Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.2357/Ital-2020-0002
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2020
4283
Fesenmeier Föcking Krefeld OttA colloquio con Carlo Ginzburg
61
2020
Christine Ott
Andrea Baldan
ita42830002
2 DOI 10. 23 57/ Ital-2020 - 0 0 02 A colloquio con Carlo Ginzburg A cura di Christine Ott e Andrea Baldan L’11 dicembre 2019, nell’ambito dell’inaugurazione del nuovo Italienzentrum della Goethe-Universität Frankfurt, Carlo Ginzburg ha tenuto una conferenza dal titolo «Il formaggio e i vermi nel 2019 Che cosa ci insegna la microstoria oggi? / Der Käse und die Würmer in der Neuausgabe von 2019 Was lehrt uns die Mikrogeschichte heute? » Carlo Ginzburg è nato a Torino il 15/ 04/ 1939, da genitori ebrei non osservanti Sua madre era Natalia Ginzburg, la famosa scrittrice, di cui vanno ricordati almeno Lessico famigliare e Caro Michele Suo padre era Leone Ginzburg, nato a Odessa e emigrato in Italia, dov’era impegnato nella lotta antifascista; morì a Roma nel 1944 dopo essere stato incarcerato e torturato dai nazisti Carlo Ginzburg, professore emerito presso la Scuola Normale Superiore a Pisa, è diventato celebre grazie alla sua indagine storica sul cosmo di un mugnaio friulano del ’500, pubblicata per la prima volta nel 1976 con il titolo Il formaggio e i vermi Ginzburg vi racconta, sulla base di documenti giudiziari, la storia del mugnaio Domenico Scandella, detto Menocchio, accusato di eresia dall’Inquisizione È la storia di un autodidatta e di un lettore ‘selvaggio’ (per dirla con le parole dell’editore Klaus Wagenbach presso cui sta per uscire la riedizione della versione tedesca del libro) Selvaggio perché Menocchio smantella i libri che legge e isola le parole dal contesto, talvolta deformandone il significato La lettura dei testi avviene secondo una chiave di lettura «diversa da quella espressa nella pagina a stampa - una cultura orale» (Il formaggio e i vermi, p 42) Proponendosi di scrivere la storia dal punto di vista degli umili e dei perseguitati, Ginzburg è divenuto con questo libro uno dei padri fondatori della microstoria A Il formaggio e i vermi, tradotto ormai in più di venti lingue, sono seguite altre indagini, tra le quali ci limitiamo a ricordare quelle dedicate a Piero della Francesca (Indagini su Piero, Torino: Einaudi 1981), ai processi di stregoneria e alla concomitante emarginazione di gruppi sociali quali streghe, eretici, ebrei, musulmani e lebbrosi (Storia notturna Una decifrazione del sabba, Torino: Einaudi 1989; nuova edizione, Milano: Adelphi 2017) e al metodo storico (Il filo e le tracce Vero falso finto, Milano: Feltrinelli 2006) .- Sono libri che hanno rivoluzionato, di volta in volta, il modo in cui si scriveva di storia, di pittura, di letteratura Durante il nostro incontro con Carlo Ginzburg abbiamo parlato del suo ultimo libro, Nondimanco Machiavelli, Pascal (Milano: Adelphi 2018), del metodo della microstoria, dell’importanza della letteratura e della nuova edizione, anch’essa appena pubblicata, de Il formaggio e i vermi (Milano: Adelphi 2019) 83_Italienisch_Inhalt.indb 2 19.06.20 16: 36 3 A colloquio con Carlo Ginzburg Christine Ott Vorremmo incominciare con il Suo ultimo libro, Nondimanco, dedicato a Machiavelli e ad alcuni suoi illustri lettori, tra cui Pascal e Tomasi di Lampedusa Nell’introduzione Lei spiega in quale senso si possano pensare insieme Machiavelli e Pascal e a tal proposito menziona la teologia politica, osservando che subito si pensa alla Teologia Politica di Carl Schmitt: un fautore del regime nazista, il quale sosteneva che i concetti politici sono in origine concetti teologici secolarizzati, e che lo stato d’eccezione è paragonabile al miracolo La riflessione di Machiavelli attorno all’utilità di conservare alcuni principi di religione affinché si stabilisca un regime (politico) e le riflessioni amare di Pascal sulla necessità dei miracoli per la sopravvivenza della religione sembrano essere presentate come presupposti, naturalmente involontari, del pensiero di Schmitt Lei intende questo? Carlo Ginzburg «Involontari»? Assolutamente no . Si trattava di precedenti di cui Schmitt era ben consapevole . Schmitt nasconde la sua fonte, cioè Pascal, come fa altre volte, come quando allude a un «teologo protestante» che poi risulta essere Kierkegaard . È possibile che in questo caso tra Pascal e Schmitt intercorra una catena lunga, che mi riprometto di indagare in futuro . Comunque, al di là dell’accenno a Schmitt, ho cercato di identificare echi della lettura di Machiavelli negli scritti di Pascal: qualcosa che non ci aspetteremmo . Pascal avrà certamente letto Machiavelli in italiano; ma nella prefazione alla traduzione francese poté trovare un accenno alla necessità dei principi di adattarsi (s’accommoder) alle esigenze della politica, poi ripreso in una delle Pensées Che la teologia politica in età moderna cominci con Machiavelli, mi pare più che plausibile Probabilmente si può andare molto più indietro Jan Assmann è partito dall’Egitto, tuttavia credo che se vogliamo ragionare sopra la prima età moderna Machiavelli rappresenti un punto decisivo Ott Mi sono, infatti, chiesta, se l’idea retrostante sia quella dell’attualità allarmante delle teologie politiche o anche quelle delle filiazioni inquietanti e non volute di opere travisate, come Lei osserva a proposito de Les lettres provinciales di Pascal, che, indipendentemente dalla volontà dell’autore, servirono poi a