, in Aurelii Augustini Opera , Turnhout: Brepols 1981, vol. 33, IV, X, 24. 59 Bernardus Claravallensis: “Sermones super Cantica Canticorum - Prologus”, in Sancti Bernardi Opera , 9 voll., edd. Jean Leclercq, Charles Hugh Talbot, Henri Rochais, Romae: Ed. Cistercienses 1963-1977, vol. 3, XIII, 23 pp. 109-154. La stessa suddivisione strutturale la rinveniamo pure nella Vita di Cristina l’Ammirabile, cf. Thomas Cantimpratanus: Vita Christina Mirabilis , pp. 637-660. 60 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis - Prologus , p. 234: «Tribus libris opus omne distinguens; secundum triplicem statum in anima, inchoantium, proficientium, et perfectorum». 36 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières Addit ex Ms. Hagiologio Sanctorum Brabantiæ Rayssius sequentia. Hanc pedetentim per tres circiter annos Christi ad Crucem affixi statua undique sequebatur; et si quando immundis ac fœdis vexaretur cogitationibus, manum de cruce porrectam suo superponebat pectori, et actutum perversas omnes animi cogitationes abigebat: sæpius etiam Angelicis colloquiis fruebatur. Ad amœna virentis paradisi die quadam evecta est; ubi quidem tam ex viventibus et natis, quam etiam nascituris, qui æterna gloria potituri erant; et, quod admirabilius est, in quo statu, virginitatis aut coniugii singuli glorificandi essent, spiritu revelante cognovit. Hos igitur cum postea in hac vita videret, quorum similitudines viderat in cælis, licet et antea ignoti essent, ex facie specialissime agnoscebat; et subito in ictu oculi, in singulis meritorum ac statuum differentiam discernebat. 61 Un confronto sinottico con la scena in cui Gesù Cristo incede verso Lutgarda mentre la cisterciense è all’ingresso della chiesa probabilmente darà ragione delle tangenze intrattenute dal cammino di perfezione percorso dalla vidua Elisabetta nei confronti di quello della mistica sua maestra: In ipso ostio ecclesiæ ei Christus cruci affixus cruentatus occurrit: deponensque brachium cruci affixum, amplexatus est occurrentem, et os eius vulneri dextri lateris applicavit. Ubi tantum dulcedinis hausit, quod semper ex tunc in Dei servitio robustior et alacrior fuit. Referebant qui hæc, illa revelante, illo in tempore et diu postea probaverunt, quod saliva oris eius super omnem mellis dulcorem suavius sapiebat. Quid miri? Favus distillans labia tua, Sponsa; et mel divinitatis, et lac humanitatis Christi, etiam tacente lingua, cor interius ruminabat. 62 Ancora una volta, il meccanismo di rispecchiamento della vicenda di Elisabetta, come proiezione della biografia della veggente belga, si può rinvenire a proposito del ritratto a penna della beata vedova Wans. A saldare le due storie il tòpos del romanzo cortese. Di nobile stirpe, la monaca testimone, prima di entrare a far parte dei gigli del Cistercio, è data in sposa a un soldato «affidabilissimo», con il quale convola a nozze, restando tuttavia «impolluta virgo»: Præter Sibyllam, sub eodem Beatæ titulo, eiusdemque Octobris ac diei IX nota, eo quod alius nullus occurreret aptior, refertur etiam a Rayssio, Elisabetha de Wans, quæ quondam (ut hic dicitur lib. 3. cap. 21) in Campania Galliæ apud S. Desiderium fuerat Abbatissa, abdicataque Prælatura Aquiriam transierat. De hac Cantipratanus lib. 2. cap. 5. §. 4. ait, quod genere et vita nobilis, a cunabilis fere Christo devotissima fuit: cuius sanctitati parentes eius simpliciter invidentes, eam Militi probatissimo, licet in- 61 Ibid., p. 232. 62 Ibid., p. 239. La struttura del testo 37 vitam, in coniugium tradiderunt, cum quo in uno lecto annum integrum agens, virgo tamen impolluta permansit. 63 Non dissimile è la vicenda della mater di Tommaso di Cantimpré, che va incontro a numerose traversie prima di diventare monaca. Per raggiungere il Cistercio di Aywières, infatti, la giovane Lutgarda era dovuta fuggire di notte nel bel mezzo della foresta, sottraendosi così a un malfattore. 64 Ma la messa a fuoco del romanzo cortese di Lutgarda merita uno spazio a sé, a cui dedicheremo, fra poco, un’ampia argomentazione. La struttura del testo Come già la Vita di Giovanni di Cantimpré (scritta sempre da Tommaso fra il 1223 e il 1270), questo «liberzolo» è sottoposto all’«anatomia» dei Sermones di Guglielmo di St. Thierry (nel primo libro è descritta la vita inchoans , nel secondo quella proficiens , nel terzo quella perfecta ), dando luogo a un percorso in cui la natura animale della sposa di Cristo Lutgarda si evolve fino al raggiungimento della piena perfezione. 65 La tripartizione dell’opera dà vita a un gioco di corrispondenze sistematiche: la prima parte di essa coincide con la prima giovinezza della donna nell’abbazia benedettina di St. Trond, la seconda con la permanenza al monastero cisterciense di Aywières e l’ultima con i malanni, la cecità e la morte, correlata a un’appendice ove sono menzionati alcuni miracula post mortem . Come ha notato Jean Baptiste Lefèvre, 66 la stessa Santa è, nel primo libro, un’incipiente, mentre nel secondo compie con più ardore il suo ministero spirituale, vale a dire la sua mansione di profetessa neotestamentaria, di esorcista e soprattutto di patrona del Purgatorio. Il sistema di corrispondenze si fa più elaborato nel momento in cui si volessero, eventualmente, ricollegare ai tre stadi della progressione mistica bernardiana i tre digiuni espiatori della monaca (compiuti a partire dalla seconda parte del testo, nel secondo libro): vale a dire quello offerto per riscattare gli Albigesi, in secondo luogo le penitenze spese per i peccatori in generale e infine i digiuni atti a scongiurare enormi flagelli che minacciano la Chiesa (con una probabile allusione all’alleanza istituita fra i Tartari e Federico II). 67 Dis- 63 Ibid., p. 232. 64 Ibid., pp. 237-238. 65 Jean Baptiste Lefèvre: “Sainte Lutgard d’Aywières en son temps (1182-1246)”, Collectanea Cistercensia , 58 (1996), 277-235, a p. 314. 66 Ibid., passim. 67 Barbara Newmann: “Lutgard of Aywiéres - Patron of Purgatory”, in Thomas of Cantimpré: The Collected Saints’ Lifes , pp. 43-51, a p. 44. 38 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières sentendo dall’idea secondo la quale gli incontri metafisici sarebbero manifesti solo nel primo libro, 68 data la presenza inesausta di ratti, levitazioni, profezie, come in seguito dimostreremo, si può segnalare come, dal secondo libro in poi, si intensifichino le visitazioni di Maria, che sorregge la monaca spossata, incapace di reggersi in piedi, assieme al Battista, perché Lutgarda possa ricevere la comunione sacramentale: Cumque euntem ad altare nullus eam in subsidium debilis corporis sustentaret, manifeste viderunt alique, quibus videre datum est, duos eam Angelos mediam tenere; et ad altare deducere. Consimili modo et alia vice manifestissime visum est, gloriosissimam virginem Mariam, et beatum Ioannem Baptistam, eam in obsequio comitari: sed hoc diu postea, cum scilicet tempus instaret, quo debuit ex hoc mundo transferri. 69 Le occorrenze in cui figura la coppia Maria-Giovanni Battista si arricchiscono nel terzo libro. Nel caso qui proposto siamo davanti a un incontro che preconizza la morte della monaca di Liegi: Maria e Giovanni («che ella [Lutgarda] amava di un amore specialissimo») le annunciano l’incombere della «consumazione» e della «corona di giustizia», metafore della sua ascesa al Cielo, che sarebbe avvenuta imminentemente: Quidecim diebus ante mortem suam apparuit ei gloriosa Virgo Maria, et beatissime Baptista Ioannes, quem amore specialissimo diligebat: qui et dixerunt ei: iam instat consummatio tua, superest tibi corona iustitiae. 70 La presenza della Vergine, fra secondo e terzo libro, può essere allora elemento strutturante e fondante in quanto sembra possibile smentire un pregiudizio che pare dilagare sia nella storiografia moderna, sia in quella più datata, un pregiudizio secondo il quale Maria sarebbe assente nei percorsi esperienziali ed interiori delle donne medievali. 71 Per tornare al discorso sulla struttura del testo, arriviamo adesso all’epilogo, al transitus della Vita Lutgardis . Siamo al capitolo secondo del terzo libro e, santificata dai sacramenti, l’anima della profetessa vola nelle regioni superne, tra principi celesti e giovani che suonano il timpano e danzano. È il sedici di giugno: Sabbato autem cum in hora mortis instaret, oculos ad coelos aperuit: et Sacramentis praemunita sanctificis, in medium iuvencularum tympanistirarum principibus caele- 68 Cfr. Jean Baptiste Lefèvre: Sainte Lutgard d’Aywières en son temps . 69 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 252, II, 39. 70 Ibid., p. 259, III, 13. 71 Per questo si consultino: Simone Roisin: L’hagiograpie cistercienne dans la diocèse de Liège au XIII siècle , Louvain: Editions Universitaires: La presse de Belgique 1947, pp. 123-177; Caroline Walker Bynum: Sacro convivio, sacro digiuno - Il significato religioso del cibo per le donne del Medioevo , transt. Sandro Lombardini, Milano: Feltrinelli 2001. Le visioni. Sui metodi del racconto 39 stis exercitus commixtis, psallentibus, anima felix ad liberas auras exultans, evolat ad superna; anno ab Incarnatione Domini millesimo, ducentesimo, quadragesimo sexto, mense Iunio, sexto decimo Cal. Iulii: Indictione quarta, anno aetatis suae sexagesimo quarto, hora circa vesperam, regnante D. N. Iesu Christo, cui est honor et gloria cum patre et spiritu sancto, per immortalia secula seculorum, Amen. 72 Il domenicano Tommaso, nello stesso paragrafo, e quindi in un punto strategico del suo testo, fornisce un’informazione molto precisa: Lutgarda è indicata come «Trini Dei individua veneratrix» 73 e cioè «lei che era personalmente veneratrice del Dio trino». Sembra sia stato sancito ormai definitivamente che la mistica trinitaria, quindi la compartecipazione al mistero delle tre persone uguali e distinte, inizi con Caterina Benincasa (1347-1380), essendo quella del Medioevo una mistica del Dio unico (per quanto concerne l’alto Medioevo) o a limite una mistica binaria (se ci riferiamo al basso Medioevo). Se, così come vorremmo, realmente guardassimo alla Vita Lutgardis come a una specie di matrice, modellante e influente rispetto ad agiografie successive, l’autocoscienza trinitaria di Caterina da Siena, la sua preminenza, la sua stessa fortuna, andrebbero forse rimesse in discussione. 74 Le visioni. Sui metodi del racconto La biografia di Lutgarda è caratterizzata da un ruscellare di visioni ed è il caso di chiedersi in che termini questi rapimenti si verifichino e che tipo di operazione compia Tommaso nel trasmetterle attraverso questo testo. La prima apparizione (I, 2) è quella in cui alla giovane compare Cristo, nella sua figura terrena dei tempi della Palestina, che la persuade a non consegnarsi all’ amor ineptus dei pretendenti e a riggettarlo in nome di uno sposo di gran lunga più degno, in nome dello Sposo degli sposi, scelta questa che le varrà purissime delizie: 72 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , III,16, p. 260. 73 Ibidem. 74 Claudio Leonardi: “Caterina da Siena - mistica e profetessa”, in Agiografie medievali , pp. 625-642, p. 628: «La mistica medievale è più spesso una mistica del Dio unico (epoca altomedievale) che diventa poi una mistica binaria, o meglio cristologica (epoca bassomedievale). E questo perché la spiritualità altomedievale è soprattutto monastica, e dunque presenta il rapporto con Dio come un’ascesi fuori dalle costrizioni del mondo verso l’uno, il Dio unico. Questi, è vero, manda il suo figlio per permettere all’uomo l’ascesa. E così, nel Bassomedioevo, si sviluppano gli elementi cristologici della mistica, e non raramente questa ha riferimento all’umanità stessa di Gesù. Ma più raramente si considera l’opera propria dello Spirito Santo, e rarissimamente il Padre acquista il ruolo di uno di tre, per restare piuttosto l’unico Dio. Caterina mostra una straordinaria dimensione trinitaria, e basterebbe questo motivo a farne un dottore della Chiesa (come è stata recentemente proclamata da Paolo VI)». 40 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières Cumque ad colloquium iuvenis simplex quandoque puella sederet, apparuit ipsi Christus in ipsa humanitatis forma, qua inter homines quondam fuerat conversatus; et pectori vestem detrahens, qua videbatur obtectus, vulnus lateris ostendit, quasi recenti sanguine cruentatum, dicens: blanditias inepti amoris ulterius non requiras: hic iugiter contemplare quid diligas, et cur diligas: hic totius puritatis delicias tibi spondeo consequendas. 75 Colpiscono i toni di sensualità del Cristo che si sveste mostrandole il petto e l’erotismo invero si intensifica fino a che Lutgarda si abbevera alla piaga del Suo costato (I, 19), 76 qui solo messo in mostra. In seguito la Santa vedrà persistentemente il Cristo crocifisso o «vivo», il quale si sporge ad accarezzarla o a detergerle il volto dalle lacrime (II, 41), 77 secondo un rapporto d’amore che la induce ad immergersi nello sposo divino. Tra i verbi usati nella meticolosa descrizione dell’estasia, ricorre decine di volte, prevalendo sugli altri verbi del vedere, «video», quindi il comune verbo del vedere, volendo indicare un evento abituale nella Vita , seppur straordinario. Non sussiste un gioco di sinonimia relativa ai verbi legati alla sfera sensoriale della vista, tuttavia si trovano talvolta «conteplat», 78 che allude a un percorso di meditazione interiore legato all’immagine, e «ruminat», un termine metaforico con il quale è resa bene la continua tangenza di parola e immagine, assimilandola a sé. «Rumino» è usato ad esempio per riportare la dolcezza del sangue fresco assaporato nell’atto di bere alla ferita dell’ homo passionatus : «Favus distillans labia tua, Sponsa; et mel divinitatis, et lac humanitatis Christi, etiam tacente lingua, cor interius ruminabat». 79 Altri termini della sfera del vedere sono: apparet, 80 visio, 81 visibiliter, 82 fulgor, 83 splendor, 84 stupefacta, 85 admiratio. 86 75 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 237. 76 Ibid., p. 241. 77 Ibid., p. 252. 78 Ibid., p. 232. 79 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , I, 13, p. 239. 80 Ibid., III, 9, p. 258: « […] in momento, inquit, apparet mihi splendor inæstimabilis, et quasi fulgur video eius ineffabilem pulchritudinem glorificationis: quæ nisi raptim transiret ab aspectu contemplationis meæ […] ». 81 Si dà qui un solo esempio: ibid., III, 23, p. 262: «Nec mora effectum suum visio beata consequitur […] » 82 « […] cum ipse Papa piæ Lutgardi visibiliter apparuit» e per questo si veda: ibid., I, 7, p. 245. 83 « […] vidit ultra omnem fulgorem super eam inæstimabilem claritatem», cf. per questo ibid., III, 31 p. 250. 84 «Post hunc vero fulgorem splendor intellectualis manet». Ibid., III, 9, p. 258. 85 «Ad visionem ergo illius super id quod dici potest admiratione nimia stupefacta», cfr. ibid., I, 15, p. 240. 86 «Eodem fere in tempore res apud multos pro animi admiratione habita contigit, quam subiungo». Ibid., II, 14, p. 246. Le visioni. Sui metodi del racconto 41 Vale la pena di soffermarsi su «rumino», un verbo che apre un mondo sulla cosiddetta machina memorialis , 87 sulla quale si basa la meditazione monastica nel Medioevo, e su tutti quei percorsi mnemonici tipici dell’ortoprassi consolidatasi fra 400 e 1200 nel mondo cristiano. 88 Come ben si può vedere nelle Conferenze ai monaci di Giovanni Cassiano (360-435), l’autore dichiara di essersi liberato dai modelli pagani di cui era invischiata la sua formazione di retore (per esempio dalle favole di Ovidio) attraverso la curiositas . Nei cantieri archiviali della sua mente, il monaco autore delle Collationes ha disposto nuovi materiali, riadattando le tecniche di apprendimento da lui assimilate nel corso della formazione scolastica. Il processo di apprendimento dei testi canonici (si pensi ai Salmi ), per venire al nostro verbo, era scandito da tre fasi: apprendimento mnemonico del testo (sillaba per sillaba), esegesi e infine ruminazione, che consisteva nella lettura silenziosa. 89 Nel testo delle Conferenze ai monaci leggiamo: […] in qua [litteratura] me ita uel instantia paedagogi vel continuae lectionis macerauit intentio, ut nunc mens mea poeticis illis uelut infecta carminibus illas fabularum nugas historiasque bellorum, quibus a parulo primis studiorum inbuta est rudimentis […] psallentique uel peccatorum memoria suggeratur aut bellantium heroum ante oculos imago uersetur. 90 L’autore dichiara di essere stato ammorbato dagli antichi poemi e il tutto è spiegato tramite un lessico ricollegabile alla sfera del cibo (nel testo sono menzionati i termini «foraggio», «viscere», ecc.) e questo proprio perché la memorizzazione era considerata un processo fisiologico («Quae cum profunde alteque conceperit atque in illis fuit enutrita, vel expelli priores sensim poterunt uel penitus aboleri»). 91 In definitiva: La metafora della digestione e della escrezione umana, che sta alla base di tutta questa discussione, è evidente e si basa sull’idea fondamentale che la lettura sia nutrimento, il pensiero sia la sua digestione, la cogitazione la sua ruminazione […]. 92 87 La definizione si rifà al già citato studio di Carruthers. 88 Ovviamente, oltre alla mnemotecnica, si ricordino i benefici dei «memorizzatori sociali», come li chiama Le Goff, e dunque gli archivi, le bliblioteche, ma pure i «libri di biblioteche e raccoltine private di età classica e paleocristiana», da sempre attanagliati dalla paura dell’oblio, come già si legge in Agostino ( Confessiones X, 16). Per questi riferimenti cf. Armando Petrucci: “Fra conservazione e oblio - Segni, tipi e modi della memoria scritta” , Bullettino dell’Istituto Storico per il Medio Evo , 106 (2004), 75-92, alle pp. 89-90. 89 Mary Carruthers: Machina memorialis , pp. 140-144. 90 Johannes Cassianus: Consolatio abbatis Sereni secvnda - De principatibvus, in id: Confèrences, Introduction, texte latin, traduction et notes par Eugene Pichery, Paris: Les éditions du Cerf 1985, vol. 1, XIV, 12, pp. 183-208, a p. 199. 91 Ibid., pp. 199-200. 92 Mary Carruthers: Machina memorialis , op. cit., a p. 144. 42 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières Si guardi anche solamente alle implicazioni della ruminatio , alla compuntio cordis , quindi al ricordo che avviene, come dire, con dolore di cuore, dolore di cui parla Anselmo d’Aosta nelle Orazioni e meditazioni , composte fra i 1070 e il 1080. 93 A questo, volendo, potremmo associare il dato della figliolanza spirituale che lega Tommaso di Cantimpré a Riccardo di San Vittore, a sua volta discepolo di Ugo di San Vittore, la famosa abbazia nei pressi di Parigi. Quest’ultimo è autore, si ricorda qui, del trattato De arca Noe mystica , costruito attraverso la presenza di un diagramma, o meglio di una figura della Bildensatz . Si tratta in pratica di una figura della mnemotecnica in cui l’opera, o una sezione di essa, si apre con una pictura (la pictura può essere, a seconda, una mappa, una rosa, uno schema, una ruota…). Il De arca Noe mystica è incentrato sulla figura mentale del quadrato, che si rifà alla rappresentazione biblica (in forma di quadrato appunto) della città celeste. 94 Tommaso allora doveva essere bene addentro all’«arte della memoria», come la definiva Ugo di Rouen, ecco perché sembra pertinente applicare una lettura in senso mnemotecnico ai verbi che abbiamo visto qui. Ma riprendiamo a parlare, dopo questa digressione, delle visioni di Lutgarda. «Mirandis plus miranda succedunt», 95 per usare le parole dell’agiografo, si verifica a metà del primo libro, nel capitolo intitolato «Varie estasi e visioni divine. Passaggio dall’Ordine benedettino a quello cisterciense», 96 una visione funzionale alla comprensione della «meccanica» del procedimento estatico, riportiamo allora la scena: Cum aliquo incommodo cordis aut corporis gravaretur, stabat ante imaginem Crucifixi: et cum diu fixis oculis imaginem inspexisset, clausis oculis et resolutis in terram membris, instar Danielis viri desideriorum, super pedes suos stare non poterat; sed elanguens prorsus rapiebatur in spiritu, et videbat Christum cum vulnere lateris cruentato. 97 Ci viene detto in modo manifesto che Lutgarda sosta davanti al Crocifisso per una lunga contemplazione, con gli occhi fissi sull’immagine; successivamente è rapita in spirito e vede il Christus humanatus e passionatus con la ferita del costato, come persona viva e presente in tutto il suo essere divino. Subito dopo ecco la monaca baciare la piaga assieme al Battista, il quale sopraggiunge in forma 93 Cf. Ibidem, pp. 159-176. 94 Quello qui delineato è un discorso che meriterebbe una trattazione assai più dettagliata, come quella dalla quale le argomentazioni di sopra sono state estrapolate. Per tale ragione, cf. ibid. a p. 314. 95 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , I, 14, p. 240. 96 Ibidem, «Variæ extases et visiones divinæ. Transitus a Benedictino ad Cisterciensem Ordinem». 97 Ibidem. Le visioni. Sui metodi del racconto 43 di aquila bianchissima. 98 Nei colloqui divini si assiste sporadicamente ad esiti sorprendenti: ella si offre, supplica, ma anche si impone con audacia a Cristo, come in II, 1: «O libera lui o separe me da Te». 99 Chiede continue conferme del suo lavoro d’intercessione per la salvezza dell’uomo e affronta travagli intensi, fintantoché non le viene chiaramente rivelato come il suo impegno spirituale aiuterà Dio a perdonare l’umanità. 100 Un altro aspetto relativo all’esito di questi colloqui è il superamento delle paure della Santa rispetto all’ira divina, un concetto espresso secondo la tradizione medievale e veterotestamentaria (« […] calice irae eius», II, 20), così come pure l’attaccamento alle sofferenze di Cristo come pena interiore «in fletibus rugiens». 101 Le appaiono le anime liberate grazie alla sua preghiera d’intercessione, tra queste quella di papa Innocenzo III, che ha ottenuto la grazia di pentirsi prima di morire, 102 ma le appaiono pure i demoni tormentatori, i quali puntualmente fuggono, snervati dalle sue preghiere. 103 Come si diceva, il testo di Tommaso può risultare interessante anche dal punto di vista delle apparizioni della Madonna. 104 È da notare come la Vergine venga indicata, nelle glosse al testo, come «Deipara», vale a dire «generatrice di Dio», dal verbo latino «pario» (appunto «genero»). Alla fine del secondo libro leggiamo: Accidit ergo nocte quadam, ut dum in Cantico, Te Deum laudamus, versum illum, Tu ad liberandum suscepturus hominem, non horruisti Virginis uterum, diceret; ei beatissima Virgo Maria, quasi congratulans appareret: intellexitque versum istum beatissimæ Virgini fore gratissimum, per quem memoratur suscepisse Dei filium. Hoc ergo mihi ipsamet sicut filio dilecto revelans; admonuit, ut quoties versum istum dicerem, me toto corpore ad laudem gloriosæ Virginis inclinarem. 105 Ogni volta che le monache cantano il Te Deum laudamus , si legge, c’è un luogo di questo inno particolarmente gradito alla Vergine: la Madonna le appare e facendole un gesto di riverenza si congratula con la monaca. 106 Non si può certo 98 Ibid., I, 15. 99 «Aut separa me a te, aut hominem pro quo peto libera, etiam non volentem». Ibid., II, 3, p. 244. 100 Ibid., II, 6, p. 244. 101 «Cum igitur placuit misericordiarum Domino eam in talibus mitigari, apparuit ei in fletibus rugienti», Ibid., 2, 41, p. 252. 102 Cf. ibid., II, 6-7, pp. 244-245. 103 Ibid., II, 15, pp. 246-247. 104 Sul rapporto Maria-donne medievali, si tenga presente: Alessandra Bartolomei Romagnoli: “L’immagine di Maria negli scritti delle donne medioevali”, in Hagiologica-Studi per Réginald Grégoire, Alessandra Bartolomei Romagnoli, Ugo Paoli, Pierantonio Piatti edd., Fabriano: Bibliotheca Montisfani 2012, pp. 491-519. 105 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 250, II, 32. 106 Ibid., p. 235 44 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières pensare che Lutgarda conoscesse l’iconografia della Madonna dell’Umiltà, tuttavia c’è traccia di statuette lignee appartenute a monasteri di monache cisterciensi, nelle quali è possibile vedere la Madonna che palesa un atteggiamento di deferenza nei confronti di Suo Figlio, il piccolo bambino in braccio, quasi come se la Vergine santa stesse specchiandosi nel volto del pargolo. Diamo in figura un esempio del 1300, ma ricordiamo che la presenza di quest’iconografia è appurato esistesse già prima del 1270 107 (fig. 1). A nostro modo di vedere quindi l’iconografia (quale potrebbe essere quella della Madonna specchiantesi) sembra fare da linea-guida nell’implementare il meccanismo della visione. Libri e immagini per Lutgarda Se analizziamo sistematicamente le visioni di santa Lutgarda, si ha l’impressione, ad un certo punto, che la mistica abbia potuto avere davanti a sé uno dei messali miniati o uno dei codici contenenti la rappresentazione della Carità vista da sant’Ildegarda di Bingen e in seguito da lei rappresentata (fig. 2). Come si può vedere nel ms. di Mainz, conservato nella Biblioteca Statale di Lucca, la prima visione del Liber divinorum operum ( fol. 1v) presenta una piccola Ildegarda durante un rapimento mistico ad opera del fuoco celeste; santa Ildegarda, in questa prima visione del Liber divinorum operum , assiste alla manifestazione della Carità, la quale le si presenta come figura antropomorfica, con quattro ali, che danno forma a due volti (uno maschile e uno femminile). La göttliche Liebe o Charitas , ha in mano un agnello, allegoria della mitezza divina. 108 «Visibilibus oculis corporalis luminis», una consorella di Lutgarda, leggiamo nella Vita , stando di fronte alla Santa, vede - nel corso del canto dei vespri - una fiamma uscire dalla bocca di Lutgarda, una fiamma che sale in direzione del cielo più alto: Cum ergo die quadam in Vesperis cantaret in choro, monialis quædam, quæ ab opposita parte in choro stabat, visibilibus oculis corporalis luminis, flammam de ore eius vidit ascendere, et in sublimi aëre penetrare. 109 107 Cf. “Die Zellen - Alltag, Andacht und Vision”, in Krone und Schleier-Kunst aus Mittelalterlichen Frauenklöstern. Ruhrlandmuseum: Die frühen Klöster und Stifte, 500-1200 . Kunst- und Austellungshalle der Bundesrepublik Deutschland: Die Zeit der Orden, 1200-1500: eine Austellung der Kunst-und Austellungshalle der Bundesrepublik Deutschland, Bonn, in Kooperation mit dem Ruhrlandmuseum Essen, München: Hirmer 2005, pp. 455-456. 108 Michela Foianesi: “La visione e l’immagine - il «Liber divinorum operum» di Ildegarde di Bingen, uno studio iconografico”, Bollettino storico della città di Foligno , 31-34 (2007- 2011), 711-780. 109 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , II, 18, pp. 247-248. La griglia di «tòpoi» di Tommaso di Cantimpré 45 Sembra quindi che Lutgarda, e con lei le sue monache, abbiano confidenza con la rappresentazione della Charitas di santa Ildegarda di Bingen (†1179), che dovette circolare nei monasteri cisterciensi di quelle regioni dato che possiamo trovare traccia di questo nei manoscritti appartenenti alle monache di Liegi di allora. Il manoscritto IV-36 della Biliotèque royale Albert I di Bruxelles (ossia il sautier grazie al quale gli storici hanno in parte ricostruito una cronologia della diocesi di Liegi, quella in cui hanno hanno vissuto le «madri» di Tommaso e il cantimpratano stesso), mostra una miniatura che rappresenta la Trinità (fig. 3). Nell’immagine, nella quale il Padre sorregge Cristo crocifisso, campeggia una fiamma, che congiunge la bocca del Figlio a quella di Dio Padre secondo un’iconografia molto affine a quella della rappresentazione della Charitas di Ildegarda. È allora forse assai probabile che le immagini «private» della nostra Santa fossero proprio queste, trattandosi in quest’ultimo caso di una corrispondenza precisa e documentabile. Che le cisterciensi si formassero guardando le immagini dei codici che si ritrovavano in convento, arrivando addirittura ad esperire, grazie a quelle, forti esperienze mistiche è provato dalle rivelazioni di Gertrude di Helfta (monaca cisterciense) : la piaga del costato raffigurata su un crocifisso dipinto sulla pagina di un libro avrebbe trasmesso alla monaca tedesca il dono straordinario delle stimmate nel cuore: Quindi, dopo aver ricevuto il sacramento di vita e tornata al posto dove pregavo, mi sembrò quasi che dalla destra di un crocifisso dipinto sulla pagina di un libro, cioè dalla ferita del costato, uscisse come un raggio di sole, appuntito come una freccia. […] Ed ecco che tu all’improvviso sei venuto e hai inflitto una ferita al mio cuore dicendo: «venga a raccogliersi qui l’insieme dei tuoi affetti, cioè che ogni piacere, ogni speranza, ogni gioia e ogni dolore, ogni timore e ogni tuo sentire si fissino nel mio amore». 110 La griglia di «tòpoi» di Tommaso di Cantimpré Passiamo ora all’analisi di alcuni motivi letterari e iconografici che stanno alla base dell’impianto agiografico messo a punto dal cantimpretano. Il sinassario delle mistiche medievali del Brabante e delle Fiandre include una molteplicità di agiografie di donne che effettivamente palesano caratteristiche comuni. Cronologicamente parlando la prima di queste Vitae è quella di Ida di Nivelles (1197-1231), 111 l’ultima quella di Lidwina di Schiedam (†1433). I laboratori agio- 110 Gertrude di Helfta: L’araldo del divino amore , transt. Lucio Coco, Cinisello Balsamo: San Paolo 2008, p. 45. 111 Su Ida di Nivelles e sull’urgenza di approntare un’edizione critica di questa vita, vero apripista agiografico: Antonella Degl’Innocenti: Scrittrici mistiche europee, pp. XX- 46 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières grafici in cui prendono forma questi racconti sono, oltre le Alpi, in sostanza tre: gli scriptoria delle abbazie di Villiers e Aulun da una parte e il monastero della Ramée dall’altra, 112 i primi due molto legati, tra l’altro, alle cisterciensi di Aywières. 113 La fervente operazione delle officine agiografiche dà quindi ragione della sussistenza di comuni parametri fra le vite delle madri sante, di una griglia di tòpoi dalla quale attingere per la rappresentazione della santità femminile. Tommaso, per queste ragioni, scrive dunque la vita di Lutgarda secondo i criteri che rispondono a un insieme di tòpoi . Se non si può affermare che il cantimpretano sia stato l’artefice di questa griglia di riferimento (di riferimento non solo per gli agiografi dell’Europa del Nord, ma anche per quelli del Centritalia), ben si può vedere come nella Vita Lutgardis questa griglia campeggi. La griglia di motivi comuni alle mistiche del Nord Europa e a quelle dell’Italia centrale individuata da Romana Guarnieri - della quale abbiamo parlato in precedenza - enumerava una decina di temi: i carismi (profezia, chiaroveggenza, visioni, levitazioni, bilocazioni, voli, stimmate, persecuzioni diaboliche, guarigioni miracolose); il significato politico del personaggio protagonista del racconto; 114 una serie molto fitta di temi devozionali, « […] la devozione alla SS. Trinità, alla Madonna, all’umanità sofferente e umiliata del Cristo (da Gesù Bambino alle piaghe, al cuore ferito, al sangue, insomma alla passione tutta) […] », 115 inclusa la compassio per le sofferenze altrui e particolarmente per la crocefissione; l’ascesi individuale severissima; l’ascensione «platonica»; 116 l’elemento dei gridi, così come pure quello dei giubili, delle danze e il battere delle mani. 117 Questi elementi, già presenti nella biografia che stiamo vedendo qui e più in generale nelle VIII-XXXIII. Per un’antologia del testo di questa mistica, cf. Ida di Nivelles , ibid., pp. 197-213. 