eJournals Vox Romanica 76/1

Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
10.2357/VOX-2017-018
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/121
2017
761 Kristol De Stefani

Helmut Feilke/Mathilde Hennig (ed.), Zur Karriere von «Nähe und Distanz». Rezeption und Diskussion des Koch-Oesterreicher-Modells, Berlin/Boston (de Gruyter) 2016, viii + 416 p. (Reihe Germanistische Linguistik 306)

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2017
Gaetano  Berruto
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344 Besprechungen - Comptes rendus Vox Romanica 76 (2017): 344-348 DOI 10.2357/ VOX-2017-018 une dimension privée et personnelle? Il est difficile d’en juger, les usages régissant l’expression des émotions ayant beaucoup changé entre le XIX e siècle et aujourd’hui. Quand meurt Paulin Paris (lettre 42, reproduite en fac-similé en annexe), le fils envoie à Bartsch un faire-part de décès et reçoit en réponse la lettre 43, courte, mais sincère, dans laquelle Bartsch évoque le souvenir de Paulin Paris, qu’il avait connu à Paris. Quand Gaston Paris se marie, il écrit exprès à Bartsch un petit mot pour l’en informer (lettre 46, la réponse de Bartsch n’est pas conservée, mais on ne le voit pas ne pas répondre). Ce sont des événements nets, clairs, codifiés: le décès d’un grand homme, le mariage d’un ami. Mais la lettre 30, écrite par Bartsch quelques jours avant Noël 1872, l’année où il s’est transféré de Rostock à Heidelberg, est plus complexe. Elle s’ouvre par l’explication concernant le délai avec lequel il répond: il ne sait pas si son ami français est rentré de son voyage italien, pays si doux où lui-même a passé en 1868-1869 un séjour si agréable et où il compte bien retourner un jour. Il a donc préféré retarder sa réponse. Bartsch enchaîne sur l’affaire Kutschke et remercie Gaston Paris pour son soutien contre l’irascible Meyer. Suit alors un petit compte-rendu de l’ambiance qui règne à Heidelberg, du travail, de l’enseignement, des collègues. Au dernier paragraphe, il passe à sa famille: son épouse a failli mourir durant l’été; pendant que les parents se trouvaient en Suisse pour la cure, deux de leurs enfants, restés en Allemagne, ont été atteints du typhus, qui a emporté le petit Max à l’âge de onze ans. La mère de Bartsch est d’ailleurs elle aussi décédée, de façon inattendue, en trois jours. Annus horribilis. Gaston Paris répond le 17 février 1873 (lettre 31) par un paragraphe de condoléances, avant de passer à l’affaire Kutschke, le contenu du prochain fascicule de la Romania, la liste de toutes les éditions en cours par Meyer, Foerster, Pannier etc., la demande des livres qu’il voudrait recevoir pour compte-rendu à la Revue critique et finalement une demande de renseignement sur Ulrich von Türheim. Business as usual. u. Bähler, dans son introduction, parle excellemment des systèmes de savoir à un moment très précis de l’histoire. Dans les lettres, je vois surtout ce qui nous rapproche d’eux. Je vois deux hommes en train d’essayer de faire leur métier le moins mal possible, luttant contre les mille petites vicissitudes du quotidien, toujours dans l’urgence, toujours au travail, parfois un peu vains, trouvant toujours le temps pour commenter la dernière trouvaille académique, mais ratant toutes les occasions pour dire les choses vraiment importantes. Prächtigste Menschen, dans le meilleur des cas, mais schlechte Correspondenten à coup sûr. Le volume admirable d’U. Bähler nous montre aussi combien nous ressemblons à nos prédécesseurs. Richard Trachsler  h elMut f eilKe / M athilde h ennig (ed.), Zur Karriere von «Nähe und Distanz». Rezeption und Diskussion des Koch-Oesterreicher-Modells, Berlin/ Boston (de Gruyter) 2016, Viii + 416 p. (Reihe Germanistische Linguistik 306) Un importante modello teorico, nato a metà anni Ottanta nella romanistica