screditare tutte le religioni 83_Italienisch_Inhalt.indb 3 19.06.20 16: 36 4 A colloquio con Carlo Ginzburg Ginzburg La ricezione di un’opera letteraria o artistica o filosofica è un fenomeno estremamente complesso, che implica la possibilità di conseguenze non volute Tra queste, certamente, l’appassionante lettura illuministica di Pascal Quanto a Schmitt, la sua distanza dalla prospettiva di Pascal è ovvia Ott Recentemente Christoph Möllers ha tenuto una conferenza a Francoforte attorno alla critica della «comunità dei valori» (Wertegemeinschaft) partendo anch’egli da Carl Schmitt e distanziandosi vivacemente dal suo pensiero Möllers sosteneva che è problematico cercare di fondare un consenso politico sui valori comuni secondo il concetto di Wertegemeinschaft Sarebbe, invece, più efficace fondare una tale comunità in modo cognitivo sulla base di percezioni comuni, anziché fondarla in modo normativo Ha poi parlato dell’ironia come arma, accennando all’arte politica del XVII secolo Questa coincidenza mi ha colpito molto: da una parte la menzione di Carl Schmitt, e dall’altra l’ironia che affiora così spesso nel Suo libro Lei che cosa ne pensa? Ginzburg Da decenni il riferimento a Schmitt si ritrova dappertutto, a destra come a sinistra (in quest’ultimo caso con esiti decisamente problematici, in Italia e altrove) In Nondimanco Schmitt fa una comparsa rapidissima, nelle prime righe dell’introduzione Dell’ironia invece, in rapporto a Machiavelli e, soprattutto, a Pascal parlo a lungo L’ironia, come tipo di comunicazione, mi ha sempre appassionato C’è un libro di Dilwyn Knox intitolato Ironia Medieval and Renaissance Ideas on Irony (1989) in cui si scopre che un erudito inglese del ’700 aveva proposto di indicare i passi ironici di un libro con una manicula, una manina, in margine: un’assurdità, com’è ovvio, perché l’ironia implica una complicità tacita, una strizzata d’occhio Penso che negli Stati Uniti, per esempio, l’ironia possa funzionare soprattutto all’interno di gruppi che hanno un’origine etnica comune, in cui molto può essere dato per scontato In ogni caso mi pare che la prospettiva di Möllers non sia analitica, bensì politica Andrea Baldan Uno dei Suoi interessi di ricerca riguarda i falsi Nel Suo ultimo volume Nondimanco sono numerosi i falsi citati oppure i documenti di dubbia valu- 83_Italienisch_Inhalt.indb 4 19.06.20 16: 36 5 A colloquio con Carlo Ginzburg tazione Gli effetti innescati da essi furono vari e molteplici, e toccarono le storie personali di uomini come Galilei, Campanella, i quali hanno successivamente influenzato la storia del pensiero e dell’umanità Si ha la sensazione che l’influenza esercitata da questi documenti abbia alterato significativamente il corso degli eventi Qual è, secondo Lei, il ruolo giocato dai falsi nella storia, sia micro che macro, e nella sua narrazione? Ginzburg Decisi di cercare di diventare uno storico quando lessi, da studente, Les Rois thaumaturges di Marc Bloch (1924): un libro costruito attorno alla credenza, o leggenda, che i re francesi ed inglesi fossero in grado di guarire i malati di scrofola col semplice tocco della mano Bloch dimostrò che questa leggenda era il frutto di una costruzione politica: qualcosa di simile, diremmo oggi, a una fake news, a una falsa notizia diffusa deliberatamente Di fronte a tutto ciò Bloch mantiene un atteggiamento duplice Da un lato smonta la leggenda, dall’altro cerca di capire chi, come, e perché vi aveva creduto Il sottotitolo del libro è, infatti, Étude sur le caractère surnaturel attribué à la puissance royale particulièrement en France et en Angleterre: uno studio su un tema centrale, ossia le radici del potere monarchico, condotto a partire da un fenomeno marginale Tanti anni fa scrissi un saggio in cui connettevo l’elaborazione di questo libro a un saggio di Bloch intitolato Réflections d’un historien sur les fausses nouvelles de la guerre (1921) Parlo di «false notizie», perché Bloch racconta delle voci e notizie inverificabili, spesso false, che circolavano nelle trincee Recentemente ho partecipato a un seminario sulle fake news a Los Angeles ed a Budapest ho tenuto una conferenza su questo tema Sull’uso deliberato delle false notizie, oggi dilagante, non ci si stanca mai di riflettere Baldan Questo tema si può allacciare al motivo ed alla letteratura di Cuccagna di cui mi sto attualmente occupando Uno studio recente mette in luce come molti di questi testi dichiarino esplicitamente la finzione del racconto narrato, spesso attraverso procedimenti ironici, come l’affermazione esagerata che sia tutto vero Ginzburg Qui introdurrei una distinzione Anni fa pubblicai una raccolta di saggi che in italiano si chiama Il filo e le tracce, il cui sottotitolo è Vero falso finto 83_Italienisch_Inhalt.indb 5 19.06.20 16: 36 6 A colloquio con Carlo Ginzburg (2006; in tedesco, Faden und Fährten Wahr falsch fiktiv) La distinzione tra «falso» e «finto», che funziona in molte lingue tra cui l’italiano ed il tedesco, mi pare essenziale Gli scritti sul paese di Cuccagna non erano falsi, bensì finti Ma spacciare per vere le notizie sul numero degli immigrati in Italia o sulle capacità magiche dei re di Francia o Inghilterra, significa diffondere falsità, non finzioni Ott Nel saggio Unus testis (1992), in cui Lei prende le distanze da Hayden White, si capiscono perfettamente le Sue ragioni nell’insistere sulla distinzione tra finto e falso . 