112 Cf. Alessandra Bartolomei Romagnoli: “Sante donne del Duecento”, in Scrittrici mistiche europee , p. LVII. 113 Alessandra Bartolomei Romagnoli: Santità e mistica femminile , con particolare riferimento alle pp. 167-168 e 182. 114 Per questo cf. Claudio Leonardi: “Agiografia”, in Lo spazio letterarario nel Medioevo , 5 vol., Guglielmo Cavallo, Claudio Leonardi, Enrico Menestò edd., Roma: Salerno 1993-1999, vol. 1, 1993, pp. 421-426. 115 Romana Guarnieri: Beghinismo d’oltralpe e bizzochismo italiano , p. 5. 116 Sull’influenza platonizzante si rimanda nuovamente a Claudio Leonardi: Agiografia , p. 67. 117 Altri due bacini di incubazione per la produzione della vitae di mistiche sarebbero stati, a partire dalla metà del XIII secolo, il monastero cisterciense di Helfta (ibrido da un punto di vista della spiritualità, data l’infuenza dei benedettini) e lo scriptorium di Colonia, in cui si leggono le Vitae matrum di Tommaso di Canatimpré. Interessante e fecondo sarebbe (ma in questo lavoro invero non fattibile) anche approfondire la rete di connessioni fra la vita di Cristina di Stommeln e le prime colonie di domenicane scandinave, fra le quali scorgiamo Ingrid di Skänninge, vera precorritrice di santa Brigida di Svezia. Romana Guarnieri: Angela, mistica europea , pp. 57-58. «Non amet absque pari»: i «volti» di Lutgarda «sponsa Christi» 47 agiografie delle nordiche, venivano accolti dagli agiografi dell’Italia centrale, che li riadattavano per dare forma alle biografie delle loro sante donne e questo era reso possibile dall’itineranza, la cifra caratterizzante gli Ordini mendicanti, 118 che rendeva quindi possibile questa circolazione di motivi agiografici. Il lavorìo agio-biografico si basava quindi sul riuso, sul riadattamento di modelli e tipologie preesistenti e dava luogo a corrispondenze sistematiche ancora visibili se, come faremo, le agiografie vengono sottoposte a un controllo incrociato. Come vedremo, alcuni dei motivi topici - come lo scambio dei cuori fra Cristo e la mistica 119 e lo spargimento del sangue determinato dalla rottura del cuore della mistica 120 - fanno della Vita Lutgardis una delle rappresentazioni più antiche della griglia di motivi delineata da Guarnieri: in questo senso, la Vita Lutgardis viene a segnare un momento di grande importanza. «Non amet absque pari»: i «volti» di Lutgarda «sponsa Christi» Come ricordavamo, le caratteristiche formali della rappresentazione di Lutgarda risentono, molto spesso, del simbolismo sponsale tradizionale, esse sono quindi figlie del linguaggio di Guglielmo di St. Thierry, di Bernardo di Chiaravalle e del padre fondatore della comunità di Tommaso: Riccardo di San Vittore. 121 Due esempi possono aiutare a capire questa presenza immanente della mistica nuziale nella biografia di Lutgarda e come la polisemia delle immagini ad essa connesse (con particolare riguardo al simbolo del cuore) si innervi attraverso le arti figurative, con le opere custodite nei monasteri femminili medievali. 122 In II, 12, subito dopo la conclusione di quello che vedremo essere il piccolo romanzo cortese di Lutgarda, alla veggente compare Gesù Cristo, il quale chiede 118 Romana Guarnieri: Donne e chiesa tra mistica e istituzioni (secoli XIII-XV) , 11-114. 119 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 239. 120 Ibid., pp. 248-249. 121 Ibid., p. 241. Per una «rilettura» del Canticum canticorum , si segnalano: Richardus de Sancto Victore: De quatuor gradibus violentae caritatis , ed. Gervais Dumeige, Paris: J. Vrin 1955; Origene: Il Cantico dei cantici , Manlio Simonetti ed., Milano: Fondazione Lorenzo Valla / Mondadori 1998; Claudio Leonardi: Il Dio nascosto del secolo XII, in Medioevo latino - La cultura dell’Europa Cristiana, Firenze: SISMEL, Edizioni del Galluzzo 2004, pp. 537-545; Id.: “Bernarde de Clairvaux entre mystique et cléricatisation”, in Agiografie medievali , pp. 375-382; Il Cantico dei Cantici nel Medioevo, Atti del Convegno Internazionale di Gargnano sul Garda dell’Università degli Studi di Milano e della Società Internazionale per lo studio del Medioevo Latino (SISMEL), Rosanna E. Guglielmetti ed., Firenze: SI- SMEL Edizioni del Galluzzo 2008. 122 Utile strumento è il catalogo Krone und Schleier-Kunst aus Mittelalterlichen Frauenklöstern, op. cit. 48 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières alla mistica di donargli il cuore: «Quid vis? Volo, inquit, cor tuum». 123 L’episodio riserva esiti interessanti, destinati ad avere larga fortuna nell’agiografia femminile. Quello dello scambio dei cuori è motivo trasversale perché presente, oltre che nell’«amor sacro», pure nell’«amor profano». Per esempio Francesco Petrarca (†1347), in Rerum vulgarium fragmenta XXI, si rivolge all’amata dichiarandole d’averle offerto il «cor»: Mille fiate, o dolce mia guerriera, per aver co’ begli occhi vostra pace v’aggio proferto il cor; m’a voi non piace mirar si basso colla mente altèra. (vv. 1-4) Ritorniamo al monastero di St. Trond. Gesù Cristo chiede a Lutgarda che si verifichi uno scambio di cuori, sulla falsariga di quello che avverrà nelle esperienze di santa Chiara da Montefalco (†1308) e di sant’Angela da Foligno (†1309): 124 […] Quid vis? Volo, inquit, ut cordis tui amorem cordi meo contemperes et in te cor meum possideam, omni tempore tuo munimine iam securum. Attende, lector, mira dicturus sum: ab illo ergo die, sicut nutrix cum flabello infantulum custodit in cunis, ne eum muscarum protervitas inquietet; ita in ostio cordis eius Christus ad custodiam haesit: […]. 125 Da quel giorno allora Lutgarda custodisce il cuore di Cristo, fa notare Tommaso al lettore, come una nutrice suole custodire nelle culle un bimbo col ventaglio perché non sia infastidito dalle mosche. La culla qui è semplicemente un parago- 123 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 239. 124 Cf. André Vauchez: La santità nel Medioevo , Bologna: il Mulino 1989, rist. 1999, p. 336. 125 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 239. Copiosa è la schiera di mistiche che si rifanno all’immagine del cuore di Cristo. In Margherita da Cortona e in Lutgarda il simbolo appare strettamente legato alla devozione per la piaga del costato; in Chiara da Montefalco esso è lagato alla voglia di compenetrare la passione, condensata nel cuore di Gesù, all’interno del proprio cuore; nella folignate il livello, in un certo senso, si innalza: la comparsa del cuore è volta alla messa in rilievo del valore della Verità: «Et cogitabam quod deinceps, postquam Deus fecerat michi predicta, quod cor meum semper esset in cor Dei et cor Dei semper esset in cor meum». Cfr. Ms A 2ra, Liber Lelle , p. 8; «Inter ista accidit quod in somno fuit mihi ostensum cor Christi et dictum est: “In isto corde non est mendacium, sed omnia sunti in natura”». Ms A 2rb, Liber Lelle , p. 12. Del resto, il «dottore medievale del sacro cuore», Ubertino da Casale, conosce da vicino Margherita da Cortona, Angela e Chiara della Croce, e per questo si rimanda a Massimo Vedova: Esperienza e dottrina - Il «Memoriale» di Angela da Foligno , Roma: Istituto Storico dei Cappucini 2009, p. 119. Una documentazione sull’ excursus delle mistiche accomunate dalla presenza del cuore potrebbe invece iniziare da Paul Lachance: “The experience of God in the Spiritual Journey of the Bl. Angela of Foligno”, in Vita e spiritualità della Beata Angela da Foligno, Atti del Convegno di Foligno, Perugia: Serafica Provincia di San Francesco OFM Conv. 1987, pp. 227-247. «Non amet absque pari»: i «volti» di Lutgarda «sponsa Christi» 49 ne, mira forse alla ricerca dell’effetto, dell’artificio letterario, ma è interessante provare ad analizzarne meglio il significato. La tradizione gerosolimitana fa sì che in Occidente rinvigorisca il culto del Bambino Gesù, successivamente al supposto rinvenimento della culla del Redentore a Gerusalemme. 126 Nei monasteri cisterciensi comincia a diffondersi quindi, sin dal XII secolo, l’iconografia delle culle, cunae portatili in cui le monache ripongono i bambinelli e Jeffrey Hamburger suggerisce una possibile correlazione fra le visioni di queste culle (di cui restano esempi tardi, qui nelle figg. 4-5) e le visioni di Margherita Ebner (1291-1351), che però è più giovane di Lutgarda. 127 Se rivolgiamo la nostra attenzione al Lettino di Namur , si può vedere che esso ha i piedi en accolade , di carattere encomiastico, i quali presentano delle nicchie in cui sono apposte (da un lato e dall’altro) due statuette: la prima raffigura santa Barbara, la seconda santa Caterina. Il collegamento fra Lutgarda e un petit lit come questo pare essere verosimile non solo per il fatto che queste culle provenivano dalla Vallonia (Namur) da dove venivano Tommaso e Lutgarda, ma pure dalla presenza di santa Caterina, alla quale era dedicato il monastero benedettino di St. Trond, il primo in cui Lutgarda aveva ricevuto la consacrazione, raccontata dal cantimpratano secondo il modello di alcune iconografie all’epoca sotto gli occhi di tutti. 128 126 «Die Verehung des Säulings und seiner Bettstatt ghet auf des 12. Jahrhundert zurück, Ausgangspunkt war vielleicht der Kult der Templritter um die in Jerusalem aufgefundene vermeintliche Wiege des Erlösers». Cf. Die Zellen - Alltag, Andacht und Vision , in Krone und Schleier , op. cit., pp. 433-470, a p. 459. 127 Per l’iconografia delle culle, cf. ibid., soprattutto le pp. 455-460. Per le visioni di Margherita Ebner, ibid., p. 459. 128 Durante la professione solenne ad opera del vescovo Huduardo, mentre sulla testa delle monache viene posta una corona di lino, un presbitero e due monache lì presenti vedono deposta sul capo di Lutgarda una corona d’oro: «Proinde anhelare cœpit, ut ministerio consecrationis per manus Episcopi uni viro Christo Domino perfectius iungeretur; et data est occasio ut Moniales plurimas congregatas Dominus e Huardus Leodiensis Episcopus statueret consecrare. Adducta est ergo et Lutgardis ad cœtum Virginum consecranda: quarum capitibus cum dictus Præsul, in signum coronæ aureolæ, sertum ex zonis factum innecteret, et ad Lutgardem in ordine pervenisset; cuidam viro sancto et simplici, qui astabat, manifestissime visum est Episcopum coronam auream maximam capiti Lutgardis imponere, et eam præ aliis singulariter honorare. Hoc cum videri ab omnibus æstimaret; quæsivit ab astante presbytero: cur soli Dominæ Lutgardi Episcopus auream coronam imponeret. Quem presbyter, rei nescius, irrisit, dicens: Numquid oculos inversos habes, ut auream coronam dicas, quam lineam omnes vident. Siluit ergo vir beatus et risit, et in Lutgarde meritum singulare notavit. Sed et hinc testes duos veritas habuit, quoniam hoc idem quædam de consecratis Monialibus vidit. Mirandis plus miranda succedunt». Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis : p. 240, I, 17. La fonte di Tommaso, quasi certamente è Ct 3,11-17, tuttavia può essere segnalata l’iconografia dugentesca della Vergine incoronata dal Figlio. Questo tipo di raffigurazione può essere rinvenuto sui portali di alcune cattedrali francesi, oltre che su degli avori (si pensi alla statuetta conservata al Museo del Tesoro della basilica di San Francesco ad Assisi). Nell’apparato 50 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières La riprova della correlazione fra la cuna, la visione e il testo in cui il racconto dell’estasi è riportato è allora forse dimostrabile. Le escussioni di Caroline Bynum, finalizzate allo studio dei somatismi dei fenomeni estatici di cui si parla nei Schwesternbücher (libri delle monache) e nelle Offenbarungen (Rivelazioni), hanno evidenziato lo scopo edificante di questo tipo di letteratura prendendo in considerazione, per l’appunto, gli exempla e i racconti di visioni incentrati sull’enfasi del contatto con Gesù Bambino. 129 Questi testi diventano il pedale di fondo per «innescare» nelle religiose fenomeni spesso scambiati, a detta della Bynum, per delle psicosi: racconti di sensazioni di gallegiamento, pseudo-gravidanze, trasformazioni fisiche di sorta. 130 Per esempio il Schwesternbuch di Töss, che dialoga con spettacoli paraliturgici avrebbe, secondo la medievista americana, la funzione di infondere un’idea di maternità con significati polivalenti. I due più importanti sarebbero: l’immedesimazione della monaca nel ruolo della Madonna (che allatta e custodisce il Divin Figlio) e la trasmutazione della maternità in sacrificio. La maternità cioè diventa il segno tangibile di un’oblazione per e nell’ umanità, la quale così viene unificata e consolata. 131 Le monache si avvalevano realmente di corredi infantili per la preparazione di rappresentazioni liturgiche, preparandosi spiritualmente con l’uso di bambole che venivano opportunamente fasciate nel periodo dell’Avvento e nel corso della festa della iconografico qui accluso è riportata l’incoronazione di Maria sul frammento della Tavola delle cisterciensi di Fröndenberg (fig. 6), ancora una volta un’iconografia cisterciense, come Lutgarda e come la sua autobiografia (Bartolomei Romagnoli parla proprio di «agiografia cisterciense» in riferimento alla Vita Lutgardis , cf. Alessandra Bartolomei Romagnoli: Santità e mistica femminile , pp. 182-186). La fortuna dell’iconografia in cui la Madonna è incoronata dal Cristo è immensa e la fortuna di questa stessa immagine lo è ancor più nei testi. Anche nella Legenda di Margherita da Cortona, a mo’ di esempio, si assiste all’incoronazione «distintiva» della Santa rispetto alle altre consacrate. Il crocifisso di Margherita afferma: «Tu, filia, fugies, quam posui contra falsas religiosas et fuga tua erit tue corone causa». Cf. Iunctae Bevegnatis: Legenda de vita et miraculis beatae Margheritae de Cortona , ed. Fortunato Iozzelli, Grottaferrata: Bibliotheca Collegii S. Bonaventurae 1997, p. 279, V, 35. Vorremmo inoltre rimandare al volume di Milvia Bollati: Gloriosus Franciscus - Un’immagine di Francesco tra agiografia e storia , Padova: Editrici Francescane 2012, in cui leggiamo: «Sarà tuttavia la Legenda aurea di Jacopo da Varazze a trovare immediata visualizzazione nell’immagine di Maria Regina coeli accanto a Cristo in trono, coronata dal Figlio, acclamata dai cori degli angeli e accolta nella Chiesa trionfante dalle schiere degli apostoli, dei martiri, dei confessori e delle vergini». Cf. pp. 95-130, p. 119, con riguardo alla n. 73. 129 Caroline Walker Bynum: “Formen weiblicher Frömmigkeit im spatern Mittelalter” , in Krone und Schleier , pp. 118-129. 130 Rudolph M. Bell: La santa anoressia - Digiuno e misticismo dal Medievo a oggi , Epilogo di William N. Davis, Roma-Bari: Laterza 1987; Caroline Walker Bynum: Sacro convivio, sacro digiuno . 131 Caroline Walker Bynum: Formen weiblicher Frömmigkeit im spatern Mittelalter , p. 119. «Non amet absque pari»: i «volti» di Lutgarda «sponsa Christi» 51 Candelora, 132 come fossero dei neonati, in base a quello che leggiamo nel II libro del Legatus divinae pietatis di Gertrude von Helfta (1256-1301? ), un testo di cui vogliamo qui riportare un brano: […] Nondimeno in seguito mi hai chiesto nel giorno santo della Purificazione, per mia istruzione, che io vestissi te bambino prima che fossi introdotto nel tempio, persuadendomi a farlo secondo il tesoro nascosto della tua divina ispirazione. […] sembrava che tu […], fossi rivestito dell’abito candido che portano i neonati […]. […] , di fronte all’abisso della tua umiltà mi pareva che tu portassi addosso una tunica verde che stava a significare che la tua florida grazia verdeggia sempre senza mai disseccarsi nella valle d’umiltà. […] venivi avvolto da un mantello color porpora a dimostrare che la veste regale è la carità senza la quale nessuno entra nel regno dei cieli. 133 Se davvero sussiste questo rapporto, che per noi oggi è invisibile, tra il testo da una parte e le culle, i bambinelli e i corredi dall’altra, allora si può affermare che la testura dell’agiografia sembra quasi invadere lo spazio dell’espressione caratterizzante le arti figurative: «appropriandosi» di un linguaggio originariamente non suo, la scrittura sembra cioè spingersi verso la materialità dell’oggetto. 134 Il secondo esempio della Vita Lutgardis che ben reinterpreta il Canticum canticorum è cronologicamente contiguo a quello precedente. Mentre la pia Lutgarda è sulla porta della chiesa, il Christus patiens le va incontro, traslando sé stesso sulla croce, e schiodando il braccio destro da essa, abbraccia la mistica, che gli bacia le ferite sul costato: Nec mora. In ipso ostio ecclesiae ei Christus cruci afflixus cruentatus occurrit: deponensque brachium cruci affixum, amplexatus est occurrentem, et os eius vulneri dextri lateris applicavit. Ubi tantum dulcedinis hausit, quod semper est tunc in Dei servito robustior et alacrior fuit. Referebant qui haec, illa revelante, illo in tempore et diu postea probaverunt, quod saliva oris eius super omnem mellis dulcorem suavius sapiebat. Quod miri? Favus distillans labia tua, Sponsa; et mel divinitatis, lac humanitatis Christi, etiam tacente lingua, cor interius ruminabat. 135 Questo passo della legenda avrebbe segnato l’iconografia della monaca Lutgarda come ben si può vedere nei santini che la ritraggono - fra Otto e Novecento - abbracciata al crocifisso, un crocifisso evidentemente angariato, martoriato da piaghe putrefatte, un crocifisso che muoverà a commozione, come sarà dimostrato in seguito, una legione di contemplative inscritte nel cerchio della 132 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , pp. 119-20. 133 Gertrude di Helfta: L’araldo del divino amore , pp. 71-72. 134 Lina Bolzoni: Poesia e ritratto nel Rinascimento , Testi a cura di Federica Pich, Roma-Bari: Laterza 2008, p. 9. 135 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 239. 52 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières «santa follia». Due fatti sono qui rilevabili. Muovendo da Ct 2,7 («La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia») prende corpo il linguaggio dello sposalizio mistico così come pure l’immagine dell’abbraccio della sposa di Cristo, con densità sempre crescente, data la consistenza delle locuzioni di cui è intessuto il testo, un testo che rifugge da allegorie e speculazioni per codificare un linguaggio icastico, in seguito r-accolto dalle scrittrici del monastero di Helfta, di cui parlavamo innanzi. Lutgarda, abbiamo visto, è la mistica del cuore, 136 cuore attorno al quale si addensa il suo pensiero religioso «[…] come lo sarà poi anche per Caterina da Siena, di cui è per molti aspetti percorritrice»; 137 ma la pia cisterciense approda alla consolazione del cuore tramite sequenze successive. Dapprima infatti il Cristo le appare svestendosi all’altezza del petto piagato, persuadendola a non cedere alle lusinghe dell’amore terreno (riproponiamo qui la scena di I, 2): Cumque ad colloquium iuvenis simplex quandoque puella sederet, apparuit ipsi Christus in ipsa humanitatis forma, qua inter homines quondam fuerat conversatus; et pectori vestem detrhaens, qua videbatur obtectus, vulnus lateris ostendit, quasi recenti sanguine cruentatum, dicens: blanditias inepti amoris ulterius non requiras: hic iugiter contemplare quid diligas, et cur diligas: hic totius puritatis delicias tibi spondeo consequendas. 138 Il testo ci parla della ferita del lato destro e questo fa intravedere le fonti del domenicano e di Lutgarda, e dunque gli apocrifi, san Bernardo e Francesco. 139 Al cuore è inoltre assegnato il sangue, di cui straboccano le visioni di questo scritto, sangue che rimanda all’idea del nutrimento. In Lutgarda lo Sposo è allora madre e balia; dalle labbra della «sposa ebbra», come leggiamo al capitolo XIII sopra riportato, stilla il favo di latte e di miele; il Canticum canticorum propriamente rivive nella presenza indefessa dell’uso dei verbi «langueo», «anhelo», «surgo», «vulnero», e nella frase «vulneratur, languet, anhelat, surgit, quaerit per vicas novae gratiae Sanctos, et per pletas bastimenti veteris Patriarchas». 140 L’unione con lo Sposo, itinerario che porta la vergine a combattere per la salvezza delle anime, avviene nel segno di una piena comunione a parità di intenti, commentata da Tommaso attraverso le citazioni del Canticum , in una comunione in cui la creatura non sembra posta in secondo piano rispetto allo sposo divino: 136 Cf. Alessandra Bartolomei Romagnoli: Santità e mistica femminile nel Medioevo , pp. 151- 211. 137 “Lutgarda di Aywières”, in Scrittrici mistiche europee , p. 242. 138 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 237. 139 Si reinvia a Claudio Leonardi: Bernarde Clairvaux entre mystique et cléricatisation , e a Id.: “L’esperienza del divino in Francesco d’Assisi”, in Agiografie medievali , pp. 383-392. 140 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 252. «Non amet absque pari»: i «volti» di Lutgarda «sponsa Christi» 53 Dilectus meus mihi et ego illi, qui pascitur inter lilia. Et illud: Ego dilecto meo, et ad me conversio eius. Quid miri? 141 Nescit amor Dominum; non novit amor dominari, Quamlibet altus amet, non amat absque pari. (Cant. 2, 16 et 7, 10). 142 Ripercorrere le tappe della devozione al sacro cuore meriterebbe troppo tempo e in questa sede rischieremmo di dire delle cose secondo la trattazione di chi se ne va per la tangente. Inderogabile è invece capire in che rapporto si ponga la pia Lutgarda nei confronti del culto del cuore divino, visto che per molti, soprattutto a livello devozionale, e come si evince dall’intitolazione di parte della bibliografia critica relativa alla nostra monaca, Lutgarda è la mistica del cuore. A partire da Guglielmo di St. Thierry, la ferita del costato squarciato di Gesù sulla croce si estende, nel senso che la ferita del costato e quella del cuore di Cristo, per osmosi, diventano un tutt’uno, e questo procedimento implementa pure un’altra correlazione importante per la letteratura d’impronta mistica, l’equazione cuore = sangue: 143 «Il motivo del sangue sgorgante compare in tutte le sue articolazioni presso le mistiche di Helfta» 144 afferma con chiarezza Giovanni Pozzi, aggiungendo, con altrettanta limpidezza: «Sono risonanze [soggetto: le metafore del cuore] che hanno un ascolto privilegiato in cuore di donna […]. Gertrude e Matilde riunirono per prime il serto delle immagini che si faranno poi famigliari alle anime devote». 145 In tutto il saggio dedicato alla Schola cordis , tristemente, Pozzi non fa allusione alcuna alla Santa di Aywières, salvo menzionarne il nome, velocemente. 146 Questo particolare relativo alle origini del mistico scambio di cuori sembra sfuggire anche a certa bibliografia critica successiva, così che si finisce spesso per ascrivere a Caterina da Siena l’esordio del cambio dei cuori appunto. 147 Pioniere del culto del sacro cuore sarebbero, secondo gli asserti del Pozzi sopra riportati, le interpreti dell’ Helftaer Stil , dello stile del monastero di Helfta, e precisamente Matilde di Hackeborn (1240-1299) e Gertrude la Grande (1256-1302), quindi due cisterciensi tedesche più giovani di Lutgarda (1182-1246), la cui biografia, rammentiamo, viene scritta subito dopo la morte, 141 Ibid., I, 43, p. 253. 142 Ibidem. 143 Ibid., p. 403. 144 Ibidem. 145 Ibid., p. 421. 146 Ibidem. 147 Claudio Leonardi: Caterina da Siena , p. 641: «La tematica dell’amore non era nuova, e ha poi avuto un grande seguito, come la tematica dello sposalizio dell’uomo con Cristo: basti pensare a Caterina da Genova e alla mistica carmelitana del secolo XVI, o più tardi al tema dello scambio dei cuori, il cuore come organo dell’amore, che dopo Caterina svolge Margherita Maria Alacoque». 54 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières nel 1248. La scena della Vita Lutgardis (I, 12) relativa allo scambio dei cuori è forse sufficiente a ripensare al valore delle Vitae matrum come antesignane del simbolismo sponsale che, innegabilmente, propizia la devozione al cuore di Cristo, in anticipo di una ventina d’anni rispetto ai testi delle altre due (il Liber specialis gratiae di Matilde e il Legatus divinae pietatis di Gertrude). Sempre questa bibliografia sembra inoltre non tenere in considerazione la scena che segue, relativa all’opera di Tommaso (II, 25): Ecce incidit illi cogitatio de præmissis, cœpitque miro et ineffabili modo desiderare, ut pro Christo, sicut Agnes beatissima, martyrium sustineret. Cumque tantum in tali desiderio æstuaret, ut iam se mori præ desiderio crederet; rupta est ei vena contra situm cordis extrinsecus; et exinde tantum sanguinis fluxit, ut tunicæ eius et cuculla copiosissime rigarentur. Debilitata ergo resedit paululum: et statim apparuit ei Christus, in vultu congratulantis, et dixit: pro desiderantissimo fervore martyrii, quem in effusione istius sanguinis habuisti; idem martyrii meritum in cælo recipies, quod Agnes beatissima, pro fide mea in capitis abscissione suscepit: quia martyrium eius tuo desiderio in sanguine compensasti. Hoc concordat illi quod in principio libri primi posuimus ubi matrona quædam nobilis et devota piæ Lutgardis adhuc iuvenculæ dixisse refertur : Tu, ait, bona Agnes et vere Agnes altera eris. O plane beatissima mulier, quam ipse Christus in pacis tempore corona martyrii decoravit. 148 L’agiografo ricorda come Lutgarda sia attratta dalla vocazione al martirio, sulla scia della Santa cui riversa una speciale devozione: Agnese (290? -305), la nobile romana decapitata durante la persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano. Il desiderio martiriale cresce nella fiamminga sino a fare in modo che, per amore di Cristo, una vena le si rompa proprio all’altezza del cuore, determinando un copioso spargimento di sangue sulle tuniche e sulla cocolla. A questo succede l’apparizione del Redentore, il quale si congratula assicurandole meriti celesti nella misura in cui quest’effusione di sangue sarebbe stata considerata, una volta approdata Lutgarda in Cielo, vero martirio. Quindi già in questo nostro testo, ci sembra di poter asserire, la dialettica cuore-sangue appare manifesta e compiuta. Nel «secretaire» di un’agiografia: il romanzo cortese di Lutgarda In apertura ci siamo ripromessi di analizzare il testo dal punto di vista dei generi letterari e questo perché la Vita Lutgardis sembra essere debitrice alla tradizione del romanzo cortese. È andando in questa direzione che svilupperemo il discorso 148 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , pp. 248-249. Nel «secretaire» di un’agiografia: il romanzo cortese di Lutgarda 55 che segue. Il primo libro della Vita Lutgardis ci mette davanti l’immagine di una nobile graziosa, uno specchio di virtù che rifulge del candore di quell’ hortus liliorum di cui parla Giacomo da Vitry. 149 Il padre della giovane Lutgarda, prima del suo ingresso in monastero, presta venti marche d’argento a un mercante, nel tentativo di far fruttare questo investimento, collocamento con cui dovrà racimolare la dote della figlia, non ancora in età da marito. Ma Iddio pietoso, «provvido delle cose future, che dà nome alle cose che sono così come alle cose che non sono, essendo fallito il progetto del padre, disponeva di Lutgarda diversamente affinché fosse condotta in sposa a Lui». 150 La nobile madre, con lucidità e disincanto, espone alla figlia le due alternative possibili: le nozze con un bovaro o la strada del chiostro, presso il più degno dei monasteri. Leggiamo il testo: Dicebat enim mater filiæ, et hoc sæpius inculcabat: si nubere Christo volueris, monasterium tibi, ubicumque volueris, honestissimum præparabo. Si vero virum mortalem elegeris, nullum alium nisi vaccarum custodem habebis. His ergo et huiusmodi verbis illa præclara mulier, et viri votum, et filiæ voluntatem ad melioris conditionis propositum inclinavit. Fuit tamen in ornatu vestium, quamdiu degit apud patrem; sed iocos inhonestos fugit, et amatorias confabulationes, et ineptias penitus puellares: et mirum in modum, cum necdum cognosceret Dominum (nec enim ei tunc in aliquo fuerat revelatus) in corde tamen, cum sola esset, sentiebat interius nescio quid divini. Et revera ex tunc sibi templum habitationis suæ dignissimum in Lutgarde Dominus præparabat. 151 Lutgarda si assoggetta quindi al servizio divino nel monastero di Santa Caterina, vicino alla città di St. Trond in Hasbania, tra le monache benedettine. Ma questo è quanto accade dopo l’avvicendarsi di una molteplicità di proposte di matrimonio che la giovane, di volta in volta, respinge con ostinazione, sicura ormai della sua volontà di monacarsi. Il primo pretendente si introduce, nottetempo, nella casa della nubile Lutgarda e se il Diavolo insiste, Cristo non desiste e le appare anzi togliendosi la veste dal petto e mostrandole la ferita del costato: «Non cercare le dolcezze dell’amore sciocco di un altro: amerai contemplare continuamente tutto questo, e lo amerai perché io ti prometto conseguenti delizie di ogni purezza»: Quam cum iuvenis, divitiis pollens et genere, procaretur, animum interdum cœpit verbis illius leniter inclinare. Cumque tempus et locum iuvenis observaret, clam de nocte domum, in qua virgo iacebat, adire tentabat. Nec mora: cum accessisset, repentino ti- 149 Per l’espressione «In hortis liliorum», cf. Alessandra Bartolomei Romagnoli: Santità e mistica femminile , pp. 160-182. 150 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 237. 151 Ibidem. 56 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières more correptus aufugit. Institit ergo diabolus miris modis, ut ad consensum. Puellarum animum inclinaret: sed frustra, quia Omnipotens non permisit. Cumque ad colloquium iuvenis simplex quandoque puella sederet, apparuit ipsi Christus in ipsa humanitatis forma, qua inter homines quondam fuerat conversatus; et pectori vestem detrahens, qua videbatur obtectus, vulnus lateris ostendit, quasi recenti sanguine cruentatum, dicens: blanditias inepti amoris ulterius non requiras: hic iugiter contemplare quid diligas, et cur diligas: hic totius puritatis delicias tibi spondeo consequendas. 152 Il giovane è respinto dapprima con la parola: «Vai via da me, pascolo di morte, nutrimento di delitto, poiché da un altro amante sono stata accostata»: Tali igitur Lutgardis oraculo pavefacta, statim oculis cordis hæsit, quid vidisset excipere: et quasi columba meditans, in fenestra ad introitum solaris luminis, ostium crystallinum arcæ typici corporis Christi pertinaciter observabat. Mox flore carnis abeso, vultu palluit, ut omnis amans: et superno interius splendore lustrata, totius vanitatis se sensit amisisse caliginem. Quam dum die quadam matrona quædam nobilis et devota vidisset, spiritu prophetiæ intulit, quod subiungo: Tu, inquit, ut video, bona Agnes, et vere Agnes altera eris. Nec mora venit iuvenis, et de proposito sermone cœpit replicare sermonem. Cui illa, ut quondam Agnes beatissima hianti ore respondit: Discede a me, pabulum mortis, nutrimentum facinoris, quoniam ab alio amatore præventa sum. 153 Un altro pretendente, un cavaliere, comincia a proporsi, ma anche in questo caso l’uomo viene respinto: Sed et alius quidam iuvenis, in armis Miles strenuus, Lutgardem, Deo iam sincerius inhærentem nihilominus adamavit. Hic cum multis iam annis renitentem animo procaretur; illa eum decenter primo, et postmodum seriosius avertebat. Cumque videret Militem in stultitia pertinacem, ab ea illo in tempore contumeliosis sermonibus est repulsus. 