Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.24053/Ital-2022-0035
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2022
4488
Fesenmeier Föcking Krefeld OttMenarca, pubertà e riti di passaggio: la ri-definizione del (S)oggetto femminile in La ragazza di nome Giulio di Milena Milani (1964)
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Lisa Tenderini
In diesem Beitrag wird der Roman La ragazza di nome Giulio von Milena Milani vorgestellt, dessen Veröffentlichung 1964 zu einem Skandal führte aufgrund angeblich obszöner Inhalte bezogen auf eines der Hauptthemen des Romans, den Menstruationszyklus der Protagonistin. In einer Analyse der entsprechenden Abschnitte des Textes vor dem Hintergrund theoretischer Überlegungen zu Pubertät und soziokultureller Bedeutung der Menstruation von Simone de Beauvoir in Le deuxième sexe wird gezeigt, wie die Identitätssuche des erzählenden Ich zur Definition eines autonomen Subjekts/Objekts führt, welches sich von der sozial als ‘Anderes’ definierten weiblichen Rolle distanziert und die tradierten patriarchalen Rollenzuschreibungen im Allgemeinen zurückweist. Milani dekonstruiert die biologische Zuweisung dieser Rollen, indem sie die Bildung eines weiblichen Subjekts erzählt, das sich gegen die sozial und kulturell konstruierte Rolle der ‘Frau als Anderes’ auflehnt. Milani erweist sich durch ihre starke Kritik am Patriarchat als eine innovative weibliche Stimme, die dem Thema des weiblichen Zyklus und dessen zwar offensichtlicher, aber unausgesprochener soziokulturellen und diskursiven Bedeutung literarische Würden verleiht.
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LISA TENDERINI Menarca, pubertà e riti di passaggio: la ri-definizione del (S)oggetto femminile in La ragazza di nome Giulio di Milena Milani (1964) Processo al romanzo: lo scandaloso La ragazza di nome Giulio In un libro-inchiesta dedicato ai casi letterari e editoriali che sono stati oggetto di sequestri e censure nell ’ Italia del secondo dopoguerra, lo scrittore e giornalista Antonio Armano 1 dedica un capitolo al caso di Milena Milani 2 , unica scrittrice condannata in Italia per ‘ pubblicazione oscena ’ , reato previsto (ancora oggi) dall ’ articolo 528 del codice penale. L ’ opera in questione è il romanzo La ragazza di nome Giulio 3 , denunciato poco dopo la sua pubblicazione avvenuta nel 1964 poiché ritenuto lesivo al comune senso del pudore. Il processo per direttissima, giunto a sentenza nel marzo 1966, si conclude con la condanna di Milena Milani e del rappresentante legale dell ’ editore Longanesi a sei mesi di reclusione (pena sospesa) e a una cospicua multa, nonché con il ritiro dal mercato di tutte le copie del libro e la distruzione delle matrici di stampa 4 . All ’ epoca, a suscitare scandalo sono stati i numerosi passaggi del romanzo dedicati a temi che sfidavano la morale corrente quali la masturbazione e l ’ omosessualità femminili, il sesso occasionale, extrae prematrimoniale, enfatizzati dalle scelte stilistiche dell ’ autrice, che ha optato per un io narrante femminile, una focalizzazione interna e un ampio uso del discorso indiretto libero. Significativo a questo proposito che Giuseppe Ungaretti, intervenuto al processo a favore dell ’ imputata, si sia trovato a DOI 10.24053/ Ital-2022-0035 1 Armano 2013. 2 Milena Milani (1917 - 2013) è stata scrittrice, giornalista, artista, e importante figura nell ’ ambiente artistico-intellettuale dell ’ Italia del secondo Novecento. Pittrice vicina a Lucio Fontana, è stata esponente dello Spazialismo e autrice di ‘ quadri-scritti ’ , sua personale espressione del connubio tra parola e arte figurativa. Ricordiamo i romanzi Storia di Anna Drei (1947), Io donna e gli altri (1974), Soltanto amore (1976), Oggetto sessuale (1977), La rossa di via Tadino (1979), e il libro-inchiesta Italia sexy (1967). Tra gli scarsi lavori dedicati all ’ opera letteraria e/ o artistica di Milena Milani: Lovascio 1990; Barcella 2008; Rossi 2012, nonché la recente pubblicazione Ceschin/ Crotti/ Trevisan 2020. 3 Si cita dall ’ edizione più recente Milani 2017 (1964). Da ora abbreviato in RNG. 4 Si vedano le cronache giornalistiche dell ’ epoca: g. m.: «Milena Milani condannata a sei mesi per il libro “ La ragazza di nome Giulio ” », in: La Stampa, 23 marzo 1966; g. m.: «Il tribunale milanese spiega perché condannò Milena Milani», in: La Stampa, 9 aprile 1966. 97 dover testimoniare non solo sulla qualità del libro ma anche sulla moralità della sua autrice 5 . Il romanzo narra l ’ educazione sentimentale e la ricerca identitaria di una ragazza cresciuta in un ’ epoca e in un contesto socio-culturale, quello dell ’ Italia fascista e post-fascista, a cui la protagonista fatica a conformarsi. Nata da padre straniero (inglese, a sua volta nato da un matrimonio misto) che non ha mai conosciuto ma di cui ha ereditato il nome Jules (reso nel titolo nella forma italianizzata ‘ Giulio ’ ), e da una madre con cui ha legami sfuggenti e nella quale non riconosce né un modello da imitare né uno a cui ribellarsi, la ragazza viene cresciuta da una governante, Lia, che la introduce appena tredicenne al piacere sensuale rivolgendole attenzioni omosessuali accompagnate da una visione radicale e distorta della sessualità maschile. 