Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.24053/Ital-2022-0004
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/91
2022
4487
Fesenmeier Föcking Krefeld OttCome siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica»
91
2022
Riccardo Gualdo
Vulgär, unehrlich, inkompetent: So wurden in den letzten Jahren die Reden von Politikern und sogar italienische Politiker selbst von Journalisten, Sprachwissenschaftlern und Politikwissenschaftlern beschrieben. Der Wendepunkt scheint in den drei Jahren zwischen 2007 und 2009 zu liegen, als die politische Landschaft in Italien die grellsten Farben des Populismus anzunehmen drohte. In jenen Jahren sind sehr unterschiedliche Bewegungen und Kräfte entstanden, die jedoch einige gemeinsame Merkmale aufweisen: der direkte Appell an das Volk, die Intoleranz gegenüber den Mechanismen der parlamentarischen Vertretung, die enge Beziehung zwischen Anhängern und einem charismatischen Leader. In diesem Beitrag geht der Verfasser der Frage nach, ob diese Darstellung der politischen Kommunikation eine wirkliche Neuheit darstellt oder ob sie nicht vielmehr das Ergebnis längerer Prozesse in der Geschichte der italienischen Politik und ihrer Sprache ist. Um diese Frage zu beantworten, liefert der Verfasser eine konzise Beschreibung des Profils der politischen Sprache in Italien in den letzten 10–15 Jahren und konzentriert sich auf ihre Entwicklung und die aktuellen Tendenzen, indem er auf geschriebene bzw. transkribierte Texte und ein Korpus von Parlamentsreden aus den letzten Legislaturperioden zurückgreift.
ita44870010
RICCARDO GUALDO Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» 1. L ’ incompetenza al potere Volgari, disonesti, incompetenti: in questi ultimi anni i discorsi dei politici e gli stessi politici italiani sono stati descritti così da giornalisti, politologi e linguisti; anche la loro eloquenza sembra essersi svuotata, sostituita da una comunicazione assertiva, che toglie spazio alla discussione argomentata. È il segno di una fase nuova nella storia del linguaggio politico del Paese? 1 La storia dell ’ Italia repubblicana è stata suddivisa in varie fasi, e indicarne gli snodi può essere un esercizio istruttivo, ma non è sempre facile. Per l ’ ultimo ventennio, invece, l ’ operazione è più semplice: il 2001 è l ’ anno dell ’ attentato a New York dell ’ 11 settembre e delle proteste antiglobalizzazione che in Italia culminano con il Napoli global forum e il G8 di Genova; nel 2008 scoppia una crisi finanziaria mondiale che gli analisti avvicinano a quella del 1929 e l ’ Italia ne è colpita, con gravi ripercussioni politiche; i primi anni del secondo decennio sono segnati, in Europa, da ingenti afflussi di immigrati economici e rifugiati politici e dall ’ emergenza climatica; dal febbraio 2020 la scena mondiale è dominata dal tema della pandemia. In Italia il ventennio è spaccato in due: nel 2011 matura la dissoluzione del bipolarismo della “ seconda Repubblica ” ; dal voto del 2013 le Camere escono profondamente rinnovate: oltre il 60 % di deputati e senatori vi entra per la prima volta, portando novità anche linguistiche che hanno suggerito a Cortelazzo (2017: 96) un parallelo con il linguaggio politico del “ nuovo ” che si era affermato vent ’ anni prima e la definizione di “ terza Repubblica ” . Poco meno di quindici anni fa, nel 2007, il paesaggio politico assume i colori più vividi del personalismo e del populismo: a settembre Beppe Grillo organizza il primo “ Vaffaday ” , lanciando il MoVimento 5 Stelle (M5S), destinato a un clamoroso successo elettorale nel 2013; a novembre Silvio Berlusconi annuncia la nascita del “ Popolo DOI 10.24053/ Ital-2022-0004 1 Ringrazio Maria Vittoria Dell ’ Anna per aver letto una prima versione di questo testo, dandomi utili consigli (errori e lacune restano di mia sola responsabilità). Le citazioni da un piccolo corpus di 20 dibattiti parlamentari italiani dal 2008 al 2018 (per poco meno di 600.000 occorrenze di parole grafiche), già usato per un primo studio contrastivo italianotedesco (Gualdo 2021), sono indicate come Cdp, con la data nella forma anno_mese_giorno-C(amera)/ S(enato) (così 2014_02_25-S sta per la seduta del Senato del 25 febbraio 2014); lo stesso formato di data è usato per citazioni da archivi di quotidiani, come il Corriere della Sera (CdS) e Repubblica (R). 10 della libertà ” (PdL), con l ’ obiettivo di raccogliere sotto un ’ unica bandiera Forza Italia (FI) e la Lega Nord (LN); alla fine del 2008 Matteo Renzi vince le primarie del Partito Democratico (PD) per la carica di sindaco di Firenze, e in pochi anni prenderà il controllo del partito a livello nazionale. I tre leader guidano forze diversissime, ma usano un linguaggio simile: l ’ appello diretto al popolo e alla gente comune contrapposta alle élites, l ’ insofferenza per i meccanismi di rappresentanza della politica tradizionale, il contratto di fiducia tra i potenziali elettori e il capo carismatico. 2 A un esame più attento si coglierebbero le sfumature che questi tratti generali assumono nei diversi partiti e movimenti, anche allargando lo sguardo alle figure minori; qui ci chiediamo se siano davvero elementi nuovi, o non piuttosto l ’ esito di processi più lunghi, nella storia della politica così come in quella del suo linguaggio. 3 2. Volgari ma eloquenti? In un volume di taglio brillante, ma solido scientificamente, Giuseppe Antonelli (2017, passim e in partic.: 58) denuncia la vacuità banalizzante o la refrattarietà al ragionamento e alla sollecitazione dello spirito critico dei politici del terzo millennio, che producono una lingua artificialmente popolare, in realtà dolosamente populista: dalla truffa reazionaria dello slogan «onestà! onestà! » del M5S, che dai social o dalla piattaforma digitale “ Rousseau ” plaude ai videosermoni «politicomici» del «giullare» Grillo (ivi: 81; Cortelazzo 2017: 24 parla di «ibridazione tra comizio e spettacolo») fino al vuoto storytelling di Matteo Renzi, imperniato su parole emozionali (bellezza, fantasia, meraviglia, speranza, ecc.) e pervaso di ammiccante giovanilismo e di un immaginario pop che «rappresenta oggi l ’ unica forma di cultura condivisa dagli italiani» (Antonelli 2017: 90). Si potrebbe obiettare che tecniche da avanspettacolo furono usate dal qualunquista Guglielmo Giannini poco dopo la seconda guerra mondiale; che negli anni ’ 70 Marco Pannella fu definito guitto per l ’ uso spregiudicato e provocatorio dei mezzi di comunicazione; 4 che già nel 1992 Umberto Bossi definiva la Lega Nord l ’ unica «forza onesta e sana» in Italia (Arcangeli 2019: 12), e che la cultura nazionalpopolare della canzonetta affonda le sue radici almeno negli anni ’ 60 per esplodere negli anni ’ 80, quando Matteo Salvini (1973), Matteo Renzi (1975) e Giorgia Meloni (1977) erano bambini, dunque ben prima dell ’ attuale deriva populista. Infine, il 2 I tratti costitutivi del populismo, soprattutto di destra, sono esaminati da Cedroni 2014: 39 - 50, anche sulla scorta degli studi di M. Reisigl e R. Wodak (cfr. tra i molti, Reisigl 2014 e Wodak 2013; ampio e dettagliato Heinisch/ Holtz-Bacha/ Mazzoleni 2017). 