154 Un soldato, ostinato, la fa chiamare dalla sorella attraverso dei messaggeri, ma la futura monaca resta vittima di un inganno perché il giovane tenta di rapirla. Lutgarda, con destrezza, balza giù dal cavallo e fugge per i boschi tutta la notte, riuscendo così a seminare il cavaliere e presentandosi alla nutrice, pavida del fatto che la ragazza sia stata violata: Despectum ergo se dolens Miles, quid facere possit excogitat; et accidit quod Lutgardis, a sorore sua per nuntios accersita, iter arriperet: cui iuvenis obvius cum turba satellitum eam rapere nitebatur. Mox puella, equo quo sedebat exiliens, a manibus se 152 Ibidem. 153 Ibidem. 154 Ibidem. Nel «secretaire» di un’agiografia: il romanzo cortese di Lutgarda 57 iuvenis violenter extorsit; et tota nocte fugiens, per ignota silvarum, Angelico ductu, ad domum nutricis mane pervenit. Quam ut nutrix vidit, suspicata raptum, dixit: Numquid te iuvenis ille hac nocte violenter oppressit? Cui illa: Non, inquit. Nec mirum si nutrix hoc suspicabatur, ut diximus: Servi enim a eius, ut viderunt præcedenti vespere iuvenem super se cum manu valida venientem, fugerunt; et ut in talibus mos est, inclamaverunt iuvenem ut raptorem. Et ille voce clamantium pavefactus, cessavit a persecutione Virginis, et aufugit. Occasione igitur huius clamoris et fugæ, in suspicionem hominum innocens puella devenit. 155 Di grande fascinazione è il capitolo sesto del primo libro, collegato a quello precedente dal tema del pudore. Due gli episodi qui narrati e in entrambi i casi è messa in evidenza l’autorevolezza della parola di Lutgarda che, a seconda, intimidisce, maledice, consacra, quasi la monaca fosse un personaggio a metà fra la strega e la profetessa. In primo luogo Tommaso invita a riflettere, sempre in questo sesto capitolo, sul valore dell’episodio che si accinge a riportare: Lutgarda invoca la condanna di Dio sul cavaliere infido, vaticinando come quella stessa mano con cui il soldato servile trattiene le briglie del cavallo - dal quale è tormentata -, commetterà, nel giro di poco tempo, un tremendo sacrilegio; ecco allora l’agiografo informarci rispetto al seguito, a quello che accade nel momento in cui lo sgherro servizievole fa ritorno a casa: con quella stessa mano attraverso la quale le briglie erano state trattenute, l’uomo uccide sua moglie. Con lo sguardo e la parola della vergine Lutgarda quindi, questa bestemmia prende corpo, acquisendo «valore» proprio mediante la parenesi di Tommaso: In hoc autem eventu quiddam factum est, quod nequaquam est silentio pertranseundum. Satelles quidam, cum ad rapiendum Miles equo eminus descendisset, in tenendo equo obsequium familiare præstabat. Hunc Virgo Lutgardis, frustratis viribus Militis, animo pertinacem inspiciens; non tam imprecata, quam prævidens, inclamavit: Manu, inquit, qua lora equi tenes Militis, infestantis, opera in proximo facies, quibus in hoc seculo temporaliter confundaris. Vide ergo lector quam cito hoc sit et veraciter insecutum. Rediens enim domum, manu illa, qua frænum tenuerat, uxorem propriam mox occidit; et propter hoc expulsus de patria, bonis omnibus est privatus. 156 Passiamo adesso al secondo episodio del medesimo capitolo. Lutgarda è reduce dal rapimento, dal disonore, allora comincia ad essere oggetto dei curiosi di St. Trond, ai quali mostra il volto scoperto, dopo averne rimosso i veli. La paura del giudizio di chi la guarda sperando di coglierne le tracce dell’onta, la immobilizza, la ricopre di vergognoso rossore: « […] o Signore innocentissimo tra tutti […] ti offro codesto pudore disprezzato per te. Una cosa straordinaria a stento 155 Ibid., pp. 237-238. 156 Ibid., p. 238. 58 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières completò le parole; e nella rivelazione del suo volto la moltitudine della folla si allontanò confusa»: Nec multo post rediens a sorore in oppidum S. Trudonis, eques cum famulis veniebat. Concursu ergo populi curiosius glomerata, ibi immenso cœpit erubescentiæ pondere fatigari, statimque Christum reduxit ad mentem; et fortiter animo imperans, mox velum a facie manu iniecta dimovit. Christo sic inquiens: Pro nobis, innocentissime omnium Domine; pro nobis, pulcherrime, vestibus spoliatus, ad columnam ligatus es, et in derisionem furentis populi chlamyde purpurea indutus; et serto spineo coronatus, nudus in patibulo pependisti: nihil ergo inveniens quod rependam, pudorem istum tibi offero pro te spretum. Mira res vix verba complevit; et in revelatione faciei eius confusa populi multitudo discessit. Ipsa vero ad monasterium rediens, in bonis potioribus Domini, ab illa die et deinceps proficiens, exultavit fratri quidem Bernardo, Fratri Ordinis Prædicatorum, et Pœnitentiario Domini Papæ, non utique sicut mihi, quia digniori et magis ad capiendum idoneo spiritu, cuncta cordis sui secreta totaliter revelavit. Credo tamen quod non minus totaliter et si minus digno mihi hoc dixit: et ipse consentio, quod ante diu Dominum rogaverat, ut ei aliquando mitteret confusionem, in qua posset Passionis Dominicæ confusionem præsentialiter imitari. 157 In sette capitoli il domenicano di Cantimpré condensa quindi una sequenza di elementi interessanti, i quali ben si prestano all’analisi strutturale. L’opposizione Nature e Norreture , dunque la dicotomia fra nature buone e infide, qui incarnate da Lutgarda e dal soldato, rappresentativi delle coppie cavaliere-pastorella, cavaliere-fanciulla selvaggia, donna-lebbroso; 158 cara alla letteratura cortese pure la presenza ingombrante del personaggio femminile (si pensi a Laudine dell’ Yvain ou le chevalier au lion di Chrétien de Troyes, ma si potrebbe continuare a oltranza), che lascia intuire le intermittenze di una tentazione sessuale, benché sopita e dissimulata; il carattere forse più accattivante è però la foresta «et tota nocte fugiens, per ignota silvarum, Angelico ductu, ad domum nutricis mane pervenit». 159 In ultima analisi si potrebbe affermare come anche per Lutgarda la foresta sia «l’orizzonte opaco del mondo delle città»; 160 se l’Yvain di Chrétien de Troyes vi si spoglia del vestito e dello spirito, dell’abito del corpo e della memoria, anche per la pia Lutgarda, dopo la foresta, niente è più come prima («Ipsa vero ad monasterium rediens, in bonis patioribus Domini, ab illa die et 157 Ibidem. 158 Si veda Michel Zink: La pastourelle - Poésie et Folklore du Moyen Age , Paris-Montréal: Bordas 1972. 159 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis, p. 237. 160 Per le definizioni e per i concetti qui enucleati si veda Jaques Le Goff: “Abbozzo di analisi di un romanzo cortese”, in Il meraviglioso e il quotidiano nell’Occidente medievale, Bari: Laterza 1988. Nel «secretaire» di un’agiografia: il romanzo cortese di Lutgarda 59 deinceps proficiens, exultavit»). 161 Inoltre la stessa indefinitezza della foresta, animata dagli angeli, fornisce gli strumenti per intravedervi un contraccolpo dei romanzi d’area francese perché astratta è anche la silva di Calogrenant, il bosco di Brocéliande: Et tornai mon chemin à destre Parmi une forest spesse Molt i voie felenesse De ronces et d’espinnes plainne. 162 La presenza della dimensione cortese nella letteratura medievale d’impronta mistica non era nuova e sarà bene tenere a mente, a questo proposito, quello che è il più antico testo mistico francese, Le Miroir des simples ames anientiens et qui seulement demeurent en vouloir et desir d’amour , scritto attorno al 1290 e attribuito alla beghina Margherita Porete (†1310). Gli studi sulla Porete sono ormai moltissimi 163 e ben noto è il contenuto del Miroir , divenuto un paradigma di interpretazione assiale del linguaggio dell’epoca. Margherita sostiene che l’amore assolve, giustifica ogni cosa senza bisogno delle opere: c’è salvezza anche senza virtù perché chi ama Dio è fatto della stessa sostanza di Lui; Dio non si adora né al tempio di Gerusalemme, né sul monte Garazim aveva detto Cristo alla samaritana ( Gv 4, 21ss). Attraverso lo Specchio , e cioè l’amore trasformante, l’anima si divinizza, diventa ciò che Dio è. Lo Specchio delle anime semplici è 161 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 238. 162 Chrétien de Troyes: “Le Chevalier au lion”, in Le Romans de Chrétien de Troyes , Paris: Librarie Honoré Champion 1976, vv. 177-80. 163 La bibliografia su Margherita Porete è imponente, qui ci limitiamo a segnalare soltanto una parte degli studi compiuti fino ad oggi: Jean-Baptiste Poiron: Hadewijch d’Anvers - Ècrits mystiques des béguines, Paris: du Seuil 1954; Kurt Rhu: “Beginenmystyk - Hadeweijch, Mechtild von Magdeburg, Marguerite Porete”, Zeitschrift für deutsches Alterums und deutsche Literatur , 106 (1977), 256-277; id.: “Meister Eckart e la spiritualità delle beghine”, in id.: Meister Eckart, teologo-- predicatore-- mistico, Brescia: Morcelliana 1989, pp. 141- 170; Robert E. Lerner: “An «Angel of Philadelphia» in the Reign of Philip the Fair - The case of Guiard de Cressonessart”, in Order and Innovation in the Middle Ages - Essays in honor of Joseph R. Strayer , William Chester Jordan, Bruce Mc Nabb e Teofilo F. Ruiz edd., Princeton: N. Y. 1976, pp. 343-364 e pp. 529-540; Romana Guarnieri: La «Vita» di Chiara da Montefalco e la pietà brabantina del ’200; ead.: “Il Libero Spirito e il Circolo colonnese”, Bailamme - Rivista di spiritualità e politica , 9 (1991), 69-87; ead. s. v. Pinzochere , in DIP, op. cit.; Paul Verdeyen: “Le procès d’inquisition contre Marguerite Porete et Guidard de Cressonessart”, Revue d’Histoire Ecclésiastique , 81 (1986), 47-94; Giovanna Fozzer: “«… parfaicte franchise n’a nul pourquoi» - Notizia sullo «Specchio delle Anime Semplici» di Margherita Porete”, Rivista di Ascetica e Mistica , 4 (1941), 375-395; Luisa Muraro: “Le due leggi - Il tema dell’autorità in Margherita Porete”, Bailamme - Rivista di spiritualità e politica , 8 (1990), 56-67; ead.: “La filosofia mistica di Margherita Porete - Il concetto di ragione”, Bailamme - Rivista di spiritualità e politica , 13 (1993), 67-80. 60 Le «Vitae matrum» e la «fabula depicta» di Lutgarda d'Aywières allora la storia d’amore fra Anima ( cascadeur di Marguerite) e Amore; Anima si innamora di Amore senza bisogno delle virtù, secondo il pensiero di Guillaume de St. Thierry espresso nella Lettera ai fratelli di Mont-Dieu . 164 La beghina di Valenciennes afferma inoltre la sussistenza di un ultimo stadio necessario alla divinizzazione dello spirito, e cioè il ludus amoris , il nascondino del Canticum canticorum . Quanto all’aspetto letterario-estetico di quest’opera, già Romana Guarnieri segnalava la contiguità nei confronti della tradizione cortese, «con in più una componente cavalleresca». 165 Per esempio, al capitolo secondo, Amore (che rappresenta Dio) afferma di essere Lui l’autore dello Specchio, composto perché i figli della «Grande» Chiesa ne beneficino: Amore - O voi figli di Santa Chiesa, dice Amore, per voi ho fatto questo libro, perché possiate udire, per vostro profitto, della vita perfetta e dello stato di pace ai quali la creatura può giungere per virtù di perfetta carità, e di cui le fa dono la trinità tutta; e di questo dono sentirete parlare in questo libro, in cui alle domande di Ragione risponderà Intelletto d’Amore. 166 Si noti l’espressione Entendement d’Amour tradotta con l’espressione dantesca per via della consonanza con il contesto cortese. 167 Per «Intelletto d’Amore» si intende qui il loghismós plotiniano, la capacità di Amore di trascendere il ragionamento razionale, così come pure l’abilità di Amore quando si tratta di pervadere il reale. Insomma: tanto la Vita Lutgardis quanto lo Specchio delle anime semplici danno prova di come i testi mistici - agiografici e non - siano debitori alla tradizione del romanzo cortese e danno prova di come essi debbano essere intesi a mo’ di crogiolo di generi letterari, in guisa di mistica raggiera; il tutto, naturalmente, «a laude di Cristo, Amen». 164 Guillaume de Saint-Thierry: La lettera d’oro, ed. Claudio Leonardi, Firenze: Sansoni 1983. 165 Romana Guarnieri: “Margherita Porete e il suo «Miroir de simples âmes» - Prefazione storica di Romana Guarnieri”, in Margherita Porete: Lo specchio delle anime semplici - Prima versione italiana commentata con testo mediofrancese a fronte , Traduzione di Giovanna Fozzer, prefazione storica di Romana Guarnieri, commento di Marco Vannini, Cinisello Balsamo: San Paolo 1994; terza edizione, Cinisello Balsamo: San Paolo 2010, pp. 7-54, a p. 31. 166 Margherita Porete: Lo specchio delle anime semplici , p. 135. Di seguito riportiamo la versione del testo in mediofrancese: « Amour - Entre vous enfans de Saincte Eglise, dit Amour, pour vous ay je fait ce livre, affin que vous oyez pour mieulx voloir la parfection de vie et l’estre de paix, ouquel creature peut venir par la vertu de parfaicte charité, a qui ce don est donné de tout la Trinité; lequel don vous orrez diviser en ce livre par l’Entendement d’Amour aux demandes de Raison. » Cf. ibid. p. 134. 167 Ibid., n. 16. «Sicut pictor pingens»: il «Memoriale» di Angela da Foligno (1248-1309) e l’iconografia della basilica di Assisi Un memoriale a quattro mani In questo capitolo si analizzerà il Memoriale di Angela da Foligno dal punto di vista della relazione fra testo e iconografia. Questa parte del saggio prenderà in esame le varie ipotesi di ricostruzione del testo e analizzerà il rapporto fra Angela e il suo scriptor . L’analisi del rapporto con le immagini si rivolgerà in particolare agli affreschi della chiesa inferiore della basilica di Assisi, in cui si sottolineerà la presenza di una catechesi per immagini, che culminava, ai tempi in cui Angela visitò la basilica, con l’approdo alle rappressentazioni figurative della Gerusalemme celeste. La tesi di fondo è che l’influenza di fonti letterarie - in particolare la Vita secunda S. Francisci di Tommaso da Celano (†1265) - si intrecci con l’influenza delle immagini dipinte. In seguito si mostrerà come, nella chiesa superiore della basilica, Angela sia influenzata da una vetrata gotica - La vetrata degli angeli - , che suscita in lei una reazione violentissima perché i personaggi della vetrata si animano. Accanto all’influenza di testi e immagini, come si vedrà nell’ultima parte del lavoro, viene delineandosi un’ulteriore componente, e cioè una forte teatralità, ossia il coinvolgimento passionale e corporeo delle mistiche francescane - e non solo francescane -, che fanno seguito così alla teatralità dello stesso san Francesco. Il Memoriale di sant’Angela da Foligno (1248-1309) 1 prende corpo grazie alla mediazione di un frater scriptor , un frate francescano confessore e consanguineo 1 Premettendo come la quantità di studi critici si sia moltiplicata a partire dal convegno-capofila del 1985 (dal titolo Vita e spiritualità della beata Angela da Foligno, Atti del Convegno di Foligno, Clèment Schmitt ed., Perugia: Serafica Provincia di San Francesco OFM Conv. 1987), dando vita a una bibliografia possente e feconda, si prova a dare ugualmente dei riferimenti. In questo lavoro abbiamo consultato un unico testimone (il ms. 342 della Biblioteca Comunale di Assisi, indicato nel testo con la lettera «A»). Oltre all’ed. Menestò (Angela da Foligno: Memoriale , ed. Enrico Menestò, Spoleto: Fondazione Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo 2013; da ora: Ed. Menestò), ricordiamo la presenza dei seguenti testi critici: l’ ed. a cura di Paul Doncoeur: Le livre de la bienheureuse Angèle de Foligno - Documents èditès avec le concours de Mgr. Faloci Pulignani, Texte latin, Paris: Ed. de la Reveu d’ascetique et de mystique 1925; l’ ed. a cura di Jean Martin Ferré: Sainte Angéle de Foligno - Le livre de l’expérience des vrais fidèles. Texte latin publié d’aprés le manuscript d’Assise, Paris: Droz 1927; Il libro della beata Angela da Foligno, edd. Ludwig 62 Il «Memoriale» di Angela da Foligno e l'iconografia della basilica di Assisi della Santa: lei detta e lui scrive. Di questo frate francescano - detto frate Arnaldo o Frate A. - è pressoché impossibile tracciare una fisionomia sicura, data la scarsità delle fonti, 2 ma grazie a lui, Angela da Foligno consegna alla storia un testo estremamente complesso, per struttura e contenuti: il Liber sororis Lelle. Opera disomogenea, essa è articolata in due parti, vale a dire il Memoriale , di cui ci occuperemo, e le Instructiones o Exhortationes , che constano di trentanove Thier ed Abele Calufetti, Grottaferrata-Roma: Ad claras acquas 1985; l’ edizione di Fortunato Frezza ( Liber Lelle , op. cit.), che è invero una trascrizione del ms. 342 di Assisi. Importanti pure le seguenti traduzioni dell’opera dal latino: Il Libro della beata Angela da Foligno , Sergio Andreoli ed., Cinisello Balsamo: Paoline 1990; L’autobiografia e gli scritti della beata Angela da Foligno , Michele Faloci Pulignani ed., Maria Castiglione Humani transt., con prefazione di Giovanni Joergensen, Città di Castello: Il Solco 1932; Il libro dell’esperienza , ed. Giovanni Pozzi, Milano: Adelphi 1991. Dopodiché la bibliografia critica. Oggi di grande utilità è il volume Angela da Foligno e il suo culto - Documenti a stampa e nel web (1947 ca.-2003) , Sergio Andreoli, Antonella Degl’Innocenti, Francesco Santi edd., Firenze: Edizioni del Galluzzo 2006; Domenico Alfonsi: La Figlia dell’estasi - Biografia spirituale della beata Angela da Foligno , Foligno: Ed. Cenacolo 1997; “Angela da Foligno nella ricerca universitaria”, Atti del Convegno di Foligno, in Quaderni angelani verso il VII centenario (1309-2009) , Domenico Alfonsi ed., Foligno: Edizioni Cenacolo 2006; Angela da Foligno - terziaria francescana , op. cit.; Angèle de Foligno - Le dossier , Giulia Barone e Jaques Dalarun edd., Rome: École française de Rome 1999; Angela da Foligno - Contemplativa, mistica, apostola , Luigi Borriello e Raffaele Di Muro edd., Roma: Casa Editrice Miscelleanea Francescana 2014; Il Liber di Angela da Foligno e la mistica dei secoli XIII-XIV ; Il «Liber» di Angela da Foligno - Temi spirituali e mistici , Atti del Convegno internazionale di studio, Domenico Alfonsi e Massimo Vedova edd., Spoleto: CISAM 2010; Il libro di Angela da Foligno e le sue traduzioni , Alessandra Bartolomei Romagnoli e Massimo Vedova edd., Spoleto: Centro italiano di studi sull’alto medioevo 2019; Altra bibliografia sulla Santa sarà fornita nel prosieguo del saggio. 2 Il nome del frate scrittore non è riportato per intero all’interno dei manoscritti, eccezion fatta per il codice sublacense. Per queste ragioni la critica si divide. Jaques Dalarun sostiene che l’attribuzione allo scriba del nome «Arnaldo» rimanga abbastanza arbitraria: «Tout délire interprétatif sur ce mode est plus fondé que l’usage du nom d’Arnaldo. […]. Dans deux manuscrits de la fin du XVe ou début du XVIe siècle aujourd’hui conservés à Pèrouse et offrante un volgarizzamento du Liber, pour les seuls passages de l’ Instructio XXVI, l’anonymat de A. est levé, avec les garanties que l’on imagine à quelque deux siècles de distance: il est nommé Adamo. La résolution du A. en Arnaldus semble provenir d’un manuscrit du Liber daté du XVe siècle, appartenant jadis aux Celestins d’Avignon. De là, Arnaldo s’immisce dans les éditions imprimées de l’oeuvre, celle de Valence en 1596, celle de Paris en 1598. De cette derrnière découle l’édition de Bollandistes en 1643 et, par consequent, la consécration très posthume d’un nom de plume aujourd’hui généralement accepté sans reserve». Jaques Dalarun: “Angèle de Foligno a-t-elle existé? ”, in «Alla Signorina» - Mélanges offerts à Noëlle de La Blanchardière , Rome: École française de Rome 1995, pp. 59-97, cf. rispettivamente p. 74 e p. 76. Dunque se nei manoscritti di Perugia figura «Adamo», il Bordoni propone come alternative «Arnoldo» o «Arnolfo», lo Joergensen «Arnoldo» e un’edizione francese del secolo passato «Armand», rimandiamo all’ ed. Thier-Calufetti, Introduzione , p. 42, n. 1. Un memoriale a quattro mani 63 brani a loro volta compositi, verosimilmente pseudo-angelani. 3 La tradizione manoscritta presenta in quattro codici un’approvazione avvenuta ad opera del cardinale Giacomo Colonna, otto famosi lectores e altri frati, approbatio questa con la quale è sancita non solo l’attendibilità e l’ortodossia delle revelationes e degli altri contenuti, ma con la quale il testo è giudicato altresì degno di devozione. 4 Si può affermare che il Memoriale è sottoposto a una triplice traduzione: la prima traduzione ha luogo ad opera di Angela, che, arrancando, traspone in parole il suo itinerario sapienziale, la sua esperienza di indiamento; il secondo processo prende forma mediante la trascrizione di frate Arnaldo, 5 che riversa in latino l’eloquio volgare della penitente umbra, intersecando - quando i colloqui con la figlia spirituale divengono impraticabili - la propria attività scrittoria con quella di un giovane novizio (un puer parvulus ), il quale fa da corriere tra Angela e frate A.; infine assistiamo alla redazione del testo in forma di codex , un passaggio descrivibile nei termini di una traduzione altra. 6 Il percorso penitenziale della folignate, della quale sappiamo invero molto poco, prende le mosse da una fitta e «violenta» confessione al frate parente, avvenuta attorno al 1285 nella cattedrale di San Feliciano a Foligno, dopo la quale la religiosa chiede a san Francesco di impetrarle la grazia di trovare un buon confessore; senonché il Santo di Assisi le appare in sogno, con le sembianze di un frater senex , assicurandole la grazia richiesta. In merito all’inquadramento storico dell’«autrice», in questa sede, si ricorda semplicemente come la città di Foligno, oltre alle calamità naturali come i terremoti, sia, al tempo di Angela, esposta alle pressioni di Perugia, con cui, tra il 3 Si tratta cioè di otto esperienze mistiche, dodici discorsi, nove lettere, «otto meditationes , più la notificatio del transito di Angela e una peroratio vel epilogus , uno scritto per la cui paternità è stato invocato il nome di Ubertino da Casale». Ed. Menestò, p. XXIV. 4 «Al Memoriale - e unicamente al Memoriale - si riferisce una approbatio , detta, ma impropriamente, anche testificatio , che in quattro manoscritti ne precede il testo, nella quale il cardinale Giacomo Colonna, “ante quam cum summo pontifice in scandalum incideret” (cioè prima del 10 maggio 1297, data della pubblicazione del ben noto Manifesto di Lunghezza che segnò l’inizio del conflitto tra i Colonna e Bonifacio VIII), otto famosi lectores e altri frati “fide digni, […] modesti et multum spirituales” esprimono la loro approvazione per questo testo, giudicandolo perfino meritevole di venerazione “tamquam divina”. Ibid., pp. XXIV-XXV. 5 La raccolta di fonti e documenti per un qualunque lavoro su Arnaldo dovrebbe prendere in esame almeno Mario Sensi: “Fra Bernardo Arnolti, il «frater scriptor» del «Memoriale» di Angela? ”, in Mulieres in Ecclesia - Storia di monache e bizzoche , 2 vol., Spoleto: Centro italiano di studi sull’alto medioevo 2010, vol. 1, pp. 553-585; rimane buono il materiale informativo relativo al frate scrittore nell’ed. Thier-Calufetti, Introduzione, pp. 23-119, pp. 48-51. Per uno sguardo su lavori più recenti: Alessandra Bartolomei Romagnoli: “Angela e il suo «scriptor» - Oralità e scrittura nel testo del Memoriale”, Frate Francesco , 75 (2009), 563-575. 6 Ibid., p. XXV. 64 Il «Memoriale» di Angela da Foligno e l'iconografia della basilica di Assisi 1282 e il 1289, intrattiene una lotta armata conclusasi con la disfatta di Foligno. Contestualmente, nell’Italia centrale, si assiste al risveglio di uno spirito penitenziale di cui Angela sarebbe stata una degli interpreti più rappresentativi. Mortile madre, marito e figli, entrata nel terz’Ordine francescano, la mistica fa voto di assoluta povertà. Pellegrina in Assisi nel 1291, è dapprima invasa dallo spirito della Trinità e successivamente scossa da una crisi mistica nel corso della visita della basilica superiore di San Francesco, come vedremo meglio tra poco. Come dicevamo, controverso è il rapporto fra la dettatrice e lo scrivano, la trascrizione del quale è definita dalla donna, a un certo punto, truffa e bestemmia, tanto è inadeguata e imprecisa nell’esposizione dell’incontro fra lei e il divino. Quella di frate A. è «scrittura oscura», e lo stesso indignus scriptor - così si definisce frate Arnaldo - afferma di essere un crivello, un setaccio, incapace di trattenere la farina fine, 7 dove per «farina fine» bisogna intendere i tratti meno salienti del racconto della sua figlia spirituale. Sant’Angela e il suo segretario si incontrano quindi in chiesa per i loro colloqui, ma il fatto che un uomo e una donna si vedano sistematicamente appartandosi è, per l’epoca, estremamente sconveniente. Il padre provinciale dei francescani cui appartiene lo scriba proibisce i loro incontri, ma questo veto non impedisce il compimento della trascrizione del Memoriale : a calcare le scene ci sarebbe stato un nuovo personaggio, il puer parvulus , verosimilmente un giovane novizio che trascrive sommariamente il dettato della fidelis Christi per poi consegnarlo ad Arnaldo, il quale riscrive senza omettere né aggiungere alcunché «come fa il pittore che dipinge»: Ideo valde diminute et male scripta fuit, sicut ego ab ipsa Christi fidele audivi, in tantum quod ipsa Christi fidelis dixit michi legenti sibi semel, quod prius devastarem eam, quod in illo modo rescriberem. Sed quia et ego frater non habui spatium corrigendi eam cum predicta Christi fidele, rescripxi eam latine sicut reperitur, nichil addens, immo potius sicut pictor pingens, quia non intelligebam eam. Quod sequitur amodo, inveni scriptum vulgariter. 8 In principio Angela dichiara di voler avviare il racconto delle proprie esperienze spirituali in modo tale da indicare la via per la vera penitenza e la perfezione dello spirito. Il cammino che l’anima deve compiere per il raggiungimento di questi due obiettivi, afferma la folignate, è scandito da trenta passi, ma Arnaldo sembra perdere improvvisamente il filo del racconto da lei condotto; i passi in cui è suddiviso il Memoriale sono allora, in definitiva, ventisei. Giunto cioè al ventesimo passo, il direttore spirituale organizza la materia trattata in sette passus supplentes . A proposito di questa effrazione interna al Memoriale, Enrico 7 Ms A 15vb, ed. Frezza, p. 108. 8 Ibidem. Un memoriale a quattro mani 65 Menestò ha osservato che questa frattura determinerebbe una suddivisione in due sezioni della nostra autobiografia: la prima includerebbe i diciannove passus priores più l’inizio del ventesimo, coincidenti con il cammino ascetico della Santa; la seconda consterebbe invece dell’ascesa mistica caratteristica dei sette passus supplentes , dal venti al ventisei. 9 Dopo la sequela Christi - che ha luogo nella prima sezione - di cui san Francesco è modello e maestro -, in ordine cronologico, si susseguono - in quella che possiamo definire «sezione mistica» - il momento dello sposalizio mistico di Angela con lo Spirito Santo, il momento del conoscimento della presenza divina tramite i segni dell’unione e dell’abbraccio, in ultimo il momento della tenebra, che si manifesta alla fulginate in due tempi: il primo, in cui i vizi riaffiorano per opera dei demoni, i quali fomentano pure un conflitto fra umanità e superbia in lei; e il secondo, in cui «Angela si fonde e confonde con le profondità segrete di Dio». 10 In questo secondo «tempo» della tenebra, in cui l’anima, pur non vedendo alcunché «tutto interamente scorge», la donna afferma che: «In nullo bono quod exterius narrari possit nec etiam cogitari habeo spem meam modo. Sed habeo spem meam in uno bono secreto, secretissimo et incluso, quod intelligo cum tanta tenebra». 11 A seguire, rinveniamo un passo (84.19, 32-40) in cui si verifica il tentativo di esplicare in cosa consiste la tenebra, una chiarificazione che non avviene per via affermativa, bensì, come hanno bene illustrato alcuni studi, 12 per via negativa: Iddio nella tenebra non rallegra e non commuove, non suscita alcun fermento emotivo: Et quamvis sint omnia inenarrabilia, apportant tamen letitiam. Sed illud, quando videtur Deus illo modo in tenebra, non apportat risum in ore nec devotionem nec fervorem vel ferventem amorem, quia non tremit nec movetur corpus vel anima sicut iam consuevit moveri. 13 Questo impianto, in cui traluce con evidenza l’ascendenza della tradizione di Dionigi Areopagita, si esaurisce nel tòpos del fallimento verbale. 14 La donna giace ora in mezzo alla Trinità dunque, sovrapponendosi il momento della luce trinitaria a quello della tenebra, e tuttavia dichiara sé stessa 9 Ed. Menestò, intr. , p. XXXIII, e le pp. XXXV-XXXVI. 10 Ibid., op. cit., p. LI. 11 Ms A 22rb, ed. Frezza p. 154. 12 Il lavoro più significativo in tal senso rimane quello di Paul Lachance: “The experience of God in the Spiritual Journey of the Bl. Angela of Foligno”, in Vita e spiritualità , op. cit., pp. 229-60. 13 Ms A, 22rb, ed. Frezza p. 154. 14 Ms A 22ra, ed. Frezza p. 152. 66 Il «Memoriale» di Angela da Foligno e l'iconografia della basilica di Assisi incapace di procedere con la descrizione di questo status , affermando addirittura di bestemmiare. 15 Riassumendo: dapprima Angela aveva esperito la consolazione dello stare «iuxta crucem» (nei primi diciannove passus preliminari); in seguito aveva provato consolazione, pur annaspando nelle tenebre; ora invece è avvolta dalla delicatezza dell’abbraccio trinitario - la Trinità, in altri termini, la solleva, facendola accoccolare su di sé, teneramente. Questo stato di grazia finisce per assumere i caratteri di una contesa fra Angela e san Francesco, il quale si era fermato allo stadio della compassione, all’adorazione della croce, a un atteggiamento cristocentrico, mentre la donna afferma che l’esperienza di stare ai piedi della croce è ormai visio insipida: «quia in cruce in qua tantum delectabar quod erat mea repausatio et meus lectus nichil invenio». 16 La beatitudine riversantesi sulla folignate le procura una «camera» edificata su di lei dallo Spirito Santo, una camera «nella quale non entra alcuna letizia né tristezza né godimento per nessuna virtù né godimento per nessuna cosa che si possa dire. Ma lì c’è il Tutto del Bene, perché non c’è un altro bene; ossia, c’è il Tutto del Bene in modo tale da non esserci un altro bene». 17 Il concetto di camera presenta, a nostro giudizio, caratteristiche non troppo dissonanti nei confronti della «prigione» di Iacopone da Todi; 18 infatti lo stesso Iacopone, nelle Laudi, racconta della ricerca inesausta dell’anima la quale, nel rincorrere l’amore vero, «l’Amore sommo sullimato», lamenta lo spossessamento del cuore ad opera di Amore e dichiara di essere rimasta imprigionata all’interno della dolcezza divina: « e temme empresonato en suo dolzore / e famme morir enn amor penato ? ». 19 Quindi, se in Angela rinveniamo l’immagine della camera, in Iacopone scorgiamo la «prigione» dell’«anima divota», che non deve fare «l’orazione vocale», bensì l’orazione mentale compiuta all’interno del proprio cuore, cuore il cui uscio dev’essere serrato: «La mentale orazïone, quella occulto rènno a Deo, / e lo cor <’n>serrato à ll’uscio, che non ’l veia ’l frate meo». 