Italienisch
ita
0171-4996
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Narr Verlag Tübingen
10.2357/Ital-2019-0018
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2019
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Fesenmeier Föcking Krefeld OttA cura di Caroline Lüderssen e Marco Di Muccio
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2019
Caroline Lüderssen
Marco Di Muccio
ita41820002
2 DOI 10. 23 57/ Ital-2019 - 0 018 A colloquio con Ottavio Sellitti A cura di Caroline Lüderssen e Marco Di Muccio Ottavio Sellitti è nato a Napoli nel 1988. Dal 2007 al 2010 ha studiato Lettere Moderne all’Università Federico II a Napoli e si è laureato in Scienze letterarie e culturali all’Università Aix-Marseille. Fino al 2017 è docente assistente al Lycée Paul Cézanne di Aix-en-Provence, prima di trasferirsi a Berlino. Dal 2008 si occupa di fotografia analogica e dal 2013 lavora come fotografo freelance. È membro del comitato dell’Associazione d’artisti STATTLAB e.V. a Berlino. Nel 2016 realizza un progetto fotografico con il tema «Dov’è Elena Ferrante? - Il rione, luogo della letteratura mondiale nelle fotografie di Ottavio Sellitti», che è stato esposto tra il 2017 e il 2019 all’Istituto Italiano di Cultura di Berlino, alle fiere del libro di Lipsia e Francoforte, nella libreria Eckermann a Weimar e negli Istituti Italiani di Cultura di Oslo, Mosca e Stoccolma. Nel 2017 partecipa con una mostra dal titolo «La forme du voyageur universel» al festival Rencontres Internationales de la Photographie ad Arles. Per la Frankfurter Westend Galerie ha creato l’installazione fotografica «Postcards from Europe», in mostra dal 6 settembre al 25 ottobre 2019 (a cura di Barbara Thurau). L’installazione si compone di quattro pannelli di grande formato che rivelano quattro personali visioni d’Europa dell’artista, composizioni di fotografie scattate in diversi paesi europei che, pur presentando dettagli di unicità, restituiscono per accumulazione numerosi elementi ricorrenti. Le stampe, in bianco e nero, sono realizzate in analogico e sono sviluppate dall’artista stesso su carta fotografica baritata. Ogni foto è numerata, permettendo di ritrovare, su una brochure separata, il luogo e la data in cui la foto è stata scattata. La legenda non immediatamente fruibile infatti spinge gli spettatori a cercare di indovinare, ed a rendersi conto ad ogni errore quanto sia facile confondere le città e le nazioni. I visitatori inoltre erano invitati a scrivere i loro propri commenti sulle cartoline disponibili. «Postcards from Europe» confronta gli spettatori in maniera diretta ed immediata con la nozione di identità degli europei. La mostra è stata realizzata con il patrocinio del Consolato Generale d’Italia a Francoforte e in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Colonia e la Dr. Marschner Stiftung di Francoforte. Ottavio Sellitti vive e lavora a Berlino. Il colloquio ha avuto luogo nel settembre 2019 in occasione dell’inaugurazione della mostra. Si è cercato nella trascrizione di mantenere il carattere di lingua parlata. Italienisch_82.indb 2 20.01.20 15: 36 3 A colloquio con Ottavio Sellitti Domanda: Qual era l’idea che avevi in mente con il progetto Postcards from Europe? Ottavio Sellitti L’idea di base del progetto era stata quella di creare una raccolta di foto scattate in Europa, che in seguito avrei restituito sotto forma di cartoline per dare un’idea concreta di quello che intendiamo quando parliamo di ‘Unione Europea’. Si parla sempre di più, infatti, di istituzioni, ma queste sono lontane, sono ipotetiche, sono astratte, e gli europei probabilmente hanno poca conoscenza di quello che è realmente il resto d’Europa. Uno dei miei obiettivi per questa esposizione è quello di mostrare effettivamente cosa sia l’Europa. Ho scelto la metafora della ‘cartolina’, perché mi piaceva l’idea di ‘inviare’ un’immagine allo spettatore, volevo cioè che lo spettatore si sentisse un destinatario diretto del mio lavoro, come prima cosa; e poi perché, nella mia esperienza, io associo l’idea della cartolina a quella della scelta. Ogni volta quando ero in viaggio e usavo le cartoline, mi ricordo questi lunghi momenti di scelta della cartolina, quale cartolina scegliere per inviarla a chi. Il concetto di scelta è molto importante nella mia fotografia, e si associa al modo in cui presento le mie immagini. La vita in generale è una scelta continua, e in