3 Per esempio, l ’ emergere di un nuovo populismo si avvertiva già nei primi anni ’ 90 del secolo scorso, cfr. Desideri 2016: 6, n. 32. 4 Una documentata storia del populismo in Italia è Tarchi 2015. Riccardo Gualdo Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» 11 turpiloquio e l ’ aggressione verbale sono sempre esistiti: a ingigantirli è il megafono mediatico; la novità sta semmai nel tracollo del decoro e dell ’ etichetta che prima proteggevano i luoghi istituzionali della politica, favorito anche dalla diffusa tolleranza per le movenze della lingua parlata, dalla sempre più larga invasione del privato nel pubblico, dalla difficoltà di governare le regole della variazione diafasica. 5 Sul piano della comunicazione le vere novità stanno nell ’ accelerazione del flusso informativo prodotta dalla digitalizzazione e nell ’ appiattimento sul presente (cfr. Gualdo 2013 a: 473) che ne deriva; alla velocità della politica contemporanea alludono i concetti di dromologia e dromocrazia usati già alla fine degli anni Settanta dal filosofo francese Paul Virilio (1981) e l ’ efficace neologismo turbopolitica coniato da Edoardo Novelli nel 2006. La politica spettacolo degli anni ’ 80 del XX secolo ha radici antiche, ma la trasformazione, prima del partito, poi del leader, in un oggetto di marketing (Arcangeli 2019: 44 ricorda il concorso VinciSalvini nella campagna elettorale del febbraio 2018), ha definitivamente asservito la comunicazione politica alle logiche del medium: la radio e la televisione in passato e oggi Internet e il web 4.0. L ’ appiattimento sul presente ha due facce: la perdita di memoria che permette di usare e distorcere a piacimento le etichette politiche, e la vorace appropriazione di temi e di parole chiave dell ’ oggi da parte del discorso politico. Quanto alla perdita di memoria, mi limito a ricordare che il movimento creato da Berlusconi all ’ inizio degli anni ’ 90 del XX secolo invocava la rivoluzione liberale che era stata molti decenni prima il motto di Piero Gobetti. Quanto allo sfruttamento bruciante di immagini e metafore dell ’ attualità, nell ’ ottobre 2001 l ’ allora presidente del Senato Marcello Pera reagiva ai “ tumulti ” dell ’ opposizione dicendo: «questo è inaccettabile: non è un Parlamento di talebani» (CdS 2001_10_25: 15); nel 2013 lo Tsunami tour elettorale di Beppe Grillo rovesciava in positivo la metafora dello tsunami finanziario circolata dopo i tragici eventi asiatici del marzo 2011 (Gualdo 2013 b: 119). Le consultazioni per la formazione del governo nel 2013 e poi nel 2014 segnano l ’ irruzione della condivisione in diretta di momenti del dibattito politico, ma restano nella memoria alcune battute di Renzi: «Beppe [Grillo], esci da questo blog! esci da questo streaming! » (Renzi usò blog anche nel discorso per la fiducia del 2014_03_25; blog e streaming sono reinterpretati come ‘ film, realtà onirica ’ ), «se l ’ Europa si facesse un selfie» (cioè ‘ si guardasse allo specchio ’ ), «La crisi ha il volto di donne e di uomini, e non di slide» (cit. da Serianni 2018: 43), «Il contesto politico [. . .] è sintetizzabile [. . .] in tre brevissimi tweet» (gli esempi con selfie e tweet in Cdp 2014_03_25). Infine, aspettando che talebano (o talibano) ritorni in auge, gli ultimi anni sono stati segnati dalla pandemia e dal suo lessico; così, 5 Per Cortelazzo (2017: 98) il turpiloquio non è rispecchiamento ma «accorta rappresentazione lessicale di precise tendenze della propaganda populista». Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» Riccardo Gualdo 12 nell ’ estate 2021, commentando il progetto berlusconiano di federare il centrodestra in un partito unico, un esponente di Forza Italia ha dichiarato che «la federazione sembra solo un vaccino anti Meloni» (TGLa7, 2021_98_21, ore 13: 48; si noti che in Cdp - che si ferma al 2018 - le parole vaccinazione e vaccino, anche in senso figurato, non appaiono mai e contagio ha una sola attestazione riferita metaforicamente ai rischi della crisi economica). 6 3. Effetto social Dall ’ asservimento alla logica commerciale dei nuovi media più che dal crollo delle ideologie del Novecento deriva anche l ’ omologazione (apparente) dei contenuti che ha sostituito la contrapposizione degli anni del bipolarismo (cfr. Antonelli 2017: 38). Il punto di svolta si può collocare nel quinquennio 2006 - 2011. La crisi finanziaria globale del 2008 coincide con l ’ esplosione del fenomeno dei media che preferisco chiamare socievoli più che sociali. Vogliosi di intercettare fasce il più ampie possibile di elettori, i politici si appropriano presto delle tribune di Facebook (nel 2022 Meta) e Twitter per approdare poi anche su Instagram e TikTok. La logica dei social media è una dia logica: il testo digitale ha una natura «eminentemente dialogica [. . .]: ogni messaggio è un turno che attende una replica, una conferma, un rinvio» (Pistolesi 2014: 374 - 375); dominano la frammentazione e la sintesi, che incoraggiano la «sentenziosità e la frequenza degli interventi» (ibidem). È obbligatorio reagire subito a ogni stimolo, senza distinzione di qualità, poco importa se il tema sia una crisi di governo o la vittoria della squadra di calcio del cuore - per Salvini con la maglia del Milan cfr. Arcangeli 2019: 136 - , inviando più messaggi in serie, semplici e diretti, adatti a essere rilanciati (retweet, regram o call to action in Arcangeli 2019: 55: «io stasera faccio X [dove X sta per mangio la pizza, guardo la partita, incontro il presidente della Repubblica]. . . voi che fate? »). La politica dello spot (cfr. Cosenza 2012) o la post-politica e la post-verità trasformano le prese di posizione in sentenze brevi, memorizzate e memorizzabili o citabili (Desideri 2016: 70), adatte più o meno a ogni piattaforma, dal vecchio pastone nel quale i redattori dei telegiornali si limitano a cucire le dichiarazioni modello 20 secondi, poche frasi assertive mandate a memoria e imperniate sugli slogan e le parole-bandiera del momento (Cortelazzo 2017: 97 - 98) 7 fino alla tribuna di un 6 Esempi più e meno recenti dell ’ uso metaforico di tsunami, vaccino e virus in Pietrini 2021. 