Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.24053/Ital-2022-0005
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2022
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Fesenmeier Föcking Krefeld OttStrategie argomentative dei leader politici italini nelle lettere ai giornali
91
2022
Cristiana de Santis
Jessy Simonini
In den Jahren des Übergangs von der Zweiten zur Dritten Republik scheint der politische Diskurs vom Gebot beherrscht zu sein, die Gemüter zu erregen. Wie in den jüngsten Studien über das Italienische in der Politik (Librandi und Piro 2016, Cortelazzo 2016, Antonelli 2017, Ondelli 2021) festgestellt wurde, sind die Instrumente, mit denen dieses Ziel erreicht wird, durch einen Anstieg des Anteils an Polemik gekennzeichnet, der mit einem drastischen Absinken des Registers in den Reden der politischen Führungsfiguren einhergeht, insbesondere dann, wenn diese der face-to-face Interaktion oder der kommunikativen Dynamik der sozialen Medien überlassen werden. In diesem Sinne scheinen Briefe, die an Zeitungen geschrieben werden, um die eigenen politischen Positionen klarzustellen oder um auf polemische Vorstöße der Zeitung selbst zu reagieren, eine Ausnahme zu bilden. Es handelt sich hierbei jeweils um einen kurzen, argumentativen Text mit einem ebenso breiten wie unbestimmten Adressatenkreis. Ein solcher Brief ist besonders dazu geeignet, sich in der politischen Debatte zu entscheidenden Fragen zu positionieren oder sich nach Vorfällen oder Äußerungen, die die eigene Glaubwürdigkeit unterminiert haben, oder im Hinblick auf mögliche Veränderungen der Kräfteverhältnisse politisch neu zu positionieren. In diesem Beitrag werden die Briefe von vier Protagonisten der italienischen Politik (Silvio Berlusconi, Matteo Renzi, Giorgia Meloni und Matteo Salvini) untersucht, wobei die Analyse unter Rückgriff auf die für die französische Schule typischen Instrumente der Diskursanalyse erfolgt.
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CRISTIANA DE SANTIS/ JESSY SIMONINI Strategie argomentative dei leader politici italiani nelle lettere ai giornali 1 1. Introduzione Il discorso politico, negli anni che hanno segnato il passaggio dalla Seconda a quella che - almeno su un piano linguistico - potrebbe essere definita Terza Repubblica, appare dominato dall ’ imperativo di ‘ scuotere gli animi ’ . Come è stato evidenziato negli studi più recenti sulla lingua politica italiana (Librandi e Piro 2016, Cortelazzo 2016, Antonelli 2017, Ondelli 2021), gli strumenti con cui tale obiettivo viene raggiunto appaiono caratterizzati da un innalzamento del tasso polemico cui corrisponde un drastico abbassamento del registro (con tendenza crescente al turpiloquio e ricorso a insulti verbali e gestuali), anche nel contesto di scambi non dialogici. Se in un primo momento, e in bocca ad alcuni esponenti di movimenti ‘ antipolitici ’ , il ricorso alla volgarità si inscriveva nel tentativo di rilanciare una parola autentica, lontana dagli eufemismi e dalle manipolazioni del potere, presto questa tendenza si è trasformata in uno strumento generalizzato di delegittimazione dell ’ avversario politico o, più in generale, di determinati gruppi sociali. Una simile retorica ‘ negativa ’ , la cui circolazione è amplificata dai nuovi media, ha acquistato connotati particolari in occasione di alcuni momenti recenti che hanno visto polarizzarsi lo scontro politico, come il dibattito sulle politiche migratorie e sui diritti civili o l ’ emergenza sanitaria legata alla pandemia. Sebbene i leader politici italiani affidino più volentieri il loro discorso alle dinamiche discorsive ‘ volatili ’ dei social media, la forma di comunicazione che prenderemo in esame in questo lavoro, la lettera al giornale, mostra un ’ espressione caratterizzata da un registro più alto e dal ricorso a strategie retoriche tipiche del discorso istituzionale (Krieg-Planque 2012). DOI 10.24053/ Ital-2022-0005 1 Gli autori hanno elaborato e discusso insieme l ’ intero lavoro e scritto a quattro mani l ’ Introduzione e le Conclusioni. A Cristiana De Santis vanno attribuiti i parr. 2 e 3, a Jessy Simonini i parr. 4 e 5. I titoli dei paragrafi, che riprendono versi celebri della Divina Commedia, sono un omaggio a Dante Alighieri nell ’ anno del settimo centenario dalla morte del poeta, anche alla luce del recupero in chiave retorica di questa figura autoriale. Ad esempio Giorgia Meloni, in occasione del Dantedì organizzato dal Ministero della Cultura nel marzo 2021, dichiara in un video diffuso sui canali social: «Dante è autenticamente nostro, autenticamente italiano, autenticamente cristiano. Dante è il padre della nostra identità». 26 La lettera al direttore, testo poco praticato nella comunicazione politica della Prima Repubblica, ha conosciuto negli ultimi due decenni una sempre maggiore diffusione nelle testate giornalistiche italiane, in concomitanza con una tendenza alla disintermediazione che permette di aggirare forme quali l ’ intervista e il confronto pubblico per privilegiare un ’ argomentazione monodirezionale, che riduca al minimo le possibilità di replica diretta e immediata. L ’ obiettivo dell ’ analisi - condotta con gli strumenti offerti dall ’ analyse du discours di scuola francese (Angenot 1982, Chareaudeau 2005, Moirand 2007, Amossy 2012 e 2014, Maingueneau 2017) - è quello di cogliere alcune delle strategie argomentative dei principali leader politici italiani, al di là degli eccessi dell ’ oratoria legata a situazioni di confronto/ scontro (dentro e fuori le aule parlamentari) e delle dinamiche discorsive di botta e risposta sollecitate dai nuovi media. La lettera al giornale, infatti, per la sua natura di testo scritto rivolto a un largo pubblico, oltre che per le dimensioni ridotte dello spazio riservatole, richiede una costruzione calibrata dell ’ argomentazione e scelte linguistiche sorvegliate, anche da parte di politici più propensi alla comunicazione orale o a forme di scritto trasmesso ad alto tasso polemico. D ’ altra parte, l ’ apertura dialogica tipica del genere epistolare nulla toglie alla natura monologica del discorso, che lascia allo scrivente ampi margini per pianificare la propria argomentazione e costruire un ’ immagine di sé adeguata all ’ obiettivo che si prefigge. Le prime due lettere che analizzeremo sono indirizzate da due protagonisti della politica italiana, Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, a testate ad alta diffusione (rispettivamente il Corriere della sera e La Repubblica) corrispondenti all ’ orientamento politico, più o meno conservatore, del pubblico dal quale ci si attende una legittimazione. Le successive (a firma rispettivamente di Giorgia Meloni e Matteo Salvini) nascono in risposta a una sollecitazione polemica arrivata direttamente o indirettamente dal giornale al quale il leader o la leader risponde impegnandosi in uno scambio dialettico teso a decostruire l ’ argomentazione altrui e contrapporre una diversa narrazione. 