20 15 «Videtur michi quidquid dico blasphemare», ms A 22vb, ed. Frezza p. 156. 16 Ms A 24vb, ed. Frezza p. 170. 17 Ms A 25va, ed. Frezza p. 176. 18 Su questo segnaliamo un lavoro di Isabella Gagliardi, ottimo strumento per una sintesi esaustiva sui temi: Isabella Gagliardi: “Il paradosso dell’elezione divina - Libertà e obbedienza nella trattatistica spirituale del tardo Medioevo”, in Strumenti e strategia della comunicazione scritta in Europa fra Medioevo ed Età Moderna , Manuela Doni Garfagnini ed., Firenze: FUP, pp. 1-27. 19 Laude , 25, vv. 1-4, in Iacopone da Todi: Laude : Franco Mancini ed., Roma-Bari: Laterza 1980, rist. 2006, pp. 67-71, a p. 67. 20 Id.: Laude 56, vv. 83-84, ibid., pp. 156-60, a p. 159. La predicazione dei frati osservanti, sia attraverso l’omiletica, sia attraverso la produzione testuale, avrebbe successivamente portato ai massimi livelli la costruzione degli «spazi interiori» destinati alle donne. Alle suore del Corpus Christi di Venezia Giovanni Dominici propone un percorso di inte- La «scriptura obscura» 67 Sarà bene ricordare che il percorso che conduce il mistico e la mistica al congiungimento con Dio, dal Medioevo in poi, consta di tre fasi intese a purificare progressivamente l’anima in maniera tale da favorire il suo incontro con Dio. Più precisamente, sussiste uno schema tradizionale secondo il quale sono presenti tre stadi che, se strutturati in base al principio dell’ habitus, determinano la suddivisione delle anime pellegrine in: anime degli incipienti, anime dei proficienti e anime dei perfetti. Anche Angela da Foligno, come si legge nel Liber, affronta prograssivamente queste tre fasi e da questa sua esperienza personale ella desume una teologia mistica, una vera e propria dottrina, esposta nell’autobiografia qui analizzata. I primi due stadi di cui parlavamo poco sopra, sono i momenti in cui la penitente compie il percorso catartico, il percorso penitenziale, mentre nel terzo stadio ella approda alla mistica (al congiungimento con Dio). Anche in Angela da Foligno, pertanto, ascesi e mistica si articolano lungo un percorso avente come principio organizzativo il cosiddetto « ductus », che la retorica monastica rappresentava tramite metafore quali le stazioni, l’itinerario fra luoghi o tramite i gradini di una scala, 21 e che nella folignate sono rappresentati dai passus . La «scriptura obscura» Il lessico e la sintassi dell’autobiografia della fulginate rispecchiano fortemente il linguaggio parlato. Le iterazioni quali «dictum est michi», «factum est michi verbum», «facta est vox», che si protraggono ininterrottamente, sono forme usate per riportare i contenuti delle percezioni della presenza divina - percezioriorizzazione, percorso che prevede la trasformazione della cella monastica in una cella entro la quale consumare il matrimonio mistico con Dio; Tommaso di Antonio Caffarini consiglia alla beata Maria da Venezia (di cui è biografo) la «tecnica devota della cella interiore». Tommaso dichiara di aver messo per iscritto questo consiglio pensato per Maria, la quale trascrive a sua volta il testo del suo direttore spirituale e, dopo esserselo «studiato», lo mette in pratica. Infine, nel Tractato della sanctissima charità, Giovanni Dominici invita Bartolomea degli Alberti a costruire nel suo cuore una «dipinta camera» entro la quale intrattenersi con lo Sposo divino; in seguito, aggiunge il Dominici, sarebbe il caso di costruire un portico all’interno del quale «discorrere» il meno possibile e non senza il permesso dello Sposo, a cui Bartolomea sarà congiunta per mezzo di una catena di diamanti. Per questi tre esempi e per i testi ai quali essi fanno riferimento cf. Isabella Gagliardi: Ruoli e spazi destinati alle donne secondo la predicazione e la trattatistica dei frati osservanti e relativi conflitti nella realtà concreta delle città del tardo Medioevo, in Rivista di Storia del Cristianesimo. Ordine e purezza degli spazi tra Tardo Antico e prima età moderna, Brescia: Morcelliana 2010, pp. 65-83. 21 Mary Carruthers: “ «Ricordati del Paradiso» - L’estetica della mneme ”, in Machina memorialis , pp. 91-181, pp. 91-127. 68 Il «Memoriale» di Angela da Foligno e l'iconografia della basilica di Assisi ni sia uditive, sia visive. Allo stesso fine cooperano l’utilizzo dell’ossimoro e di tutte le formule che intendono presentare la mistica come «oggetto» dell’azione di Dio. 22 Volendo approfondire ancora un po’ sul linguaggio, per i verbi del Liber è stato proposto, di recente, un utile raggruppamento: i verbi nei quali Dio è soggetto dell’azione sull’anima - che si presentano in forma attiva - ; le forme verbali ove l’anima è soggetto passivo davanti a Dio - rese al passivo - ; e infine quelle in cui Angela è soggetto attivo nel suo rapporto con Dio - diatesi, ancora una volta, attiva. 23 Restando sempre sui verbi del Memoriale, i fondamentali sondaggi di Giovanni Pozzi, leggibili vieppiù nei cappelli introduttivi dell’antologia da lui dedicata al Liber, hanno conosciuto nuova freschezza in relazione all’analisi di sette verbi in particolare, qui riproposti seguendo le osservazioni di Massimo Vedova. Il verbo video si protrae lungo tutto il Memoriale e riveste significati molteplici, come già ravvisava Edith Pásztor. 24 Doveroso è almeno menzionare la presenza di questo stesso meccanismo in altri testi più o meno coevi, come il Colloquio spirituale di Simone da Cascina - scritto, rammentiamo, nel 1391 - ; si tratta di un dialogo in volgare finalizzato a spiegare a tutta la comunità di fedeli (non solo a chi conosce il latino) il significato della messa fin nei dettagli più minuti, un testo quello del Colloquio in cui fortissimo, come nel Memoriale angelano, è il legame intercorrente fra parola, immagine e memoria. Anche nel testo di Simone «i verbi che indicano la vista («raguarda», «vedrai») servono a sottolineare la stretta contiguità tra immagine fisica da un lato e immagine mentale e spirituale dall’altro; suggeriscono anzi che il passaggio dalla prima alla seconda è facile, quasi inevitabile». 25 Ritornando al nostro memoriale, tra i verbi più importanti troviamo i verbi sentio e diligo, il primo rappresentativo del processo di interiorizzazione dell’esperienza di incontro con Dio, che ha luogo a partire dai passus priores («sentire de Deo», «sentire Deum»), il secondo caratteristico del viaggio ad Assisi (riguardo meritano le espressioni «diligere Deum» e «diligere 22 Per tutte queste informazioni cf. Giovanni Pozzi: Il libro dell’esperienza , pp. 39, 53-54. 23 Cf. Massimo Vedova: Esperienza e dottrina , passim. 24 Edith Pàsztor: “Le visioni di Angela da Foligno nella religiosità femminile italiana del suo tempo”, in Vita e spiritualità , pp. 287-311. La storica ungherese ha infoltito le sue riflessioni sulla folignate nella sua raccolta di saggi dedicati alla santità medievale «al» femminile: ead: Donne e sante - Studi sulla religiosità femminile nel Medio Evo , presentazione di Marco Bartoli, Roma: Edizioni Studium 2000, pp. 274-302. 25 Lina Bolzoni: “Educare lo sguardo, controllare l’interiorità”, in Arti e storia nel Medioevo - Del vedere: pubblici, forme e funzioni , Enrico Castelnuovo e Giuseppe Sergi edd., Torino: Giulio Einaudi editore 2004, pp. 519-549, a p. 534. Sul Colloquio spirituale: cf. ead., “Il Colloquio spirituale di Simone da Cascina - Note su allegorie e immagini della memoria”, Rivista di letteratura italiana , 3 1 (1985), 6-95. Il Codice 342 di Assisi 69 sum»); 26 in ultimo, intelligo ( intus + legere , dunque «penetrare», ovviamente mai associato a Dio), e cognosco , ricorrente nel quinto passo supplementare e nel settimo ( cognosco visibile, si ricorda, nelle forme «cognoscere Deum esse in se» o più semplicemente «cognoscere Deum»). 27 In chiusura ricordiamo i verbi dell’ unctio (che si verifica nel secondo passo supplementare), del sigillo dato alla mistica per provare che nulla di quanto Dio le ha rivelato è «mendacium, sed omnia sunt ibi vera», vale a dire comprendo , poi traho (e il composto extraho ), verbo che rende compiutamente l’idea dell’anima attratta, «fisicamente trasportata da Dio». 28 Lo stile del testo rimane incardinato, diciamo con Mauro Donnini, nel contesto del sermo humilis , in cui la scelta cade sulla paratassi o sull’ipotassi, sull’anticipazione del verbo secondo un’impostazione che si rifà alle Scritture, il tutto condito con rapida semplicità. 29 Oltre a segnalare come il testo rifugga da ogni forma del periodare e di stile classico e di stile cristiano, il Bourgain ha rilevato certe consonanze con lo stile dei predicatori e degli amministratori, determinati dalla ricerca di una lingua il più possibile chiara e per questa ragione talvolta «pesante» dati l’iterazione di concetti e il ricorso continuo a pronomi disambiguanti. 30 Il Codice 342 di Assisi Di seguito si indicano brevemente i motivi per i quali si è scelta, come testo di riferimento, l’edizione del Liber curata da Fortunato Frezza. L’edizione di Frezza, che si è limitato ad una trascrizione del codice A 342 di Assisi, presenta punteggiatura e divisione in capitoli effettuate rimanendo fedele alla struttura data al codice dall’amanuense (divisione in capitoli quella di Frezza resa possibile perché il copista aveva già diviso il brano tramite stacchi, capilettera e rubriche). 31 Il testo così acquisito è stato raggruppato in versetti che dessero la possibilità di collegare il Liber all’apparato biblico accluso all’edizione. Successivamente alla ripartizione in paragrafi e all’operazione di traduzione - traduzione che, pur non essendo letterale, ha mantenuto la paratassi e i tratti originari della subordinazione, dell’anacoluto, dell’ellissi, via via fino ai neologismi e ai volga- 26 Massimo Vedova: Esperienza e dottrina , pp. 365-366. 27 Ibid., p. 366. 28 Ibid., p. 367. 29 Mauro Donnini: “Appunti sulla lingua e lo stile del Liber ”, in Angela da Foligno - terziaria francescana , pp. 181-213. 30 Pascale Bourgain: “Angèle de Foligno - Le latin du Liber ”, in Le dossier , pp. 146-167. 31 Fortunato Frezza, Liber Lelle , intr . p. XXIX. 70 Il «Memoriale» di Angela da Foligno e l'iconografia della basilica di Assisi rismi - , il testo latino è stato corredato di apparato filologico e quello italiano (a fronte) di apparato biblico-teologico, nel quale rinveniamo puntuali indicazioni sulle fonti linguistiche e dottrinali e ovviamente citazioni bibliche, per redigere le quali si è usato il Codex Balneoregiensis, la Bibbia di san Bonaventura - un codice pergamenaceo corredato di miniature e confezionato nello stesso periodo del nostro ms. 342. Preme giustamente capire in primis cosa abbia spinto il Frezza a realizzare un’edizione basata sul testimone unico, dopo che già anni prima avevano visto la luce altre edizioni critiche; vale la pena precisare perché lo studioso abbia voluto limitarsi al testimone di Assisi prescindendo dagli altri testimoni autorevoli (I = Codice della Biblioteca di Sant’Isidoro a Roma 1/ 141; S = Codice di Subiaco, presso il Monastero di Santa Scolastica; R = Manoscritto di Rieti- - Biblioteca Paroniana, Fondo Fontecolombo; Ox = Manoscritto di Oxford). In secundis è bene chiarire come mai si sia voluto optare, nel citare in questo lavoro il dettato mistico angelano, per l’edizione Frezza piuttosto che per un’altra. Le risposte alle due questioni, in un certo senso, si appaiano: l’indiscussa autorevolezza del ms. della Biblioteca Comunale di Assisi è suffragata, oltre che da studiosi della levatura di Giovanni Pozzi e di Attilio Bartoli Langeli, dalla scelta di questo stesso codice per la messa a punto di due edizioni: quella fatta dal Doncoeur e quella fatta dal Ferré. 32 A questo si aggiunge il fatto che l’edizione Thier-Calufetti uscita nel 1985 - la prima a non basarsi sul criterio del testimone unico - rappresenta solo un timido primo tentativo, per quanto degno di plauso, di smarcarsi dall’edizione basata sul testimone unico. Rimane ancora da far notare quanto il Menestò 33 - che ha realizzato un’altra edizione critica non basata sul testimone unico -, malgrado le scelte compiute nel testo da lui editato, non neghi affatto l’affidabilità del codice in questione (il codice di Assisi), tutt’altro: dallo stemma proposto da Menestò, si deduce come l’albero genealogico del dettato angelano si articoli sostanzialmente in due rami. Il primo di questi rami è rappresentato, non a caso, proprio da A; dall’altro lato c’è poi tutto un gruppo di manoscritti 32 Sulle motivazioni che hanno indotto il Doncoeur e il Ferré a decretare la superiorità del 342, rimandiamo rispettivamente a: ed. Doncoeur, op. cit., p. X e all’ed. Ferrè, op. cit., p. XXVII. Per i pareri di Bartoli Langeli e di Giovanni Pozzi in merito al codice di Assisi, cf. rispettivamente: Attilio Bartoli Langeli: “Il codice di Assisi ovvero il Liber sororis Lelle ”, in Le dossier , pp. 7-27; Francesca Joyce Mapelli: “Questioni filologiche sospese riguardo ai testi francescani delle origini - Francesco, Chiara, Angela” , Cronaca della conferenza tenuta da Giovanni Pozzi il 23 maggio 2001 alla Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum , «Antonianum» - Periodicum philosophico-theologicum trimestre , 76 (2001), 600-601. 33 L’ed. Menestò risale al 2013 ricordiamo; cf. Angela de Fulgineo: Memoriale , ed. Menestò, cit. Angela e l’iconografia: i crocefissi della peste 71 altri. In altri termini, per il 50 %, il Menestò tiene conto di A nella ricostruzione e del testo e dello stemma. Per tutte queste ragioni la nostra scelta è caduta sulla recente edizione Frezza (2012), generosa quanto a materiale di studio se si guarda ai ricchi apparati e, in pari tempo, meritoria quanto alla scorrevolezza della lettura in riferimento alla traduzione italiana. Angela e l’iconografia: i crocefissi della peste Si può tranquillamente parlare della sussistenza di uno stretto legame fra testo e iconografia all’interno del Memoriale della Santa perché, in un luogo di esso, la compagna della reclusa, Masanzuola, afferma di dover nascondere alla mistica le immagini della passione; queste infatti rappresentano motivo di crisi per Angela («Et quando videbam passionem Christi pictam, vix poteram sustinere, sed capiebat me febris et infirmabar, unde socia mea abscondebat a me picturas passionis et studebat abcondere»), come si può vedere anche in una delle scene campite nel ciclo murale dedicato alla vita di Angela nel convento di San Bartolomeo di Marano in Foligno (fig. 7). Questo significa che la nostra mistica è particolarmente sensibile alla rappresentazione della croce, 34 ecco perché risulta utile confrontare le iconografie dell’epoca della folignate con il testo, appunto per vedere, in concreto, i collegamenti fra iconografia e autobiografia. 35 La devozione verso il Cristo crocifisso, sofferente ed esanime, così caro ad Angela, trova un precedente importante nella diffusione dei cosiddetti crocefissi della peste - dove si vedono Cristi angariati dalle membra contratte, con ferite che ricordano quelle della peste bubbonica 36 -, che arrivano nella Penisola fra Due e Trecento, surrogando l’iconografia del Christus triumphans con quella del Christus patiens. Questi crocefissi della peste - l’iconografia dei quali è detta Pestkreuz non a caso - è talvolta di un realismo «insopportabile» e i vescovi, alle volte, devono provvedere alla rimozione di essi dalle chiese perché suscitano eccessi devozionali nei fedeli, eccessi che certe volte portano a dei veri e propri disordini cittadini. 37 Non dissimile, in alcuni casi, sarà la reazione di Angela davanti alle «sue» immagini, così come vedremo più avanti. 34 Ms A 15vb, ed Frezza pp. 108-110. 35 Segnaliamo nuovamente il catalogo della mostra Dal visibile all’indicibile , op. cit. 36 Elvio Lunghi: La passione degli umbri . 37 Mattia Zangari: “La Vetrata degli angeli e il Memoriale di Angela da Foligno - Un vetro, un diario e una bizzoca folignate (Parte I)”, Frate Francesco , 81 1 (2015), 27-62, p. 55. 72 Il «Memoriale» di Angela da Foligno e l'iconografia della basilica di Assisi Angela da Foligno e gli affreschi della basilica inferiore di San Francesco Il fatto che Angela da Foligno avesse sviluppato una forte sensibilità nel vedere le immagini quindi è appurato, ed Elvio Lunghi ha dimostrato bene come questa sensibilità sia verisimile, evidenziando il rapporto delle immagini con i testi, ma soffermandosi soprattutto sui contesti in cui la terziaria è calata (le sacre rappresentazioni, la predicazione, le laude , la devozione e la liturgia). 38 Allora, qualcuno potrebbe dire, perché indugiare ancora nella messa in risalto di questo rapporto fra Memoriale e iconografia? Anzitutto troviamo che le attribuzioni fatte sino ad ora circa il liber memorialis e le immagini, nella loro «lecita» dimensione di arbitrarietà, abbiano portato a deduzioni che andrebbero riviste, come vedremo. Noi vorremmo evidenziare soprattutto come gli affreschi della basilica inferiore, essendo pensati per l’accompagnamento dei pellegrini - e dunque soprattutto per gli illetterati - verso la tomba di san Francesco è possibile siano stati determinanti per la scelta angelana della sequela Christi, particolarmente per l’aspetto della scelta della povertà e per la compassione nei confronti della croce - caratteristico atteggiamento devozionale dell’epoca quello della compassione - da Angela approfonditi subito dopo la visita della basilica di Assisi e dei suoi affreschi, come informa lei stessa nell’autobiografia . Mutuando da Lina Bolzoni: « [alla categoria degli analfabeti] la Chiesa aveva dedicato una secolare attenzione, ravvisandovi il libro per chi non sa leggere, la predica senza parole ( muta praedicatio )». 39 È chiaro allora che, se anche possiamo dire questo nostro studio non basato su rapporti documentati - come del resto nel caso di tutte le attribuzioni fino ad ora fatte per Angela e le sue immagini, Vetrata degli angeli a parte -, l’arbitrarietà delle nostre supposizioni rimane, ma in percentuale limitata, e questo perché Angela si reca davvero ad Assisi prima che la sua esperienza mistica abbia inizio e dunque prima della stesura del suo testo. La folignate ascolta la messa in quella basilica (la basilica inferiore) e rimira quegli affreschi ancora oggi visibili (altro elemento importante). 40 Lo spoglio del catalogo 38 Elvio Lunghi: La passione degli umbri , passim. 39 Lina Bolzoni: Educare lo sguardo, controllare l’interiorità , p. 523, (il testo fra parentesi quadre è stato aggiunto da chi scrive). Per un approfondimento sulla questione con relativa bibliografia, cf. ibid., n. 10. 40 La storia della bibliografia relativa alla basilica di San Francesco in Assisi è sterminata. Mettersi all’opera anche solo nel tentativo di selezionare i più significativi lavori nel mare magnum di questi studi richiederebbe molto spazio e molto tempo. Per lo studio della basilica tutta, si potrebbe partire da Silvestro Nessi: La Basilica di S. Francesco in Assisi e la sua documentazione storica , Assisi: Cassa di Risparmio di Perugia, Sacro Convento di Assisi: Casa Editrice Francescana 1982, (2a edizione riveduta e aggiornata) 1994. L’opera Angela da Foligno e gli affreschi della basilica inferiore di San Francesco 73 della mostra Dal visibile all’indicibile , 41 dà un’idea di quali fossero le immagini della reclusa Angela (crocifissi, gruppi di pietà, croci astili, miniature, altaroli domestici), le immagini davanti alle quali molto probabilmente questa sosta in preghiera, nel suo «santuario privato», nel suo reclusorio adorno di immagini, in una specie di monastero «casalingo» le ore del quale sono scandite da rituali, dalla meditazione delle parole dei libri liturgici contenenti le formulazioni per la messa e dalle lunghe astinenze. 42 Ma le immagini di quel catalogo, sono in realtà immagini «simili» a quelle che Angela avrebbe potuto vedere e non iconografie viste di certo dalla Santa. In questa parte del saggio ci soffermeremo su ciò che Angela vede per davvero, come appunto il ciclo della basilica inferiore di Assisi attribuito al Maestro di san Francesco, risalente orientativamente al 1270. Anche per i pellegrini di Assisi valeva, crediamo, il concetto aristotelico dell’intelletto concepito come se fosse una tabula rasa. Altari, pulpiti e lettorini erano i palchetti dai quali i frati chiosavano gli affreschi della chiesa inferiore, accompagnati dai tituli del Memoriale in desiderio animae di Tommaso da Celano si rivela preziosa perché arricchita da buona bibliografia, per la quale si rimanda alle pp. 499-533. Nel nostro lavoro si è fatto riferimento inoltre a Elvio Lunghi: La Basilica di San Francesco di Assisi , Antella: Scala 2013; Beda Kleinschmidt: Die Basilika San Francesco in Assisi , 3 vol. 1915, Berlin: Verlag Für Kunstwissenschaft, vol. 1; Chiara Frugoni: Francesco e l’invenzione delle stimmate , ai fini di un inquadramento sommario del complesso costituito dalle due chiese. Dopodiché si è tenuto conto, per la basilica inferiore, di: Maria Andaloro: “Ancora una volta sull’Ytalia di Cimabue”, Arte Medievale , 2 (1984), 144-177; Pasquale Magro: Il sepolcro di san Francesco - La celebrazione del Santo negli affreschi della Basilica inferiore , Assisi: Casa editrice francescana 1982; Luciano Bellosi: Pietro Lorenzetti ad Assisi , Assisi: edizioni DACA 1982. Quanto alla basilica superiore, incentrato sull’atmosfera dei tempi della custodia di Elia presso la basilica di San Francesco: Elvio Lunghi: Il Crocefisso di Giunta Pisano e l’Icona del «Maestro di San Francesco» alla Porziuncola , Santa Maria degli Angeli: Edizioni Porziuncola 1995. Sempre sulla chiesa superiore, in relazione a Giotto, cf. recentemente Chiara Frugoni: Quale Francesco? - Il messaggio nascosto negli affreschi della Basilica superiore ad Assisi , Torino: Einaudi 2015. Per le vetrate abbiamo consultato: Padre Egidio Giusto: Le vetrate di San Francesco in Assisi , Milano: Alfieri e Lacroix 1911; Giuseppe Marchini: Corpus vitrearum Medii Aevi Italia , 4 vol., Roma: De Luca 1973, vol. 1; Le vetrate di S. Francesco in Assisi , Frank Martin e P. Gerherd Gruf edd., Perugia: Casa editrice francescana 1998; infine: BIVI - Banca Ipermediale delle Vetrate Italiane, http: / / www.icvbc.cnr.it/ bivi/ [ultimo accesso alla URL: luglio 2019] 41 Dal visibile all’indicibile . 42 «De sompniis et visionibus retulit unam de multis dicens: “Quadam vice, dum eram in carcere, in quo recluxeram me pro quadragesima maiori, et diligerem et meditarer in uno verbo Evangelii, quod verbum erat maxime dignationis et excessive dilectionis, dum ego eram iuxta unum librum, scilicet missale, et sitirem videre illud verbum saltem tantummodo scriptum; et, vix comprimens et cohercens me, timore superbie continuissem me ne dictum librum pre nimia siti et amore meis manibus aperirem, quodam sompno sopita, in ipsa desiderio obdormivi”». Ms A 3ra, Liber Lelle , p. 16. 74 Il «Memoriale» di Angela da Foligno e l'iconografia della basilica di Assisi - alcuni ancora leggibili, al di là delle lacune -, delineando e «dipingendo», per mezzo delle prediche, «la tabula della mente degli ascoltatori» 43 . Costruita su due livelli - quello inferiore in stile romanico, quello superiore in stile gotico -, la basilica di San Francesco è, come tutti sanno, la chiesa sepolcrale del Santo, ma pure rappresenta, cosa questa meno nota, la basilica caput et mater dell’Ordine francescano; è inoltre, in pari tempo, basilica gregoriana, chiesa speciale che papa Gregorio IX (il pontefice che canonizza san Francesco), definisce specialis ecclesia , speciale per statuto , perché posta sotto l'immediata giurisdizione della mano pontefice. Essendo questa la chiesa più decorata di tutto l'Occidente, va da sé come le raffigurazioni che ne fanno parte, siano dovute ad una commissione particolarmente curata, sia da parte dell'Ordine francescano, sia da parte della mano pontefice: in altri termini, la decorazione pittorica della basilica (sia di quella inferiore, sia di quella superiore), date queste premesse, diventa decorazione documentale. 44 La basilica inferiore ha avuto le sue traversie e all'ingresso di essa possiamo vedere subito le maggiori; per esempio, all’entrata, doveva esserci una sorta di porticato, ingresso questo al sepolcro di san Francesco che, oggi come allora, è presente al di sotto della chiesa inferiore (si rimanda alle riproduzioni della fig. 8). 45 Presumibilmente il primo ciclo pittorico riguardante san Francesco è quello visibile nella parete del muro sud della basilica inferiore (ciclo attribuito al Maestro di san Francesco). Prima di Giotto, a lavorare per la Basilica di Francesco, è il cosiddetto Maestro di san Francesco, un autore anonimo, nominato per la prima volta da Henry Thode; il Maestro sarebbe stato un pittore molto importante perché, prima di Giotto, dovette illustrare sulla parete sinistra della navata, a confronto con la vita di Cristo (dipinta sulla parete destra), la prima 43 Per gli affreschi del Camposanto di Pisa e il concetto aristotelico di tabula , si cita Lina Bolzoni: “Educare lo sguardo, controllare l’interiorità”, op. cit. In particolare si vedano le pp. 520-532. Per i tituli estrapolati dal Memoriale in desiderio animae , Milvia Bollati: La basilica e il sepolcro , in ead.: Gloriosus Franciscus , pp. 7-44. 44 « Il Papa fondatore del Santuario l’aveva insignito del titolo - finora applicato solo alla chiesa Lateranense di Roma - di “Capo e Madre dell’Ordine dei Minori”, per la presenza fisica e spirituale particolare di Francesco capo e madre dei francescani. È naturale, quindi, che le vicende - serene e meno serene - della famiglia francescana trovassero eco nel testo pittorico che avvolge - come in “stoffe preziose e panni di seta” (Specchio, 109) - il Corpo del Padre. Quasi per affidarle alla sua protezione e benedizione e, nello stesso tempo, registrarle nel colore onde condividerne conoscenza, ansie e speranze con il popolo, pellegrino al Santuario francescano». P. Pasquale Magro: Il Sepolcro di S. Francesco , p. 5. 45 Lo deduciamo per due ragioni: anzitutto, ancora oggi, si vedono tre ghiere da portale, e poi anche perché, nei piloni rimasti, e di qua e di là, si nota una spaccatura; tutto ciò avalla l’ipotesi che, in antico, dovesse esserci un muro, e di questo ne abbiamo sicurezza perché, nel 1968, quando venne rifatto il pavimento, si ritrovò giusto appunto un muro. Cf. Magro, op. cit. Angela da Foligno e gli affreschi della basilica inferiore di San Francesco 75 biografia di san Francesco, in pochi «capitoli». Attualmente la vita di Francesco è rappresentata da cinque scene purtroppo mutile. Oggi dunque la lettura di questa vita affrescata di san Francesco, essendoci questi ammanchi, non può che avvenire «per salti». Già l’Esser aveva sostenuto, studiando gli affreschi del nartece, 46 come i dipinti dell’androne, opera non del Maestro di san Francesco, ma del contemporaneo Maestro dei profeti avessero come finalità la rappresentazione della Gerusalemme celeste (fig. 9). L’idea della Gerusalemme sarebbe stata trasmessa ai pellegrini dell’epoca di sant’Angela da Foligno al termine del loro pellegrinaggio in basilica inferiore, subito prima che i pellegrini visitassero la tomba del Santo, per accedere alla quale si doveva scendere al piano sotterraneo. Per questa ragione si può parlare del ciclo murale della basilica inferiore alla stregua di una catechesi per immagini, culminante con l’approdo alla città celeste: guardando la vita esemplare di san Francesco (dipinta sul muro di sinistra) che aveva emulato Gesù Cristo (la vita del quale era rappresentata a destra), essi sarebbero approdati alla Gerusalemme celeste, alla vita eterna, rappresentata sia alla fine della parete destra sia alla fine di quella sinistra. Il programma iconografico di questi affreschi era dunque modellato secondo l’idea medievale dell’associazione di un significato morale alle cose lette, viste, ricordate. 47 Come possiamo vedere pure negli affreschi del Camposanto di Pisa, si tratta, nel caso di Assisi, di un ciclo pittorico di forte valenza narrativa «proposta a forti tinte al vasto pubblico […] perché ne traesse un insegnamento penitenziale». 48 Sia ad Assisi, sia a Pisa: «gli affreschi […] permettono di vedere il futuro eterno del giudizio divino, il presente eterno dei morti. Lo spettatore vi può dunque proiettare il suo presente e il suo passato, così da modificare il suo futuro». 49 La città celeste sarebbe stata rievocata, nella chiesa inferiore, non soltanto dagli affreschi delle due pareti, ma anche dall’assialità fra l’altare e la sotterranea tomba di san Francesco, che ancora si può vedere in esatta corrispondenza dell’altare, nella cripta sottostante. Una delle rappresentazioni pittoriche in cui era visibile la città celeste era l’affresco più prossimo all’altare (quello della campata fra la cantorìa dei Nepis e l’ingresso all’attuale Cappella di San Giovanni, commissionata da Napoleone Orsini), che mostrava Francesco a destra dell’attuale cantorìa, al posto della quale - secondo Esser -, ai tempi della decorazione era stata affrescata la gloria della Gerusalemme celeste. Una secon- 46 Saskia Esser: Die Ausmalung der Unterkirche von San Francesco in Assisi durch den Franzisukusmeister, Bonn: Rheinische Friedrich-Wilhelms-Universitat 1983. 47 Mary Carruthers: “Ricordati del paradiso - L’estetica della mneme ”, in Machina memorialis , pp. 91-181. 48 Lina Bolzoni: Educare lo sguardo, controllare l’interiorità , p. 534. 49 Ibid., p. 529. 76 Il «Memoriale» di Angela da Foligno e l'iconografia della basilica di Assisi da Gerusalemme celeste era rappresentata pure nella campata opposta, in cui Cristo appariva fra due angeli e alcuni profeti, ancora oggi visibili, in modo frammentario (fig. 9). Tutto questo in base alle informazioni della Vita secunda o Memoriale in dediderio animae di Tommaso da Celano, biografia che costituisce il punto d’appoggio dal quale sarebbero stati estrapolati i temi della committenza pittorica. Nel testo di Tommaso da Celano, leggiamo infatti dell’apparizione di san Francesco, ormai morto, a un frate orante. Nella visione, il Santo - che aveva stretto quel famoso patto con madonna Povertà - appariva adorno di una dalmatica di porpora, seguito da una frotta di persone che non compresero se si trattasse di Cristo o di san Francesco. Nel seguito della visione il poverello di Assisi si accingeva a raggiungere dapprima un giardino di delizie, ricolmo di erbe, fiori e alberi di ogni sorta, poi un bellissimo palazzo, in cui banchettava con dei commensali speciali: i suoi stessi frati. Proviamo a leggere il testo: Alteri fratri vitae laudabilis, tunc temporis orationi suspenso, nocte illa et hora, gloriosus pater purpurea dalmatica vestitus apparuit, quem turba hominum innumera sequebatur. A qua se plurimi sequestrantes, dixerunt ad fratrem: «Nonne hic est Christus, o frater? ». Et ille dicebat: «Ipse est». Alii vero iterum perquirebant dicentes: «Nonne hic est sanctus Franciscus? ». Frater ipsum esse similiter respondebat. Videbatur revera fratri et omnium turbae, quod Christi et beati Francisci una persona foret. Quod a sane intelligentibus nequaquam temerarium iudicatur, cum qui adhaeret Deo unus spiritus fit cum ipso, et ipse Deus omnia in omnibus sit futurus. Pervenit tandem beatus pater cum illa turba mirabili ad amoenissima loca, quae aquis irrigata praeliquidis omnium virebant graminum venustate, et florum decore vernantia, arborum omni delicioso genere replebantur. Erat ibi palatium magnitudinis mirae ac pulchritudinis singularis, quod alacriter intrans novus accola coeli, cum in eo fratres plurimos reperisset, supra mensam splendidissime praeparatam et variis refertam deliciis, coepit cum suis delectabiliter epulari. 