1 Comunque il problema di come distinguere è attualmente molto discusso nell’ambito degli studi letterari, anche per via di nuovi generi sviluppatisi recentemente come l’autofinzione o la docufinzione Inoltre anche se le implicazioni problematiche delle tesi di White sono evidenti, si inseriscono nel filone teorico che critica il postulato di una distinzione fondamentale tra metodi degli storici, degli studiosi della letteratura e dei filosofi perché i fatti e le storie di cui essi parlano sono sempre frutto di una (ri-)costruzione verbale È vero che i fatti parlano anche senza parola Tuttavia rimane il problema che dovendo decidere se un testo è un documento falso oppure un testo di finzione, il testo in sé non necessariamente ci permette di distinguere tra falso e finto Ginzburg Provo a rispondere Hayden White sostiene che sia impossibile tracciare un confine rigoroso tra narrazione storica e narrazione di finzione In altre parole, include entrambi i tipi di narrazione nella categoria della finzione: un termine che deriva dal latino fingere, ‘plasmare’ Se tutto è definibile come finto, diventa impossibile decidere ciò che è vero e ciò che è falso Questa tesi mi pare decisamente da respingere: per motivi cognitivi, morali, politici Nel mio saggio Unus testis partii da un saggio in cui White giudicava la posizione di chi sostiene che la Shoah non è mai esistita, «moralmente offensiva e intellettualmente sconcertante» In altre parole, l’idea di un’affermazione falsa o menzognera lo metteva in imbarazzo, soprattutto pensando a eventi meno largamente documentati della Shoah Che questo 1 Carlo Ginzburg, «Just One Witness», in: Probing the Limits of Representation Nazism and the «Final Solution», a cura di Saul Friedlander, Cambridge (Mass ., USA): Harvard University Press 1992, pp 82-96, 350-355, poi in: Faden und Fährten Wahr falsch fiktiv, traduzione di Victoria Lorini, Berlin: Wagenbach 2013 83_Italienisch_Inhalt.indb 6 19.06.20 16: 36 7 A colloquio con Carlo Ginzburg imbarazzo non l’avesse indotto a rivedere le sue categorie conoscitive, mi sembrò incredibile Per questo decisi di analizzare un caso estremo: una strage verificatasi nella Francia meridionale durante il Medioevo, che ci è nota attraverso la testimonianza dell’unico sopravvissuto (anche qui le vittime sono ebrei, ma questo non è importante per la mia dimostrazione) Certo, la distinzione tra vero, falso e finto postula l’esistenza della verità: ma se rinunciassimo ad una di queste categorie la mutilazione sarebbe profonda Come identificare un falso, in un testo o in un’immagine? Dipende A metà del ’400 Lorenzo Valla dimostrò la falsità della cosiddetta Donazione di Costantino identificando nel testo degli anacronismi linguistici Se troviamo in un quadro medievale delle tracce di blu di Prussia, sintetizzato nell’Ottocento, dobbiamo concludere che almeno la sezione in cui compare quel colore è falsa, non finta In altri casi è il contesto a fornire delle indicazioni Ma il falso, sia in un’immagine sia in un testo, può essere identificato anche su basi stilistiche, perché lo stile è (anche) un documento storico Se gli storici non sono in grado di identificare i falsi diari di Adolf Hitler (per citare un esempio di falso famoso) allora possono chiudere bottega Baldan A proposito di ciò, Lei in Nondimanco accenna molte volte alla necessità di leggere i testi «tra le righe», cosa si intende con tale espressione? Come leggere i testi tra le righe, quali sono i metodi da utilizzare per poter raggiungere queste informazioni, che si trovano tra le righe del testo? Ginzburg Il mio punto di riferimento è un famoso saggio, che ritengo bellissimo, di Leo Strauss, Persecution and the Art of Writing (1941), che comincia con un riferimento al fascismo italiano e al nazismo tedesco Tra le righe c’è anche un accenno all’Unione Sovietica, che però è stata appena invasa dalla Germania: per questo l’accenno rimane implicito In questo saggio Strauss sostiene che, dall’antichità fino alla Rivoluzione francese (e oltre), temi di religione e politica che implicavano una tesi audace non potevano essere discussi in maniera esplicita Per questo venivano proposti in maniera obliqua: per identificarli dobbiamo imparare a leggere tra le righe Supponiamo, scrive Strauss, che un testo proponga una tesi audace seguita da una confutazione convenzionale, e che la confutazione sia molto più debole della tesi: questa sequenza potrebbe essere deliberata Qui faccio un esempio legato alla mia ricerca Nello scritto di Lorenzo Valla sulla Donazione di Costantino, di cui mi occupai molti anni fa, mi era sfuggito un passo che ho ana- 83_Italienisch_Inhalt.indb 7 19.06.20 16: 36 8 A colloquio con Carlo Ginzburg lizzato in un saggio intitolato «The letter kills», dedicato alla ricezione dalla frase di San Paolo (2 Corinzi, 3, 6) . 