2. «Libertà va cercando»: la posa istituzionale del Cavaliere Inizieremo il nostro ragionamento da un testo che ci pare segnare, per autorialità e strategie autoritative, lo stacco e insieme la continuità discorsiva tra la Seconda Repubblica e ‘ il nuovo che avanza ’ . Si tratta di una lettera inviata da Silvio Berlusconi il 26 luglio 2021 al direttore del Corriere della sera, 2 storico quotidiano 2 Il testo completo è reperibile al sito: https: / / www.corriere.it/ politica/ 21_luglio_26/ silvioberlusconi-opporsi-vaccini-non-liberta-all-italia-serve-massima-coesione-21b8ef62-ee4d -11eb-b806-66e6aa5ff564.shtml. Cristiana De Santis/ Jessy Simonini Strategie argomentative dei leader politici italiani 27 italiano a diffusione nazionale, di area moderata. Inserendosi nel dibattito sull ’ obbligatorietà dei vaccini, il leader di Forza Italia coglie l ’ occasione per fare un bilancio della propria parabola politica, rivendicare la bontà delle proprie scelte a livello nazionale nonché il ruolo di leadership a livello europeo condiviso con un ’ altra figura politica di riferimento, indicata con l ’ appellativo paternalistico «la signora Merkel»: Quella che l ’ Italia e il mondo stanno attraversando sarà ricordata dagli storici del futuro come la prima grave crisi mondiale del 21° secolo, forse la prima in assoluto nella storia ad avere davvero caratteristiche globali. [. . .] non c ’ è angolo del mondo, neppure il più remoto, che sia esente dalle conseguenze di un dramma sanitario che si è tradotto in un disastro economico dalle conseguenze anche umanitarie che potrebbero essere ancora più gravi. A ciò si aggiunge, a differenza del passato, l ’ assenza di chiare leadership di caratura internazionale. [. . .] In Europa, con l ’ addio della signora Merkel viene meno l ’ ultima figura politica di riferimento, riconosciuta come tale anche dagli avversari. In questo contesto così difficile, un Paese fragile come l ’ Italia avrebbe bisogno della massima unità possibile. È quello che abbiamo provato a realizzare, prendendo per primi l ’ iniziativa di un governo di emergenza, che raggiungesse il massimo di unità possibile, che consentisse di mettere al servizio del Paese le persone e le politiche di più alto livello, andando al di là degli interessi di parte. È in questo spirito che abbiamo voluto Mario Draghi alla presidenza del Consiglio [. . .]. Non siamo pentiti delle scelte fatte, il governo sta dando una risposta di alto profilo sia sotto il profilo sanitario, con un ’ adeguata campagna vaccinale come quella che avevamo chiesto, sia sotto quello della lotta alla crisi economica, con un PNRR credibile che ci consentirà di utilizzare al meglio le ingenti risorse che l ’ Europa ha messo a nostra disposizione (me ne sono occupato personalmente con i maggiori leader europei). In questa prima parte della lettera, Berlusconi ricorre a immagini che evocano la gravità della situazione di «crisi» in cui versa un Paese «fragile» sullo sfondo di un «dramma sanitario che si è tradotto in un disastro economico» di portata «mondiale» (aggettivo che fornisce l ’ occasione per sfiorare anche la metafora bellica abusata in contesto pandemico, e non solamente nel discorso politico: Grandi e Piovan 2020, Elia 2020, Pietrini 2021). La mossa discorsiva appare in continuità con la retorica berlusconiana della ‘ discesa in campo ’ , 3 che prevede un 3 Come nota Zagrebelsky (2010: 14), al di là della metafora sportiva della discesa in campo, lo ʻ scendere (in politica) ’ è un elemento centrale della narrazione berlusconiana e della costruzione dell ’ ethos discorsivo di un leader che si presenta come benefattore e rivendica un fondamento di legittimità alle proprie aspirazioni in quanto esterno alla politica come Strategie argomentative dei leader politici italiani Cristiana De Santis/ Jessy Simonini 28 movimento di discesa (provvidenziale) dall ’ alto motivata dal «contesto così difficile». Il ricorso sistematico a frasi pseudoscisse (l ’ incipitaria «Quella che l ’ Italia e il mondo stanno attraversando . . .») e scisse («È quello che abbiamo provato a realizzare . . .», a inizio di capoverso, seguita da «È in questo spirito che . . .») collabora a mettere a fuoco e a scandire i punti centrali della argomentazione ‘ autoritativa ’ che sorregge la premessa e pone le basi per la credibilità delle affermazioni successive: la responsabilità di primo piano nella creazione di un governo di emergenza, l ’ individuazione di una guida di alto livello nella persona di Mario Draghi e la partecipazione alle scelte in materia di politica sanitaria ed economica sono i tre pilastri sui quali si basa la seconda parte della lettera, che affronta il tema dell ’ obbligo vaccinale. La costruzione del discorso in questa prima parte della lettera si affida a tipiche risorse del linguaggio autoritario (De Santis 2016), a partire dal ‘ noi ’ maiestatis, che vira però verso l ’ io nella parentetica che segue («me ne sono occupato personalmente . . .»), a rivendicare il proprio protagonismo sulla scena economica internazionale. Da notare anche l ’ uso di avverbi focalizzatori («anche umanitarie», «così difficile») e il ricorso a espressioni che intensificano aggettivi («la prima in assoluto . . .», «neppure il più remoto . . .», «ancora più gravi») o sostantivi («la massima unità possibile», «il massimo di unità possibile») con l ’ effetto di assolutizzare il dettato. All ’ effetto di verità contribuisce la geometria dei periodi, con parallelismi di frasi («sia . . . sia») e rilievi studiati che coincidono con le strutture marcate. Queste stesse strategie ritornano nella seconda parte della lettera: Bisogna continuare a lavorare su questa strada, nel modo più unito possibile. Per questo sono preoccupato dal fatto che il Paese si stia dividendo nella più assurda delle polemiche, quella sui vaccini. È del tutto illogico dare una caratura ideologica o politica ad una questione che è prettamente scientifica. Non parlo solo del green pass, che è una misura di buon senso alla quale noi siamo assolutamente favorevoli così com ’ è, ma che — come ogni strumento — naturalmente può essere discusso e migliorabile come legittimamente chiedono i nostri alleati. Parlo proprio del fatto che — se la grande maggioranza degli italiani è fortunatamente consapevole della necessità e dell ’ importanza del professione: «quando si fanno valere storie, competenze e virtù maturate in altre sfere. La politica non è, allora, una professione, ma una missione». Il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, del resto, non comporta solo il passaggio dal ‘ politichese ’ al ‘ gentese ’ , ma determina un cambiamento nel paradigma dell ’ autorità per cui alla superiorità dell ’ anteriore sul posteriore subentra il «luogo del nuovo», ovvero il cambiamento inteso come valore (Santulli 2005: 124), che può ovviamente giungere alla contestazione della politica tradizionale e all ’ antipolitica. Cristiana De Santis/ Jessy Simonini Strategie argomentative dei leader politici italiani 29 vaccino, non solo come mezzo di protezione individuale, ma come strumento per tutelare la collettività e il diritto degli altri a non essere contagiati — esiste però una minoranza non irrilevante e molto rumorosa che contesta tutto questo. Cattiva informazione, pseudo-scienza, paure irrazionali fomentate dalla babele di messaggi veicolati dai social, voglia di strumentalizzazione politica ma anche — dobbiamo riconoscerlo — la comunicazione confusa e contraddittoria di parte del mondo scientifico attratto dalla ribalta televisiva, hanno creato una miscela pericolosa. Qui l ’ intensificazione costante degli aggettivi («nel modo più unito possibile», «la più assurda delle polemiche», «del tutto illogico», «assolutamente favorevoli») si accompagna a un uso ricorrente e percussivo degli avverbi in -mente (oltre al citato assolutamente, 4 naturalmente, fortunatamente, tipicamente . . .). Il parallelismo sintattico a distanza crea campate più ampie («Non parlo solo . . . Parlo proprio . . .»; «se la maggioranza . . . esiste però una minoranza . . .») che inglobano anche elenchi («cattiva informazione, pseudo-scienza . . .») e incisi di commento («come ogni strumento», «dobbiamo riconoscerlo») - questi ultimi usati anche per