50 Nella quarta campata destra (sempre nel nartece) si legge ancora un titulus , sebbene non decifrabile per intero: MICHAEL […] IN COELO. Andando al testo del celanese leggiamo infatti della devozione agli angeli da parte di Francesco e particolarmente della predilezione per l’arcangelo Michele, 51 un tema su cui insiste pure la Legenda maior di Bonaventura: 50 Thomas de Celano: Memoriale in desiderio animae (Vita Secunda Sancti Francisci) , CLXV, in Fontes franciscani , edd. Enrico Menestò, Stefano Brufani, Giuseppe Cremascoli et alii, Assisi: Porziuncola 1995 (da ora in poi Fontes ), pp. 441-639, alle pp. 634-635. 51 Milvia Bollati: “La basilica e il sepocro”, in Gloriosus Franciscus , di cui si vedano le pp. 31-37. Per la devozione agli angeli e a san Michele, cf. Thomas de Celano: Memoriale in desiderio animae , CXLIX, pp. 615-616. Angela da Foligno e gli affreschi della basilica inferiore di San Francesco 77 Angelicis spiritibus ardentibus igne mirifico ad excedendum in Deum et electorum animas inflammandas inseparabilis erat amoris vinculo cupulatus et ob devotionem ipsorum ab Assumptione Virginis gloriosae quadriginta diebus ieiunans orationi iugiter insistebat. Beato autem Michaeli archangelo, eo quod animarum repraesentandarum haberet officium, speciali erat amore devotior propter fervidum quem habebat zelum ad salutem omnium salvandorum. 52 Se Angela non è estranea al processo di memorizzazzione dei testi a mezzo della ruminazione, come vuole la Faes de Mottoni, 53 perché escludere che questa donna abbia incamerato il messaggio salvifico di questi affreschi presenti nella basilica inferiore? In altri termini anche Angela da Foligno non può essere stata indifferente ai significati sottesi agli ornamenti del ductus, del processo degli edifici, dalla loro stessa planimetria (nel caso dei cisterciensi comprensibili dai soli monaci edotti, come ci informa Carruthers), 54 se - come ha dimostrato Milvia Bollati - fra i destinatari delle allegorie (dei vari episodi scritturistici lì istoriati) delle vele, finalizzate a far ricordare importanti concetti per la salvezza dell’anima, vanno inclusi i pellegrini. 55 Angela da Foligno queste vele non le vede perché è gia morta a conclusione di esse (1315-1316), ma fra la morte della Santa e il completamento delle vele della basilica inferiore corrono appena quattro o cinque anni. Inoltre esse, dialogando con il programma del Maestro di san Francesco (da Angela visto) vanno concepite come inscindibili da esso in quanto, sia gli affreschi delle campate laterali, sia le vele sono adoperati per trasmettere ai pellegrini l’idea della via salutis. Quello che si vede nei due corpora iconografici (le vele e il programma della navata) è appunto il legame fortissimo tra la vita terrena della morte e la futura vita nei Cieli, resa attraverso la raffigurazione del Gloriosus Franciscus delle vele, rappresentato tenendo conto di altri testi, come quelli di Tommaso da Celano e come l’opera di Giacomo degli Oddi. 56 Se ci è concesso, si potrebbe qui affermare che la «dimensione mnemotecnica» della basilica inferiore, cui Angela non è estranea, traluce non soltanto dalla disposizione del programma della navata, in cui è visibile il raggiungimento della Gerusalemme celeste (da connettere all’interpretazione allegorica del Salmo 137, rappresentante, stando all’interpretazione data da Agostino nella Città 52 Bonaventura de Balneoregio: Legenda maior , IX, in Fontes , pp. 775-961, p. 855. 53 Barbara Faes de Mottoni: Gli angeli nel « Liber» , in Le dossier , pp. 185-202, p. 102: «Più accettabile e riconoscibile, almeno in filigrana, sembra, invece, la presenza del linguaggio scritturario, frutto forse più che di una consultazione diretta e di prima mano della Bibbia, di assimilazione e ruminazione di reminiscenza bibliche, veicolate, per esempio attraverso la predicazione». 54 Mary Carruthers: “Il ruolo del Tanernacolo”, in Machina memorialis , pp. 343-426. 55 Milvia Bollati: In paradiso con Francesco , in ead.: Gloriosus Franciscus , pp. 175-200, a p. 196. 56 Ibidem. 78 Il «Memoriale» di Angela da Foligno e l'iconografia della basilica di Assisi di Dio , un monito per ricordare Sion , ossia per ricordare il Paradiso ), 57 ma pure dalla vela in cui è rappresentata l’allegoria della Castità, ispirata proprio dalla Psicomachia di Prudenzio, 58 opera fondamentale per lo sviluppo dell’ energeia (la pittura mentale), a sua volta intessuta di voluti rimandi alle Scritture. Sempre sul concetto di Gerusalemme celeste non si può ignorare il messaggio profetico di Gioachino da Fiore (1145-1202), secondo il quale l’umanità deve predisporsi all’attesa della settima età, attraverso la quale avrà luogo la realizzazione sulla Terra della Gerusalemme celeste, 59 di cui Gioachino aveva parlato ricorrendo, a sua volta, a delle immagini e più precisamente a degli schemi, come ad esempio lo schema del dragone grande e rosso, ove l’immagine di un drago è accompagnata a un messaggio scritto strettamente connesso alla raffigurazione del dragone. 60 Tanto nel caso degli affreschi della basilica di Assisi quanto nelle immagini di Gioachino da Fiore, si può affermare che: «Quelle immagini rendono l’interpretazione del passato, e la profezia che ne deriva, chiare, convincenti, inoppugnabili; nello stesso tempo ricompongono il caos della storia entro forme che fanno percepire il rivelarsi dell’ordine divino, che fanno scorgere, sull’orizzonte, la Gerusalemme celeste». 61 Concludendo, Angela pellegrina in Assisi nel 1291; gli affreschi della navata - ricordiamo - hanno dietro di sé i brani del Memoriale in desiderio animae di Tommaso da Celano , più noto come Vita secunda S. Francisci , opera risalente a un periodo databile pressappoco intorno al 1246. 62 Angela ascolta la messa in basilica inferiore ed è certo il fatto che la donna vede questo ciclo pittorico riguardante la vita di san Francesco a specchio con la vita di Cristo, 63 ciclo, secondo l’idea qui sostenuta, leggibile di concerto con alcuni contenuti dell’opera diaristica da lei lasciataci. Ora, per fare un esempio, la spogliazione di Gesù Cristo sulla croce, posizionata subito all’ingresso della basilica inferiore (una posizione evidentemente d’effetto), posta proprio dirimpetto all’affresco della spogliazione di san Francesco davanti al padre - primo affresco a destra sulla navata nord - sarebbe da Angela «evocato» nell’ottavo passo preliminare del suo Memoriale , dove vediamo la folignate fare voto di perpetua castità. Nel fare questo voto, ella si denuda davanti alla croce, si denuda come quel Francesco rappresentato mentre si spoglia davanti al padre nella vita (fig. 10) e «davanti» a Gesù Cristo 57 Mary Carruthers: “Ricordati del Paradiso, l’estetica della mneme ”, pp. 103-113. 58 Milvia Bollati: In paradiso con Francesco , pp. 45-94, alle pp. 78-79. 59 Non ci dilunghiamo volutamente su Giachino da Fiore, né si indugia nel fornire bibliografia di riferimento. In questo scritto si tiene conto di quanto messo in luce da Lina Bolzoni: Alberi e altri schemi , pp. 117-121. 60 Ibid. 120. 61 Ibidem. 62 Cf. Milvia Bollati: Gloriosus Franciscus . 63 P. Pasquale Magro: Il sepolcro di san Francesco , pp. 13-14. Angela da Foligno e gli affreschi della basilica inferiore di San Francesco 79 (fig. 11), nella basilica inferiore; la Santa si denuda proprio nel momento in cui, da Assisi, fa ritorno nella cittadina nativa, subito dopo la visita della basilica. Poco dopo, nel nono passus prior , Angela afferma di aver conosciuto la via della croce e della povertà, per amore della quale si leva «i panni de capo». Secondo la nostra ipotesi allora, l’affresco della spogliazione di san Francesco davanti al padre, raffigurato nella parete sud della navata, avrebbe rappresentato una forza trainante, data l’influenza delle immagini sull’immaginario della mistica, nel far sì che la donna scegliesse la via salutis , la povertà evangelica, sulla falsariga di san Francesco denudatosi nella piazza del marcato di Assisi. Dalla nostra parte, ci sarebbe un’interpretazione di Kurt Ruh: Die via crucis ist bereits das entscheidende Leiwort des I. Kapitels des Memoriale , das den Anfang von Angelas geistlichem Leben in 20 Schritten zusammenfaßt. […] . Angela drückt das ganz konkret aus: sie entäußerte sich aller Kleider ( expoliavi me omnia vestimenta, 136, 68 f.). Es ist dies sicher im Hinblick auf Franziskus gesagt, der auf dem Marktplatz von Assisi seine Kleider auszog […]. 64 Nell’ Instructio XXVIII - se si segue la suddivisione del testo critico editato dai padri Thier e Calufetti -, la pseudo-Angela ammonisce i suoi discepoli affinché questi seguano tre tipi di povertà: quella delle cose temporali, quella degli amici, infine quella rappresentata dal pianto sulla nostra miseria e sul nostro peccato. 65 Il concetto è reso manifesto pure nel Memoriale - quindi non in una delle Instructiones di dubbia attribuzione -, particolarmente nel nono passo preliminare. La terziaria assiste alla morte, rispettivamente, della madre, del marito e dei figli, ed ecco iniziare per lei la via della croce, secondo l’adagio di san Girolamo «nudum Christum nudum sequi». 66 È proprio in questo luogo del testo che Angela dichiara di aver provato sollievo al momento della morte della madre, 64 Kurt Ruh: “Christus der Gekreuzigte in der Spiritualität der Angela von Foligno”, in Vita e spiritualità, pp. 313-319, a p. 314. Provando a tradurre: « La via crucis è la parola guida fondamentale del I capitolo del Memoriale, che riassume l’inizio della vita spirituale di Angela in 20 punti. […]. Angela lo esprime molto concretamente: si spoglia di tutti i vestiti (expoliavi me omnia vestimenta, 130, 68s.). Ciò è stato detto sicuramente con riferimento a Francesco, che si tolse i vestiti sulla piazza del mercato di Assisi […] ». Il riferimento al testo è dato dal Ruh in relazione all’ed. Their-Calufetti cf. Il Libro della Beata Angela da Foligno . 65 Ms A 33va, ed. Frezza, p. 232: «Et sunt tres paupertates quas habere debemus. Una est rerum temporalium […]. Alia paupertas est amicorum […]. Tertia paupertas que fuit in Christo est quia fuit pauper sui ipsius. Nam cum esset omnipotens voulit esse imbecillis, ut nos imitemur eum, non abscondendo potentiam quam non habemus, sed attente considerando et plorando defectum, vilitatem et miseriam nostram». Per la scelta della povertà in Angela, si vedano anche i seguenti passi del Memoriale: MsA 2va, ed Frezza, op. cit., p. 14; Ms A 19vb-20ra, ed. Frezza, p. 138; MsA 20 va-20vb, ed Frezza, p. 142. 66 Ms A 1vb-2ra, ed. Frezza, pp. 6-8. 80 Il «Memoriale» di Angela da Foligno e l'iconografia della basilica di Assisi così come pure allorquando le muoiono il marito e i figli - Angela stessa aveva pregato perché questi morissero. 67 Questo desiderio, bieco e abietto per noi, va contestualizzato rispetto ai tempi in cui, come per i casi di Umiliana dei Cerchi (1219-1246) e di Villana delle Botti (1332-1361), la famiglia è «territorio negato»; il matrimonio viene cioè fatto vedere, tramite le allora rinomate agiografie di Umiliana e di Villana, che si impongono sancendo lo status matrimoniale, nei termini di una forma di contaminazione e per l’uomo e per la donna. 68 Giova ricordare inoltre come la storia delle madri sante nella letteratura medievale fosse iniziata con due modelli, due paradigmi rispetto ai quali tutte le donne legate alla dimensione della santità avrebbero dovuto confrontarsi. La prima era stata santa Monica, madre di Agostino, la quale aveva partorito suo figlio due volte - la seconda quando era riuscita a convertirlo al cristianesimo - , dopodiché se ne era andata, morendo nella pace; il secondo modello, messoci davanti dai padri della Chiesa, era stato invece quello di Paola, della quale san Girolamo parla nell’ epitaphios logos. Paola aveva abbandonato i suoi figli e il suo passato per partire alla volta della Palestina; si era imbarcata spietatamente, incurante del suo piccolo che piangeva sul molo del porto. Insomma, la «disaffezione materna» - per usare la definizione di Anna Benvenuti -, il totale distacco dal mondo, così come pure la verginità, erano considerati corsie preferenziali per l’«accesso» alla santità. 69 Il racconto della passione nella chiesa inferiore iniziava con l’invito nudum Christum nudum sequi (perché, ricordiamo, davanti alla crocifissione c’era la spogliazione di san Francesco) , e allo stesso modo ha inizio il Memoriale, il cammino di Angela, e del resto, all’epoca, questo di seguire nudi il Cristo nudo sembra fosse una costante nel cammino dell’asceta. Come leggiamo in tre passi dell’autobiografia (Ms A 2va; 19vb-20ra; 20va-vb), Angela è avida di povertà, vorrebbe darsi al mendicamento e morire «de fame, de freddo, de nuditate e de vergogna», cose gradite a Dio perché la vera umiltà, è detto, si sostanzia di un unico desiderio: non possedere nulla per sé. Del resto Iddio ha fatto dono di un Figlio-uomo e uomo povero più di qualunque altro Santo e di qualunque altro mortale. Infatti è il ricordo dei mali inflitti al Cristo humanatus che la spingono al desiderio di far sì che le sofferenze di lei si moltiplichino. Se il Cristo spogliato, dirimpetto al Francesco diseredato del ciclo della basilica inferiore si sovrappone a questa scelta di Angela, secondo alcuni, anche l’affresco delle nozze mistiche di san Francesco con Madonna povertà potrebbe aver avuto 67 Ibid., p. 8. 68 Anna Benvenuti Papi: “Santità e quotidiano - La famiglia, territorio negato”, in In castro poeniteniae , pp. 171-203. 69 Alessandra Bartolomei Romagnoli: Santità e mistica femminile , pp. 3-66. Angela e l’iconografia della basilica superiore 81 la sua parte. 70 È l’ipotesi presente in certa bibliografia recente, senza alcun dubbio affascinante, ma da rivedere e questo perché la data della decorazione delle vele si colloca attorono al 1315-1316 e Angela, allora, è già morta da circa cinque anni. 71 Angela e l’iconografia della basilica superiore Angela da Foligno e la crocifissione di Cimabue Se gli affreschi della basilica inferiore spingono la folignate ad abbracciare la povertà, un affresco della basilica superiore, che Angela potrebbe aver visto, potrebbe essere alla base dell’atteggiamento di compassione lentamente maturato in lei, e soprattutto potrebbe essere stato ricordato dalla francescana allorché si mette a dettare la propria autobiografia. L’affresco a cui ci stiamo riferendo è la crocifissione di Cristo (fig. 12) sulla parete nord della basilica superiore, evocato forse nel quattordicesimo passo priore, in cui si invoca una morte più «ville» di quella di Cristo, la morte in una «ripa»: « […] Et rogavi Dominum quod faceret me totum sanguinem meum spargere propter amorem suum, sicut | fecerat ipse pro me spargere. Et disposui me propter amorem suum quod volebam quod omnia membra mea paterentur mortem, aliam a passione sua, scilicet magis vilem. Et cogitabam et desiderabam quod, si poteram invenire qui me occideret, dummodo liceret michi occidi propter fidem suam vel propter amorem suum, quod ego peterem ei quod faceret michi istam gratiam, scilicet quod, quia Christus fuit crucifixus in ligno, me crucifigeret in una ripa vel in uno vilissimo loco vel in una vilissima re. Et quia non eram digna mori sicut fuerant mortui sancti, faceret me mori magis viliter et cum longa morte. Et non poteram cogitare ita vilem mortem sicut ego desiderabam, immo multum dolebam quod non poteram invenire vilem mortem, in qua nullo modo similarer sanctis, quia eram omnino indigna». 72 70 «La tradizione vuole che Angela fosse benestante e avesse due poderi e che il migliore fosse il casalenum , cioè un fondo rustico coltivato, con annessa casa colonica. Dopo tutti questi lutti in famiglia Angela scelse di disfarsi di tutti i suoi beni per seguire nuda il Cristo nudo. L’adagio di san Girolamo, “seguire nudo il Cristo nudo” - nozione già presente negli Atti di Pilato, conosciuti come Vangelo apocrifo di Nicodemo (10, 2-4) - che tanta parte aveva avuto nel movimento eremitico dei secoli XI-XII, aveva trovato in Francesco d’Assisi un eccezionale interprete. L’immagine che più da vicino riesce ad esprimere il senso profondo della povertà francescana ritengo che sia lo sposalizio - o nozze mistiche - di s. Francesco con Madonna povertà, opera eseguita dal Maestro delle vele nella Basilica inferiore di S. Francesco in Assisi». Cf. Mario Sensi, “Gli spazi del Liber - Sette luoghi angelani”, in Dal visibile all’indicibile , p. 55. 71 Se Angela pellegrina ad Assisi, per la prima volta, nel 1291, la seconda lo fa in seguito al 1297, in base a come si rileva dalle Instructiones. 72 Ms A 2rb-2va, Liber Lelle , p. 12. 82 Il «Memoriale» di Angela da Foligno e l'iconografia della basilica di Assisi Non sembra un funambolismo attributivo pensare al fatto che, su questo passus , insista questa crocifissione della basilica superiore. Se si guarda al transetto destro della chiesa superiore, si può vedere il dipinto attribuito a Cimabue, realizzato attorno al 1283, quindi circa dieci anni prima della visita di Angela presso la basilica . Se la Santa afferma di voler morire in modo più indegno di Cristo, quale immagine più rappresentativa di quella in cui un san Pietro è crocifisso a testa in giù, tra due piramidi - che starebbero a simboleggiare Roma -, due piramidi che formano una voragine, uno scoscendimento? Non sembra una forzatura, pertanto, pensare a quest’immagine nei termini del fossato, della «ripa» di cui parla Angela. La vetrata degli angeli Per evitare equivoci, ricordiamo che all’epoca del pellegrinaggio di Angela da Foligno, la decorazione della basilica di Assisi si presentava ovviamente molto più povera rispetto ad oggi, sia per quanto riguarda le pitture, sia per quanto riguarda le vetrate. L’unica vetrata della basilica superiore vista dalla Santa è l’invetriata di Cristo che tiene contro il proprio petto san Francesco - altrimenti detta Vetrata della maternità spirituale di Cristo e della Vergine Maria (da Kleinschmidt detta Vetrata degli angeli , fig. 15). 73 Questa vetrata, attribuita al Maestro di San Francesco, presenta due soggetti: la Madonna che presenta alla cristianità il Cristo - dunque la Theotòkos ostensorio di Cristo - , e il Cristo che presenta il povero cristianissimo , san Francesco cioè (entrambe le figure sono sormontate da uno stuolo di angeli). Ci troviamo, in tal caso, di fronte ad un «manifesto» del tema francescano, secondo il quale Francesco sarebbe alter Christus . I manifesti sono, come è noto, sempre pensatissimi: il Maestro di san Francesco ce ne «stampa» uno non in un affresco, che è pittura, diciamo così, «arida», ma ce lo stampa in una vetrata, che è pittura «parlante», parlante per la tecnica con la quale è realizzata (la grisaglia), una tecnica modernissima per l’epoca, la quale creava delle iridiscenze multicolori sul pavimento. A proposito della visione dicevamo, la mistica, oltre che nella chiesa inferiore, entra nella basilica superiore nel corso del suo pellegrinaggio in Assisi. Entrata in chiesa è subito colpita dalla vetrata, che si anima: la donna grida, sembra un’ossessa, è scacciata in malo modo dalla chiesa, finanche il frater scriptor - lì con lei - finge di non conoscerla: 73 Cf. Jérôme Poulenc: “Saint François dans le vitrail des anges ”, Archivum Franciscanum Historicum , 76 (1983), 701-713; Mattia Zangari: “La Vetrata degli angeli e il Memoriale di Angela da Foligno (Parte I)”; Id.: “La Vetrata degli angeli e il Memoriale di Angela da Foligno - Un vetro, un diario e una bizzoca folignate (Parte II)”, Frate Francesco , 81 2 (2015), 437-474. Angela e l’iconografia della basilica superiore 83 Et tunc in predicta secunda vice, statim quando genuflexi in introitu ecclesie et vidi Sanctum Franciscum depictum in sinu Christi, dixit michi: “Ita te astrictam tenebo et multo plus quam possit considerari oculis corporis. Et modo est hora quod te, filia dulcis, templum meum, adimpleo quod dixi tibi, quia pro ista consolatione dimitto te, sed te non dimittam unquam si me diliges”. Et tunc quantumcumque esset | verbum amarum, tamen tunc in ipso verbo tantam dulcedinem sensi quod fuit valde dulcissimum. Et tunc respexi ut viderem etiam oculis corporis et mentis». Et cum ego frater hic quererem ab ea et dicerem “Quid vidisti? ”, ipsa respondit dicens: «Vidi rem plenam, maiestatem immensam quam nescio dicere. Sed videbatur michi quod erat Omne Bonum. Et multa verba dulcedinis dixit michi quando discessit et cum immensa suavitate, et plane discessit cum mora. Et tunc post discessum cepi stridere alta voce vel vociferari. Et sine aliqua verecundia stridebam clamando et dicebam istud verbum scilicet: “Amor, non cognitus, et quare, scilicet me dimittis? ”, sed non poteram vel non dicebam plus nisi quod clamabam sine verecundia predictum verbum scilicet: “Amor incognite, quare et quare et quare? ”. Tamen verbum predictum ita intercludebatur a voce quod non intelligebatur verbum. Et tunc me reliquit cum certitudine et sine dubio, quia ipse firmiter fuerat Deus. Et ego clamabam volens mori. Et dolor magnus erat michi quia non moriebar et remanebam. Et tunc omnes compages mee disiungebantur. 74 Al di là della reazione iniziale, che porta frate Arnaldo a distanziarsi dalla parente, una volta tornati da Assisi a Foligno, il frate avrebbe interrogato lungamente la mistica, nel tentativo di capire cosa avesse provato davanti alla Vetrata degli angeli . 75 La donna, come si legge nel testo sopra riportato, sostiene di aver visto Nostro Signore, quello dipinto sulla vetrata, animarsi improvvisamente. Contestualmente Egli le aveva detto - aggiunge Angela - che l’avrebbe tenuta stretta come il piccolo san Francesco che, come mostra bene la raffigurazione vitrea, Gesù Cristo trattiene fra le sue braccia: «Ti terrò stretta così e molto più di quanto tu stessa possa immaginare con gli occhi del corpo! » aveva affermato Nostro Signore nel rivolgersi alla mistica. Poi, d’improvviso, la visione era scomparsa, Cristo si era dileguato, e la donna aveva rumorosamente manifestato il suo disappunto perché avrebbe voluto continuare a fruire della dolcezza emanata dalla presenza di Gesù, ecco perché si era messa a schiamazzare, a urlare dimenandosi come una pazza. Confessione dopo confessione, mettendo insieme la carica spirituale di lei da un lato e la capacità di trascrizione di lui dall’altro, sarebbe sorto il Memoriale , un’autobiografia mistica che è anche un vademecum per chiunque sia alla ricerca di una mistica teologia capace di favorire l’incontro tra Dio e il verus fidelis prescindendo dalla precettistica scolastica. 74 Ms A 6ra-6rb, Liber Lelle , pp. 38-40. 75 Mattia Zangari: Il «Memoriale» di Angela da Foligno . 84 Il «Memoriale» di Angela da Foligno e l'iconografia della basilica di Assisi Angela interprete della teatralità francescana Angela allora, guardando alla sua reazione davanti alle immagini, alla sua follia d’amore nel rimirare Cristo povero, crocifisso, umanato e passionato, dinnanzi agli strepiti, alle grida, ai fervori che la portano a restare con il capo tumefatto, 76 si può dire abbia tutte le caratteristiche per essere definita interprete della passione, della passio Christi depicta, vibrante come i fili di uno strumento a corde. Questa teatralità, questo lirismo, non sono sconosciuti neppure allo stesso frate Francesco. A quel san Francesco, ad esempio, che nei momenti lirici raccatta due pezzi di legno e mima una sonata di violino. La fonte più autorevole in cui ritroviamo questo atto di «follia d’amore» in san Francesco è sempre la Vita secunda di Tommaso da Celano. Nella biografia, leggiamo, Francesco chiede a un frate - frate che, prima di lasciare il secolo, era stato citaredo - di improvvisare dei versi accompagnandosi con una cetra, o più probabilmente con un’arpa o con un liuto. L’identità del compagno di Francesco non è nota, benché siano stati proposti i nomi di frate Pacifico e di Angelo Tancredi, ma quello che interessa far notare è come il Santo, essendosi il citaredo rifiutato di arrangiare questi versi, la notte seguente, senta effettivamente suonare una cetra, sebbene non si veda alcun suonatore; fratello corpo prova «tanta soavità in quella melodia dolcissima», al punto che Francesco ha come l’impressione di essere passato in un altro mondo: Diebus quibus pro cura oculorum apud Reate manebat, vocavit unum de sociis qui fuerat in saeculo citharista, dicens: «Frater, filii saeculi huius divina non intelligunt sacramenta. Instrumenta quippe musica, divinis quondam laudibus deputata, in aurium voluptatem libido humana convertit. Vellem ergo, frater, ut secreto citharam mutatus afferres, qua versum honestum faciens fratri corpori doloribus pleno solatium aliquod dares». Cui respondit frater: «Verecundor non modicum, pater, timens ne levitate hac suspicientur homines me esse tentatum». Cui sanctus: «Dimittamus ergo, frater! bonum est multa dimittere, ne laedatur opinio». - Nocte sequenti, vigilante sancto viro et meditante de Deo, repente insonat cithara quaedam harmoniae mirabilis et suavissimae melodiae . Non videbatur aliquis, sed transitus et reditus citharoedi ipsa hinc inde auditus volubilitas innuebat. Spiritu denique in Deum directo , tanta in illo dulcisono carmine sanctus pater suavitate perfruitur, ut aliud se putet saeculum commutasse. Mane surgens sanctus vocat fratrem praedictum, et narrans ei cuncta per ordinem subdit: «Dominus qui consolatur afflictos, numquam me sine consolatione dimisit. Ecce enim, qui citharas hominum audire non potui, citharam saviorem audivi». 77 76 Liber Lelle , 77-78,1. 77 Thomas de Celano: Vita secunda , LXXXIX-XC, in Fontes , pp. 558-559. Angela interprete della teatralità francescana 85 Ed ecco, di seguito, il serafico padre Francesco suonare uno pseudoviolino: Nonnumquam vero talia faciebat. Dulcissima melodia spiritus intra ipsum ebulliens, exterius gallicum dabat sonum, et vena divini susurrii , quam auris eius suscipiebat furtive , gallicum erumpebat in iubilum. Lignum quandoque, ut oculis vidi, colligebat e terra, ipsumque sinistro brachio superponens arculum filo flexum tenebat e terra, ipsumque sinistro brachio superponens arculum filo flexum tenebat in dextera, quem quasi super viellam trahens per lignum, et ad hoc gestus repraesentans idoneos, gallice cantabat de Domino . Terminabantur tota haec tripudia frequenter in lacrimas, et in passionis Christi compassionem hic iubilus solvebatur. Inde hic sancuts continua trahebat suspiria, et ingeminatis gemitibus, inferiorum quae in manu erant oblitus, suspendebatur ad caelum. 78 Per completare il quadro, a proposito di queste reazioni passionali, vibranti, o addirittura «elettriche», così comuni alla spiritualità francescana, vorremmo segnalare come l’estasi angelana davanti alla vetrata potrebbe poi essere raffrontata con il famoso episodio in cui un compagno di san Francesco, come si legge nel capito XL degli Actus beati Francisci et sociorum eius , un frate che vive da eremita sul monte Subasio, a volte esce dalla grotta facendo «U» «U» «U», come il suono di un gufo. 79 Illi sancti socii p.n. Francisci, pauperes quidem rebus, divites autem Deo, non querebant in auro divites fieri vel argento, sed sollicitissime procurabant ditari sanctis virtutibus, quibus ad veras et eternas divitias pervenitur. Unde accidit quadam die quod fr. Masseus, unus de electis sociis s. patris, cum de Deo tam ipse quam socii loquerentur, unus eorum dixit quod erat quidam Dei amicus, qui magnam active vite et contemplative gratiam possidebat. Et cum hiis habebat profundissimum humilitatis abissum, qua se peccatorem maximum extimabat; que humilitas illum sanctificabat et confirmabat, et crescere in dictis donis continue faciebat; et, quod melius est, nunquam eum a Deo cadere permittebat. Que miranda ut fr. Masseus audivit et adverteret illum esse thesaurum vite et eterne salutis, tanto exarsit amore ad habendam dicte humilitatis virtutem, Dei amplexu dignissimam, quod in fervore magno ad celum elevans faciem, voto se strinxit firmissimo nunquam velle in isto mundo letari, donec humilitatem illam preclarissimam in anima sua sentiret adesse. Et hoc voto et s. proposito facto, stabat continue in cella reclusus, et coram Deo gemitibus inenarrabilibus continue se mactabat; quia videbatur sibi se esse hominem penitus dignum inferno, nisi ad illam humilitatem sanctissimam perveniret, qua ille amicus Dei, quem audierat, plenum virtutibus, inferiorem se omnibus reputabat, immo penitus se dignum extimabat inferno. Et dum sic tristis fr. Masseus per dies plurimos permansisset, in fame et siti 78 Ibid., p. 559. 79 Actus beati Francisci et sociorum eius , XL, in Fontes , pp. 2055-2219, alle pp. 2168-2169. 86 Il «Memoriale» di Angela da Foligno e l'iconografia della basilica di Assisi et multis lacrimis se mactando, accidit quod quadam die intravit in silvam; et eundo per ipsam, pro dicto desiderio vehementi emittebat luctuosos clamores et lacrimosa suspiria, postulando dictam virtutem a Deo sibi dari. Et quia Dominus sanat contritos corde et exaudit voces humilium, facta est sibi vox de celo, bis clamans: «Fr. Massee, fr. Massee! ». Qui per Spiritum sanctum Cristum benedictum esse cognoscens, respondit: «Domine mi, Domine mi! ». Et Dominus ad eum: «Quid vis dare, quid vis dare ad hanc gratiam possidendam? ». Et fr. Masseus respondit: «Domine mi, oculos capitis mei». Et Dominus ad eum: «Et ego volo quod oculos et gratiam habeas! ». Frater autem Masseus remansit in tanta gratia optate humilitatis et lumine Dei, quod continue erat in iubilo. Et sepe, quando orabat, faciebat quemdam iubilum uniformem, et voce obtusa faciebat, quasi columbus: «u.u.u.», ac facie ylari et iocunda contemplationi vacabat; et super hoc humilissimus factus, se cunctis hominibus minimum reputabat. Interrogavit ipsum fr. Iacobus de Fallerono, sancte memorie, quare versum non mutabat in iubilo. Qui respondit cum magna letitia: «Quia, cum in una re invenitur omne bonum, non oportet quod varietur versum». Deo gratias. 80 Giunti al termine di questa sintesi su Angela, se è vero che le immagini rappresentano un «vettore» delle verità eterne, 81 il fondamento del sapere mistico, 82 e se è vero che le donne mistiche medievali, informate dalla Biblia pauperum , pure vi apportano linfa nuova, 83 ecco uno spunto - ci auguriamo - , per provare a leggere l’autobiografia di Angela, in modo differente, alla luce cioè dell’influsso 80 Ibid., pp. 2055-2219, alle pp. 2168-69. 81 «La visione è quindi un segno, il cui significante, l’immagine, rinvia a un significato metafisico, al campo delle verità eterne. È per questo suo statuto conoscitivo che le immagini rivestono una funzione tanto importante nel sapere mistico, come anni fa già sottolineava Chiara Frugoni: fonte d’ispirazione per l’ascesi e la meditazione, ma anche mezzo per tradurre la propria esperienza, per poterla comunicare, terreno di incontro tra le mistiche e il loro pubblico». Cf. Alessandra Bartolomei Romagnoli: Il corpo dell’estasi - Il linguaggio delle immagini dal Medioevo al Barocco , in Donne nello Specchio dell’Altissimo , Assisi: Rete Beni Culturali Cappuccini Assisi 2014, p. 16. 