Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.24053/Ital-2021-0007
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Fesenmeier Föcking Krefeld OttIl linguaggio politico delle dinistre extraparlamentari negli anni Settanta
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Nicola Guerra
In diesem Aufsatz werden 123 Slogans der außerparlamentarischen Linken von 1968 bis zu den Anni di Piombo einer Analyse unterzogen. Die Slogans werden aus sprachlicher, thematischer und politischer Perspektive untersucht. Nach der sprachlichen Analyse rekonstruiert die thematische Clusteranalyse die wichtigsten politischen Ideen dieses Politikbereichs. Die Kommunikation der außerparlamentarischen Linken wird sprachlich in Bezug auf die vorherrschende Sprache der damaligen politischen Szene und aus politischer Sicht in Zusammenhang mit den im Parlament vertretenen Parteien und den außerparlamentarischen Bewegungen, die einen entgegengesetzten ideologischen Ansatz verfolgten, analysiert. Es ergibt sich ein wichtiger sprachlicher und politischer Bruch mit dem PCI, ein Bruch, dessen Entwicklung und sprachlicher Ausdruck in dieser Untersuchung rekonstruiert wird. Die verschiedenen Themen der politisch-revolutionären Bewegungen der außerparlamentarischen Linken werden in Bezug auf das Sprachregister analysiert, das sie charakterisiert und das sich von einer vorherrschenden Düsternis und Gewalt im Bereich des militanten Antifaschismus zu einem ketzerischen Humor gegenüber der parlamentarischen Linken bewegt.
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71 DOI 10.24053/ Ital-2021-0007 NICOLA GUERRA Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Seduzioni rivoluzionarie, antifascismo militante e rottura col Partito Comunista Italiano 1. Obbiettivi dello studio, metodologia e inquadramento linguistico La politica italiana per tutto l’arco di tempo che va dal secondo dopoguerra agli anni Settanta adotta un linguaggio noto come politichese e contraddistinto dalla sistematica tendenza ad un mascheramento linguistico delle dinamiche politiche, piuttosto che al chiarimento e alla condivisione con l’elettorato dei contenuti (Afeltra 1989; Pallotta 1991; Mariuzzo 2010)� Lo scenario politico nazionale presenta una situazione di forte contrapposizione ideologica tra due partiti di massa, la Democrazia Cristiana (DC) e il Partito Comunista Italiano (PCI), che determina una estrema complessità di governo, sia a livello centrale sia a livello locale, che si traduce nel proliferare di tecnicismi ed equilibrismi parlamentari occultati attraverso ponderate scelte lessicali conferenti un registro elevato e una forte burocraticità al linguaggio politico (Antonelli 2000)� Sarà col Sessantotto che si verificherà, nel quadro della ribellione giovanile e operaistica che lo caratterizza, l’adozione di un linguaggio politico, proprio dei movimenti extraparlamentari, che muove dall’inibizione alla partecipazione (Senf 2008) e dal criptico al comunitario (Mori 2008)� Le masse partecipanti al Sessantotto, animate dalla forte partecipazione giovanile alla politica e quindi caratterizzate da un salto generazionale, determinano rilevanti mutamenti linguistici con l’adozione di un registro che spazia tra contestazione, propaganda politica, senso civile e mantiene una certa intellettualità unita a fruibilità e intelligibilità (Pelagalli e Giorgi 2008)� Il Sessantotto, nel quadro di un più vasto anelito alla modernizzazione della società italiana, si caratterizza anche per il forte e partecipato tentativo di decostruzione e dissacrazione del linguaggio tradizionale della politica� Questo studio analizza il linguaggio politico delle sinistre radicali e extraparlamentari durante gli anni Settanta nella dimensione diamesica dell’oralità: oggetto della ricerca sono gli slogan intonati ripetitivamente durante le manifestazioni di piazza� L’importanza dello slogan e della sua ripetizione durante le manifestazioni di piazza, nel quadro della comprensione dei mec- Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 72 canismi alla base del linguaggio politico complessivo, viene evidenziata dalla prospettiva dialogica bakhtiniana nella quale l’evento sociale, in questo caso la manifestazione di piazza, può essere concepito come un processo di comprensione in cui a dei segni rispondono altri segni nell’intersezione di esperienze sociali e testuali e nella correlazione tra discorso esteriore e interiore (Lachmann 2004)� Secondo Bakhtin (1973, 94) ciascuna e ogni parola è ideologica e ciascuna e ogni applicazione del linguaggio comporta un mutamento ideologico, in un quadro in cui l’uso della lingua è eminentemente ideologico e i segni ideologici costituiscono la realtà politica� Un senso di coscienza politica non può essere raggiunto dal solo individuo, esso è creato dalle organizzazioni sociali e modellato attraverso il processo di interazione sociale ed i segni ideologici, nella forma di slogan politici, vengono comunicati attraverso la partecipazione di massa e vari livelli di interazione sociale� All’interno dello sviluppo della coscienza politica gli slogan di piazza, collettivamente accettati e condivisi attraverso le grida, esercitano, dunque, la loro forza nell’aumentare la percezione di consenso e divengono fattori di mobilitazione� Gli slogan analizzati sono stati reperiti attraverso una richiesta pubblicata nel gruppo di Facebook Anni di Piombo - Years of Lead che, al 5 Aprile 2020, contava 2�139 iscritti tra protagonisti di quegli anni, studiosi, giornalisti e appassionati del periodo storico� Ad integrazione sono stati consultati materiali cartacei conservati presso l’Archivio di Stato di Roma contenenti materiale sequestrato dalle forze dell’ordine ai gruppi dell’extraparlamentarismo di sinistra� 1 Gli slogan reperiti sono stati poi validati dal punto di vista storico, a prova della loro effettiva enunciazione di piazza, con il contributo testimoniale di dieci ex-militanti appartenenti a diverse organizzazioni extraparlamentari di sinistra� Per quanto concerne gli slogan censiti, si è deciso di procedere, oltre che con una analisi linguistica, con una analisi di clusterizzazione tematica, dimostratasi efficace in precedenti studi (Guerra 2020a; 2020b; 2013; 2012), per determinare quali fossero le tematiche sociali e politiche che animavano le piazze dell’extraparlamentarsimo e quale influenza esse avessero sul registro generale adottato� Esaminando, dunque, gli slogan censiti come un unico insieme linguistico si è proceduto ad un’analisi di clusterizzazione tematica, consistente nell’individuazione di sottogruppi tematici il più possibilmente omogenei, in modo da identificare i differenti contributi al discorso generale di piazza e di mobilitazione delle sinistre extraparlamentari� L’analisi di clusterizzazio- 1 Archivio Centrale di Stato (ACS): Buste 253, 289, 309, 322, 356, 357, 360 del Fondo Pubblica Sicurezza (PS-G); Buste 13 e 19 del Fondo Ministero dell’Interno Gabinetto 1944-1986; Busta 12 del Fondo Ministero dell’Interno Gabinetto 1944-1967; Buste 119, 123, 130, 188, 206, 207 del Fondo Marcello Coppetti� Nicola Guerra Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta 73 ne tematica è avvenuta secondo le seguenti modalità� Si sono inizialmente trascritti i testi degli slogan in un unico corpus che è stato studiato con un approccio induttivo, tale da consentire l’identificazione delle tematiche insite negli enunciati senza fare riferimento a categorizzazioni predefinite� Durante la prima lettura del corpus si sono annotate le aree tematiche generali contenute nei dati e con un secondo esame più accurato si è effettuata un’analisi di identificazione delle micro-tematiche contenute nella documentazione, tracciando in questo modo le informazioni sfuggite alla prima lettura� Le micro-tematiche identificate sono state poi organizzate, con un procedimento di clusterizzazione, in categorie omogenee che si possono definire proto-tematiche� Successivamente si è riesaminato il corpus per valutare come le informazioni raccolte fossero attribuibili a ciascuna proto-tematica identificata al fine di valutare il significato generale delle proto-tematiche e di assegnarvi un nome e una definizione provvisoria� Un’ulteriore fase dell’analisi è consistita nel valutare la collocazione delle micro-tematiche, precedentemente censite, nelle proto-tematiche determinate per verificare che alcune di esse non fossero state assegnate in modo contraddittorio a più proto-tematiche o collocate in modo erroneo in una proto-tematica inappropriata o non completamente caratterizzante� Riesaminato ancora una volta il corpus costituito da tutti gli slogan censiti alla luce delle proto-tematiche prescelte, si è provveduto ad accompagnare ciascuna di esse con una descrizione dettagliata e successivamente a rinominarle in modo definitivo, creando così le tematiche finali che esplicitassero sin dal nome assegnato i temi degli slogan in esse contenute� 2. I gruppi della sinistra extraparlamentare e il PCI durante gli anni Settanta La definizione che Tony Judt usa per descrivere l’orizzonte storico e culturale degli anni Settanta, da lui considerato come il più deprimente decennio del XX secolo, è quella di Post-everything era: formula che descrive un «periodo di cinismo, illusioni perdute e limitate aspettative» (Judt 2005, 478)� La definizione di post-tutto ben rappresenta il senso di profonda rottura con il passato e di grandi incertezze sul futuro tipica del periodo, in cui il sistema politico istituzionale e quello economico-sociale non appaiono più in grado di garantire risposte adeguate alle sollecitazioni dei mutamenti in corso e i paradigmi politici e culturali adottati in precedenza si rivelano incapaci di interpretare in modo adeguato la