2 Valla racconta che quand’era giovane, mentre leggeva il Libro di Giobbe, aveva chiesto chi lo avesse scritto: qualcuno gli aveva risposto: «Giobbe» Trovandolo nominato nel testo, aveva pensato che Giobbe non poteva avere scritto il libro E Valla commenta: «Il che si può dire di molti altri libri, dei quali non è opportuno discorrere in questo luogo» (La falsa donazione di Costantino, par XXI) Si tratta, a mio parere, di un’allusione al passo del Deuteronomio (34, 5 gg .) in cui si parla della morte di Mosé, che quindi (suggerisce Valla) non può essere considerato autore del Pentateuco Mi pare un tipico caso di comunicazione obliqua: accennare ad una questione e poi dire di non volerla trattare è un modo per richiamare l’attenzione Qui vorrei ricordare la definizione di filologia data da Nietzsche: «l’arte di saper leggere lentamente» Penso che si debba combinare (e insegnare a combinare) la velocità straordinaria di Internet con la lettura lenta Le due cose non sono incompatibili, tutt’altro Ott Vorrei porLe una domanda in merito alla «Noterella sul Gattopardo» sempre in Nondimanco Sembra che nel romanzo di Tomasi da Lampedusa Machiavelli e Pascal agiscano come due forze opposte Da una parte si esprime la necessità di cambiare tutto affinché tutto rimanga com’è, esprimendo la convinzione di poter agire attivamente sulla storia, quasi fosse una ripresa rovesciata di Machiavelli Dall’altra parte la citazione dai Pensées di Pascal chiama in causa una prospettiva sovrumana, quella delle stelle, che potrebbe far pensare alla luna leopardiana Mi sembra che qui Lei usi le tracce in modo quasi decostruttivo: decostruttivo nel senso che queste tracce sono contrastanti e potrebbero mostrare le contraddizioni che Lampedusa iscrive, consapevolmente o meno, nella propria opera, le quali però sembrano essere in qualche modo legate fra di loro e che il lettore ha il compito di mettere in relazione Ginzburg Questa lettura di tipo decostruttivo non è la mia, anche se naturalmente non posso impedire che qualcuno legga ciò che ho scritto in questa prospettiva 2 «The Letter Kills On Some Implications of 2 Corinthians 3, 6», in: History and Theory, 49 (2010), pp 71-89 («Der Buchstabe tötet Einige Schlussfolgerungen aus 2 Korinther 3, 6», in: Spielräume und Grenzen der Interpretation Philosophie, Theologie und Rechtswissenschaft im Gespräch, a cura di Michele Luminati, Wolfgang K Müller, Enno Rudolph e Nikolaus Linder, Basel: Schwabe Verlag 2010, pp 29-58) 83_Italienisch_Inhalt.indb 8 19.06.20 16: 36 9 A colloquio con Carlo Ginzburg Perché non è la mia? Perché qui non c’è una contraddizione tra due prospettive: si tratta di due livelli temporali diversi (A questo proposito cito nel mio saggio La Mediterranée di Fernand Braudel, un libro presente - non me lo sarei mai aspettato - nella biblioteca di Lampedusa) Tutti sappiamo che è possibile partecipare attivamente alle lotte umane, magari a rischio della propria vita, pur sapendo che l’umanità è destinata a perire nel lunghissimo periodo Se pensassimo che le due cose si contraddicono, cosa dovremmo fare? Astenerci da qualunque azione, perché tutto finirà? Gli esseri umani non si comportano in questo modo Non si tratta di una contraddizione logica, e nemmeno di una contraddizione dal punto di vista degli attori: sono due prospettive diverse So benissimo che devo morire, ma allora non devo bere questa tazza di tè? Ott La prossima domanda riguarda la lettura e i lettori Lei insiste sul fatto che Lampedusa usi ben consapevolmente l’arte dell’allusione Mi sembra che anche questo sia un filo conduttore nella Sua opera, letture che agiscono anche in modo inconsapevole sull’autore E poi mi sono chiesta se a partire dagli atti di lettura a cui Lei si è interessato si possono ricostruire dei tipi di lettore C’è il lettore aggressivo e attivo come Menocchio, che smantella e stravolge i testi, se ne appropria in modo originale, poi c’è il bavarese Kaspar Schoppe che cerca di dimostrare che Machiavelli è un autore cattolicissimo Poi c’è Machiavelli stesso che legge i testi antichi per imparare qualcosa per il presente, per trarne profitto per il presente Ci si potrebbe chiedere chi sia il lettore più bravo, quello che coglie meglio l’intenzione originale dei testi o quello il cui misreading ha più conseguenze nella storia Ginzburg Tutte queste domande sono legittime, tuttavia io sono costituzionalmente poco interessato alle tipologie Le registro come qualcosa che ha certamente contato molto nella storia, per esempio nella storia della lettura, o comunque nella storia in generale, ma il loro valore analitico mi pare scarso Penso a Max Weber, uno studioso di straordinaria intelligenza, con grandi capacità analitiche: ma i suoi tipi ideali mi sembrano uno strumento più pericoloso che utile Nelle discussioni medievali sugli universali mi sarei sentito vicino ai nominalisti Di fronte ai tipi ideali di Weber penso: «Queste sono costruzioni; se li usiamo come costruzioni, allora non sono tipi ideali, sono un’altra cosa» Tornando a Schoppe, la sua apologia di Machiavelli in chiave cattolica gli ha consentito un’operazione straordinaria: entrare nel laborato- 83_Italienisch_Inhalt.indb 9 19.06.20 16: 36 10 A colloquio con Carlo Ginzburg rio di Machiavelli Ci troviamo di fronte ad una catena di lettori (e di scrittori): Machiavelli, che legge la Politica di Aristotele in un’edizione commentata in parte da San Tommaso ed in parte dal suo discepolo Pietro d’Alvernia; Schoppe, che vuol dimostrare che Machiavelli è cattolico; Gabriel Naudé, che legge Schoppe e ironizza sul fatto che San Tommaso possa avere dato a Machiavelli consigli tutt’altro che pii Spesso, quando facevo lezione, ho disegnato sulla lavagna un diagramma composto da una serie di sbarre: ogni sbarra è un filtro, che implica un lettore; alla fine delle sbarre ci siamo noi Il modo in cui leggiamo un testo non è mai innocente, soprattutto quando il testo è stato letto e discusso attraverso i secoli da una quantità di lettori Ma dire che la ricezione distorce è ormai un luogo comune Meno evidente e più paradossale è il fatto che la ricezione