Vox Romanica
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0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
10.2357/VOX-2017-023
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Kristol De StefaniMichele Prandi/Pierluigi Cuzzolin (ed.), La recherche linguistique en Italie. Paris (Garnier) 2015, 162 p. (Cahiers de lexicologie 107/2)
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Gaetano Berruto
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361 Besprechungen - Comptes rendus Vox Romanica 76 (2017): 361-365 DOI 10.2357/ VOX-2017-023 Même le lecteur le plus expérimenté sera captivé par le voyage sémantique dans le temps et dans l’espace, par la confrontation des différentes approches scientifique vs populaire, tout en se laissant dépayser et décontenancer dans une réflexion intéressante sur ses propres habitudes. Il faut toujours de la patience et de la curiosité. Nous trouvons cette étude d’autant plus remarquable qu’elle arrive dans une période qui incite plutôt à l’expansion du vocabulaire moderne, tandis que l’exploitation des terminologies populaires devient une perle rare. Nous soulignons rare, car c’est paradoxalement cette zone qui fournit des indices précieux sur les modalités humaines d’interpréter le monde par le biais des mots. Nous avons beaucoup apprécié la richesse de cet ouvrage qui manquait jusqu’à présent et qui propose une véritable terminologie, riche et variée, dont les explications s’appuient sur une riche bibliographie, mise à jour et complexe, qu’il s’agisse des dictionnaires, des manuels, des études, des atlas linguistiques, des revues littéraires, des collections, des documents, des monographies ou des sites spécialisés, elle comprend presque six cents titres. La fructueuse collaboration entre l’équipe des linguistes et l’équipe des météorologues a couronné l’ouvrage avec de la rigueur et de la cohérence, de la logique et de la finesse, le tout soutenu par une haute tenue scientifique. Œuvre qui comble une lacune importante dans la linguistique roumaine, elle peut aussi constituer une base de départ pour les autres langues romanes qui sont moins dotées de ce genre d’outils. Elle ouvre aussi des pistes importantes aux chercheurs roumains et étrangers invitant à l’avenir - pourquoi pas - à entreprendre des analyses comparables d’autres champs sémantiques. Cristina Ungureanu Italoromania M iChele p randi / p ierluigi C uzzolin (ed.), La recherche linguistique en Italie. Paris (Garnier) 2015, 162 p. (Cahiers de lexicologie 107/ 2) Pubblicare un’opera di bilancio e presentazione in ambiente internazionale, nel caso particolare francofono, della ricerca linguistica italiana recente è certo cosa altamente meritoria. I lavori nelle discipline linguistiche che si compiono in Italia - e costituiscono, almeno nell’ultimo quarantennio, una mole non indifferente - sono in genere poco e mal conosciuti all’estero, anche perché, nel dilagante predominio dell’inglese come lingua sempre più unica della produzione scientifica anche nelle scienze del linguaggio, le pubblicazioni di autori italiani relative a cose italiane uscite in inglese sono ancora, tranne che in alcuni settori specifici, relativamente poco numerose (nonostante un evidente notevole incremento nel nuovo millennio); e se non si pubblica in inglese difficilmente si è letti al di fuori del proprio paese (con un’ulteriore azione di rinforzo della apparente trascurabilità del relativo dominio dovuta al facile - e fallace - trasferimento nell’opinione comune dal «poco letto» al «poco interessante, poco rilevante, non val la pena di leggerlo»). La raccolta di saggi curata da M. p randi e p. C uzzolin per i Cahiers de lexicologie, che occupa all’incirca i due terzi del volume 107 della rivista, va dunque a priori salutata come molto benvenuta. Per affrontare il compito, tutt’altro che semplice, i curatori hanno attivato l’intervento di studiosi italiani particolarmente ferrati nei rispettivi campi, raccogliendo sette contributi su diversi settori della linguistica, preceduti da un’introduzione e completati da un’appendice con l’elenco delle pubblicazioni delle tre principali associazioni scientifiche italiane operanti a livello nazionale nel dominio della linguistica generale: la Società di linguistica italiana (SLI), fondata nel 1967, la Società italiana di glottologia (SIG), fondata nel 1970, e l’Associazione italiana di linguistica applicata (AItLA), fondata nel 1999. (L’elenco 362 Besprechungen - Comptes rendus Vox Romanica 76 (2017): 361-365 DOI 