realtà� Gli anni Settanta sono stati canonizzati come gli anni della crisi: una crisi simultanea che interessa diversi ambiti della vita organizzata, dentro e fuori i confini degli Stati nazionali, e tale da configurarsi come Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 74 una vera e propria crisi di sistema (Baldissera 2013)� In questo quadro storico occorre notare come l’azione politica, nella società italiana del post-boom economico, venga resa difficoltosa da una serie variegata di dinamiche quali i vincoli internazionali legati alla Guerra Fredda, il problema della diffusione dei gruppi armati di sinistra e di destra e di organizzazioni extraparlamentari che professano l’illegalità di massa, la progressiva perdita di credibilità di una classe politica coinvolta sempre più in scandali e tangenti e la crisi del mondo del lavoro travolto da una grave recessione e dalla ristrutturazione industriale (Pacifici 2016)� Un quadro che, riprendendo l’affermazione dello storico Eric Hobsbawm, consente di affermare come, anche in Italia, si assista negli anni Settanta alla «fine dell’età dell’oro» (Hobsbawm 1995)� In questo contesto, reso ancor più complesso da diffuse insorgenze eversive, i partiti tendono a massimizzare la propria autonomia nei confronti di soggetti sociali considerati portatori di una domanda troppo radicale e a ridurre la disponibilità a rendere conto delle proprie scelte agli elettori (Della Porta 1996)� Un effetto derivato della violenza politica e della conseguente repressione è la minor ricettività dei partiti di fronte all’incalzare di movimenti sociali che sfidano la loro pretesa al «monopolio delle interazioni politicamente significative» (Revelli 1996, p� 21)� In Italia la consistenza numerica dei movimenti eversivi e rivoluzionari è particolarmente rilevante, tanto da poter essere individuata come una delle peculiarità più significative della recente storia nazionale: la generica espressione cronologica «anni Settanta», viene oggi, infatti, comunemente utilizzata proprio per definire l’intensa turbolenza politica attraversata dall’Italia in quello scorcio del Ventesimo secolo� In questo contesto storico e politico deve essere inquadrato il rapporto fra il PCI e i gruppi della sinistra extraparlamentare� Emilio Taviani fa notare che l’atteggiamento del PCI verso l’extraparlamentarismo di sinistra, nella prima metà del decennio, è caratterizzato da un atteggiamento duplice, di ascolto delle ragioni dei movimenti e di forte polemica con tutte le organizzazioni alla propria sinistra che ne vogliono assumere la rappresentanza (Taviani 2003)� Col passare del tempo però il timore dei dirigenti del PCI cresce nella convinzione che i gruppi rivoluzionari possano creare confusione nella propria base e soprattutto fra i giovani� Nel gennaio del 1975, presso l’Istituto di studi comunisti Palmiro Togliatti, comunemente noto come Scuola delle Frattocchie, il PCI organizza il «Seminario sull’estremismo», per studiare i gruppi dell’estrema sinistra, in particolare Lotta Continua, Avanguardia Operaia e Potere Operaio� Emerge una pluralità di rapporti, non sempre conflittuali, fra sezioni del partito ed estremismo e come non vi sia una condanna univoca dell’operato dei gruppi extraparlamentari da parte dei delegati provinciali, fatto che spinge i dirigenti del PCI ad invitare i propri iscritti a porre estrema Nicola Guerra Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta 75 attenzione ai fini che tali gruppi si propongono, ovvero spostare l’asse della linea politica comunista (Pacifici 2016)� Il 15 gennaio 1977, durante un intervento ad un convegno degli intellettuali organizzato dal PCI, il segretario Enrico Berlinguer (Berlinguer 1977, p� 13) propone la politica di austerità, intesa come «rigore, efficienza, serietà» e «giustizia», come risposta alla crisi economica, ma il concetto di austerità non seduce la massa di giovani figli del boom economico che stanno sperimentando la vita in comune, la liberazione sessuale, l’uso delle droghe nei circoli del proletariato giovanile e nei raduni musicali, e che subiscono la crisi dell’università di massa e la crescente precarizzazione del mondo del lavoro (Pacifici 2016)� Il primo febbraio del 1977 all’Università La Sapienza di Roma uno studente, Guido Bellachioma, viene ferito durante uno scontro fra collettivi autonomi (Collettivo redazionale La nostra assemblea 1977, pp� 75-79; Boraso 2006, p� 104; Grispigni 1997, p�-31) e aderenti al FUAN (Fronte universitario d’azione nazionale), formazione universitaria di destra� Il giorno successivo, il dirigente del PCI Ugo Pecchioli (Pecchioli 1997, p�-1), in un articolo su L’Unità definisce «squadristi» gli autonomi e si rivolge alle forze dell’ordine affinché chiudano i loro «covi»� È il segno di una frattura definitiva tra PCI e sinistre extraparlamentari che, in quel periodo, vedono il ruolo prevalente dell’Autonomia (Comitati autonomi operai 1976; Zandegiacomi 1975; Princivalli 2017)� Una rottura che diviene di dominio pubblico con quello che il PCI considera un parricidio: l’interruzione del comizio del segretario della CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) Luciano Lama che doveva tenersi all’interno dell’università occupata di Roma� Secondo Nanni Balestrini, la cacciata di Luciano Lama dall’Università La Sapienza di Roma fu l’inizio di una rottura, di un nuovo rapporto di forza tra PCI e il sindacato da una parte e il Movimento dei giovani dall’altra (Balestrini e D’Amico 2017, p�- 107)� In realtà la rottura tra PCI e sinistre extraparlamentari segue un tragitto più complesso ed articolato, come fa notare anche Andrea Colombo (2018; 2020), militante prima di Potere Operaio, poi dell’Autonomia e oggi studioso delle pagine più oscure di quel periodo storico� Vi è una prima fase dei rapporti tra movimenti della sinistra extraparlamentare e PCI, dal Sessantotto al 1973, che si caratterizza per un chiaro dissenso sul metodo� In questa prima fase il PCI non viene preso direttamente di mira dagli slogan dell’extraparlamentarismo perché la frattura verte sul metodo: mentre il PCI vuole le riforme di struttura, i gruppi radicali invocano la rivoluzione� Si verifica una rottura nel dissenso che diviene anche e soprattutto linguistica� I movimenti extraparlamentari adottano slogan che rimarcano come la rivoluzione sia l’unica strada ed esaltano figure ritenute ancora rivoluzionarie come Mao, Castro, Ho Chi Minh, Guevara� Se il PCI esclude Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 76 il ricorso alla violenza politica, i movimenti extraparlamentari, con particolare riferimento a Lotta Continua e Potere Operaio, lo esaltano attraverso la sloganistica di piazza e come mood di fondo di tutta la comunicazione, in un rapporto con il PCI che può essere definito come «diversi, rivali, ma ancora cugini» e caratterizzato da un atteggiamento di «distanza e ostilità ma non di guerra aperta�» 2 Ben presto i rapporti si inaspriscono fino alla condizione di «nemici e ostili, ma non ancora in guerra» e nel 1976, con la nascita del governo di unità nazionale, il PCI diventa «il primo nemico» contro il quale vengono rivolti slogan sempre più rabbiosi, in un inasprimento linguistico che trova riscontro anche a livello gestuale nel fatto che durante i cortei «metà dei partecipanti continua a salutare col pugno chiuso mentre metà con il gesto della pistola�» 3 Gli intellettuali che gravitano nell’area del PCI intervengono con analisi sulle modalità e lo stile della protesta dei movimenti extraparlamentari, in particolare con riferimento all’Autonomia che nel frattempo era ascesa al ruolo di movimento centrale della contestazione� In un articolo del 15 aprile 1977, Franco Ferrarotti espone il precedente futurista dell’esercizio della violenza come critica all’Autonomia facendo ricorso al teorema per il quale la violenza per la violenza, ossia la violenza al posto dell’azione culturale e politica, sia essa manifestazione di un atto esemplare o concepita come gesto creativo in sé, non avrebbe alcunché di rivoluzionario come, a suo avviso, non lo avrebbe il Futurismo di Marinetti con la sua esaltazione della velocità, della violenza, dello schiaffo e del pugnale (Calvesi 1978, 59)� Anche Maurizio Calvesi (1978, 257) interviene e rievoca, col fine di verificarne la validità nel presente, le sue previsioni sulla possibile deriva futurista e reazionaria del movimento del Sessantotto: «nessuno si meraviglierebbe, in un prossimo futuro, di assistere a nefasti portati politici, ad esempio, dell’attuale contestazione, i cui sfoci sono imprevedibili proprio per quel carattere spontaneistico che è un pregio di questo movimento, come lo fu del Futurismo»� Secondo Calvesi (1978, 94) la tematica del rifiuto del lavoro, centrale nella proposta dell’Autonomia, determina inoltre una produzione culturale intrisa di una creatività riflessa incapace di risolversi a livello programmatico nel politico, tanto che «nello spazio della scollatura possono tornare a premere l’idealismo e la reazione»� Nel complesso per gli intellettuali organici al PCI, il rifiuto del lavoro e della rappresentanza corrisponde a vere e proprie azioni anticomuniste e antidemocratiche (Mariscalco 2012, pp�-387-400)� 2 Intervista del 25 gennaio 2021 a Andrea Colombo, ex militante di Potere Operaio e dell’Autonomia Operaia� 3 Intervista del 25 gennaio 2021 a Andrea Colombo, ex militante di Potere Operaio e dell’Autonomia Operaia� Nicola Guerra Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta 77 3. Gli slogan di piazza delle sinistre extraparlamentari: inquadramento linguistico Gli slogan scanditi nelle manifestazioni di piazza dei movimenti della sinistra extraparlamentare, reperiti per il presente studio, sono 123, presentati in