Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.24053/Ital-2021-0010
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Fesenmeier Föcking Krefeld OttAppunti sul dialetto napoletano nel cinema comico contemporaneo
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2021
Mara Papaccio
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132 DOI 10.24053/ Ital-2021-0010 Sprachecke Italienisch Die Rubrik «Sprachecke Italienisch» stellt aktuelle Probleme und Tendenzen des Gegenwartsitalienischen vor und befasst sich mit Normierungsschwankungen, grammatischen Unsicherheiten, Neuwortbildungen u� a� Dabei sollen möglichst auch Anfragen und Anregungen aus dem Kreis der Leserinnen und Leser aufgegriffen werden, die die Dynamik des Gegenwartsitalienischen als «lingua […] in forte ebollizione» (F� Sabatini) präsentieren� Verantwortlich für die «Sprachecke Italienisch» ist Prof� Dr� Daniela Pietrini (Universität Halle-Wittenberg): daniela�pietrini@romanistik�uni-halle�de� Appunti sul dialetto napoletano nel cinema comico contemporaneo 1. La rivincita del dialetto nel terzo millennio L’interesse linguistico per la rivincita del dialetto nei più svariati contesti comunicativi, tanto nella lingua parlata quanto in quella scritta (in contesti informali e in particolare in Internet), è confermato dai diversi contributi pubblicati in tempi recentissimi, fra gli altri l’antologia curata da Sergio Lubello e Carolina Stromboli con il titolo significativo Dialetti reloaded (2020), in cui l’anglismo rimanda proprio ai nuovi ambiti d’uso e alle «interessanti rivitalizzazioni» (Lubello 2020, p�-9) dei dialetti italiani� Ciò che è cambiato è il valore che al dialetto viene attribuito� Oggi l’italiano è la lingua madre della maggior parte dei nati in Italia 1 e la scelta tra l’italiano e il dialetto non è più una questione di prestigio: «sapere un dialetto è un valore positivo, una possibilità in più nel repertorio comunicativo individuale, da sfruttare per i suoi valori particolari, quando sia il caso» (Berruto 2006, p�-121)� Questo contributo mira a verificare la presenza del dialetto in cinque film contemporanei ambientati in area napoletana e a identificare le funzioni che le varietà diatopiche presenti assumono all’interno del genere scelto, quello comico non farsesco� 2 Si tratta di commedie uscite al cinema a partire dal 1 Cfr� l’ultima indagine Istat sull’uso di italiano, dialetto e altre lingue in Italia, che si riferisce all’anno 2015: https: / / www�istat�it/ it/ archivio/ 207961 (03�04�2021)� 2 I criteri per la scelta del corpus sono tre: 1) il genere: comico, non farsesco; 2) l’arco di tempo: dal 2010 (anno di uscita del film Benvenuto al Sud, inserito lui stesso nel corpus in quanto punto di partenza di un rilancio della ‘napoletanità’ a livello nazionale e non solo, ad oggi; ) 3) il titolo: per restringere ancora di più il corpus sono state scelte solo commedie che contenessero in qualche modo nel titolo la parola ‘Napoli’ (ad ecc� del film nominato in nota 4)� Sprachecke Italienisch 133 grande successo Benvenuti al Sud 3 che contengano nel titolo la parola ‘Napoli’ in qualsiasi sua forma o derivato 4 : Benvenuti al Sud (2010, Luca Miniero), Song 'e Napule (2013, Manetti Bros), A Napoli non piove mai (2015, Sergio Assisi), Troppo napoletano (2016, Gianluca Ansanelli), Vieni a vivere a Napoli (2016, Edoardo De Angelis, Guido Lombardi, Francesco Prisco)� Con il suo rinnovato valore espressivo, infatti, il dialetto trova posto anche nel cinema italiano contemporaneo� Registi e sceneggiatori si sono posti il problema di quale varietà linguistica far parlare ai propri personaggi sin dai primi anni dell’attività cinematografica in Italia� 5 Fino agli anni Duemila, però, «manca quasi del tutto un uso integrale e verosimile del dialetto» (Rossi 2002, 1045)� Se si parla oggi di cinema dialettale ci si riferisce più che altro a un italiano regionale con pochi inserti propriamente dialettali in funzione talvolta macchiettistica (più che altro nelle commedie), talvolta realistica (soprattutto nei film impegnati e d’autore), altre volte farsesca� Al di là della funzione che assume, il desiderio di inserire il dialetto nella finzione filmica è confermato dalle uscite, sia al cinema che sulle piattaforme di streaming, degli ultimi anni� Benché non manchino varietà settentrionali (come il veneto in Piccola patria, del 2013, o l’emiliano-romagnolo nel film Netflix del 2020 L’incredibile storia dell’Isola delle Rose) e meridionali estreme (il calabrese in Anime nere, del 2014, il siciliano in Il traditore, del 2019, e il pugliese nel recentissimo film Netflix L’ultimo paradiso, del 2021), indubitabile è la centralità non solo del romano, ma anche del napoletano 6 : solo nel 2017 sono usciti la commedia La parrucchiera, il musical Ammore e malavita, il noir Napoli velata, il film d’animazione Gatta cenerentola e quello comico di fantascienza AFMV-- Addio fottuti musi