Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.2357/Ital-2019-0010
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2019
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Fesenmeier Föcking Krefeld OttDagmar Reichardt/Lia Fava Guzzetta (a cura di): Verga innovatore/Innovative Verga. L'opera caleidoscopica di Giovanni Verga in chiave iconica, sinergica e transculturale/The kaleidoscopic work of Giovanni Verga in iconic, synergic and transcultural terms (Transcultural Studies - Interdisciplinary Literature and Humanities for Sustainable Societies, Vol 1.), Frankfurt am Main: Peter Lang, 2016, 378 Seiten, € 64,95
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2019
Maurizio Rebaudengo
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108 Kurzrezensionen Dagmar Reichardt/ Lia Fava Guzzetta (a cura di): Verga innovatore/ Innovative Verga. L’opera caleidoscopica di Giovanni Verga in chiave iconica, sinergica e transculturale/ The kaleidoscopic work of Giovanni Verga in iconic, synergic and transcultural terms (Transcultural Studies - Interdisciplinary Literature and Humanities for Sustainable Societies, Vol. 1), Frankfurt am Main: Peter Lang, 2016, 378 Seiten, € 64,95 Il volume inaugura una nuova collana per i tipi del prestigioso editore Peter Lang, aperta a nuove prospettive di studi, grazie alle quali autori del canone letterario vengono riesaminati da un punto di vista contemporaneo, senza venire meno alle necessarie garanzie storico-filologiche, anzi: proprio loro generano la capacità di una trasposizione cronotopica propria dei grandi scrittori Del resto, come ha dichiarato Roland Barthes (Le grains de la voix Entretiens 1962-1980, 1981), la materia prima della letteratura, il linguaggio, «est un lieu dialectique où les choses se font et se défont, où il immerge et défait sa propre subjectivité»: l’articolazione polifonica di questa raccolta di saggi dimostra, appunto, come Giovanni Verga avesse già contezza della propria plurivalente scrittura Preceduti da una introduzione (Le innovazioni ‘caleidoscopiche’ del Verga. Dal Verismo siciliano alla transculturalità di Dagmar Reichardt) e da una prefazione (Considerazioni preliminari sui contributi critici del Volume di Lia Fava Guzzetta), i saggi sono suddivisi in quattro sezioni: I Rileggere Verga/ Re-reading Verga, con i contributi di Riccardo Scrivano, Franco Musarra, Georges Güntert, Norma Bouchard, Rawda Zaouchi-Razgallah, Dario Tomasello, Bernard Urbani e Angelo Pagliardini, sezione in cui i testi verghiani sono analizzati con gli strumenti delle scuole critiche del secondo Novecento; II Verga transmediale/ Transmedial Verga, con i contributi di Lia Fava Guzzetta, Nino Genovese, Anne Begenat-Neuschäfer, Gaetana Marrone, Sarah Zappulla Muscarà e Maria Luisi, sezione in cui si analizza la flessibilità del linguaggio verghiano nel prestarsi ad una fruizione extra-letteraria, convalidata dal militante interesse personale per musica, cinema e fotografia; III Verga intertestuale e transculturale/ Intertextual and Transcultural Verga, con i contributi di Monica Jansen, Remo Ceserani, Rita Vendrame e Joseph Farrell, sezione in cui si esamina la diffusione spaziale (per le traduzioni) e temporale (nella sua influenza sulla recente nouvelle vague realista della narrativa italiana) dell’opera verghiana; DOI 10. 23 57/ Ital-2019 - 0 010 Italienisch_81.indb 108 02.07.19 14: 05 109 Kurzrezensionen IV Appendice letteraria/ Literary Appendix, sezione così denominata perché ospita i testi di due scrittori, Melo Freni e Giuseppe Quatriglio, che si cimentano in un esercizio critico sul loro illustre conterraneo Il criterio fondante del volume è illustrato assai bene nella introduzione di Dagmar Reichardt: uno scrittore tradizionalmente confinato - per non dire ingessato - entro l’etichetta del Verismo dispiega il proprio potenziale giustamente definito dalla studiosa «rizomatico» se inserito nel canone della world literature, offrendogli così l’opportunità di dialogare criticamente con contesti