inserire ampie concessive («se la grande maggioranza degli italiani . . .»). È ancora una frase pseudoscissa («La cosa che più mi rattrista. . .») a introdurre il penultimo capoverso, politicamente il più significativo, incentrato sul concetto di «libertà»: La cosa che più mi rattrista — avendo dedicato tutta la mia vita a battaglie di libertà — sono le parole di chi fa dell ’ opposizione ai vaccini e al green pass, ma anche all ’ obbligo delle mascherine e del distanziamento, una questione di libertà. Come se quella di non vaccinarsi, di non adottare elementari cautele, fosse una scelta che non ha conseguenze sugli altri. Come se non esistesse, fra i diritti tipicamente liberali, quello all ’ integrità della persona, e quindi ad andare al ristorante, a prendere l ’ aereo, a partecipare ad uno spettacolo o a una manifestazione sportiva senza il rischio di essere contagiati. [. . .] Forte di una storia politica più che ventennale nel corso della quale ha brandito come vessillo la parola libertà, manipolandola in vario modo 5 - declinata al 4 Assolutamente è un avverbio sul quale si sofferma Zagrebelsky (2010: 44 s.) sottolineandone, al di là del carattere di moda linguistica, il valore categorico, di certezza unica, che può assumere nel discorso politico: «L ’ assoluto [. . .] comanda e pretende obbedienza, assolutamente [. . .]». Assoluto riconduce appunto «a un modo bellico di pensare i rapporti tra gli esseri umani e di concepire la vita sociale e politica» (ibidem) coerente con la concezione di fondo della ‘ discesa in campo ’ . 5 Di «manomissione delle parole» parla Gianrico Carofiglio (2010: 43 ss.) a proposito della parola libertà evocando esplicitamente un discorso pubblico in cui Berlusconi, ricalcando la struttura del Credo cattolico, elenca tutte le forme di libertà (da quella di pensiero e di Strategie argomentative dei leader politici italiani Cristiana De Santis/ Jessy Simonini 30 plurale, trasformata in slogan e integrata nel nome del suo partito, il Polo delle Libertà - Berlusconi fa appello a un ethos pre-discorsivo (l ’ immagine di sé come campione delle «battaglie di libertà») 6 con un obiettivo esplicito: richiamare i cittadini alla corretta interpretazione del concetto in chiave liberale (si veda il riferimento al diritto «all ’ integrità della persona» con le sue declinazioni) e all ’ opportunità di evitare collocazioni inappropriate del termine («libertà di non vaccinarsi») e paragoni azzardati e offensivi (la stella gialla, che rinvia alla «più grande tragedia del XX secolo»). Un paragone più adeguato (introdotto da «È come») è suggerito da Berlusconi stesso con il divieto di fumo introdotto da un suo precedente governo: un richiamo a quel ‘ fare ’ che ha costituito la base dell ’ autorità del leader nella sua vicenda politica, 7 qui rinforzato dal ricorso all ’ argomento dell ’ anteriorità, del ‘ già fatto ’ : Ovviamente a nessuno si può imporre il vaccino, nonostante ogni evidenza lo consigli, ma chi decide di non vaccinarsi non può imporre le conseguenze della sua scelta agli altri e deve accettare le limitazioni che ne derivano, per la tutela della salute delle altre persone. È come il divieto di fumo nei luoghi pubblici, che fu il nostro governo a volere [. . .]. Segue una proposta riassuntiva, una sorta di appello politico, in forma di tricolon («Sui vaccini insomma sono necessari senso di responsabilità, unità nazionale, nessuna strumentalizzazione politica») che scivola nel finale su un rassicurante luogo comune («la luce in fondo al tunnel»). Per questo molto opportunamente Forza Italia chiede l ’ obbligo vaccinale in un settore delicato come la scuola, nel quale potrebbe essere in pericolo la possibilità stessa della ripresa della didattica in presenza, fondamentale per il processo formativo dei nostri ragazzi. Sui vaccini insomma sono necessari senso di responsabilità, unità nazionale, nessuna strumentalizzazione politica. Altrimenti rischiamo di spegnere la luce che comincia a vedersi in fondo al tunnel. Interessante osservare, in questa ultima parte della lettera, l ’ abilità di dosaggio e negoziazione della modalità deontica: da un lato ciò che è «necessario», l ’ «obbligo» esigibile; dall ’ altro ciò che non si può «imporre» o «vietare», con il ricorso espressione a quella di impresa e di mercato), equiparando di fatto libertà e liberismo e disarticolando il nesso tra rispetto delle leggi e libertà. 6 Andrà qui notato che, se nella retorica berlusconiana la libertà era presentata più spesso come un valore in absentia, ancora da raggiungere (Galli de ’ Paratesi/ Bolasco/ Giuliani 2006 cit. in Dell ’ Anna 2017 online), qui diventa un valore acquisito da difendere. 7 Cfr. nota 3. Cristiana De Santis/ Jessy Simonini Strategie argomentative dei leader politici italiani 31 all ’ argomento dell ’ evidenza - evocato, insieme con il buon senso, quale argomento a favore della scelta di vaccinarsi. Questa lettera, per forma, contenuti ed ethos discorsivo, esemplifica continuità e discontinuità nelle modalità comunicative da parte del principale protagonista della Seconda Repubblica, proiettato in una Terza Repubblica nella quale, messa da parte l ’ attitudine allo scontro, gli eccessi verbali e il lessico emotivo (cui pure pertengono espressioni come «mi rattrista» e «preoccupato»), aspira ad assumere un ruolo di saggio candidabile al Quirinale. Un elemento di continuità rispetto al passato è sicuramente l ’ «uso autoriflessivo dell ’ argomento d ’ autorità» (Fedel 2003: 470), per cui Berlusconi oratore pone il proprio valore a garanzia delle proprie affermazioni, offre soluzioni di «buon senso» e parla a nome della «grande maggioranza degli italiani» nella convinzione di avere o poter portare dalla sua parte la corrente prevalente dell ’ opinione pubblica. In sintonia con i tempi è il richiamo all ’ autorità degli scienziati, il cui sapere tende a essere presentato dai politici come un dato oggettivo (Revault d ’ Allonnes 2018/ 2021: 142): tale richiamo viene qui realizzato indirettamente, attraverso il riconoscimento di un ’ evidenza («È del tutto illogico dare una caratura ideologica o politica ad una questione che è prettamente scientifica») e il ricorso all ’ antitesi (nella «pseudo-scienza» cui si appellerebbe una minoranza rumorosa di italiani), ma comunque ridimensionato dal riconoscimento del carattere «confuso» e «contraddittorio» della comunicazione in periodo pandemico da parte di un mondo scientifico ironicamente giudicato troppo sensibile alle luci della ribalta (televisiva) proprio da chi grazie a quel mezzo ha costruito la propria fortuna politica. Sicuramente, questa lettera mostra la volontà di Berlusconi di presentarsi come locutore non solo competente e autorevole ma benevolo e affidabile, capace di impegnarsi sì in un discorso di potere, ma di potere responsabile, in grado di far seguire alla diagnosi della gravità della situazione e all ’ annuncio dei rischi in vista la proposta di azioni da intraprendere per dare una risposta adeguata all ’ emergenza, nel rispetto di sensibilità diverse dalla propria (si veda in tal senso il riconoscimento della legittimità di discutere e migliorare alcuni provvedimenti, come la certificazione verde o green pass). 