Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.24053/Ital-2022-0032
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2022
4488
Fesenmeier Föcking Krefeld OttProcessi di livellamento dialettale in contesto port-migratorio nelle Missione Cattolica di lingua italiana a Bedford (UK)
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2022
Margherita di Salvo
Caterina Ferrini
Die italienischsprachigen katholischen Missionen sind Institutionen, die im nicht-italienischsprachigen Ausland einen wichtigen Beitrag zum Zusammenhalt der italienischen (Sprach-)Gemeinden leisten. Bestimmte sprachliche Phänomene lassen sogar darauf schließen, dass die Teilnahme an kirchlichen Aktivitäten soziolinguistisch relevant ist. Fallstudien gibt es dazu allerdings kaum. Der Beitrag untersucht daher anhand des Sprachgebrauchs von Migrantinnen und Migranten erster Generation, die alle aus Montefalcione (AV) stammen, die Dialekt-Koineisierung in einer katholischen Gemeinde in Bedford (UK).
ita44880031
MARGHERITA DI SALVO / CATERINA FERRINI Processi di livellamento dialettale in contesto post-migratorio nella Missione Cattolica di lingua italiana a Bedford (UK) 1. Introduzione 1 Il presente contributo si propone di indagare il ruolo delle Missioni Cattoliche di lingua italiana nel Mondo (MCI) quale fattore di aggregazione della comunità italiana a partire da uno specifico caso di studio, quello dei processi di livellamento interdialettale (Erker e Otheguy 2016) osservabili nella comunità cattolica italiana di Bedford (UK): una comunità cattolica insediata in un Paese a maggioranza anglicana. Nell ’ analisi sociolinguistica di tale processo assumiamo come variabile esterna la più regolare partecipazione degli informanti ai comitati e alle attività parrocchiali che raccolgono italiani di diverse provenienze regionali, la cui frequentazione costituisce quindi - ipso facto - un veicolo di superamento della cerchia paesana e regionale, e dunque un mezzo per consolidare la commistione anche linguistica tra gruppi regionali diversi. L ’ analisi qui proposta è tappa di una più ampia indagine all ’ interno della quale ci proponiamo di osservare la relazione che si stabilisce tra parrocchie diasporiche italiane e italiano emigrato con le sue varietà (Ferrini 2020). In questa sede ci occupiamo di verificare se l ’ emigrazione e il contatto tra diverse varietà dialettali che questa genera abbiano indotto un cambiamento linguistico nella produzione orale di alcuni parlanti nati a Montefalcione (AV) e residenti nella città inglese di Bedford: ci proponiamo di verificare, più in particolare, se la frequentazione delle attività parrocchiali, favorendo l ’ esposizione a dialetti diversi dai patrimoniali, abbia prodotto nei parlanti un allargamento delle varianti linguistiche in relazione a precisi tratti foneticifonologici (il mantenimento dell ’ approssimante labiale [w] nel nesso [kw], la rotacizzazione del nesso latino - LL - , la selezione del pronome tonico soggetto), o DOI 10.24053/ Ital-2022-0032 1 Il lavoro che qui presentiamo è stato realizzato in seno al progetto di ricerca PRIN 2017 «Lingua italiana, mercato globale delle lingue e impresa italiana nel mondo: nuove dinamiche linguistiche, socioculturali, istituzionali, economico-produttive», coordinato da Massimo Vedovelli. Le attività di ricerca alla base di questo articolo sono state condotte sotto la supervisione di Barbara Turchetta, coordinatrice dell ’ Unità PRIN afferente all ’ Università Telematica degli Studi IUL. Per quanto il presente lavoro sia il frutto di una riflessione comune delle due autrici, i paragrafi 1, 2, 7 sono attribuibili a Caterina Ferrini, i paragrafi 3, 4, 5, 6 a Margherita Di Salvo. 31 se, al contrario, il contatto linguistico derivante dall ’ emigrazione abbia avviato un processo di attrito linguistico imputabile alle peculiari condizioni di (ridotta) esposizione al dialetto nativo. A tal fine si comparano due gruppi di montefalcionesi suddivisi in base al grado di coinvolgimento nelle attività religiose e alla conseguente più sistematica esposizione a varietà dialettali diverse dalla propria. In questa fase preliminare del lavoro l ’ analisi prevede l ’ adozione di una prospettiva correlazionale all ’ interno della quale, accanto alle tradizionali variabili (sesso, generazione), si mette in relazione la frequentazione di altri gruppi regionali e provinciali veicolata dalla Chiesa con specifiche variabili di natura linguistica in modo tale da appurare se la partecipazione alle attività religiose determini un ampliamento delle varianti fonetiche e morfologiche adoperate dai parlanti attivi nella parrocchia. 2. Stato dell ’ arte: il ruolo della religione nella variazione linguistica Un breve sguardo alla storia della sociolinguistica è sufficiente per osservare l ’ importanza della religione come fattore di rilevanza per lo studio della variazione, del cambiamento, del mantenimento, della pianificazione linguistica. Questa idea è già presente nelle opere degli studiosi generalmente considerati padri fondatori della disciplina: tra gli altri Haugen in The Norwegian Language in America (1953) sottolinea il legame tra affiliazione religiosa, identità e cambio di lingua nei norvegesi in America; Fishman in Language loyalty in the United States (1966) osserva come i fattori religiosi interferiscono con i processi di cambiamento e mantenimento della lingua nei contesti di immigrazione; Stewart (1968, 541) classifica il linguaggio religioso tra le dieci funzioni linguistiche utili alla descrizione del multilinguismo nazionale; Ferguson affronta la centralità della dimensione religiosa nello studio dei modelli diglossici dell ’ uso del linguaggio (Ferguson 