ordine alfabetico in appendice� Sin da una prima analisi emergono una struttura linguistica incentrata su rime e assonanze ed un registro lessicale della quotidianità nel quale la semplicità lessicale si pone in rapporto di funzionalità con le necessità di enunciazione collettiva e facile memorizzazione degli slogan� Negli slogan censiti, all’interno dei quali la violenza, il suo incitamento e le sue pratiche assumono un ruolo centrale che conferisce una generale cupezza e rabbiosità, coesistono diversi registri che includono l’ironico, lo scurrile, il giovanile, il violento e che nel complesso contribuiscono a costituire un registro collettivo delle sinistre extraparlamentari che sin dal primo esame appare distinto e distante dal politichese adottato dai partiti che animano la scena parlamentare� La scelta dello slogan, funzionale al contesto di piazza come mezzo di esternazione del pensiero politico, contribuisce ad intensificare, con le sue rime e con il tipico linguaggio improntato alla semplificazione concettuale e politica, la carica di violenza percepita� La funzionalità dello slogan nel contesto delle manifestazioni di piazza è un dato di fatto imprescindibile, ma occorre riflettere sul ricorso ad esso anche da un punto di vista culturale, come esposto da Ferrarotti nel suo parallelismo con il movimento futurista� Per quanto concerne lo slogan, allargando lo sguardo oltre il Futurismo, è utile notare che anche le sinistre extraparlamentari hanno a disposizione modelli e riferimenti storici e ideologici che appaiono politicamente limitrofi� Innanzitutto la rivoluzione culturale maoista, che attraverso lo slogan «non dimenticare mai la lotta di classe» incoraggiava a vigilare sui potenziali nemici di classe riconducendo ogni conflitto di opinione al tema della lotta di classe tra proletari e borghesi (Xing 2017) e che proprio attraverso il ricorso allo slogan e alla poster art aveva aiutato Mao nella costruzione del potere politico (Wang 2014, p�-148; Wilson 1977, pp�-105-106)� Anche nella Russia sovietica lo slogan ha un ruolo di rilievo nelle pratiche di mobilitazione delle masse e gli slogan vengono ideati in modo sistematico per aree tematiche come l’industria, l’agricoltura, gli anniversari della rivoluzione, le feste ufficiali (Buckley 2006, p�- 58)� L’adozione dello slogan da parte sovietica può essere, inoltre, ricondotta al futurismo russo che precede e attraversa la rivoluzione bolscevica (Lawton 2004)� Dario Mariani, militante della sinistra extraparlamentare prima in Lotta Continua e poi nell’Autonomia Operaia, fa notare come, Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 78 «sebbene non si possa escludere un retaggio del mito della rivoluzione culturale maoista a livello di adozione dello slogan, su Mao c’era stata l’overdose nel ’68 e nel ’77 era scomparso, il riferimento alla rivoluzione sovietica era forte anche se poi pure l’Urss era considerata socialimperialista e si guardava soprattutto a Majakovskij�» 4 I protagonisti delle sinistre extraparlamentari esprimono generale consenso nel considerare presente l’influsso, in parte consapevole e in parte inconsapevole, del Futurismo sulle modalità della contestazione e Mariani in merito afferma: «il futurismo, stupidamente assimilato al fascismo non è che si studiasse poi tanto nelle scuole, tutti i programmi, sia di storia che di storia dell’arte, si fermavano al 1918, però è innegabile che la comunicazione del ’77 si rifaceva al futurismo, magari quello più anarcoide e meno nazionalista, ma certamente al futurismo�» 5 Si può pertanto affermare che il radicalismo extraparlamentare di sinistra adotti uno stile comunicativo futurista, incentrato sulla potenza evocativa dello slogan, che rappresenta e incarna la lotta del nuovo, del giovane e dell’energetico contro il vecchio partitismo� All’interno di questa lotta il ricorso allo slogan avviene proprio nella sua originaria accezione di grido di battaglia in cui lo stile sintetico e la paratassi, a livello sintattico, lo stile nominale e la creazione di neologismi, a livello morfologico, e la aggettivazione forte e roboante, a livello lessicale, amplificano gli effetti della comunicazione conferendole forza d’urto e carattere manicheo (Reboul 1975, p�-109)� Un ulteriore aspetto che è indispensabile tener presente nell’analisi del linguaggio politico dei movimenti extraparlamentari di sinistra è costituito dalla giovane età dei militanti� I giovani generalmente con il loro linguaggio cercano di esprimere la propria avversione all’establishment di coloro che ritengono benpensanti, in questo caso potremmo dire politicanti, per distanziarsi da coloro che giudicano come piccolo-borghesi e fasulli (Radtke 1993; Sobrero 1990; Cortelazzo 1994)� Come fa notare Radtke (1993, p�-197), la tendenza a formare sottogruppi tra i giovani stessi favorisce una gergalizzazione che giustifica l’ipotesi di varietà giovanili ben differenziate tra loro e nel caso degli slogan censiti il linguaggio, pur libero da ogni cripticismo, assume 4 Intervista del 6 maggio 2020 a Dario Mariani, ex militante di Lotta Continua e dell’Autonomia Operaia molto attivo nel dibattito pubblico sulla ricostruzione storica degli anni Settanta� 5 Intervista del 10 maggio 2020 a Dario Mariani, ex militante di Lotta Continua e dell’Autonomia Operaia� Nicola Guerra Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta 79 alcuni tratti gergali, considerati tipici delle minoranze marginalizzate che cementano la loro unione con slang originali e unici (Solinas 2018, p�- 98)� Si assiste ad una duplice dinamica di gergalizzazione, di derivazione puramente generazionale e di risposta alla marginalizzazione dei giovani dai processi decisionali della società italiana dell’epoca� Un linguaggio che può essere definito gergale anche in quanto assume valenza di contrapposizione alla lingua dominante della politica parlamentare e si configura volutamente, rispetto ad essa, come antilingua (Halliday 1983, p�- 186)� Una frattura, quella del linguaggio politico di piazza delle sinistre extraparlamentari rispetto al politichese, che rappresenta quella tra forze antiautoritarie e autorità� Secondo Noam Chomsky (2002, p�-263), ogni forma di autorità dovrebbe fornire la propria giustificazione che non può essere accettata a priori e, invece, il più delle volte, le strutture autoritarie non hanno giustificazioni e hanno, in sostanza, il solo scopo di conservare le strutture del potere e del dominio� Fondamento delle società capitalistiche è una violenta azione autoritaria sui lavoratori perché, afferma Chomsky (2002, p�-261), se il capitale è esclusivamente sottoposto al controllo privato, gli individui sono costretti a vendere il proprio lavoro per sopravvivere e se l’alternativa è «Fai quel che ti dico o muori di fame», non esiste scelta, ma si tratta di «schiavitù salariata»� Indubbiamente molti degli slogan delle sinistre extraparlamentari si pongono in chiara antitesi con la coercizione capitalista e la schiavitù salariata e ambiscono alla rottura delle strutture del potere e delle pratiche del dominio descritte da Chomsky� Pur nel generale registro violento (diversi slogan esortano infatti alla distruzione fisica dell’avversario politico e sociale), colpisce l’attenzione il ricorso a elementi umoristici, ironici e sarcastici adoperati come modalità di lotta� Un’ironia che, accompagnata da un continuo ricorso a giochi di parole che prevedono assonanze e rime, risulta potenziata e diviene spiazzante� Se il ricorso all’umorismo e alla satira era stato praticamente estromesso all’interno del rigido formalismo e oscurantismo linguistico del politichese, esso viene, invece, ripreso dal linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari� Indicativo, relativamente alle dinamiche in atto nel periodo storico, è il caso di Giovannino Guareschi e del Candido, che pur contribuendo alla vittoria della DC contro il Fronte Popolare del 1948, non aveva poi risparmiato, all’interno di una posizione politica chiaramente anticomunista, pungenti critiche alla stessa DC� Nel 1950 il Candido pubblica una vignetta di Carletto Manzoni in cui il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi è rappresentato mentre passa in rassegna una fila di bottiglie invece che di corazzieri� L’accusa al Presidente è quella di sfruttare la propria carica a fini commerciali, facendo circolare bottiglie con la dicitura «Poderi del senatore Luigi Einaudi»� Guareschi e Manzoni saranno condannati, per vilipendio al Capo dello Stato, a otto mesi Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 80 di carcere con la condizionale� Guareschi sconterà più avanti la pena detentiva in appendice al cosiddetto caso De Gasperi, che aveva visto l’umorista parmense condannato per aver pubblicato, sempre su Candido, due lettere del 1944 attribuite a De Gasperi, nelle quali lo statista trentino chiedeva agli Alleati di bombardare la periferia di Roma (Conti 2008)� Il recupero della satira all’interno del linguaggio politico, da parte delle sinistre extraparlamentari, deve essere visto come un ricongiungimento alla tradizione storica e culturale nazionale, dato che la codificazione della satira come genere letterario viene attribuito proprio alla letteratura latina della quale rappresenta il primo genere originale, mentre gli altri sono di derivazione greca, come afferma Quintiliano (Inst�, X, 1, 93): «Satura quidem tota nostra est»� Dato che l’architettura di una lingua è un continuum multidimensionale in cui si addensano diverse varietà e in cui si passa in maniera graduale da una varietà a un’altra senza che vi siano confini netti e categoricamente tracciabili (Berruto 1987, pp�-27-42), per quanto concerne il linguaggio del radicalismo politico delle sinistre extraparlamentari