fotografia analogica è naturale ridurre l’atto della fotografia, il processo fotografico ad una serie di scelte. Io devo scegliere molto quando realizzo un’immagine. Devo scegliere cosa scattare, con quale obiettivo, quali impostazioni della macchina fotografica mi daranno l’effetto che voglio. E poi come sviluppare la foto, quale immagine selezionare tra le 36 foto del rullino, per la mostra o per un eventuale progetto, e infine come stampare la foto. Quando le immagini arrivano allo spettatore, quindi alla fine di tutta una lunga catena di scelte, a me fa piacere che anche lo spettatore debba continuare a scegliere. Nelle mie foto evito di creare immagini troppo semplici, troppo dirette, in cui è chiaro subito cosa voglio dire o mostrare. Per me è molto più interessante che di fronte alle mie immagini lo spettatore si domandi perché stia guardando questa immagine. Piuttosto che capire il mio intento e recepire più o meno passivamente un discorso, lo spettatore inizierà a riflettere sull’immagine che è davanti a lui. Accostare tutte queste cartoline, che ho scattato un po’ in giro per l’Europa, mi ha permesso di rappresentare in una maniera più onesta, mi sembra, la complessità dell’Europa. Ma unire tutte queste immagini in una composizione ordinata, appendendo una foto accanto all’altra in una linea, avrebbe dato un’immagine molto più organizzata di quella che è in realtà l’Europa. Costruire delle composizioni complesse fatte da una quarantina di immagini ciascuna, accostando per esempio Berlino con Palermo e con Italienisch_82.indb 3 20.01.20 15: 36 4 A colloquio con Ottavio Sellitti Porto, mi ha permesso invece di rappresentare l’Europa come si presenta nella realtà, perché l’Europa stessa non si è formata in maniera organizzata. L’Unione Europea è un’istituzione, è un qualcosa che è stato creato dopo la Seconda guerra mondiale. Prima ci sono stati quasi millenni di separazione, di rivalità e di guerre tra gli stati europei, di cui ognuno ha avuto la sua storia. Proporre un ordine rispetto a tutto questo mi sembrava poco onesto. Abb. 1: Ottavio Sellitti, Aix-en-Provence, 2017, Silbergelatinedruck auf Barytpapier D.: Com’è nato inizialmente il progetto? Sellitti Questa mostra è la seconda realizzazione di un progetto cominciato nel 2017, quando ancora vivevo in Francia. C’erano le elezioni presidenziali, e il Front National era molto virulento sui media. Mi trovavo spesso a confrontarmi con discorsi nazionalistici che ponevano l’accento su come in Francia le cose funzionassero in un certo modo per certe ragioni e invece in Italia andassero diversamente, come i tedeschi fossero diversi e così via. Tutta questa retorica del ‘noi’, ‘voi’ e ‘loro’ era diventata sempre più presente. Ovviamente ero preoccupato da questa cosa, ma soprattutto sorpreso, perché da italiano che viveva in Francia da sei anni tutte queste differenze non le vedevo. Anzi, proprio durante la mia esperienza all’estero mi sono reso conto che le similitudini a livello umano e individuale sono molto più Italienisch_82.indb 4 20.01.20 15: 36 5 A colloquio con Ottavio Sellitti sorprendenti e presenti rispetto alle differenze tra i vari Paesi. Uno stato si può organizzare in un modo o in un altro, può cercare di gestire la cosa pubblica diversamente. Quando però si va a vedere la vita individuale delle persone, ci si accorge molto facilmente che è la stessa: ci si sveglia, si va a lavorare, si torna a casa. Ci sono valori comuni che sono gli stessi, a prescindere dal fatto che si abiti in Italia oppure in Francia. Avvertivo come questa tendenza nazionalistica da una parte fosse infondata e dall’altra estremamente pericolosa. Volevo combattere queste idee nazionaliste con il mio lavoro. Ovviamente dire ai nazionalisti che le loro idee sono sbagliate non funziona. Così ho pensato di creare qualcosa di positivo. Piuttosto che dire «non bisogna essere nazionalisti, perché il nazionalismo è sbagliato», preferisco affermare: «non bisogna essere nazionalisti, perché siamo tutti uguali». Per iniziare ho selezionato dal mio archivio delle immagini e ho realizzato una specie di gioco, «Matching postcards», composto da 12 cartoline con testo e 12 cartoline con immagini di città europee che vanno messe assieme. La difficoltà di trovare la corrispondenza tra foto e testo dimostra quanto sia difficile capire in quale città sia stata scattata la foto. Non è semplice capire se un soggetto sia in Italia o in Germania, in Francia, o in Spagna guardando semplicemente la superficie. La mia conclusione è che siamo tutti uguali, «we are all alike». Per la mostra nella Frankfurter Westend Galerie, ho allargato questo concetto scegliendo molte più immagini, e disponendole poi su quattro pannelli. Ho pensato anche di sfruttare ulteriormente l’oggetto ‘cartolina’, lasciando a disposizione degli spettatori delle cartoline con dosso vuoto e chiedendo espressamente di scrivere i loro pensieri di fronte alle immagini: cosa ha colpito la loro immaginazione e quali sono state le idee nate da questa esperienza. D.: Come hai realizzato il tuo progetto dal punto di vista organizzativo e tecnico? Sellitti Nella fattispecie, per creare le quattro composizioni che sono esposte alla Frankfurter Westend Galerie, come prima cosa ho fatto un grosso lavoro d’archivio, di selezione e identificazione di immagini che potessero rappresentare questa mia idea dell’Europa, cioè che mostrassero in maniera più semplice quella che è la vita normale degli europei in giro per l’Europa. Ho fatto la selezione tra le foto scattate tra il 2013 e il 2019. Una volta fatta la selezione, ho stampato tutte le foto in camera oscura. Italienisch_82.indb 5 20.01.20 15: 36 6 A colloquio con Ottavio Sellitti Nella fotografia analogica, uno degli aspetti più importanti per me è il processo stesso, in cui rivivo in un certo modo il momento in cui ho scattato la foto. Lo sviluppo, la selezione e la stampa dell’immagine ogni volta amplificano e fanno rivivere all’infinito questo momento. Per me, quello che conta in una fotografia è sì l’immagine, ma è anche la carta su cui questa fotografia si crea quando l’emulsione viene colpita dalla luce, è anche il peso, il graffio, la polvere. La fotografia è un oggetto reale, non è solo un’immagine. Ci tengo a sottolineare questa cosa in un momento in cui sempre di più si confonde la fotografia con l’immagine che la fotografia mostra. Per questo approccio quasi artigianale nella stragrande maggioranza delle foto che ho stampato, sono partito dal ritagliare pezzi di carta da grandi rotoli, alti un metro e lunghi 30 metri. Ogni foto è stata stampata e sviluppata all’ingranditore nella camera oscura a Berlino, è stata rifilata e appiattita: è un processo che richiede moltissimo tempo, per ogni immagine all’incirca tre ore solo di processo di produzione, senza contare il tempo necessario per stampare l’immagine. Una volta terminata la fase di produzione e di stampa delle immagini, mi sono trovato con 240 ‘cartoline’ scattate in questi miei sei anni di vita all’estero, e con queste cartoline sono andato a Francoforte. Non avevo un piano di costruzione per le mie composizioni, volevo crearle sul momento. Grazie al fondamentale aiuto dello staff della galleria ho potuto costruire in tre giorni le quattro composizioni, che quindi sono state create espressamente per la mostra di Francoforte e che alla fine della mostra verranno smontate, in modo che le 240 foto slegate facciano ritorno a Berlino. Abb. 2: Installation Postcards from Europe für die Ausstellung in der Frankfurter Westend Galerie, eine von vier Forexplatten mit je 40 - 45 Silbergelatinedrucken auf Barytpapier, 80 x 200 cm Italienisch_82.indb 6 20.01.20 15: 36 7 A colloquio con Ottavio Sellitti D.: Nel momento in cui scattavi le fotografie, avevi già pensato di presentarle in una mostra? Sellitti All’inizio non ho pensato ad una mostra. Sin da quando ho scoperto questa pratica, fare fotografia è sempre stato qualcosa di molto presente nella mia vita e per la maggior parte del tempo dal 2008, quando ho cominciato. Fino ad oggi ho quasi sempre con me una macchina fotografica, anche prima che tutti noi ne avessimo una sempre disponibile con gli smartphone. Questo mi ha portato ad avere a disposizione un grande archivio in cui posso scavare e trovare immagini di luoghi visitati nel passato. Un altro elemento delle ricerche che porto avanti è il tentativo di rappresentare uno sguardo ingenuo, naïf sulle cose, quando si tratta di città che non conosco, di nuovi luoghi che scopro. Questo primo sguardo che si ha su una città o su un luogo è qualcosa di molto delicato, fragile ed interessante. Delicato e fragile, perché appena si ritorna in un luogo, appena lo si conosce un po’ meglio, questa ingenuità sparisce. Non si può ‘disconoscere’ qualcosa, non si può dimenticare quello che si è appreso in seguito, e