culturali e spazio-temporali anche altri dalla sicilitudine di sciasciana memoria L’autore dei Malavoglia e Mastro-don Gesualdo può divenire così un autore ‘scomodo’, come rilevato da Lia Fava Guzzetta, poiché le schematiche certezze classificatorie vengono messe in crisi da quanto lo scrittore stesso ha disseminato all’interno delle proprie opere Riccardo Scrivano (Giovanni Verga dall’apprendistato all’invenzione) esamina lo sviluppo dell’officina letteraria verghiana, favorito dall’amicizia e dal costante confronto con Luigi Capuana, fino all’esito dei Malavoglia, che - se pure causa di frustrazione per la deludente ricezione - presentano un modello di ‘nuova scrittura’, come si evince dall’attenta analisi della stratificazione linguistica del romanzo: «la famiglia, quale struttura antropologica simbolica di tutto il paese primitivo è confermata nello stesso spazio e tempo che occupa il romanzo, come unità retorica» (p 69) Franco Musarra (L’ironia in Verga e non solo) considera il concetto di ‘ironia generativa’ - che permette un’analisi macrostrutturale dell’opera verghiana, quindi - grazie agli strumenti offerti da Linda Hutcheon con l’individuazione delle ‘comunità discorsive’ in quanto nuclei di produzione ironica all’interno della comunicazione testuale L’ironia verghiana, prodotta da un solido humus ideologico, è il capostipite di una linea viva negli altri grandi scrittori per lo più siciliani (De Roberto, Pirandello, nei quali «l’ironia diviene il deterrente costantemente attivo nei confronti di ogni pensiero forte sia questo di origine religiosa, filosofico-esistenziale o estetica»; Vittorini, Sciascia, Consolo, Brancati, e Patti «per la loro ironia correttiva e morale»; Bufalino e Bonaviri «preferiscono servirsene [dell’ironia] da velo che nasconde e protegge», p 88) Georges Güntert (Narrazione attribuita e ironia in Rosso Malpelo: il ruolo del lettore), grazie ad una accurata analisi narratologica, dimostra come la cosiddetta ‘impersonalità’ verghiana non debba considerarsi come una neutralità di giudizio o - peggio - indifferenza verso la vicenda narrata, ma anzi favorisca lo sviluppo nel lettore di una coscienza critica, dissenziente dalla voce narrante È soprattutto nell’analisi del segmento-cerniera della novella, quello contenente la contemplazione della carcassa dell’asino grigio, Italienisch_81.indb 109 02.07.19 14: 05 110 Kurzrezensionen una lezione di etica materialista a Ranocchio, che emerge il punto dello studioso: il confronto tra l’asino vivo e l’asino morto rappresenta sì la trasformazione morale del protagonista, ma soprattutto è il luogo in cui viene «tematizzato […] il piano dell’enunciazione: […] una configurazione dell’ironia inscritta nel testo: un’ironia intesa come superiorità mentale e capacità di prendere distacco, che ovviamente non è dell’asino morto ma di Malpelo filosofo e, in ultima analisi, del lettore reso partecipe del suo sapere» (p 102) Norma Bouchard (Uncovering Giovanni Verga’s post-colonial Consciousness From Vita dei campi to I Malavoglia) ripercorre lo sviluppo della narrativa verghiana cronologicamente intrecciato al processo di unificazione postrisorgimentale, secondo la visione critica gramsciana Con un accurato uso delle fonti, la studiosa, quindi, delinea «a discussion of the epistemic violence of colonialism from the post-colonial critical position» (p 109): un periodo nel quale il Meridione venne letteralmente saccheggiato per garantire risorse alle industrie settentrionali, condannando quella parte del Paese ad una miseria all’origine del flusso migratorio a partire dal 1876, in una prospettiva di espansione coloniale mirata anche all’Africa, giustificata da narrazioni (più che vere e proprie indagini scientifiche) sulla inferiorità razziale di queste regioni Per quanto Verga sostenesse il processo di unificazione come il colonialismo africano, i suoi testi - principalmente le novelle di Vita dei campi e il romanzo I Malavoglia - si concentrano precipuamente sulle classi sociali subalterne meridionali: «by so doing, however, Verga had enabled the subaltern’s voice to endure as indelible trace: the absent presence of the postcolonial subject that lies at the foundation of the modern Italian nationstate» (p 123) Rawdha Zaouchi-Razgallah (L’influenza verghiana sugli italianisti tunisini: rivoluzione e attualità) propone una lettura comparata tra l’universo ideologico delle novelle di Vita dei campi e la contemporaneità socio-politica del proprio Paese, la Tunisia emersa con la Rivoluzione dei gelsomini (2010-2011), e della Primavera araba in generale: «Siamo diversi geograficamente, storicamente ma uguali, anzi figli di un’unica storia con i propri eventi e le medesime azioni, condividiamo sentimenti, comprendiamo dolori altrui, piangiamo la crudeltà dell’altro e della sorte, critichiamo il potere illegittimo dei terzi, soffriamo la violenza e la disumanità degli esseri e la loro influenza sulla nostra vita Tutto è presente e tramandato tramite modi diversi Ognuno si esprime in un modo diverso ma tutti sboccano nella stessa direzione e nello stesso mare Mediterraneo» (p 133) Italienisch_81.indb 110 02.07.19 14: 05 111 Kurzrezensionen Dario Tomasello (Tra Pitrè e Capuana. Verga e quelle strane ‘gare’) propone un originale percorso critico: lo studioso messinese, infatti, individua in alcuni testi di Verga (in particolare la novella Guerra di santi) e Capuana (Profumo) l’anticipazione degli studi etnologici di Giuseppe Pitrè (Feste patronali in Sicilia) Tramite i nessi istituiti dallo studioso, nella da lui individuata «triade Capuana-Verga-Pitrè» la violenza viene desacralizzata, trasformandosi in pura e semplice manifestazione patologica Bernard Urbani [De la révolte à la reaction: Monologue à bord (Alphonse Daudet) - Libertà (Giovanni Verga)] confronta due racconti, scritti a distanza di dieci anni l’uno dall’altro (1873 e 1883), basati entrambi su eventi storici (la Comune parigina e lo sbarco dei Mille in Sicilia), che avevano suscitato illusorie speranze di riscatto nelle classi sociali subalterne: «À travers la trajectoire anecdotique d’un individu ou d’un groupe, c’est toute une vision du monde qui se revèle Verga et Daudet […] invitent le lecteur à lire leurs textes au-delà de l’apparence, à refléchir sur l’individu, aveugle, livré corps et âme à l’Histoire et au Progrès, sur le vide de son existence et ses difficultés d’intégration sociale» (p 174) Angelo Pagliardini (La rappresentazione monumentale e architettonica della decadenza nobiliare nel Mastro-don Gesualdo di Verga) applica al capolavoro verghiano lo studio di un sottogenere, recentemente individuato da Alexandra Vranceanu, il romanzo ecfrastico, in cui «la descrizione di un’opera d’arte, reale o fittizia, diventa il motore narrativo principale dell’azione del romanzo» (p 178); in Mastro-don Gesualdo, la descrizione di alcuni palazzi nobiliari, svolta dal punto di vista popolare, diventa lo sfondo scenografico per l’edilizia sviluppata dal protagonista eponimo, esprimendo così il processo di decadenza opposto alla nuova, solida muratura borghese, se non popolare Verga, pertanto, attua una tecnica espressiva definibile come ‘multimediale’ che - secondo lo studioso - trova degli epigoni in Tomasi di Lampedusa e nell’iperrealismo di Roberto Saviano Lia Fava Guzzetta (L’occhio ‘nuovo’ del Verga. Verso una scrittura filmica e multimediale) esamina la scrittura verghiana come «grande scrigno che contiene una enorme quantità di innovazioni tecniche», la più significativa delle quali è «l’acquisizione […] di spazi di visività, con la conquista sempre più consapevole di un nuovo orizzonte iconico della scrittura capace di produrre un linguaggio che oggi chiameremmo tranquillamente cinematografico» (p 198) Italienisch_81.indb 111 02.07.19 14: 05 112 Kurzrezensionen A caratterizzare questo nuovo linguaggio sono «la gestualità come linguaggio, la ‘tecnica dei piani’ come gestione delle distanze ed evidenziazione dei dettagli in primo e primissimo piano, l’uso di significanti luminosi e sonori con