6 La scarsa letteratura critica sull ’ opera di Milena Milani propone una lettura del personaggio di Jules come un io frammentato (al contempo diviso e molteplice), sia in chiave psicanalitica che identitaria. Sharon Wood 7 sottolinea l ’ aspetto modernista del romanzo, individuato nel suo porre al centro della narrazione un soggetto parlante erotizzato e un Io femminile diviso e conteso tra più dicotomie. Carmen Gomez 8 lo riconosce come anticipatore dell ’ idea che ‘ il personale è politico ’ e precursore delle teorizzazioni formulate negli anni Settanta da esponenti del movimento femminista italiano quali Carla Lonzi e Adriana Cavarero, nonché del lavoro di Luce Irigaray. Tesi recentemente condivisa anche da Angela Fabris 9 , la quale ha condotto un ’ analisi dell ’ opera ed in particolare della protagonista alla luce del concetto di ‘ nomadismo ’ . In questa sede viene proposta un ’ analisi de La ragazza di nome Giulio a partire dalle riflessioni presentate da Simone de Beauvoir ne Le deuxième sexe 10 relative alla critica dell ’ universalismo identificato con il maschile e dell ’ idea di 5 La Stampa riporta le dichiarazioni del poeta: «Conosco Milena da moltissimi anni. Fin dall ’ inizio della sua carriera ha dimostrato qualità non comuni. Nella sua vita si è data interamente all ’ arte. Moralmente, Milena Milani è una donna piuttosto pudica; anche quando si indugia in descrizioni piccanti, sono sempre rappresentazioni psicologiche di donne. Le proposizioni del libro sono tutte situazioni funzionali.» (g. m. : «Milena Milani condannata a sei mesi per il libro La ragazza di nome Giulio», cit.). 6 «Non era mai stata con uomini, mi raccontò che le facevano schifo, raccontava con particolari stravaganti ciò che essi avevano per mettere incinte le donne. “ Non mi ci pigliano, ” diceva “ con quei loro aggeggi ” . Adoperava in realtà parole più crude, io mi turavo le orecchie. [. . .] Mi allargava le cosce, mi toccava: “ Tu non te lo fai mettere ” diceva. “ Non devi fare la fine di tutte ” . “ Mettere, cosa? ” chiedevo, sgomenta, e incominciavo a piangere. Lei diceva una parolaccia e rideva, poi prendeva ad accarezzarmi.» (RNG, p. 33). 7 Wood 2013. 8 Gomez 2010. 9 Fabris 2020. 10 De Beauvoir 2008. Menarca, pubertà e riti di passaggio Lisa Tenderini 98 donna in quanto ‘ Altro ’ svalorizzato. Una lettura parallela delle due opere è motivata, in primo luogo, dal loro condividere il medesimo retroterra culturale e dal loro essere di fatto coeve, nonostante i 15 anni che separano la rispettiva pubblicazione. In uno scritto del 1978 11 Milani situa la genesi del romanzo nel 1947 - due anni prima dell ’ uscita del lavoro di de Beauvoir - e l ’ effettiva stesura nei primi anni Sessanta, in concomitanza con la pubblicazione dell ’ edizione italiana de Il secondo sesso avvenuta nel 1961. Inoltre, in altre occasioni la scrittrice ricorda i suoi soggiorni parigini degli anni Cinquanta, i legami e gli incontri con artisti e intellettuali dell ’ epoca, tra cui la stessa de Beauvoir e Jean-Paul Sartre, ammiratore del suo romanzo di debutto Storia di Anna Drei (1947) pubblicato in traduzione francese nel 1951 12 . In secondo luogo, si tratta di una scelta dettata dal fatto che lo studio della teorica francese rappresenta un ’ analisi approfondita in ambito filosofico-culturale del tema del ciclo femminile, al quale le maggiori esponenti del Femminismo del secondo Novecento hanno, al contrario, riservato un interesse pressoché marginale, ad eccezione delle riflessioni proposte da Julia Kristeva nella sua elaborazione del concetto di abietto. 13 Quest ’ ultima, rifacendosi alla definizione di impurità della donna mestruata proposta nel Levitico 14 e alla teoria della contaminazione elaborata da Mary Douglas 15 , rileva come sul piano antropologico il corpo femminile fertile - di cui la donna mestruata è espressione - passi da essere una minaccia gestibile attraverso determinati riti di contaminazione nelle società matrilineari, a tabù che consolida il patriarcato in società patrilineari. 16 11 M. Milani: «Postfazione», in: Milani 2017, pp. 227 - 232, p. 227. 