verdi� 7 3 Il film di Luca Miniero, nonostante sia ambientato nella provincia di Salerno, rilancia in un certo senso la ‘napoletanità’ e Napoli stessa come oggetto di interesse cinematografico; per questo motivo proprio Benvenuti al Sud costituisce il punto di partenza di questa ricerca� 4 Il film Napoletans del 2011 non è stato inserito nel corpus: si tratta sì di una commedia, ma del tipo cosiddetto cinepanettone, termine usato per riferirsi a «film di genere comico-demenziale che vengono distribuiti in Italia nel periodo natalizio» (TREC), genere troppo distante dal resto del corpus� 5 Per una ricognizione sulle varie tappe del dialetto filmico nella storia del cinema italiano si rimanda alla lettura di Raffaelli (1992) e Rossi (in particolare 2002, 2007, 2015)� 6 Non si tratta, peraltro, di una novità� Nella produzione cinematografica napoletana i tratti locali sono stati presenti ininterrottamente sin dagli inizi del cinematografo� Per un’ottima sintesi dell’uso del dialetto nel cinema napoletano degli ultimi vent’anni del Novecento si rimanda a di Bernardo (2006, pp�-75-90)� 7 Per un’analisi del napoletano in La parrucchiera, Ammore e malavita, Gatta Cenerentola e altri film recenti si rimanda a Stromboli (2020a, 2020b)� Sprachecke Italienisch 134 2. Un continuum di varietà La lingua analizzata nei dialoghi filmici del corpus, esattamente come il repertorio linguistico dei parlanti italiani (cfr� Antonelli 2011, p�-29), non si può descrivere attraverso una distinzione netta tra italiano e dialetto, ma è un continuum, all’interno del quale si possono identificare picchi più o meno lontani dall’italiano parlato colloquiale e dall’italiano regionale� Il dialetto tout court non è (quasi) mai presente; i tratti fonetici, morfosintattici e lessicali degli attori-parlanti, infatti, rientrano nella categoria di italiano regionale, più o meno marcato, dell’area napoletana� In questo senso i personaggi rappresentati rispecchiano la realtà linguistica della città di Napoli, in cui è possibile rilevare tendenze differenziate nell’uso di italiano e dialetto (cfr� Bianchi/ Maturi 2006, p�-2), fermo restando che per dialetto si intende una varietà dialettale ‘contemporanea’, mescidata di termini e strutture sempre più italianizzati� Queste differenze sono avvertite dai parlanti stessi e da chiunque decida di rappresentarle nelle proprie opere, e a queste differenze si riferisce il personaggio Ciro di Troppo napoletano quando definisce la sua appartenenza a «Napoli-Napoli», mettendola a confronto con quella del suo psicologo Tommaso� Tommaso e i chiattilli sono percepiti da Ciro come non abbastanza napoletani certamente anche perché non parlano come lui, come la sua famiglia e i suoi vicini di casa, le persone che fanno parte dell’ambiente in cui vive, la fascia medio-bassa del centro storico di Napoli� Ciro: [nei suoi pensieri] il problema / è che non era abbastanza napoletano / cè insomma lo sapete no? Ci sta Napoli / e poi ci sta Napoli Napoli� Per dire [mostra una cartina] / questa è Napoli / e questa / è Napoli Napoli� Napoli Napoli confina a nord con Capodimonte / a est con il Vomero e la riviera di Chiaia / a sud con il Mar Tirreno / e a ovest con dilitt’lebridg / che poi sarebbe Ponticelli / ha una popolazione di circa cinquecentomil’abbitanti / tutti molto simpatici e sempe pronti a tt’aiutà� La domenica se mangia 'o rragù / c’ 'o sugo e 'a tracchiulell’/ a Natale se fà 'o presep’ / e quando il Napoli vince lo scudetto / le strade diventano tutte azzurre / vulesse 'o ciel’� A Napoli Napoli i bambini comme mme si chiammano scugnizzi / e si differenziano dai bambini di Posillipo / che invece si chiamano / chiattilli / tutti i miei compagni di classe sono chiattilli / compreso Mancini Ludovica / che però è una chiattilla bellissima� Anche Tommaso è un po’ chiattillo / però: è simpatico / quindi diciamo così / è un chiattillo abbusivo� 8 (Troppo napoletano, 00: 40: 27-- 00: 41: 37) 8 Le trascrizioni sono state fatte manualmente sulla base delle regole - leggermente semplificate - di trascrizione conversazionale elencate da Mari D’Agostino (cfr� Sprachecke Italienisch 135 2.1 L’italiano regionale di area napoletana La presenza dell’italiano regionale napoletano è particolarmente significativa nei film analizzati� Emblematico è il caso di due personaggi femminili, di età e sfondo sociale simili, entrambi con un repertorio dilàlico ed entrambi, peraltro, interpretati dalla stessa attrice, Serena Rossi: Marianna (Song 'e Napule), sorella della star neomelodica Lollo Love e di cui il protagonista Paco si innamora; e Debora (Troppo napoletano), l’affascinante mamma di Ciro, per la quale lo psicologo Tommaso perde la testa� Marianna fa la commessa in una libreria ed è proprio alla cassa che incontra per la prima volta Paco� Anche se tra coetanei provenienti dalla stessa città, il primo scambio tra Marianna e Paco si svolge in una situazione di media formalità: si tratta infatti di un dialogo tra un’impiegata e un cliente che non si conoscono� A parte l’uso regionale dei verbi stare e tenere, l’uso di assai per molto e qualche inserzione dialettale, Marianna si esprime in italiano neostandard di registro colloquiale, diatopicamente marcato soprattutto a livello fonetico� Paco: buongiorno Marianna: paghi con la carta di credito? Paco: sì Marianna: ah allora mi devi dare un documento per quella Paco: sì sì / ecco Marianna: mmh / ok perfetto / / / uà! Rakmav+ Rak+ Rakmàm+ Paco: Rakmaninov Marianna: Rakmanin+ è quello del film dove ci sta quel bambino prodigio che tiene il padre: ch'è nu strunz? Sì eh? Che quando poi deve fare quel concerto tiene una paura esaggerata ch’addiventa pazz’? È lui? Paco: eh: Shine Marianna: eh? Paco: no dico - il film si chiama Shine Marianna: ah l’hai visto pure tu? / mamma mia quanta lacrim’ / ti giuro che pure se era brutto e miezu scemo quando quello suonava il pianoforte era così: / bò / esageratamente bravo che: : che mi potevo pure innamorare di lui / / che altro hai preso? / Lollo Love? Paco: [ridacchia] Marianna: ah� / vabbè tieni i gusti: : differenziati / diciamo / poi? / Lollo Love / Lollo Love / e Lollo Love 2012, p�-157), rispettando inoltre le regole per la grafia del napoletano introdotte da Nicola De Blasi/ Imperatore (cfr� 2000, pp�-108ss�)� Sprachecke Italienisch 136 Paco: no ma: non sono per me / sono un regalo Marianna: ti piace proprio assai? Paco: ma chi a me? / no no a me fa proprio cacare [con enfasi] Marianna: [cambia espressione] ti occorre una bustina da cinque centesimi? Paco: sì grazie (Song ’e Napule, 00: 25: 57 - 00: 27: 14) Nello sviluppo della trama, al crescere della confidenza tra i due non corrisponde un incremento dei tratti regionali nei loro scambi comunicativi, neppure quando questi si svolgono in contesti privati e confidenziali� Così come a Marianna anche a molti altri personaggi del corpus viene fatta parlare una varietà neostandard regionalizzata con tratti di italiano popolare, quasi sempre un parlato colloquiale e talvolta informale-trascurato, al di là del grado di formalità richiesto dalla situazione comunicativa� Persino il ruolo della napoletana verace, affidato anch’esso a Serena Rossi, in Troppo napoletano non è, come ci si aspetterebbe, completato da una scelta linguistica estrema: sicuramente a vantaggio di una maggiore fruibilità da parte del pubblico, Debora Iovine, mamma con aspirazioni attoriali che vive in un palazzo del centro storico di Napoli circondata da parenti e vicini napoletani, non parla dialetto� O meglio, non esclusivamente� 2.2 L’alternanza di italiano e dialetto L’italiano di Debora è più marcato di quello di Marianna e della maggior parte degli altri personaggi del corpus che abbiano la sua stessa età e sfondo sociale; il suo repertorio fa sì che sia in grado di esprimersi sia in dialetto (probabilmente la sua lingua materna, parlata in famiglia e negli ambienti di socializzazione a lei più vicini) sia in italiano, eppure fa sempre un uso alternato delle due varietà, senza mai fare a meno completamente del dialetto, il cui uso viene semmai soltanto ‘frenato’ in determinate situazioni comunicative� 9 La scena del primo incontro tra Debora e Tommaso è un buon esempio - e ce ne sono molti altri in ognuno dei film considerati - di uso alternato di italiano e dialetto, 10 per cui all’interno di una stessa frase si incontrano 9 Ciò avviene, ad esempio, quando incontra Stefano, il suo insegnante di teatro, che agli occhi di Debora è una persona colta, dedita alla dizione corretta e a una lingua teatrale aulico-letteraria� 10 Dialettali sono, ad esempio, i termini pe' tramènte («loc� avv� ‘frattanto’»-- Altamura 1968, p�- 238), arrecettato (dal verbo arricëttà «v� tr� ‘rassettare, mettere ordine in casa, in un cassetto di mobile’»-- Altamura 1968, p�-50); sërëtìccio («agg� ‘stantìo, raffermo, duro’»-- Altamura 1968, p� 308)� Sprachecke Italienisch 137 elementi lessicali e morfologici napoletani e italiani, senza logica apparente� È difficile, infatti, dire con certezza quali siano i motivi che, in questo dialogo, spingono le parlanti (Debora e sua sorella) a esprimersi nell’una o nell’altra varietà, proprio come è difficile oggigiorno distinguere nettamente tra dialetto e italiano (cfr� Antonelli 2011, pp�-26ss�), varietà inserite - come si è visto - in un insieme (continuum) dai confini sfumati� Teresa: avit’ risolt’ mò sta bbuon? Tommaso: no / no no signora / non funziona così / eh c'è bisogno di una serie di incontri propedeutici / / / la: terapia / dovrebbe continuare / deve andare avanti: Teresa: adda turnà Tommaso: [ripete incerto] adda / turnà Debora: ah� E vabbuó� Pe’ tramènte noi abbiamo arrecettato un pochino in cucina Tommaso: mh? Debora: int’o frigorifero stev’ nu burdell’ 'e pazz’ / 'o llimone ammuffito 'o ppane sereticcio eh: nu yogurt scadut’ aggio jettat’ tutte cos’ / e poi v’ho lasciato un bigliettino / si deve comprare / la candeggina / e l’anticalcare Teresa: io invece ho messo a posto nel guardarobba / i maglioni ve li ho messi sul mensolone sopra / e invece mutande e calzini ve l’ho piegat’ e messe nei cassetti Tommaso: eh: eh: mutande? Debora: vuje avite essere cchiù sistemat’ eh: / Teré jamuncenn’ / vien’ a mamma [se ne vanno] Tommaso: [ripete preoccupato] adda turnà� (Troppo napoletano, 00: 15: 30-- 00: 16: 32) 2.3 Il dialetto dei personaggi secondari Il signor Scapece è un personaggio secondario nel film Benvenuti al Sud, l’unico a esprimersi esclusivamente in dialetto� Scapece è un contadino della provincia e il suo linguaggio non è neppure un dialetto napoletano ‘puro’, bensì una combinazione di varie cadenze campane (tratto caratteristico dell’attore napoletano Salvatore Misticone) talvolta incomprensibile persino ai suoi compaesani� In questa scena Alberto, il direttore milanese della Posta di Castellabate, non riesce a comprenderlo ed è costretto ad affidarsi alla traduzione degli altri presenti� Sprachecke Italienisch 138 Alberto: Buongiorno, signor? Scapece: Scapece Alberto: Scape+ cosa possiamo fare per Lei? Scapece: ah vuria ah vulesse chiedere nu Postamàt [Alberto fa cenno di non aver capito e che il signore ripeta] / / me servesse nu Postamàt Maria: [comincia a tradurre] io vorrei chiedere un Postamat Scapece: pecche n’amicu r’u meje Alberto: un amico? Scapece: n’amicu r’u meje / è bbenut’ ccà e vù c’avite date nu Postamàt Maria: un amico del suo ha detto che s'è fatto fare il Postamat Scapece: eh / e cu cchistu Postamàt è diventatu pur’ cliente r’u vuost’ tene 'o cunt’ ccà quanno addà jeccà a penzion’ vac’ subbit’ n’ha dda jettà 'o sang’ Maria: sempre questo suo amico s'è fatto accreditare la pensione sul conto / così può prelevare il contante comodamente Scapece: nu’ ha dda jettà 'o sang’ Maria: senza buttare il sangue Scapece: avete capit’? Maria: avete capito? Alberto: e certo+ (Benvenuti al Sud, 00: 35: 49 - 00: 36: 29) È interessante che questo attore si ritrovi in altri due dei film analizzati (è il nonno di Ciro in Troppo napoletano e il padre di uno sposo in Vieni a vivere a Napoli) e che rappresenti in tutti i casi il grado massimo di dialettofonia� Ai personaggi secondari da lui interpretati (uomini anziani poco istruiti) è affidato il compito di manifestare autenticità� 3. Le funzioni del dialetto filmico nel corpus Quali sono le motivazioni che spingono oggi un regista a inserire o meno il dialetto nei propri film? Se fino intorno agli anni settanta la lingua filmica era più chiaramente etichettabile come dialettale o meno, 11 successivamente questa dicotomia è sfumata nel continuum: il linguaggio cinematografico ha 11 Si rimanda a questo proposito all’analisi in blocchi cronologici di Raffaelli (1992, pp�-102s�), il quale ha raggruppato gli usi del dialetto filmico riprodotto a partire dal 1945 sotto diverse funzioni (dialettalità imitativa, stereotipata e espressiva e riflessa)� Sprachecke Italienisch 139 assunto tratti di un italiano dell’uso medio diatopicamente marcato, infarcito di regionalismi ed elementi di italiano popolare� Completata ormai la fase di italianizzazione e riqualificati i dialetti, il singolo regista sa di trovarsi davanti a un pubblico con un repertorio per lo più plurilingue che non teme più la stigmatizzazione, ma che, al contrario, ha sviluppato un interesse nuovo per le varietà locali� Inoltre i dialetti stessi hanno subito modifiche dovute al contatto con l’italiano e con altre lingue e, soprattutto nei centri urbani, ciò ha fatto sì che i parlanti ne facciano sempre più un uso inconsapevole, alternato ma soprattutto mescidato a un italiano neostandard sempre meno formale e aulico� Davanti a un quadro linguistico di questo tipo, in cui i tratti dialettali più marcati vengono smorzati dai parlanti stessi, il regista più sensibile alla realtà linguistica dei centri urbani italiani, non può ignorare le più ampie possibilità (rispetto al passato) a sua disposizione per conferire autenticità alla sua opera� Il desiderio di realismo, tuttavia, non è l’unico stimolo che induce a far uso del dialetto� Nei film analizzati lo si trova in funzione mimetica, volto a rendere autentici i dialoghi tra i personaggi; con un uso stereotipato - quello che Fabio Rossi (2015, p�-170) chiama «dialetto come maschera» 12 - che si serve di una comicità spicciola, aggrappata a luoghi comuni su una bonaria napoletanità; con funzione di macchia di colore, talvolta con intenti più o meno riusciti di espressionismo linguistico; infine con valore simbolico, per cui il dialetto è usato come forte marcatore di identità� Nonostante più funzioni possano coesistere all’interno di uno stesso film, nei film analizzati ce n’è sempre una che prevale� 3.1 Benvenuti al Sud: il napoletano come macchia di colore In Benvenuti al Sud un impiegato delle Poste Italiane, Alberto, è costretto a trasferirsi da Usmate, in Brianza, a