7 Tra i molti esempi possibili: gli avversari sono «divisi su tutto» e propongono temi divisivi, gli alleati si sono invece ricompattati; l ’ azione dei partiti (di volta in volta di governo o di opposizione) punta a non far «restare/ rimanere indietro nessuno» e a non «fare marcia/ marce» o «passi indietro»; bisogna «guardare avanti con fiducia», e con fiducia «guardare/ pensare al futuro» e alle sue sfide; però con cautela, altrimenti si rischia di «andare a sbattere». Si noti che queste formule e frasi fatte sono relativamente rare in Riccardo Gualdo Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» 13 social. Spina (2012, 2016) ha mostrato non solo che i leader politici italiani usano i nuovi strumenti della rete in modo relativamente rozzo, ma che quasi mai il turno di replica è onorato; le rare eccezioni (il blog di Grillo, i profili di Salvini e Calenda) sono apprezzate sia dagli elettori, sia dai politologi. Il sogno è la scomparsa di filtri tra il leader e i suoi sostenitori, la disintermediazione che si realizza magicamente nel web; ma un filtro c ’ è sempre, che siano i moderatori del sito o i portavoce; illusorio è anche il contatto diretto nella piazza, dai MeetUp del M5S alla Leopolda di Renzi fino ai selfie di Salvini con i sostenitori. Nel frattempo, la logica partitica che i nuovi movimenti dichiarano di aborrire ricompare nella fioritura di scuole di politica, di stage di formazione per i giovani, di fondazioni private che servono a incrociare lobbies e a sfornare quadri politici capaci di costruire reti e di mobilitare gruppi di pressione. Il messaggio iniziale postato nei social riappare su altre piattaforme con modifiche minime, spesso solo un attacco o una coda di commento, nella forma dell ’ hashtag o dell ’ emoji, che servono il primo da gancio ad altri thread, il secondo a orientare o a precisare la decodifica pragmatica del messaggio. O ancora, si quota (cioè si cita) una parola o una frase d ’ altri, o anche solo il nome di una persona, ricontestualizzandoli o storpiandone consapevolmente il senso. Simili per (dia)logica e tecnologia, i social media differiscono nella selezione di “ generi ” e pubblico: Facebook e Instagram sono più adatti al racconto e a mettere in mostra il privato, e il secondo è preferito dai più giovani (oggi, prima che i giovani di domani scelgano una nuova piattaforma); Twitter funziona meglio come ufficio stampa, perché è frequentato dai giornalisti e, in generale, da utenti colti e politicamente avvertiti; TikTok, tra gli ultimi arrivati, si presta come e più di Instagram al rilancio di immagini - in sequenze di storie - e di video brevissimi, possibilmente scherzosi e divertenti (cfr. il capitolo dedicato alla gestualità di Salvini in Arcangeli 2019, e fatti interessanti potrebbero emergere dallo studio dei profili prosodici dei politici). In generale, il codice visivo ha guadagnato spazio e ogni discorso politico, anche quelli parlamentari, è costruito con la consapevolezza di rivolgersi immediatamente anche all ’ enorme platea dei nuovi media. All ’ impegno militante e alla partecipazione tipici della politica novecentesca si sostituisce il video attivismo, «un nuovo tipo di partecipazione ad alta emotività, basso livello di impegno e altissima visibilità» (Novelli 2006); bastano un like o un CdP (tranne quelle incardinate su indietro e l ’ abusatissimo futuro), segno che la sintonia linguistica va ricercata tra i resoconti e i commenti giornalistici e le apparizioni dei politici nei media piuttosto che nella lingua del Parlamento; poco rappresentate sono anche le necessità di un «cambio di passo» e di rispettare le «linee guida» (del governo, dei comitati tecnici, ecc.) onnipresenti nel dibattito sulla pandemia. Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» Riccardo Gualdo 14 dislike per sentirsi un attivista (parola che sembra aver ormai rimpiazzato militante, cfr. Gualdo 2019: 86 - 87). 8 La dinamica dell ’ immediatezza e della frammentazione che caratterizza la comunicazione social produce due effetti politici. Il primo è l ’ aggregazione rapida, spontanea o eterodiretta, di mobilitazioni di gruppo, intense, ma momentanee (flashmob) e perlopiù evanescenti: il cosiddetto popolo viola antiberlusconiano tra il 2009 e il 2012, le Sardine nell ’ autunno del 2019, i ragazzi dei Fridays for Future tra 2020 e 2021 a sinistra; a destra gli omologhi italiani dei gilets jaunes francesi, i no- Vax o i no-Green Pass nei mesi della pandemia. Il secondo è la volatilità del voto (cfr. già Gualdo 2013 a: 475 e Gualdo 2017): grandi masse di elettori si spostano da un ’ area all ’ altra in modo rapido e imprevedibile, producendo effetti importanti sulla composizione delle Camere e, di conseguenza, sui governi e sugli equilibri politici. Da parte loro, le istituzioni non hanno saputo o non hanno voluto dare risposte organiche a questi sintomi di malessere sociale e di crisi della rappresentanza: hanno semmai tamponato i flussi ricorrendo a governi di emergenza, formati dai presidenti della Repubblica, pur nel rispetto delle regole costituzionali, senza l ’ avallo del voto; e hanno assecondato la perdita di prestigio e di autorevolezza del Parlamento ricorrendo alla decretazione d ’ urgenza e approvando - nel 2019 - un drastico taglio di deputati e senatori. 