ci consenta, in qualche caso, di arrivare a quella che può essere una lettura filologicamente corretta Da questo punto di vista il caso di Schoppe mi pare molto notevole, perché la sua apologia di Machiavelli è stata sempre ritenuta paradossale Certo Machiavelli non era un buon cattolico: ma la lettera obliqua, tra le righe, dei suoi scritti da parte di Schoppe è illuminante Ott Si tratterebbe dunque di una lettura ingenua? Ginzburg No, tutto fuorché ingenua Schoppe propone una tesi audace, rendendosi conto perfettamente di questa audacia e sapendo benissimo che cosa la rende possibile Non penso affatto che tutte le letture siano equiparabili: la nostra lettura non è necessariamente più profonda, però può essere una lettura cui attribuiamo un valore di verità (uso la parola senza virgolette) Ho scritto un saggio intitolato «Our Words, and Theirs» (2012) sulla coppia «etic» e «emic», proposta da Kenneth Pike, antropologo e linguista, nonché missionario protestante . 3 Le categorie «etic», cioè quelle dell’osservatore, le categorie «emic» sono quelle degli attori . Noi lettori siamo gli osservatori, e le nostre sono le categorie «etic»; e poi c’è una serie di attori che arriva fino a Machiavelli . Nel mio saggio ho reinterpretato la dicotomia proposta da Pike, che identificava le categorie «etic» con le categorie scientifiche . 3 «Our Words, and Theirs A Reflection on the Historian’s Craft, Today», in: Historical Knowledge In Quest of Theory, Method and Evidence, a cura di Susanna Fellman e Marjatta Rahikainen, Cambridge (UK): Cambridge Scholars Publishing 2012, pp 97-119 83_Italienisch_Inhalt.indb 10 19.06.20 16: 36 11 A colloquio con Carlo Ginzburg Questa identificazione mi è parsa ingenua, perché non tiene conto del processo della ricerca Molto più sottili mi sono sembrate le riflessioni che aveva fatto alcuni decenni prima, usando termini diversi, Marc Bloch Lo storico parte inevitabilmente da categorie anacronistiche, e l’antropologo da categorie etnocentriche: ma attraverso un dialogo tra le categorie degli osservatori e quelle degli attori, attraverso la dialettica etic/ emic, è possibile arrivare ad un’interpretazione del passato, o di una cultura diversa dalla nostra, che riteniamo vera (senza virgolette) anche se naturalmente confutabile Certo, quella che per me è una prospettiva etic, diventerà per chi mi legge una prospettiva emic Non so fino a che punto la battuta sulla decostruzione fosse una provocazione o un Suo punto di vista: naturalmente mi interessano entrambe Ritengo che la mia prospettiva implichi una polemica nei confronti dei decostruzionisti: ma naturalmente non penso affatto che discutere posizioni lontane dalle mie sia una perdita di tempo Ott Ho chiamato in causa Derrida anche perché la sua critica alla filosofia tradizionale ha messo in luce le potenzialità dello studio della letteratura, attribuendo ai testi letterari una dignità pari a quelli filosofici Allo stesso tempo, il poststrutturalismo ha contribuito a smantellare la gerarchia che pone la filosofia e la storia al di sopra degli studi letterari, che si occupano ‘solo’ di finzioni, postulando che filosofi, storici e studiosi di letteratura lavorano in base a costruzioni, ipotesi, narrazioni Ginzburg Certo: costruzioni, ipotesi, narrazioni che mirano ad afferrare la verità Ma se la decostruzione è qualcosa di contiguo all’atteggiamento neoscettico di Hayden White, sono contrario Non credo che lo storico lavori sui fatti: lavora su documenti, su testimonianze dirette o indirette In questo senso la contiguità tra lo storico e lo studioso di letteratura è evidente Penso che lo strumento fondamentale del lavoro dello storico sia la filologia, nel senso ampio e ricco che questo termine aveva per Giambattista Vico Un contesto extratestuale esiste sempre, sia per gli scritti sul paese di Cuccagna sia per il Principe di Machiavelli (La realtà esiste) Certo, se qualcuno leggesse gli scritti sul paese di Cuccagna immaginando che nella società in cui sono stati scritti vi fossero delle montagne di cacio grattato, non andrebbe molto lontano Ma il rapporto tra testi e contesti extratestuali è sempre complesso, e va ricostruito caso per caso 83_Italienisch_Inhalt.indb 11 19.06.20 16: 36 12 A colloquio con Carlo Ginzburg Ott La riflessione sul metodo dello storico è molto presente nei Suoi libri Lei fa riferimento a Proust ed a Brecht parlando del Suo metodo come di un edificio che esibisce le impalcature che lo hanno reso possibile - e leggendo Il formaggio e i vermi si ha proprio l’impressione di poterLa guardare pensare Lei pensa alle considerazioni di poetica all’inizio o alla fine della Recherche? Ginzburg Penso alla Recherche in quanto tale, perché in realtà quando si arriva alla fine si capisce retrospettivamente tutto il resto In questo caso è difficile distinguere tra la poetica e la poesia: l’impalcatura è presente, ed è esibita È presente in una maniera complicata Si pensi alla distinzione tra Marcel il narratore e Marcel Proust In un saggio sopra la mise en abyme cito quella lettera in cui Proust dice: «un monsieur qui raconte et qui dit ‘je’ […] qui est Je et qui n’est pas toujours moi» . 