82 «In realtà bisogna risalire almeno al Duecento per trovare le prime attestazioni di un nuovo tipo di sapere, mistico, appunto, che cerca di ritagliarsi uno spazio proprio nell’area di differenziazione dei discorsi. La sua ambizione più alta è quella di riconciliare il divorzio tra le parole e le cose come sono in sé, o in termini diversi, di ricucire la frattura tra il visibile e l’invisibile», ibid. p. 15. 83 «Poste ai margini della religione del Libro, spesso laiche, in maggioranza incolte, illicteratae , le donne religiose si nutrono di immagini e offrono una precisa e diretta testimonianza della funzione vitale dell’arte sacra quale Biblia pauperum , occasione privilegiata di formazione ed elevazione spirituale. Ma questo linguaggio, pur fortemente interiorizzato e vissuto, non viene assorbito passivamente. Le mistiche medioevali se ne riappropriano, e andando oltre l’eredità ricevuta, contribuiscono a una rifondazione dell’immaginario cristiano». Ibid. p. 17. Angela interprete della teatralità francescana 87 dell’iconografia delle maestranze della basilica di Assisi, che contribuiscono a far sì che, accanto all’influenza di testi e immagini, si venga delineando un’ulteriore componente, e cioè un forte teatralità, il coinvolgimento passionale caratterizzante l’esperienza delle mistiche francescane e non - si pensi a santa Margherita da Cortona (†1297), a santa Chiara da Montefalco (†1308) e più avanti a Maria Maddalena de’ Pazzi (†1607) 84 - e che era del resto già presente nel pazzo di Dio: Francesco d’Assisi. 84 Per tutte loro: Scrittrici mistiche italiane , Giovanni Pozzi e Claudio Leonardi edd., Genova: Marietti 1988. «Dum puella devotius oraret coram immagine»: la «Legenda» di Agnese da Montepulciano (1268-1317) tra fonti classiche e santità femminile europea In questo capitolo conclusivo proveremo a fare un’operazione articolata in due tempi: dapprima cercheremo di illustrare il testo della Legenda di Agnese di Montepulciano (1268? - 1317), per passare, successivamente, a una fase in cui vorremmo leggere questa stessa opera interrogandola attraverso la lista di motivi tradizionali che ricorrono sistematicamente all’interno delle vitae delle mistiche italiane e nordeuropee e che abbiamo già avuto modo di vedere nel primo capitolo. 1 L’autore del testo che ci accingiamo a prendere in esame (la Legenda beate Agnetis de Monte Policiano ) 2 è Raimondo da Capua 3 (1330? -1399), noto ai più 1 Romana Guarnieri: La Vita di Chiara da Montefalco e la pietà Brabantina del ’200 ; ead: Beghinismo d’oltralpe e bizzochismo italiano ; ead: Angela mistica europea ; ead: Pinzochere . Tutti questi contributi ora leggibili in ead: Donne e Chiesa tra mistica e istituzioni . Un po’ diversa, rispetto all’idea della Guarnieri, è l’idea di Antonella Degl’Innocenti: Antonella Degl’Innocenti: “Modelli di santità femminile fra XIII e XIV secolo”, in Santa Chiara da Montefalco monaca agostiniana , pp. 123-142. Sul tema delle affinità fra le mistiche europee, cf. Mattia Zangari: Il poema latino cinquecentesco sulla beata Colomba da Rieti , op. cit. 2 Su Agnese Segni da Montepulciano si segnalano gli studi che seguono: Anna Benvenuti Papi: “I frati e le donne”, in ead: In castro poenitentiae , pp. 247-259; ead: Topografia della santità femminile , ibid., pp. 100-117; Raimondo da Capua: Sant’Agnese da Montepulciano , Uga Boscaglia ed., Siena 1983; Timoteo Centi: “I due tempi della fondazione poliziana secondo la «Leggenda di s. Agnese»”, S. Caterina da Siena , 16 2 (1965), 12-17; id: “S. Agnese poliziana «sorella maggiore» di S. Caterina (appunti storico-biografici)”, Santa Caterina da Siena , 16 2 (1965), 17-23; R. Coulon: s.v. “Agnès de Montepulciano”, in Dictionnaire d’Histoire et de Geographie Ecclésiastique , 31 vol., Turnhout: Brepols 1924, vol. 2, voll. 983- 985; Guglielmo Di Agresti: “Agnese da Montepulciano”, in Bibliotheca Sanctorum , 12 voll., Pontificia Università Lateranense: Roma, 1961 vol. 1, coll. 375-81; Hermann Hefele: Die Bettelorden und das religiöse Volksleben Ober- und Mittelitalienienes im XIII. Jahrhundert , Leipzig-Berlin: Hildesheim 1910; Vincenzo Montini: S. Agnese Segni Vergine Poliziana dell’Ordine di S. Domenico - Leggenda del B. Raimondo da Capua tradotta dal latino e annotata , Pescia: Tip. Cipriani 1887; Lorenzo Sordini Mariani: Vita di S. Agnesa vergine da Montepulciano, Firenze: Bartolommeo Sermartelli 1606; Angelus Walz: Die heilige Agnes von Montepulciano, Dülmen: Laumann 1922. 3 Su Raimondo da Capua: Alexius W. Van Ree: “Raymond de Capoue - Élement biographiques”, Archivum Fratrum Praedicatorum , 33 (1963), 159-241; Hyacinthe-Marie Cormier: Le bienheureaux Raymond de Capoue , Roma: Imprimerie du Vatican 1889; Tomas Kaeppeli: Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Aevi , 3 vol., Roma: Istituto Storico Domenicano, 1970-1973, vol. 3, p. 288. 90 La «Legenda» di Agnese da Montepulciano perché autore della Legenda di Caterina da Siena, domenicano imcombenzato di oneri differenti nel corso della sua carriera ecclesiastica: oltre a essere rettore delle suore di Montepulciano, diventa Ministro generale dell’Ordine di obbedienza romana, fervente sostenitore dell’Osservanza. 4 Il capuano è scrittore fecondo e le sue opere più significative sono quelle di carattere agiografico, e cioè la Legenda sancte Catharine Senesis (messa a sistema fra il 1385 e il 1395) e la Vita della Santa poliziana appunto, conclusa verosimilmente nel 1366. 5 Anzitutto preme sottolineare come l’autore non abbia mai conosciuto Agnese, l’agiografo dichiara infatti di scrivere circa cinquant’anni dopo la morte della penitente, di conseguenza, per la stesura della legenda , egli si avvale della testimonianza di terzi, i quali, oltre ad aver conosciuto direttamente la Santa, hanno pure avuto modo di vederne i miracula ; la santità di Agnese non è attestata dalla sola testificatio dei testimoni (cinque consorelle della domenicana) 6 infatti il valore documentale di detta santità scaturisce pure dalle fonti escusse dal capuano, e cioè alcuni documenti notarili giurati appartenenti ai numerosi beneficiari dei miracoli. La trasmissione della vita di Agnese non è, informa Raimondo, sua personale iniziativa; esisteva già una legenda pregressa non pervenutaci, a detta del capuano troppo breve 7 ed evidentemente insufficiente (quanto a bellezza e contenuti) agli occhi dei poliziani, 8 i quali, morta Agnese, rivendicano subito il diritto di culto. Ci sia concessa, ai prodromi di questo lavoro, una breve prolusione atta a inquadrare il profilo di Agnese Poliziana, la Legenda della quale ha conosciuto solo quindici anni fa un’attenzione stricto sensu, almeno per quanto attiene al discorso sui testi, allorché Silvia Nocentini, una volta vagliati i testimoni rimasti, ne ha realizzato un’edizione critica. 9 Nata a Gracciano (frazione di Montepulciano), Agnese Segni incarna lo stereotipo della santa-bambina 10 , che fa ingresso nella casa poliziana delle cosiddette «suore del sacco» intorno ai 4 Raimundus Capuanus, Legenda beate Agnetis de Monte Policiano , ed. Silvia Nocentini, Firenze: SISMEL 2001, intr. p. IX-LXI, a p. IX, nn. 1-4. 5 Ibid., p. XII. 6 « […] sorores relatrices et informatrices mee […] », cf. Raimundus Capuanus: Legenda , p. 22, I, IX. 2; in I, XII. 22, Raimondo ribadisce ancora, per esempio, che ciò che scrive egli lo ha udito «saepius» dalle sue informatrici, cf. ibidem. 7 Ibidem, I, 14. 2 e III, 9. 11. 8 Raimundus Capuanus: Legenda , intr ., p. XIV. 9 Sul pregio dell’ed. Nocentini, si veda: Gabriella Zarri: “Santità femminile in transizione e modelli agiografici - Studi recenti”, in La donna nel Rinascimento meridionale , Marco Santoro ed., Atti del Convegno Internazionale 2009 di Roma, Pisa- Roma: Serra 2010, pp. 199-211, alle pp. 201-202. 10 Sullo stereotipo della Santa-bambina: Bambini santi - Rappresentazioni dell’infanzia e modelli agiografici , Anna Benvenuti Papi-Elena Giannarelli edd., Torino: Rosenberg & Sellier 1991. La «Legenda» di Agnese da Montepulciano 91 dieci anni d’età, per trasferirsi in seguito in un’altra casa di consacrate, quella di Proceno. Secondo le prescrizioni ricevute, nel 1306, ella fonda il monastero di Montepulciano (il monastero di Santa Maria Nuova), costruito in un luogo in cui, in passato, vi erano delle case di malaffare; in quello stesso posto, ancora bambina, Agnese aveva subito un’aggressione ad opera di alcuni demoni, che le si erano manifestati sotto le mentite spoglie di corvi assalitori 11 . In quel monastero, in cui sarebbe divenuta abadessa, la vergine sarebbe rimasta fino alla morte, sopraggiunta a seguito di una grave infermità. Nell’opera è indicato come il protagonista dell’intera vicenda non sia la penitente domenicana, bensì l’Onnipotente Dio, presentato come Padre buono costantemente presente nella vita della giovane, presente soprattutto attraverso le sue effusioni di dolcezza, che fanno continuamente capolino nel nostro testo, quasi come se Iddio (apparendo e scomparendo in continuazione), «giocasse» a fare il «mago», anzi l’impressione che si ha, nello scorrere le pagine dell’opera è proprio quella di essere immersi in una dimensione di «giuoco». Nel prosieguo di questo discorso, ritorneremo sull’etimologia del nome «Agnese», ma fin da subito vorremmo menzionare come, a torto, Raimondo faccia derivare Agnes da agnus, considerando quello il femminile di questo; non a caso, secondo il principio nomen-omen, lo stigma che caratterizza la Santa poliziana è la mansuetudine ed è proprio la mitezza a fare da anello di congiunzione fra Agnese e Cristo suo Sposo, l’Agnello mansueto. L’Agnello pasquale (Ex 12,8-10) è poi inquadrato allegoricamente: Agnese cioè, come vera sposa, si nutre di Lui e lo fa per mezzo di un assiduo lavoro «intellettuale», applicando cioè alla Parola la caratteristica tecnica della ruminatio spiritualis risalente alla retorica monastica. 12 Si vedano, a tal proposito i lemmi del prologo del secondo libro: «[…] vitam et actus (in riferimento all’Agnello) mentalibus dentibus masticando nostro debemus, ut ita dixerim, incorporare conceptui […] ». 13 Dicevamo della falsa etimologia del nome della poliziana: Agnes non deriva infatti da agnus, così come vorrebbe Raimondo, 14 bensì da Ἁγνή , basato sull'aggettivo ἁγνός ( hagnós ), ossia «puro». 15 I paralleli fra Cristo e la sua sposa si intensificano in un crescendo e poiché il divin Figlio ha ottenuto di operare signa, miracoli, la mistica non fa altro che compiere opera di avvocatura presso Dio, chiedendo soccorso per necessità spirituali e materiali di altre persone, senza mai chiedere nulla per sé (a parte 11 Raimundus Capuanus: Legenda , p. 7. 12 Per questo tema: Mary Carruthers: “«Ricordati del paradiso» - L’estetica della mneme ”, in ead: Machina memorialis , pp. 90-181, alle pp. 140-144. 13 Raimundus Capuanus: Legenda , p. 38, Prologus . 14 Ibid. , p. 3-4, Prologus . 15 Sulle false etimologie, Mary Carruthers: “Immagini cognitive, meditazione e ornamento”, in ead.: Machina memorialis , pp. 183-266, alle pp. 244-253. 92 La «Legenda» di Agnese da Montepulciano l’unione divina). I miracoli si intensificano a tal punto che, in ultima analisi, possiamo guardare alla Legenda beate Agnetis come a un’agiografia, in sostanza, miracolistica: la Santa di Gracciano materializza il pane, a più riprese, al fine di sfamare lei e le consorelle; 16 oppure, il tetto e l’interno della chiesa, in una particolare occasione, sono cosparsi di manna così come, contemporaneamente, di manna è asperso il suo mantello, il tutto davanti allo stupore dei presenti. 17 Passando ora alla descrizione della struttura della Legenda beate Agnetis , si fa notare che, osservando tanto il principio dell’ actus , quanto il principio dell’ abitus , essa si presenta tripartita, seguendo quindi lo schema di una simbolica perfezione. Abbiamo dunque un’opera articolantesi in tre libri (ciascuno corredato di un prologo e ciascuno, pressappoco, di medesima lunghezza): nel primo di essi è narrata la vita di Agnese dalla nascita fino ai quindici anni, età in cui assume il priorato nel convento di Castro Proceno; nel secondo ci si occupa dell’operato della domenicana a Montepulciano e si prosegue con la narrazione della vita fino alla morte; nell’ultimo sono invece elencati i miracoli post mortem. È proprio in quest’ultima parte che «Raimondo compie […] un lavoro di spoglio dei documenti notarili, che sono […] la sua fonte principale per questa parte, e presenta in larghissima misura miracoli di guarigione, di liberazione da pericoli imminenti, di conversione di peccatori». 18 Sempre a proposito di questi tre prologhi, si fa notare la presenza di un comun denominatore fra le tre parti introduttive; si diceva dell’equazione che l’agiografo realizza fra Agnese e l’ Agnus Dei , ed è proprio questo connubium fra Agnese e Agnello di Dio a dare forma al comune denominatore cui si accennava. 19 Volendo dare una descrizione più circostanziata dei tre prologhi, si può notare come nel primo la Santa è descritta in guisa di sponsa dell’Agnello, nel secondo alla stregua di exemplum (il lettore è invitato a far proprio il modello cristico di Agnese, «masticandone» l’esempio e la vita) , nell’ultimo, ci viene detto, essendo l ’ Agnus triumphator dell’Apocalisse - colui che scioglie i nodi dell’umanità -, parimenti, Agnese sua sposa potrà assolvere la stessa funzione di Lui; in soldoni il libro dell’ Apocalisse è da intendere come «figura» della nostra Legenda , di ben più bassa levatura. 20 L’ordine cronologico degli eventi della parabola esistenziale della suora domenicana è complessivamente rispettato nel corso della narrazione, che procede mettendo in piedi, così come accennavamo poc’anzi, continui confronti tra Agnese e i personaggi biblici, come pure numerosi richiami ad allegorie (sempre di carattere biblico-simbolico). Ad esempio, nel capitolo primo, la vergine 16 Per esempio si veda: Raimundus Capuanus: Legenda , I, 12.7, p. 29. 17 Ibid., I, 7, pp. 52-53. 18 Raimundus Capuanus: Legenda , intr., op. cit., p. XVII-XVIII. 19 Mutuo qui da Nocentini, ibid., p. XV. 20 Ibidem. La «Legenda» di Agnese da Montepulciano 93 di Gracciano va alla ricerca di una scala per ascendere a Cristo, volendolo lei abbracciare: Que cum consideraret inter Creatorem et creaturas, et maxime existentes in via, nimiam esse distantiam, cogitavit per illam scalam velle ad Deum ascendere, per quam Deus descendit ad homines et illo funiculo Altissimum trahere ad suam sibi faciem ostendendum qui eum traxit ad carnem propter nos assumendum. Per hanc scalam et hunc funiculum intelligo Virginem gloriosam, matrem Dei et hominis mediatricem inter Deum et homines, advocatam peccatorum, conservatricem iustorum ac dulce solatium perfectorum, Maria. 21 La simbologia della scala, apparsa in mentis excessu , come si ricorderà, risale al sogno di Giacobbe, e l’agiografo precisa come quella scala attraverso la quale arrivare a Dio, per Agnese, sia rappresentata dalla Vergine Maria, la Domina mundi , la Regina Coeli per mezzo della quale Cristo si è incarnato. 22 Il lessico si rifà a due fucine testuali, esso è cioè intessuto di richiami a due corpora della letteratura patristica: quello di Bernardo di Clairvaux e quello di Gregorio Magno. Se il motivo per il quale Raimondo attinge dal primo di essi va rinvenuto nella particolare devozione mariana dell’agiografo di Agnese (Raimondo è autore della sequenza Venrans Rosa) , 23 la ragione per la quale ci si richiama a Gregorio Magno, con così tanta insistenza, sta nella concezione relativa alla virtus , «[…] intesa non tanto come capacità di fare segni o miracoli, quanto di rendere possibile la conversione dei peccatori […] ». 24 Per quanto riguarda la finalità della redazione della Legenda di sant’Agnese, volendo qui sussumere, è già stato notato 25 come a monte del progetto dell’autore ci fosse la volontà di rafforzare, attraverso la produzione di sante laiche domenicane, il culto di Caterina da Siena (1347-1380). Pur correndo il rischio di far presente un dato «pleonastico», si ricorda che la promozione del culto di Caterina Benincasa per l’appunto domenicana, laica e stimmatizzata, sarebbe servita a incoraggiare il «progetto Caffarini», la volontà del professore di teologia Tommaso Caffarini da Siena (1350? -1434? ), progetto inteso sia a far sì che la Regola del Terz’Ordine domenicano fosse approvata, sia a fare in modo che la senese santa Caterina fosse canonizzata. 26 I «costoloni» di rinforzo alla «cu- 21 Ibid., pp. 19, I, 8. 3-4. 22 La comparsa della Madonna è meglio esplicitata in I, 8.7, cf. ibidem. 23 Sulla devozione di Raimondo da Capua a Maria Vergine, si rimanda sempre a Nocentini e alla sua introduzione all’ed. critica, Raimundus Capuanus: Legenda , p. XVII. 24 Ibidem. 25 Ibid., p. XVIII-XX. 26 Sulle finalità politiche della canonizzazione di Caterina da Siena, uno dei lavori più recenti a noi noti è la sintesi fatta da Concetta Bianca: Concetta Bianca: “Pio II e santa Caterina”, in «Virgo digna coelo» - Caterina e la sua eredità , Alessandra Bartolomei Romagnoli, 94 La «Legenda» di Agnese da Montepulciano pola» della devozione a Caterina Benincasa, dovevano essere rappresentati da altrettanti exempla di donne laiche legate alla predicazione domenicana, come si è già detto, ragion per cui l’officina agiografica domenicana del convento veneziano dei SS. Giovanni e Paolo risulta, a cavallo fra Tre e Quattrocento, particolarmente attiva. Questa «officina del racconto», per usare un’espressione di Angelo Marchese, si preoccupa perlopiù di diffondere due Vitae in particolare, e cioè quella di Vanna da Orvieto (1264-1306) e quella di Margherita da Città di Castello (1287? -1320), entrambe laiche e domenicane. In un certo senso la biografia della nostra Agnese resta a latere del sinassario delle Sante laiche domenicane previsto dal «progetto Caffarini» e le ragioni che ci consentono di arrivare a questa conclusione sarebbero sostanzialmente due: in primis essa non è copiata all’interno dei codici con i quali vengono trasmesse le agiografie di Vanna da Orvieto e di Margherita da Città di Castello, il che condanna il nostro testo a restare avvolto nell’ombra; 27 in secundis , la Legenda beate Agnetis pare destinata a un insuccesso di pubblico per via della sua stessa prolissità. 28 A proposito di questa eccessiva lunghezza del testo, si hanno buone ragioni per pensare che il Caffarini si fosse ripromesso, almeno inizialmente, di apportare all’opera dei tagli, cassandola quindi (così come era avvenuto per le Legendae di Vanna e di Margherita, inizialmente molto più estese, quanto a lunghezza, rispetto alla loro redazione definitiva); tant’è che il manoscritto di Bergamo, uno dei sei codici attraverso i quali ci è giunto il testo relativo alla poliziana, si presenta effettivamente in una veste più concisa, frutto di possibili tagli avvenuti intenzionalmente. 29 La congettura della Nocentini, che ipotizza una probabile volontà di diffusione del testo a cassazione avvenuta, sembra pertanto verisimile. Del resto la testura «domenicana» della Vita beate Agnetis è confermata dal fatto che, oltre all’emulazione del modello cristico, Raimondo pare voler assimilare quanto più possibile Agnese a san Domenico: la donna si sottopone infatti a un regime di vita asperrimo, dormendo sulla nuda terra e scegliendo per guanciale una pietra. 30 Luciano Cinelli, Pierantonio Piatti edd., Città del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana 2013, pp. 153-161. 27 Raimundus Capuanus: Legenda , intr ., p. XIX. 28 Ibid., p. XX. 29 Per il ms. di Bergamo (indicato nell’edizione critica di riferimento con la lettera B), si rimanda a Prolegomena, in Raimundus Capuanus: Legenda , pp. XXXIII-LVIII, p. XXIII. I mss. della Legenda beate Agnetis sono così indicati dalla Nocentini: B=Bergamo, Archivio Capitolare; D=Roma, Archivio Generale Ordinis Praedicatorum; M=Montepulciano, Curia Vescovile; P=Pisa, Biblioteca Cateriniana del Seminario Arcivescovile; R=Roma, Archivio di Stato, Biblioteca dei Manoscritti; S=Siena, Biblioteca Comunale. Cfr. ibid., pp. XXXV-XXXIX. 30 Ibid., I, 7. 3, p. 15. Note linguistiche e indicatori di un classicismo «velato» nella «Legenda beate Agnetis» 95 Note linguistiche e indicatori di un classicismo «velato» nella «Legenda beate Agnetis» L’analisi lessicografica e quella stilistico-retorica di questo nostro «liberzolo» si rivelano di grande importanza per la comprensione di alcuni contenuti trasmessi dall’agiografo, talvolta, velatamente. Procediamo per esempi. Abbiamo detto che ciascuno dei tre libri in cui è articolata la Leggenda di sant’Agnese è introdotto da un prologo innervato sul linguaggio sponsale del Canticum canticorum ; da un punto di vista contenutistico, la prolusione al primo libro descrive come la scelta di Cristo di condurre in sposa Agnese, introducendola nella cella vinaria, avrebbe rappresentato un medium affinché venisse condotto a noi, maculates e turpi , il verbum dell’innocenza e della purezza, affinché fossimo connessi alla stessa fonte di ogni grazia e purezza: Agnus ille immaculatus et innocens, qui de immaculata Virgine sine macula conceptus et natus, nostras maculas sue mortis immaculato sacrificio delere decrevit, cuius delicie sunt cum filiis et filiabus hominum similibus sibi, immaculatas agnas sponsas sibi ab eterno elegit introducendas in suam cellam vinariam, ut ibi gustantes eius dulcedinem, a maculis omnibus expurgate, nobis maculatis et turpibus verbum puritatis et innocentie eructarent, sicque, earum munditiam quasi visibiliter speculantes, ipsum invisibilem fontem puritatis et gratie, per ea que coram nostris oculis facta sunt, intellectu conspiceremus. 31 In apertura vediamo subito una contrapposizione fra «macula» da un lato e «immaculata» e «immaculatus» dall’altra, dove il termine «immaculatus» è riferito al Figlio redentore che, col suo immacolato sacrificio, ha cancellato le maculae dell’umanità. Il campo semantico della luce riveste, all’interno della nostra storia, un ruolo centrale: non solo infatti Agnese, come avremo modo di vedere più da vicino, è paragonata a un’ardente lucerna, 32 ma pure sul piano retorico la raffinatezza del linguaggio di Raimondo pare voler porre in rilievo questa associazione fra la Santa e la luce. Anche in questo caso diamo un esempio: Laus, inquam, quam pura virginitas, fervens caritas et signorum ac maturitas, totius vite snctitatis, mortis iocunda claritas et signorum ac miraculorum radiosa luciditas ei gloriose ac decorabiliter divinitus prestitere; nec cessat adhuc divina clementia quin cotidie invocantibus eam tam pie quam largiter auxiliando succurrat. 33 31 Ibid., I, Prologus, p. 3. 32 Ibid., I 5. 1. 33 Ibid., I, Prologus , p. 4. 96 La «Legenda» di Agnese da Montepulciano Il passo contiene un’aretalogia: sono infatti elencate otto virtù, con aggettivazione o complemento di specificazione, le quali culminano nella «signorum ac miraculorum radiosa luciditas», cioè nel raggiante splendore di segni e miracoli. Vorremmo precisare un fatto: di tutte le virtù qui elencate, la «morum onestas» e la «prudentie maturitas» richiamano le aretalogie classiche, le quali forse «scorrono» nel flusso delle fonti di Raimondo da Capua, e si pensi, a questo proposito, a quelle inserite nelle biografie di Cornelio Nepote 34 o allo stesso concetto ciceroniano di maturitas (ci si riferisce cioè alla perfezione). 35 Sempre di ascendenza classica sono le metafore culinarie, quelle della dolcezza e l’aggettivazione correlata al concetto di ira, a cui l’autore, di volta in volta, fa ricorso. All’inizio del testo il domenicano invita il suo lettore ad assaporare quanto è scritto poiché molti sono gli omissa , le omissioni rispetto a molte cose: «Quapropter de multis pauca nunc recipe et ad saporem istorum quam sapida omissa fuerint percipe, illique laudes referas et gloriam et honorem a quo omnis sapor bonitatis conceditur, qui trinus et unus in trinitate est benedictus in secula seculorum. Amen.». 36 In Cicerone, sporadicamente, si trova «homo sine sapore», 37 ma l’espressione di questi ha un significato completamente differente, volendo indicare l’«uomo inetto», colui che non comunica vivacità di ingegno. La metafora della dolcezza affiora fin dalla descrizione della primissima infanzia di Agnese da Montepulciano, mite al punto di attirare «dulci ad se dilectione» la sua stessa maestra in convento: «Cumque esset sub cura et magisterio cuiusdam sororis tradita, que Margarita vocabatur, tanta erat obedientie eius et humilitatis dulcedo, quod magistram suam dulci ad se dilectione trahebat et de tantis virtutibus in admirationem ducebat». 38 Quasi scontato sembra segnalare 34 III Arist. 1, 2 : «quamquam enim adeo excellebat Aristides abstinentia [nel senso di “scrupolosa onestà”] , ut unus post hominum memoriam, quem quidem nos audierimus, cognomine lustus est appellatus»; IV Paus. 1, 1 : «virtutibus eluxit»; VII Alcib. 1, 3 : «laboriosus, patiens, liberalis, splendibus […] , affabilis, blandus» ; VIII Temist. 1, 1. 2 : «si per se virtus sine fortuna ponderanda est, dubito an hunc primum omnium ponam. Illud sine dubio: neminem huic praefero fide, constantia, magnitudine animi, in patriam amore» ; XV Espam. 3, 1. 2 «Erat enim modestus [ = moderato] , prudens, gravis [ = autorevole] , temporibus sapienter utens […] animo maximo, adeo veritatis diligens ut ne ioco quidem mentiretur. Idem continens, clemens patiensque admirandum in modum, non solum populi sed etiam amicorum ferens iniurias » ; XIX Phoc. 1. 1 : «multus eius notior integritas vitae […] ex quo cognomina Bonus est appellatus» ; Att . 3. 3 : «hoc speciem prudentiae». 35 Sulla maturitas , si veda per esempio Cael . 76 36 Raimundus Capuanus: Legenda , I Prologus, pp. 5-6. 37 Post red. 14. 38 Raimundus Capuanus: Legenda , I, 2. 2, p. 8. Note linguistiche e indicatori di un classicismo «velato» nella «Legenda beate Agnetis» 97 quanto fitto sia il ricorso di «dulcis» nei classici, ma lì ricorrente nel linguaggio amoroso e in quello relativo all’amicizia: Plinio, Cicerone, Orazio. 39 L’ultimo contesto dai toni, diciamo così, classicheggianti, ricorre nel momento in cui il biografo sottolinea l’inaspettata guarigione spirituale di persone infestate da «demoni superbi e turgidi», riportando espressioni di stupore: Mira res et nostris stupenda temporibus! Statim quod ancilla Christi dictum castrum intravit, demon ille suberbus et turgidus, qui paulo ante nullum et nullius verbum videbatur curare, tante sanctitatis vim ferre non valens, cepit corpus obsessi huc illucque divertere et per novos actus violentiam a sancta virgine factam ostendere. 40 Rinveniamo «turgidus» sia nel latino tardo di Ammiano Marcellino, sia in Apuleio per esempio, col significato rispettivamente di «gonfio di sé» 41 e di «ribollente d’ira». 42 Come si faceva notare precedentemente, le conoscenze bibliche ed evangeliche del lettore sono costantemente stimolate oltre che richiamate: O lector, hec narrata, obsecro, ne nimis cito pertranseas, sed attende et vide si aliquid antiquorum miraculorum hic renovatum inveneris et certe, si recte consideraveris, videbis Agnetem virginem imitatam fuisse, in uno et eodem miraculo tibi primitus recitato, Eliseum pariter Eliam, alterum quidem in olei augmentatione, alterum vero in eius conservatione. 43 Se inesausto appare il richiamo a dette conoscenze bibliche, sottaciuto è invece il legame con i testi classici, i quali però sembrano realmente sottostare allo stile del capuano, dotto frate dell’Ordine dei predicatori di San Domenico, evidentemente attento alle sottigliezze stilistiche, ragion per cui il testo, al di là del mancato successo, sembra essere stato concepito col controllo formale di chi mette a punto un piccolo capolavoro. Alla luce di questo aveva un senso allora provare a misurare la testura della Leggenda di Agnese Poliziana con lo scandaglio di un’analisi che valicasse il contesto «istituzionale» della nostra penitente, unico contesto cui gli studi hanno guardato fino a pochissimo tempo fa. 39 Plinio Ep . 2, 5, 12, ma pure Cicerone, Att . 6, 2, 3: «dulcissime Attice» ; Orazio, Odi 1, 9, 4: « […] dulce ridentem Lalagen amabo, / dulce loquentem». 40 Raimundus Capuanus: Legenda , I, 11. 7, p. 26. 41 14, 1, 2. 42 Metam . 9,11. 43 Raimundus Capuanus: Legenda , I, 12. 19, p. 31. 98 La «Legenda» di Agnese da Montepulciano La «Legenda» di Agnese da Montepulciano e i «tòpoi» di una santità femminile europea In apertura si è fatto riferimento a quanto Guarnieri, fra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, afferma a proposito di tratti caratteristici, «segni particolari» comuni a una schiera di donne europee tardomedievali, gruppo al quale la studiosa ricollega mistiche, monache e penitenti, sia italiane, sia nordeuropee. 44 Come abbiamo avuto modo di vedere nel primo capitolo, la Guarnieri congettura ragionevolmente un fatto: i laboratori agiografici degli Ordini mendicanti, attivi in Europa e nell’Italia centrale, mettono a punto delle agiografie, diciamo così «di propaganda», propaganda di carattere diverso (abbiamo visto qui il caso del testo agiografico di Caterina da Siena, «irrobustito» dai testi relativi a Vanna e a Margherita), e indipendentemente dall’impronta trasmessa alle agiografie femminili da parte degli Ordini che dirigono gli scriptoria (domenicani, cisterciensi, francescani). Questi (anche se legati a Ordini diversi), entrano in contatto, interagiscono, «parlano fra loro» come ha notato Anna Benvenuti. 45 Ci limitiamo a far presente come, a nostro giudizio, uno dei primi agiografi a doversi porre il problema di descrivere più sante donne, tutte nel giro di una quindicina d’anni e per di più su commissione, è il domenicano Tommaso di Cantimpré (1200? -1270? ). Tommaso, con la stesura delle Vitae matrum, le biografie di quattro sante donne appartenenti alla diocesi di Liegi, fra il 1230 e il 1248, deve cioè costruire dei modelli di santità di donna che culmineranno con la stesura della Vita di Santa Lutgarda d’Aywières (†1246), sua mater spiritualis ; l’agiografia di santa Lutgarda non si configura semplicemente in guisa di ritratto «a penna» di questa monaca cisterciense, essa rappresenta assai di più: in base a quanto ingiuntogli dall’abadessa del monastero in cui Lutgarda è vissuta, seguendo le prescrizioni delle correnti clericali e le suggestioni apocalittiche del tempo, santa Lutgarda diventa, con l’agiografia di Tommaso, lo speculum in cui tutte le monache del Brabante (eccessivamente rilassate nei costumi) debbono specchiarsi, conformandovisi. Se Guarnieri, pur con una griglia appena abbozzata, individuava come caratteristiche ricorrenti i carismi, i fenomeni estatici, il dono della profezia e altri tratti comuni a queste donne, si possono forse individuare motivi tradizionali aggiuntivi, puntualmente riproposti dai biografi. La tabella qui in basso dà modo di vedere, con un solo colpo d’occhio, buona parte dei tòpoi individuati dalla studiosa e una parte (le celle qui in grigio) di quelli che, a nostro avviso, possono essere rintracciati sempre come parte di questi motivi tradizionali. Nella tabella 44 Supra . 