4. Novità e costanti nella lingua politica italiana In superficie, la comunicazione politica italiana dell ’ ultimo quindicennio (2006 - 2021) non appare nuova rispetto al passato recente (1990 - 2005). Sono fenomeni noti, e già ampiamente descritti (una sintesi in Gualdo 2009 e Dell ’ Anna 2010), la sfiducia (disaffezione) per i partiti tradizionali e per il modo in cui rappresentano i cittadini, la demonizzazione e lo screditamento degli avversari in una netta contrapposizione noi/ loro, il leaderismo e la personalizzazione, il rilievo dato al corpo e all ’ immagine, l ’ abuso di tecniche pubblicitarie, la retorica della semplicità, della franchezza del linguaggio e del buonsenso. Segnalo alcuni effetti linguistici raccogliendoli per praticità in campi distinti. Dissoluzione dei partiti tradizionali: scomparsa di parole come comunista, cristiano, repubblicano, socialista nei nomi dei gruppi politici (resiste ancora, ma annacquato, liberale) e sostituzione di partito con lega, movimento, polo, popolo con denominazioni ellittiche (sigle, da PD a M5S, o accorciamenti, come dem per 8 A quanto ho scritto in Gualdo 2019, aggiungo che nel corpus del linguaggio dei leader (vedi oltre alla nota 23) attivista è usato quasi solo da Giorgio Almirante con una netta connotazione negativa, e mai nella forma femminile, dunque mai riferito a donne. Riccardo Gualdo Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» 15 ‘ democratici, del PD ’ ) o metaforiche (gli azzurri di Forza Italia, i gialli o gialloverdi cioè M5S più Lega, con parole-slogan (Azione, Insieme per il Futuro) o formule autodefinitorie (Fratelli d'Italia, Liberi e Uguali). Delegittimazione: ricorso all ’ ironia o alla deformazione irridente di slogan e nomi degli avversari (la tecnica che Serianni 1995 ha chiamato irradiazione deformata, adottata largamente da Bossi, oggi soprattutto da Grillo); aggressione diretta e insulto volgare o sessista per delegittimare gli avversari (su questo tema, cfr. Desideri 2017 con esempi fino a Bossi); proliferazione di deonimici, cioè derivati dai nomi dei leader, sia per indicare i collaboratori o i sostenitori (berlusconiani, grillini, ma anche i D ’ Alema boys e le bimbe di Conte, ecc.), sia per identificare la lingua, generalmente in chiave sarcastica (bersanese, dipietrese, ecc.; più recente la scilipotizzazione, cioè ‘ trasformazione in Scilipoti ’ , dal nome del deputato il cui voto, nel dicembre 2010, fu determinante per evitare la caduta del governo Berlusconi); o ancora in antonomasie (il Cavaliere Berlusconi, ex Cavaliere dopo il 2014, il Rottamatore Renzi, il Capitano Salvini). Rilievo dato al corpo e all ’ abbigliamento: uso, soprattutto nei media, di metonimie con capi di vestiario o oggetti-feticcio; dopo la canottiera di Bossi e il doppiopetto di Berlusconi sono venuti il loden di Monti, il chiodo (giubbotto di pelle) di Renzi, la felpa o la ruspa di Salvini. Tecniche di tipo pubblicitario: scelta - nelle immagini e negli slogan - di colori e simboli che superano, sostituiscono o modificano quelli tradizionali: sono stati abbandonati i simboli floreali e zoologici della Seconda Repubblica e i colori identitari, salvo poche eccezioni, tra cui spicca il giallo del M5S (usato anche nelle infografiche, dove il verde della Lega si è ormai stinto in azzurro); simboli e manifesti accolgono semmai volentieri e trasversalmente il patriottico tricolore (alcune osservazioni in Gualdo 2021). Retorica della semplicità e avvicinamento al senso comune degli elettori: uso di parole passepartout ed endoxa come buonsenso, concretezza, futuro, giustizia (sempre giusta), normalità, nuovo, onestà, persone, sicurezza, sobrietà, valori (chi punterebbe sull ’ antonimo di ciascuno di questi termini? ); 9 a un ’ adesione affettiva e irrazionale invitano l ’ emozione e lo stupore di Renzi o il coraggio di Meloni, non 9 Tra l ’ altro, sicurezza è davvero una parola chiave del decennio 2008 - 2018: in CdP ne raccolgo 341 attestazioni (molte delle quali nelle collocazioni messa/ mettere in sicurezza), con rango di frequenza 205, altissimo per le parole semanticamente piene. Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» Riccardo Gualdo 16 troppo lontani dal gusto per il futuro o dall ’ amore per l ’ Italia di Draghi; 10 facile e diretto è il finto parlato per avvicinarsi all ’ elettore medio. 11 Qualche riflessione merita la parola popolo, che sembra l ’ emblema del populismo risorgente, ma ha connotazioni assai diverse a seconda di chi la pronuncia: a sinistra indica genericamente movimenti spontanei di cittadine e cittadini (e non certo il popolo ‘ classe ’ di Bandiera rossa); per FI il popolo delle libertà è la gente comune, l ’ antica maggioranza silenziosa; per i partiti della destra tradizionale il popolo è la nazione, gli italiani distinti dagli europei e dagli stranieri, mentre - all ’ opposto - per la Lega delle origini è il popolo padano ostile a Roma e al resto d ’ Italia, che aspira all ’ autodeterminazione e alla secessione/ devoluzione come altri popoli d ’ Europa e del mondo (gli scozzesi nel Regno Unito o i catalani in Spagna); 12 per il M5S il popolo è la versione social del popolo italiano del primo articolo della Costituzione, titolare di sovranità (che nel 1947 non era ancora il sovranismo economico e culturale del XXI secolo) e protagonista della democrazia diretta digitale. 13 5. Lingua dei leader e segni di novità Come già per Berlusconi, Bossi, Prodi e altri leader della seconda Repubblica, sono stati tracciati numerosi profili della lingua di alcuni dei protagonisti di questa fase storica: Grillo, Renzi e Salvini su tutti, ma anche Nichi Vendola (cfr. almeno Giansante 2011, Petrilli 2015, Librandi/ Piro 2016, Arcangeli 2018 e 2019), e analisi accurate dei discorsi dei presidenti della Repubblica e dei presidenti del Consiglio (Cortelazzo/ Tuzzi 2007, Di Benedetto 2010, Serianni 2018). Colpisce, ma non stupisce, l ’ assenza delle donne, che riflette l ’ emarginazione femminile dai ruoli di vertice in quasi tutti i settori della società italiana e un generale peggioramento della condizione lavorativa e del prestigio sociale delle donne, che la pandemia ha accentuato. Se alcune delle Costituenti, che Basile (2012) ha chiamato «madri della Repubblica», hanno meritato singole analisi piuttosto isolate rispetto alla quantità di studi dedicati a politici maschi (tra queste Lina Merlin, Tina Anselmi, Nilde Iotti), sembrano inesistenti le leader degli ultimi vent ’ anni, pur non numerosis- 10 Draghi ha usato la prima espressione il 26 marzo 2021 in un incontro con le Regioni, mentre l ’ altra è nelle parole conclusive delle sue Comunicazioni in Senato, 17 febbraio 2021. 