1959) e della pianificazione del linguaggio (Ferguson 1968). Accanto a questi approcci, gli studi che trattano le conseguenze linguistiche del colonialismo hanno prestato attenzione ai fattori religiosi, esaminando l ’ influenza delle attività missionarie in tutto il mondo sulla standardizzazione e la documentazione delle lingue. Più di recente Anya Woods (2004) ha indagato il rapporto che si stabilisce tra L1 e religione nei contesti diasporici australiani, chiedendosi se la conservazione della prima presupponesse il mantenimento dell ’ altra o se, invece, per promuovere la frequentazione della chiesa da parte delle nuove generazioni si rendesse necessario un cambiamento di competenza a favore della lingua del Paese di adozione. Processi di livellamento dialettale Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini 32 2.1. Rapporti tra le Missioni Cattoliche di lingua Italiana nel Mondo e l ’ italiano In ambito italiano l ’ esame della corrispondenza intrattenuta tra Santa Sede e missionari che hanno prestato opera di assistenza agli italiani nel mondo tra Otto e Novecento (Perotti 2004; Podemski 2017) suggerisce che nel periodo delle grandi ondate migratorie la Chiesa abbia avvertito la necessità di stabilire una lingua comune che fungesse da collante (a fronte di una diffusa dialettofonia) nelle comunità di cattolici italiani emigrati (De Mauro 1963; Sanfilippo 2009, 132), e che risultasse allo stesso tempo utile a proteggere gli italiani da attacchi proselitisticolinguistici esterni (Di Gioacchino 2014). L ’ italiano è stato in questo senso adottato come lingua d ’ uso 2 dalle parrocchie linguistiche italiane (Sanfilippo ibidem, 133) nei territori che manifestavano una forte presenza italiana immigrata, anche a seguito delle cogenti richieste fatte pervenire dai migranti alla Santa Sede (Sanfilippo 2007, 995). L ’ acquisizione sul territorio di immigrazione della lingua del Paese ospite congiuntamente all ’ italiano standard promosso dai religiosi inviati in missione (Podemski ibidem) dava vita a contesti potenzialmente triglossici in cui i dialetti o le koinè costruite in emigrazione potevano essere riservati a contesti familiari e comunitari, l ’ italiano alla comunicazione parrocchiale e religiosa e le lingue del Paese di immigrazione (varietà standard e dialetti) alle situazioni comunicative legate al lavoro o più in generale alla comunicazione con la società autoctona. La letteratura ha tuttavia indicato fenomeni di erosione linguistica (Andersen 1982; Lambert 1982; Au et al. 2002; Celata e Cancila 2010; De Leeuw 2008; De Leeuw et al. 2010) che hanno condotto l ’ italiano delle generazioni emigrate gradualmente fuori dallo spazio linguistico dei parlanti (Vedovelli 2011). Il recente Caso Ontario (Turchetta e Vedovelli 2018) ha confermato quanto precedentemente indicato in letteratura (De Mauro 1963): l ’ italiano conquistato in emigrazione ha subito fenomeni di slittamento e discontinuità (Vedovelli 2011) scivolando fuori dalla competenza dei parlanti e agevolando, di fatto, esiti derivanti dal contatto con la lingua del Paese ospite 3 fino alla pressoché completa aderenza a modelli linguistici locali nelle generazioni zero e successive (Turchetta 2020). Lo studio evidenzia che nelle prime generazioni da tempo espatriate l ’ italiano e le sue varietà tendono a frangersi all ’ interno del repertorio in cui la competenza inglese risulta dominate. Questo accade anche nei contesti e negli usi dei parlanti che all ’ origine presentavano l ’ italiano come L1 (Turchetta 2018, 101). 2 Le esperienze documentate da numerosi religiosi, ad esempio quella di Francesca Cabrini, ci permettono di osservare che la Chiesa riservava attenzione anche alla lingua del Paese che ospitava il migrante (Podemski 2017). 3 Risultati sovrapponibili sono stati evidenziati in contributi su altri Paesi del mondo: cfr. a tale proposito i lavori di Di Salvo 2012; Rubino 2014; Goria 2015. Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini Processi di livellamento dialettale 33 Il ruolo dell ’ italiano e delle sue varietà risulta in questi casi relegato ai contesti d ’ uso familiare, laddove venga ancora utilizzato dalle prime generazioni italocanadesi (ibidem, 79). Le generazioni successive possono essere identificate come italofile, vale a dire inclini ad un atteggiamento affettivo nei confronti dell ’ eredità culturale italiana. Tale affezione, tuttavia, non coincide né si traduce in italofonia. Questi parlanti risultano infatti raramente italofoni e in taluni casi solo parzialmente dialettofoni. In questi parlanti l ’ italiano ereditato dalle precedenti generazioni e le sue varietà - quando sono presenti - risultano relegati a contesti d ’ uso estremamente marginali (ibidem, 77). A fronte di questa condizione, studi relativi alla diglossia derivante dal contesto religioso (Fishman 1967, 30; Dardano 2017, 195; Woods 2004) ci portano a ipotizzare che tracce di italiano e delle sue varietà possano essere perdurate nelle prime e seconde generazioni che hanno frequentato le comunità cattoliche italiane. Studi in corso relativi al parlato-digitato (Compagnone 2014) che si manifesta nelle pagine Facebook gestite da soggetti appartenenti alla seconda generazione italiana emigrata dimostrano che la competenza lessicale relativa al campo religioso sembra risultare meno soggetta ad erosione (cfr. Ferrini 2021). Queste evidenze ci spingono ad approfondire l ’ osservazione delle comunità cattoliche italiane emigrate che ci sono coeve con l ’ intento di verificare se questa specifica situazione comunicativa rappresenti o meno un hapax rispetto al generale slittamento linguistico-valoriale osservato nelle prime e successive generazioni