tedesca ad opera di p. K oCh e w. o esterreiCher , si è sviluppato negli anni in maniera tale da rendere molto ben pensata l’idea di proporne ora una (ri)visitazione e un bilancio complessivi. Si tratta della concettualizzazione e applicazione delle nozioni di Nähe e Distanz ai problemi della distinzione fra lingua scritta e lingua parlata, all’analisi delle produzioni linguistiche e a molti aspetti della competenza e dell’uso linguistico. Il modello, diffusamente noto almeno nelle sue grandi linee tra i romanisti, prendeva le mosse dalle considerazioni avanzate negli anni Settanta, a proposito del francese parlato, da L. s öll , che separava opportunamente nello studio del parlato gli aspetti mediali, relativi al mezzo di propagazione del messaggio (Medium), da quelli strutturali, concezionali, relativi alla organizzazione del messaggio (Konzeption). Da tale distinzione si ricavava una duplice opposizione, tra codice fonico e grafico da un lato e tra modo parlato e 345 Besprechungen - Comptes rendus Vox Romanica 76 (2017): 344-348 DOI 10.2357/ VOX-2017-018 scritto dall’altro, con quattro conseguenti possibilità di categorizzare la natura mediale dei testi prodotti (parlato fonico, parlato grafico, scritto fonico, scritto grafico). Su questa base - ci verrà perdonato se riassumiamo qui per sommi capi a beneficio del lettore - K oCh e o esterreiCher hanno sviluppato a fondo gli aspetti concezionali della questione introducendo la fondamentale distinzione fra vicinanza, prossimità (Nähe) e distanza, lontananza (Distanz), due concetti chiave che articolandosi in una decina di dimensioni o parametri (Kommunikationsbedingungen), riguardanti la vicinanza/ distanza relativa dai punti di vista spaziale, temporale, sociale, psico-emozionale, ecc., consentono un’interpretazione dettagliata delle caratteristiche sociopragmatiche e linguistiche di ogni testo producibile, fornendo uno strumento di prim’ordine per l’analisi del continuum che comprende Oralità e Scritturalità. Ogni dimensione o parametro rappresenta a sua volta un continuum che va da un massimo di vicinanza a un massimo di distanza; e qualunque testo o tipo di testo (che nel modello viene definito Kommunikationsform, o meglio ancora, in ottica coseriana, Diskurstradition: 29-32) possiede quindi un proprio konzeptionnelles Profil costituito dal diagramma dei valori che gli vanno assegnati su ciascuna dimensione. Il tutto, inquadrato in una cornice, anche qui riportabile a E. Coseriu, che vede manifestarsi nell’oralità e scritturalità tre tipi di aspetti e tratti: universal, diskurstraditionell e einzelsprachlich. Una tragica sorte ha visto l’inopinata prematura scomparsa di entrambi gli studiosi proprio durante la preparazione del volume che qui recensiamo, a un anno di distanza l’uno dall’altro (Peter Koch il 7 luglio 2014, Wulf Oesterreicher il 7 agosto 2015), talché i saggi raccolti da H. f eilKe e M. h ennig si trovano a valere anche come imperituro riconoscimento ad memoriam dell’opera di due figure di rilievo nella linguistica tedesca ed europea degli ultimi trent’anni. Il loro modello ha conosciuto ampia risonanza nella linguistica europea continentale, sia in romanistica, dov’è nato, sia in germanistica; come altre elaborazioni ed acquisizioni originali della linguistica e sociolinguistica sviluppate in ambito europeo, è invece praticamente sconosciuto alla linguistica anglosassone. A questa «non-ricezione» angloamericana del modello accennano alcuni autori. L’osservazione di d ürsCheid (376 N20) che la causa non ne risieda soltanto nella lingua di pubblicazione (i linguisti anglosassoni non leggono in genere la produzione scientifica in lingue diverse dall’inglese), giacché esiste anche un articolo di Koch uscito in inglese in una miscellanea edita da Benjamins, coglie nel segno (a parte il fatto che è difficile dire che un solo articolo uscito una volta nel mare magnum delle pubblicazioni in inglese basti ad assicurare notorietà presso la comunità scientifica anglofona). La cosa rientra infatti nel quadro generale della (direi quasi aprioristica) noncuranza anglosassone verso i modelli teorici elaborati nel continente europeo; in particolare, appare del tutto ignorata l’eredità del pensiero di Coseriu e dei rami teorici che ne sono derivati. Il volume contiene dodici contributi preceduti da un’introduzione dei curatori, «Perspektiven auf ‹Nähe und Distanz› - Zur Einleitung» (1-10), e aperti da un ampio saggio degli stessi w. o esterreiCher e p. K oCh , «30 Jahre ‹Sprache der Nähe - Sprache der Distanz›. Zu Anfängen und Entwicklung von Konzepten im Feld von Mündlichkeit und Schriftlichkeit» (11-72), scritto da Oesterreicher basandosi anche sul testo di una conferenza tenuta da Koch nel gennaio 2013 nel corso del Colloquio all’Università di Gießen da cui è nato il volume. Vi vengono ripercorse le fasi dell’elaborazione del modello e presentati i suoi sviluppi, i suoi risultati, le sue prospettive, e il significato che gli autori intendevano dare alla loro proposta. Si tratta di una rimeditazione che corona un trentennio di lavoro scientifico e chiarisce criticamente molti aspetti del modello, alcuni dei quali ampiamente dibattuti; e rappresenta quindi un cappello introduttivo indispensabile per comprendere meglio la portata dei problemi aperti che vengono dettagliatamente discussi nel volume. I contributi seguenti, che, in maniera spesso congiunta, da un lato approfondiscono l’applicazione del modello e ne sviluppano concetti e categorie d’analisi, e dall’altro sottopon- 346 Besprechungen - Comptes rendus Vox Romanica 76 (2017): 344-348 DOI 10.2357/ VOX-2017-018 gono a disamina critica punti ritenuti discutibili proponendo diverse soluzioni e chiamando in causa altre prospettive, sono raggruppati in tre sezioni. Della prima sezione, incentrata sulla collocazione scientifica e storica del modello, fanno parte quattro articoli: C. K noBloCh , «‹Nähe und Distanz› - betrachtet aus fachlicher Nähe und aus historiographischer Distanz» (73-87); u. M aas , «Was wird bei der Modellierung mit Nähe und Distanz sichtbar und was wird von ihr verstellt? » (89-111); h. f eilKe , «Nähe, Distanz und literale Kompetenz. Versuch einer erklärenden Rezeptionsgeschichte» (113-53); w. i Mo , «Das Nähe-Distanz-Modell in der Konversationsanalyse/ Interaktionalen Linguistik: Ein Versuch der Skizzierung einer ‹Nicht-Karriere›» (155-86). Altri quattro articoli formano la seconda sezione, incentrata sulla dimensione varietistica e storica dei due concetti centrali del modello, Nähe e Distanz: M. h ennig / J. J aKoB , «Nähe, Distanz und Literatur» (197-211); r. K ehrein / h. f isCher , «Nähe, Distanz und Regionalsprache» (213-57); s. z eMan , «Nähe, Distanz und (Historische) Pragmatik. Oder: Wie ‹nah› ist ‹Nähesprache›? » (259-98); d. t ophinKe , «Nähe, Distanz und Sprachgeschichte» (299-331). Sulla dimensione mediale del modello si focalizza infine la terza sezione, con tre articoli: J. s Chneider , «Nähe, Distanz und Medientheorie» (333-56); C. d ürsCheid , «Nähe, Distanz und neue Medien» (357-85); M. K nopp , «Zur empirischen Spezifizierung des Nähe-Distanz-Kontinuums» (387-415). Poiché lo spazio di una recensione non rende possibile soffermarsi nemmeno solo per cenni sui singoli contributi, ci limiteremo qui a qualche considerazione di carattere generale. Due nuclei tematici emergono decisamente dal complesso delle tante cose trattate: da un lato, la ricezione del modello, la ricostruzione di quella che metaforicamente è stata la sua ‹carriera›; dall’altro, critiche al modello e proposte di suo miglioramento e raffinamento. Il successo del modello è certo innegabile. H. f eilKe propone una considerazione