11 Cortelazzo (2017: 99) segnala l ’ uso del dialogo fittizio da parte di Renzi, ma anche Nichi Vendola lascia cadere nel suo eloquio ricercato «qualche formula finto-parlata» (Antonelli 2017: 90). 12 In CdP la parola devoluzione è praticamente scomparsa (solo 1 occorrenza, e 3 di devolution), e secessione appare una sola volta, ma non in riferimento alla politica contemporanea; viceversa, federalismo ha ben 116 occorrenze, cui vanno a sommarsi le 23 di federalista (lemma). 13 Sulle diverse accezioni della parola, cfr. Cedroni 2014: 44 - 46 e Desideri 2016: 41. Riccardo Gualdo Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» 17 sime. Sebbene Fratelli d ’ Italia (FdI) sia la più consistente tra le formazioni minori (quasi il 4,5 %) nelle Camere uscite dal voto del 2018, accreditata dai sondaggi (settembre 2021) come il primo partito italiano, Giorgia Meloni è menzionata da Capaci e Spassini (2016) solo per la connotazione romanesca del suo eloquio (più utile, ma anche più lontano nel tempo, Spoladore 2014). Meno vistosi, ma - a mio parere - più indicativi di un ’ evoluzione della politica non solo italiana verso il populismo nazionalista sono altri fatti, che elenco qui di seguito senza attribuire alla sequenza una graduatoria di importanza o priorità. 14 La rivalutazione di parole e simboli che rinviano all ’ identità italiana: i nomi Forza Italia, e Fratelli d ’ Italia e Italia Viva lo slogan della Lega «prima gli italiani», il recupero del tricolore e dell ’ inno di Mameli (già da parte di Carlo Azeglio Ciampi) e una spiccata e trasversale celebrazione degli sportivi (calciatori, olimpionici, ecc.) e dei militari (impegnati in missioni all ’ estero, di protezione civile in occasione di catastrofi naturali, di gestione logistica della pandemia). Nella lingua, parole come confini, identità, nazione, patria e patriota, popolo, territorio, i pronomi e aggettivi noi, nostro riferiti alla comunità nazionale (e si noti anche l ’ avverbio fuori - s ’ intende dall ’ Italia - in slogan come «fuori i clandestini») hanno guadagnato una coloritura positiva che prima era ben più tenue, se non addirittura assente (nazione, patria e popolo erano banditi dal lessico della sinistra negli anni ’ 60 e ’ 70, e ancora negli anni ’ 90 sono stati usati prevalentemente da Bossi e Berlusconi); significativo il fatto che nei mesi della pandemia l ’ italianità sia stata rivendicata con «fierezza» e «orgoglio» anche dalla pubblicità commerciale: valore assoluto, simbolo di unità contro un nemico comune, ma anche - più sottilmente e nelle forme dell ’ implicito - ostentazione di genuina autarchia rispetto a un mercato globalizzato nel quale ciò che viene dall ’ esterno è suggerito come contraffatto e potenzialmente pericoloso. Parallelo alla rivalutazione dell ’ identità nazionale è l ’ aumento della diffidenza e perfino del discredito per i valori europei, che si concretizza, caso per caso, nell ’ antitesi Europa/ Italia o Europa/ Regione (nel linguaggio della LN prima del 2014, l ’ anno in cui Salvini conquista la segreteria), nella condanna dell ’ europeismo acritic[o], sacrale, retoric[o] nell ’ intervento tenuto il 2008_07_22 in Senato da Gaetano Quagliariello (PdL) e nella richiesta - proveniente soprattutto dai partiti dichiaratamente più europeisti, come il PD - di un ’ Europa «nuova», «diversa», «altra», di un ’ Europa nella quale portare i valori italiani, laddove la sinistra negli anni ’ 80 e ’ 90 voleva importare in Italia i valori europei (Gualdo 2021): «fatta l ’ Europa, bisogna fare gli europei» (la riscrittura del motto attribuito a d ’ Azeglio è di Renzi, cfr. Arcangeli 2018: 81; e ancora Renzi chiede che «l ’ Europa torni a fare l ’ Europa», Ondelli 2021: 27); oppure nella simpatia per leader e realtà 14 Un ’ analisi recente del linguaggio populista è nei saggi raccolti in Ondelli 2021; cfr. anche l ’ interessante sintesi di Colombo in stampa. Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» Riccardo Gualdo 18 politiche extraeuropei (Putin, Trump, la Cina o addirittura la Corea del Nord) o antieuropeisti in Europa (il Front National di Marine Le Pen e Fidesz di Viktor Orbán da parte di Salvini, mentre il PD si è ispirato ai democratici statunitensi e poi a Barack Obama, esprimendo spesso una generica sintonia con personalità e movimenti extraeuropei). 15 Sul piano ideologico, tutti dichiarano il superamento della dialettica destra/ sinistra a vantaggio di posizioni più sfumate; così la sinistra moderata può lasciarsi alle spalle l ’ avversione al capitalismo e al neoliberismo e accettare la globalizzazione tecnologica, semmai rivestendola di generici valori ambientalisti (il fenomeno del greenwashing per cui tutto diventa “ verde ” ) 16 e spostando l ’ asse d ’ azione verso campagne in difesa di diritti civili (matrimoni omosessuali, disposizioni per il fine vita, attribuzione delle aggravanti di razzismo, omofobia e odio di genere ad alcuni reati contro la persona); la destra, da parte sua, può permettersi relazioni pericolose con movimenti dichiaratamente neofascisti o neonazisti (nota Cortelazzo - 2017: 103 - che una delle novità della Lega di Salvini rispetto a quella di Bossi è la scomparsa dello «sfondo antifascista»). In chiave identitaria, ostile a un supposto laicismo aconfessionale dell ’ Europa e ai pericoli d ’ ibridazione con altre culture e fedi religiose (anti islamismo) si può leggere anche l ’ ostentazione di simboli e di slogan cristiani. Un altro elemento interessante, relativamente poco studiato, è l ’ assuefazione al populismo economico-finanziario, risvolto nascosto della più vistosa ribellione - non solo italiana, e questa invece fin troppo enfatizzata - verso il dominio di quello che Luciano Gallino (2011) ha chiamato finanzcapitalismo. Ferrero (2016: 161 - 167), analizzando la retorica del neocapitalismo, infarcita di anglicismi «apparentemente neutrali» (ivi: 146) come bail-in e bail-out, default, fiscal compact, spending review, spread (cfr. anche Gualdo 2012 e 2013 a), ha dimostrato come anche il whatever it takes enunciato nel luglio 2012 dall ’ allora presidente della Banca centrale europea Draghi non sia stato una felice quanto potente invenzione occasionale. Nei mesi precedenti, infatti, se ne riscontra la presenza nel discorso, martellante come un bollettino di guerra, delle principali autorità dell ’ Unione europea (l ’ allora presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy: everything what is required; il presidente dell ’ Eurogruppo Jean-Claude Junker: whatever it takes; il presidente della Commissione europea José Barroso: what it takes); dunque lo si può considerare un tassello del più generale «lessico moralistico» in cui la dottrina 15 Sull ’ antieuropeismo esplicito e trasversale nei programmi elettorali del 2013 cfr. Gualdo 2013 a; sulle nuove forme di antieuropeismo degli anni successivi cfr. Gualdo 2021. 