di italiani all ’ estero. Tracce di italiano di ambito religioso-cattolico si possono reperire negli italianismi diffusi nelle lingue straniere (Rossi e Wank 2010), nelle osservazioni raccolte dai delegati delle Missioni Cattoliche di lingua Italiana nel Mondo (Ferrini 2020), ma anche nelle testimonianze raccolte da Margherita Di Salvo a Bedford e riportate nelle conclusioni, che confermano il ruolo di attrazione della Chiesa. La prospettiva che si predilige in questo contributo muove dal presupposto che le comunità emigrate, anche per effetto della Chiesa cattolica, siano il luogo in cui osservare processi di livellamento dialettale, da intendere come «the intergenerational reduction of regionally differentiated linguistic behaviour» (Erckert e Otheguy 2015, 132). Tale definizione è stata elaborata a partire dall ’ osservazione di comunità ispanofone di diversa provenienza residenti a New York, che sono state maggiormente indagate in relazione a questo specifico aspetto. Nella pur vasta bibliografia sulle comunità italiane nel mondo, difatti, è stata preferita un ’ impostazione fortemente ancorata al paradigma della linguistica del contatto da un lato (Rubino 2014; Di Salvo 2012) e, dall ’ altro, al paradigma legato al concetto di attrito linguistico, così come avviene negli studi di Scaglione (2000, 2003) e Celata e Cancila (2010). Ci proponiamo quindi di verificare se anche nelle comunità italiane Processi di livellamento dialettale Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini 34 emigrate si assista al livellamento dialettale così come definito e se tale processo risulti rafforzato dalla partecipazione alle attività promosse dalla Chiesa cattolica. 3. Il ruolo della chiesa a Bedford: analisi di un case study Il caso di studio è rappresentato dalla comunità italiana di Bedford 4 che trova spazio nell ’ Inghilterra (a maggioranza anglicana) a partire dagli anni Quaranta del Novecento. Questa comunità nacque alla fine degli anni Quaranta dagli accordi bilaterali che il governo italiano stipulò con quello inglese con l ’ obiettivo di incentivare l ’ emigrazione italiana da arruolare nella locale industria di mattoni. A Bedford, gli italiani iniziarono ad arrivare a partire da giugno del 1951; furono costretti inizialmente a vivere negli ostelli che le aziende avevano messo a loro disposizione, per lo meno per i primi quattro anni. Solo dopo alcuni anni, infatti, i migranti si mossero verso i quartieri a ridosso della stazione, dove fittarono prima e comprarono poi le case vittoriane collocate in questo quartiere. Ciò favorì i ricongiungimenti familiari e il consolidamento della comunità italiana. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta, i migranti presenti erano originari delle regioni italiane meridionali, e disponevano di un titolo di studio medio-basso. Studi precedenti condotti da Colpi (1991) e da Di Salvo (2012) hanno evidenziato la prevalenza di alcuni gruppi paesani: i migranti nati a Montefalcione in provincia di Avellino, a Busso, in provincia di Campobasso, e a Sant ’ Angelo Muxaro, in provincia di Agrigento. Non sono disponibili stime aggiornate sul numero di migranti attualmente residenti per paese di provenienza, ma stando ai più recenti dati censuari disponibili (Colpi 1991), è possibile ipotizzare che il gruppo originario dal comune irpino di Montefalcione sia ancora quello più consistente numericamente. I tre gruppi mantennero legami di natura paesana e locale molto forti (Di Salvo 2012), ma la Chiesa e il lavoro rappresentarono due poli di aggregazione al di fuori della propria rete paesana e regionale. Nell ’ ambito lavorativo, uomini e donne condividevano gli spazi con migranti di altra provenienza regionale, mentre, soprattutto durante i primi anni nel Paese di immigrazione, il tempo libero era trascorso prevalentemente entro la propria rete a base paesana. Solo quando i migranti si mossero nei quartieri centrali della città si crearono forme di coabitazione tra italiani di diversa origine regionale (Colucci 2009): case in cui i proprietari italiani fittavano ai propri paesani principalmente le stanze da letto in modo da poter riuscire a pagare il mutuo e, al contempo, a mantenere i propri figli. In questa zona della città vi era una chiesa cattolica che, tuttavia, non offriva attività in lingua italiana. Per sopperire a tale mancanza, i 4 Una storia della comunità italiana di Bedford può essere ricostruita a partire dai lavori di Colucci (2009), Colpi (1991), Di Salvo (2012). Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini Processi di livellamento dialettale 35 migranti costruirono una chiesa italiana che dedicarono a Santa Francesca Cabrini, protettrice dei migranti. Dalla sua costituzione, questo ente religioso ha avuto un ruolo strategico nella comunità: negli anni Sessanta, offriva servizi di accoglienza e sussistenza alla comunità. Vi era una mensa per i più poveri e un asilo, gestito dalle suore, destinato ai bambini italiani. Le attività risultano oggi ridimensionate, ma la Chiesa continua ad esercitare il ruolo di centro di attrazione per la comunità: una volta alla settimana, la Chiesa continua ad offrire a un prezzo modico un pranzo italiano ai migranti della generazione più anziana 5 ed organizza corsi di catechesi, ma quasi esclusivamente in lingua inglese, destinati ai discendenti dei migranti italiani. Una volta all ’ anno, infine, organizza la Processione dei Santi, processione in cui sono confluite le tradizionali processioni che i singoli gruppi di migranti avevano portato con sé dal proprio paese di origine: la processione di Sant ’ Antonio che i migranti nati a Montefalcione (AV) avevano importato, quella dedicata a San Lorenzo portata dai migranti di Busso (CB) e quella di Sant ’ Angelo dei migranti nati a Sant ’ Angelo (AG). La Chiesa si configura quindi come luogo di incontro tra i diversi gruppi regionali: nella messa domenicale, negli incontri del Comitato feste, nei pranzi settimanali offerti ai membri della prima generazione, nei corsi di catechesi. Queste sono tutte occasioni - questa è la nostra ipotesi - che potrebbero favorire il contatto interdialettale. 