voci espressive, compresenti nel testo» (p 199) Nino Genovese (Giovanni Verga e il cinema: «San Cinematografo» o «castigo di Dio»? ) ripercorre la duplice dimensione nel rapporto tra Verga e il cinema: da un lato, il suo interesse verso la nuova arte, dettato anche da interessi economici; dall’altro l’atteggiamento del mondo del cinema verso l’opera verghiana, sia nell’elaborazione di un nuovo modo di guardare la realtà - il Neorealismo - sia nei film tratti dalle opere di Verga Anne Begenat-Neuschäfer (La terra trema di Luchino Visconti) esamina il capolavoro del regista di Rocco e i suoi fratelli e del Gattopardo come un film anomalo rispetto alla dominante poetica neorealista; infatti «l’angolo scelto dal regista è più ampio [di quello del romanzo] perché lo sfruttamento di uomini avviene dappertutto […] Verga s’interessa di più ‘alla realtà com’è stata’, Visconti cerca di trasporre questo vissuto captato nel film, partendo dall’osservazione empatica, ‘come avrebbe dovuto essere’, cioè tenta di farlo sfociare in una visione sociale che Verga e il suo narratore hanno rifiutato» (p 229) Anche Gaetana Marrone (Verga e il realismo italiano nel cinema) lavora sul secondo film di Luchino Visconti, mettendo in luce - prima di tutto - la presenza di un vero e proprio clan professionale intorno al regista, e di come l’aristocratico lombardo si avvicini alla terra primitiva nota dai Malavoglia come intellettuale impegnato, che trasferisce nel tempo storico una violenza sociale di ascendenza astorica Sarah Zappulla Muscarà (Giovanni Verga fra teatro e melodramma) esamina il complesso rapporto tra Verga e il teatro, da intendersi sia come prosa sia come melodramma, pur stimando Verga (come scriveva ad Ugo Ojetti nell’agosto del 1894) il teatro una forma d’arte inferiore al romanzo, a causa della necessaria intermediazione dell’attore e della fruizione da parte di un pubblico radunato in massa, che anzi determina il successo o meno dell’opera Il romanziere, però, subì il fascino del teatro fin da giovane, non recidendo i legami con la forma di rappresentazione scenica più caratteristica della Sicilia, l’opera dei pupi (come testimoniato dalla commedia Don Candeloro & C.i), raggiungendo il pieno successo con Cavalleria rusticana, e ancor più nella sua versione musicale, origine di una lunga battaglia legale per i diritti d’autore tra lo scrittore, da una parte, e il compositore Pietro Mascagni e l’editore Sonzogno dall’altra Maria Luisi (Verga mediatore musicale) si concentra sul ruolo di intermediario ricoperto da Giovanni Verga tra il compositore Giuseppe Perrotta, che Italienisch_81.indb 112 02.07.19 14: 05 113 Kurzrezensionen dietro sollecitazione di Verga stesso aveva elaborato un poema sinfonico per accompagnare la prima rappresentazione del dramma Cavalleria rusticana, e l’editore Ricordi, nella speranza - da parte del musicista - di vedere pubblicate le proprie musiche, pur essendo Verga ormai lontano dal suo ambiente di provenienza Monica Jansen (Il ’78, l’anno di Verga e di Vasta: Il tempo materiale a prova di ideologia) istituisce un corto circuito cronologico tra il 1878 (anno di pubblicazione di Rosso Malpelo) e il 1978, l’anno del sequestro Moro, in cui è ambientato il romanzo dello scrittore siciliano Giorgio Vasta (pubblicato, però, nel 2008) Ma gli anni ’70, per gli studi verghiani, sono stati soprattutto quelli della pubblicazione - e della successiva discussione - de Il caso Verga (1972), con una revisione critica dell’opera verghiana in chiave neomarxista Per entrambi gli scrittori il nesso tra ideologia e linguaggio è imprescindibile, pur essendo essi vissuti in contesti assai diversi, e in Verga l’ideologia è il «realismo della negazione» secondo la formula elaborata da Donato Margarito, in particolare per la novella Rosso Malpelo, formula applicabile anche per il romanzo di Vasta, in cui il terrorismo è percepito tramite la materialità A distinguere i due scrittori, però, è il rapporto tra narratore ed autore: scarto ironico in Verga; conflittualmente