Castellabate (SA), dove fin dall’inizio si scontra con un modo di fare - e di parlare - completamente diverso dal suo, non potendo fare a meno però, alla fine, di innamorarsene, instaurando un’amicizia profonda con il suo impiegato Volpe� In questo film la funzione di macchia di colore la fa da padrona, «una funzione perlopiù consolatoria del dialetto» (Rossi 2015, p�- 167), parlato in primo luogo, come si è detto, da personaggi secondari e comparse� Ciononostante si riconosce nella scelta dei personaggi dialettofoni un tentativo di riproduzione della realtà, come nella figura del signor Scapece (cfr� 2�3), ma anche nella mamma di Volpe, di una generazione precedente a quella dei 12 Fabio Rossi (2015, p�-166) individua ben dieci funzioni del dialetto filmico, di cui le più frequenti sono tre: realistico-documentaristica, macchia di colore ed espressionistico-teatrale� Sprachecke Italienisch 140 protagonisti, la quale ha un repertorio poco più vasto di quello del signor Scapece e si esprime in un italiano regionale con tratti più o meno fortemente dialettali a seconda del suo interlocutore, un uso dunque vicino a quello reale� Tra gli altri personaggi secondari c’è il fidanzato di Maria (della quale Volpe è innamorato), un ragazzo spavaldo e prepotente, un po’ un guappo, il quale - plausibilmente - parla in dialetto per affermare questa sua identità, una scelta diastraticamente sensata, in opposizione a un ipotetico ‘ragazzo per bene’, che proverbialmente (almeno secondo lui) parlerebbe in italiano� D’altro canto anche in questo film - come in tanti altri cosiddetti ‘di cassetta’ - resiste «la predilezione per l’italiano standard (o solo debolmente tinto di fonetica regionale) dei protagonisti e delle donne, a fronte del dialetto per i comprimari e i caratteristi maschili» (Rossi 2015, p�-168)� L’effetto maschera/ stereotipo, per cui una certa parlata locale è attribuita a un certo personaggio (per carattere o per professione) è assicurata, in questo film, dalle comparse, in particolare dal cameriere veneto appena arrivato al sud e dalla nonna napoletana che, preoccupata per la salute del nipote che vive al nord, vuole mandargli un maglione per posta celere� Il tema stesso della commedia, tuttavia, fa sì che questi stereotipi nord/ sud vengano ribaltati nel corso della storia, con un lieto fine in cui ogni differenza - anche linguistica - viene superata di buon grado a fronte dell’esperienza diretta l’uno dell’altro� 3.2 Song 'e Napule e Troppo napoletano: la funzione simbolica del dialetto Song ‘e Napule 13 è la storia di Paco, un pianista-poliziotto che si ritrova a dover lavorare sotto copertura per trovare e arrestare il Fantasma, un boss della camorra non ancora identificato� Per far ciò entra nella band di Lollo Love, che suonerà a un matrimonio a cui è previsto che partecipi anche il Fantasma� Qui è la funzione simbolica a prevalere: il protagonista Paco, che ha sempre respinto la sua identità napoletana, è costretto improvvisamente a identificarvisi per la buona riuscita della sua missione� La questione identitaria è tematizzata più volte all’interno della commedia e sembra quasi che i registi vogliano presentare per valida l’equazione ‘parlo dialetto allora sono napoletano, non parlo dialetto allora non sono napoletano’, se non fosse che i personaggi (principali e secondari) da loro raffigurati non parlano quasi mai davvero dialetto� Tutti si muovono all’interno di una varietà di italiano neostandard, con tratti di italiano regionale e brevi inserti dialettali che servono talvolta a rendere i personaggi più autentici, più spesso a colorare i dialoghi di una specificità locale, quasi sempre a scopi comici� Il questore Vitali sbotta 13 Gioco di parole tra la traduzione in napoletano di sono di Napoli e l’inglese song in riferimento alla musica neomelodica napoletana - uno dei temi centrali del film� Sprachecke Italienisch 141 in dialetto quando si arrabbia o quando vuole dare particolare risalto a un’espressione («sinceramènte chist’ me par’ nu turz’/ cu sti capill’ a moicano» ca� min� 01: 10: 00), esattamente come il commissario Cammarota� Persino il poveraccio Sanguinella, costretto a fare da informatore per la polizia, si esprime in italiano, con tratti regionali che si manifestano soprattutto in concomitanza con emozioni forti, che siano di rabbia o di paura («chill’ me fann’ ll’ossa a una a una / ‘a capa ‘e ccosce ‘e bbraccia / / chill’ nun è na persona è n’animal’» ca� min� 00: 12: 25)� Gli altri personaggi sono più o meno coetanei (hanno tra i venti e i trent’anni) e tutti, così gli uomini come le donne, si esprimono in italiano, anche se molto marcato foneticamente, con macchie di colore in dialetto� Primo fra tutti Lollo Love, che usa spesso anche termini gergali e volgarismi tipici del linguaggio giovanile-adolescenziale, marcato dunque in diastratia più che in diatopia� Ciononostante il personaggio più lontano dal dialetto è