Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.24053/Ital-2021-0028
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/121
2021
4386
Fesenmeier Föcking Krefeld OttMaurizio Dardano (a cura di): Sintassi dell’italiano antico II. La prosa del Duecento e del Trecento. La frase semplice, Roma: Carocci 2020, 888 pagine, € 93,00 (Lingue e Letterature Carocci, 316)
121
2021
Frédéric Nicolosi
ita43860125
Maurizio Dardano (a cura di): Sintassi dell ’ italiano antico II. La prosa del Duecento e del Trecento. La frase semplice, Roma: Carocci 2020, 888 pagine, € 93,00 (Lingue e Letterature Carocci, 316) Negli ultimi vent ’ anni, lo studio della sintassi medievale si è sviluppato in modo notevole nella linguistica italiana. Tra l ’ altro occorre ricordare la pubblicazione nel 2010 della monumentale Grammatica dell ’ italiano antico, diretta da Giampaolo Salvi e Lorenzo Renzi, 1 che tuttavia alla sua uscita aveva suscitato qualche controversia tra gli storici della lingua, specialmente in merito alla sua impostazione teorica (in sostanza generativista, soprattutto nei primi capitoli sulla struttura della frase) e al suo metodo (la scelta del fiorentino medievale quale unico rappresentante della fase antica dell ’ italiano). Il libro qui presentato si inserisce in questo campo di ricerca, ma segue un percorso diverso, che si orienta più chiaramente ai metodi sperimentati nell ’ ambito della storia della lingua. Come indica il titolo, si tratta, a distanza di otto anni, della seconda parte della Sintassi dell ’ italiano antico. La prosa del Duecento e del Trecento, diretta dallo stesso Maurizio Dardano. 2 Sono coinvolti alcuni degli autori che avevano già partecipato al primo volume nonché numerosi nuovi collaboratori, che, come preme sottolineare al curatore (e coautore) nella presentazione, hanno tutti in comune «specifiche competenze nel campo della lingua antica» (p. 9). Oggetto principale di questo secondo volume è l ’ analisi della frase semplice e dei suoi costituenti nei testi in prosa italiana del XIII e XIV secolo (allo studio della frase complessa era dedicato il volume precedente). L ’ opera si compone dei seguenti 24 capitoli: 1. «Presentazione» (Maurizio Dardano), 2. «L ’ ordine dei costituenti» (Maurizio Dardano), 3. «Il verbo: funzioni e costrutti» (Maurizio Dardano), 4. «La struttura argomentale» (Maurizio Dardano), 5. «I tempi del verbo» (Fiammetta Papi), 6. «I verbi supporto» (Maurizio Dardano), 7. «L ’ accordo» (Lorenzo Filipponio), 8. «I modi del verbo e la modalità» (Gianluca Colella), 9. «Le perifrasi verbali» (Gianluca Colella), 10. «La negazione» (Maria Silvia Rati), 11. «Il sintagma nominale» (Emiliano Picchiorri), 12. «Il sintagma aggettivale» (Francesco Bianco e Benedetto Giuseppe Russo), 13. «L ’ articolo» (Gianluca Lauta), 14. «I dimostrativi» (Emanuele Ventura), 15. «I possessivi» (Ilde Consales), 16. «I quantificatori» (Daniele Baglioni e Davide Basaldella), 17. «I pronomi personali e riflessivi» (Lorenzo Filipponio e Luca Pesini), 18. «I pronomi relativi» (Luigi Spagnolo), 19. «I pronomi interrogativi e le forme esclamative» (Yorick Gomez Gane), 20. «Il sintagma preposizionale» (Gianluca Frenguelli), 21. «Il sintagma avverbiale e le profrasi» (Maria Silvia Rati), 22. DOI 10.24053/ Ital-2021-0028 1 Bologna: il Mulino 2010, 2 voll. 2 Roma: Carocci 2012. Buchbesprechungen 125 «I connettivi e i segnali discorsivi» (Davide Mastrantonio), 23. «Le tradizioni discorsive» (Luca Pesini), 24. «La grammaticalizzazione» (Luca Pesini). Come nel precedente volume, i temi affrontati sono trattati in una prospettiva storico-funzionale. Come osserva il curatore nella presentazione, gli studi linguistici attuali si dividono in due filoni di ricerca principali: da una parte il formalismo, rappresentato principalmente dalle teorie generativiste, e dall ’ altra la linguistica storica e il funzionalismo, con le sue diversi correnti. Mentre le grammatiche di stampo generativista considerano la lingua un sistema di regole omogeneo che rimane indifferente alla variazione linguistica e ai condizionamenti culturali e discorsivi, le grammatiche che si