16 Ma i partiti verdi hanno in Italia meno seguito che in altre nazioni europee; mi pare interessante che in CdP l ’ aggettivo verde abbia solo 6 occorrenze (nessuna delle quali al plurale) contro le 14 di green (10 delle quali nella locuzione green economy); 19 sono le occorrenze di globalizzazione contro le appena 11 di capitalismo e le 2 di capitalista; ambientalismo è assente e ambientalista (lemma) appare solo 3 volte. Riccardo Gualdo Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» 19 dell ’ austerità, della disciplina fiscale, della responsabilità (Monti), delle riforme strutturali, del rigore di bilancio e dei sacrifici (non mancano le metafore scolastiche del fare i compiti, cfr. Gualdo, 2021 e vari saggi in Pietrini/ Wenz 2017) erano proposti all ’ opinione pubblica come le sole ricette, la sola cura o l ’ unico antidoto (vedi sopra, nota 6), ai rischi di contagio - poiché siamo tutti interdipendenti (in Cdp Stefano Pedica, ItaliadeiValori, 2008_07_22-S) e tutti sull ’ orlo del baratro. 17 Si produce così una cornice cognitiva che serve a convincere l ’ opinione pubblica che non ci siano alternative; parte di questa cornice è la deresponsabilizzazione della classe dirigente, riassumibile in formule variamente modulabili come «ce lo chiede l ’ Europa» o «le riforme [o altri interventi] che il Paese si aspetta» (cfr. Gualdo 2012). 18 In questa chiave leggerei anche l ’ inopinata svolta europeista dei primi mesi del 2021, nella fase più critica di un altro contagio globale: movimenti ed esponenti politici (Di Maio, Grillo, Salvini) che avevano infiammato l ’ elettorato dichiarando guerra aperta e senza quartiere agli eurocrati di Bruxelles, alla troika composta da Banca centrale, Commissione europea e Fondo monetario internazionale, o che da sinistra - più timidamente - chiedevano un rinnovamento delle istituzioni europee e nel 2015 avevano solidarizzato con la Grecia di Tsipras e Varoufakis, accettando di affidare la guida del Paese al più genuino rappresentante di quel potere politico-economico, Mario Draghi, celebrandone l ’ autorevolezza, il prestigio e la competenza. 6. Un degrado generazionale? La supposta crescente volgarità della comunicazione politica italiana e internazionale attuale non è un dato nuovo in sé (l ’ uso aggressivo del linguaggio e del corpo di Donald Trump è stato avvicinato a quello di Mussolini o di Hitler): la novità sta nella rapidità e nell ’ amplificazione dell ’ attacco politico garantite dai media digitali, nella potenza delle reazioni che un semplice post può scatenare. 19 I politici più anziani della seconda Repubblica, Berlusconi (1936), Prodi (1939), 17 L ’ espressione circola dal 2009, cfr. il tormentone del personaggio interpretato da Cinzia Leone nel programma Rai la TV delle ragazze; in Cdp la usa Marco Baldassarre, gruppo misto, 2017_12_21-C. 18 Si noti che era lo stesso Renzi, nel 2017, a voler «cancellare con un clic» la «frase fatta» ce lo chiede l ’ Europa per sostituirla con ve lo chiede l ’ Italia (cfr. Arcangeli 2018: 65). 19 Una tecnica peculiare di Salvini è l ’ accumulazione retorica (già rilevata in Pannella, cfr. Cortelazzo 2017: 60, e nella saturazione iconica berlusconiana, cfr. Desideri 2016: 63); nell ’ esempio seguente (da Ondelli 2021: 62) si noti anche il modo in cui si riferisce all ’ Europa: «Un ’ altra Europa. Noi non siamo contro l ’ Europa: Treviso è in Europa, Milano è in Europa non è che siamo in Canada o in Nord Africa o altrove, ma noi vogliamo un ’ altra Europa fondata sul lavoro, sul rispetto, sui diritti, sull ’ aiuto dell ’ agricoltura che viene massacrata». Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» Riccardo Gualdo 20 Bossi (1941), D ’ Alema (1949), Fini (1952), erano generalmente impacciati nell ’ uso dei social media; la nuova generazione appare più scaltrita, anche grazie all ’ appoggio di esperti delle dinamiche del web: la “ Bestia ” di Salvini è una squadra di spin doctors o ancor meglio social branders (da brand ‘ marchio ’ ), che lavora da “ megafono digitale ” (e brandisce un maglio violento contro persone comuni e indifese) delle dichiarazioni del leader, adattandole alle diverse piattaforme in modo che raggiungano il numero più alto di persone (cfr. Arcangeli 2019: 59 - 61). Allo stesso modo, l ’ omologazione è più tecnica, cioè attinente alle forme di comunicazione, che sostanziale. La lingua è in effetti sempre più omogenea e semplificata, ma le differenze di contenuti restano, e meriterebbero d ’ essere valutate - anche linguisticamente - scavando più a fondo sotto l ’ epidermide del chiacchiericcio mediatico. Due mi sembrano le strade da percorrere. La prima è l ’ analisi comparata, possibilmente allargata anche oltre i confini italiani, del trattamento di alcuni temi chiave della politica del nuovo millennio: la crisi finanziaria e le sue conseguenze sociali, i movimenti migratori e le reazioni che hanno prodotto, l ’ emergenza climatica e gli interventi ambientali ed energetici a questa collegati, la politica del lavoro (dal reddito di cittadinanza al salario minimo). 20 Una oggettiva debolezza della politica italiana attuale sta proprio nel respiro corto, locale e nazionale, delle analisi; nonostante la globalizzazione, c ’ è scarsa attenzione alla dimensione europea e internazionale del dibattito, tanto ideologico quanto pratico; di riflesso, anche i mass media sono pesantemente condizionati da agende imposte dall ’ esterno, e dunque, inevitabilmente, gli studi dei linguisti appaiono perlopiù circoscritti all ’ ambito nazionale, mentre sono convinto che analisi contrastive darebbero risultati interessanti e forse meno ripetitivi o prevedibili. 