45 Anna Benvenuti: “AAA - Angela da Foligno cercasi”, in Le dossier , pp. 395-398, a p. 398. La «Legenda» di Agnese da Montepulciano e i «tòpoi» di una santità femminile europea 99 sono presi in considerazione i casi di Lutgarda (monaca cisterciense, oggetto della descrizione di un agiografo domenicano), quelli di due laiche francescane (Margherita da Cortona e Angela da Foligno), e infine il caso di santa Chiara da Montefalco (monaca agostiniana legata, soprattutto agli inizi della sua esperienza di reclusione volontaria, alla direzione spirituale dei frati minori di San Francesco). Lutgarda d’Aywières (1182-- 1246) Margherita da Cortona (1247-- 1297) Angela da Foligno (1248 - 1309) Chiara da Montefalco (1268-- 1308) Carismi X X X X Significato politico del personaggio X X X X Temi devozionali (spargimento del sangue, devozione alla trinità, alla Madonna, alla passione tutta) X X X X Ascesi individuale severissima X X X X L’«accompagno dei morti» X Influenza trovadorica X X X Ciascuna si sente specialis sponsa Christi X X X X Gridi X X X Giubili (danze e battiti di mani) X X Rapporto fra agiografia e autoagiografia X X X X Rapporto parola-immagine X X X X Scambio dei cuori X X X X Mnemotecnica X X X Culto delle Reliquie X X X 100 La «Legenda» di Agnese da Montepulciano Mossi dalla convinzione che la griglia delle mistiche europee, chiamiamola così, arrida non soltanto ad agiografie di grossa portata quali quelle delle mistiche i cui nomi figurano nella prima riga della tabella, cercheremo di far vedere, in questa parte del capitolo, come la griglia «funziona» pure se applicata a mistiche meno note, come nel caso della nostra Agnese. Per ovvie ragioni i termini di paragone del discorso saranno due: il primo è, per l’appunto la Vita di Agnese Poliziana, il secondo la Vita di santa Lutgarda. La ragione per cui si opta per la biografia di Lutgarda piuttosto che per un’altra è estremamente semplice: già all’interno di questa agiografia, Tommaso fa ricorso a buona parte dei tratti caratteristici che affioreranno nelle biografie dei suoi continuatori (i suoi «colleghi» agiografi), quindi - come dire? - con la Vita di santa Lutgarda possiamo dire di essere già in presenza di uno schema definito, di un «canovaccio» prestabilito a cui i biografi successivi cercheranno di attenersi. Cominciamo col dire che le affinità fra la leggenda di Agnese e quella di Lutgarda paiono essere di tre tipi, risaltano cioè soprattutto affinità strutturali, tematiche e somiglianze legate al modo in cui prendono forma le visioni delle due mistiche (spesso esse prendono forma a partire da un’immagine, da un’iconografia). Per quanto attiene alle somiglianze di carattere strutturale, per esempio, come nella Legenda beate Agnetis , nella Vita della belga Lutgarda rinveniamo una storia ripartita in tre libri, ciascuno dei quali, informa Tommaso di Cantimpré, corrisponde ai tre gradi del direttorio ascetico, vale a dire la vita incohans, quella proficiens e quella perfecta . 46 L’altra tangenza relativa alla struttura dell’opera del brabantino rispetto a quella del capuano riguarda il valore documentale dei testimoni interpellati. Senza entrare nei dettagli, diciamo solo che anche nel «caso Lutgarda» le testimoni fededegne, familiarissimae eius (molto intime di Lutgarda cioè, così come del resto lo stesso frate Tommaso), sulle quali si basa la prova della santità della monaca di Aywières, sono (dice l’agiografo di Bellingen) due sociae , due compagne della cisterciense: Elisabetta de Wans e Sibilla de Gagis. 47 46 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis : p. 234: «Tribus libris opus omne distinguens; secundum triplicem statum in anima, inchoantium, proficientium, et perfectorum». La prima stesura della Vita (1248) è sottoposta a un rimaneggiamento avvenuto ad opera di Bernardo, confratello di Tommaso e penitenziere di Innocenzo III (†1254). Il rimaneggiamento è funzionale all’impostazione storiografica del testo poiché Bernardo, testimone del «caso Lutgarda», integra il contenuto dell’agiografia con la sua stessa testimonianza. Per le traduzioni in fiammingo: Johannes Bormans: Het Leven van Sinte Lutgardi ; Jozef van Mierlo: Willelm van Sinte Lutgart ; Guido Hendrix: Ontmoetingen met Lutgart van Tongeren ; Erwing Mantingh: Een monnik meeten rol ; Barbara Newmann: The collected Saints’Lives . 47 Sul valore della testimonianza nella Vita Lutgardis : Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , Prologus, p. 234. La «Legenda» di Agnese da Montepulciano e i «tòpoi» di una santità femminile europea 101 Ci concentreremo ora a illustrare le affinità tematiche. Nell’insieme delle affinità relative a temi e motivi, è possibile, forse, rintracciare cinque sottoinsiemi differenti: il sottoinsieme delle visioni della Madonna; quello in cui ricorre il ruolo della Poliziana in veste di esorcista; la sottoclasse degli episodi che richiamano i contesti della letteratura cortese; l’immagine di Agnese come doppio di un’altra Santa di nome Agnese, ovvero la nobile romana (290? -305? ) martirizzata sotto Diocleziano; il digiuno praticato per espiare i peccati dei nemici della Chiesa e della cristianità. Nel displuvio delle visioni delle mistiche tardomedievali, Caroline Bynum distingue due tipi differenti di apparizioni: quelle in cui la divinità richiede sacrifici corporali e quelle in cui sono richieste oblazioni spirituali; tra le seconde fanno capolino contesti (se ci è permesso dire così) un po’ naïf , in cui Gesù Cristo (o lo stesso Dio) richiedono di sacrificare in toto la propria persona. 48 È il caso di Adelheit von Fraunberg, di cui si ha notizia nel Nonnenbuch di Tüss, alla quale sono richieste mortificazioni che spingeranno la monaca a far sì che il suo velo sia utilizzato come pannolino di Gesù Bambino, a desiderare che le sue vene siano intessute per realizzare un grembiule infantile per Lui, a volere che il suo sangue sia preso in prestito in modo tale da preparare il Suo bagnetto. 49 Questo secondo corpus di visioni, in cui Gesù può finanche apparire in mezzo a cespi di cavolo e orinali, è quello al quale possono essere ricollegate le visioni di Agnese da Montepulciano. Nella prima parte del primo libro, si verifica la prima apparizione della Vergine a sant’Agnese 50 : la Madonna le consegna tre pietruzze, simbolo della Trinità, e ingiunge alla veggente di edificare una chiesa in suo onore. Ci interessa soprattutto far notare come il pregiudizio sulla presunta assenza della Vergine nelle visioni delle donne e degli scritti tardomedievali, alla luce di questo, può forse essere smentito, 51 anche perché la Madonna appare pure alla più anziana Lutgarda: Accidit ergo nocte quadam, ut dum in Cantico, Te Deum laudamus, versum illum, Tu ad liberandum suscepturus hominem, non horruisti Virginis uterum, diceret; ei beatissima Virgo Maria, quasi congratulans appareret: intellexitque versum istum beatissimæ Virgini fore gratissimum, per quem memoratur suscepisse Dei filium. Hoc ergo mihi ipsamet sicut filio dilecto revelans; admonuit, ut quoties versum istum dicerem, me toto corpore ad laudem gloriosæ Virginis inclinarem. 52 48 Caroline Walker Bynum: Formen weiblicher Frömmigkeit im spatern Mittelalter , pp. 118- 129. 49 Per tutte queste informazioni, cf. ibid. 50 Raimundus Capuanus: Legenda , I, 4. 1-5, p. 12. 51 Sul rapporto Maria-donne medievali, si tenga presente: Alessandra Bartolomei Romagnoli: L’immagine di Maria negli scritti delle donne medioevali , pp. 491-519. 52 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , II, 32, p. 250. 102 La «Legenda» di Agnese da Montepulciano Nel corso della notte, racconta Lutgarda a Tommaso quindi, la santa Vergine le compare facendole un gesto di riverenza, quasi congratulans apparet . Agnese è anche esorcista si è già detto; le viene chiesto di recarsi in casa di un ossesso affinché il demone tormentatore possa essere scacciato dall’anima del povero indemoniato. Il diavolo, allorquando viene a conoscenza dell’arrivo della Santa in casa del posseduto esclama: «Stare non possum quia Agnes virgo intravit». 53 Anche Lutgarda è notissima per via della sua capacità di esorcizzare, 54 addirittura «sputando» contro i demoni. 55 Se Lutgarda, su richiesta della Vergine Maria, intraprende un digiuno di sette anni per scongiurare il pericolo degli eretici Albigesi, 56 Agnese, parimenti, compie digiuni e astinenze durissime, «adducendo la ragione che a un nemico, sempre pronto a tradirci, non si deve lasciar quartiere». 57 Entrambe le Sante invocano luce intellettuale per capire quale debba essere il luogo definitivo in cui stanziarsi (nel caso di Lutgarda il monastero cisterciense di Aywières, 58 nel caso della poliziana il monastero di Montepulciano); 59 ambedue le agiografie sembrano essere la risultante di una miscellanea di fonti, di un incastro di generi letterari - segnatamente quello biografico e quello della letteratura 53 Raimundus Capuanus: Legenda , I, 11. 8, p. 27. 54 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis : III, 1. 15, pp. 246-247. In questo luogo del testo, ad esempio, rinveniamo la pia Lutgarda scacciare i demoni che tormentano una consorella agonizzante. 55 Raimundus Capuanus: Vita Lutgardis , III, 1. 16, p. 247. 56 «Imminente peste gravissima Albigensium haereticorum beatissima Virgo Maria apparuit ei vultu lugubri, et facie denigrata. Cui in visione compassa Lutgardis, cum magno rugito cordis et vocis quaesivit ab ea: quid habes, inquit, o piissima Domina, ut tanto pallore squalleat tua facies, plena omnium gratiarum [? ] . Et beata Virgo: ecce, inquit, ab haereticis et malis Christianis rursus crucifigitur Filius meus, rursus conspuitur. Tu ergo assume tibi lamentum, et ieiuna annis septem continuis ut quiescat ira Filii mei, quae generaliter imminet orbi terrae. Ex hinc ergo septem annis continuis Lutgardis in pane tantum et cerevisia ieiunavit. Et magnitudinem vide miraculi. Obedientia saepe coacta, pulmenti aliquid accipere in ore tentavit: sed nihil horum ad magnitudinem fabae guttur eius transire praevaluit. Et licet ipsamet mirabili quadam et incredibili abstinentia continue laboraret; gaudebat tamen, quando Conventus melius habebat in cibis; ita quod per mensem melius diceret se habere si quando conventus semel mel pitantiae abundantim habuisset. Non enim omnibus in exhibitione gratiae commune posse esse sciebat, quod sibi singulari dono ad remedium multorum pietas divina contulerat: et hoc contra illos, qui fingunt laborem in praecepto, statuunque communiter omnibus observandum, quod ipsi vel suffragante gratia, vel opitulante natura observare sine molestia potuerunt». Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 243-244. 57 La traduzione riportata fra i caporali è quella di Boscaglia, cf. Sant’Agnese da Montepulciano, op. cit., p. 90. L’ed. Nocentini riporta: «Sed cum illa invitissime a consueto rigore tepesceret, allegans inimico proditori compatiendum non esse […] ». I 13, 11, p. 34. 58 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis, I 1. 22, p. 241-242. 59 Raimundus Capuanus: Legenda , II, 1-2, p. 39-47. La «Legenda» di Agnese da Montepulciano e i «tòpoi» di una santità femminile europea 103 cortese. Elencheremo velocemente altre cinque analogie, ma commenteremo solo le ultime due. Tralasciando le somiglianze che intercorrono fra i due transiti (l’ epilogus , al momento della morte), il comune dono della profezia, il dato «politico» legato alle due monache (come in Lutgarda, la Vergine Maria appare affranta ad Agnese, ma se la deipara di Lutgarda si costerna «col volto lugubre e la faccia annerita» 60 per via delle eresie che minacciano la cristianità, ad Agnese la Madonna appare col volto pallido e stillante gocce di sudore, affannata dal peso dei peccati della popolazione «ostinata e prevaricatrice») 61 non ci resta che accennare al fatto che, nei due casi, ci vengono messe davanti due donne taumaturghe «specializzate» in un particolare tipo di guarigione miracolosa: la guarigione della vista ai ciechi. 62 Raimondo dedica alla guarigione di una consorella cieca, suor Mita, un intero capitolo del secondo libro, ove leggiamo: «[…] omnipotentis Domini famula immaculatis suis manibus signum sancte crucis super eius oculos fideliter edidit, et continuo eam pristine reddit sanitari». 63 Giacché si parla specificamente della guarigione di una consorella, non va escluso un influsso sul testo (risalente al 1366) delle tavole istoriate con le vite delle Sante, sulle quali campeggiano «[…] raffigurazioni di interni domestici, scenari cittadini, paesaggi e interventi miracolosi nelle vite delle persone comuni […]». 64 Abbiamo in mente, particolarmente, la pala della beata Umiltà da Faenza, qui in fig. 13, (tanto affine, quanto ai temi degli episodi lì istoriati, alla Tavola di santa Chiara d’Assisi e a quella di Margherita da Cortona), realizzata fra il 1330 e il 1335 e attribuita a Pietro Lorenzetti. Nella pala della beata Umiltà scorgiamo un episodio in cui Rosanese Negusanti (e cioè santa Umiltà †1310) guarisce una suora epistattica, dopo che il medico (visibile nella scena subito precedente) sembra dichiarare prognosi negativa e impossibilità di guarigione a mezzo della scienza in quanto «[…] scrolla le spalle, e le sue labbra rivolte verso il basso e la testa piegata dimostrano che egli non ha altri consigli da dare». 65 Ultima affinità tematica: la ricorrenza di dati caratteristici del mondo cortese. Nel libro terzo, quello dedicato ai miracoli post mortem, Raimondo tratta di un caso in cui una donna, Nonna, la quale sente sopraggiungere la morte a causa di una grave malattia che le aveva immobilizzato i fianchi. A donna Nonna, che decide di votarsi alle Sante cui era maggiormente devota purché queste la risa- 60 Ibid. , II 1, p. 143. 61 Raimundus Capuanus: Legenda , II, 12. 14, p. 61. 62 Per un esempio presente nella Vita Lutgardis, cf. III, 26. 63 Raimundus Capuanus: Legenda , II, 4. 8, p. 47. 64 Joanna Cannon: “Dipinte dall’istesso Ambrogio”? - Le copie ad acquarello, il ciclo di affreschi di santa Margherita e la pittura del Trecento. Il ciclo di Margherita e la narrativa agiografica senese, in Joanna Cannon-André Vauchez, Margherita da Cortona e i Lorenzetti, Roma: Città Nuova, p. 129-166, alle p. 149-158 (frase citata a p. 149). 65 Ibid., p. 155. 104 La «Legenda» di Agnese da Montepulciano nino, compaiono tre vergini: sant’Agnese, santa Cristina e una terza vergine di cui Nonna ignora l’identità. Andiamo al testo: Fuit enim, […] quedam mulier Nonna nomine, […]. Narrabat siquidem ea se parvo ante tempore infirmitatem quamdam laterum graviter incidisse, in tantum quod ex nimietate doloris videbatur sibi quod latera sine medio ad invicem iungerentur […]. Cumque sic moriendo viveret et vivendo quodammodo moretur, recordata est duarum sanctarum virginum, quas in speciali veneratione habebat, videlicet beate Christine virginis et martiris et beate Agnetis virginis de Monte Politiano, et ad utramque votum sue devotionis emisit, si eam de penis tam acerbissimis liberarent. […] Mox facto voto apparuerunt sibi clara visione tres virgines sancte, quarum una erat beate Christina, alia beata Agnes, alia autem per dictam infirmam non fuit particulariter cognita. His igitur coram ipsa muliere sic positis, cepit inter beatas Christinam et Agnetem pia moveri contentio, que scilicet earum prelibate infirme deberet prestare auxilium, ex eo quod altera alteram in miraculo honorare volebat, nec sustinebat humilitas utriusque alteram sine honore alterius operari; tandem, post longum certamen et pium, obtinuit et vicit beata Christina quod Agnes virgo suam ibi deberet virtutem ostendere, propter quod, dicte infirme approprians leniterque discoperiens pectus eius, sanctam manum lateribus, in quibus erat dolor, apposuit, dicens: «Ecce, sana facta es, iam confortare et noli amplius contristari». 66 Nasce dunque una vera e propria gara di cortesia fra sant’Agnese e santa Cristina; ciascuna delle due vorrebbe risanare la malata, e alla fine Agnese ottiene di operarne la guarigione. Si conclude qui la carrellata sui tòpoi ricorrenti nell’agiografia di sant’Agnese, benché se ne potrebbero enumerare molti altri: l’equazione Agnese=luce, a cui abbiamo accennato a volo d’uccello, ma a proposito della quale pure si potrebbe menzionare quanto si legge in I, 14-15, in cui la poliziana è vista come «lampada preziosa» che con l’olio della compassione nutre abbondantemente la luce divina. L’associazione monaca-candelabro, si ricorda, è presente pure in Vita Lutgardis II, 38, 67 e anche Chiara d’Assisi è rappresentata simbolicamente, assieme alle sue prime compagne, in guisa di candelabro all’interno della basilica superiore di san Francesco. 68 Superfluo quasi menzionare come, dalle Vitae matrum in poi, sembra dilagare un modello di santità nuovo, ossia la santità paolina, quella relativa a donne «simplici», comuni, le quali non sono né regine, 66 Raimundus Capuanus: Legenda , III, 12, 13-18, p. 100. 67 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis , p. 241. 68 Per l’informazione relativa a santa Chiara, Chiara Frugoni: “Per chi parlò il crocifisso di San Damiano? Sei candelabri fuori posto”, in ead: Una solitudine abitata - Chiara d’Assisi , Roma-Bari: Laterza 2006, pp. 59-83, alle pp. 80-83. Agnese Poliziana: rapporto fra testo e iconografia in due visioni 105 né abadesse d’alto lignaggio di cui si tramanda la vita per ragioni di sorta, come accadeva nell’alto Medioevo 69 . Agnese Poliziana: rapporto fra testo e iconografia in due visioni Abbiamo fatto notare come uno degli aspetti più originali (e belli) di questa griglia europea crediamo sia il rapporto intercorrente fra parola e immagine, particolarmente quello fra i testi e l’iconografia. A questo proposito illustreremo qui due esempi in cui il nesso pare molto ben visibile. Gli eventi in cui prende corpo la congiunzione tra iconografia e testo sono i rapimenti estatici di Agnese, e il primo dei due che ci accingiamo a commentare è una visione in cui Agnese è vista levitare. Fin da piccina, la Santa sembra avere, informa Raimondo, esperienze di levitazione e in I, 3 è spigato come questi «voli» di Agnese avvengano durante la meditazione, portandola a sollevarsi a un cubito da terra. Una volta, innalzatasi all’altezza del crocifisso, abbraccia Gesù Cristo, arrivando finanche a baciarlo: Dum enim quadam vice puella Deo devota devotius oraret coram imagine Crucifixi, in tantum eam amor rapuit sponsi sui quod, relicta terra, tam alte fuit suum corpus purissimum sublevatum in aere, quod ipsi imagini supra altare in eminenti loco posite se pari situ coniunxit; ubi osculans et amplexans visa est super Dilectum suum innixa, ita ut unionem mentalem, qua cum Christo erat unum interius, manifeste in corporali imaginis amplexatione vidisses et mentis elevationem in altum ex suspensione miraculosa corporis conspexisses. 70 Questo episodio offre l’avvio a un’aretalogia (I, 1. 7); si tratta di sette aggettivi accompagnati da sette sostantivi «circostanziali» (si dice, ad esempio, che Agnese era «hilaris» nella espressione di carità). In I, 2. 4 («Dum […] puella Deo devota devotius oraret coram imagine Crucifixi […]»), il poliptoto sottolinea l’intensità della concentrazione devota, dalla quale nasce il rapimento, per cui Agnese (sollevata da terra), «ipsi imagini […] se coniuxit». Circa quindici anni fa si è scritto che questo crocifisso (per volontà del Signore, su precedente richiesta di Agnese) sarebbe stato portato da Proceno a Montepulciano, luogo in cui (come abbiamo detto) Agnese sarebbe rimasta fino alla morte. 71 L’informazione andrebbe rivista perché c’è sì una croce che fa ri- 69 Mattia Zangari: Le due «Vitae» di Matilde , op. cit.; Id.: Storia di un’imperatrice , op. cit. 70 Ibidem, pp. 10-11. 71 Il dato frainteso si legge in Elvio Lunghi: “Margherita da Cortona”, in id.: La passione degli umbri , pp. 65-90, a p. 65 : «Dopo 22 anni trascorsi nel convento di Proceno, Agnese tornò 106 La «Legenda» di Agnese da Montepulciano torno a Montepulciano prodigiosamente, ma Raimondo non si riferisce a questo crocifisso, bensì a una «reliquia», più precisamente a una crocetta che Agnese aveva strappato dal collo di Gesù Bambino comparsole in un’altra visione assieme alla Madonna. Parleremo quasi subito di questa seconda visione durante la quale Agnese «strappa» dal collo di Gesù la collanina, ci interessa però porre in rilievo come, alla luce dell’innalzamento della domenicana al livello del crocifisso e alla luce della trasposizione dell’evento all’interno della leggenda, si possa tranquillamente parlare di una relazione assai verosimile tra iconografia da un lato e testo agiografico dall’altro. Inoltre il nesso iconografia-testo agiografico è parte integrante della nostra griglia «europea» perché l’agiografia di Lutgarda nel 1306 a Montepulciano per fondarvi un Monastero di Vergini. Chiese allora di poter portare con se il venerato Crocefisso. Ma le sorelle di Proceno si rifiutarono di separarsi dall’immagine sacra. Inascoltata, Agnese rivolse le sue preghiere al Signore, che esaudì la sua richiesta coll’ordinare a un angelo di trasportare la croce dal luogo dove era collocata fino all’oratorio dove la monaca era in preghiera; cosa che fu immediatamente eseguita con gran sorpresa della badessa». Il passo di I VIII, più sotto riportato in latino, viene qui riportato in italiano in base alla traduzione italiana data da Uga Boscaglia, traduzione che rispetta in tutto e per tutto la suddivisione, il contenuto e l’intitolazione dei paragrafi successivamente riportati dall’edizione critica di Silvia Nocentini. Si riportano i passi in traduzione italiana per rendere più immediata la comprensione del testo e conseguentemente più immediata la dimostrazione della svista del Lunghi. In I, VIII, successivamente alla «generosa» consegna di Gesù Bambino ad Agnese da parte della Madonna, leggiamo: «Trascorsa qualche ora, volendo [la Madonna] por fine alla visione, si fece a rammentare ad Agnese che si risolvesse a restituirle il suo Piccino; […]. D’altra parte, cercando Agnese, per quanto era in lei, di trattenerlo [di trattenere cioè il Bambino] con tutte le sue forze, avvenne tra la Vergine delle vergini e la santa fanciulla, proprio un contrasto […]. Da questa gara Agnese non poteva davvero riuscire trionfante […] e già, per quanto si adoperasse, le sue forze non valevano più a trattenere il bambino. [Agnese] Afferrò allora una crocellina, legata con un filo sottilissimo al collo del Bimbo, con tanta energia, che sarebbe stato più possibile strapparle la mano, che toglierle quella crocellina; la Vergine santissima, intanto, tentò ancora di riprendersi il suo Figlio, e questa volta ci riuscì; ma la crocellina restò in mano alla santa». Cf. Boscaglia, p. 61-63. Siamo ancora ai tempi in cui sant’Agnese è a Proceno ricordiamo. In II, 11, leggiamo invece: «Quando l’ancella del Signore onnipotente [sant’Agnese] ebbe fondato, con l’aiuto di Dio, il secondo Monastero, […] mandò a dire alle consorelle di Proceno […] di mandarle, al più presto quella crocellina, che proprio a lei il Signore aveva lasciata, rimasta presso di loro con le altre reliquie. Ma quelle non se la sentivano affatto di obbedire; […]. La sua umile preghiera, per esprimermi con le parole di Bernardo, vinse l’Invincibile e avvinse l’Onnipotente, poiché subito l’angelo del Signore, presa la crocetta dalla teca dov’era riposta, gliela riportò in modo del tutto straordinario, mettendogliela in mano senza che nessuno se ne accorgesse». Ibid., pp. 147-148. Ci sembra che sia abbastanza chiaro come l’oggetto devozionale di Agnese, restituitole prodigiosamente (a mezzo di un divino viaggio da Proceno a Montepulciano), non sia il crocifisso di cui parla Elvio Lunghi, bensì la «crocellina» di Gesù Bambino. Per il testo latino dell’ed. Nocentini (II 11), cf. infra. Agnese Poliziana: rapporto fra testo e iconografia in due visioni 107 deborda di possibili visioni «innescate» da immagini dipinte, crocifissi, oggetti d’uso comune delle monache fra le quali trascorre la sua vita. 72 Passiamo adesso alla seconda visione qui presa in considerazione, il commento della quale consente anche di dimostrare come realmente abbia avuto luogo un fraintendimento da parte dello studio degli anni Duemila di cui abbiamo dato i riferimenti in nota. Agnese vede, nel corso di un’altra apparizione, la Madonna con in braccio Gesù Bambino e, tra le due donne, nasce una contesa perché la mistica, una volta ricevuto il Bambino consegnatole dalla Vergine Maria, non vuole restituire il Figlio alla Madre; nella foga di trattenere il Piccino, mentre la Madonna cerca di riprenderselo, la Santa stacca, nel disperato tentativo di tenere per sempre il Bimbo fra le sue braccia, una crocellina che Gesù aveva indosso, legata al collo. Di seguito si riporta il testo: Dum enim sancta virgo oraret in nocte predicta totoque conatu mentis spiritum collegisset ad ornandum Reginam virginum ut in festo assumptionis sue supradictam gratiam sibi concedere dignaretur subito circumfulsit eam lux de celo et in medio lucis apparuit Domina mundi, amicta lumine sicut vestimento, habens inter ulnas filium Dei et suum, etatis, ut videbatur, infantilis et tenere, sicut erat cum, propter nos factus parvulus, ipse qui pascebat animantia cuncta parvo lacte virgineo pascebatur. Ex qua visione dum virgo devota stupore pariter et gaudio reperetur, ipsa Regina celi eam dulciter alloquens filumque clare ostendens, locutione et actu ad amplexationem sponsi sui ipsam curialiter invitabat. […] . Cumque sic per alicuius hore spatium Regina celi absentiam filii propter solatium Agnetis sustinuisset, tandem, finem visioni volens imponere, cepit Agnetem requirere ut suum ei filium reddere non tardaret. Quod dum Agnes omnino renueret, asserens se nullatenus posse a sponso tam dulcissimo separari, nec aliquibus blandimentis aut precibus ad restitutionem filii a Matre Domini flecti posset, ipsa Dei genetrix, filium suum manibus apprehendens, quadam pia violentia ad se trahere conabatur; sed cum Agnes ex alia parte iuxta posse traheret, facta est inter Virginem virginum et sanctam virginem de sponso virginum concertatio caritativa et pia. In quo certamine dum Agnes se videret deficere, quia videlicet Mater filium ad se totaliter attrahebat et de manibus suis paulatim puer Iesus exibat, quamdam crucem parvulam, ad pueri Iesu collum parvo filo ligatam, tam fortiter apprehendit, quod potius potuisset manus evelli a corpore quam crux illa auferri a manu, propter quod ad perpetue Virginis tractum filius ablatus est, sed crux ipsa remansit in pugno: sicque ab oculis eius disparuit illa delectabilis visio. 73 72 Affine alla visione di sant’Agnese da Montepulciano è quella in cui Lutgarda, rimirando un crocifisso o una crocefissione, viene vista completamente «rossa», come se il sangue del Cristo trucidato che sta rimirando si riversasse su di lei; per l’episodio cf. Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis, II, 2. 23, p. 249. 73 Raimundus Capuanus: Legenda , I, 8. 7-13, p. 19-20. 108 La «Legenda» di Agnese da Montepulciano La Madonna è nominata come «Domina mundi», mentre il Cristo come «Colui che pascolava tutti gli esseri viventi». Il colloquio iniziale fra Agnese e Maria, è «dolce» e la Madre offre il Bambino, ma non in quanto bambino, bensì come sposo; l’invito è «curialis», vale a dire obbediente al codice di gentilezza cortese. Nella scena, che dura per delle ore, Agnese si appropria del piccolo Gesù e nella descrizione del fatto soccorre il Cantico dei cantici. Si moltiplicano infatti le espressioni indicanti il legame di unione: «quasi inseparabiliter iungitur»; «caritatis nexibus iungebatur»; «quasi intra se ve intra eum inserere nitebatur». A seguito del certamen , della «concertatio caritativa et pia» (come dice Raimondo), Agnese si lascia andare a «magnos et horrendos clamores» 74 e cade a terra «eiulando […] semiviva», 75 secondo il brusco ritorno alla realtà che, molto frequentemente, si verifica successivamente ai fenomeni estatici. Agnese, si può qui congetturare, potrebbe avere in mente una scena della Madonna col Bambino del tipo di quella raffigurata nella tavola di Boston, attribuita a Barnaba da Modena (fig. 14). Nella scena vediamo il Bambino con un amuleto al collo, più specificamente con una collanina di corallo, poiché nel Medioevo «il corallo non proteggeva soltanto dalle intemperie. Era utilissimo per fugare le malattie che così pericolosamente minavano la salute dei bambini. […] . Spesso è lo stesso Bambin Gesù ad indossare il corallo […] ». 76 Lo stesso Giordano da Pisa afferma: «[…] e a’ fanciulli si pongono i coralli al collo acciocché aoperino in loro l’altre vertude; peroché senza alcun toccamento non farebbe pro». 77 Sebbene la prima attestazione in cui la Madre di Dio consegna a una mistica Gesù Bambino sembra sia quella relativa al caso di Caterina d’Alessandria, 78 la più accanita «rivale» di Maria Vergine pare essere Benvenuta Boiani (†1335), che «spinge il suo desiderio di imitatio virginis fino a volere sostituirsi ad essa». 79 74 Ibid., I, 8. 14, p. 20. 75 Ibidem. 76 Chiara Frugoni: “Di tutto un po’”, in ead.: Medioevo sul naso - Occhiali, bottoni e altre invenzioni medievali, Roma-Bari: Laterza 2001, pp. 68-101, pp. 97-100. 77 Giordano da Pisa: Predica del 1304 , in id: Prediche recitate in Firenze dal 1303 al 1306 , ed. Domeico Moreni, Firenze: Magheri, 1831 vol. II, p. 263. Il passo è citato già da Chiara Frugoni, cf. Di tutto un po’ , pp. 97-100. 78 Per questo dato: Chiara Frugoni: “« Domine, in cospectu tuo, omne desiderium meum » - Visioni e immagini in Chiara da Montefalco ”, in Santa Chiara da Montefalco e il suo tempo , pp. 155-175, p. 167 (si consulti pure la n. 48); si veda inoltre Roberto Longhi: La pittura umbra nella prima metà del’300, Firenze: Sansoni 1973, p. 23, fig. 71. 79 «Prima troviamo la beata [e cioè Benvenuta Boiani] a contendersi con la vergine Maria il diritto a tenere tra le braccia il piccolo figlio, mentre ancora più insistente apparirà poi la sua richiesta di partecipare al dolore della madre Maria, per la paura d’aver perso il fanciullo nel ritorno da Gerusalemme dopo il censimento (Lc 2,41-52). In ogni desiderio estatico viene fisicamente esaudita, e tutto - nella gioia di avere in collo Gesù e nel terribile dolore per averlo perduto - la prepara a rivivere gli episodi della passione e della Agnese Poliziana: rapporto fra testo e iconografia in due visioni 109 All’inizio di questo capitolo si è detto che, nel complesso, le visioni di Agnese Poliziana possono considerarsi naïf e del resto Agnese incarna il prototipo della santa-bambina; un altro dato volto a suffragare questo aspetto delle visioni della nostra penitente è rintracciabile in I,10, allorquando un angelo (non potendosi lei recare in Terra Santa), le porta delle reliquie presenti nei Luoghi Santi, e fra queste proprio un coccio del catino in cui la Vergine era solita fare, ogni mattina, a Nazareth, il bagno al suo Piccolo: «Attulit etiam sibi angelus supradictus, ad maiorem eius consolationem, quamdam illius pelvis particulam, in qua Salvator noster, in tenera constitutus etate, parvulorum more extitit balneatus». 