immerso nella realtà, invece, per Vasta Remo Ceserani (Temptation! ) esamina la novella Tentazione! , pubblicata in Drammi intimi nel 1884, nello sviluppo della trama, confrontando anche le due esistenti traduzioni in inglese (Giovanni Cecchetti [1973] e Christine Donougher [2003]) Il terribile caso di stupro non presenta, però, «a moral or ideological interpretation»; lo stile è assai simile a quello delle notizie di cronaca ma senza i loro tratti caratteristici: «impressionableness, exaggeration, scandal» (p 316) per due ragioni, esaminate nel corso del saggio: da un lato, il tema vero della novella non è lo stupro, ma la tentazione che si impossessa dei tre giovani uomini; la seconda risiede nei continui mutamenti del punto di vista narrativo, dovuto al prevalere del desiderio bestiale, tale da cancellare la luce della coscienza Rita Verdirame (L’opera di Verga in alcune regioni europee: traduzioni, fraintendimenti e ricezione) mostra la difficoltà di trasferire in un altro contesto socio-culturale e linguistico l’idioletto proprio delle opere verghiane, dando luogo a manipolazioni anche del titolo (si veda, una su tutti, la traduzione americana dei Malavoglia, ad opera di Mary Craig [New York, 1890], che diventano The House by the Medlar Tree), per «fornire con immediatezza una facile chiave interpretativa a un destinatario lontano dalle consuetudini e dall’ethos isolani» (p 326) Joseph Farrell (D.H Lawrence e Giovanni Verga. Affinità elettive) ricostruisce il rapporto tra i due grandi scrittori: Lawrence, per quanto risiedesse a Taormina dal 1920 al 1922, non incontrò mai lo scrittore italiano, mutando però atteggiamento nei confronti della sua Italienisch_81.indb 113 02.07.19 14: 05 114 Kurzrezensionen opera: da un iniziale sprezzante snobismo ad un interesse per la traduzione in inglese, definendolo addirittura «Homeric», sfociato nell’attiva opera di traslazione di alcune novelle e di Mastro-don Gesualdo Per quanto numerosi siano i fraintendimenti lessicali, a spingere il romanziere inglese a compiere tale impresa furono il suo interesse per il linguaggio verghiano, proprio di uno scrittore moderno sì, ma fortemente radicato nella tradizione di provenienza, e il senso del tragico, vale a dire una forma poetica di antica ascendenza calata nella realtà sociale dei suoi tempi Melo Freni (Giovanni Verga tra storia e antistoria) esamina l’interesse di Verga per la storia: dal giovanile trasporto mostrato nel torrenziale Amore e Patria (1856), la fiducia in un possibile riscatto storico si incrina già nella vicenda de I carbonari della montagna (1859-1960) fino alla delusione contenuta in Sulle lagune (1863) e al crudele disincanto di Libertà (1882) Giuseppe Quatriglio (A Refuge for Giovanni Verga) scruta all’interno di Casa Verga, un palazzo nel pieno centro di Catania, all’interno del quale lo scrittore nacque e risiedette al terzo piano, circondato da comodità senza alcuna ostentazione, i cui arredi sono rimasti uguali a quando l’autore dava loro vita nell’uso . Maurizio Rebaudengo Sieglinde Borvitz (Hrsg.): Metabolismo e spazio simbolico. Paradigmi mediali della Sicilia contemporanea, Napoli-Salerno: Orthotes 2018, 305 Seiten, € 25,00 In dem Sammelband fragen die AutorInnen nach der gegenwärtigen Kulturproduktion Siziliens Wie die Herausgeberin Sieglinde Borvitz in der «Premessa» (S . 5-15) erläutert, nähern sich die Beiträge ihrem Gegenstand über den Begriff des Metabolismus als Sinnbild der ununterbrochenen Interaktion zwischen Kulturbetrieb und Umwelt . Der kulturwissenschaftliche Ansatz rückt dabei den prozessualen Charakter von Phänomenen wie Mythopoesis, Stadtsanierung, Dramatisierung des Verfalls, Ritualisierung und Inszenierung von Brauchtum als öffentliches Spektakel in den Vordergrund Die Beiträge sind in drei Sektionen gruppiert: «Semiosi e mappature» 1, « Ri/ Appro- 1 Beiträge von Gianfranco Marrone, Vincenzo Guarrasi, Tommaso Guariento und Mirko Lino . DOI 10. 23 57/ Ital-2019 - 0 011 Italienisch_81.indb 114 02.07.19 14: 05