ispirano al funzionalismo si propongono al contrario, partendo da testi sia orali che scritti, di descrivere l ’ uso concreto che i parlanti o gli scriventi di una comunità fanno della lingua in un dato contesto. Questo volume si colloca in questo secondo indirizzo di ricerca, benché come viene precisato non escluda «ove necessario, la ripresa di singoli temi e spunti trattati nell ’ ambito del generativismo» (p. 11). Pur trattandosi di un approccio sincronico, la trattazione è ricca di spunti diacronici che mettono a confronto latino e volgare. Ma il termine di paragone principale per approfondire le caratteristiche dell ’ italiano medievale rimane l ’ italiano moderno («Presentazione», p. 9). Prima del Cinquecento però, è bene ricordarlo, non esisteva come oggi una lingua standard o una koinè letteraria comune alla quale riferirsi, ma più volgari che avevano una propria tradizione scritta, letteraria o meno (cfr. Fesenmeier 2020: 83; Tesi 2007: 61). Tra i colti, la lingua di cultura era il latino, che serviva loro da modello quando scrivevano in volgare. In tale ottica, sembra più che opportuna la scelta degli autori di non restringere l ’ analisi al solo fiorentino antico, ma di tener conto della situazione pluricentrica dell ’ Italia medievale allargando il corpus da esaminare ‒ in sostanza lo stesso del primo volume, con qualche aggiunta non precisata nella presentazione dell ’ opera ‒ sia a testi di provenienza vicina che di diversi stili. In totale, vengono esaminati più di 3200 esempi tratti da un ’ ampia raccolta di testi in prosa toscana medievale, che vanno dalla prosa d ’ arte (Dante, Boccaccio) alla prosa di stile medio (novelle, trattati, cronache) fino alle scritture di carattere pratico (statuti, lettere commerciali, libri di conti). Il corpus comprende anche i volgarizzamenti dal latino e dal francese antico, che, come è noto, hanno svolto un ruolo modellizzante importante nell ’ elaborazione sintattica dei volgari scritti. A fini comparativi si sono considerati anche testi in versi nonché altre varietà italoromanze come il romanesco, il napoletano e le varietà settentrionali. Sempre a titolo comparativo si sono avviati confronti con altre lingue romanze antiche quali il francese e lo spagnolo. La bibliografia è aggiornata e prende in considerazione sia studi italiani che internazionali (principalmente francesi, inglesi e tedeschi). Sono costanti i rimandi Buchbesprechungen 126 ad altri testi di riferimento, in particolare alla già ricordata Grammatica dell ’ italiano antico. Questo facilita ovviamente il lavoro dello studioso che potrà rifarsi alle fonti citate a fini comparativi. L ’ indice analitico invece rappresenta un punto debole. È chiaro che in un ’ opera di tali dimensioni bisogna operare una selezione delle voci da accogliere limitandosi, per esempio, alle pagine in cui il fenomeno è definito, ma l ’ elenco qui proposto sembra fatto in fretta. Si rinvia a titolo d ’ esempio a focalizzazione, di cui si fa un uso abbondante in tutto il volume, ma di cui non si menziona che una sola occorrenza a p. 721. Altri termini mancano semplicemente come cum inversum (p. 119), listing topic (p. 25 n), retoricizzamento (p. 16), temi listati (p. 115), topic (pp. 49 n, 511 n), topicalizzazione (p. 63), Verum-Fokus (p. 526) per non citare che alcuni esempi (si noti inoltre l ’ uso di doppioni). Un inconveniente questo però, al quale si potrebbe rimediare proponendo l ’ opera anche in formato digitale, il che permetterebbe di sfruttare le funzioni di ricerca delle applicazioni di lettura, rendendo così superfluo l ’ indice analitico. Non è possibile qui passare in disamina tutti i temi affrontati nel volume, il che del resto richiederebbe un ’ ottima conoscenza in diversi ambiti, di cui pochi ormai possono vantarsi. Mi limiterò perciò a qualche osservazione sull ’ ordine dei costituenti della frase, al quale è dedicato il capitolo 2, ma di cui si tratta anche in altre parti dell ’ opera. Per rendere conto degli ordini dei costituenti marcati quali l ’ anteposizione dell ’ oggetto, la posposizione del soggetto, la dislocazione (sia a sinistra che