8 In definitiva, si può osservare l ’ assunzione da parte del Cavaliere di una postura maggiormente istituzionale e pienamente inserita nell ’ alveo delle istituzioni democratiche: gli attacchi non sono più rivolti a categorie ideologicamente riconosciute e riconoscibili (i comunisti, la sinistra/ questa sinistra, i magistrati) ma 8 Fedel (2003: 470 s.) parla in tal senso di «eticizzazione del sé nell ’ incontro comunicativo», che da un lato comporta l ’ ostentata dedizione alla causa comune, dall ’ altro l ’ espressione di un legame affettivo con gli elettori che rinforza la perentorietà delle asserzioni. Strategie argomentative dei leader politici italiani Cristiana De Santis/ Jessy Simonini 32 a quella che viene identificata come una minoranza di soggetti contrari ai vaccini: ‘ noi ’ e ‘ loro ’ sono allora ricalibrati - e il ‘ noi ’ maiestatis è mobile (rappresentativo ora della propria soggettività, ora di una più ampia comunità deprivata di ogni connotazione o orientamento politico). 3. «E il modo ancor m ’ offende»: Renzi da rottamatore a sabotatore La lettera scritta da Matteo Renzi al direttore del giornale La Repubblica il 30 ottobre 2021 9 affronta un altro tema che ha diviso anche al loro interno i diversi schieramenti politici in Italia negli ultimi tre anni: il dibattito intorno alla proposta di legge Zan, che avrebbe dovuto colmare un vuoto normativo inserendo tra le discriminazioni perseguibili (accanto a quelle su base etnica e religiosa menzionate dalla legge Mancino) anche quelle legate al sesso, al genere, all ’ orientamento sessuale e alla disabilità. Dopo un cammino contrastato e diversi passaggi parlamentari, la proposta di legge contro l ’ omotransfobia è arrivata alla battuta finale di arresto con la bocciatura in Senato a scrutinio segreto. Immediati gli attacchi e le illazioni, specie all ’ interno della sinistra moderata, sulle responsabilità dell ’ insuccesso e sulla provenienza politica dei ‘ franchi tiratori ’ che hanno votato col centrodestra contribuendo ad affondare la proposta. Il principale imputato, il senatore ed ex premier Matteo Renzi, leader del partito Italia Viva, scrive una lunga lettera alla principale testata di centro-sinistra per difendere la ricerca di un compromesso tra posizioni diverse e puntare il dito contro quelli che considera i reali colpevoli della sconfitta (i progressisti del partito democratico, che avrebbero sbagliato i conti), allontanando da sé il sospetto di essere stato il regista di un ’ operazione di sabotaggio destinata a creare una maggioranza parlamentare trasversale in previsione della prossima elezione del nuovo Capo dello Stato. Vediamone uno stralcio: Caro direttore, il triste epilogo del disegno di legge Zan divide per l ’ ennesima volta il campo dei progressisti in due. Da un lato i riformisti, che vogliono le leggi anche accettando i compromessi. Dall ’ altro i populisti, che piantano bandierine e inseguono gli influencer, senza preoccuparsi del risultato finale. I primi fanno politica, gli altri fanno propaganda. I fatti sono semplici. Il Ddl Zan era a un passo dal traguardo. [. . .] “ Se si andrà allo scontro, al muro contro muro, e si perderà a scrutinio segreto, avrete distrutto le vite di quei ragazzi ” , dicemmo allora. 9 Al sito https: / / www.repubblica.it/ politica/ 2021/ 10/ 30/ news/ italia_viva_lettera_matteo_ renzi_pd-324297494/ è reperibile il testo completo della lettera. Cristiana De Santis/ Jessy Simonini Strategie argomentative dei leader politici italiani 33 Esattamente ciò che è accaduto. Il Pd ha deliberatamente scelto di rischiare sulla pelle delle persone omosessuali, transessuali, con disabilità. I dirigenti Dem hanno preferito scrivere post indignati sui social anziché scrivere leggi in Gazzetta Ufficiale. E naturalmente si è scatenata la campagna di aggressione contro chi proponeva il compromesso, a cominciare da Italia Viva. Non è un caso che l ’ unica legge a favore della comunità omosessuale mai approvata in Italia sia stata quella delle unioni civili, figlia del compromesso e della scelta di mettere la fiducia fatta dall ’ allora governo. Fino ad allora e dopo di allora la sinistra preferiva e anche oggi preferisce riempire le piazze, fare i cortei, cullarsi nella convinzione etica di rappresentare i buoni, il popolo, contro i cattivi, il Parlamento. [. . .] È vero, ci sono state decine di franchi tiratori [. . .]. Ma al di là di tutto, resta il fatto che la legge è fallita per colpa di chi ha fatto male i conti e ha giocato una battaglia di consenso sulla pelle di ragazze e ragazzi che non si meritavano questa ferita. Rinunciare al compromesso possibile per sognare la legge impossibile è stata una scelta sbagliata, figlia dell ’ incapacità politica del Pd e dei Cinque Stelle. La sbandierata presunta superiorità morale, il rifiuto aprioristico di qualsiasi mediazione, la scelta di mettersi a posto la coscienza senza sporcarsi le mani: queste le caratteristiche di una sinistra che, in tutto il mondo, fa prevalere l ’ ansia di visibilità mediatica e social alla fatica dei risultati concreti. Noi siamo altrove. [. . .] Nel testo si riconoscono alcune strategie retoriche tipiche dell ’ oratoria renziana (cfr. De Santis 2016), come il ricorso all ’ argomento di autorità, sia pure in versione svecchiata (le citazioni vengono da due scrittori contemporanei: il compromesso secondo Amos Oz e il coraggio della verità intellettuale per Pier Paolo Pasolini), la riduzione della complessità a una serie di dicotomie («riformisti»/ «populisti», «politica»/ «propaganda», «scrivere leggi»/ «scrivere post», «fatica dei risultati»/ «ansia di visibilità», «compromesso possibile»/ «legge impossibile», fino al drastico «buoni»/ «cattivi»), il ricorso ai modi di dire («rischiare/ giocare una battaglia sulla pelle di qualcuno», «andare al muro contro muro», «uno schiaffo alla sensibilità», «i cori da stadio»), i residui di lessico emotivo («triste epilogo», «ferita»), il dosaggio dei tempi verbali finalizzato alla creazione di antitesi («allora»/ «oggi», «fino ad allora»/ «dopo di allora»/ «anche oggi», «otto mesi fa»/ «oggi») e di poliptoti temporali che danno l ’ illusione di coerenza e controllo delle vicende (si veda nel secondo capoverso la ricapitolazione degli antefatti che segue alla frase tematica «I fatti sono semplici») o di consequenzialità tra previsioni e fatti («Esattamente ciò che è accaduto»). Strategie argomentative dei leader politici italiani Cristiana De Santis/ Jessy Simonini 34 La polarizzazione dello scontro, che sul tema in oggetto dovrebbe riguardare soprattutto la destra e la sinistra, si fa qui contrapposizione interna allo schieramento dei progressisti, incentrata su visioni in apparenza opposte (se non altro in termini di proposta vs rifiuto di un compromesso con le forze antagoniste). L ’ attacco alle posizioni dell ’ avversario è realizzato tramite l ’ insistenza su verbi che attengono alla sfera semantica della responsabilità e della superficialità: «scegliere» (anche in combinazione con avverbi come «deliberatamente»), «preferire», «cullarsi» (in una convinzione), «rischiare», «giocare», «fare male i conti». Le «scelte sbagliate» sono sintetizzate da un tricolon: «La sbandierata presunta superiorità morale, il rifiuto aprioristico di qualsiasi mediazione, la scelta di mettersi a posto la coscienza senza sporcarsi le mani». A questo attacco ad hominem, che ha come obiettivo polemico il capo del PD Enrico Letta (già destinatario, nel 2014, del feroce tweet renziano #enricostaisereno), Renzi affianca la strategia retorica dell ’‘ amalgama ’ , un tipo di argomentazione che consiste nel riunire sotto un ’ unica categoria (quella deprecabile dei «populisti») un insieme di politici di orientamento diverso (i democratici di sinistra, apparentati non solo al Movimento 5 Stelle, ma all ’ intera compagine dei leader di destra). Torna nella lettera l ’ uso insistito del ‘ noi ’ renziano (De Santis e Simonini 2017) come io ampliato (noi partito), qui tenacemente esclusivo (in opposizione al fronte avverso rappresentato dal PD): «Noi siamo altrove». L ’ intera intelaiatura retorica della lettera, del resto, appare informata da un ethos polemico (Angenot 1982) che punta a risvegliare un pathos negativo nel pubblico dei lettori (ed elettori di centro-sinistra), a suscitare cioè il risentimento verso chi avrebbe impedito l ’ approvazione del disegno di legge, così da spostare l ’ indignazione finora rivolta al proprio partito su quello di Letta. La concessione alla ‘ tristezza ’ per il modo in cui la vicenda si è svolta (la scelta del voto segreto che ha consentito il tradimento da parte di alcuni) e conclusa (con cori da stadio da parte del centrodestra) e il rammarico per le conseguenze di un simile epilogo sulle persone coinvolte (etichettate come «ragazze e ragazzi») nulla tolgono alla nettezza della condanna dei presunti responsabili. Nonostante il testo abbia un carattere principalmente ‘ intrapolitico ’ , Renzi prova a spostare più in là il discorso allargandolo a scenari internazionali. Anche in questa lettera, come in quella di Berlusconi, compare infatti il tentativo di intessere un dialogo critico con le tendenze politiche emergenti nella sinistra democratica a livello europeo e non solo. Non manca, inoltre, l ’ uso autoriflessivo dell ’ argomento di autorità attraverso la rivendicazione della bontà del proprio operato come Presidente del Consiglio (nel riferimento alla legge sulle unioni civili). Al di là delle argomentazioni di autodifesa e di attacco, appare evidente come Renzi cerchi di riposizionarsi dopo l ’ epilogo di una vicenda complessa, e - di Cristiana De Santis/ Jessy Simonini Strategie argomentative dei leader politici italiani 35 fronte all ’ ascesa politica dell ’ avversario Letta, confortato dai risultati elettorali alle ultime amministrative - di autorizzarsi in quanto interlocutore forte e credibile all ’ interno della compagine di governo, capace di operare mediazioni e tentare compromessi, senza paura di possibili ritorsioni. Lasciando peraltro intatta quell ’ immagine di giocatore spregiudicato e influente negli equilibri di maggioranza che la mossa polemica della lettera tenta di calare come una maschera sull ’ avversario. 4. «Una mirabile visione»: la contro-narrazione di Giorgia Meloni Anche alcune lettere ai giornali inviate da Giorgia Meloni, leader del partito di destra Fratelli d ’ Italia nonché del Partito dei Conservatori europei, sembrano inserirsi in una più generale operazione di affrancamento dalle critiche, alla luce della significativa crescita di consensi registrata dal suo schieramento politico (l ’ unico all ’ opposizione nell ’ attuale compagine di governo) nelle recenti tornate elettorali. L ’ obiettivo si esprime su due distinti livelli, entrambi reperibili sia nelle lettere esaminate di Meloni sia nel libro Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee, 10 edito da Rizzoli nel maggio 2021: da un lato, il tentativo di superare la tradizione fascista o post-fascista (elemento ideologicamente fondativo per la destra italiana, sin dall ’ immediato Dopoguerra) cui viene ricondotto il suo partito; dall ’ altro, l ’ esigenza di mostrare come Fratelli d ’ Italia sia un partito strutturato, dotato di una forte leadership come anche di una classe dirigente all ’ altezza di responsabilità di governo che non ha mai potuto esercitare a livello nazionale. È da quest ’ ultima esigenza comunicativa che prende le mosse la lettera di Meloni in risposta a un editoriale firmato da Ernesto Galli della Loggia e apparso sul Corriere della sera il 1° giugno 2021. Se già la sede di questo scambio potrà far riflettere, giacché il Corriere resta un quotidiano espressione della borghesia moderata settentrionale, sono altrettanto significative alcune delle pratiche argomentative utilizzate da Meloni nella sua lettera, pubblicata dallo stesso giornale il giorno successivo. Si tratta di un testo nel quale la leader di Fratelli d ’ Italia risponde puntualmente ad alcune delle accuse dell ’ editorialista, impegnandosi nella decostruzione argomentativa delle tesi dell ’ avversario, in linea con una tendenza del suo discorso pubblico negli ultimi mesi, teso a rispondere agli attacchi (di volta in volta incentrati sulla presunta inadeguatezza della classe 10 Si veda quanto riportato nella quarta di copertina, che propone la contro-narrazione come forma nuova di storytelling: «Ho visto troppa gente parlare di me e delle mie idee per non rendermi conto di quanto io e la mia vita siamo in realtà distanti dal racconto che se ne fa. E ho deciso di aprirmi, di raccontare in prima persona chi sono, in cosa credo, e come sono arrivata fin qui». Strategie argomentative dei leader politici italiani Cristiana De Santis/ Jessy Simonini 36 dirigente del partito o sulla continuità storico-politica con il fascismo) e ad attenuare le rivendicazioni sovraniste per avvicinarsi a posizioni più latamente conservatrici. Vediamo l ’ attacco del testo: Reputo un segno di grande considerazione per Fratelli d ’ Italia l ’ editoriale dedicato ieri a noi da Galli della Loggia. Il professore afferma che Fratelli d ’ Italia potrebbe presto essere il partito di maggioranza di un governo di centrodestra e pertanto chiamato a guidare la Nazione. Già il fatto che il Corriere della Sera reputi «probabile» questa ipotesi rappresenta di per sé una piacevole notizia. Non condivido però il resto dell ’ analisi fatta. FdI non avrebbe una classe dirigente all ’ altezza del compito, come fu per il M5S. Il paragone però non regge. E non solo perché siamo l ’ unica forza politica a non aver governato con i grillini, ma perché siamo entità del tutto diverse. FdI ha una grande profondità fatta da esponenti, a tutti i livelli, con una lunga storia politica, esperienze amministrative, impegno studentesco, radicamento associativo. Nessuna improvvisazione dalle nostre parti. Così come dispiace che anche Galli della Loggia ripeta l ’ infondata tesi secondo la quale dovremmo cominciare a «studiare i problemi e a declinarne le soluzioni». Senza polemica, ma sarebbe bastato leggere i programmi del partito, le tesi congressuali, le numerose proposte di legge depositate e le battaglie portate avanti da anni. Si possono contestare nel merito le nostre posizioni, ci mancherebbe, ma non sostenere che non siano esplicitate in modo chiaro. Ed è a queste tesi, serie e concrete, portate avanti con tenacia, senza ondeggiamenti, che Fratelli d ’ Italia deve il suo successo. È questo l ’ elemento che spesso sfugge nelle analisi sul nostro conto. [. . .] 