21 La seconda è l ’ esame analitico delle tecniche di strumentalizzazione ottenute, nel discorso politico, con mezzi linguistici, 20 Per limitarmi solo agli ultimi due temi e con la cautela per il dato numerico assoluto, spiccano in CdP l ’ assenza di parole come eolico e fotovoltaico, e le sole 4 occorrenze di solare riferito all ’ energia, contro le 23 attestazioni di nucleare; la parola salario ha solo 12 occorrenze, di cui solo 3 riferite al salario minimo; solo il M5S ha sostenuto la battaglia per il reddito minimo (peraltro di cittadinanza, che dunque esclude chi non è ancora cittadino italiano), formula che tuttavia compare nel corpus solo 10 volte. Per dare un ’ idea di come si sia spostato nel tempo il peso di alcune parole chiave del dibattito politico-economico del secondo dopoguerra, welfare compare in CdP ben 48 volte. 21 Mi limito a citare solo alcuni esempi di studi in prospettiva contrastiva europea comprendenti anche l ’ Italia: i saggi sull ’ identità europea nei media raccolti in Bayley 2012, gli studi sul discorso della crisi in Pietrini/ Wenz 2016 e in Pietrini 2020; più circoscritto Gualdo/ Telve 2020, dove si esamina il lessico dell ’ immigrazione nel linguaggio legislativo italiano recente. Un efficace esempio di riflessione ad ampio spettro sul linguaggio politico è Wodak/ Forchtner 2018. Riccardo Gualdo Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» 21 soprattutto - oggi - sfruttando i meccanismi dell ’ implicito. 22 In entrambi i casi, la creazione di corpora, auspicabilmente annotati e bilanciati, potrà garantire un ’ analisi paragonabile a quelle condotte negli ultimi anni in altre nazioni (Francia e Germania soprattutto). 23 Abstract. Vulgär, unehrlich, inkompetent: So wurden in den letzten Jahren die Reden von Politikern und sogar italienische Politiker selbst von Journalisten, Sprachwissenschaftlern und Politikwissenschaftlern beschrieben. Der Wendepunkt scheint in den drei Jahren zwischen 2007 und 2009 zu liegen, als die politische Landschaft in Italien die grellsten Farben des Populismus anzunehmen drohte. In jenen Jahren sind sehr unterschiedliche Bewegungen und Kräfte entstanden, die jedoch einige gemeinsame Merkmale aufweisen: der direkte Appell an das Volk, die Intoleranz gegenüber den Mechanismen der parlamentarischen Vertretung, die enge Beziehung zwischen Anhängern und einem charismatischen Leader. In diesem Beitrag geht der Verfasser der Frage nach, ob diese Darstellung der politischen Kommunikation eine wirkliche Neuheit darstellt oder ob sie nicht vielmehr das Ergebnis längerer Prozesse in der Geschichte der italienischen Politik und ihrer Sprache ist. Um diese Frage zu beantworten, liefert der Verfasser eine konzise Beschreibung des Profils der politischen Sprache in Italien in den letzten 10 - 15 Jahren und konzentriert sich auf ihre Entwicklung und die aktuellen Tendenzen, indem er auf geschriebene bzw. transkribierte Texte und ein Korpus von Parlamentsreden aus den letzten Legislaturperioden zurückgreift. Summary. Vulgar, dishonest, incompetent: in recent years Italian politicians and their speeches have been described as such by journalists, linguists and political scientists. The turning point seems to date back to the three-year period from 2007 to 2009, when the political landscape in Italy appears to have taken on the most vivid colours of populism. These years saw the emergence of political movements and forces very different from each other, but which had some common characteristics: direct appeal to the people, intolerance for parliamentary repre- 22 In gran parte dedicato alla propaganda politica è lo studio di Lombardi Vallauri 2019; analizza l ’ uso persuasivo dell ’ anafora, anche in testi politici, Palermo 2020. 23 Da una sezione del corpus di italiano parlato radiotelevisivo CordiTus sono tratti gli studi e il lemmario politico raccolti in Petrilli 2015; basate su corpora costruiti con il programma TalTac 2 sono le ricerche raccolte in Ondelli 2021. Meritorio, anche perché fondato sulla combinazione di competenze statistiche, linguistiche e politologiche, il lavoro di Luca Giuliano sul corpus “ Parola di leader ” (discorsi parlamentari repubblicani dal 1948 al 2008) allestito anche con l ’ aiuto di altri ricercatori (cfr. Giuliano/ Villani 2015), e dal 2020 liberamente consultabile in rete nella Stazione lessicografica dell ’ Accademia della Crusca (http: / / www.stazionelessicografica.it). Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» Riccardo Gualdo 22 sentation rules, and a close relationship between supporters and a charismatic leader. In this paper the author wonders whether this representation of political communication reflects real new features or if it is rather the result of some longer processes in the history of Italian politics and its language. To answer this question, the author proposes a synthetic profile of political language in Italy over the last 10 - 15 years and focuses on its evolution and current trends, using written or transcribed texts and a corpus of parliamentary speeches from the last legislatures. Bibliografia Antonelli, Giuseppe: Volgare eloquenza, Roma/ Bari: Laterza 2017. Arcangeli, Massimo (ed.): Il Renziario, Roma: Castelvecchi 2018. Arcangeli, Massimo (ed.): Il Salvinario, Roma: Castelvecchi 2019. Basile, Grazia: «Le parole alle madri della Repubblica. I discorsi delle donne della Costituente», in: Thornton, Anna Maria/ Voghera, Miriam (eds.), Per Tullio De Mauro. Studi offerti dalle allieve in occasione del suo 80° compleanno, Roma: Aracne 2012, pp. 13 - 33. Bayley, Paul (ed.): European Identity: What the Media Say, Oxford: Oxford Univ. Press 2012. Capaci Bruno/ Spassini Giuditta (eds.): Ad populum. Parlare alla pancia: retorica del populismo in Europa, Bologna: I Libri di Emil 2016. Cedroni, Lorella: Politolinguistica. L ’ analisi del discorso politico, Roma: Carocci 2014. Colombo, Michele: «Populism in Italy Before 1992. An Analysis of Parliamentary Speeches by Guglielmo Giannini, Marco Pannella, and Umberto Bossi», in stampa. Cortelazzo, Michele A.: Il linguaggio della politica, Firenze/ Roma: Accademia della Crusca - GEDI 2017. Cortelazzo, Michele A./ Tuzzi, Arjuna: Messaggi dal Colle. I discorsi di fine anno dei presidenti