si evidenzia un registro generale che può essere considerato all’intersezione tra la lingua della politica militante (Sobrero 1993, p�-264) e il linguaggio giovanile� Il contributo del linguaggio giovanile al registro generale, con i suoi elementi gergali mutuati dalla chiarezza e ruvidezza lessicale della strada ed esibiti in un contro-linguaggio che persegue un forte distacco dalla lingua adottata dai partiti, amplifica ulteriormente la netta rottura col politichese� Mentre quest’ultimo è ricco di sintagmi neologici ermetici atti a mascherare la difficoltosa mediazione tra posizioni partitiche eterogenee e la conseguente difficoltà di mantenere le promesse politiche conseguenti, come «equilibri bilanciati», «cauta sperimentazione», «pace creativa», «progresso nella continuità», «flessibilità costruttiva», «alleanze organiche», «accordo programmatico» e «strategia dell’attenzione» (Desideri 1998), il linguaggio di piazza delle sinistre extraparlamentari presenta frasi di chiarissima intellegibilità, di rabbiosa violenza verbale a carattere generazionale e ricorrenti allo slang giovanile� Evidente il ricorso di piazza a mezzi linguistici che mirano a marcare e rendere immediatamente intellegibile l’opposizione al politichese vissuta ed esposta come rottura con la politica dei partiti� L’uso di lessemi spregiativi per definire le forze dell’ordine segna l’apice di una alterità linguistica e politica: sbirro, carruba, caramba� Anche l’avversario politico viene descritto attraverso espressioni volgari e popolari, come ad esempio nel caso del ricorso all’aggettivo cornuto, a significare il rifiuto di ogni disponibilità alla mediazione� Il frasario e le espressioni volgari e popolari, come in culo, puttanata, che ce ne frega, fatte ’na pera, fai fagotto, diventano tipizzanti di un linguaggio politico giovanile e rivoluzionario la cui ambizione è la chiarezza estrema verso i militanti e la presa di distanza dal Nicola Guerra Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta 81 mondo politico di quegli adulti ai quali sono imputati i mali della società: Abbiamo preso poche botte da bambini, per questo ora siamo assassini� 4. Analisi tematica e riflessioni politologiche Attraverso l’analisi sono stati identificati cinque cluster tematici omogenei: 1) slogan eversivi e controegemonici; 2) slogan sul lavoro, i rapporti di produzione e il sistema economico; 3) slogan contro il PCI e il sindacato; 4) slogan dell’antifascismo militante; 5) slogan ecologisti� Nel primo cluster, slogan eversivi e controegemonici, sono compresi 45 enunciati che si contraddistinguono per il radicale attacco all’organizzazione sociale italiana� La maggior parte di questi slogan colpiscono il sistema di controllo sociale e la militarizzazione delle università e sono indirizzati con grande violenza verbale contro le forze dell’ordine che proteggono tale sistema per conto dello Stato e delle sue istituzioni� Questi slogan, inneggiati contro la repressione, sono contraddistinti da un registro che muove dall’umoristico al triviale� Esempi del registro triviale sono gli slogan: Carabiniere sbirro maledetto te l’accendiamo noi la fiamma sul berretto; E se un caramba spara, lupara lupara, se spara un poliziotto, P38; Il sangue degli sbirri non lo buttiamo via, anche il conte Dracula è dell’autonomia� Slogan controegemonici di registro umoristico sono invece: Cento poliziotti in ogni facoltà, tutto l’esercito all’università; I carabinieri sono solo birichini, siamo noi i veri assassini; La polizia che spara non si tocca, vi fregheremo tutti: ci spareremo in bocca� Gli slogan di registro umoristico richiedono un’interpretazione al di là del letterale e il cui senso è inverso all’apparente letteralità� Una delle principali accuse mosse alle autorità è quella di aver militarizzato le università con l’intento di fermare e sterilizzare la contestazione studentesca, ma i manifestanti mettono in discussione anche il sistema formativo scolastico e universitario nel quadro di una più vasta critica al sistema pedagogico dominante nella società dell’epoca, colpevole di escludere i giovani dai processi decisionali� Queste dimensioni della contestazione sono esemplificate nei seguenti enunciati di carattere ribellistico, generazionale e di sfida: Ci hanno cacciati dall’università, ce la prendiamo con tutta la città; Abbiamo preso poche botte da bambini, per questo ora siamo assassini; Come mai, come mai noi non decidiamo mai? D’ora in poi decidiamo solo noi� Nanni Balestrini fa notare come il linguaggio umoristico divenga una modalità di lotta inedita e per questo spiazzante, che affonda le sue radici nella innovazione apportata dalle nuove forme di comunicazione che nascono e si sviluppano nella città di Bo- Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 82 logna ad opera di riviste come A/ traverso e di Radio Alice (Balestrini/ D’Amico 2017, p�-108)� Secondo lo stesso autore il registro triviale e denso di violenza andrebbe, invece, ricondotto al fatto che il Movimento, nato dalla fusione delle lotte studentesche con quelle operaie, subisce una repressione sempre più spietata che da posizioni di autodifesa trascinerà alcune sue parti verso una disperata lotta armata (Balestrini/ D’Amico 2017, p�-101)� Se tale dinamica è plausibile, e certamente contribuisce alla deriva verso la lotta armata, bisogna però notare che i gruppi delle sinistre extraparlamentari si caratterizzano da subito per le chiare e dichiarate ambizioni di attuare la rivoluzione eleggendo la violenza a strumento per il perseguimento di tale obiettivo (Calabresi 2007; Grandi 2000; Gagliano 2013)� L’esclusione dai processi decisionali patita dai giovani indirizza la piazza a contrapporre la purezza giovanile, fatta di ideali radicali e di prospettive rivoluzionarie, alla corruttela dei politici� Questa contrapposizione generazionale viene espressa col ricorso ad un registro umoristico ben rappresentato dai seguenti slogan: Gui e Tanassi sono intelligenti, siamo noi i veri deficienti; Tanassi e Gui sono innocenti, siamo noi i veri delinquenti� Mario Tanassi e Luigi Gui, coinvolti nella metà degli anni Settanta nello scandalo Lockheed, che vede la compagnia aerospaziale americana pagare tangenti a politici e militari di alcuni Stati del mondo per vendere i propri aerei militari (Sampson 1977; Ben 2013), diventano il simbolo della corruzione del sistema parlamentare� La contestazione attacca con i propri slogan anche la ‘lingua del potere’ il cui principale canale di fabbricazione del consenso e manipolazione delle masse è individuato nel monopolio televisivo della Rai, soggetta a controllo governativo sino alla riforma dell’aprile 1975 che trasferirà il controllo al parlamento con un accordo spartitorio tra i partiti dell’arco costituzionale su base elettorale, noto con il nome di lottizzazione, che vede Rai 1 nella sfera di influenza della Democrazia Cristiana, Rai 2 al Partito Socialista Italiano, e Rai 3, nata nel 1979, nell’orbita del Partito Comunista Italiano (Padovani 2005)� Allo strapotere della televisione lottizzata di Stato i manifestanti, facendo ricorso ad un registro umoristico, oppongono le radio libere: Le radio libere sono un’illusione, l’unica informazione è la televisione; Le radio libere sono provocazione, tutto il potere alla televisione� La radiofonia italiana è contraddistinta da un regime di monopolio statale, simile a quello della televisione, che viene incrinato per la prima volta nel 1970 grazie a Danilo Dolci che, fondando Radio libera di Partinico, sensibilizza l’opinione pubblica sulle drammatiche condizioni in cui continuano a versare, a due anni dal terremoto del 1968, le popolazioni del Belice e denuncia pubblicamente l’appropriazione mafiosa e clientelare dei fondi destinati alla ricostruzione� L’emittente trasmette quattro ore di programmi preregistrati e Nicola Guerra Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta 83 proposti anche in inglese, replicati a ciclo continuo per ventisette ore, fino a quando l’intervento di polizia e carabinieri mette a tacere la radio sequestrandone le attrezzature (Dolci, Orlando e Vitale 2008)� Nel 1975 il fenomeno delle radio libere fa registrare una vera e propria crescita con un moltiplicarsi di iniziative, esperienze e sperimentazioni in tutta la penisola� Del 1975 è il primo caso di radio libera che trasmette da una fabbrica, la Singer di Leinì, alle porte di Torino� Radio Singer, promossa dal consiglio di fabbrica, dà voce alla lotta dei lavoratori che vogliono scongiurare l’annunciata chiusura dello stabilimento� La radio diventa forma e amplificatore di una creativa resistenza operaia che a scioperi e cortei affianca murales e spettacoli nella fabbrica occupata, ma si conclude nel 1978 con la definitiva chiusura della Singer (Balla 2009)� Tra le più note radio libere vanno menzionate Radio popolare, che nel documento di indirizzo elaborato da Piero Scaramucci mira a scardinare l’unidirezionalità dell’informazione Rai attraverso spazi gestiti direttamente dal proletariato (Radio popolare 2006); Radio città futura, nata per iniziativa dell’editore Giulio Savelli e di Renzo Rossellini, figlio di Roberto Rossellini, che mira a divenire ‘radio di movimento’ ed interviene nel dibattito fra le diverse componenti della protesta ponendosi come soggetto politico (Dark 2009); Radio Alice e Radio città a Bologna, con la seconda che non reggerà il durissimo test del Settantasette e verrà accusata dalla prima di fiancheggiamento del PCI tanto da diventare una controparte per l’ala più dura del movimento (Berardi/ Garnieri 2002); Radio out, legata alla figura di Peppino Impastato, le cui trasmissioni, con formule radiofonicamente creative e irriverenti, denunciano gli intrecci di mafia e politica (Impastato/ Vitale 2008)� Gli slogan contro il monopolio televisivo e radiofonico di Stato sono un attacco a quella che Chomsky (1970), nella sua analisi sull’opera di propaganda messa in atto dai media e sull’apparato simbolico attraverso il quale le élite ‘democratiche’ riescono a controllare il pensiero e in tal modo a mantenere la propria egemonia, definisce come ‘lingua del potere’� Una prassi del linguaggio che ha a che fare con l’esecuzione e non con la competenza, e consiste in un complesso di contenuti simbolici coerenti, sistematici, e finalizzati a un obiettivo preciso, quello della fabbricazione del consenso� I mass media assolvono la funzione di comunicare messaggi e simboli alla popolazione e il loro compito è di divertire, intrattenere e informare, ma allo stesso tempo di inculcare negli individui valori, credenze e codici di comportamento atti a integrarli nelle strutture istituzionali della società di cui fanno parte� In un mondo caratterizzato dalla concentrazione della ricchezza e da forti conflitti di classe, per conseguire questo obiettivo occorre una propaganda sistematica (Chomsky/ Herman 1998, p�-16) e gli slogan gridati contro il monopolio Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 84 televisivo e radiofonico assumono un significato di rivolta contro ‘lingua del potere’� Un’altra istituzione presa di mira dagli slogan dalla protesta è quella carceraria: Dal carcere di Cuneo all’Asinara un solo grido compagno spara; Dall’Asinara all’Ucciardone un solo grido evasione� Tra le organizzazioni della sinistra extraparlamentare era stata soprattutto Lotta Continua ad impegnarsi sui temi del carcerario, seguiti dal 1970 con un’apposita Commissione e con la rubrica I dannati della terra 6 , pubblicata sul giornale del gruppo� Nell’Autonomia circolano le idee di Frantz Fanon (1962) e si guarda al carcere, ad oggi massima espressione del ‘potere repressivo’ esercitato dal capitalismo nei confronti delle classi subalterne, come ad una ‘scuola di comunismo’ che può trasformare la rivolta individuale del delinquente comune, l’emarginato ‘vittima della società borghese’, in una componente decisiva del processo rivoluzionario� Anche la musica canta la necessità di fare delle prigioni una base di lotta contro i padroni, come nella canzone Liberare Tutti di Pino Masi e Alfredo Bandinelli del 1971� 7 Lo stesso cinema alimenta il mito della banda Cavallero, composta tra gli altri da Sante Notarnicola e Pietro Cavallero, con il film Banditi a Milano di Carlo Lizzani (1968) con Don Backy nel ruolo del Notarnicola (2005), autore in carcere di L’evasione impossibile, edito da Feltrinelli nel 1972� Emerge dal cluster un chiaro rifiuto del riformismo e la pretesa di una immediata rivoluzione, i mezzi con i quali realizzarla: la lotta armata, la violenza proletaria, la rivolta carceraria e l’evasione, la licenza di sparare e la trasformazione dell’intera città in un covo saltellante� Gli slogan annunciano che il tempo delle parole è terminato e non è più il momento di parlare ma di 6 Il titolo è mutuato da un’opera di Frantz Fanon, medico psichiatra che negli anni ’60 ebbe profonda influenza nelle lotte anticoloniali; Fanon identificava nella massa di persone che compongono il sottoproletariato, tra cui i detenuti, una forza determinante per il processo rivoluzionario� Nel 1972 Lotta Continua pubblica un volume, Liberare tutti i dannati della terra (Lotta Continua 1972), in cui figurano scritti di detenuti collegati a Lotta Continua, molti dei quali diverranno poi esponenti dei Nuclei Armati Proletari (NAP)� 7 Testo: Ci son tanti compagni/ di cui siamo privati/ perché questa giustizia/ li vuole carcerati/ però son fianco a fianco/ con altri proletari/ che passano la vita/ dentro i penitenziari�/ Si stanno organizzando/ per fare delle prigioni/ una base di lotta/ contro i padroni�/ Per questo hanno bisogno/ anche del nostro scudo; / se noi lottiamo fuori/ per loro sarà un aiuto�/ Liberare tutti/ vuol dir lottare ancora,/ vuol dire organizzarci/ senza perdere un’ora�/ E tutti i riformisti/ che fanno i delatori/ insieme ai padroni/ noi li faremo fuori�/ E Porci padroni,/ voi vi siete illusi/ non bastan le galere/ per tenerci chiusi�/ Noi facciam vedere/ ai nostri sfruttatori/ che per ognuno dentro/ mille lottano fuori�/ Siam tutti delinquenti/ solo per il padrone/ siamo tutti compagni/ per la rivoluzione�/ Liberare tutti…»� Nicola Guerra Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta 85 sparare� La nuova generazione non vuole tutto in un futuro lontano e incerto, ma vuole viverlo oggi e subito, nella quotidianità (Balestrini/ D’Amico 2017, p�-102)� Da un esame diacronico degli slogan emerge come si assista ad una prima fase, dal Sessantotto al ’73, in cui gli slogan segnano una distanza e un’ostilità verso il PCI che accusa i militanti del radicalismo extraparlamentare di essere provocatori, ricevendo in risposta lo slogan: provocatori sono PCI e sindacato che pieni di paura invocano lo stato� Ma la rottura definitiva con il PCI si traduce in aumento della carica di violenza contenuta e in una accresciuta spinta rivoluzionaria che travolge tutte le istituzioni� «Il mutamento a livello simbolico si traduce nella sostituzione del gesto del pugno con quello della pistola durante le manifestazioni e anche gli slogan adottano un linguaggio che dal Sessantotto al ’73 sarebbe stato inimmaginabile con slogan come: Lupara Lupara; Autonomia Operaia non si tocca il primo che ci prova gli spareremo in bocca; arriva la compagna P38�» 8 Il secondo cluster tematico emerso dall’analisi, slogan sul lavoro, i rapporti di produzione e il sistema economico, è composto da 17 enunciati� Anche in questo caso alcuni degli slogan si contraddistinguono per un registro ironico: Basta col vizio di mangiare, vogliamo produrre e lavorare; È ora, è ora miseria a chi lavora; Più lavoro, meno salario� Gli slogan vanno contestualizzati in una società in profonda trasformazione, nella quale al posto dell’operaio specializzato appare un nuovo tipo di operaio, che rispetto al rapporto di produzione ha un ruolo del tutto differente, l’operaio della catena di montaggio, non professionalizzato, non specializzato, mobile, intercambiabile� Lo contraddistingue l’incapacità di rappresentarsi come portatore di un mestiere e di identificarvisi, mentre è ossessionato dalla ricerca di una fonte di reddito per consumare e sopravvivere (Balestrini 2019, pp�- 182-183)� Il protagonista del romanzo Vogliamo tutto, di Nanni Balestrini (2019, p�-69), afferma relativamente ai processi di selezione del personale da impiegare alla catena di montaggio: «Andavamo bene tutti per quel lavoro di merda»� E proprio le grandi migrazioni che dal Sud portano grandi masse di lavoratori non professionalizzati nelle fabbriche del Nord hanno l’effetto di proletarizzare anche gli stessi impiegati e i medici addetti alla selezione del personale (Balestrini 2019, p�-69)� Un aspetto, questo, che viene colto in uno slogan di questo cluster tematico: Come mai, come mai, sempre in culo agli operai? Ora i tempi son cambiati anche in culo agli impiegati� 8 Intervista del 25 gennaio 2021 a Andrea Colombo, ex militante di Potere Operaio e dell’Autonomia Operaia� Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 86 Lo slogan che rappresenta meglio la concezione del lavoro, dei rapporti di produzione e la radicale critica al sistema da parte del Movimento è: Lavoro zero, reddito intero, tutta la produzione all’automazione� Il rifiuto del lavoro è patrimonio dell’Autonomia Operaia degli anni Settanta, rappresentandone uno dei tratti principali dell’originalità in opposizione all’idea, ampiamente trasversale, che sia il lavoro a conferire pieno diritto di cittadinanza� Gli autonomi non furono certo i primi a fare proprie tematiche antilavoriste, e si possono citare in proposito sia Paul Lafargue (1968), che nel 1887 aveva pubblicato Il diritto alla pigrizia, sia lo stesso Marx (1968, pp�-400-401) che nei suoi Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica sosteneva fosse necessario far sì che il tempo lavorato e il tempo libero smettessero di essere contrapposti e immaginava uno sviluppo tecnologico tale da poter abbattere il tempo lavorato a vantaggio dello sviluppo culturale, artistico, scientifico degli individui� La peculiarità dell’Autonomia consiste nell’aver tramutato queste tematiche in programma politico e in una azione collettiva che supera il comportamento individuale anche attraverso le pratiche di insubordinazione e sabotaggio all’interno delle fabbriche (Contro il padrone sciopero selvaggio, blocco, violenza, sabotaggio; Un nuovo modo di fare produzione, sotto le presse mettiamoci il padrone; Gastronomia operaia, organizzazione, forchetta, coltello, magnamose il padrone) attuate e vissute come rifiuto del lavoro� Per gli autonomi il rifiuto del lavoro, del lavoro fatica, del lavoro espropriato significa richiesta di conquista di tutto il potere, di appropriazione di tutta la ricchezza sociale� L’operaismo degli anni Sessanta in Italia era declinato sulla centralità politica operaia, per cui la classe operaia era il soggetto politico e l’attore principale del cambiamento della società e della rivoluzione, ma l’operaismo autonomo rompe con la tradizione comunista dell’etica del lavoro e introduce l’idea-forza dell’odio degli operai per la propria condizione� In proposito entra in gioco il terzo cluster tematico, in stretta correlazione col precedente, composto da 34 slogan censiti: slogan contro il PCI e il sindacato� Il PCI, secondo i militanti autonomi, rallenta la mentalità dell’operaio che è diventata troppo avanzata (Balestrini 2019, p�- 152) e i lavoratori iscritti al PCI sono considerati «gente durissima ottusi senza un po’ di fantasia