Paco, il quale, come si evince dal dialogo che segue, rigetta intenzionalmente questa marca identitaria: Cammarota: ma tu sei napoletano o no? Paco: sì purtroppo Cammarota: che significa purtroppo? Paco: e che dovrei essere orgoglioso? Questa città è la fogna d’Italia è il paradiso dell’illegalità Cammarota: a me nun me ne fotte nu cazz’ si tu si amic’ di Bossi però questo italiano xx del cazzo te lo devi togliere con quelli devi parlare solo napoletano / ‘e capit’? Solo napoletano (Song ‘e Napule, 00: 30: 56 - 00: 31: 15) E così è costretto a farne uso per mantenere la sua copertura, anche se non ci riesce del tutto, dimostrando di avere una conoscenza più che altro passiva del dialetto; una delle pochissime battute in cui si sforza di usarlo è proprio quella in cui deve ribadire le sue origini, quasi difenderle, pronunciando le parole che danno nome al film� Pastè: Cicerchia! piglia ‘o vocabbolario ch’ ‘o guaglione è stranier’ uomo: par’ proprio ‘e Milano ohé? Cicerchia: eh ovèr’ tale e qual’ Paco: ma qua’ Milan’? Io song ‘e Napule / sono nat’ a Napol’ e figli ‘e napoletan’ / e mi chiamano ‘o rre d’ ‘o bigliardin’ (Song ‘e Napule, 00: 34: 16 - 00: 34: 36) Sprachecke Italienisch 142 Il fatto stesso che si faccia riferimento così spesso alla lingua come simbolo di appartenenza reitera la necessità di distinguersi come membro di una comunità a mezzo di specifiche scelte linguistiche� Agli occhi di una comunità di parlanti abituati a un uso perlomeno foneticamente marcato di italiano, come sono Lollo e la sua band, ma anche il commissario Cammarota e tutti gli altri personaggi di Song ‘e Napule (così i protagonisti come le comparse), l’italiano senza macchia di Paco, che lo rende non identificabile come appartenente a una specifica comunità linguistica locale, fa sì che gli ascoltatori lo releghino a un contesto spazialmente e culturalmente lontano dal proprio, in questo caso a Milano, polo proverbialmente opposto a Napoli� Questa funzione simbolica attribuita al dialetto come marcatore d’identità è ancora più evidente nel film Troppo napoletano, il quale fin dal titolo (proprio come Song ‘e Napule) sottolinea la volontà del regista di «scolpire immediatamente un tipo sociale o umano» (Rossi 2015, p�-169)� È interessante come questo ‘tipo’ si incarni in un bambino 14 e dunque un parlante ancora in fase formativa: Ciro, scugnizzo napoletano che frequenta una scuola privata altoborghese, non riesce a integrarsi e si sente continuamente fuori posto, motivo per cui la madre Debora - attraente vedova e napoletana verace - lo porta, su suggerimento della scuola, da un timido psicologo, Tommaso, il quale aiuterà Ciro e da Ciro verrà aiutato nel rispettivo processo di crescita� A scuola l’uso del dialetto viene, almeno in apparenza, ancora fortemente stigmatizzato e per questo Ciro non parla con nessuno né in classe né durante la ricreazione, preferendo l’emarginazione autogestita alla possibilità di rigetto e ridicolizzazione da parte dell’altro� La paura di apparire ‘troppo napoletano’ proviene da una conclusione errata a cui il bambino è arrivato attraverso il paragone tra l’ambiente sociale e famigliare in cui vive e l’ambiente scolastico in cui si è ritrovato� La lingua assume un ruolo centrale nella percezione di Ciro: cresciuto in un contesto linguistico dialettale, con una madre che definisce sé stessa anche attraverso la lingua che parla, si ritrova improvvisamente in un mondo in cui il dialetto non sembra poter trovare spazio alcuno, perché nessuno sembra volersene (o potersene? ) servire� Ciro, infatti, scambia qualche parola solo con Esposito, il collaboratore scolastico, l’unico a mostrare qualche traccia della sua identità linguistica; eppure anche lui, traviato dall’ambiente che lo circonda, intenta perifrasi complesse in italiano finendo sempre per dire strafalcioni e per rendersi irrimediabilmente ridicolo� I tentativi di Esposito sono legati soprattutto a un senso di inferiorità 14 Una prassi recente� Infatti: «la figura del bambino, nel cinema italiano (con felici eccezioni storiche […]) […] tradizionalmente parla una lingua se possibile ancora più ingessata e scolastica di quella dei genitori» (Rossi 2007, p�-121)� Sprachecke Italienisch 143 sociale (è il bidello in una scuola privata, circondato da professori un po’ snob e da bambini ricchi e viziati), che lo spinge ad aggrapparsi all’appartenenza comune alla scuola - rappresentata dal simbolo stampato sulla sua uniforme - per tentare di guadagnare un maggiore prestigio al suo interno� Ciro, invece, percepisce le differenze come insormontabili e si autocensura piuttosto che tentare un avvicinamento a quello che, ai suoi occhi, è uno scenario di cui mai potrebbe fare parte, in quanto non riesce a identificarvisi� Ciro, infatti, divide Napoli in due, Napoli e Napoli-Napoli (cfr� 2), e attribuisce ogni persona che incontra all’una o all’altra parte� Solo attraverso il contatto prolungato con