11 In questa lettera, il discorso di Meloni si riorienta dalla propria soggettività (espressa dal proverbiale Io sono Giorgia, reso famoso da un remix virale di un discorso della leader) al ‘ noi ’ maiestatis, identificabile come quello di una comunità politica di cui si fa la portavoce e che si caratterizza per una «grande profondità» e una «lunga storia» politica frutto di «esperienze amministrative, impegno studentesco, radicamento associativo». La scrittura di Meloni presenta frequenti strutture di accumulazione e il suo argomentare non disdegna la pratica dell ’ elenco («i programmi del partito, le tesi congressuali, le numerose proposte di legge depositate e le battaglie portate avanti da anni»), senza tuttavia proporre uno scandaglio sui contenuti. Il suo ragionamento si mantiene vago: l ’ obiettivo non è fornire una connotazione politica precisa al proprio progetto, ma piuttosto 11 Il testo completo della lettera è reperibile al sito: https: / / www.corriere.it/ politica/ 21_giu gno_02/ meloni-il-rapporto-il-passato-noi-contro-totalitarismi-problemi-sono-sinistra-f4 c9e73c-c3df-11eb-9651-e9e5e7dd2e3d.shtml. Cristiana De Santis/ Jessy Simonini Strategie argomentative dei leader politici italiani 37 mostrare di possedere (e maneggiare) gli strumenti necessari per far parte dell ’ arco costituzionale. La vaghezza, anzi, consente alla locutrice di non esporsi rispetto a contenuti delicati/ divisivi, riducendo anche la probabilità di essere smentita (Lombardi Vallauri 2019: 98). Il tono risulta pacato o volutamente mitigato nei confronti di un interlocutore che, va ricordato, è considerato uno dei più importanti giornalisti di area conservatrice: lo si vede nel prodromo iniziale e in espressioni particolarmente benevole o attenuate come «piacevole notizia», «ci mancherebbe», «dispiace che» e quel «senza polemica» che prelude in realtà a una replica polemica che non disdegna toni più fermi («infondata tesi»). La retorica che emerge dal documento appare tesa a descrivere per forza di antitesi la propria differenza quasi costitutiva: da un lato, ci sono alcuni «servitori dello Stato» che guardano «con speranza» a Fratelli d ’ Italia; dall ’ altro, sempre nella medesima struttura di accumulazione, viene a comporsi una lunga lista di ‘ altri ’ : «siamo il terrore [. . .] di chi vive di rendite di posizione, del ‘ sistema Palamara ’ , di chi percepisce pensioni d ’ oro immeritate, di chi fa carriera per la sua faziosità e non per i suoi meriti». In questo conflitto fra due diversi modi di agire (più che su diverse posizioni politiche), mette in guardia, combinando ricerca della verità e reazione agli attacchi che le vengono sferrati, sul rischio che gli altri «tenteranno con ogni mezzo di impedirci di governare e cambiare le troppe cose che non vanno». Dal punto di vista argomentativo, Meloni sceglie di rispondere in modo puntuale, utilizzando alcuni degli elementi retorici del ragionamento di Galli della Loggia, con il quale tenta di instaurare un dialogo all ’ insegna della decostruzione e del rispetto istituzionale. L ’ editorialista, dopo essersi espresso sui limiti manifestati dal partito di Meloni, presentato come isolato e privo di competenze («perché [Fratelli d ’ Italia] non ha rapporti veri (cioè dettati da un reciproco interesse) con la classe dirigente del paese»), mette in rilievo l ’ esigenza da parte di Fratelli d ’ Italia di affrancarsi dal post-fascismo e dal fascismo come condizione per poter ambire a incarichi di governo («Non basta allora dire che il passato è passato e non ritorna, che si è nati qualche decennio dopo la fine del regime e quindi non si ha avuto nulla a che fare con esso. È necessario trovare altre parole, e magari compiere anche qualche gesto conseguente; soprattutto decidersi a non sviare ogni volta il discorso»). A una reazione immediata, di sorpresa, Meloni fa seguire una considerazione epidittica: «il fascismo non è una ‘ peculiarità ’ italiana, ma parte di un più ampio processo storico», nel corso del quale si sono sviluppati totalitarismi e autoritarismi di ogni orientamento. Si tratta di un elemento di continuità nel discorso pubblico di Meloni: il riferimento al fascismo è associato a un più ampio ragionamento di contesto che lo inserisce nel tricolon «nazismo, fascismo e Strategie argomentative dei leader politici italiani Cristiana De Santis/ Jessy Simonini 38 comunismo», momenti storici segnati dalla «furia ideologica» e da una sostanziale somiglianza di pratiche e meccanismi - sintetizzati nella formula «male assoluto» da parte del precedente leader della destra italiana, Gianfranco Fini, in una nota dichiarazione risalente ai primi anni Duemila. In questa prospettiva, Meloni cita la risoluzione di condanna votata - e qui l ’ accumulazione serve a potenziare l ’ ecumenismo che ha caratterizzato la sua approvazione presso il Parlamento europeo - «insieme ai conservatori, ai popolari, ai socialisti, ai liberali di tutta Europa». Al voto unanime delle istituzioni democratiche europee segue l ’ amara considerazione che «solo l ’ estrema sinistra europea e la sinistra italiana» non riescono a riconoscere le affinità fra comunismo e nazifascismo: la strategia linguistico-argomentativa è chiara, focalizzata a mettere in rilievo il legame presunto fra la sinistra italiana e l ’ esperienza totalitaria stalinista. All ’ insegna di questo ribaltamento si pone anche la chiusa, in cui il discorso vira verso un tono maggiormente istituzionale e a tratti paternalistico: «È tempo che la politica italiana faccia i conti con questa anomalia che rischia di marginalizzare la nostra Nazione nel contesto internazionale». L ’ anomalia è quella rappresentata da esponenti politici ancora legati, nella visione di Meloni, al comunismo sovietico - in continuità con una decennale accusa ritorta, sin dalle elezioni politiche del 1948, agli esponenti del PCI. Queste modalità argomentative e discorsive, che ricorrono anche in altri testi simili, si inseriscono in una più globale esigenza di istituire pratiche retoricodiscorsive ‘ contro-narrative ’ , finalizzate a decostruire il discorso giornalistico e politico per opporsi agli attacchi di cui si è il bersaglio e, allo stesso tempo, presentarsi con una veste istituzionale, inserita nel tessuto democratico, senza arrivare a svelare - ad esempio definendone i contenuti politici - la natura della più volte evocata ‘ visione ’ . La contro-narrazione, del resto, non riguarda soltanto la rappresentazione di sé, ma anche quella del Paese che la leader si candida a governare: «a questo racconto, che fa dell ’ Italia una Nazione arretrata e non un ’ avanguardia come si vuole raccontare, Fratelli d ’ Italia non si piegherà mai». 5. «E un Marcel diventa. . .». Il partito preso di Salvini A Galli Della Loggia risponde, in occasione di un altro editoriale critico nei confronti della destra italiana, anche il Segretario della Lega Matteo Salvini, spinto dalla medesima esigenza di Meloni: affrancarsi dalle accuse di essere legato all ’ ideologia fascista o a regimi illiberali come quelli di Ungheria e Polonia. La retorica di Salvini differisce da quella di Meloni, in quanto il leader leghista opta per un modello maggiormente pragmatico, nel quale ad esempio la Cristiana De Santis/ Jessy Simonini Strategie argomentative dei leader politici italiani 39 scelta dell ’ elenco è funzionale a indicare provvedimenti concreti assunti grazie all ’ impegno della comunità politica di cui è il leader. Anche in un tipo di testo tradizionale come la lettera al giornale, inoltre, si conferma il carattere più istintivo e meno meditato della comunicazione salviniana (Martari 2018: 90), aperto alla componente della dialogicità e al registro informale. Il taglio pragmatico e il tono colloquiale connotano anche la lettera che si analizza in questo paragrafo, datata 3 aprile 2021, indirizzata all ’ ex direttore di Libero Vittorio Feltri (dimessosi dall ’ Ordine dei giornalisti nel giugno del 2020 ma comunque indicato come “ direttore ” dal segretario della Lega), al quale Salvini si rivolge con l ’ allocutivo tu. L ’ esigenza di Salvini, in questo caso, non è quella di affrancarsi e legittimarsi in un contesto istituzionale, quanto piuttosto quella di rispondere a una critica proveniente da un interlocutore della propria area politica, che ritiene un errore la scelta di sostenere il governo tecnico guidato da Mario Draghi. Questo l ’ incipit della lettera: Caro direttore Feltri, è vero: per me sarebbe stato più semplice restare all ’ opposizione anziché imbarcarmi con quelli che definisci ex comunisti ed ex democristiani. Eppure l ’ ho fatto perché rimanendo fuori dai giochi avrei regalato il Paese alla stessa squadra del Conte 2 che ha condannato l ’ Italia a numeri record in fatto di contagi e vittime, crollo del PIL, ritardi e scandali sulle mascherine e non solo. Nei mesi a venire, anche per la gestione dei fondi europei, verranno gettate le basi per l ’ Italia dei prossimi decenni: davvero, caro direttore, avremmo dovuto lasciare il nostro futuro nelle sole mani di Speranza, PD e 5Stelle? Da tempo il centrodestra è maggioranza nel Paese: non credo che gli italiani si meritino decrescita felice, più chiusure e meno libertà, ius soli e porti aperti, monopattini cinesi al posto di strade moderne e nuove ferrovie. Per questo ho scelto di entrare nel governo: per portare la voce del centrodestra! Capisco i dubbi, ma dopo poche settimane non si può pretendere un ’ inversione completa e su tutti i temi. [. . .] 