pericolosi» (Balestrini 2019, p�-76)� Secondo gli autonomi sono colpevoli di accettare fino in fondo il lavoro, per loro il lavoro è tutto, anche se pagato quattro soldi che non bastano mai, anche se facendolo si muore presto e anche se annienta la vita: «è solo un ottuso un servo che può farlo» (Balestrini 2019, p�-77)� Molto chiari, in proposito, gli slogan intonati: Non c’è disfatta, non c'è sconfit- Nicola Guerra Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta 87 ta senza il grande partito comunista; Siam del PCI, siam della FGCI 9 ; scendiamo in piazza solo con la DC, con gli estremisti no, scendere non si può; Siamo felici di fare sacrifici; Che è ’sta puttanata della liberazione, PCI dacci ancora più oppressione; Compagno PCI, t’hanno fregato, niente comunismo, ma polizia di Stato; Rendiamo più chiare le Botteghe Oscure; PCI e polizia vi spazzeremo via� Le piazze guardano all’endiadi PCI-sindacato come principale fattore di pericolosità e di conservazione in cui la politica dell’austerità contro la crisi economica lanciata da Berlinguer si salda con la complicità sindacato-padrone (Balestrini 2019, p�-127)� Oltre ai numerosi slogan indirizzati contro il segretario della CGIL Luciano Lama (Chi non Lama non fa l’amore; Dal Tibet al Perù, tutti i Lama a testa in giù; I Lama stanno nel Tibet, il PCI non sta qui, lecca il culo alla DC; Luciano Lama non hai capito bene, la classe operaia non si astiene; Viva i pensieri di Luciano Lama che parla e poi arriva la madama), in questo cluster tematico se ne rilevano tre, uno indirizzato contro il solo sindacato e due che colpiscono contemporaneamente il sindacato e il PCI, che danno una vera misura della definitiva rottura: In Cile i carri armati, in Italia i sindacati; Provocatori sono PCI e sindacato, che pieni di paura invocano lo Stato; Sindacati e PCI, il fascismo sta lì� Il sindacato è giudicato uno strumento del padrone che porta ai lavoratori le proposte delle imprese e contratta sulla pelle degli operai, ignorandone la volontà e gli obiettivi, col fine di stipulare accordi bidone (Balestrini 2019, pp�-127 e 145)� La rottura è insanabile: i sindacati «sono dei mercenari e come mercenari saranno trattati» (Balestrini 2019, p�-152)� Come fa notare Mario Ferrandi, all’epoca militante dell’Autonomia, «si tratta di una rottura che si fa antropologica»� In particolare il militante ricorda: «c’era un numero di Rosso 10 dove nella forma giocosa di gioco chiamato ‘gioco della ricomposizione di classe’, una specie di gioco dell’oca, viene rappresentata quella dell’Autonomia dove si trovano Gasparazzo, l’operaio meridionale immigrato alla Fiat, Rat-ta-ta Le fou, che sarebbe il lottarmatista, Calamity Jane, la femminista ultraradicale, Diabolik, il proletario extralegale, Cochis, l’indiano metropolitano� Il PCI ci avrebbe messo l’operaio specializzato del Nord nato durante la guerra, la lavoratrice in tuta, l’intellettuale serioso, il contadino, il disoccupato disciplinato che faceva concorsi e ricorsi� I blocchi storici di riferimento erano incompatibili, il 9 Federazione Giovanile Comunista Italiana� 10 Il periodico quindicinale Rosso, stampato a Milano negli anni 1975-1979, rappresenta uno dei principali punti di riferimento per i movimenti appartenenti all’area dell’Autonomia Operaia (De Lorenzis, Guizzardi e Mita 2007)� Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 88 blocco storico improbabile che avevamo in mente noi ammontava forse a due milioni di italiani mentre quello del PCI ne copriva potenzialmente venti�» 11 Il penultimo cluster tematico emerso dall’analisi è quello degli slogan dell’antifascismo militante, composto di 24 enunciati che espongono un’auspicata eliminazione fisica dell’avversario politico neofascista che si incarna nelle pratiche di antifascismo militante (Panvini 2009, pp�-251-257; Matteo 2015; Avanzati 1974; Lotta Continua 1970, p�- 17; Lotta Continua 1973)� Molte ricostruzioni tendono a presentare un Sessantotto attraversato dall’antimilitarismo, derivato dalle grandi manifestazioni americane contro la guerra del Vietnam, e di contro gli Anni di piombo animati, invece, da una forte legittimazione della violenza politica� Uno schema in cui il pacifismo e il fenomeno dei figli dei fiori (Pagliero 2014; Della Casa e Manera 2011; Martellini 2006; Vecchio 1986; Bottazzi 1978; Mayer 1968) cederebbero, poi, il campo all’antifascismo militante e allo scontro tra opposti estremismi all’interno della strategia della tensione atta ad impedire o frenare il cambiamento politico (Genzolini 2014; Tranfaglia 1998; Vinciguerra 1989; AA�VV� 1971)� Ne consegue la tendenza ad accreditare un Sessantotto ‘buono’ a cui seguirebbero i ‘cattivi’ Anni di Piombo� In realtà l’analisi diacronica degli slogan evidenzia come sia da rigettare questa idea di un Sessantotto fatto di unità generazionale e di un ’77 fatto di opposti estremismi� La carica di antifascismo militante attraversa la produzione di slogan di piazza senza alcuna discontinuità� Come fa notare Dario Mariani, militante prima in Lotta Continua e poi nell’Autonomia, si tratta «per certi versi di una ossessione antifà abbastanza diffusa e che alcuni gruppi, ormai al lumicino, intendono anche come ‘sfogatoio’ per i propri militanti delusi dalla deriva istituzionale 12 »� Per mano dell’antifascismo militante cadranno molti giovani come, ad esempio, nei casi del rogo di Primavalle del 1973 (Mattei e Monti 2008), dell’assassinio di Sergio Ramelli del 1975 (Bussagli 2015; Giraudo, Arbizzoni, Buttini, Grillo e Severgnini 2007) e della strage di Acca Larenzia del 1978 (Cutonilli 2018; Cutonilli/ Valentinotti 2008; Morelli 2008)� In questo cluster gli slogan sono caratterizzati da una brutalità linguistica specchio di una brutalità politica che legittima l’omicidio di un avversario politico, il neofascista, che viene disumanizzato e per il quale si invoca l’eliminazione fisica con ogni mezzo� L’omicidio del fascista viene rivendicato con rabbia ed 11 Intervista del 25 gennaio 2021 a Mario Ferrandi, ex militante dell’Autonomia Operaia� 12 Intervista del 26 gennaio 2021 a Dario Mariani, ex militante di Lotta Continua e dell’Autonomia Operaia� Nicola Guerra Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta 89 orgoglio in un sottogruppo di slogan: Dieci, cento, mille Acca Larenzia; I fascisti come Falvella, con una lama nelle budella; Tutti i fascisti come Ramelli con una riga rossa tra i capelli� Altri slogan identificano, invece, un sottogruppo storico (Il maresciallo Tito ce l’ha insegnato, usare le foibe non è reato; Là sulla strada gelata la croce uncinata lo sa, d’ora in poi troverà Stalingrado in ogni città; Piazzale Loreto ce l’ha insegnato, uccidere un fascista non è reato; Uccidere un fascista non è reato, la resistenza ce lo ha insegnato) nel quale i militanti delle sinistre extraparlamentari, con un procedimento di decontestualizzazione storica e di ricorso strumentale ad eventi storici legati a ben diversi contesti, si autoproclamano eredi delle pratiche della Resistenza negli anni della guerra civile (Pavone 2006; De Felice 1998; Pisanò e Pisanò 2003; Pansa 2013) o degli infoibatori (Oliva 2003; Pupo 2005; Pupo/ Spazzali 2003; Spazzali 1993)� Altri enunciati del cluster rappresentano un vero e proprio incitamento a pratiche diffuse di antifascismo militante (Buon Natale camerata, ma con una fucilata; Camerata basco nero, il tuo posto è al cimitero; Cloro al clero, diossina alla DC, piombo, piombo, piombo sull’MSI! ; Fascio impara, P38 spara; Fascisti borghesi, ancora pochi mesi; Fascisti carogne tornate nelle fogne; Hazet 36, fascista dove sei? ; Il nostro regalo di Natale, tutti i fasci all’ospedale; Il sangue dei fascisti non lo buttiamo via, anche il conte Dracula è dell’autonomia; L’antifascismo si fa così, raffiche di mitra sull’MSI; Le sedi fasciste su chiudono col fuoco, con i fascisti dentro sennò è troppo poco) e devono essere considerati nella loro funzione politica, come elemento di ricomposizione della frammentarietà dei movimenti delle sinistre extraparlamentari� Le divisioni, anche forti, tra i gruppi dell’extraparlamentarismo di sinistra sembrano trovare una ricomposizione nelle pratiche omicidiarie del comune nemico neofascista che fungono, dunque, da elemento comune se non unificante� C’è poi un altro sottogruppo di enunciati che potrebbe aiutare, esaminando le stesse parole dei manifestanti, a comprendere alcuni dei motivi alla base di tanta violenza antifascista� Lo slogan Le bombe nelle piazze, le bombe nei vagoni, le mettono i fascisti, le pagano i padroni, indica come sia diffusa nei manifestanti la certezza che le stragi di quegli anni fossero commesse dai fascisti per conto dello Stato e delle grandi concentrazioni di capitale e identifica, dunque, il fascista come manovalanza degli apparati che mirano a conservare lo status quo� Sembra, dunque, giocare anche un ruolo, nella legittimazione dell’antifascismo militante, la mancata comprensione delle dinamiche ideali e politiche dell’avversario relativamente al quale ci si chiede come possa un giovane non riconoscere la giusta perequazione salariale, non condividere la richiesta di migliori condizioni di lavoro, non Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 90 reclamare libertà di espressione e non battersi in favore di aborto e divorzio (Ferrari/ D’Ubaldo 2017, p�-112)� Domande che assumono un tono retorico se si considera, ad esempio, che nel rogo di Primavalle a morire, arsi vivi, per mano dell’antifascismo militante, posto in opera da membri della borghesia di sinistra, sono i membri di una famiglia proletaria romana di destra (Mattei e Monti 2008; Telese 2010)� Altri slogan del cluster incitano invece alla vendetta per i compagni che cadono per mano neofascista (Compagno