4. Obiettivi della ricerca Il caso della processione dei Santi, che rinsalda annualmente sia i legami con il paese di origine sia la comune origine italiana da parte di migranti di diversa provenienza regionale, è emblematico del ruolo della parrocchia di Santa Francesca Cabrini nei processi di livellamento interdialettale. A nostro parere, tale processo di livellamento può essere incoraggiato dalla stretta e ricorrente frequentazione da parte di parlanti di varietà dialettali diverse messo in moto dalla Chiesa cattolica. Il dialetto parlato da migranti italiani nati nel comune di Montefalcione, in provincia di Avellino, e residenti nella città inglese di Bedford può essere quindi il punto di osservazione di tale processo linguistico. Esso è osservabile a partire dal caso dei migranti originari di Montefalcione, scelti tanto sulla base del lavoro di Colpi (1991) quanto sulla base di osservazioni dirette condotte da Di Salvo (2012), che costituiscono non solo il gruppo più numeroso, ma anche quello che ha, in seno alla parrocchia di Santa Francesca Cabrini, la più 5 Tale attività non è riservata ai migranti più anziani, tuttavia le osservazioni condotte nella città hanno permesso di ricostruire come i più giovani non frequentano la Chiesa, con l ’ eccezione sola delle Messe in italiano/ in inglese. Processi di livellamento dialettale Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini 36 fervida attività associativa: la maggioranza dei membri del Comitato Organizzativo della Processione dei Santi ha infatti origini montefalcionesi, così come i membri del Comitato Organizzatore della Festa di Sant ’ Antonio che si svolge, annualmente, il 13 giugno. Tuttavia, all ’ interno del primo di essi, vi sono numerosi migranti nati in altri comuni e parlanti, quindi, di un dialetto che, rispetto al dialetto di Montefalcione (AV), presenta esiti divergenti in relazione alle variabili sottoposte ad analisi come discusso al paragrafo successivo. 5. Il campione e le variabili L ’ analisi ha preso in esame un corpus raccolto a partire dalle testimonianze di migranti di prima generazione e dei loro discendenti, che sono stati considerati sulla base di Turchetta (2018, 2020) come appartenenti alla generazione zero, categoria che sottolinea la loro doppia identità e appartenenza al Paese di origine dei genitori e a quello di nascita: Prospetto dei parlanti I Generazione Generazione 0 M F M F 8 4 4 3 Tabella 1: «Prospetto dei parlanti per contesto di residenza, generazione e genere» L ’ emigrazione dei membri della prima generazione rientra negli accordi bilaterali che il governo italiano aveva stipulato con il Ministero del Lavoro inglese al fine di incentivare l ’ arrivo di manodopera italiana da impiegare nella locale industria di mattoni: gli uomini, con livello di studi medio-basso, arrivarono da soli in Inghilterra e successivamente, dopo il consolidamento della loro posizione lavorativa e la possibilità di trasferirsi nel centro cittadino in una delle tante ‘ multiple occupations ’ , si fecero raggiungere dalle spose/ fidanzate. La generazione zero presenta un quadro più variegato per quel che concerne il livello di istruzione raggiunto in Inghilterra e l ’ occupazione professionale: rientrano in questo raggruppamento persone con titolo di studio medio o alto, impiegati in attività in proprio o in posizione subordinata soprattutto nel settore industriale. Dal punto di vista linguistico, se, prima dell ’ emigrazione, i membri della prima generazione non solo hanno avuto come lingua materna il dialetto, ma sono anche cresciuti in un ambiente in cui il dialetto montefalcionese rappresentava la sola varietà utilizzata, a Bedford hanno vissuto in un contesto anglofono Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini Processi di livellamento dialettale 37 all ’ interno di una rete pluridialettale, contraddistinta da frequentazioni, ora occasionali ora più assidue, con migranti di altra origine regionale; i membri della generazione nata in Inghilterra, pur avendo avuto come L1 il dialetto montefalcionese dei genitori, sono cresciuti in questo ambiente diversificato dal punto di vista dialettale, inserendosi gradualmente all ’ interno di reti sempre più anglofone. In maniera trasversale all ’ appartenenza generazionale, i parlanti si distinguono in base alla frequentazione della Chiesa e delle attività di coordinamento degli eventi proposti dal calendario parrocchiale: tra i membri della prima generazione, infatti, quattro uomini e due donne non frequentano la Chiesa, al contrario degli altri quattro informatori (quattro uomini e due donne); nella generazione zero, invece, due uomini e una donna dichiarano un ’ attiva intensa e costante di partecipazione alla vita parrocchiale, diversamente da quanto dichiarato dai rimanenti quattro informatori (due uomini e due donne). L ’ analisi ha preso in esame tre variabili linguistiche: il mantenimento dell ’ approssimante labiale [w] nel nesso [kw], la rotacizzazione del nesso latino - LL - , la selezione del pronome tonico soggetto. Per quanto riguarda il mantenimento dell ’ approssimante labiale [w] nel nesso [kw], studi precedenti sul dialetto di Montefalcione hanno mostrato che esso si manifesta sia davanti alle vocali anteriori [e] e [i], come nei dimostrativi questo e quello, sia davanti ad [a], ad esempio nel tipo avverbiale qua ( ECCU HAC > [kwa] 6 . Tale esito fonetico permette quindi di distinguere le forme patrimoniali del dialetto di Montefalcione da quelle del dialetto napoletano, in cui, tanto nel dimostrativo quanto nell ’ avverbio qua, l ’ approssimante labiale non è mantenuta a favore dell ’ esito con riduzione a velare [k] (Rohlfs 1966, 163; Ledgeway 2009, 118; Loporcaro 1988, 149) 7 . Nel dimostrativo, è anche osservabile la rotacizzazione della laterale alveolare geminata 8 : nei dialetti meridionali al di sotto della Linea Salerno-Lucera (Avolio 1989), il nesso latino - LL - dà esiti occlusivi retroflessi [ ɖɖ ] o alveolari 6 In alcuni dialetti della Puglia, inoltre, il nesso / kw-/ secondario davanti a vocale anteriore in alcuni casi si palatalizza dando esito [t ʃ ], in altri ha sviluppo [ku] come nei dimostrativi [kuddu] e [kuru] ‘ quello ’ e [kustu] ‘ questo ’ (Rohlfs 1966, 163). 7 La problematicità dell ’ analisi del tipo kwa è correlata alla situazione di contatto tra italiano e dialetto in quanto l ’ avverbio montefalcionese e quello italiano sono omofoni: da un punto di vista metodologico, abbiamo pertanto deciso di limitare l ’ analisi alle porzioni di testo in dialetto, in cui abbiamo supposto essere improbabile, anche se non impossibile, una commutazione intrafrastica limitata al solo avverbio. Sono state quindi considerate per l ’ analisi tutte le occorrenze dell ’ avverbio kwa presenti in frammenti dialettali, al fine di analizzare l ’ eventuale variazione con la forma kà, priva della labiovelare e propria delle altre varietà dialettali presenti nel contesto di Bedford e nel napoletano. 8 Per una rassegna degli esiti di - LL in area romanza si vedano Celata (2006) e Müller (2012). Processi di livellamento dialettale Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini 38 [dd] 9 , al contrario di quanto accade nel napoletano, nel Sannio beneventano e dell ’ area irpina occidentale prossima alla provincia di Napoli (Avolio 1989; Maturi 2002, 102 - 103; Abete e Vecchia 2018, 453) 10 . Nel napoletano, nel Sannio e nei dialetti irpini occidentali, invece, si ha l ’ esito laterale alveolare geminato 11 . Rispetto a questo quadro generale, le varietà irpine più interne divergono in quanto presentano lo sviluppo rotacizzato negli articoli determinativi, nei pronomi personali e negli aggettivi e pronomi dimostrativi (Abete 2017, 52 - 53; Vecchia 2017) 12 . La terza variabile analizzata è il pronome tonico di III persona singolare con particolare riferimento all ’ alternanza tra la variante montefalcionese illo, la variante di tipo napoletano isso e il corrispettivo italiano lui come sintetizzato in Di Salvo (2019): nei dialetti irpini, soprattutto di area orientale, infatti, la forma patrimoniale è contraddistinta dall ’ esito laterale, spesso con pronuncia retroflessa o cacuminale; tuttavia, la variante di tipo napoletano è innovativa e pare diffondersi in molti dialetti di area irpina, con la conseguenza che alcune varietà presentano entrambe le varianti (cfr. Retaro e Abete 2017). Sono quindi state analizzate le forme del dimostrativo (maschile/ neutro, femminile) e le varianti del pronome tonico, che sono stati distinti in base alla minore/ maggiore adesione al modello dialettale montefalcionese o italiano, secondo lo schema proposto in Figura 1. 9 Per una indicazione del limite settentrionale dei dialetti con esiti alternativi alla laterale alveolare in area alto-meridionale si veda la mappa riportata in Abete e Vecchia (2018, 453). 10 A nord della linea Salerno-Lucera-Gargano, oltre all ’ area con mantenimento della laterale alveolare, si attesta l ’ esito palatale laterale [ ʎʎ ] condizionato da [i, u] finali in un ’ area che comprende la parte montana interna dell ’ Abruzzo e del Molise, il Lazio meridionale e la Campania settentrionale (alto casertano, area del Matese e parte del Sannio beneventano, cfr. Abete e Vecchia 2018, 450). 11 Sono presenti, tuttavia, esiti alternativi alla laterale intensa nel contesto del dimostrativo in alcuni dialetti dell ’ area flegrea, area situata a nord del capoluogo campano (Como 2006, 121 - 127). 12 Si tratta in tutti i casi di forme etimologicamente connesse al pronome latino ILLE . Nel caso delle parole lessicali piene, invece, le varietà irpine centro-orientali hanno esiti di tipo retroflesso, occlusivi [ ɖɖ ] o affricati [ ɖʐ ], palatali laterali [ ʎʎ ] o occlusivi [ ɟɟ ] e occlusivi alveolari [dd] (Abete e Vecchia 2018, 553 - 556). Tali sviluppi non sono tuttavia attestati a Montefalcione. Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini Processi di livellamento dialettale 39 Varianti patrimoniali montefalcionesi Varianti indotte dal contatto interdialettale Varianti italiane Per il dimostrativo kwiro/ kwira killo/ killa kwillo/ kwilla kiro/ kira kwello/ kwella Per il pronome tonico illo/ illa isso/ essa lui/ lei Fig. 1: «Prospetto delle forme analizzate» L ’ analisi si è estesa alle forme del maschile/ neutro e del femminile. 