12 Barcella 2008, p. 57 s.; Rossi 2012, p. 137 s. 13 Altre eccezioni possono essere individuate all ’ interno del movimento femminista angloamericano. Si rimanda all ’ intervento satirico di Gloria Steinem: If Men Could Menstruate, in Ms. Magazine, Oct. 1978, e al saggio dedicato alla menopausa di Greer 2018 (1991). Oltre al settore medico-ginecologico, il ciclo mestruale è stato principalmente oggetto di ricerche sociologiche e/ o antropologiche, tra cui si ricordano, nel contesto italiano, lo studio di Magli 1974 e il saggio pseudo-autobiografico di Guiducci 1974. Per quanto riguarda gli studi storici e culturali, oltre al pionieristico contributo di Delaney/ Lupton/ Toth 1988 (1976), è con il nuovo millennio che si registra un graduale interesse per il tema, sebbene quasi esclusivamente in ambito anglofono: senza pretese di esaustività, si ricordano la curatela di Shail/ Howie 2005, le monografie di Bobel 2010; Read 2013; McClive 2015; Tomlinson 2021, e il volume collettivo a cura di Bobel et al. 2020. 14 «Quando una donna sarà rimasta incinta e avrà dato alla luce un maschio, sarà impura per sette giorni, tanti quanti per il tempo della sua impurità mestruale» (Lv. 12,2); «Quando una donna avrà il suo flusso, cioè colerà sangue dalla sua carne, rimarrà nella sua impurità mestruale per sette giorni; chiunque la tocchi sarà impuro fino alla sera» (Lv. 15, 19); «E se un uomo giace con lei, in modo che la sua impurità mestruale rimanga su di lui, egli è impuro per sette giorni» (Lv. 15, 24). 15 Douglas 2003 (1966). 16 Kristeva 2006, pp. 88 - 89, 112 - 113. Lisa Tenderini Menarca, pubertà e riti di passaggio 99 Pertanto, particolare attenzione viene posta sulle osservazioni avanzate da Simone de Beauvoir a proposito della mestruazione, del suo significato e della sua percezione, al fine di evidenziare, in modo contrastivo, corrispondenze e analogie con episodi tratti dal romanzo. Partendo dall ’ assunto ormai celebre «donna non si nasce, lo si diventa» 17 , ne Le deuxième sexe la filosofa francese ripercorre infatti storia e miti del genere femminile approfondendo anche l ’ aspetto biologico del corpo femminile e del suo essere indissolubilmente legato alla funzione riproduttiva. Tuttavia, introduce al contempo considerazioni in termini di genere, riflettendo sul fatto che la donna è tale all ’ interno di una determinata società non per ragioni eminentemente biologiche ma per il costrutto culturale e patriarcale che la definisce. Attraverso un ’ argomentazione che si muove tra la definizione di donna come essere biologico, e di donna definita dal suo ruolo sociale, de Beauvoir invita apertamente a contestare l ’ apparente naturalità della definizione di donna quale soggetto subalterno ed assoggettato per ragioni biologiche di ‘ debolezza ’ 18 svelando pre-foucaultianamente come questo sia il prodotto di discorsi (di potere) patriarcali e di costruzioni culturali. 19 In questa chiave, si cerca di mostrare la modernità femminista del personaggio di Jules che incarna un primo esempio di donna che nella differenza sessuale si fa Soggetto e si oppone al suo essere ‘ Altro ’ meramente funzionale alla definizione ex negativo del soggetto maschile. Ci si sofferma in particolare sui passaggi, che tanto scalpore avevano suscitato, dedicati alla prima mestruazione della protagonista e ai relativi riferimenti intratestuali per analizzarne la funzione narrativa e l ’ apporto alla definizione del concetto di differenza sessuale nell ’ accezione proposta da Rosi Braidotti, la quale, nell ’ elaborare il concetto di ‘ nomadismo femminista ’ indica tre livelli che rappresentano «strutture differenziate di soggettività e al contempo momenti diversi nel processo del diveniresoggetto» 20 distinguendo tra ‘ differenza tra uomo e donna ’ , ‘ differenza tra donne ’ e ‘ differenze all ’ interno di ciascuna donna ’ . Ci si propone infine di evidenziare come, attraverso il percorso di formazione della protagonista, il romanzo di Milani 17 De Beauvoir 2008, p. 271. 18 «La ‘ debolezza ’ si rivela per tale solo alla luce degli scopi che l ’ uomo si prefigge, degli strumenti di cui dispone e delle leggi che impone.» (De Beauvoir 2008, p. 59). 19 «Non vogliamo accettare l ’ idea che [i dati della biologia] costituiscano per [la donna] un rigido destino. Essi non bastano a definire una gerarchia dei sessi; non spiegano perché la donna è l ’ Altro; non la condannano a mantenersi per sempre in una condizione di inferiorità.» (De Beauvoir 2008, p. 57); «bisogna ripetere ancora una volta che nella collettività umana niente è naturale e che, tra gli altri, la donna è un prodotto elaborato dalla civiltà [. . .]. La donna non è definita né dai suoi ormoni, né da istinti misteriosi, ma dal modo con cui riprende possesso, attraverso le coscienze estranee, del proprio corpo e del proprio rapporto col mondo» (De Beauvoir 2008, p. 694). 20 Braidotti 2014, p. 132. Menarca, pubertà e riti di passaggio Lisa Tenderini 100 presenti una ri-definizione del Soggetto femminile che nel superare il mero binarismo su base biologica postulato da de Beauvoir parrebbe anticipare le teorie butleriane sul genere. 21 Costruito attraverso una serie di flashback inseriti all ’ interno di una cornice di vicende svoltesi a Venezia in un venticinque agosto prossimo al presente narrativo, La ragazza di nome Giulio ripercorre la pubertà e la giovinezza di Jules (dai tredici ai ventiquattro anni) narrate lungo una rete di incontri con vari personaggi, alcuni ricorrenti, come il promesso sposo Lorenzo e il di lui ‘ rivale ’ Franco, ed altri occasionali. Tra questi, Amerigo, il primo oggetto delle attenzioni erotiche della ragazza, padre Dario, il prete che l ’ accompagna nella sua educazione religiosa, e lo sconosciuto con cui Jules ha un rapporto sessuale nelle ultime pagine del romanzo, e che diviene oggetto della violenta reazione della giovane, la quale lo attacca fisicamente, colpendolo e ferendolo sul sesso in un gesto rabbioso di castrazione reale e simbolica. Intervistata in merito alle vicende processuali che l ’ hanno vista coinvolta, Milani ricorda che «l ’ argomento delle mestruazioni ha terrorizzato i giudici» 22 : tra tutti i passaggi incriminati e minuziosamente discussi durante le udienze in tribunale sono stati proprio quelli relativi al menarca della protagonista a colpire particolarmente la corte. Nella sentenza del 1966 si legge: «L ’ episodio su cui più si diffonde è proprio quello più segreto ed intimo per una donna, il passaggio dall ’ infanzia alla pubertà, descritto come un evento nazionale e concluso con una trivialità (l ’ ostentazione del suo debilitato stato fisico all ’ amico della domestica e la macabra ed abominevole quasi animalesca scena dei fiammiferi e l ’ orrida e folle deglutizione da parte di lui del sangue di lei, in un rituale che fa sembrare divine le cerimonie dei baccanti) che disgusterebbe la più depravata prostituta.» 23 Per la sensibilità democristiana della metà degli anni Sessanta, le mestruazioni sono ciò che è ‘ più segreto ed intimo ’ , linguisticamente non articolabile, ostentato fuori misura nel romanzo ( ‘ un evento nazionale ’ ), ma al contempo triviale, nell ’ accezione volgare, sguaiata, scurrile del termine. Prima di approfondire la lettura del testo e commentare le scene in questione pare interessante confrontare quanto riportato nelle motivazioni della sentenza di primo grado con quanto dichiarato invece nella sentenza emessa dalla corte d ’ appello nell ’ assolvere con formula piena la scrittrice e il suo editore 24 . 21 Butler 1990; trad. it. 2013. 22 Barina 1979. 23 Armano 2013, p. 407. 24 — : «Appello - È osceno o no il romanzo della Milani? », in: Corriere milanese, 21 - 22 nov. 1967. — : «Assolta - Non è osceno il romanzo della Milani», in: Corriere milanese, 22 - 23 Lisa Tenderini Menarca, pubertà e riti di passaggio 101 «Anche il fatto di Amerigo che coglie colle labbra una stilla di sangue mestruale non può dirsi osceno perché se pure riguarda cose attinenti alla sfera sessuale non è una manifestazione di sessualità. Il pianto di Amerigo che accompagna il gesto è un segno di commozione quanto mai significativo al riguardo. Potrà essere, e forse lo è, sconveniente, inverecondo, disgustoso e ripugnante e difficilmente comprensibile (la Corte è imbarazzata nel valutare il significato) ma non oltraggioso per il pudore, non essendo una espressione di erotismo e tantomeno erotizzante.» 25 Nonostante differiscano nel tono e nel giudizio complessivo, e sebbene nella seconda si ricorra a un linguaggio più denotativo e meno allusivo, in entrambe le sentenze viene posto l ’ accento sul disgusto, dando voce al sentire comune dell ’ epoca. La pubblicazione viene assolta dall ’ accusa di essere oscena nel senso giuridico del termine («Che offende gravemente il senso del pudore, soprattutto per quanto si riferisce all ’ ambito della sessualità» 26 ) ma non nel senso oggettivo di «ripugnante, [. . .] privo di gusto, tanto da costituire quasi un ’ offesa al senso estetico» 27 . Milani stessa, anni dopo, ricostruisce quelle fasi del processo: «Ricordo il tono con cui [giudici e magistrati] leggevano i passi sul mestruo [. . .], un vero tabù allora. Non c ’ erano gli assorbenti ma pezze che si lavavano di nascosto e si riutilizzavano. Il sangue che colava nella sciacquatura. Una cosa più traumatica di oggi e più rimossa. Mia madre mi diceva di non toccare i fiori, la Chiesa diceva che la donna è infetta in quel periodo.» 28 In un tale contesto la scelta artistica della scrittrice può apparire volontariamente provocatoria se si considera la vulgata tradizionale, sospesa tra retaggi superstiziosi e credo religioso, relativa all ’ impurità intrinseca della donna mestruata. 29 nov. 1967. Come ricorda la stessa Milani nella Prefazione all ’ edizione del 1978 de La ragazza di nome Giulio, una volta ottenuta l ’ assoluzione in Appello, il romanzo in edizione italiana non esisteva più. È stato necessario ripartire dal manoscritto, correggere nuovamente le bozze e ripetere il processo di stampa. Successivamente l ’ opera ha goduto di un notevole successo, anche all ’ estero, ed è stato oggetto di un omonimo adattamento cinematografico per la regia di Tonino Valerii, selezionato a rappresentare l ’ Italia alla Berlinale del 1970. Si tratta di una ‘ riabilitazione ’ , tuttavia, solo apparente poiché il film, nel suo essere liberamente ispirato al romanzo e pertanto frutto di determinate scelte artistiche, non si sottrae alla censura delle scene ancora ritenute scandalose. 25 Armano 2013, pp. 419 - 420. 26 Cfr. la definizione dal dizionario Treccani http: / / www.treccani.it/ vocabolario/ osceno/ [ultimo accesso 20/ 05/ 2021] 27 Ivi, cit. 28 Armano 2013, p. 285. 29 Basti ricordare le numerose credenze e superstizioni ancora molto diffuse relative all ’ impurità della donna mestruata e alle conseguenze infauste delle sue azioni, tradi- Menarca, pubertà e riti di passaggio Lisa Tenderini 102 Ciononostante, non dovrebbe stupire che un romanzo che racconta la pubertà e la formazione adolescenziale di una ragazza possa tematizzare, insieme alla scoperta del proprio corpo, della sessualità e di una nuova fisicità femminile in divenire, il momento dell ’ attesa della prima mestruazione, l ’ esperienza del menarca e la reazione sia concreta che emotiva a questo evento. Ed è attraverso queste tre fasi che Milani articola la narrazione del momento di passaggio dall ’ infanzia alla fanciullezza di Jules. Narrare il menarca: all ’ origine della differenza sessuale « “ Tu sei una ragazza. Ma diventerai una donna ” . “ Quando lo diventerò? ” . “ Stai per diventarlo ” mi disse [Lia]. “ È questione di mesi. Sarà quando ti succederanno le cose che ti ho detto ” . “ Le mie compagne che hanno tredici anni ” risposi “ lo sono già. Me l ’ hanno detto a scuola. Io sono in ritardo ” . “ Non è uguale per tutte ” disse Lia. “ A me, per esempio, successe solo a quindici anni ” . “ Io non ho voglia di aspettare a quindici anni. Mi piace diventare grande subito con quelle cose, perché mi devo sposare ” . “ Sposare? Chi devi sposare? ” fece Lia di scatto. “ Devo sposare Lorenzo. Ci siamo fidanzati. Mi ha regalato un fiore ” glielo annunciai senza paura.» (RNG, pp. 42 - 43) Per Jules l ’ attesa del menarca è un ’ attesa consapevole, benché naif nel suo essere tradizionalmente patriarcale: il primo mestruo implica il divenire donna e il raggiungimento dell ’ età da marito. Il cambiamento biologico comporta l ’ ingresso nel mondo delle relazioni sociali adulte e l ’ assunzione del ruolo sociale della donna, la prospettiva di una vita coniugale con Lorenzo, l ’ amico d ’ infanzia con cui mantiene una relazione a distanza sulla base di un ’ ingenua promessa di matrimonio. L ’ atteggiamento quasi di impazienza della ragazza per la prospettiva di divenire donna riflette in parte quanto evidenziato da de Beauvoir nel descrivere il comportamento tipico della bambina in fase pre-puberale: «Talvolta, nel periodo [. . .] che precede l ’ apparizione dei mestrui, la bambina non prova ancora ripugnanza per il suo corpo; è fiera di diventare donna» 30 . Jules, infatti, non si sofferma sui cambiamenti fisici che il suo corpo sta per attraversare, bensì sul ruolo sociale che l ’ attende e, indirettamente, sull ’ eterosessualità, in quello che può essere letto come un gesto di sfida nei confronti di Lia, responsabile di aver reso tangibile la sensualità del corpo femminile. zionalmente fatte risalire alla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, nonché i divieti a partecipare a riti e celebrazioni ancora applicati in diverse religioni del mondo. Si vedano, tra gli altri, Malaguti 2005; Thiébaut 2019 (2017); trad. it. 2018; Scego 2016. 30 De Beauvoir 2008, p. 305. Lisa Tenderini Menarca, pubertà e riti di passaggio 103 Il momento del menarca viene descritto in modo non sconvolgente, mettendo al centro una componente soggettiva nel tentativo di elaborare verbalmente la reazione emotiva suscitata nella ragazza dalla vista del sangue. «Fu a Senigallia che mi vennero “ quelle cose ” . [. . .] Ora, un mattino, mentre mi stavo alzando come al solito, e dalla finestra lasciata aperta vedevo la striscia del mare appena azzurro, ebbi come un senso di nausea. Quasi mi veniva da rigettare; tra le cosce, in alto, avevo macchie di sangue, piccole, a forma di goccia; girandomi macchiai senza volere il lenzuolo e stetti assorta a contemplare il lino bianco, sciupato da quel rosso. Subito mi venne da piangere e incurante di tutto, anche di mia madre, mi ributtai sul lenzuolo, abbracciando il cuscino e singhiozzando, come se il mondo intero mi fosse crollato intorno, io non avessi che quel cuscino come salvezza.» (RNG, p. 52) Jules contempla il lenzuolo sporco e reagisce con il pianto, sintomo della presa di coscienza dell ’ abbandono definitivo della dimensione infantile e del destino inevitabile ed individuale che la attende - l ’ assunzione del ruolo di donna stabilito dalla società - e che non le appare più così desiderabile come durante la conversazione con Lia. Al malessere fisico si sovrappone un senso di nausea contestualizzabile con l ’ avvenuta consapevolezza della portata socio-culturale del momento della prima mestruazione, ovvero l ’ ingresso tout-court nell ’ universo femminile. I singhiozzi e la nausea si accentuano infatti nell ’ attimo in cui lo sguardo di Jules cattura per un breve istante l ’ immagine del corpo di donna di Serafina (la domestica), al quale anche il suo presto somiglierà: « “ Jules, ” mi disse [Serafina], avvicinandosi “ che cosa ti succede? ” . Io mi voltai e la vidi con un occhio, contemplai il suo corpo con quell ’ occhio, ma ancora singhiozzai, sentendo la nausea sino in bocca e tra le cosce, nel basso ventre, come un dolore che si allargava sempre più e mi arrivava sino alle reni.» (RNG, p. 53) Il corpo e il cambiamento biologico vengono gradualmente messi al centro della descrizione, ad accompagnare il susseguirsi di reazioni e di emozioni suscitate dall ’ evidenza, visibile e tangibile, che qualcosa dentro di sé sta cambiando portandola ad essere definitivamente una donna. Allo sconforto iniziale segue tuttavia il sollievo, «anch ’ io, grazie al cielo, ero una donna, fatta come una donna» (RNG, p. 53), come se il corpo avesse dato a Jules l ’ agognata conferma di appartenenza a una categoria di genere risolvendo l ’ ambiguità insita nel suo essere al contempo una ragazza e Giulio. L ’ evento personale e privato che sta vivendo viene condiviso con la madre ed assume i contorni di un rito di passaggio di portata collettiva, l ’ entrare a fare parte delle ‘ donne ’ - ridotte, tuttavia, a categoria amorfa di soggetti uguali e replicati che elude l ’ individualità del singolo: Menarca, pubertà e riti di passaggio Lisa Tenderini 104 «Improvvisamente percepivo quella misteriosa forza che rendeva le donne uguali le une alle altre, io come mia madre, mia madre come Serafina, anch ’ io come Serafina, e anche uguale alla donna del pane, della frutta, alla signora Bianca, un ’ amica di mia madre, e sua figlia Bice. Tutte fatte nello stesso modo, chi prima chi dopo, a me capitava adesso.» (RNG, p. 53) Sempre secondo quanto riporta de Beauvoir, la bambina prima del menarca «non coglie ancora il significato dei fenomeni che si producono in lei. La prima mestruazione glielo rivela e appare la vergogna. Se esisteva già, da questo momento si stabilizza e aumenta. Tutte le testimonianze concordano: anche se è stata informata prima, l ’ avvenimento è per la bambina una cosa che la ripugna e la umilia.» 31 Pare interessante notare come in Jules non emerga nulla di tutto ciò. Come sostiene Sharon Wood, nel romanzo il sangue e metonimicamente il colore rosso fungono al contempo da indicatori sia di una fisicità comune con le altre donne che di resistenza della protagonista al ruolo subordinato socialmente assegnato al sesso femminile 32 . Analogamente, l ’ episodio della prima esperienza mestruale di Jules, nel suo distinguersi dal comportamento tipico, culturalmente presunto come ‘ naturale ’ dell ’ ingresso nella pubertà, pare costituisca il primo momento del percorso di formazione di un Soggetto femminile non convenzionale. La consapevolezza di sé della ragazza non si realizza sul piano dell ’ identità sessuale bensì su quella di genere. I silenzi contemplativi, il pianto e la nausea non hanno nulla di ripugnante ed umiliante, piuttosto di rassegnazione. Quello che traspare dal confronto senza parole tra madre e figlia è l ’ ammissione di un senso di colpa ingiustificato, primordiale, di peccato originale, collettivo e, appunto, di genere. «Mia madre giunse affannata, con una vestaglia indossata frettolosamente. Mi sedette accanto e mi accarezzava i capelli, cercando di alzare il mio viso, per vedermi meglio. Io non avevo il coraggio di farmi guardare, mi sentivo in colpa.» (RNG, p. 53) All ’ arrivo del menarca Jules viene introdotta a una triplice percezione della differenza sessuale. In primo luogo, tra l ’ essere bambina e l ’ essere donna, donna in potenza e donna in atto, e come tale oscilla tra reazioni mature e comportamenti tipicamente infantili, come la puerile meraviglia con cui, priva di alcun senso di pudore, mette in mostra il proprio sangue turbando la madre: 31 De Beauvoir 2008, p. 305. 32 Cfr. Wood 2013, p. 178. Lisa Tenderini Menarca, pubertà e riti di passaggio 105 « “ Mamma, ” gridai, voltandomi d ’ improvviso “ guarda! ” . E aprivo le gambe senza nessuna vergogna. Mia madre era diventata pallida e una specie di sgomento le si rifletteva sul volto, i lineamenti le si erano assottigliati. “ Bambina, ” mi disse stringendomi a sé “ non è niente, non devi avere paura ” .» (RNG, p. 53) In secondo luogo, tra l ’ essere donna e l ’ essere uomo, visibile nell ’ esplicita sentenza con cui la madre impone alla figlia il primo vero divieto, la prima costrizione socio-comportamentale impostale dalla differenza del proprio corpo e dall ’ aver raggiunto la maturità sessuale: «Mi raccontò con parole tronche che essendo ormai cresciuta, anche a me era successo quello che succede a tutte le ragazze che crescono, e che ora non potevo più essere come un ragazzo sempre a correre qui e là, i miei vestiti sarebbero stati più lunghi, e non potevo fare bagni quanti ne volevo. Quest ’ ultima cosa mi fece male al cuore. [. . .] Io avevo ripreso a piangere, triste e impietosita di me stessa, di quanto mi succedeva.» (RNG, p. 53) Ritorna il motivo del pianto della protagonista che non contempla il senso di vergogna bensì quello di pietà verso sé stessa come a rafforzare la consapevolezza di ciò che implica l ’ oltrepassare la soglia da una fase di innocenza e parità nel rapporto con l ’ altro sesso ad una di costrizione e di limitazione della propria libertà sottomessa a costrutti di genere 33 . Nell ’ illustrare il momento del menarca, l ’ autrice indugia anche sull ’ aspetto concreto di questa particolare fase dell ’ educazione femminile con la madre che introduce la figlia all ’ uso delle pezze lavabili per tamponare il sangue 34 , insistendo su una rappresentazione particolarmente realistica che trova inoltre riscontro nella scelta linguistica di non nominare mai il termine ‘ mestruazioni ’ o ‘ ciclo ’ ma di ricorrere al non-detto (anche sul piano tipografico facendo ricorso ai puntini di sospensione), a un ’ espressione come ‘ quelle cose ’ , indicativamente riportata nel testo tra virgolette, come se si trattasse di una citazione di parole di altri e non di una definizione di Jules, o al valore connotativo di determinate affermazioni. La novità viene infatti annunciata a Serafina con un semplice invito a far lavare il lenzuolo, « “ È sporco ” riprese mia madre. “ Sporco di sangue ” » (RNG, p. 54) cui la 33 «[C]i sono bambine che piangono per ore quando vengono a sapere che sono condannate a questo destino» (De Beauvoir 2008, p. 308). 34 «Mia madre si alzò e andò nella sua stanza, ritornò dopo un poco con certe curiose cose che mi insegnò ad adoperare e che io non volevo assolutamente tra le gambe. “ Devi mettere questo ” lei disse. “ Bisogna metterlo ” . Io ero stupita di come si potesse camminare anche in quel modo, pensavo che tutti avrebbero visto che avevo qualcosa tra le gambe che mi dava fastidio. “ Ora vestiti ” disse mia madre. “ Vedrai che ti abituerai presto ” ». (RNG, pp. 53 - 54). Menarca, pubertà e riti di passaggio Lisa Tenderini 106 giovane reagisce con una mera esclamazione « “ Oh ” , come se le avessimo detto tutto» (RNG, p. 54). Infine, in terzo luogo, attraverso il confronto con la madre e con Serafina emerge la differenza di genere e la definizione culturale del loro ‘ essere donne ’ , che de Beauvoir sintetizza attraverso un confronto dei discorsi dominanti relativi alla pubertà dei due generi, da cui emerge come il pregiudizio del corpo femminile mestruato sporco, impuro, connotato negativamente sia introiettato anche dalla donna: «Nello stesso modo in cui il pene trae dal contesto sociale il suo valore di privilegio, le regole della donna sono - per lo stesso contesto sociale - una maledizione. L ’ uno simbolizza la virilità, le altre la femminilità: e la rivelazione è accolta con scandalo perché ha un significato di alterità, e inferiorità. La vita è sempre apparsa alla bambina come determinata da un ’ essenza impalpabile a cui l ’ assenza del pene non riusciva a dare forma positiva: e ora si scopre nel liquido rosso che cola tra le sue cosce. Se ha già accettato la sua condizione, accoglie l ’ avvenimento con gioia . . . “ Adesso, tu sei una donna. ” Se l ’ ha sempre rifiutata, il verdetto sanguinante la fulmina; per lo più, essa esita; la schiavitù del mestruo la porta al disgusto e alla paura. “ Allora è questo il significato delle parole: essere una donna! ” La fatalità che fin allora pesava su di lei confusamente e dal di fuori, è chiusa nel suo ventre; non c ’ è via d ’ uscita, è prigioniera.» 35 Sottolineando che è il contesto sociale a fare della mestruazione una maledizione, e della femminilità una condizione di inferiorità, si insiste sul fatto che siano le rappresentazioni collettive a formare nella donna il pensiero su di sé, sul proprio corpo e sul proprio ruolo sociale: «La donna è imbevuta di immagini collettive che rivestono il calore maschile di un carattere glorioso, e che fanno del turbamento femminile un ’ abdicazione vergognosa: la sua esperienza intima conferma questa asimmetria. [. . .I]l sesso femminile è misterioso per la donna stessa, nascosto, tormentato, mucoso, umido; sanguina ogni mese, talvolta è sporco di umori, ha una vita segreta e pericolosa. E, poiché in gran parte la donna non si riconosce in esso, non ne riconosce come suoi i desideri.» 36 Non dovrebbe pertanto sorprendere la reazione di Serafina alle domande di Jules, la quale, benché più esperta e più grande di lei, arrossisce, sussurra e si rivela più restia e pudica, in linea con il pudore culturalmente proprio della donna che 35 De Beauvoir 2008, pp. 310 - 311. 