quantitativa della «Erfolgsmetapher ‹Nähe & Distanz›» (121-22) sulla base dei rimandi e citazioni rinvenibili in Google Scholar, mostrando come l’impiego delle due nozioni sia esploso nel decennio 2005-2014, passando da meno di 250 documenti nel decennio 1995-2004 (e una settantina nel decennio precedente) a più di 900. Comparato con i valori rispettivi di due altri «modelli» elaborati per trattare analogo ambito di problemi, si ha un valore quadruplo rispetto al modello della «zerdehnte Sprechsituation» di K. Ehlich e il decuplo rispetto al modello «orat & literat» di U. Maas. Altrettanto innegabile è la mancata ricezione del modello da un lato da parte dei linguisti di lingua inglese, come abbiamo osservato sopra, e dall’altro nella linguistica interazionale e socio-pragmatica e nell’analisi della conversazione. A questa seconda prospettiva, e alla «Schwierigkeit, Gründe für eine ‹Nicht-Karriere› zu finden» (155), è specificamente dedicato il saggio di W. i Mo . Sulle critiche rivolte al modello Nähe & Distanz si soffermano più contributi, e in particolare proprio quello di Imo, molto interessante sia per l’ampiezza della prospettiva che l’assennatezza e incisività dell’argomentazione. Un argomento di critica al modello che pare quantomeno curioso a chi scrive è che gli si rimproveri di essere inadatto ed inefficace a trattare le novità, divenute centrali da una quindicina d’anni, portate dai nuovi media e dalla comunicazione digitata - in quanto modello concepito ed elaborato prima che tali novità si presentassero. Ma un modello teorico non può essere ritenuto invalido e rifiutato ipso facto perché concepito prima del presentarsi di certi fenomeni: anzi, il vedere come esso riesca eventualmente a trattare, e in che maniera, tali fenomeni nuovi dovrebbe semmai essere appunto uno dei criteri per l’affinamento e estensione del modello stesso. Molto giustamente Imo osserva (172) che «das Modell … aufgrund der Tatsache zu kritisieren, dass es die zu dem Zeitpunkt gerade aufkommende computervermittelte Kommunikation ignoriert, verkennt allerdings die Tatsache, dass das Modell nicht zur Analyse von bestimmten Varietäten, Textsorten, kommunikativen Gattungen o.ä. entwickelt wurde, sondern als ein allgemeines, abstraktes Modell, mit dem sprachlich-kommunikative Konstellationen erfasst werden sollen», e che il fatto che il modello 347 Besprechungen - Comptes rendus Vox Romanica 76 (2017): 344-348 DOI 10.2357/ VOX-2017-018 «vor dem Massendurchbruch der neuen Medien in den neunziger Jahren entwickelt wurde, kein stichhaltiges Argument gegen dessen Verwendung darstellt». In molti lavori anche recenti infatti il modello risulta sviluppabile e ben compatibile, con opportune precisazioni e integrazioni, all’analisi della comunicazione digitata. Un suggerimento circa la collocazione della comunicazione mediata dal computer nel modello di Koch e Oesterreicher, con il mantenimento delle sue caratteristiche essenziali e l’introduzione di una nuova dimensione di Interattività, era per es. già in g. B erruto , «Italiano parlato e comunicazione mediata dal computer», in K. h ölKer / C. M aass (ed.), Aspetti dell’italiano parlato, Münster 2005: 137-56. Riflessioni e considerazioni molto utili sul tema, anche se non in prospettiva specifica di Nähe & Distanz, si sarebbero inoltre potute ricavare da lavori di E. p istolesi , che non trovo citata nel volume. Alla critica appena esaminata si ricollega quella, che fa capolino in più contributi del volume, secondo cui nel modello il concetto di Medium sarebbe problematico. A tale critica danno però la risposta più adeguata Oesterreicher e Koch stessi, quando sottolineano (53) come occorra «strikt unterscheiden zwischen ‹Medien› als physikalischen Manifestationen die bestimmten sensorischen Modalitäten ansprechen … und ‹technischen› Speicher- und