10.2357/ VOX-2017-023 è aggiornato al 2014 per la SIG, e al 2013 per SLI e AItLA; manca però, nella lista della SLI, la corposa rassegna curata da G. i annàCCaro (ed.), La linguistica italiana all’alba del terzo Millennio (1997-2010), Roma, apparsa in due volumi nel 2013). Poiché è impensabile, o per lo meno inattuabile, in rassegne del genere, ambire a una considerazione complessiva ed esaustiva di tutti i molteplici settori e ambiti in cui la linguistica odierna nelle sue varie specificazioni si è anche in Italia cimentata, la scelta dei campi da trattare da un lato risulta particolarmente importante e delicata, e dall’altro però è inevitabilmente affidata agli interessi e ai gusti degli ideatori dell’opera. I curatori sono perfettamente consapevoli di questo fatto, e aprono appunto la loro «Introduction» (9-14) con una dichiarazione di intenti molto esplicita: «Le but de ce numéro n’est pas de présenter un panorama exhaustif de la recherche linguistique actuelle en Italie … À travers le choix de quelques domaines qui nous ont semblé représentatifs d’une spécificité de notre pays, nous nous proposons plutôt de donner au lecteur francophone une idée de la richesse et de l’ouverture des études qu’on mène en Italie» (9). Il principio centrale è dunque di scegliere temi e prospettive che, nel giudizio dei curatori, siano rappresentativi sia di una specificità per così dire nazionale della linguistica italiana sia della ricchezza della produzione scientifica relativa. Su questa base, i contributi raccolti obbediscono di fatto a un duplice criterio: mentre nella maggior parte dei casi viene privilegiato il dominio o settore della linguistica, per due contributi la ripartizione avviene piuttosto in base al tipo di approccio (impostazione generativista e impostazione cognitiva). In ogni caso, «la linguistique historique occupe la place d’honneur» (13) come filo unificatore delle varie prospettive, «tronc solide» sul quale «les linguistes italiens de la seconde moitié du siècle dernier ont su implanter les méthodologies et les domaines nouveaux» (9). Il primo contributo del volume, dunque, è dedicato, ad opera di p. C uzzolin , a «La linguistique historique récente en Italie» (15-38). Dopo aver illustrato questioni terminologiche inevitabili quando si voglia presentare l’approccio italiano in questo campo, come la distinzione e sovrapposizione fra storico e diacronico e quella fra linguistica storica e glottologia, l’autore tratta delle principali «scuole» italiane (Roma, Pisa, Padova) in cui si sono sviluppate con maggiore vigore ricerche di linguistica storica, identificandone «l’attention portée au texte en tant que produit culturel matériel» come «l’une des caractéristiques les plus typiques» (19); e informa poi, sinteticamente ma con abbondante elencazione bibliografica (l’articolo vanta un apparato bibliografico di quasi 190 entrate), sui molti lavori prodotti nei settori della fonetica e fonologia, morfologia e sintassi. Due paragrafi specifici sono infine dedicati a due prospettive fra loro spesso in competizione quali l’approccio tipologico, a cui viene assegnato «un rôle prééminent» nello sviluppo della linguistica storica in Italia, e quello formalista; fra le conclusioni più significative a cui giunge la rassegna vi è anche la constatazione che «plusieurs linguistes historiques italiens ont une forte tendance à combiner la méthode historique avec des réflexions théoriques» (26). Altamente informativo (e con più di 210 entrate bibliografiche) è anche il secondo ampio contributo, g. g raffi , «La grammaire générative» (39-72), che fornisce un accurato e dettagliato aperçu critico della linguistica generativa nelle sue manifestazioni italiane, articolato in due parti principali, dedicate la prima a «Personnes, lieux, courants» e la seconda ai temi di ricerca praticati. È ben noto come il generativismo abbia conosciuto in Italia un terreno di coltura molto fertile (forse il più fertile nell’Europa continentale); e un folto gruppo di linguisti e linguiste attivi in diverse sedi universitarie italiane sono da anni al top della ricerca internazionale nel campo. Graffi sottolinea giustamente (40) come peraltro non si possa affatto parlare di una scuola generativista italiana (e più in generale di scuole generativiste «nazionali»), in quanto i linguisti che operano in un paradigma generativista si identificano con la variante del modello che adottano e non per l’appartenenza a questo o quel paese; e i quadri teorici in cui lavorano i generativisti