Bellachioma (Collettivo redazionale La nostra assemblea 1977, pp�-75-79) te lo giuriamo, ogni fascista preso lo massacriamo; Compagno Varalli (Tassinari 2018) sarai vendicato dalla giustizia del proletariato; Compagno Walter (Staccioli 2003) te lo giuriamo d’ora in avanti anche noi spariamo), a dimostrazione di come la deriva dell’antifascismo militante, elemento comune degli extraparlamentarismi di sinistra, abbia contribuito ad incendiare la guerra tra opposti estremismi ritenuta da più parti funzionale alla strategia della tensione e per certi versi a depotenziare le altre istanze avanzate a livello sociale, economico e politico� L’ultimo cluster emerso dall’analisi tematica è quello degli slogan ecologisti, composto da 3 enunciati: Al contadino non far sapere quanto è bello l’uranio con le pere; Meglio oggi attivi che domani radioattivi; Meno case popolari, più centrali nucleari� Si tratta di slogan caratterizzati dal registro ironico con la pratica dell’inversione di senso e gli enunciati mirano alla costruzione di una coscienza energetica e ambientale� Un tema che si collega alla più vasta critica al produttivismo e alla cultura sviluppista sostenuta anche dal PCI (Ferrari/ D’Ubaldo 2017, pp�-69-74)� Si evince una coscienza ecologia che riflette il rifiuto di quello che viene definito virus tecnologico-sviluppista� 5. Conclusioni: rivolta linguistica e politica con basso impatto elettorale Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari evidenzia un registro generale che si pone all’intersezione tra lingua della politica militante e linguaggio giovanile, dove quest’ultimo si caratterizza per il tipico registro espressivo e informale dei giovani che, nel quadro della violenza assunta e rivendicata a strumento rivoluzionario, sposta il tipico potenziamento dell’espressività verso un incremento della carica di violenza contenuta che conferisce, ad una parte degli slogan, rabbia e cupezza� Un ulteriore meccanismo individuato è il ricorso allo slang all’interno di una triplice dinamica: come elemento tipico dei giovani che cementano la loro unione in slogan originali e unici, come perseguita rottura linguistica verso il politichese adottato dalla classe poli- Nicola Guerra Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta 91 tica che si vuole rimuovere e, anche, come elemento tipico delle minoranze marginalizzate che non riescono ad incidere sulla società nella misura alla quale ambirebbero (Solinas 2018, p�- 98)� Ne deriva una antilingua rispetto al politichese inteso come lingua del potere e contro tutti i canali della sua veicolazione come televisione e radio di stato� Una rottura linguistica molto netta: tanto criptico, esclusivo e oscuro è il linguaggio della politica adottato dai partiti, tanto è chiaro e diretto quello della contestazione� Ai tecnicismi oscuri e strumentali del politichese si contrappongono i lessemi chiari, anche triviali, dei giovani, della strada e della piazza� L’adozione dello slogan segue meccanismi che rimandano alla sua funzionalità nel contesto di piazza e di mobilitazione, a modelli storici e culturali di derivazione futurista, alla necessità di una estrema sintesi e chiarezza rispetto all’oscurità incantatoria del politichese� Se i giochi di parole sono elementi funzionali della creazione dello slogan, interessante è invece il ricorso all’ironia, con l’inversione di senso delle frasi pronunciate, come strumento di comunicazione e di lotta politica� Il ricorso all’ironia, totalmente estranea alla comunicazione politica parlamentare attraverso il politichese, è certamente fattore di originalità e di differenziazione alla cui origine contribuiscono sia l’ascesa dei nuovi linguaggi veicolati dalle radio libere sia il senso di rabbiosa frustrazione derivante dalla ghettizzazione politica, divenuta stringente col compromesso storico tra DC e PCI, e dal non riuscire a proporre ad una più vasta platea i propri miti� Un’ironia che diventa anche violenta nel suo disprezzo per dogmi e certezze codificati e che rimettendo tutto in discussione attraverso l’arma dello scherno diviene strumento per impedire di essere vittime (Solinas 2018, pp�-96-98) e per sfuggire alla ghettizzazione politica� Gli slogan sono caratterizzati, dunque, sia dal linguaggio umoristico sia da quello della violenza, esortante la distruzione fisica dell’avversario politico e sociale, secondo dei meccanismi che si correlano al soggetto preso di mira� Il registro umoristico è prevalente negli slogan indirizzati al sistema educativo, al PCI, al produttivismo e a favore dell’ambiente, mentre quello violento è totalmente portante nell’incitamento all’antifascismo militante che si traduce in un macabro incitamento alla distruzione fisica dell’avversario politico� Gli slogan indirizzati contro le forze dell’ordine vedono un prevalente ricorso al linguaggio violento, pur essendo presenti enunciati che ricorrono all’ironia e al sarcasmo� La carica di violenza contenuta muove, dunque, lungo un gradiente che va da un uso totalizzante verso il neofascista, disumanizzato e considerato indegno di vivere, a quello prevalente verso le forze dell’ordine e viene poi abbandonata per trasformarsi in sarcasmo nei confronti del PCI e del sindacato� Sebbene negli slogan il PCI e il sindacato siano equiparati ai fascisti e ai carri armati di Pinochet, con una frattura politica evidente, la Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 92 carica di violenza contenuta negli enunciati a loro indirizzati è pressoché nulla e lascia il posto ad ironia e sarcasmo� Come risulta dall’analisi tematica, alla base dell’incolmabile distanza politica emersa tra sinistra parlamentare (PCI) ed extraparlamentare si collocano una diversa concezione del lavoro ed una inconciliabile posizione rispetto all’uso della violenza come strumento di cambiamento politico� Inconciliabilità quest’ultima che si evidenzia nella creazione del compromesso parlamentare DC-PCI e nell’isolamento dei gruppi extraparlamentari� Relativamente alla concezione del lavoro si ha da una parte la CGIL con la sindacalizzazione del lavoro e le pratiche della negoziazione, atte a mediare le esigenze del capitale e del lavoro, e dall’altra, a livello extraparlamentare, la negazione del lavoro e l’affermazione di un operaismo nuovo, nato nelle fabbriche con gli scioperi spontanei e il sabotaggio della produzione, che vuole tutto e subito� Due mondi inconciliabili, uno che invoca i sacrifici a causa della crisi economica, uno che predica la rivoluzione, oggi, subito� Dunque una duplice rottura sia linguistica sia politica della quale la prima è specchio fedele della seconda evidenziandone anche i tratti generazionali� L’extraparlamentarismo di sinistra produce una radicale critica ai meccanismi economici e sociali incentrata sulla liberazione generazionale e sulla liberazione dal lavoro accusando di eccessiva moderazione, sterile riformismo e abbandono delle pratiche rivoluzionarie il PCI e la CGIL� Sebbene i movimenti extraparlamentari e il PCI si muovano su due piani differenti, i primi in un’ottica antisistema di tipo rivoluzionario che contempla il ricorso alla violenza e il secondo in una prospettiva riformista di tipo parlamentare, è utile comprendere se la rottura a sinistra a livello tematico, politico e linguistico abbia modificato il quadro elettorale� Nelle elezioni politiche del 1972 il PCI raccoglie 9�068�961 voti pari al 27,15%, in quelle del 1976 i consensi ammontano a 12�615�650 pari al 34,37% e nel 1979 i voti totali raccolti sono 14�046�290 pari al 30,38%� 13 La crescita del PCI in termini numerici e percentuali è chiara, ed al partito non nuoce il duro attacco di piazza delle sinistre extraparlamentari e si registrano piuttosto incrementi di consenso� Non si può escludere che la radicalizzazione delle piazze a favore dell’estrema sinistra finisca per rappresentare un volano, in virtù delle tematiche esposte, proprio per il PCI� La piazza, con i suoi slogan e le tematiche controegemoniche, critiche dei sistemi di produzione e cariche di antifascismo, contribuisce a creare una coscienza politica che va ben oltre l’evento manifestazione e si traduce in una 13 Dati disponibili sul sito del Governo Italiano - Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali: https: / / elezionistorico�interno�gov�it� Consultato in data 12 maggio 2020� Nicola Guerra Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta 93 crescita di consensi proprio per quel PCI che i leader della protesta osteggiano� Il secondo meccanismo ipotizzabile è che gli stessi partecipanti alle manifestazioni di piazza, pur aderendo ideologicamente agli slogan enunciati, adottino nell’urna la scelta del male minore rappresentato dal PCI rispetto alle altre forze parlamentari� Alla deriva di alcuni militanti del radicalismo politico di sinistra nella lotta armata sembra, dunque, contribuire anche l’impossibilità e l’incapacità di modificare i rapporti politici nell’immediato, sebbene il contributo culturale del radicalismo politico di sinistra sia destinato a influenzare in profondità la realtà sociale nazionale� Si può, inoltre, asserire che i successi elettorali del PCI, in questo periodo tumultuoso, riflettano per una certa parte la borghesizzazione in corso nella società italiana e vadano posti in correlazione con l’influenza esercitata dalla chiesa cattolica e la sua condanna della violenza estremistica, dinamiche che si traducono in un generale desiderio di normalizzazione politica da parte dell’elettorato� Abstract� In diesem Aufsatz werden 123 Slogans der außerparlamentarischen Linken von 1968 bis zu den Anni di Piombo einer Analyse unterzogen� Die Slogans werden aus sprachlicher, thematischer und politischer Perspektive untersucht� Nach der sprachlichen Analyse