Übertragungsmedien, Telefon, Internet usw.»: il Medium a cui fa riferimento il modello è ovviamente il primo. Fra altre obiezioni avanzate nei confronti del modello, due sono ritenute più serie da Imo: il fatto che il modello sia troppo statico e unicamente interessato al prodotto linguistico finale, e non ai processi che lo mettono in opera; e che sia troppo legato alla prototipicalità della nozione di Mündlichkeit, idealizzando una particolare immagine di oralità che non corrisponde alla realtà empirica. Ma nemmeno questi due punti paiono ad Imo (e il recensore concorda) tali da invalidare il modello e la sua applicabilità. Mi pare infatti pressoché ovvio da un lato che l’essere focalizzato sui caratteri del prodotto (tratto pervasivamente presente in tutta la linguistica sino a fine secolo scorso, e tuttora largamente condiviso) non sia di per sé un impedimento ad occuparsi anche del processo di produzione (la lingua è sia energheia che ergon, per riprendere termini cari a un’ottica coseriana); e dall’altro che una concezione prototipica di molte nozioni e categorie sia addirittura necessaria in vari campi della linguistica, in quanto permette una ragionevole temperanza fra illimitata variabilità e idiosincrasia dei fatti linguistici nella realtà empirica e astrazione modellizzante connaturata al procedere della conoscenza scientifica. Qualche incomprensione dell’effettivo significato di una prospettiva prototipica è a nostro avviso anche alla base di considerazioni quali quella avanzata da Dürscheid quando, a proposito della collocazione della chat nel continuum fra Nähe e Distanz, scrive che «irritiert es, dass sie [Koch e Oesterreicher] den Chat pauschal als nähesprachlich verorten» (380): ma non mi pare ci siano dubbi che la chat tipica, e quindi prototipica, sia quella amicale, confidenziale, legata all’immediatezza. Il che non esclude affatto che esistano altri tipi di chat, anzi lo implica (la prospettiva prototipica sceglie un esemplare fra altri). Il rapporto fra lingua e medialità costituisce comunque uno dei cardini problematici più attuali del modello. Alcuni autori mettono da questo punto di vista in crisi la stessa distinzione costitutiva fra Medium e Konzeption. Secondo s Chneider (352), per es., il modello non è adatto come base per la Medienlinguistik, giacché si fonda sull’assunzione generale di una medium transferability che risulterebbe oggi infondata, in quanto i media non sono un mero mezzo di trasporto o ausiliario, ma dànno a ciò che viene mediatizzato una forma specifica; quindi la separazione fra Medium e Konzeption impedirebbe un’adeguata considerazione della medialità linguistica. Ma su ciò vale ovviamente la precisazione - a nostro avviso addirittura quasi ovvia - di Oesterreicher e Koch stessi che abbiamo sopra riportato. E d’altra parte nessuno nega - anzi, fa parte integrante della specificità del mezzo - che non tutto ciò che è codificabile o rappresentabile con un certo medium, nella scrittura o nell’oralità, sia di fatto trasponibile nell’altro medium; ma questo non ci sembra metta in crisi né la distinzione fondamentale fra parlare e scrivere né la proprietà semiologica della trasponibilità di mezzo, che non è contrad- 348 Besprechungen - Comptes rendus Vox Romanica 76 (2017): 344-348 DOI 10.2357/ VOX-2017-018 dittoria con la multimedialità. Alla base di tale critica ci sarà forse una possibile incomprensione della nozione di Konzeption. Come risulta molto chiaramente (e non potrebbe invero essere altrimenti) anche dal contributo di Oesterreicher e Koch, la dicotomia Nähe/ Distanz riguarda la Konzeption, dove quindi mündlich vale generalmente näh; ma puntualizza molto bene z eMan (293) che Nähesprache non è una dimensione del concetto di Mündlichkeit, bensì un concetto pragmatico generale, che con Mündlichkeit ha solo alcuni tratti in comune. Un’altra questione rilevante è quella del rapporto fra Nähe/ Distanz e marcatezza diasistematica, affrontata specificamente nel contributo di Kehrein e Fischer a proposito della marcatezza regionale. Qui un grosso problema è in qual senso tratti marcati diatopicamente vadano (sempre? ) assegnati alla Nähesprache. K ehrein e f isCher (240-51) propongono una nuova formulazione del modello in relazione allo sprachlicher Variationsraum, distinguendo trasversalmente (250) i poli Sprache der Nähe e Sprache der Distanz da un lato e Sprache der Vertrautheit e Sprache der Fremdheit dall’altro. Più in generale, merita attenzione il problema del rapporto del modello con le dimensioni coseriane di variazione. i Mo (177-78) fa utilmente riferimento a V. Á gel / M. h ennig (ed.), Nähe und Distanz im Kontext variationslinguistischer Forschung, Berlin/ New York 2010, ove si discute l’applicazione del modello alla ricerca varietistica e si individuano campi della linguistica della variazione in cui risulta profittevole la visuale di Koch e Oesterreicher, sia in sincronia (come lo studio delle Textsorten nelle Fachsprachen, nei Soziolekte, negli Stilen) che in diacronia (studio degli Historiolekte). La combinabilità del modello con le dimensioni coseriane di variazione (diacronia, diatopia, diastratia, diafasia) pare quindi assicurata. Oesterreicher e Koch ritengono però che le differenze diacroniche e le relative marcatezze possano (o debbano) essere tradotte in termini di diatopia, diastratia e diafasia; e considerano altresì contraddittoria l’introduzione della diamesia, proposta a metà anni Ottanta, in aggiunta alle classiche dimensioni di variazione. A chi scrive, che pure ha avuto occasione di mettere più volte in rilievo punti critici relativi alla dimensione diamesica, non è tuttavia affatto evidente perché «der Terminus diamesisch … natürlich der Definition der medialen Opposition widerspricht» (46). Ci sembra che dalle cursorie annotazioni che abbiamo fatto su alcuni punti contenutistici nodali del volume risulti pienamente raggiunto l’obbiettivo che implicitamente si proponevano i curatori, sottolineando la direzione «zur einer gewissen Doppelbödigkeit der Konzeption des Sammelbandes: Im Mittelpunkt des Interesses steht hier nicht nur die Sache an sich, also das komplexe Spannungsgefüge von Mündlichkeit und Schriftlichkeit und die Möglichkeiten seiner Modellierung, sondern auch der wissenschaftstheoretische Blick auf die eigene Forschungsdisziplin» (9). Il volume risulta anche molto accurato dal punto di vista tipografico e redazionale. Uno spoglio di eventuali piccole mende formali iniziato dal recensore non ha portato ad individuare che un elemento fuori posto nello schema di p. 21 (la Kommunikationsform II va spostata sotto l’asse orizzontale, come nello schema a p. 26), e una dimenticanza bibliografica a p. 42, dove B erruto 1985 citato nel testo non compare nella bibliografia; ed è stato poi interrotto perché chiaramente infruttuoso. Manca un indice analitico, che, data la quantità e al contempo ripetitività delle nozioni chiamate in causa nel volume, sarebbe stato assai utile. Di molte cose anche assai rilevanti (per esempio dell’applicazione del modello all’analisi di testi letterari, o alla didattica linguistica) e di accurate analisi empiriche pur presenti in vari contributi non abbiamo qui tenuto conto. Questo basti a dare un’idea della ricchezza e del molteplice interesse del volume che abbiamo recensito, che tratta a fondo, e in parte li risolve brillantemente, molti problemi noti, e altri nuovi ne solleva, indicando direzioni di ricerca e facendo comunque meditare e riflettere. Si sarà anche notato che il taglio e il tono del volume sono tutt’altro che acriticamente encomiastici. Sarebbe difficile leggere di più e di meglio, sul tema. Gaetano Berruto 