italiani rappresentano tutta la vasta gamma di correnti e modelli, anche 363 Besprechungen - Comptes rendus Vox Romanica 76 (2017): 361-365 DOI 10.2357/ VOX-2017-023 sensibilmente diversi per alcuni concetti centrali e categorie di analisi, sviluppatisi a partire dagli anni Settanta sul comune tronco degli assunti di base e degli obiettivi di ricerca del chomskysmo. Inoltre, i generativisti pubblicano molto più in inglese in sedi internazionali e su problemi di carattere generale che non in italiano su fatti specifici dell’italiano. Purtuttavia, ad avviso del recensore è forse possibile, e plausibile, individuare come un tratto potenzialmente caratterizzante in più autori italiani attivi nel campo generativista un’attenzione particolare, poco presente nell’ambiente internazionale se si escludono i lavori pionieristici di r. K ayne e quelli più recenti di alcuni autori britannici, alla variazione dialettale e intralinguistica. Seguono due contributi più sintetici. «Les études typologiques en Italie» (73-82) sono l’oggetto del lavoro di C. M auri , p. r aMat e a. s ansò , che mettono in adeguato rilievo il notevole sviluppo degli studi di carattere tipologico avutosi in Italia a partire dalla fine degli anni Settanta, soprattutto ad opera di p. r aMat e della sua scuola pavese, e anche grazie alla partecipazione italiana a grandi progetti internazionali come EUROTYP e all’apertura alle nuove prospettive della tipologia areale; mentre s. a rduini ha un compito più delicato nel trattare «Les approches cognitives» (83-93), dato che da un lato deve cimentarsi non con un campo sostanziale ben definito di studi, ma con un’impostazione generale che può essere trasversale a molti ambiti, e che dall’altro l’approccio cognitivo è di diffusione piuttosto recente, essendosi affermato con nettezza solo nell’ultimo quindicennio (anche se l’autore vede un precursore del cognitivismo in Umberto Eco, con i suoi lavori di teoria della semiosi). a. f errari , «La linguistique textuelle» (95-114), associa un’opportuna informazione sulla gran quantità di ricerche svolte in Italia nel dominio della linguistica del testo, inaugurate alla fine degli anni Settanta da M.-E. Conte (che introdusse nell’ambiente italiano le prospettive della Textlinguistik di lingua tedesca) e da B. Mortara Garavelli, a una sistemazione teorico-concettuale di punti cardine dell’approccio alla «quidditas sémantico-pragmatique du texte, c’est-à-dire ce qui fait la spécificité du texte comme niveau d’analyse intermédiaire entre les entités saussuriennes de la ‹langue› et de la ‹parole›» (99-100). Nel quadro tracciato da ferrari, la linguistica testuale ha una posizione centrale e pervasiva nell’analisi della lingua e delle produzioni verbali, in quanto un testo «qui entrelace … des contenus transmis explicitement et des contenus communiqués de manière implicite, est une entité sémantico-pragmatique structurée, qui s’articule en unités hiérarchiquement organisées, reliées en différentes dimensions sémantiques (référentielle, logico-argumentative, énonciative)» (101); e l’autrice enumera anche, fondatamente, una decina di quesiti di ricerca conseguenti da questa definizione così globale, con la quale «il se dessine … une nouvelle façon d’examiner la sémantique du système-langue, qui intègre l’aspect référentiel et l’aspect textuel … Le renouveau apporté par la linguistique textuelle ne se limite donc pas au fait d’avoir mis au centre de la science linguistique une nouvelle unité - le texte -, mais aussi celui d’avoir permis de poser un nouveau regard sur le système-langue» (97). Tutti i volets di questa complessa articolazione sono stati in effetti esplorati dalla ricerca italiana (con una netta preponderanza tuttavia di lavori su testi scritti): dalla coerenza e coesione del testo, alla dialettica fra esplicito e implicito, all’architettura del testo, ai suoi caratteri formali (sintassi, morfologia, lessico, punteggiatura), e ai tipi testuali o generi. All’oralità è invece appunto dedicato l’ampio contributo di f. a lBano l eoni , «Langue parlée et communication parlée» (115-41). Anche in questo caso l’argomento viene affrontato con deciso piglio teorico, considerando la comunicazione parlata (definita «une modalité sémiotique complexe, caractérisée, au-delà de sa base matérielle phonique, par sa nature multimodale et par son ancrage constitutionnel dans le monde matériel … et mental … que les participants partagent dans une certaine interaction et dans une certaine communauté», 117) come una testa di ponte fenomenologica per mettere in discussione tutta quella grande parte della linguistica moderna basata sui principi dell’autonomia del sistema linguistico rispetto al parlante e al mondo, e della lingua come competenza innata e struttura in cui tout se tient, per controbattere - del 364 Besprechungen - Comptes rendus Vox Romanica 76 (2017): 361-365 DOI 10.2357/ VOX-2017-023 tutto fondatamente - la concezione della lingua parlata in termini di «riduzione» rispetto alla lingua scritta, e per criticare come fallace la dicotomia linguistica/ paralinguistica. Su queste basi, l’autore propone uno schema di otto tipi di comunicazione caratterizzati secondo sei tratti, e giunge infine a sostenere che «entre l’écrit et le parlé il demeure une discontinuité absolue» (125), e che non esistono quindi entità intermedie fra l’uno e l’altro. Occorre dire che tale conclusione andrebbe forse relativizzata, dipendendo il riconoscimento di «formes intermédiaires» dai parametri o criteri che si adottano nel guardare e spiegare i fatti: se si assume a criterio unico il mezzo fisico e materiale e il relativo canale sensoriale di trasmissione, è pressoché ovvio che una produzione verbale avvenga o nel canale fonicoacustico o nel canale visivo-grafico (o in entrambi contemporaneamente) e non esistano forme intermedie in re substantiali; ma se si assumono altri criteri, le cose cambiano. Su questo punto, avrebbe giovato alla trattazione e all’argomentazione prendere in considerazione anche il noto modello di Koch e Oesterreicher basato sulla distinzione delle due dimensioni del Medium e della Konzeption e sull’opposizione fra vicinanza, Nähe, e distanza, Distanz. Albano Leoni dedica poi attenzione anche agli aspetti squisitamente metodologici del campo d’indagine, in particolare riguardo all’allestimento di corpora, concludendo il suo contributo con una sintetica panoramica su sviluppo e orientamenti recenti della ricerca sul parlato in Italia, e con un’utile appendice sulle associazioni italiane specificamente dedicate allo studio del parlato e della voce, e sui siti e i corpora disponibili. Il panorama che via via si è venuto tracciando è concluso da C. M arello , «Frontières de la lexicologie italienne. Des unités multilexicales aux collocations» (143-58). A differenza degli altri contributi, questo affronta un tema specifico all’interno della lessicologia: lo studio delle unità multilessicali (o polirematiche, com’è invalso l’uso di chiamarle nella linguistica italiana). Dopo una discussione della presenza relativamente rara nella linguistica italiana recente del termine stesso lessicologia (il cui campo d’azione è stato eroso dalla morfologia, dalla semantica e dalla crescente attenzione allo studio dei fenomeni di «interfaccia» tra livelli di analisi), l’autrice osserva giustamente che «les contributions italiennes les plus récentes et les plus intéressantes en matière de lexicologie … sont des études consacrées aux unités multilexicales, c’est-à-dire aux unités formées de plusieurs mots graphiques, et aux collocations restreintes, c’est-à-dire aux expressions linguistiques syntagmatiques qui constituent indubitablement un domaine privilégié de la lexicologie» (147). Marello sviluppa quindi una documentata carrellata critica su varie sottocategorizzazioni fornite dalla linguistica italiana per dipanare una matassa di per sé complicata e sfuggente, dai confini sfrangiati, com’è il dominio delle «combinaisons de mots que le locuteur ressent comme un élément lexical unitaire et qui […] se trouvent dans une position intermédiaire entre les composés et les syntagmes libres» (149): unità polirematiche come ferro da stiro, binomi come sale e pepe, trinomi come vita, morte e miracoli, fino alle «collocations restreintes» come avanzare un’ipotesi. Si sarà notato che una grande assente dalla panoramica presentata è la sociolinguistica, in generale e nelle sue varie sottoramificazioni. In alcuni punti, invero, viene accennata, o anche sottolineata, l’importanza di una prospettiva sociolinguistica: per es., Cuzzolin afferma tra l’altro che «c’est donc exactement la perspective utilisant les catégories élaborées en sociolinguistique qui justifie le très grand nombre des recherches conduites à propos de ces aspects qui concernent la rédaction matérielle des textes» (18), e Mauri, Ramat e Sansò osservano che «il ne faut pas oublier la longue tradition des enquêtes de dialectologie et plus récemment les très nombreuses études sociolinguistiques» (78). Ma ciò