6. Risultati dell ’ analisi Per quanto riguarda la polimorfia del dimostrativo, è stato già indicato al paragrafo precedente che la forma kwiro, contraddistinta dalla presenza della labiovelare e dall ’ esito rotacizzato della laterale geminata latina rappresenta la variante patrimoniale (montefalcionese) più conservativa. Come evidenziato in studi precedenti condotti da una prospettiva dialettologica a partire da un campione raccolto presso la comunità montefalcionese a Bedford (Di Salvo 2019), si rileva che tale variante venga utilizzata insieme ad altre, contraddistinte da una diversa realizzazione del nesso labiovelare del nesso latino - LL - come rappresentato in tabella 2 13 : killo kiro kwello kwillo kwiro Mantenimento dell ’ approssimante - - + + + Rotacizzazione del nesso latino -LL- - + - - + Tabella 2: «Varianti del dimostrativo maschile/ neutro attestate nei montefalcionesi all ’ estero» Le varianti si distinguono anche per la varietà di provenienza: kwello è la variante italiana, kwiro la variante montefalcionese, killo la forma napoletana; kiro e kwillo 13 Le due varianti / kwillo/ e / kwello/ si distinguono anche per la metafonia della sillaba tonica, fenomeno su cui non intendiamo soffermarci in quanto, come spiegato al paragrafo 5, la nostra scelta si è rivolta solo su quei tratti (rotacismo e trattamento del nesso -LL-) che non sono presenti in napoletano e sono pertanto distintivi del dialetto montefalcionese. Processi di livellamento dialettale Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini 40 sono invece esiti fortemente interferiti tra i tre codici in contatto (napoletano, montefalcionese, italiano). Le tabelle seguenti mostrano i risultati relativi alla distribuzione delle 846 occorrenze del dimostrativo, che sono state analizzate in relazione alle tre variabili esterne individuate: generazione (tabella 3), sesso e generazione (tabella 4), frequentazioni in ambito ecclesiastico con altri gruppi dialettali (tabella 5) 14 : Generazione kwello kwillo killo kiro kwiro I 8,3 25 7,7 9,03 49,9 0 21,7 32,7 6,53 2,51 36,68 Tabella 3: «Variazione nella realizzazione del dimostrativo per generazione (valori percentuali)» kwello kwillo killo kiro kwiro I M 10 20,9 16,9 20,4 31,7 F 6,9 28,2 0,6 0,3 63,8 0 M 35,9 27,2 6,5 4,3 26,1 F 9,3 37,4 6,5 0,9 45,8 Tabella 4: «Variazione nella realizzazione del dimostrativo per sesso e generazione (valori percentuali)» Frequentazione parrocchia kwello kwillo killo kiro Kwiro I Sì 10,63 37,2 9,7 14 28,3 No 4,43 5,4 4,4 0,9 84,7 0 Sì 22,6 38,7 7,7 2,4 28,6 No 16,1 0 0 3,2 80,6 Tabella 5: «Variazione nella realizzazione del dimostrativo per frequentazione della Chiesa italiana (valori percentuali)» 14 In appendice, si riporta un prospetto relativo alle occorrenze (in valore assoluto e percentuale) per parlante. Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini Processi di livellamento dialettale 41 Per quanto riguarda il primo parametro, ossia la generazione di appartenenza, l ’ analisi ha evidenziato una maggiore conservazione della variante patrimoniale kwiro nella prima generazione, generazione nella quale tuttavia è più diffusa anche la variante di tipo napoletano killo. Nella generazione zero, al contrario, per quanto la forma patrimoniale risulti ancora particolarmente diffusa, è interessante la maggiore incidenza percentuale della variante italiana (kwello) e della forma ibrida tra italiano e dialetto (kwillo): si potrebbe cogliere in questa variazione intergenerazionale la progressiva italianizzazione che contraddistingue lo spazio linguistico italiano così come rilevato nelle recenti indagini censuarie e che sembrerebbe coinvolgere anche l ’ italiano all ’ estero 15 . La variazione di sesso assegna alle donne il ruolo di parlanti più conservative, come fa supporre la maggiore incidenza di esiti montefalcionesi: tale incidenza è infatti quasi doppia rispetto a quella attestata nei parlanti di sesso maschile a parità di generazione; negli uomini, al contrario, i dati indicano una maggiore frequenza di forme imputabili al contatto con il napoletano (killo, kwillo, kiro). Le percentuali sovrapponibili di esiti italiani mostrano, invece, come la variazione tra uomini e donne non condizioni l ’ adesione al modello italiano, che risulta solamente per la prima generazione migrata. Come detto nella generazione zero le donne sembrano assumere il comportamento più conservativo, come suggeriscono, da un lato, i dati relativi alla maggiore resistenza dell ’ esito patrimoniale in questo gruppo, e, dall ’ altro, la maggiore adesione al modello italiano da parte degli uomini. L ’ adesione all ’ italiano è tuttavia condizionata soprattutto dalla frequentazione dei comitati parrocchiali e delle attività che si polarizzano intorno alla chiesa italiana come mostrato nella tabella 5. I dati possono essere letti sotto una duplice prospettiva: se si assume come punto di osservazione la maggiore/ minore incidenza al modello italiano kwello, la Chiesa funge da spinta propulsiva verso l ’ italiano nella misura in cui nella prima generazione, ma soprattutto nella generazione zero, la variante kwello così come quella ad essa più vicina sul piano articolatorio (kwillo) si manifestano con più frequenza tra coloro che hanno dichiarato di frequentare assiduamente le attività parrocchiali. Il quadro risulta perfettamente coerente con quanto emerge se si assume come punto di riferimento la maggiore percentuale di forme patrimoniali nei parlanti che, al contrario, hanno dichiarato una scarsa o nulla partecipazione alla vita della Chiesa italiana di Bedford. La Chiesa sembrerebbe non rappresentare solo un tramite per le forme italiane, ma, incoraggiando in modo indiretto la frequentazione di gruppi di parlanti diversi per area di origine e dialetto materno, favorisce nel contempo l ’ adozione di forme dialettali non patrimoniali, come si evince dalla concentra- 15 Per una discussione di questi dati, si rimanda a Turchetta et al. (2021). Processi di livellamento dialettale Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini 42 zione di esiti napoletani (killo) in quei parlanti che sono impegnati nelle attività ecclesiastiche. Ulteriori dati a sostegno del ruolo della Chiesa quale fattore di italianizzazione sono forniti dalla selezione del pronome tonico. Le tabelle seguenti riassumono i dati