questo sapere quindi necessariamente influenzerà il nostro approccio a determinati spazi. Durante la mia esperienza in Francia a Aix-en-Provence ho lavorato molto anche sulla composizione, ovvero sul modo in cui un’immagine fotografica sia la rappresentazione del soggetto dell’immagine, ma sia anche costruita dal rapporto di forme, linee e colori oppure di ombre e grigi. Questi due elementi, un elemento più contenutistico come lo sguardo naïf sulla città, e un elemento più tecnico, cioè il modo di fotografare, hanno formato una certa coerenza nel materiale per questa mostra. Tutte queste immagini non sono interessanti come immagini a sé, come un punto di vista, come una finestra surreale. Le considero come le parole in un testo, come le frasi in una conversazione che possono essere utilizzate in maniera quasi modulare per creare dei messaggi diversi. Ed è anche per questo che la mia composizione della mostra a Francoforte è nata sul momento e non era stata preparata in precedenza, mi faceva piacere far risuonare tutti questi vari elementi del discorso tra di loro in maniera estemporanea. In questo modo mi sembra più di rappresentare il vocio generale delle lingue che si possono ascoltare in Europa, piuttosto che avere un discorso scritto al tavolino e ben preparato. D.: Ti ha sorpreso vedere che certe zone delle città sono così simili tra di loro? Italienisch_82.indb 7 20.01.20 15: 36 8 A colloquio con Ottavio Sellitti Sellitti Piuttosto mi ha sorpreso il fatto che le zone delle città sono simili per via di analoghe circostanze ambientali e locali, alle quali l’uomo reagisce con analoghe soluzioni architettoniche o urbanistiche. Le città si assomigliano perché in fin dei conti sono gli stessi esseri umani che le hanno costruite. Fotografando cerco sempre di avere uno sguardo neutro, senza pregiudizi, senza un’idea pregressa. Quindi in realtà io sono sempre sorpreso, le immagini che scatto sono sempre il risultato della mia sorpresa di fronte a quello che sto guardando, a quello che sto fotografando. D.: Hai un’idea specifica di come gli osservatori possano capire e interpretare il tuo progetto? Sellitti Nel costruire questa mostra mi rendo conto di chiedere molto ai miei spettatori, perché non si tratta solo di contemplare immagini con un intento evidente. Mi rendo conto che forse, a un primo colpo d’occhio, gli spettatori possono essere un po’ spiazzati, sopraffatti da questa composizione ‘overwhelming’. Non mi riferisco certo allo spettatore affrettato che dà uno sguardo veloce all’immagine e poi va via, penso invece ad uno spettatore ideale, che guardando una fotografia si ponga la domanda del perché, ad uno spettatore che produca delle nuove idee e che le scriva sulle cartoline che ho lasciato a disposizione. D.: Quale domanda dovrebbero cercare o quale risposta dovrebbero trovare gli spettatori? Sellitti La cosa più importante per me è che gli spettatori si trovino di fronte, nella maniera più semplice e diretta possibile, all’Europa. È importante che a Francoforte si veda com’è la vita in Grecia, e magari se la mostra va a Palermo e da Palermo a Napoli, si veda come le persone vivono a Berlino. Voglio proporre agli spettatori delle scene di vita normale di tutti i giorni in modo che possano rendersi conto che tutte quelle piccole cose ci tengono assieme e che ci sono più somiglianze che differenze. Questo concetto raramente è mediatizzato o rappresentato e lo conosce solo chi viaggia molto in tutti questi Paesi. Quando dico ‘noi’ non penso solo a noi europei ma penso a noi esseri umani. La grandezza dell’Unione Europea non sta tanto nel fatto che sia ‘europea’ quanto nel fatto che sia ‘Unione’, è un piccolo passo che l’essere umano è riuscito a compiere nella direzione giusta. Italienisch_82.indb 8 20.01.20 15: 36 9 A colloquio con Ottavio Sellitti D.: Hai una fotografia preferita? Sellitti Domanda difficilissima con 240 foto. Anche se considero le immagini parti di un discorso, ci sono alcune parti di questo discorso che preferisco. Riesco a coniugarle al loro interno perché sono portatrici di un qualcosa che in quel momento stava succedendo nel luogo in cui mi trovavo, mentre per lo spettatore il messaggio si crea in una maniera spesso del tutto sorprendente. La fotografia è un mezzo artistico estremamente complesso e singolare: a me interessa molto cercare di bloccare in maniera reale quello che reale non è. La stampa sulla carta