della Repubblica, Venezia: Marsilio 2007. Cosenza, Giovanna: Spotpolitik. Perché la «casta» non fa comunicazione, Roma/ Bari: Laterza 2012. Dell ’ Anna, Maria Vittoria: L ’ italiano della politica, Roma: Carocci 2010. Desideri, Paola: «Dal balcone ai social network: aspetti linguistici e retorici del discorso populista italiano», in: Capaci Bruno/ Spassini Giuditta (eds.), Ad populum. Parlare alla pancia: retorica del populismo in Europa, Bologna: I Libri di Emil 2016, pp. 41 - 70. Desideri, Paola: «Linguaggi politici della delegittimazione», in: Baldi, Benedetta (ed.), La delegittimazione politica nell ’ età contemporanea. Vol. 2. Parole nemiche: teorie, pratiche, linguaggi, Roma: Viella 2017, pp. 261 - 286. Di Benedetto, Chiara: «Sessant ’ anni di discorsi programmatici governativi (1948 - 2008): tra ritualità e cambiamento», in: Lid ’ O - Lingua Italiana d ’ Oggi, VII/ 2010, pp. 117 - 145. Ferrero, Luca: «Il tempo dell ’ apodittico. Ordine del discorso sulle politiche economiche europee», in: Capaci Bruno/ Spassini Giuditta (eds.), Ad populum. Parlare alla pancia: retorica del populismo in Europa, Bologna: I Libri di Emil 2016, pp. 145 - 168. Gallino, Luciano: Finanzcapitalismo, Torino: Einaudi 2011. Riccardo Gualdo Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» 23 Giansante, Gianluca: Le parole sono importanti. I politici italiani alla prova della comunicazione, Roma: Carocci 2011. Giuliano, Luca/ Villani, Paola (eds.): Il linguaggio della leadership politica tra la prima e la seconda Repubblica. Problemi di metodo e linee di ricerca, Roma: Camera dei deputati 2015. Gualdo, Riccardo: «Il linguaggio politico», in: Trifone, Pietro (ed.), Lingua e identità. Una storia sociale dell ’ italiano. Nuova edizione, Roma: Carocci 2009, pp. 235 - 262. Gualdo, Riccardo: «La politica dal turpiloquio alla sobrietà», in: Lingua Italiana Magazine, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, 25 gennaio 2012: https: / / www.treccani.it/ magazine/ lingua_italiana/ speciali/ lingua/ Gualdo.html. Gualdo, Riccardo: «Le parole della politica (1993 - 2013)», in: Studium 109/ III (2013), pp. 469 - 478 (2013 a). Gualdo, Riccardo: «Beppe Grillo, a parole sue», in: Limes, anno 21, n. 4, maggio 2013 («L ’ Italia di nessuno»), pp. 116 - 120 (2013 b). Gualdo, Riccardo: «Politolinguistik in Italien (1994 - 2013)» in: Niehr, Thomas/ Kilian, Jörg/ Wengeler, Martin (eds.), Handbuch Sprache und Politik, Bremen: Hempen Verlag 2017, pp. 1200 - 1212. Gualdo, Riccardo: Anglicismi, Milano: RCS MediaGroup S. p. A. 2019. Gualdo, Riccardo: «Euroenthusiasten werden zu Euroskeptikern: Die Wende in der italienischen Politik von 2011 bis heute», in: Aptum, 17/ 1 (2021), Politolinguistik kontrastiv, pp. 15 - 38. Gualdo, Riccardo/ Telve, Stefano: «Lavoro, cittadinanza, diritti: l ’ immigrazione nel discorso giuridico italiano», in: Pietrini, Daniela (ed.): Il discorso sulle migrazioni. Approcci linguistici, comparativi e interdisciplinari, Berlin etc.: Peter Lang 2020, pp. 57 - 76. Heinisch, Reinhard C./ Holtz-Bacha, Christina/ Mazzoleni, Oscar (eds.), Political Populism. A Handbook, Baden-Baden: Nomos 2017. Librandi, Rita/ Piro, Rosa (eds.): L ’ italiano della politica e la politica per l ’ italiano, Atti del XI Congresso ASLI (Napoli, 20 - 22 novembre 2014), Firenze: Franco Cesati 2016. Lombardi Vallauri, Edoardo: La lingua disonesta. Contenuti impliciti e strategie di persuasione, Bologna: il Mulino 2019. Novelli, Edoardo: La turbopolitica. Sessant ’ anni di comunicazione politica e di scena pubblica in Italia 1945 - 2005, Milano: Rizzoli 2006. Ondelli, Stefano (ed.): Populismi, rottamazioni e social media: esempi recenti della comunicazione politica in Italia, Trieste: EUT 2021. Palermo, Massimo: «Anafore pragmatiche e persuasione», in: La lingua italiana, XVI/ 2020, pp. 77 - 89. Petrilli, Raffaella (ed.): La lingua politica. Lessico e strutture argomentative, Roma: Carocci 2015. Pietrini, Daniela/ Wenz, Kathrin (eds.): Dire la crise: mots, textes, discours [. . .], Berlin etc.: Peter Lang 2016. Pietrini, Daniela: «Il vero virus e l ’ unico vaccino: metafore vecchie e nuove in tempo di covid», in: Lingua Italiana Magazine, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, 23 aprile 2021 https: / / www.treccani.it/ magazine/ lingua_italiana/ articoli/ scritto_e_parlato/ vero_vi rus.html. Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» Riccardo Gualdo 24 Pietrini, Daniela (ed.): Il discorso sulle migrazioni. Approcci linguistici, comparativi e interdisciplinari, Berlin etc.: Peter Lang 2020. Pistolesi, Elena: «Scritture digitali», in: Antonelli, Giuseppe/ Motolese, Matteo/ Tomasin, Lorenzo (eds.), Storia dell ’ italiano scritto. III. Italiano dell ’ uso, Roma: Carocci 2014, pp. 349 - 375. Reisigl, Martin: «Österreichischer Rechtspopulismus im Zeitalter von Mediendemokratie und medialer Erlebnisgesellschaft», in: Januschek, Franz/ Reisigl, Martin (eds.), Populismus in der digitalen Mediendemokratie, Duisburg: Univ. - Verl. Rhein-Ruhr 2014, pp. 71 - 100. Serianni, Luca: «Presentazione», in: Novelli, Silverio/ Urbani, Gabriella, Dizionario Italiano. Parole nuove della Seconda e Terza Repubblica, Roma: Datanews 1995, pp. 7 - 10. Serianni, Luca: «Un linguaggio politico alto e altro. I discorsi dei presidenti del Consiglio dal 1946 al 2018», in: Lid ’ O - Lingua Italiana d ’ Oggi, XIII/ 2018 (ma 2020), pp. 27 - 45. Spina, Stefania: Openpolitica. Il discorso dei politici italiani nell ’ era di Twitter, Milano: Franco Angeli 2012. Spina, Stefania: Fiumi di parole. Discorso e grammatica delle conversazioni scritte in Twitter, Loreto: Streetlib 2016. Spoladore, Daniele: «La comunicazione politica sui social network: un ’ analisi linguistica», in: Italiano LinguaDue, 6/ 2014, pp. 202 - 231. Tarchi, Marco: Italia populista. Dal qualunquismo a Beppe Grillo, Bologna: il Mulino 2015. Virilio, Paul: Velocità e politica: saggio di dromologia, Milano: Multhipla 1981 (ed. or. 1977). Wodak, Ruth (et al.) (eds.): Right-Wing Populism in Europe. Politics and Discourse, London: Bloomsbury Academic 2013. Wodal, Ruth/ Forchtner, Bernhard (eds.): The Routledge Handbook of Language and Politics. London: Routledge 2018. Riccardo Gualdo Come siamo diventati populisti: la lingua politica italiana della «terza Repubblica» 25