i chiattilli (quelli di Napoli), Ciro riuscirà a superare la paura di essere sé stesso in qualsiasi contesto, appurando che in fondo anche i chiattilli sono come lui e gli si può voler bene� Anche così tuttavia Ciro continua a scegliere il dialetto non solo come sua marca identitaria, bensì anche come forza espressiva� Proprio come sua madre, Debora, che a un corso di teatro tenuto in italiano non può fare a meno di scegliere il dialetto per improvvisare una scena con l’imbranato Tommaso, in arte Cristiano� Debora: [si schiarisce la voce] Cristià / je nun c’ 'a facc’ / voglio stà cu’ tte / / quann’ te vec’ / me sent’ 'e murì / so’ pazz’ / pazz’ / pazz’ pazz’ pazz’ cient’ vote mill’ vote pazz’ / ma che mme staje facenn’ Cristià / Cristià Cristià Cristià Cristià / Cristià: : (Troppo napoletano, 00: 36: 46 - 00: 37: 13) 3.3 A Napoli non piove mai: dialetto come maschera Nella pellicola A Napoli non piove mai la funzione prevalente del dialetto è quella di maschera stereotipata, in cui un pallido italiano regionale si alterna a una varietà di italiano standard poco realistica in quanto non marcata su nessuno degli assi della variazione� I pochi inserti in dialetto provengono soprattutto da personaggi secondari e comparse, più che altro come macchia di colore� D’altronde il film è infarcito di luoghi comuni a partire dal titolo e dalla storia (quella di un quasi quarantenne disoccupato che vive ancora con i suoi) fino alle battute scontate e all’uso a scopi comici dell’italiano popolare (soprattutto a mezzo di malapropismi)� Indicativo per la tendenza ai cliché, culturali nonché linguistici, è il monologo iniziale di Barnaba, il protagonista� Sprachecke Italienisch 144 Barnaba: Vedi Napoli / e poi muori / il mare la pizza il mandolino / i taralli il caffè il babbà il Vesuvio / la pastiera la sfogliatella la munnezza / il traffico gli scippi i falsari le canzoni� Chist’ è 'o paes’ r’o sol’ / e sarà per questo che anche quando il cielo è nero non trovi mai nessuno che esce coll'ombrello / perché vogliono credere tutti che a Napoli / non piove mai� (A Napoli non piove mai, 00: 01: 48 - 00: 02: 15) 3.4 Vieni a vivere a Napoli: un caso a sé Vieni a vivere a Napoli è una commedia in tre episodi, ma con un tema comune: il rapporto tra Napoli e i suoi immigrati stranieri� Nel primo episodio un portiere sfaticato si trova a confrontarsi con un bambino cinese, che invece ha solo voglia di lavorare; nel secondo episodio una badante ucraina lotta ogni giorno con uno status che non le si addice, lei che nel suo paese era una famosa presentatrice TV nonché moglie di un ministro; infine nel terzo episodio una cantante neomelodica viziata e scontrosa si ritrova a passare una giornata intera nella sua limousine con un ragazzo singalese curioso e gentile� Questo è l’unico film del corpus in cui si trovano, tra i protagonisti, parlanti stranieri e forse anche per questo l’uso del dialetto è limitato a qualche personaggio secondario� I protagonisti italiani parlano un italiano regionale più o meno marcato, con qualche espressione in dialetto in funzione realistico-mimetica, più spesso come macchia di colore; quelli stranieri parlano un italiano standard più o meno corretto, con qualche scontata stereotipizzazione: il bambino cinese Chang e sua madre usano spesso i verbi all’infinito e la badante ucraina Luba ha un linguaggio scarno, caratterizzato da uno stile nominale e quasi privo di preposizioni� Rappresenta un’eccezione il ragazzo dello Sri Lanka, Amila, il quale parla correttamente in italiano, svelando talvolta l’influenza del napoletano soprattutto nei tratti prosodici� 4. Conclusioni Il cinema comico napoletano sembra non rinunciare mai completamente al dialetto� E come potrebbe? Il suo ruolo di ricettore del modo di vivere quotidiano degli abitanti di questa straordinaria città gli impedisce di fare altrimenti, in quanto il plurilinguismo che caratterizza i suoi parlanti è stato ed è percepito anche e soprattutto dagli artisti della macchina da presa come imprescindibile risorsa comunicativa ed espressiva� Come osserva Daria di Bernardo (2006, p�-89s�) «il cinema napoletano, dagli anni Novanta ad oggi, Sprachecke Italienisch 145 sembra aver inaugurato una nuova fase della periodizzazione proposta da Raffaelli […]: quella che può definirsi dell’uso partecipato e non solo riflesso del dialetto», dove per uso partecipato si intende proprio questa consapevolezza, da parte di registi e sceneggiatori, del fatto che il napoletano non sia più percepito dalla comunità di parlanti come lingua dell’altro - e dunque in un’anacronistica bipartizione italiano vs dialetto - bensì innanzitutto come una delle componenti possibili a loro disposizione� Un regista che scelga di ignorare questo fenomeno, continuando a far parlare gli attori in un italiano standard fittizio e senza accento, realizzerà un’opera linguisticamente irrealistica, in cui nessun parlante si riconoscerebbe� Le