relativi alla distribuzione della variante montefalcionese (illo/ illa), di tipo napoletano (isso/ essa) e italiana (lui/ lei) in relazione alla frequentazione della parrocchia (tabella 6), del sesso (tabella 7) e della generazione di appartenenza (tabella 8) 16 : Attività parrocchiali LUI ISSO ILLO I Sì 43,8 54,7 1,4 No 10,2 89,8 5,1 0 Sì 32 68 0 No 69,2 30,8 0 Tabella 6: «Distribuzione degli esiti del pronome tonico per frequentazione della parrocchia (valori percentuali)» Sesso e generazione LUI ISSO ILLO I F 39,7 58,7 1,6 M 18,6 77,1 4,3 0 F 16,7 83,3 0 M 57,7 42,3 0 Tabella 7: «Distribuzione degli esiti del pronome tonico per sesso e generazione (valori percentuali)» LUI ISSO ILLO I 35,2 65,3 2,5 0 44,7 55,3 0,00 Tabella 8: «Distribuzione degli esiti del pronome tonico per generazione (valori percentuali)» La comparazione delle tre tabelle indica come la variabile esterna maggiormente significativa risulti essere l ’ appartenenza ai gruppi parrocchiali, che condiziona 16 L ’ appendice 2 fornisce un prospetto della distribuzione delle tre forme per tutti i parlanti coinvolti nello studio. Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini Processi di livellamento dialettale 43 non tanto un allargamento delle varianti dialettali quanto una maggiore percentuale di esiti italiani, in maniera conforme a quanto emerso dall ’ analisi del polimorfismo del dimostrativo. La variazione e l ’ effetto della socializzazione mediata dalle attività parrocchiali è apprezzabile soprattutto se si confrontano i dati delle tabelle 6 e 7: la forma isso, napoletana in fase di diffusione anche nei dialetti irpini più prossimi al capoluogo di provincia, è predominante in tutti i gruppi di parlanti, con la sola eccezione degli uomini nati nel contesto inglese. Se, invece, i dati si leggono nella prospettiva delle frequentazioni parrocchiali, si nota la maggiore incidenza percentuale delle forme italiane, ma solo nei parlanti di prima generazione. Nella seconda generazione, al contrario, le forme italiane prevalgono solo in chi non ha un ’ assidua frequentazione della Chiesa. Da un punto di vista sociolinguistico, si coglie quindi nella Chiesa un fattore di propulsione di modelli italiani: di contro, la compresenza migranti con dialetti diversi, le cui relazioni sono favorite dalla Chiesa e dalle attività da essa proposte, potrebbe essere la chiave di lettura per comprendere i processi di livellamento interdialettale qui descritti. I dati dimostrano come la socialità all ’ estero influenzi il comportamento linguistico dei parlanti e le dinamiche di innovazioni attestate già a partire dalla prima generazione migrata: il livellamento interdialettale, da un lato, e l ’ italianizzazione, dall ’ altro, sono infatti incoraggiati, soprattutto per i migranti di prima generazione, dalle relazioni con altri gruppi regionali che, in una comunità chiusa come quella insediata a Bedford, sono favoriti non solo dal lavoro, ma anche dalla Chiesa cattolica che, in un Paese protestante, rappresenta un punto di aggregazione e un fattore capace di rinsaldare, rinvigorire e consolidare le reti sociali al di fuori della cerchia paesana. Se, infatti, l ’ attaccamento al villaggio nativo è consolidata anche grazie all ’ endogamia e alle frequentazioni nel tempo libero, la Chiesa e le attività parrocchiali (pranzi, comitati ecclesiastici, corsi di catechesi, . . .) rafforzano i legami al di fuori della rete paesana. Sul piano metodologico, questo studio suggerisce come possa essere utile, anche per lo studio delle heritage languages (Polinsky 2018; Aalberse et al. 2019), considerare non solo variabili statiche associate ai parametri tradizionalmente impiegati in sociolinguistica (generazione, sesso, età della migrazione), ma anche le forme di aggregazione, le reti sociali e le relazioni sociali che i migranti costruiscono all ’ estero. In questa chiave, si coglie la necessità di indagare le dinamiche sociali interne alle comunità mediante un approccio metodologico che prevede anche l ’ osservazione della vita associativa, culturale, religiosa dell ’ universo studiato in modo da cogliere quali siano le forme di aggregazione pertinenti ad interpretare la variazione linguistica. Processi di livellamento dialettale Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini 44 7. Conclusioni A fronte di un ’ accertata condizione di erosione linguistica (Celata e Cancila 2010), discontinuità e slittamento (Vedovelli 2011) nella competenza linguistica italiana e dialettale delle comunità di italiani migranti all ’ estero (Turchetta e Vedovelli 2018), si è ipotizzato che il contesto pragmatico comunicativo delle Missioni Cattoliche di lingua Italiana nel Mondo - data la precisa volontà degli attori di creazione e mantenimento di una lingua comune che potesse fungere da collante per gli italiani cattolici migrati - potesse rappresentare una sede di attrito a tale discontinuità (Ferrini 2020). Per questo motivo si sono analizzate le testimonianze linguistiche di due gruppi di migrati di origine italiana a Bedford: il primo di essi aderisce alle iniziative e alla vita della comunità cattolica italiana locale; il secondo non assiste a tali attività. L ’ analisi, basata sullo studio di tre diverse variabili linguistiche (il mantenimento dell ’ approssimante labiale [w] nel nesso [kw], la rotacizzazione del nesso latino - LL - , la selezione del pronome tonico soggetto) ha rivelato un maggior grado di conservazione di modelli dialettali patrimoniali nei soggetti che non frequentano le attività connesse alla chiesa, simmetricamente all ’ adesione a forme presumibilmente riconducibili all ’ adeguamento tendenziale a modelli italiani come kwillo e all ’ assunzione