12 Anche in questo caso, la retorica di Salvini si muove su due principali direttrici: una valutazione di realpolitik, legata all ’ esigenza di essere presenti per non lasciare alla sinistra l ’ egemonia sul governo; una valutazione di carattere fattuale, in cui si mettono al centro le misure concrete prese grazie all ’ iniziativa del suo partito. 12 Il testo completo della lettera è reperibile al sito: https: / / www.liberoquotidiano.it/ news/ commenti-e-opinioni/ 26775606/ matteo-salvini-lettera-risposta-vittorio-feltri-non-lascio -italia-in-mano-a-pd-m5s-vedrete-tra-qualche-mese.html. Strategie argomentative dei leader politici italiani Cristiana De Santis/ Jessy Simonini 40 La retorica pragmatica si sostanzia in uno sguardo diretto sulle circostanze materiali nelle quali il sistema politico si trova a operare: quella che con una metafora bellica viene chiamata «trincea della concretezza». L ’ argomentazione principale è legata alla necessità di non replicare l ’ esperienza del secondo governo Conte; Salvini utilizza la formula iperbolica «(non voler) regalare il Paese» (declinata alla prima persona), cui segue un rapido elenco di quelli che considera i principali fallimenti del governo uscente, accusato di aver, figurativamente, «condannato» l ’ Italia («numeri record in fatto di contagi e vittime, crollo del PIL, ritardi e scandali sulle mascherine e non solo»). L ’ elenco è utilizzato anche più avanti per presentare in successione le idee attribuite da Salvini alla coalizione di centrosinistra: una lista di elementi accomunati solo dall ’ implicita connotazione negativa («decrescita felice, più chiusure e meno libertà, ius soli e porti aperti, monopattini cinesi»). Un altro esempio interessante di elenco si ha nell ’ opposizione tra un prima (un governo senza la Lega) e un dopo, dove il prima è così sintetizzato: «ora non abbiamo più Arcuri e le sue primule, la Azzolina e Bonafede. Sono cambiati il Cts e il vertice della Protezione civile». Evocare nomi di esponenti del governo precedente senza ulteriori commenti rientra nella strategia salviniana consistente nel veicolare contenuti denigratori o svalutanti mediante implicature, come mostrato da Lombardi Vallauri (2019: 65 s.). Il solo nome di un avversario politico - benché alleato in un ’ esperienza di governo, come il Ministro della Salute ancora in carica, Speranza, evocato più avanti - è sufficiente a indirizzare la propria argomentazione, senza bisogno di formulare ulteriori giudizi politici o riferimenti alla sua inadeguatezza. Per contro, il riferimento a Erika Stefani in quanto «ministro della Lega» diventa di per sé una garanzia di buon governo su un tema specifico (la disabilità). Esplicito inoltre il richiamo in chiave negativa all ’ Europa, che nella lettera di Meloni appariva come fonte di autorità e qui viene menzionata solo per i suoi «ritardi». Sempre nel tono informale e dialogico che caratterizza la lettera si inseriscono le domande retoriche formulate da Salvini, anche con largo uso di modi di dire («il pallino alla sinistra», «stare chiuso in casa a Milano mentre . . .») e la simulazione ora ironica ora polemica del discorso dell ’ avversario. Si definisce in queste righe, anche per il destinatario e i lettori di questo testo, una forte polarizzazione attraverso la scelta di immagini precise e nitide, organizzate fra loro in termini oppositivi per svalutare gli avversari politici e la precedente esperienza di governo e mettere in rilievo la necessaria presenza della Lega in un governo nel quale potrebbe apparire come un corpo estraneo. A differenza del testo deferente indirizzato a Galli della Loggia, in questo caso Salvini deve convincere qualcuno con cui condivide lo stesso retroterra ideologico, conquistarlo sfoggiando alcuni dei capisaldi delle battaglie politiche Cristiana De Santis/ Jessy Simonini Strategie argomentative dei leader politici italiani 41 del centrodestra, a partire da quella indicata nel post scriptum, reale conclusione della lettera, cui con questa modalità viene data maggiore rilevanza: la rottamazione delle cartelle esattoriali, una forma di condono fiscale che, oltre a liberare «dall ’ incubo milioni di famiglie italiane», farà anche cambiare idea allo stesso Vittorio Feltri. 6. In conclusione L ’ analisi condotta sulle lettere scritte da quattro leader politici a giornali di grande diffusione, con obiettivi più o meno scopertamente polemici, conferma da un lato la tenuta delle strategie retoriche tradizionali, usate trasversalmente da leader di schieramenti diversi impegnati ad assumere una postura istituzionale, dall ’ altro la diversa articolazione del discorso di uno stesso leader a seconda del mezzo comunicativo scelto e del tipo di testo cui si affida (cfr. Cortelazzo 2015). Rispetto alle dinamiche discorsive studiate nei social media e nei discorsi ‘ a braccio ’ , nella lettera al giornale è evidente un tentativo di controllo e di ‘ ripulitura ’ che porta a evitare eccessi verbali anche da parte di leader propensi a un abbassamento drastico del registro e a un più ampio uso dell ’ argomento ad hominem che talora sconfina nell ’ aggressione verbale. Per quanto riguarda le strategie retorico-argomentative, si può rilevare in Berlusconi una tendenza più accentuata a ricorrere a modalità specifiche di organizzazione del discorso in chiave autoritativa e persuasiva, in linea con il suo stile oratorio, ma con un ethos che sembra acquistare connotati ecumenici e istituzionali, rinunciando alla simbolizzazione dell ’ avversario e agli eccessi di affettività e colloquialità. Colloquialità cui indulge invece Salvini, nel contesto di una lettera ‘ amicale ’ che fa largo uso di liste, e in generale ricorre ampiamente alla presupposizione e ai contenuti impliciti: alcuni dei tratti di quella che Lombardi Vallauri (2019) ha definito «lingua disonesta» nell ’ ambito della propaganda politica. Al tono pragmatico di Salvini si oppone quello programmatico di Giorgia Meloni, capace di imbastire argomentazioni tanto serrate quanto vaghe nei contenuti, per controbattere alle accuse di chi la vorrebbe erede della tradizione fascista o post-fascista. La costruzione di una narrazione diversa di sé comporta un allontanamento da quegli eccessi di animosità e romanità linguistica riscontrati nei suoi discorsi (Nichil 2017), nonché una postura maggiormente istituzionale, che senza assumere toni ecumenici rimarca con fermezza la propria costitutiva differenza. Le antitesi, che pure attraversano le lettere di tutti i leader, sembrano più accentuate in quella di Renzi, animata da un forte ethos polemico (Angenot 1982, Amossy 2014). L ’ opposizione suggerita non è più né tanto quella tra vecchio e Strategie argomentative dei leader politici italiani Cristiana De Santis/ Jessy Simonini 42 