funzioni attribuite al dialetto filmico sono le stesse ieri come oggi: macchia di colore, autenticità, stereotipo ecc� Tuttavia l’atteggiamento non più stigmatizzante dei parlanti nei confronti del dialetto fa sì che inserirlo nei propri film, soprattutto nelle sue varietà meno arcaiche, sia l’unica scelta possibile per un regista che voglia rispecchiare il presente� Il plurilinguismo è la chiave del successo, perché plurilingui sono gli italiani� Proprio per questo la lingua dei film analizzati appare in gran parte autentica, in quanto rappresentativa delle varietà effettive del parlato quotidiano� Nonostante si tratti di una riproduzione a tavolino della realtà linguistica, il parlato della gran parte dei personaggi del corpus riflette quel continuum di varietà di cui si è scritto e di cui i parlanti reali, anche se spesso inconsapevolmente, si servono� Inoltre i registi rendono consapevoli i parlanti-attori dei propri mezzi espressivi, facendoli riflettere sulla propria lingua (si pensi al personaggio di Paco in Song ‘e Napule) e su come essa sia un forte simbolo identitario e quindi da salvaguardare� Ciononostante non si tratta di un atteggiamento ostile nei confronti del ‘diverso’, per cui il parlare dialetto implicherebbe la non accettazione di chiunque non lo parli: in tutte le pellicole analizzate si sottolinea il contatto con l’altro, che sia il direttore dal nord o il bimbo cinese o il chiattillo dei quartieri altoborghesi, un contatto che non può che arricchire, oltre che il proprio essere, il proprio repertorio linguistico� Un repertorio caratterizzato innanzitutto da un uso mescidato di italiano neostandard e italiano regionale, un parlato informale che riesce ad apparire spontaneo persino nella finzione dei dialoghi filmici� In conclusione, fedelmente alla tradizione filmica napoletana, che mai ha veramente rinunciato a servirsi del dialetto come inevitabile forma di espressione, anche i registi del corpus analizzato se ne servono abbondantemente, da una parte sottolineandone l’espressività unica e dall’altra inserendolo in un melting pot linguistico reso vitale proprio dal contatto con l’altro, che sia l’italiano, il gergo giovanile, la lingua straniera o, perché no, il neologismo di circostanza� Come direbbe Pino Daniele, insomma, Napule è mille culure� Sprachecke Italienisch 146 Mara Papaccio Bibliografia Altamura, Antonio (1968): Dizionario dialettale napoletano, Napoli: Fiorentino� Antonelli, Giuseppe (2011): «Lingua», in: Afribo, Andrea/ Zinato, Emanuele (a cura di), Modernità italiana: cultura, lingua e letteratura dagli anni settanta a oggi, Roma: Carocci, pp� 15-52� Berruto, Gaetano (2006): «Quale dialetto per l’Italia del Duemila? Aspetti dell’italianizzazione e risorgenze dialettali in Piemonte (e altrove)», in: Sobrero, Alberto A�/ Miglietta, Annarita (a cura di), Lingua e dialetto nell’Italia del Duemila, Galatina: Congedo, pp� 101-127� Bianchi, Patricia/ Maturi, Pietro (2006): «Dialetto e italiano negli usi linguistici dei parlanti di Napoli e della Campania», in: De Blasi, Nicola/ Marcato, Carla (a cura di), Lo spazio del dialetto in città, Napoli: Liguori, pp� 1-21� D’Agostino, Mari (2012): Sociolinguistica dell’Italia contemporanea, Bologna: il Mulino� De Blasi, Nicola/ Imperatore, Luigi (2000): Il napoletano parlato e scritto� Con note di grammatica storica, Napoli: Libreria Dante & Descartes� di Bernardo, Daria (2006): «Napoli e il dialetto nel cinema degli ultimi vent’anni del Novecento», in: De Blasi, Nicola/ Marcato, Carla (a cura di), Lo spazio del dialetto in città, Napoli: Liguori, pp� 75-90� Lubello, Sergio (2020): «Nuovi repertori e paesaggi linguistici: dialetti perduti, ritrovati, reinventati (con un poscritto)», in: Lubello, Sergio/ Stromboli, Carolina (a cura di), Dialetti reloaded. Scenari linguistici della nuova dialettalità in Italia, Firenze: Franco Cesati, pp� 9-17� Raffaelli, Sergio (1992): La lingua filmata� Didascalie e dialoghi nel cinema italiano, Firenze: Le Lettere� Rossi, Fabio (2002): «Dialetto e cinema», in: Cortelazzo, Manlio et al� (a cura di), I dialetti italiani� Storia, struttura, uso, Torino: Utet, pp� 1035-1055� Rossi, Fabio (2007): Lingua italiana e cinema, Roma: Carocci� Rossi, Fabio (2015): «Lingua», in: De Gaetano, Roberto (a cura di), Lessico del cinema italiano� Forme di rappresentazione e forme di vita, Vol� II, Milano: Mimesis, pp� 141-213� Stromboli, Carolina (2020a): «Il dialetto sul grande schermo: esempi di napoletano nel cinema contemporaneo», in: Lubello, Sergio/ Stromboli, Carolina (a cura di), Dialetti reloaded� Scenari linguistici della nuova dialettalità in Italia, Firenze: Franco Cesati, pp� 189-211� Stromboli, Carolina (2020b): «Il napoletano al cinema nell’ultimo decennio: alcune ricognizioni», in: Parole filmate: le lingue nel/ del cinema italiano, Quaderni del CSCI, Vol� 16/ 2020, pp� 35-45� TREC: Vocabolario Treccani online: www�treccani�it/ vocabolario/ �
