Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.24053/Ital-2022-0015
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2022
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Fesenmeier Föcking Krefeld OttClaudia Durastanti: La straniera. Milano: La nave di Teseo 2019, pp. 285, € 18,00 / Claudia Durastanti: Die Fremde. Aus dem Italienischen von Annette Kopetzki. München: Paul Zsolnay Verlag 2021, pp. 297, € 24,00
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2022
Luciana Casale
ita44870139
Berecche, amaramente deluso dalla Germania, sua patria ideale in cui si era identificato, e costretto a fare i conti con se stesso, in un passaggio «dal neutralismo filogermanico ad una posizione di interventismo democratico» (p. 122) che lo vede proiettarsi a cavallo, immaginando di combattere a fianco del figlio, per giungere, infine, bendato e al buio, a desiderare di non vedere più il mondo. Pertanto, il libro qui recensito getta luce su un racconto pirandelliano, la cui trama ruota attorno a uno dei momenti più bui della storia: raccontata a vari livelli, la guerra è prima immaginata da Berecche nello spazio di una cartina geografica su cui piazzare le bandierine colorate, poi vissuta in famiglia come esperienza terribile e lacerante che procura un sentimento di disilluso sconforto davanti a una «atrocissima vita» (p. 97). Oltre ai legami con le novelle testualmente interconnesse, il saggio critico coglie alcuni rinvii interni sia ad altre opere dell ’ agrigentino (come l ’ osservazione del naso dell ’ amico Fongi che anticipa quella di Vitangelo Moscarda), sia ad altri autori (come, ad esempio, all ’ opera del Niebuhr ovvero al relativismo hegeliano), e arricchisce il volumetto, consentendo una rilettura accompagnata da validi spunti di riflessione, volti a mantenere illuminati aspetti caratterizzanti la scrittura narrativa di Pirandello. Domenica Elisa Cicala Claudia Durastanti: La straniera. Milano: La nave di Teseo 2019, pp. 285, € 18,00 / Claudia Durastanti: Die Fremde. Aus dem Italienischen von Annette Kopetzki. München: Paul Zsolnay Verlag 2021, pp. 297, € 24,00 Nata a Brooklyn nel 1984, Claudia Durastanti esordisce nel 2010 con il suo primo romanzo. La straniera, pubblicato nel 2019 e tradotto in lingua tedesca nel 2020 sotto l ’ omonimo titolo Die Fremde, finalista a numerosi premi di letteratura italiana e vincitore del Premio Strega Off, si presenta, in primo luogo, come un memoir familiare. Attraverso un ’ articolazione della narrazione più tematica che cronologia il romanzo dispiega sotto gli occhi del lettore le sorti dei nonni paterni dell ’ autrice, emigrati negli Stati Uniti negli anni 60 del secolo scorso, dei genitori di questa, colpiti entrambi da sordità e dall ’ incapacità di venire a capo della vita, quelle, infine, della scrittrice stessa, trasferitasi all ’ età di sei anni dagli Stati Uniti in Basilicata, per poi compiere gli studi a Roma, proseguirli in Inghilterra e ritornare in Italia. La singolarità del romanzo non consiste però tanto nella ricostruzione di vicende familiari e autobiografiche, quanto piuttosto nella fornitura di uno DOI 10.24053/ Ital-2022-0015 Kurzrezensionen 139 squarcio fenomenologico sulle forme di estraneità di cui fa esperienza l ’ uomo contemporaneo. Quella dello straniero coincide in prima istanza ne La straniera con la condizione del migrante che abbandona il luogo di origine per andare a vivere in un altro posto. A caratterizzare tale stato è una strutturale disappartenenza. Essere andati via da dove si viene e approdare altrove comportano la mancanza di adesione non solo con il nuovo ma anche con ciò che pensavamo ormai nostro. Se fatica a trovare posto nel paesino lucano dove si trasferisce bambina e a sentirsi a casa nelle stanze e nelle strade di Londra, ritornando nei luoghi americani dell ’ infanzia la narratrice viene assalita da uno