4 In un saggio che uscì negli anni 1940 Leo Spitzer paragonò il rapporto fra il narratore e il protagonista della Recherche al rapporto che c’è nella Commedia tra Dante poeta e Dante personaggio Questo parallelo è stato ripreso da Gianfranco Contini, stranamente senza citare Spitzer, per cui aveva un’ammirazione straordinaria (alla sua morte scrisse il bellissimo saggio Tombeau de Leo Spitzer [1961]) Oggi negli studi italiani quel saggio di Spitzer è ignorato: se si parla di Dante poeta/ personaggio, tutti citano Contini Ma il parallelo Proust/ Dante, proposto da Spitzer, ci riporta alla dicotomia etic/ emic Per noi Proust è un filtro etic che ci consente di leggere Dante mettendo in primo piano il tema del rapporto ambiguo tra il narratore ed il personaggio Naturalmente, se concludessimo che il rapporto autore/ personaggio si pone negli stessi termini in Proust e in Dante diremmo una sciocchezza È qui che scatta la necessità del rapporto tra etic ed emic Partendo da Proust si può arrivare a scoprire qualcosa di Dante che un lettore del ’500 forse non poteva vedere in questo modo Ott In una Sua conferenza Lei ha detto che la lettura è sotto-teorizzata, in che senso? 4 Carlo Ginzburg, « Mise en abyme: a Reframing», in: Tributes to David Freedberg, Image and Insight, ed by Claudia Swan, London/ Tournhout: Harvey Miller Publishers 2019, pp 465-479 83_Italienisch_Inhalt.indb 12 19.06.20 16: 36 13 A colloquio con Carlo Ginzburg Ginzburg Sotto-teorizzata, perché penso che l’estrema complessità del gesto del leggere, condiviso da una larga parte dell’umanità, sia descritta in maniera ancora inadeguata dai suoi teorici La capacità di mobilitare testi diversi durante la lettura attinge a risorse ancora inesplorate C’è poi il ruolo della criptomemoria, che ritengo importantissimo nella ricerca, e sottovalutato Ricordo, e penso che sia capitato a tutti, di essermi mosso qualche volta verso uno scaffale senza capire bene perché: solo retrospettivamente ho capito che a spingermi in quella direzione era stato un elemento di criptomemoria Tutto questo è molto strano; ma fa parte dell’armamentario mentale della specie animale cui apparteniamo Ott Il verso di Dante «fatti non foste a viver come bruti» (Inf XXVI, 119) ripreso da Primo Levi acquista, nel contesto in cui lo recita, un significato molto più alto di quello che ha in mente l’Ulisse di Dante Ginzburg Non direi «molto più alto»; certo, diverso Pochi giorni fa a Budapest ho presentato le Natalie Zemon Davis Annual Lectures Durante una cena con Natalie Davis è stato evocato il canto di Ulisse in Se questo è un uomo Ho detto che, quando alla fine del capitolo Levi scrive: «infin che ’l mar fu sovra noi richiuso», allude ad Auschwitz: il mare che ha sommerso tutti In quel capitolo, accanto alla riaffermazione della capacità di conoscenza da parte dell’uomo, c’è qualcosa di dolorosissimo, legato al contesto in cui si svolge la conversazione tra i due deportati L’ultimo verso è una metafora di Auschwitz Ott Quindi il discorso di Ulisse acquisterebbe un significato completamente diverso? Ginzburg No: ma la tensione tra il canto di Dante e il contesto in cui viene evocato (Auschwitz) ci mette di fronte a una complessità testuale che non deve essere eliminata Se si dicesse che in questo contesto il discorso di Ulisse diventa qualcosa di completamente diverso, il testo (il canto di Dante) scomparirebbe, sommerso dal contesto, oppure sacrificato al misreading Penso che si 83_Italienisch_Inhalt.indb 13 19.06.20 16: 36 14 A colloquio con Carlo Ginzburg debba sottolineare la compresenza di questi livelli, e la dissonanza che esiste tra loro Possiamo paragonare Auschwitz a un basso continuo, su cui si innesta una melodia (quella dantesca) completamente diversa Ott Ieri ho letto il Suo saggio su Auerbach e Voltaire e sono rimasta davvero sconvolta . 5 Questo Voltaire dapprima razzista sembra che successivamente si renda un po’ conto delle sofferenze dei popoli colonizzati Arriva addirittura ad immaginare la sofferenza degli animali che vengono mangiati Tuttavia Voltaire, che continua a essere celebrato come pensatore della tolleranza, emette queste terribili tirate antisemite Come se in questo pensatore illuminato ci fosse un terribile punto cieco, un’incomprensibile cecità Ginzburg Mentre lavoravo a quel saggio ho provato a fare in maniera più sistematica una specie di gioco che faccio da molto tempo: prima con i cataloghi a schede, poi con i cataloghi elettronici, poi con Google Cerco una parola a caso e vedo cosa viene fuori Nascono domande, e poi altre domande, e in qualche caso perfino un progetto di ricerca Naturalmente il caso non agisce da solo: dall’altra parte c’è colei o colui che fa ricerca Ma questo gioco (che ha implicazioni molto serie) ci mette di fronte a dati inaspettati In quel caso, ho provato a cercare sul catalogo della biblioteca di UCLA tutte le parole del primo paragrafo del Traité de métaphysique di Voltaire, per ricostruire a tentoni l’orizzonte di attesa dei lettori di allora (Retrospettivamente penso che fosse un’idea assurda: sui lettori di Voltaire abbiamo una documentazione enorme) In quel paragrafo si parla di un essere che viene dallo spazio e arriva nella «Cafrérie», ossia l’odierno Sud Africa . Ho cercato «Cafrérie» sul catalogo di UCLA senza trovare niente . Allora ho cercato «Cafres»; sono emersi sette titoli . Il più antico riguardava un certo Jean-Pierre Purry che pubblicò ad Amsterdam nel 1718 un progetto di colonizzazione del Pays des Cafres . 