esiste realmente, ma le immagini da cui sono partito - e non faccio interventi di modifica dell’immagine - spesso non sono reali. Per esempio, un’immagine molto cara che ho scattato al Willy-Brandt-Haus di Berlino, la sede del Partito socialdemocratico tedesco, riprende un gruppetto di tre ragazzi che camminano. La cosa incredibile è che per un sistema di specchi e vetri del palazzo, questo gruppetto di tre ragazzi che camminano per i fatti loro sotto il porticato diventa una folla enorme, una folla ben inquadrata in questi specchi. Questa foto mi permette di andare oltre il semplice apprezzamento architettonico e decorativo per creare una folla che nella realtà non c’è, e creare una folla è quello che un tal partito dovrebbe fare. Mi piace quindi creare nell’immagine qualcosa che non è immediatamente chiaro e che esiste solo perché ho fatto la foto in quel momento. Certe ombre, certe linee che indicano delle azioni, la sagoma di un passante davanti a un muro mentre una macchina sta passando - tutto questo senza la foto non esisterebbe. Tutti questi movimenti e tutta questa coreografia di elementi in un’immagine rispecchiano il caos che mi piace sintetizzare. Abb. 3: Ottavio Sellitti, Berlin, 2016, Silbergelatinedruck auf Barytpapier Italienisch_82.indb 9 20.01.20 15: 36 10 A colloquio con Ottavio Sellitti D.: Quale cartolina tra quelle scritte dagli spettatori ti è rimasta impressa? Sellitti Durante il vernissage ho notato con piacere che molti visitatori avevano accettato il gioco di completare la mostra a modo loro, ed alcuni hanno cominciato a scrivere dei testi. Sono stato molto colpito dalla semplicità e dalla forza di questa semplicità di un testo scritto da una bambina, di 5 o 6 anni, che di fronte a una foto dei gatti al sole a Istanbul ha semplicemente affermato: «I gatti hanno capito tutto». Tra le cartoline che ho letto, è quella che veramente rappresenta ciò che mi aspetto dagli spettatori. Sono molto contento che questa bambina mi abbia lasciato questo messaggio meraviglioso con il disegno di un sole. La prima a capire perfettamente cosa io volessi è stata una bambina. Abb. 4: Ottavio Sellitti, Istanbul, 2019, Silbergelatinedruck auf Barytpapier D.: Quanto di politico c’è nel tuo progetto? Che messaggio vorresti lanciare allo spettatore? Italienisch_82.indb 10 20.01.20 15: 36 11 A colloquio con Ottavio Sellitti Sellitti Dipende da cosa definiamo come politico. In questo progetto, come ho già detto, voglio dimostrare che siamo tutti uguali. Questa dichiarazione è politica a un primo livello. Ma vorrei dire più di questo: guardatevi attorno e decodificate il reale con la vostra mente, cercate di capire quello che vi vogliono dire le cose che vedete attorno a voi. Forse il messaggio più politico che idealmente voglio trasportare con la mia mostra è l’invito a porsi delle domande, a decifrare quello che si sta guardando piuttosto che cercare delle conferme di quello che già si pensa attraverso i pregiudizi delle differenze che ci sono tra i nostri Paesi europei. D.: Come valuti la situazione politica dell’Europa? In quale misura ti senti europeo? Sellitti La situazione politica dell’Europa attuale mi sembra piuttosto delicata e complessa, e non ho grandi risposte, ma sono ancora speranzoso che tutti i milioni di esseri umani che si sono messi assieme credendo in questo progetto non perdano la speranza e continuino a fare i passi necessari per risolvere i problemi che esistono nel nostro sistema politico. Io personalmente mi sento molto più europeo che italiano. Vedo questo come una grandissima ricchezza su cui sento di poter contare, forse la ricchezza più grande creata dopo la Seconda guerra mondiale. Il regalo più prezioso dei popoli europei è proprio il fatto di riconoscersi come tali. Questo comporta un sistema di diritti e di doveri anche superiore al sistema nazionale, che garantisce al popolo europeo di vivere meglio, di potersi spostare liberamente. Ovviamente, è una tematica molto complessa il fatto di darsi delle leggi sopranazionali che obbligano le imprese, i cittadini o i sistemi nazionali a obbedire a delle scelte, per di più problematiche, che tengono conto di più persone, di un intero continente. Credo però anche che questo fatto comporti un avanzamento dei diritti dei cittadini nei singoli Paesi più di quanto sarebbe stato possibile se i singoli Paesi fossero rimasti divisi. Italienisch_82.indb 11 20.01.20 15: 36