80 Vorremmo ricordare il già citato caso di Adelheit von Fraunberg, 81 non dissimile a quello che accade ad Agnese, e ci permettiamo di far presente un’occorrenza inerente sempre al rapporto iconografia-testi, che abbiamo avuto modo di rintracciare all’interno della Vita Lutgardis . Nel primo libro, dopo che Cristo chiede a Lutgarda che si verifichi uno scambio tra i loro due cuori, Tommaso di Cantimpré informa di come, da quella volta in poi, la vergine cisterciense Lutgarda d’Aywières avrebbe custodito il cuore di Gesù con la stessa solerzia con la quale una nutrice suole custodire un bimbo in una culla, sventolandolo con un ventaglio ( cum flabello ) affinché le mosche non lo infastidiscano. 82 Le culle, che decoravano i monasteri cisterciensi femminili (basti pensare al Lettino di Namur in fig. 5, appartenuto al Monastero di Marches-les-Dames, oggi al Musée des Arts Anciens della stessa città) erano invero moltissime, dato che i crociati vantavano di aver rinvenuto la cuna del Redentore a Gerusalemme e di averla riportata in Occidente. 83 Più in generale ci pare verosimile pensare che oltre alle culle, oggetti quali il catino del bagnetto ed elementi legati all’infanzia del Bimbo deposto nella greppia a Betlemme, siano divenuti (sebbene non nella loro versione originale, diciamo così), dapprima oggetto di interesse degli artisti, che li ricostruiscono con fogge diverse, dappoi oggetto di culto delle monache, come testimonia non solo il Nonnenbuch di Tüss, ma pure il Legatus divinae pietatis di Gertrude di Helfta, un diario spirituale in cui la monaca cisterciense immagina resurrezione, anticipati profeticamente, nella quotidianità del rapporto di una donna col suo bambino. La sua storia è per questo la storia di un agonismo di fronte a Maria, per strappare qualcosa della speciale familiarità di Gesù. Benvenuta spinge il suo desiderio di imitatio virginis fino a volere sostituirsi ad essa […] ». “Benvenuta Bojanni (1255-1292)”, in: Scrittrici mistiche italiane , pp. 183-192, a p. 184. 80 Raimundus Capuanus: Legenda , I, 10. 4, p. 24. 81 Supra . 82 Thomas Cantimpratanus: Vita Lutgardis, p. 239. 83 «Die Verehung des Säulings und seiner Bettstatt ghet auf des 12. Jahrhundert zurück, Ausgangspunkt war vielleicht der Kult der Templritter um die in Jerusalem aufgefundene vermeintliche Wiege des Erlösers». Cf. Die Zellen - Alltag, Andacht und Vision , pp. 433- 470, a p. 459. 110 La «Legenda» di Agnese da Montepulciano di fasciare, con tutti i «complementi» dei corredini del bambino, il Divin Figlio consegnatole, infante, dalla Vergine Maria. 84 Al di là dell’idea della «graticola» di temi puntualmente ricorrenti nelle agiografie delle Sante, così come pure delle penitenti e delle mistiche del Medioevo tardo, restiamo convinti di un fatto. Sebbene sia innegabile quanto la critica anglosassone, a differenza degli studiosi di scuola francese, dica a proposito delle scritture femminili effettivamente messe a punto da donne senza il condizionamento degli uomini, 85 l’agiografia «ufficiale» delle Sante è altra cosa. In altre parole, se vero rimane che sono esistite monache, come dire, inventrici di nuovi generi letterari (come Herrad von Hoenburg, la quale avrebbe realizzato, informa Bynum, addirittura un’enciclopedia), 86 così come appurata è l’esistenza di monache autrici di Cronache, Rivelazioni ( Offenbarungen ) e opere afferenti alla scrittura diaristica (si pensi alle consorelle di Gertrude di Helfta, che avrebbero redatto assieme a lei il Legatus divinae pietatis) , 87 resta innegabile come la restituzione di una memoria scritta, messa a sistema per la propaganda ufficiale (specie quando si parla di Sante), con tutti gli sforzi che questo comporta (abbiamo visto in questa sede il «classicismo» di Raimondo, tutto profuso verso la redazione di quello che sembra essere un piccolo capolavoro mancato, la Legenda di Agnese appunto), quanto a identità, idee personalistiche, reali intenzioni e finalità dell’operato della sante donne, sembra dire invero assai poco di esse, risolvendosi quasi in una damnatio memoriae di cui è stabilito rimanga, come dire, poco più che il resto di niente, solo una fioca lux sanctitatis , niente e così sia . 84 Si veda: Gertrude di Helfta: L’araldo del divino amore , pp. 71-72. 85 Caroline Walker Bynum: Formen weiblicher Frömmigkeit im spatern Mittelalter , passim. 86 Ibid. 87 Per tutte queste informazioni si rimanda sempre a Caroline Walker Bynum: Formen weiblicher Frömmigkeit im spatern Mittelalter . Agnese Poliziana: rapporto fra testo e iconografia in due visioni 111 Conclusioni Alla fine del nostro lavoro vorremmo provare a tirare le fila, ripercorrendo sinteticamente il cammino che nei testi, via via, ha preso corpo. In questo studio abbiamo, in sostanza, analizzato tre testi di donne. Il primo di essi, appartenente alla raccolta di vite scritte dal domenicano Tommaso di Cantimpré è la Vita Lutgardis . Si è proceduto con uno studio rigoroso e sistematico del testo: analisi della tradizione, analisi della struttura dell’opera, messa in rilievo dei temi caratteristici, mappatura delle visioni della Santa. La Vita Lutgardis è qui considerata exemplum , «prototipo» che serve ad analizzare le biografie delle altre donne costituenti la silloge delle Vitae matrum e ora ricorderemo il perché. Tommaso, volendo aderire alle proteste sulla vita irregolare delle beghine haereticae , si impegna, scrivendo la Vita Lutgardis , a stendere un testo in cui delinea il comportamento esemplare pensato per le monache della diocesi di Liegi - e più in generale per le donne brabantine: monache o beghine da allora in poi l’agiografia della «perfetta» Lutgarda, lo speculum Lutgardis , diventa per le donne del Brabante un ineludibile termine di paragone. Tommaso delinea quindi uno schema muliebre, un ruolo. Questo ruolo prescritto da Tommaso consiste nel pregare per la salvezza delle anime e per l’avvento della pace, in base a un’idea fondante del modello comportamentale pensato per le donne, destinato alla longue durée . La Vita di santa Lutgarda rappresenta dunque un contributo di fondamentale importanza per la preparazione di una serie di processi normativi - che hanno luogo all’interno della storia della Chiesa medievale - i quali condurranno a una bolla di Bonifacio VIII: la Periculoso (siamo nel 1298, la Vita Lutgardis è del 1248) . Questo decreto pontificio, più volte invalidato nei secoli, sarebbe stato completamente inficiato solo con il Concilio Vaticano II (1962-1965). In sostanza la Periculoso obbligava tutte le donne senza una professione religiosa vera - ossia le cosiddette «beghine» nell’Europa delle Fiandre, del Brabante, della Renania, e della Germania orientale, altrimenti chiamate «pinzochere» o «bizzoche» nella Penisola italiana - a professare una regola religiosa ufficialmente approvata dai pontefici e a una vita di stretta clausura. La biografia è suddivisa in tre libri e questa suddivisione non è casuale. Ciascun libro, come ci informa l’autore, corrisponde a uno dei tre gradi della vita ascetica, secondo l’antica tripartizione medievale: la vita degli incipientes, quella dei proficientes e quella dei perfecti. Se Lutgarda ha intrapreso questo cammino ascetico progressivo, seguendo queste tre fasi, il lettore è tenuto a fare la stessa 112 Conclusioni cosa; al lettore è cioè consigliato di mettersi in cammino attraverso il passaggio per queste tre fasi, affinché raggiunga lo stato di perfezione e di beatitudine. La struttura dell’agiografia che si è analizzata si presenta dunque ternaria. Si crede, in base all’analisi condotta nel corso del lavoro, come presente sia pure l’idea dello «specchio», che rimanderebbe a una realtà bidimensionale. Per esempio nell’epitaffio apposto nel monastero brabantino in cui la Santa muore, Tommaso dà molto rilievo all’espressione «speculum vitae»: le monache del Brabante, dissolute e rilassate nei costumi, devono ispirarsi alla vita esemplare di Lutgarda rispecchiandosi in lei. È quello che succede a una delle protagoniste della biografia di Lutgarda: Elisabetta de Wans. Elisabetta, dopo la morte di Lutgarda, avrà una serie di visioni in cui «vede» le stesse immagini - soprattutto l’immagine di Gesù Cristo -, esattamente nello stesso modo in cui queste immagini erano apparse a Lutgarda durante le sue visioni - nel caso della visione di Cristo, sia a Lutgarda, sia ad Elisabetta, Gesù stacca il braccio destro dalla croce per abbracciare la monaca. L’analisi sistematica dei testi ha consentito di rivedere alcune letture fatte dagli storici delle religioni, per esempio quello di chi ha negato la presenza della Vergine Maria negli scritti relativi alle donne medievali, dato che la presenza della Vergine sembra accompagnare l’esistenza della monaca fiamminga dall’inizio alla fine della sua vita. Importante per l’inquadramento del modello di santità proposto dall’agiografo di Cantimpré è stata la messa in evidenza di come, attraverso Lutgarda e attraverso le altre protagoniste delle Vitae matrum , si sia voluta compiere un’operazione di rottura rispetto alle biografie di donne precedenti e questo perché le donne di cui parla Tommaso (Maria d’Oignies, Cristina l’Ammirabile, Margherita d’Ypres e Lutgarda d’Aywières) non sono nobili regine - non più (si pensi alle biografie di Matilde †968, moglie di Enrico I, a quella di Radegonda di Poitiers †587 e quella di Matilde di Quedlinburg †999) - , ma donne comuni, rappresentanti una santità femminile che è la stessa di cui parlano le pagine di san Paolo. In seguito all’analisi testuale, si è tracciata una mappa delle visioni avute dalla monaca cisterciense, evidenziando quelle più significative. Per esempio la visione in cui Gesù Cristo appare alla monaca chiedendole di effettuare un mistico scambio di cuori: Lui prenderà il cuore della cisterciense, mentre lei custodirà il cuore di Cristo all’interno di sé. Da allora, Lutgarda avrebbe custodito il cuore di Cristo, si legge, come una nutrice custodisce un bambino nella culla, sventolandolo con un ventaglio affinché le mosche non lo infastidiscano. Va detto innanzitutto come il tema dello scambio dei cuori sia un tema trasversale, presente non soltanto nei testi dell’amore sacro, ma pure in quelli dell’amore profano - si pensi per esempio al famoso componimento XXI dei Rerum vulgarium fragmenta del poeta Francesco Petrarca †1347. Inoltre, si sostiene in questo Conclusioni 113 nostro lavoro, è possibile che il paragone della culla, con il quale è commentata dall’agiografo la visione di santa Lutgarda, sia stato suggerito dall’iconografia. Se guardiamo alla fig. 5 dell’apparato iconografico, vediamo una culla dell’inizio del 1300. Culle come queste sono conservate ancora in Vallonia, la regione dalla quale provenivano Tommaso e Lutgarda. Questo tipo di culle, diffuse in Brabante ai tempi della tradizione crociata, aveva conosciuto una circolazione notevole poiché l’esercito cristiano diceva di aver ritrovato a Gerusalemme la culla di Gesù Bambino e si vantava di averla portata in Occidente. Un altro elemento che ha richiamato la nostra attenzione è stata la confluenza di più generi letterari nel nostro testo, che presenta sì le caratteristiche della biografia mistica, ma anche quelle del romanzo cortese, infatti Lutgarda, prima di diventare monaca, è rapita da un cavaliere e sfugge al suo pretendente scappando per i boschi belgi in groppa a un cavallo. La fama delle donne mistiche dell’Europa mediterranea e di quelle dell’Europa non mediterranea circola dappertutto, a Nord e a Sud, grazie alla diffusione delle agiografie realizzata ad opera degli Ordini mendicanti, dei frati itineranti che predicano in tutta Europa. La biografia di queste donne è «confezionata» all’interno di alcuni scriptoria , specializzati nel raccontare la storia di queste anime; in Italia sono soprattutto gli Ordini mendicanti ad occuparsi di questo, mentre nei territori d’oltralpe vi sono i laboratori agiografici del monastero della Rameé, quello di Villiers, quello di Aulun, e in seguito i due scriptoria di Helfta e di Colonia. La studiosa Romana Guarnieri, in passato, ha dimostrato come sia possibile trovare molti tratti comuni se si pongono a confronto queste Vitae , suggerendo di guardare a queste biografie di Sante del basso Medioevo in un’ottica comparatistica. Ci sarebbero quindi dei tòpoi che ritornano con corrispondenze puntuali nelle agiografie femminili e che consentirebbero di interrogare i testi attraverso una griglia interpretativa. Fra questi tòpoi venivano messi in evidenza da Guarnieri: i carismi, il significato «politico» rivestito da queste donne delle quali si decide di scrivere un’agiografia, i motivi devozionali che ispiravano la loro spiritualità e così via. Prendendo in considerazione i suggerimenti della studiosa, abbiamo applicato questa griglia alla Vita Lutgardis, il che ha consentito di evidenziare la comunanza di motivi e temi fra biografie di mistiche. Il secondo capitolo di questo libro è stato dedicato alla mistica sant’Angela da Foligno. Grazie alla mediazione di un frater scriptor , confessore e consanguineo della Santa, Angela da Foligno consegna alla storia un testo estremamente complesso e cioè il Liber Lelle (cioè «Libro di Angela»). Si tratta di un’opera disomogenea, articolata in due parti, vale a dire il Memoriale , di cui ci siamo occupati, e le Instructiones o Exhortationes , trentanove brani a loro volta compositi, verosimilmente pseudo-angelani. Angela detta il suo itinerario spirituale al 114 Conclusioni frate, ma controverso è il rapporto fra la dettatrice e lo scrivano, la trascrizione del quale è definita da Angela «truffa» e «bestemmia» perché inadeguata e imprecisa nell’esposizione dell’esperienza. La mistica afferma che l’anima umana dovrebbe compiere molti passi spirituali per raggiungere la salvezza eterna. Dopo i passi in cui l’anima sceglie la sequela Christi , di cui san Francesco d’Assisi è modello e maestro, in ordine cronologico, si susseguono il momento dello sposalizio mistico di Angela con lo Spirito Santo, il momento del conoscimento della presenza divina tramite i segni dell’unione e dell’abbraccio, in ultimo il momento della tenebra, che si manifesta alla fulginate in due tempi: il primo, in cui i vizi riaffiorano per opera dei demoni e il secondo in cui Angela si fonde con le profondità segrete di Dio. Il fatto che Angela da Foligno sviluppi una forte sensibilità nel vedere le immagini è noto ed Elvio Lunghi ha dimostrato bene come questa sensibilità sia verisimile, evidenziando il rapporto delle immagini con i testi, ma soffermandosi soprattutto sui contesti in cui la terziaria è «calata»: le sacre rappresentazioni, la predicazione, le laude, la devozione e la liturgia. In questa parte del lavoro si evidenzia come gli affreschi della basilica inferiore di Assisi - essendo pensati per l’accompagnamento dei pellegrini verso la tomba di san Francesco - è possibile siano stati determinanti per la scelta angelana della sequela Christi - particolarmente per l’aspetto della scelta della povertà. L’idea dell’approdo alla Gerusalemme celeste sarebbe stata trasmessa ai pellegrini dell’epoca di Angela da Foligno al termine del loro pellegrinaggio verso la tomba del Santo, per vedere la quale si doveva scendere al piano sotterraneo. Per questa ragione si può parlare del ciclo murale della basilica inferiore di Assisi alla stregua di una catechesi per immagini, culminante con l’approdo alla città celeste, secondo l’idea medievale dell’associazione di un significato morale alle cose lette, viste, ricordate. Tutto questo in base alle informazioni della Vita secunda di Tommaso da Celano, biografia che costituisce il punto d’appoggio dal quale sarebbero stati estrapolati i temi della committenza pittorica. Inoltre si può serenamente suppore uno stringente rapporto fra testo e iconografia nell’autobiografia spirituale per due ragioni. Innanzitutto perché, nel Memoriale , la compagna della reclusa - Masanzuola - deve nascondere alla mistica le immagini della passione in quanto queste rappresentano motivo di crisi nella contemplativa («Et quando videbam passionem Christi pictam, vix poteram sustinere, sed capiebat me febris et infirmabar, unde socia mea abscondebat a me picturas passionis et studebat abscondere»). In secundis perché nella basilica superiore Angela è colpita da una vetrata - la Vetrata degli angeli : la donna entra in chiesa e i personaggi dipinti sulla la vetrata si animano. Un ultimo punto sul quale ci siamo soffermati in questo capitolo dedicato ad Angela da Foligno è il rapporto fra testo e teatralità nel comportamento della Conclusioni 115 mistica davanti alle immagini della passione e nel corso delle sue esperienze estatiche. Questa teatralità del resto, questo lirismo, non erano sconosciuti neppure allo stesso san Francesco, il quale, per esempio, in un momento d’esaltazione, raccattò due pezzi di legno mimando una sonata di violino, come si legge nella Compilatio Assisiensis . Nell’ultimo capitolo è stata esaminata l’agiografia di sant’Agnese da Montepulciano, mistica e taumaturga. L’analisi del testo rivela la presenza di fonti scritturistiche, ma pure di un ricco assortimento di fonti classiche dalle quali l’autore - Raimondo da Capua, noto per la stesura dell’agiografia di santa Caterina da Siena - attinge a piene mani. Oltre al linguaggio sponsale del Canticum canticorum , nel testo campeggiano espressioni tipiche della letteratura latina, particolarmente nei testi di Cornelio Nepote, Ammiano Marcellino, Cicerone, Plinio e Orazio. Per esempio le virtù elencate quali la «morum onestas» o la «prudentia maturitas» figurano già nelle aretalogie classiche di Cornelio Nepote. Il testo è in seguito interrogato attraverso la griglia dei motivi comuni delle mistiche europee, sulla falsariga di quanto fatto nel primo capitolo, nel caso di santa Lutgarda, con riguardo al motivo delle visioni, ove il rapporto fra testo e immagini è molto stringente. Ad esempio la visione di Gesù Bambino con una crocellina al collo sembra essere suggerita da una delle tante rappresentazioni medievali in cui Gesù Fanciullo era ritratto con una collanina di corallo. Le madri venivano così sollecitate a mettere un corallino al collo dei loro bambini dato che - secondo la credenza del tempo - il corallo serviva a fugare le malattie, così come affermava lo stesso predicatore domenicano Giordano da Pisa. Insomma si spera che questo percorso fra i testi e l’iconografia abbia messo in luce ulteriormente l’importanza di giustapporre fonti di carattere diverso per l’analisi dei testi agiografici e mistici, così come pure quella di indagare le agio-biografie facendo ricorso a strumenti interpretativi come la griglia di motivi comuni delle mistiche europee. I temi sembrano realmente trasversali anche perché le Sante alle quali essa è stata applicata appartengono a spiritualità diverse: la spiritualità cisterciense nel caso di Lutgarda, quella francescana nel caso di Angela, quella domenicana nel caso di Agnese. «Et se quiste cose a qualcuno paressero superflue, cum loro pace hagia dicto, a me m’è paruto de bisogno». 1 1 Sebastiano Angeli O.P.: Legenda volgare di Colomba da Rieti , ed. Giovanna Casagrande, Spoleto: Centro italiano di studi sull’alto medioevo 2002, p. 115 Bibliografia 117 Bibliografia Testi “Actus beati Francisci et sociorum eius”, in Fontes franciscani , edd. Enrico Menestò, Stefano Brufani, Giuseppe Cremascoli et alii , Assisi: Porziuncola 1995, pp. 2055-2219. “Compilatio Assisiensis”, in Fontes franciscani, edd. Enrico Menestò, Stefano Brufani, Giuseppe Cremascoli et alii , Assisi: Porziuncola 1995, pp. 1447-1690. 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Horatio Diola Bolognese, & hora / di nuovo ristampate, & con somma diligenza ricorrette [ ]. / Questo Volume è diuiso in tre Libri, con nuoue Tavole distinte, e copiose. In venetia, MDXCIX. / Appresso gli Heredi di Gio. Maria Leni. Margherita Porete: Lo specchio delle anime semplici, Prima versione italiana commentata con testo mediofrancese a fronte. Traduzione di Giovanna Fozzer, prefazione storica di Romana Guarnieri, commento di Marco Vannini, Cinisello Balsamo: San Paolo 1994; terza edizione, Cinisello Balsamo, San Paolo 2010. Mariano da Firenze: “Trattato del Terz’Ordine o vero «Libro come Sancto Francesco istituì et ordinò el Tertio Ordine de Frati e Sore di penitentia et della dignita’ et perfectione o vero Sanctità Sua»”, a cura di Massimo D. Papi, Analecta TOR , 18 (1985), 261-574. Libro della dignità et excellentie del ordine della seraphica madre delle povere donne Santa Chiara da Assisi , ed. 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Ippolito da Orvieto, Ciclo di affreschi con storie della vita di Angela da Foligno (particolare: tre episodi della «Vita» di Angela illustrata), XVIII sec., Foligno, S. Bartolomeo di Marano (Ingresso). A partire dall’alto: La compagna di Angela cela il crocifisso perché la Santa soffre indicibilmente nel contemplarlo; La santa comunicata da un angelo; Angela in visione riceve il bambino dalle mani della Madonna 138 Apparato iconografico Figura 8: Trittico architettonico formante la Basilica di San Francesco in Assisi, strutturato in funzione dei tre gradi dello schema mistico (Riproduzione fornitaci, per gentile concessione, dall’Archivio fotografico del Sacro Convento in Assisi, Italia) Apparato iconografico 139 Figura 9: Maestro dei profeti, Frammenti con due profeti (? ), 1270 ca., Assisi, Basilica inferiore di San Francesco (per gentile concessione dell’Archivio fotografico del Sacro Convento di San Francesco in Assisi, Italia) 140 Apparato iconografico Figura 10: Maestro di San Francesco, Francesco si spoglia dei beni, 1270 ca., Assisi,Basilica inferiore di San Francesco (per gentile concessione dell’Archivio fotografico del Sacro Convento di San Francesco in Assisi, Italia) Apparato iconografico 141 Figura 11: Maestro di San Francesco, Cristo spogliato dalle vesti, 1270 ca., Assisi, Basilica inferiore di San Francesco (per gentile concessione dell’Archivio fotografico del Sacro Convento di San Francesco in Assisi, Italia) 142 Apparato iconografico Figura 12: Cimabue, Martirio di San Pietro, 1280 ca., Assisi, Basilica superiore di San Francesco (per gentile concessione dell’Archivio fotografico del Sacro Convento di San Francesco in Assisi, Italia) Apparato iconografico 143 Figura 13: Pietro Lorenzetti, Guarigione di una monaca epistattica, particolare della pala della Beata Umiltà e scene della sua vita, 1330? -1335, Berlino, Gemäldegalerie 144 Apparato iconografico Figura 14: Barnaba da Modena, Madonna e Bambino con amuleto di corallo al collo, 1367? , Boston, Museum of Fine Arts Apparato iconografico 145 Figura 15: Maestro di San Francesco, Vetrata degli angeli, 1275 ca., Assisi, Basilica superiore di San Francesco Bibliografia critica 147 Indice dei nomi Abate di St. Trond: 27 n Adelheit von Fraunberg: 101, 109 Agnese, martire, sant’: 54, 101 Agostino d’Ippona, sant’: 34-35, 41 n, 77, 80 Alacoque, Margherita Maria: 53 n Alberti, Bartolomea degli: 67 n Alberti, Leandro: 32 Alhaique Pettinelli, Rosanna: 14 Ammiano Marcellino: 97, 115 Anselmo d’Aosta: 42 Antonius Senensis: 32 n Apuleio: 97 Arnaldo, frate: 62 e n-64, 83 Barbara, santa: 49 Barnaba da Modena: 108, 144 Baro le Roy, Giacomo: 30, 33 Baronio, Cesare: 31 n, 33 Bartoli Langeli, Attilio: 70 e n Bartolomei Romagnoli, Alessandra: 14, 24, 50 n Bausi, Francesco: 14 Bellarmino, Roberto: 32 e n Benincasa, Caterina: 39, 93-94 Benvenuti Papi, Anna: 14, 80, 98 Berger, Albrecht: 14 Bernardino de Villegas: 33 Bernardo di Chiaravalle [Clairveaux], san: 35, 47, 52, 58, 93, 106 Bernardo, penitenziere di Innocenzo III: 28 n, 46 n Bernardo: 58 Bianca, Concetta: 93 n Boiani, Benvenuta: 108 e n Bollati, Milvia: 77 Bolzoni, Lina: 14, 19 n, 72 Bonaventura, san: 70, 76 Bonifacio VIII, Papa: 27 e n, 63 n, 111 Bordoni, Francesco: 62 n Boscaglia, Uga: 106 n Boskovits, Miklós: 19 n Botti, Villana delle: 80 Bourgain, Pascale: 69 Bradwardine, Thomas: 19 n Brigida di Svezia, santa: 46 Caffarini, Tommaso di Antonio: 67 n, 93-94 Calufetti, Abele: 70, 79 Carruthers, Mary: 19 n, 77 Cassiano, Giovanni: 41 Caterina d’Alessandria: 108, 49 Caterina da Genova: 53 n Caterina da Siena, santa: 12, 33, 39 e n, 52-53, 55, 90, 93 e n, 98, 115 Cenni di Pepo v. Cimabue Cerchi, Umiliana dei: 80 Certeau, Michel de: 9 Chiara d’Assisi, santa: 18 n, 104 e n Chiara da Montefalco [Chiara della Croce], santa: 48 e n, 87, 99 Chiara della Croce v. Chiara da Montefalco Chrétien de Troyes: 58 Cicerone, Marco Tullio: 96-97 e n, 115 Cimabue [Cenni di Pepo]: 81-82, 142 Colonna, Giacomo: 63 e n Cornelio Nepote: 13, 96, 115 Cristina di St. Trond [Cristina l’Ammirabile]: 7, 17-18, 20, 22-24, 104, 112 Cristina di Stommeln: 46 Dalarun, Jaques: 62 Danielis, profeta: 42 Degl’Innocenti, Antonella: 31 n, 89 n 148 Indice dei nomi Dionigi Areopagita: 65 Dominici, Giovanni: 66 n-67 n Doncoeur, Paul: 70 e n Donnini, Mauro: 69 Ebner, Margherita: 49 Egidio, priore: 20 Elia, frate: 73 n Elia, profeta: 97 Elisabetta de Wans: 11, 34-36, 100, 112 Eliseo: 97 Enrico I Duca di Sassonia, Re di Germania: 112 Esser, Saskia: 75 Eysengrein, Guilielmus: 32 n Faes de Mottoni, Barbara: 77 Federico II di Svevia: 37 Ferré, Jean Martin: 70 e n Filippa, monaca: 18 n Francesco di Assisi, san: 7, 9, 13, 52, 61, 63-66, 72-85, 87, 99, 104, 114-115 Frezza, Fortunato: 62, 69-71 Frisen, Bartholomeus: 33 Frugoni, Chiara: 11, 14, 19 n, 86 n Gagliardi, Isabella: 14, 66 n Georgius Colvenerius: 32 n Gertrude di Helfta, santa [Gertrude la Grande]: 12, 45, 51, 53-54, 109-110 Gesù [Bambino; Cristo; Divin Figlio; Redentore]: 7-9, 12, 14, 21-22, 24-25 e n, 27 n, 29, 32-34, 36, 39 e n-40, 42, 46-56, 58, 64-65, 71, 75-76, 78-85, 95, 97, 99, 101-102 n, 105-110, 112-115, 134-135, 137, 144 Giacobbe: 93 Giacomo da Fallerono: 86 Giacomo da Vitry [Iacobus Acconensis Episcopus]: 17, 20-22, 55 Gilson, Etienne: 9 Gioacchino [Gioachino] da Fiore: 78 Giordano da Pisa: 108, 115 Giordano, generale dell’Ordine dei Predicatori: 32 Giotto di Bondone: 8, 73 n-74 Giovanni Battista, Evangelista, san: 34 n, 38, 42 Giovanni de Lir: 27 n Giovanni di Cantimpré: 21 e n, 37 Girolamo, san: 8, 79-81 Gregorio I, Magno, papa: 93 Gregorio IX, papa: 74 Guarnieri, Romana: 7, 12, 14, 29, 46-47, 60, 89 n, 98, 113 Guglielmo di St. Thierry: 37, 47, 53, 60 Guilberto di Nogent: 19 n Hadeweijch, badessa: 32 Hamburger, Jeffrey: 49 Hareo: 33 Hendrix, Guido: 31 n Henriquez, Crisostomo: 33 Herrad von Hoenburg: 110 Huardo, vescovo di Liegi: 49 n Iacopone [ Jacopone] da Todi: 8, 66 Iannone, Maria Costanza: 15 Ida di Nivelles: 45 e n Ildegarda di Bingen, sant’: 44-45 Ingrid di Skännige: 117 n Innocenzo III, papa: 28 n, 43, 100 n Ippolito da Orvieto: 137 Jacopo da Varazze: 50 n Joergensen, Giovanni: 62 Kleinschmidt, Beda: 82 Le Goff, Jacques: 41 n Lefèvre, Jean Baptiste: 31 n, 37 Leonardi, Claudio: 17 Lidia, dal Nuovo Testamento: 26 n Lidwina di Schiedam: 45 Lippeloo, Zacharias: 33 Lipsio, Giusto: 32 e n Indice dei nomi 149 Lorenzetti, Pietro: 103, 143 Lunghi, Elvio: 72, 106 n, 114 Madonna [Domina mundi; Maria; Regina Coeli; Vergine]: 8, 14, 19 e n, 27 n, 38, 43-44, 46, 49 n-50 e n, 52, 80, 82, 93 e n, 99, 101-103, 106 e n-110, 112, 131, 134, 136-137, 144 Maestro dei profeti: 75, 139 Maestro delle vele: 81 n Maestro di san Francesco: 8, 73-75, 77, 82, 140-141 Maestro renano: 134 Manrique, Angelo: 33 Marchese, Angelo: 94 Margherita d’Ypres: 7, 17-18, 20, 25, 112 Margherita da Città di Castello, beata: 94 Margherita da Cortona, santa: 48 n, 50 n, 87, 99, 103 Maria d’Oignies: 7, 17, 20-21, 112 Maria da Venezia, beata: 67 n Maria di Roavia: 28 Marioli, Luigi: 15 Märtl, Claudia: 14 Masanzuola: 71, 114 Masseo di Assisi: 85-86 Matilde di Hackeborn: 53-54 Matilde di Quedlinburg: 112 n Matilde di Ringelheim, santa: 112 Mehltretter, Florian: 14 Menestò, Enrico: 65, 70-71 Merlo, Grado Giovanni: 14 Michele, arcangelo: 76 e n Mireo, Alberto: 31 e n Mita, suora: 103 Molano, Giovanni: 31, 33 Monica, santa: 80 Negusanti, Rosanese v. Umiltà, santa Nicodemo: 81 n Nocentini, Silvia: 90 e n, 93 n-94 e n, 106-n Nonna, donna: 103-104 Oddi, Giacomo degli: 77 Orazio Flacco, Quinto: 97, 115 Orsini, Napoleone: 75 Ovidio Nasone: 41 Pacifico, frate: 84 Paola: 80 Paolo, san: 26-27, 112 Pásztor, Edith: 68 Patrizio, san: 23 Pazzi, Maria Maddalena de’: 87 Petrarca, Francesco: 48, 112 Pietro, san: 82, 142 Plinio il Giovane: 97, 115 Porete, Margherita: 7, 59 e n-60 Pozzi, Giovanni: 17, 19 n, 53, 68, 70 e n Prudenzio, Clemente Aurelio: 78 Radegonda di Poitiers: 112 Raimondo da Capua: 7, 13, 89 e n, 90 e n-96, 103, 105-106, 108, 110, 115 Rayssius: 36 Riccardo di San Vittore: 21 n, 42, 47 Riccardo I Cuor di Leone: 20 Ricklin, Thomas: 14 Rizzarelli, Giovanna: 14 Ruh, Kurt: 79 e n Scotti Horsfall, Mariateresa: 14 Sibilla de Gagis: 29, 34-35, 100 Sigieri, abate: 25 Simone da Cascina: 68 Strack, Georg: 14 Surio, Lorenzo: 31 e n, 33 Tancredi, Angelo: 84 Teresa d’Ávila: 11 Teuber, Bernhard: 9, 14 Thier, Ludwig: 70, 79 Thode, Henry: 74 Tommaso da Celano: 61, 73, 76-78, 84, 114 150 Indice dei nomi Tommaso di Cantimpré: 7, 11, 17-18 e n, 20-23, 26-35, 37, 39, 42-43, 45-49, 52, 54, 57-58, 98, 100, 102, 109, 111-113 Trithemius, Ioannes: 32 n Ubertino da Casale: 48 n, 63 n Ugo di Rouen: 42 Ugo di San Vittore: 42 Umiltà, Beata, santa: 103, 143 Vanna da Orvieto: 94, 98 Vedova, Massimo: 14, 68 Walker Bynum, Caroline: 17, 50, 101, 110 Yvette de Léau: 23 Zangari, Mattia: 7-8, 15 ISBN 978-3-8233-8360-4 Come in un castello incantato, tre mistiche guardano immagini che le fanno volare. I testi che parlano di loro traboccano di visioni ove bambini divini saltano fuori da culle celesti; fanciulle graziose in groppa ai cavalli percorrono boschi «trasformanti»; Madonne che parlano possono inchinarsi davanti alle donne o possono litigare con loro; Cristi loquaci possono animarsi, in modo da «sedurre» le mistiche, o possono sconvolgerle come i cavalieri delle favole. In questo libro si analizzano le storie di tre donne mistiche - due agiografie e un’autobiografia - fatte di parole sì, ma pure di immagini. Inizialmente l’attenzione è rivolta all’agio-biografia di santa Lutgarda (1182-1246), appartenente alla raccolta di vite scritte dal domenicano Tommaso di Cantimpré - le Vitae matrum; Lutgarda mostra infatti di avere alcune visioni di personaggi celesti in base a come questi venivano rappresentati dall’iconografia del suo tempo. Un’altra esperienza mistica analizzata è quella di sant’Angela da Foligno (1248-1309), una donna carnale e passionale che cerca l’Assoluto con l’aiuto delle immagini dipinte, come leggiamo nella sua autobiografia spirituale. Il cerchio si chiude con la mistica sant’Agnese da Montepulciano (1268-1317), a sua volta molto sensibile al «potere delle immagini». Delineando le storie di queste donne, lo studio mette in luce un’indicazione metodologica che riguarda la possibilità di individuare, nella rappresentazione agiografica, motivi comuni fra le mistiche del Nord Europa e quelle italiane, individuando così un typus di santità femminile europea. Mattia Zangari Tre storie di santità femminile Mattia Zangari Tre storie di santità femminile tra parole e immagini Agiografie, memoriali e fabulae depictae fra Due e Trecento 18360_Umschlag.indd Alle Seiten 08.11.2019 10: 16: 13