6 Per puro caso questo testo era presente negli scaffali della biblioteca di UCLA: qualcuno lo aveva fotocopiato e l’aveva rilegato Ho cominciato a sfogliarlo, mi sono subito incuriosito; lì è cominciata una ricerca che mi ha occupato per circa due anni Alla fine ho scritto un saggio che ho presen- 5 Carlo Ginzburg, «Tolleranza e commercio Auerbach legge Voltaire», in: Quaderni storici, 109 (2002), pp 259-283 6 Jean-Pierre Purry, Mémoire sur le Pays des Cafres et la Terre de Nuyts, par rapport à l’utilité que la Compagnie des Indes Orientales en pourroit retirer pour son commerce, Amsterdam: Chez Pierre Humbert 1718 83_Italienisch_Inhalt.indb 14 19.06.20 16: 36 15 A colloquio con Carlo Ginzburg tato come «un esperimento di microstoria»: lo studio di un caso (quello del calvinista Jean-Pierre Purry) che si conclude con una specie di dialogo a distanza tra Max Weber e Karl Marx sull’espansione coloniale Ma prima avevo raccontato, in uno scritto brevissimo, l’esperimento che avevo fatto col catalogo di UCLA . 7 Partendo da questa parola «Cafrerie», avevo lavorato su Jean-Pierre Purry ed ero andato a Neuchâtel, dove era nato, per consultare l’archivio della sua famiglia Qualche anno dopo sono andato a vedere i resti della città, Purrysburg, che Purry aveva fondato in South Carolina Non ne è restato niente, a parte delle tombe infrante in mezzo a una foresta Un’esperienza indimenticabile Perché racconto questa storia? Perché penso che bisognerebbe trasmettere agli studenti questo uso obliquo della rete, che mira a cercare domande oltre che risposte Trovare quello che si cerca, e basta, non è abbastanza Essere colti di sorpresa da qualcosa che non stiamo cercando costituisce, per chi fa ricerca, una grande ricchezza potenziale Baldan Accanto al tema della lettura, un altro tema centrale dei Suoi lavori è la religione Machiavelli tratta la religione alla stregua di uno strumento di controllo politico, ponendosi dunque in contrasto di fronte alla percezione comune di ciò che era la religione o la religiosità in generale Menocchio vedeva in essa sempre lo stesso strumento di controllo adoperato dalle classi dominanti, che si concretizzava in vessazioni e ruberie, giustificate dall’interpretazione delle Scritture, almeno secondo l’opinione di Menocchio, e dalla codificazione dei sacramenti che lui chiama «mercantie» . Secondo il mugnaio solo «quattro parole» in realtà costituivano il nucleo divino delle Scritture, dalle quali ricavare i precetti da seguire A questa differente lettura si sovrapponeva poi la percezione di appartenere alla classe dei subalterni, i «pover’homeni», dominata dai ceti dominanti «superiori» . In tutto ciò si nota la tensione che contraddistingue il rapporto tra la percezione secondo le norme vigenti e l’agnizione delle norme che filtrano l’esistenza, cioè tra ciò che effettivamente si riconosce essere ciò che è, dunque un’agnizione del fatto, dell’esistenza de facto, e ciò che viene concepito mediante una percezione filtrata dalle norme e convenzioni vigenti, ovverosia una percezione dell’esistenza de iure Quale importanza assumono queste percezioni nei confronti dei fenomeni della realtà in relazione all’effettiva presa di coscienza dei suddetti fenomeni? 7 Carlo Ginzburg, «Conversare con Orion», in: Quaderni storici, XXXVI, 108 (2001), pp 905-913; «Latitude, Slaves, and the Bible An Experiment in Microhistory», in: Critical Inquiry 31, 3 (2005), pp 665-683 83_Italienisch_Inhalt.indb 15 19.06.20 16: 36 16 A colloquio con Carlo Ginzburg Ginzburg Descriverei l’esperienza di Menocchio in maniera diversa Da un lato vede la norma, dall’altro l’uso che ne fanno le classi dominanti Come è arrivato alla consapevolezza dello scarto tra i due livelli, de iure e de facto? Come è arrivato a proporre le «quattro parole» in cui identificò il succo della Scrittura? Verosimilmente non lo sapremo mai Non parlerei di «agnizione»: un termine che implica un passaggio dall’ignoto al noto Della vita interiore di Menocchio sappiamo solo quello che affiora nel corso del processo: ed è già moltissimo Baldan Sarebbe, dunque, meglio tenere separati questi due livelli? Ginzburg È giusto tenerli distinti, e naturalmente, quando è possibile, cercare un rapporto . Ma la vita interiore rimane, per definizione, irraggiungibile . Anche se si registrasse ciò che penso e ciò che dico, esisterebbe uno scarto fra quello che provo e quello che dico . La verbalizzazione è qualcosa di strano perché usa uno strumento, cioè una lingua preesistente, per esprimere qualcosa che spesso avvertiamo in maniera inarticolata . Ciò che rende così straordinari i processi d’inquisizione è la registrazione di parole (di gesti, in qualche caso) che altrimenti sarebbero stati perduti per sempre . E anche lì ci sono distinzioni da fare . Io non ho mai lavorato negli archivi spagnoli, però ho visto delle trascrizioni di relationes de causas, che sono qualcosa di completamente diverso dai processi d’inquisizione italiani Certo, anch’essi ci restituiscono le parole degli uomini e delle donne sotto accusa attraverso mediazioni, che in qualche caso implicano addirittura una traduzione In due processi contro i benandanti ho trovato un inquisitore che chiedeva un interprete perché non capiva il friulano Baldan Un’altra domanda è legata al pensiero di Menocchio in merito al Paradiso terrestre Menocchio diceva che la condizione paradisiaca fosse quella vissuta «senza faticarsi» dai «gentilhomeni» che avevano tanta «robba» . 