di forme dialettali non patrimoniali come killo nei soggetti che aderiscono alle attività parrocchiali. La koineizzazione, presente anche nel campione dei non frequentanti, sembra invece basarsi sul modello napoletano. Testimonianze come quelle che seguono ci spingono ad osservare che la consapevolezza dell ’ elemento coesivo rappresentato dalla frequentazione al contesto della comunità cattolica è ben radicata nei soggetti analizzati: la storia della comunità stessa è interpretata attraverso il filo rosso rappresentato dalla storia della comunità: e com ’ è sta qua? È cambiatë pëcchè / t ’ aggë rittë / pëcchè nujë sgtammë miezë o centrë / come vedi / tënimmë a stazionë re e trenë a . . . a l ’ angëlë / a chiesë talianë so . . . so chiù e quarant ’ annë c ’ hannë fattë aprimmë nun cë stevë a chiesa talianë primma nun cë stevë? no / cë sta na scuola cattolica che hannë chiusë n anno fa / che è stata anni qua / purë sopa a strada # o postë e ì a partë ra chiesa / dritto sopra / all ’ angolo / sta na scuola / è chiusa / e a ricevënë a messë italianë / lorë facevënë a ginnastica o iuornë nda quellë stanza e a rummenëcë ricevënë a messë ma nun era proprio na chiesa nun era na chiesa / / no / era na scola / era scuolë cattolica / po so chiù e quarant ’ annë c ’ hannë fattë a chiesa qua / stevë purë asilë / è sparitë pur asilë / Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini Processi di livellamento dialettale 45 pëcchè dicë ca nun cë stannë pocë ca së fannë monacë / prievëtë / / primmë stevënë tre prievëtë / mo sta # mo stannë dujë / si no è stat uno / sett ottë annë è stato unë / po nati tre / quattr ’ annë è statë sulë unë / stevë asilë che e criaturë talianë # purë inglesë portavano a. . . # sta a casë re prievëtë / e monëcë / at # stannë attaccatë / l ’ hai vistë tu forsë quann hai parlatë L ’ osservazione diretta conferma l ’ ipotesi di rafforzamento di adesione al modello linguistico italiano nei soggetti che aderiscono con frequenza agli spazi e alle attività organizzate dalla comunità cattolica italiana, a fronte della conservazione dei dialetti patrimoniali osservabile invece negli informanti che non prendono parte alle attività della parrocchia. Studi in corso relativi al parlato digitato delle Missioni Cattoliche di lingua italiana nei social network stanno evidenziando la medesima tendenza. Si pone a questo punto la necessità di analizzare un campione relativo a differenti aree geografiche per stabilire se i tratti individuati costituiscano una variabile linguistica valida da riconnettere alla partecipazione alla vita della comunità cattolica italiana in aree diverse. È infatti importante considerare che nell ’ Inghilterra a maggioranza anglicana la conservazione linguistica potrebbe andare di pari passo al mantenimento del tradizionale credo cristiano cattolico, mentre in Paesi che presentano profili religiosi più simili a quelli italiani potrebbe non attestarsi la medesima esigenza. Abstract. Die italienischsprachigen katholischen Missionen sind Institutionen, die im nicht-italienischsprachigen Ausland einen wichtigen Beitrag zum Zusammenhalt der italienischen (Sprach-)Gemeinden leisten. Bestimmte sprachliche Phänomene lassen sogar darauf schließen, dass die Teilnahme an kirchlichen Aktivitäten soziolinguistisch relevant ist. Fallstudien gibt es dazu allerdings kaum. Der Beitrag untersucht daher anhand des Sprachgebrauchs von Migrantinnen und Migranten erster Generation, die alle aus Montefalcione (AV) stammen, die Dialekt-Koineisierung in einer katholischen Gemeinde in Bedford (UK). Summary. Italian-speaking Catholic missions have significantly contributed to the cohesion of Italian-speaking communities in non-Italian-speaking countries. Some linguistic phenomena even suggest that participation in religious activities is sociolinguistically relevant. However, there are no case studies on this topic. This paper examines inter-dialect levelling processes in an Italian Catholic community from Montefalcione (AV) in Bedford (UK). 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Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini Processi di livellamento dialettale 49 Appendice 1: «Distribuzione delle varianti del dimostrativo per parlante: valori assoluti e percentuali» Parlante Gen Sesso kwello kwillo Killo kiro kwiro Armando I M 9 4 0 0 0 13 Giovanni I M 2 22 10 28 35 97 Pasquale I M 3 5 0 0 20 28 Giuseppe I M 0 6 21 18 8 53 Mario I M 1 0 0 0 0 1 Luigi I M 1 11 8 1 10 31 Ciampa I M 7 0 0 0 0 7 Felice I M 0 0 0 0 0 0 Caterina I F 0 0 0 0 97 97 Nunziata I F 3 64 0 0 26 93 Maria I F 18 21 1 0 4 44 Raffalla I F 0 0 1 1 65 67 Tonino II M 15 24 5 3 21 68 Ciro II M 13 1 1 0 0 15 Pino II M 1 0 0 1 3 5 Pasquale F. II M 4 0 0 0 0 4 Carmela II F 10 4 7 1 3 25 Saveria II F 0 36 0 0 24 60 Liliana II F 0 0 0 0 22 22 Pino II M 1 0 0 1 3 5 Pasquale F. II M 4 0 0 0 0 4 Carmela II F 10 4 7 1 3 25 Saveria II F 0 36 0 0 24 60 Liliana II F 0 0 0 0 22 22 102 238 61 55 390 846 Processi di livellamento dialettale Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini 50 Appendice 2: «Distribuzione delle varianti per il pronome tonico di III persona (maschile e femminile)» Parlante Generazione Sesso LUI ISSO ILLO Somma Armando I M 5 2 0 7 Giovanni I M 3 25 1 29 Pasquale F. I M 2 2 0 4 Giuseppe I M 0 9 1 10 Mario I M 0 0 0 0 Luigi I M 2 14 1 17 C. I M 1 0 0 1 Felice C. I M 0 2 0 2 Caterina I F 0 12 1 13 Nunziata I F 11 21 0 32 Maria I F 39 16 0 55 Raffalla I F 0 25 1 26 Tonino II M 6 11 0 17 Ciro II M 0 0 0 0 Carmela II F 2 2 0 4 Pino II M 1 0 0 1 Pasquale P. II M 8 0 0 8 Saveria II F 0 4 0 4 Liliana II F 0 4 0 4 80 149 5 234 Margherita Di Salvo / Caterina Ferrini Processi di livellamento dialettale 51