sconforto non meno grave: «[. . .] Capita di tornare dove tutto è iniziato e avvertire qualcosa di peggio che il senso di perdita: il dubbio, sottile e perverso, che in realtà quelle foto e quelle camicie di flanella non ci siano mai appartenute. [. . .] Il mio vecchio quartiere a Brooklyn non mi avrebbe mai più riconosciuta, o forse non mi era mai appartenuto [. . .].» (pp. 89 - 90, tr. ted. p. 92) Se dunque essere stranieri vuol dire non appartenere, esseri «scollati» dal mondo (cfr. p. 257, tr. ted. p. 266), esso significa altresì esperire un sentimento di impostura e di vergogna. Lo straniero è impostore perché accampa diritti su qualcosa che non gli spetta: quello di volersi sentire a casa laddove egli non lo è. È ciò che la narratrice rileva quando, giunta in Basilicata, cerca invano di integrarsi nella nuova comunità: «[. . .] venivo da un ’ altra parte e non ne avevo diritto [. . .].» (p. 110, tr. ted. p. 114) Ma la condizione di estraneità come disappartenenza e impostura non è legata nel romanzo unicamente all ’ esperienza di migrazione compiuta dalla scrittrice e dunque ai suoi spostamenti geografici dall ’ America alla Basilicata, dalla Basilicata all ’ Inghilterra, bensì anche ad una dislocazione di ordine sociale. La protagonista è una straniera non solo per aver vissuto in differenti regioni del mondo nell ’ arco della sua vita, ma anche per aver voluto abbandonare il contesto proletario di provenienza e cercato di accedere a quello intellettuale-borghese. La scoperta di appartenere ad una classe sociale ha luogo per Claudia durante i suoi anni di formazione universitaria a Roma. Qui, la consapevolezza prima «presente ma indistinta» (p. 236, tr. ted. 243) di far parte del sottoproletariato diviene, in contatto con i «veri ricchi», netta certezza. L ’ irreversibilità delle differenze e disuguaglianze sociali le si fanno poi acutamente palesi nel mondo del lavoro. Ormai attiva nel campo editoriale è presa dal costante timore di essere riconosciuta e smascherata come altra: «Iniziavo a partecipare ai raduni dell ’ editoria con timore, temendo che qualcuno mi avrebbe riconosciuta per quello che ero: un ’ infiltrata. Avevo i Kurzrezensionen 140 vestiti giusti, il telefono come quello degli altri, ma avevo lavorato per procurarmeli e il DNA bancario della mia famiglia era insistente.» (p. 238, tr. ted. p. 245) È il timore di non padroneggiare i codici sociali giusti, di essere fraintesa per la scelta dei propri vestiti, di non sapersi avvalere in modo adeguato della « ‘ lingua sociale ’ » (p. 168, tr. ted. p. 170) a non permettere, in ultima istanza, all ’ autrice di sentirsi meno insicura a Londra, nonostante strade e cose le siano ormai note. A ben guardare l ’ esperienza di migrazione condotta dalla scrittrice si fa esperienza di estraneità nella misura in cui essa accoglie in sé l ’ ulteriore accezione dell ’ essere straniero evidenziato dal romanzo. La scrittrice-protagonista è straniera anche perché si muove socialmente in maniera non adeguata e non pertinente. La forma di migrazione di cui ella fa parte differisce, in tal modo, da quelle del secolo scorso. Diversa era, infatti, la sorte di chi, pur lasciando il posto d ’ origine, aderiva in qualche modo al nuovo luogo riproducendo strutture sociali simili a quelle di provenienza, aspirando ad un miglioramento della condizione economica ma non ad un ’ emancipazione sociale. È ciò che accade alla nonna della protagonista, che emigrata a Brooklyn negli anni Sessanta, pur non parlando l ’ inglese e esprimendosi in un italiano popolare, si sarebbe adattata meglio di quanto sarebbe stato possibile alla nipote nella capitale inglese decenni più tardi (cfr. p. 178, tr. ted. p. 180). Ma questo nuovo migrante si distingue altrettanto dall ’ intellettuale emigrante europeo del Novecento, che pur poteva contare sulla condivisione del proprio destino e su «una