8 8 Carlo Ginzburg, Il formaggio e i vermi Il cosmo di un mugnaio del ’500, Milano: Adelphi 2019, p 96 83_Italienisch_Inhalt.indb 16 19.06.20 16: 36 17 A colloquio con Carlo Ginzburg Ginzburg Lì vedo un elemento sarcastico, che naturalmente è indimostrabile: è solo il contesto che può aiutarci Posso immaginare un lettore che non colga quella che a me pare un’ironia evidente Baldan Un’evidente ironia ma allo stesso tempo anche una sorta di pungolata Ginzburg Sì, aggressiva Per questo ho utilizzato la parola «sarcasmo», che è termine diverso dall’ironia Baldan Esatto, infatti, questo è quel che Menocchio crede e vede nella realtà che sta vivendo Crede a ciò che vede e riesce a vedere Si tratta di un pensiero pragmatico e materialistico Allo stesso tempo tuttavia non riesce a smettere di pensare al paradiso A quel paradiso successivo alla morte, e infatti non si sa se pensi al paradiso cattolico, al paradiso coranico oppure al paradiso della Cuccagna che si sovrappone a quello terrestre e celeste, comunque un paradiso di carattere materialistico E bisogna dire che forse anche prima di Menocchio questi pensieri potevano essere comuni in Europa La mia domanda infatti è: quanto si poteva credere secondo Lei al paese della Cuccagna? E quindi se Menocchio che era alfabetizzato e leggeva riusciva a sovrapporre le due realtà paradiso-cuccagna, due secoli prima o ancora nel ’500, quanti Calandrino avrebbero potuto credere al paese del Bengodi? Ginzburg Eh, questa è una bella domanda Baldan Anche perché poi si sovrappone il tema del testo cuccagnesco scritto per negare e rifiutare la Cuccagna Questi testi potevano servire a reiterare l’idea dell’inesistenza della Cuccagna perché comunemente vi si credeva 83_Italienisch_Inhalt.indb 17 19.06.20 16: 36 18 A colloquio con Carlo Ginzburg Ginzburg Io credo che l’ambiguità di questi testi sia costitutiva Non bisogna perdere di vista questa percezione della complessità del testo Ott Lei ha detto che Proust consente di leggere Dante, ha parlato anche della distinzione fra narratore e personaggio, ma in relazione allo storico, cioè al ruolo dello storico? Ginzburg Pensavo al testo della Commedia, alla distinzione tra poeta e personaggio La Commedia è scritta in prima persona, però chi è questo io? Quando oggi ci poniamo questa domanda, inevitabilmente partiamo da Proust, quindi, inevitabilmente, da un filtro etic: ma se non lo correggiamo, le conclusioni saranno anacronistiche Ott Una domanda da italianista Lei cita autori francesi, inglesi, tedeschi; naturalmente ci sono anche i classici italiani I classici italiani hanno un valore particolare per Lei? Forse vuole ricordare il momento in cui ha scoperto Dante? Ginzburg Credo di aver detto più volte, e lo ripeto qui, che per me l’essere italiano vuol dire anzitutto il privilegio di leggere Dante nella mia lingua materna Avevo letto un po’ di Dante a scuola nei primi anni del liceo, ma quando avevo diciotto anni e mi preparavo per il concorso alla Scuola Normale di Pisa lessi tutta la Commedia da cima a fondo: un’esperienza indimenticabile, punteggiata (come tutti i lettori sanno) da soprassalti innumerevoli Sembra una sciocchezza, ma ricordo ancora il momento in cui nel Paradiso mi sono imbattuto nel verso «in bozzacchioni le sosine vere»: sono rimasto a bocca aperta Nessuna traduzione può comunicare questo contrasto tra la sublimità del contesto e l’elemento terra-terra trasmesso dalla parola «bozzacchioni» (Par XXVII, 126) In Dante tutto è mescolato: ci mette di fronte di continuo al sublime d’en bas di cui parlava Baudelaire 83_Italienisch_Inhalt.indb 18 19.06.20 16: 36 19 A colloquio con Carlo Ginzburg Ott Sempre riguardo al posto che occupa, nei Suoi lavori, la letteratura: nella postfazione alla nuova edizione de Il formaggio e i vermi Lei dice che inizialmente aveva voluto imitare gli Exercices de style di Queneau? Da qualche parte ho letto che una delle prime menzioni del termine «microstoria» appare proprio nelle Fleurs bleues (1965) di Queneau Ginzburg Dopo aver letto Exercices de style pensai di raccontare la storia di Menocchio usando registri stilistici diversi: un’idea che scartai quasi subito, ma che forse ha lasciato una traccia nello scarto tra narrazione e riflessione nei vari paragrafi (l’esibizione dell’impalcatura di cui si è già parlato) Quanto al termine «microstoria», ricorre nelle Fleurs bleues, ma lì per lì non gli diedi importanza Credo di averlo sentito usare per la prima volta da Giovanni Levi; ma Primo Levi, che tra l’altro era suo cugino, l’aveva già usato, in un’accezione diversa Quando si parla di microstoria bisogna tener presente una distinzione che riguarda il prefisso «micro» Spesso viene riferito alle dimensioni reali o simboliche dell’oggetto Per me, e per molti altri, il «micro» è invece il «micro» del «microscopio»: in altre parole, uno sguardo analitico sulla realtà La collana Microstorie che dirigevo con Giovanni Levi è cominciata con un libro mio su Piero della Francesca: un pittore sommo, gigantesco (per rimanere nello stesso ambito metaforico) Ma nel libro su Menocchio, come spiego nella postfazione, il termine «microstoria» non compare La discussione sulla microstoria è cominciata poco dopo, coinvolgendo anche il mio libro Ott Quindi l’ispirazione che Le viene dalla letteratura consiste nello scegliere certi procedimenti retorici, fare certi accostamenti? Ginzburg Non solo La letteratura fornisce strumenti cognitivi, e nutre l’immaginazione morale Leggendo Pinocchio o Delitto e Castigo ci identifichiamo con un burattino, con un assassino Senza la letteratura la nostra vita sarebbe infinitamente più povera 83_Italienisch_Inhalt.indb 19 19.06.20 16: 36