nuovo dei suoi primissimi discorsi da ‘ rottamatore ’ , quanto quella tra buoni/ riformisti e cattivi/ populisti, dove i secondi non coincidono con gli avversari storici della destra, ma con gli ex compagni di partito accusati di connivenza con forze antisistema. Un elemento che accomuna i documenti analizzati è il tentativo di usare la stessa forma testuale per presentarsi con caratteri istituzionali o programmatici, anche di fronte alle accuse frequentemente sollevate dai commentatori contro le forze definite come ‘ populiste ’ . In ogni caso, è evidente come lo strumento comunicativo della lettera (qui sempre indirizzata al direttore del giornale o alla sua redazione) non sia da considerarsi alla stregua di un tradizionale strumento di propaganda, ma sia da interpretare come un dispositivo atto al posizionamento politico, alla giustificazione delle proprie scelte o alla difesa della propria ‘ faccia ’ . Per concludere, se nella comunicazione politica quotidiana l ’ impressione è che le parole abbiano paralizzato la politica (Antonelli 2017), rendendo il dibattito sempre più povero, ridondante e indifferenziato, di fronte alla carta stampata e a forme testuali come quella qui presa in considerazione, sembra emergere più chiaramente la differenza di posizioni tra leader di diverso orientamento politico e la preferenza per determinate strategie discorsive. Già dieci anni fa, i direttori dei giornali italiani registravano la diffusione crescente delle lettere dei leader, considerandole come «inutili e da abolire», in quanto scorciatoie argomentative che aggirano la mediazione giornalistica e testimoniano «la debolezza della politica stessa», oltre che una «eccessiva accondiscendenza dei media italiani» 13 . Ciononostante, il fenomeno appare ancora largamente praticato da tutti i leader e legittimato dai direttori, pur nella consapevolezza del suo limitato interesse giornalistico: ciò può interrogarci sulla reale portata di tale forma testuale, che non è finalizzata alla comunicazione di notizie o decisioni politiche, ma piuttosto alla autorappresentazione e al posizionamento politico. In quest ’ ottica la lettera, pur avendo un carattere eminentemente intrapolitico, determina una nuova modalità relazionale e comunicativa, che acquista una centralità sempre maggiore - grazie anche al rilancio da parte di altre testate e dei social media - in un dibattito fortemente polarizzato e refrattario 13 Su Il Fatto quotidiano, 10 settembre 2012 (a cura della Redazione online: https: / / www. ilfattoquotidiano.it/ 2012/ 09/ 10/ lettere-dei-politici-ai-quotidiani-inutili-per-paura-e-daabolire/ 348213/ ). L ’ intervento sintetizza un dibattito tenutosi presso la sede della Federazione Nazionale Stampa Italiana (https: / / www.fnsi.it/ il-segretario-fnsi-patologia-solo-se-supinamente-pubblicatennessuna-crisi-se-rimarra-la-critica-e-la-capacitainformativa). Per Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, che parla di «monologhi epistolari», «il fenomeno è il segno del fallimento sia dei giornalisti che dei politici». Per Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della sera, si tratta di un sintomo della «paura dei politici al confronto». Antonio Padellaro direttore del Fatto Quotidiano suggerisce «un accordo tra tutti i giornali per non pubblicarle più». Cristiana De Santis/ Jessy Simonini Strategie argomentative dei leader politici italiani 43 ad argomentazioni complesse. Rispetto alle forme testuali proprie ai social media, infatti, la lettera ai giornali consente di articolare in maniera più ampia e diffusa strategie argomentative ad ampie campate che sarebbero impraticabili altrove - se non nel discorso parlamentare, che appare però più aperto alla replica. L ’ analisi di un corpus più ampio potrà senz ’ altro consentire una lettura maggiormente stratificata della questione, anche aprendo la prospettiva a una comparazione con altri paesi europei. Nel marzo del 2022, infatti, Emmanuel Macron ha annunciato la propria ricandidatura alla carica di presidente della Repubblica proprio attraverso una lettera ai francesi, pubblicata da molti giornali. Tale scelta può essere legata alla dimensione più istituzionale che tale strumento indubbiamente assume, ma può anche essere interpretata come il segno di una precisa volontà, quella di sottrarsi al dibattito e al confronto pubblico, collocandosi su un altro piano rispetto ai propri contendenti, coerentemente con l ’ immagine di «un individuo che non dovrebbe niente a nessuno» (Revault d ’ Allonnes 2021: 11). Forma sì intrapolitica, ma anche autoritaria in quanto non consente il dispiegarsi di una prospettiva dialettica ma, al contrario, è per sua stessa natura monodirezionale e monodimensionale. Abstract. In den Jahren des Übergangs von der Zweiten zur Dritten Republik scheint der politische Diskurs vom Gebot beherrscht zu sein, die Gemüter zu erregen. Wie in den jüngsten Studien über das Italienische in der Politik (Librandi und Piro 2016, Cortelazzo 2016, Antonelli 2017, Ondelli 2021) festgestellt wurde, sind die Instrumente, mit denen dieses Ziel erreicht wird, durch einen Anstieg des Anteils an Polemik gekennzeichnet, der mit einem drastischen Absinken des Registers in den Reden der politischen Führungsfiguren einhergeht, insbesondere dann, wenn diese der face-to-face Interaktion oder der kommunikativen Dynamik der sozialen Medien überlassen werden. In diesem Sinne scheinen Briefe, die an Zeitungen geschrieben werden, um die eigenen politischen Positionen klarzustellen oder um auf polemische Vorstöße der Zeitung selbst zu reagieren, eine Ausnahme zu bilden. Es handelt sich hierbei jeweils um einen kurzen, argumentativen Text mit einem ebenso breiten wie unbestimmten Adressatenkreis. Ein solcher Brief ist besonders dazu geeignet, sich in der politischen Debatte zu entscheidenden Fragen zu positionieren oder sich nach Vorfällen oder Äußerungen, die die eigene Glaubwürdigkeit unterminiert haben, oder im Hinblick auf mögliche Veränderungen der Kräfteverhältnisse politisch neu zu positionieren. In diesem Beitrag werden die Briefe von vier Protagonisten der italienischen Politik (Silvio Berlusconi, Matteo Renzi, Giorgia Meloni und Matteo Salvini) untersucht, wobei die Analyse unter Rückgriff auf die für die französische Schule typischen Instrumente der Diskursanalyse erfolgt. Strategie argomentative dei leader politici italiani Cristiana De Santis/ Jessy Simonini 44 Summary. Political discourse, in years marked by the transition from the Second to the Third Republic, appears to be dominated by the imperative of animos impellere. As recent studies on Italian political language have pointed out (Librandi and Piro 2016, Cortelazzo 2016, Antonelli 2017, Ondelli 2021), political leaders achieve this objective by increasing their contentious tone and substantially lowering their linguistic register, especially in face-to-face interaction or in the social media. An exception to this trend can be found in the letters written to newspapers by political leaders to clarify their political positions or to reply to polemical positions expressed by the newspaper itself. Those letters are short argumentative texts, addressed to a wide audience, particularly suitable for political positioning or repositioning in crucial moments of the debate or in view of possible changes in the political situation. This article examines the letters of four protagonists of Italian politics (Silvio Berlusconi, Matteo Renzi, Giorgia Meloni and Matteo Salvini), using the discourse analysis theories from the French School. 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