a destra) e la frase scissa, gli autori fanno spesso riscorso alle nozioni di tema-rema e dato-nuovo, individuate dalla Scuola di Praga nell ’ ambito della prospettiva funzionale della frase, nonché a quella di focalizzazione (cfr. ad es. 39-43, cap. 2), ma per una definizione di questi termini, e più particolarmente temarema, bisogna rifarsi ai capitoli 2.4 e 2.5 del volume precedente (qui sarebbe quindi stato utile un rimando). A p. 298 (cap. 11) e a p. 525 (cap. 17) si osserva che nell ’ italiano antico la ripresa pronominale di un oggetto diretto tematico (o topicale) in prima posizione è facoltativa (cfr. ad es. p. 32, cap. 2: «Ciò tenne il re a grande maraviglia», Novellino), mentre è obbligatoria nell ’ italiano moderno ( ‘ Questo il re lo tenne. . . ’ ). L ’ anteposizione dell ’ oggetto non aveva quindi obbligatoriamente un valore contrastivo come oggi (p. 298). L ’ affermazione però a p. 42 (cap. 2) che «[l] ’ anteposizione è legata alla pesantezza del costituente anteposto» (corsivo mio) non è corretta: non è l ’ anteposizione (senza ripresa pronominale), bensì la dislocazione a sinistra (con ripresa pronominale) che nei testi antichi si riscontra spesso con un costituente pesante, ad es. un gruppo nominale espanso con una frase relativa (cfr. D ’ Achille 1990: 126; Renzi 2008: 2834; Nicolosi 2019: 66 s. e 77-81). La dislocazione a sinistra non viene definita esplicitamente, ma dagli esempi dati nel capitolo 2 a p. 41 si capisce che gli autori si riferiscono a una concezione Buchbesprechungen 127 che include anche i casi di spostamento a sinistra senza ripresa pronominale, individuati nel quadro generativista della Grande grammatica italiana di consultazione (Renzi et al. 2001) e ripresi nella Grammatica dell ’ italiano antico. Mi chiedo se una definizione più ristretta, che tiene solo conto delle dislocazioni con ripresa pronominale, non sarebbe stata più conforme all ’ approccio funzionale di questo volume, come è stato proposto ad es. da De Cesare et al. (2016: 377) per l ’ italiano moderno e da Nicolosi (2019: 62-98) per l ’ italiano antico. A p. 545 (cap. 18) si nota che le frasi scisse (con è posposto, ad es. «Vostro amor è che mi tiene in disiro», Piero della Vigna) abbondano in poesia. Ma all ’ infuori dei cinque esempi citati ‒ da cui andrebbe tolto l ’ esempio «e nullo è [= c ’ è] che mi possa dar soccorso» (F. da Barberino) perché in realtà non è una scissa bensì una frase presentativa dove essere corrisponde a esserci ‒ non si menziona la frequenza assoluta del fenomeno nei testi presi in considerazione, invece sarebbe stato importante farlo, perché nell ’ italiano antico la frase scissa è comunemente ritenuta rara (cfr. ad es. quanto detto a p. 12 n, cap. 2; anche p. 41 s. dello stesso capitolo: «Nei primi secoli la frase scissa, attestata in pochi es., ha un ruolo secondario, non essendo un costrutto grammaticalizzato, cioè attivo e funzionale»). Dall ’ altra parte, è interessante osservarne la manifestazione frequente in poesia. Già nel suo studio pionieristico sull ’ argomento, Roggia aveva rilevato che i casi di frasi scisse che focalizzano il soggetto si trovavano quasi tutti nella poesia siciliana, tanto da ipotizzare uno «stilema di scuola» (cfr. Roggia 2012: 204). Contrariamente a quanto si dice a pp. 569, 572 e 576 (cap. 19), le strutture chi è chi e che è che in «manifestando chi è che così parla» (Dante, Vita Nova) e «Che è che non lascia l ’ uomo allassare? » (Fiori e vita di filosafi e d ’ altri savi e d ’ imperadori) non sono frasi pseudoscisse, ma frasi scisse che focalizzano il pronome interrogativo (cfr. Roggia 2012: 202 s.). Le varianti pseudoscisse chi è colui chi e che è ciò che presentano invece un dimostrativo che regge la subordinata relativa. Può sorprendere anche il parallelo effettuato con il francese moderno qui est-ce qui o qu ’ est-ce que, dove est-ce que è un morfema interrogativo grammaticalizzato. Nel francese antico invece, dove era ancora funzionale, est-ce que aveva chiaramente un valore enfatico (cfr. Wehr 2005: 365 s.; esempi in italiano antico in Nicolosi 2019: 187). Degna di rilievo l ’ osservazione a p. 576 s. sul valore causale di che è che e che è ciò che, ad es. «Che è ciò che [= perché] ’ l mio figliuolo non parla punto? » (Il Libro dei Sette Savj di Roma). Un ultimo punto è la posizione del verbo nelle frasi dichiarative, che nell ’ italiano antico al pari del francese medievale si trova secondo l ’ autore del capitolo 2 obbligatoriamente in seconda posizione (p. 17). Ciò significa che il verbo non può essere preceduto da due costituenti: se l ’ oggetto occupa ad esempio la posizione preverbale, il soggetto, casomai fosse espresso, si troverà quindi di necessità dopo il verbo. Mi chiedo però se si tratti veramente di una regola Buchbesprechungen 128 obbligatoria. Basta sfogliare un testo antico come il Novellino per constatare che il verbo può o occupare la prima posizione o essere preceduto da uno o più costituenti. L ’ autore stesso elenca inoltre numerosi casi con il verbo in prima, seconda o terza posizione (pp. 24ss.). A mio parere si tratta qui di un punto di discussione sul quale si dovrà indagare in ricerche future, specialmente in base a dati empirici e statistici (per un ’ opinione diversa cfr. comunque Salvi 2020). In conclusione, il libro preso in esame rappresenta senza dubbio un testo fondamentale per chi si occupa di italiano antico. Le piccole imperfezioni soprammenzionate non sono che particolari che non intaccano la validità dell ’ opera, che affronta molti altri settori oltre a quelli qui discussi. I numerosi confronti con altre lingue romanze ne fanno inoltre uno strumento prezioso per la descrizione della sintassi delle varietà medievali in generale, tra le quali l ’ italiano antico ormai può essere considerato una delle meglio descritte nel panorama linguistico panromanzo. 3 Frédéric Nicolosi Bibliografia D ’ Achille, Paolo: Sintassi del parlato e tradizione scritta della lingua italiana. Analisi di testi dalle origini al secolo XVIII, Roma: Bonacci 1990. Dardano, Maurizio (a cura di): Sintassi dell ’ italiano antico. La prosa del Duecento e del Trecento, Roma: Carocci 2012. De Cesare, Anna-Maria et al.: Sintassi marcata dell ’ italiano dell ’ uso medio in prospettiva contrastiva con il francese, lo spagnolo, il tedesco e l ’ inglese, Frankfurt: Peter Lang 2016. Fesenmeier, Ludwig: «Linguistic Norm in Classical Grammar and Rhetoric», in: Manual of Standardization in the Romance Languages, a cura di Franz Lebsanft e Felix Tacke, Berlin/ Boston: De Gruyter 2020, pp. 63 - 106. Nicolosi, Frédéric: Topic- und Focus-Markierung im Altitalienischen, Berlin/ Boston: De Gruyter 2019 (BZrP 426). Renzi, Lorenzo et al. (a cura di): Grande grammatica italiana di consultazione, 3 voll., Nuova ed., Bologna: Il Mulino 2001. Renzi, Lorenzo: «Storia interna dell ’ italiano: morfosintassi e sintassi», in: Romanische Sprachgeschichte/ Histoire linguistique de la Romania. Ein internationales Handbuch zur Geschichte der romanischen Sprachen, a cura di Gerhard Ernst et al., vol. III, Berlin/ New York: De Gruyter 2008, pp. 2830 - 2846. Roggia, Carlo Enrico: «Frasi scisse in italiano antico: alcune proposte», in: Pragmatique historique et syntaxe/ Historische Pragmatik und Syntax. Akten der gleichnamigen 3 Ringrazio Maria Antonella Pappalardo per la rilettura di questa recensione. Buchbesprechungen 129 Sektion des XXXI. Deutschen Romanistentags (Bonn, 27.9. - 1.10.2009), a cura di Barbara Wehr e Frédéric Nicolosi, Frankfurt am Main: Peter Lang 2012, pp. 193 - 221. Salvi, Giampaolo/ Lorenzo Renzi (a cura di): Grammatica dell ’ italiano antico, 2. voll., Bologna: il Mulino 2010. Salvi, Giampaolo: «V2. Un paio di malintesi», in: Verbum Analecta Neolatina, vol. 21, n. 1 - 2/ 2020, pp. 251 - 290, https: / / verbum.ppke.hu/ index.php/ verbum/ article/ view/ 260. Tesi, Riccardo: Storia dell ’ italiano. La formazione della lingua comune dalle fasi iniziali al Rinascimento, Nuova ed., Bologna: Zanichelli 2007. Wehr, Barbara: «Focusing Strategies in Old French and Old Irish», in: Opening Windows on Texts and Discourses of the Past, a cura di Janne Skaffari et. al., Amsterdam/ Philadelphia: John Benjamins 2005, pp. 353 - 379. Buchbesprechungen 130