nonostante i curatori hanno evidentemente ritenuto non meritevole di trattazione specifica il settore della linguistica che si occupa di linguaggio e società; mentre, indipendentemente dalle questioni di gusti e preferenze più o meno idiosincratiche che sono connaturate con lavori di questo genere, sarebbe stato ragionevole aspettarsi il contrario. Tale scelta pare infatti confliggere con il principio di specificità che 365 Besprechungen - Comptes rendus Vox Romanica 76 (2017): 365-366 DOI 10.2357/ VOX-2017-024 si diceva all’inizio, avendo notoriamente la sociolinguistica e la dialettologia sociale praticate in Italia una posizione tutt’altro che trascurabile nel contesto europeo e romanzo, sia per la quantità della produzione scientifica che per la caratterizzazione della particolare situazione di multilinguismo e dei complessi rapporti fra lingua standard e dialetti tipici dell’Italia; tanto più che sono ben presenti nella sociolinguistica italiana due dei motivi conduttori tratteggiati dai curatori come caratterizzanti le prospettive italiane nello studio del linguaggio, vale a dire l’innesto su una originaria prospettiva storicistica e l’elaborazione di riflessioni teoriche anche originali sui dati empirici. Se vogliamo - ma forse andremmo contro l’avvertenza stessa che abbiamo avanzato all’inizio della presente recensione, circa la relatività della scelta dei contributi -, sempre nell’ottica della quantità e originalità delle ricerche condotte in Italia avrebbe meritato un capitoletto anche la linguistica acquisizionale. L’apprendimento delle lingue seconde in contesto naturale è infatti un’area specifica della linguistica in cui i lavori italiani dell’ultimo venticinquennio (in particolare, da parte della Scuola di Pavia) hanno portato a risultati di primaria rilevanza, anche in termini del riconoscimento stesso di un settore degli studi linguistici identificabile con tale etichetta. A parte le lacune appena segnalate, la raccolta riesce comunque a dare un’immagine variegata, dettagliata e molto competente della linguistica praticata in Italia negli ultimi decenni - compito come abbiamo detto tutt’altro che facile. Traspare fra l’altro bene, dall’insieme delle trattazioni, il gioco di rapporti e tensioni fra storicismo, formalismo e funzionalismo che ha contrassegnato lo sviluppo delle ricerche linguistiche in Italia conferendovi un sapore a volte peculiare, e per così dire bifronte, in quanto da un lato ben ancorato, seppur non senza contraddizioni, alla tradizione storicistica e dall’altro molto aperto alle suggestioni e innovazioni provenienti dalla ricerca internazionale. La raccolta è abbastanza accurata dal punto di vista formale. Alcuni refusi minori per lo più nella grafia di nomi propri (per es., Salterelli invece di Saltarelli, 10, Weinrich invece di [presumibilmente, nel contesto] Weinreich, 12, Padue invece di Padoue, 12 [poco sopra, due volte in grafia corretta], Bailly invece di Bally, 14, Bretinetto invece di Bertinetto, 20, Grezzi invece di Ghezzi, 30, Bussmann invece di Bußmann, 143, Iannàcaro invece di Iannàccaro, 162, ecc.) sono facilmente emendabili. A p. 130, il periodo «un corpus … exige pour être considéré comme tel que a) les critères et les modalités techniques de recueil, de transcription et d’annotation (si possible dans le respect des protocoles standardisés qui le rendent comparable à d’autres corpora)»; b) que le matériel soit accessible …» manca di una parte di testo, per esempio un verbo che funga da predicato del soggetto les critères ecc. (en passant, il plurale corpora usato qui e altrove nel volume mi risulta piuttosto inconsueto in francese). Gaetano Berruto r aChele d eluCChi , Fonetica e fonologia dell’armonia vocalica. Esiti di a nei dialetti della Svizzera italiana in prospettiva romanza, Tübingen (Francke) 2016, 459 p. (Romanica Helvetica 134) r aChele d eluCChi dedica il suo studio, silenziosamente, alle sue nonne ed alle cose umili, piccole e vere. E continua con questo suo avvio sentimentale quando nella premessa, dopo aver ricordato i suoni e le parole, i colori, i gusti e i profumi degli informatori e delle inchieste sul campo, ringrazia per una risata fragorosa, per un abbraccio, per uno sguardo complice e vero chi le è stato accanto nel suo lavoro, in modo tutto speciale la sua famiglia. Benissimo, ci sono tutti i presupposti per una lettura con simpatia della sua voluminosa, densissima monografia; credo che l’Autrice abbia la consapevolezza del valore poetico della lingua, suoni compresi.