biblioteca in cui rifugiarsi» (p. 177, tr. ted. p. 179) assieme ai suoi simili. Lo straniero, sembra allora voler suggerire il romanzo in un ’ accezione quasi riassuntiva, è colui che fuoriesce dalla condizione assegnatogli senza trovare rifugio, dimora, altrove. È proprio la mancanza di «contesto» («Io e mia madre eravamo senza contesto», p. 184, tr. ted. p. 186) ad accomunare la protagonista alla propria madre, l ’ altra ‘ straniera ’ del romanzo, alla quale questo dedica lunghe descrizioni, tratteggiandone il carattere vivace, irrequieto, ribelle così come il senso di profonda irresponsabilità. Ad impedire la piena aderenza della donna al mondo è, in primo luogo, la sua disabilità: la mancanza di udito la conduce ad uno stato di perenne decifrazione delle parole degli altri e ad esprimersi con «[. . .] voce alta e forte e dagli accenti irregolari» (p. 19, tr. ted. p. 16), facendo di lei «un ’ immigrata sgrammaticata, una straniera» (p. 20, tr. ted. p. 16). Ma a renderla diversa è soprattutto la sua disappartenenza sociale: disoccupata e senza soldi, si comporta come una «povera maleducata» (p. 251, tr. ted. p. 260), vivendo al di sopra delle sue possibilità e non Kurzrezensionen 141 praticando le virtù consone a chi è povero: «[. . .] umiltà del sacrificio, [. . .] non chiedere troppo, [. . .] dignità» (p. 250, tr. ted. p. 259). Entrambe le donne, la madre e la figlia, sviluppano forme di resistenza e agognano la salvezza, conferendo però un senso diverso a tali processi. La madre declina la sua libertà in termini di insubordinazione, non piegandosi alla sua condizione di disabilità, rifiutando di imparare e di usare la lingua dei segni, non arginando la propria precarietà tramite l ’ esercizio di una attività lavorativa, fuggendo di continuo dai posti in cui le capita di vivere, sottraendosi, infine, ai suoi compiti di madre e di educatrice. La figlia è, al contrario, attraversata dal bisogno di mettere radici, di «fare famiglia» (p. 243, tr. ted. p. 251), di ‘ restare ’ , di sviluppare una forma di soggiorno nel mondo. Questo le riesce, d ’ altro canto, non attraverso un gesto solitario, ma grazie al fratello. Parlando della madre ella così afferma: «Io e mio fratello potevamo perderla di vista: a volte usciva per passeggiare, dormiva per strada, faceva chilometri da sola al buio soprattutto se pioveva, e noi ci abituavamo alla nostra vita anarchica fatta di mandarini sbucciati sul divano a guardare film dell ’ orrore. Era un ’ esistenza priva di orari in cui non ci facevamo troppe domande: avevamo qualche preoccupazione che lei potesse farsi male o non tornare, ma noi restavamo.» (p. 62, corsivo mio, tr. ted. 61) È grazie al fratello che, in assenza dell ’ autorità genitoriale, si fa incarnazione della Legge, che la scrittrice coglie che il suo riscatto può passare solo attraverso l ’ appropriazione della Lingua e poi del Sapere. Imparare correttamente a parlare, leggere libri, far ordine con la scrittura sono gli strumenti con i quali si può invertire la sorte, attraverso i quali trovare un posto nel mondo. Luciana Casale Antonio Lucci/ Esther Schomacher/ Jan Söffner (Hrsg.): Italian Theory. Leipzig: Merve Verlag 2020, 304 Seiten, € 24,00 Die HerausgeberInnen wenden sich mit diesem Band, wie sie in ihrer ausführlichen Einleitung betonen («Italian Theory: politische Philosophie, neu gedacht», S. 7 - 21), gegen die These vom Ende der Theorie und hier speziell in der politischen Philosophie. Die Krisen der Gegenwart, nicht zuletzt die Corona-Pandemie, verlangten nach einer Befassung mit politischen und kulturellen Herausforderungen, denen sich gerade italienische DenkerInnen mit unorthodoxen Reflexionen gestellt hätten. Der Band konfrontiert zugleich ein deutsches Publikum mit der These einer spezifisch italienischen Theorietradition, die sich in den ver- DOI 10.24053/ Ital-2022-0016 Kurzrezensionen 142