rekonstruiert die thematische Clusteranalyse die wichtigsten politischen Ideen dieses Politikbereichs� Die Kommunikation der außerparlamentarischen Linken wird sprachlich in Bezug auf die vorherrschende Sprache der damaligen politischen Szene und aus politischer Sicht in Zusammenhang mit den im Parlament vertretenen Parteien und den außerparlamentarischen Bewegungen, die einen entgegengesetzten ideologischen Ansatz verfolgten, analysiert� Es ergibt sich ein wichtiger sprachlicher und politischer Bruch mit dem PCI, ein Bruch, dessen Entwicklung und sprachlicher Ausdruck in dieser Untersuchung rekonstruiert wird� Die verschiedenen Themen der politisch-revolutionären Bewegungen der außerparlamentarischen Linken werden in Bezug auf das Sprachregister analysiert, das sie charakterisiert und das sich von einer vorherrschenden Düsternis und Gewalt im Bereich des militanten Antifaschismus zu einem ketzerischen Humor gegenüber der parlamentarischen Linken bewegt� Summary� In this essay, the author analyses 123 slogans of the extra-parliamentary left from 1968 to the Anni di Piombo� The slogans are examined from a linguistic, thematic and political perspective� After a linguistic analysis, the thematic cluster analysis reconstructs the main political ideas in this political area� The communication of the extra-parliamentary left is analyzed in relation to the prevailing language of the political scene at the time and from a political point of view in connection with the parties represented in Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 94 Parliament and the extra-parliamentary movements that followed an opposite ideological approach� The analysis shows an important linguistic and political break with the PCI, a break whose development and linguistic expression is reconstructed in this study� The various themes of the political-revolutionary movements of the extra-parliamentary left are analyzed with regard to the language register that characterizes them and which changes from a predominant gloom and violence in the field of militant anti-fascism to a desecrating humour towards the parliamentary left� Bibliografia AA�VV� (1971): La repressione a Trento: a chi serve la teoria degli opposti estremismi, Trento� Afeltra, Gaetano (1989): «Oscurità programmata», in: Jacobelli, Jader (a cura di), La comunicazione politica in Italia, Roma, 1989, pp� 3-7� Antonelli, 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Un solo fascio e poi le brucerem 13� Chi non Lama non fa l’amore 14� Ci hanno cacciati dall’università, ce la prendiamo con tutta la città 15� Ci tolgono la gioia, ci tolgono la vita, con questo sistema facciamola finita 16� Cloro al clero, diossina alla DC, piombo, piombo, piombo sull’MSI! 17� Come mai, come mai noi non decidiamo mai? D’ora in poi decidiamo solo noi 18� Come mai, come mai, sempre in culo agli operai? Finalmente, finalmente anche in culo al dirigente 19� Come mai, come mai, sempre in culo agli operai? Ora i tempi son cambiati anche in culo agli impiegati 20� Compagno Bellachioma te lo giuriamo, ogni fascista preso lo massacriamo 21� Compagno PCI, t’hanno fregato, niente comunismo, ma polizia di Stato 22� Compagno Varalli sarai vendicato dalla giustizia del proletariato 23� Compagno Walter te lo giuriamo d’ora in avanti anche noi spariamo 24� Contro il padrone sciopero selvaggio, blocco, violenza, sabotaggio 25� Contro la depressione fate la rivoluzione Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 100 26� Contro le manovre del conformismo violenza proletaria per il comunismo 27� Contro le manovre del riformismo violenza proletaria per il comunismo 28� Covo qui, covo là, cova tutta la città 29� Dal carcere di Cuneo all’Asinara un solo grido compagno spara 30� Dall’Asinara all’Ucciardone un solo grido evasione 31� Dal Tibet al Perù, tutti i Lama a testa in giù 32� Dieci, cento, mille Acca Larenzia 33� È ora di brindare col sangue dei padroni 34� È ora, è ora miseria a chi lavora 35� È ora, è ora potere a chi lavora 36� E se un caramba spara, lupara lupara, se spara un poliziotto, P38 37� Facce da criminali, facce da delinquenti, è questo il movimento degli studenti 38� Fanfani, cornuto, ormai è risaputo, che tutto ciò che fai, è contro gli operai 39� Fascio impara, P38 spara 40� Fascisti borghesi, ancora pochi mesi 41� Fascisti carogne tornate nelle fogne 42� Fatte ’na pera Luciano, Luciano fatte ’na pera 43� Fioretti, fioretti, pagheremo caro, pagheremo tutto, il movimento deve essere distrutto 44� Gastronomia operaia, organizzazione, forchetta, coltello, magnamose il padrone 45� Geronimo, Cochis, Nuvola Rossa, giovani proletari alla riscossa 46� Gli operai non ce la fanno più governo Andreotti vai a dar via il cul 47� Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer, che cazzo c’entra il primo con gli altri tre 48� Gui e Tanassi sono intelligenti, siamo noi i veri deficienti 49� Hazet 36, fascista dove sei? 50� I carabinieri sono solo birichini, siamo noi i veri assassini 51� I fascisti come Falvella, con una lama nelle budella 52� I Lama stanno nel Tibet, il PCI non sta qui, lecca il culo alla DC 53� Il maresciallo Tito ce l’ha insegnato, usare le foibe non è reato 54� Il movimento di lotta non si tocca, Settimio Passamonti t’abbiamo sparato in bocca 55� Il nostro regalo di Natale, tutti i fasci all’ospedale 56� Il sangue degli sbirri non lo buttiamo via, anche il conte Dracula è dell’autonomia Nicola Guerra Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta 101 57� Il sangue dei fascisti non lo buttiamo via, anche il conte Dracula è dell’autonomia 58� In Cile i carri armati, in Italia i sindacati 59� In galera si va così, con l’accordo Dc e PCI 60� Là in mezzo al vial, ci stan gippon che fumano, saranno dei Caramba, che si consumano 61� Là sulla strada gelata la croce uncinata lo sa, d’ora in poi troverà Stalingrado in ogni città 62� Lama è mio e lo gestisco io 63� Lama frustaci, Lama frustaci 64� Lama il popolo ti ama, macché lotta di classe, macché rivoluzione, l’unica via è l’astensione 65� Lama, il popolo ti ama (alzando le mani benedicenti come Paolo VI) 66� Lama star, i sacrifici vogliamo far (sull’aria di Jesus Christ superstar) 67� Lama subito, libero e gratuito 68� L’antifascismo si fa così, raffiche di mitra sull’MSI 69� La polizia che spara non si tocca, vi fregheremo tutti: ci spareremo in bocca 70� Lavoro zero, reddito intero, tutta la produzione all’automazione 71� Le bombe nelle piazze, le bombe nei vagoni, le mettono i fascisti, le pagano i padroni 72� Le radio libere sono un’illusione, l’unica informazione è la televisione 73� Le radio libere sono provocazione, tutto il potere alla televisione 74� Le sedi fasciste si chiudono col fuoco, con i fascisti dentro sennò è troppo poco 75� Lotta dura senza paura 76� Luciano Lama non hai capito bene, la classe operaia non si astiene 77� Ma che compromesso, ma che astensione, l’unica via è la rivoluzione 78� Meglio oggi attivi che domani radioattivi 79� Meno case popolari, più centrali nucleari 80� Noi vogliamo Che Guevara, perché è un compagno che non parla e spara 81� Non bastan gli elicotteri, non bastano i blindati, vogliamo, vogliamo i carri armati 82� Non c’è disfatta, non c'è sconfitta senza il grande partito comunista 83� Non è una tetta ma una Beretta 84� Oggi siamo qui, domani siamo là, il nostro covo è tutta la città 85� Operai, studenti, per voi non c’è domani, ci sono i sindacati metropolitani 86� Or che buoni siamo stati, possiamo parlare coi sindacati 87� Per i compagni uccisi non basta il lutto, pagherete caro, pagherete tutto Il linguaggio politico delle sinistre extraparlamentari negli anni Settanta Nicola Guerra 102 88� PCI e polizia vi spazzeremo via 89� Per spezzare le catene, la rabbia e la gioia vanno insieme 90� Piazzale Loreto ce l’ha insegnato, uccidere un fascista non è reato 91� Pi esse, esse esse 92� Più lavoro, meno salario 93� Più sacrifici, più sacrifici, più sacrifici 94� Polizia carabinieri, assassini più di ieri 95� Poliziotto fai fagotto che arriva la compagna P38 96� Poliziotto t’hanno fregato, licenza di sparare ma niente carro armato 97� Poliziotto t’hanno fregato, licenza di sparare ma niente sindacato 98� Provocatori sono PCI e sindacato, che pieni di paura invocano lo Stato 99� Qual è la via? L’autonomia! 100� Rendiamo più chiare le Botteghe Oscure 101� Se non hai un prodotto genuino bevi sangue celerino 102� Se vedi un punto nero spara a vista, o è un carabiniere o è un fascista 103� Siamo belli, siamo tanti, siamo covi saltellanti 104� Siam del PCI, siam della FGCI, scendiamo in piazza solo con la DC, con gli estremisti no, scendere non si può 105� Siamo felici di fare sacrifici 106� Siamo in tanti, siamo 30�000, siamo tutti provocatori 107� Siamo qui siamo là, siamo in tutta la città 108� Siamo provocatori, siamo teppisti, Lama e Cossiga sono i veri comunisti 109� Si muore di eroina, si muore di lavoro, che ce ne frega a noi se è morto Aldo Moro 110� Sindacati e PCI, il fascismo sta lì 111� Stiamo lottando per il comunismo e questo lo chiamano estremismo 112� Su, su, su, i prezzi vanno su, governo Andreotti ti buttiamo giù 113� Su, su, su, i prezzi vanno su prendiamoci la roba e non paghiamo più 114� Tanassi e Cui sono innocenti, siamo noi i veri delinquenti 115� Ti prego Lama, non andare via, vogliamo ancora tanta polizia 116� Tutti i fascisti come Ramelli con una riga rossa tra i capelli 117� Uccidere un fascista non è reato, la resistenza ce lo ha insegnato 118� Un nuovo modo di fare produzione, sotto le presse mettiamoci il padrone 119� Viva i pensieri di Luciano Lama che parla e poi arriva la madama 120� Viva i sacrifici, viva i sacrifici 121� Vivi la gioia della lotta armata 122� Via, via la nuova polizia 123� Viva viva la DC, carri armati anche qui