36 De Beauvoir 2008, pp. 370 - 371. Lisa Tenderini Menarca, pubertà e riti di passaggio 107 percepisce il proprio corpo come un peso estraneo di cui vergognarsi 37 . La curiosità e la spregiudicatezza di Jules la portano ad insistere portando il discorso su Amerigo, il ragazzo di Serafina, per il quale nutre un interesse non strettamente romantico, che pare più legato ad un ’ istintiva rivalità nei confronti della ragazza e alla volontà di lasciarsi definitivamente alle spalle gli episodi omoerotici vissuti. « “ Ma i maschi lo sanno? Amerigo, per esempio, lo sa? ” . “ Lo sanno tutti, anche Amerigo ” . “ E che cosa dicono? ” . “ Ci prendono in giro ” . “ Ma loro non ce l ’ hanno? ” . “ Loro sono maschi ” disse Serafina. “ Bel gusto ” feci io. “ Noi, tutti questi fastidi e loro niente ” . Serafina ridendo scuoteva la testa.» (RNG, p. 54) La conversazione pare insolita ed inaspettata rispetto a quanto registrato da de Beauvoir, ovvero l ’ orrore provato dalla ragazza nel condividere 38 con altri il segreto del ciclo che s ’ intensifica se questa macchia di vergogna viene svelata agli uomini: «Ciò che rende ancora più forte la loro ribellione è che gli uomini siano al corrente di una tale vergogna: vorrebbero almeno che per questi l ’ umiliante condizione della donna rimanesse un segreto. Ma no, padre, fratelli, cugini sanno e talvolta scherzano. Allora nella fanciulla nasce o aumenta il disgusto del proprio corpo troppo legato alla carne.» 39 Attraverso il confronto con la domestica e le opposte reazioni delle due donne, Jules emerge nuovamente come personaggio non ortodosso, che, come rilevato da C. Gomez, attraverso il corpo femminile riconosce la differenza non solo a livello biologico in contrapposizione con l ’ uomo, bensì come sua propria differenza dall ’ intero immaginario misogino 40 , rappresentato dal contesto sociale che impone determinate forme di controllo sul corpo, tra cui rientrano percezione, consapevolezza e condivisione del proprio ciclo mestruale. Narrare il menarca: la (de)costruzione di un rito di passaggio L ’ episodio della prima mestruazione rappresenta per Jules la soglia su tre livelli: sul piano biologico come momento di passaggio da infanzia a età adulta visibile sul 37 «Andai in cucina con lei. “ Serafina, ” dissi “ hai capito? ” . Lei diventò rossa. “ Certo ” rispose. “ E come si dice? ” io insistei. “ Come lo chiamate qui? ” . Mi sussurrò una parola che mi fece diventare di fuoco. “ Così, si dice? ” insistevo. “ Così e anche così ” rispondeva Serafina.» (RNG, p. 54). 38 «Molte di loro [le ragazze] hanno orrore di confidare il loro segreto a chi le circonda» (De Beauvoir 2008, p. 307). 39 De Beauvoir 2008, p. 308. 40 Cfr. Gomez 2010, p. 227. Menarca, pubertà e riti di passaggio Lisa Tenderini 108 proprio corpo; sul piano sessuale come momento in cui cambia la percezione maschile del suo corpo femminile; sul piano culturale divenendo una donna tra le tante, destinata, secondo i dettami dell ’ epoca, a ricoprire un ruolo ben definito di moglie e madre mettendo da parte ogni aspirazione individualistica. La prospettiva di accedere a questa nuova fase della vita, alla sfera della donna adulta ancorata ad un ’ immagine stereotipata e patriarcale, rappresenta il conflitto proprio dell ’ adolescenza, il passaggio tra l ’ essere un individuo autonomo alla necessità di dover rinunciare alla propria autonomia, in una netta separazione tra passato e futuro. Da qui il letterale senso di turbamento che comporta il trovarsi sulla soglia tra il noto e l ’ ignoto, rappresentato dall ’ immagine con cui si conclude lo scambio tra Jules e Serafina: « “ Lo sai, ” disse Serafina “ che viene ogni mese? ” . “ Me l ’ ha detto mia madre, ” dissi “ ma mi sembra impossibile ” [. . .] Andai sulla porta di casa e contemplavo il mare. Era grande e misericordioso. “ Mare, ” dissi “ vorrei morire ” .» (RNG, p. 55) Tuttavia, l ’ esperienza del menarca non si limita a quel primo sangue che ha macchiato il lenzuolo ma a tutto ciò che ne consegue nei dieci giorni successivi: «Furono giorni memorabili per me. Ne ho ancora il ricordo, in una maniera così precisa che quasi me ne stupisco. La mattina mi svegliavo e speravo che tutto fosse finito, che ancora avrei potuto correre e nuotare. [. . .] Ma quel maledetto sangue non si fermava. Quando credevo che avesse cessato di uscire, ritornava più rosso di prima. Durò dieci giorni e mia madre chiamò il medico. Il medico mi visitò dappertutto e non era per niente impressionato. Disse che sono cose che succedono [. . .]. In quei dieci giorni si sviluppò in me una strana malinconia. Dopo la gioia della novità, del sapermi fatta come una donna, era subentrata nel mio animo un ’ apatia così esclusiva e completa che quasi non mi interessavo più di niente. [. . .] “ Jules, alzati ” diceva [mia madre]. “ Andiamo a fare una passeggiata. Non sei ammalata, anche il dottore l ’ ha detto che non è niente ” .» (RNG, p. 55). Lo stupore dell ’ io narrante per l ’ esattezza con cui è in grado di ripercorrere quelle fasi ‘ memorabili ’ della sua pubertà implica una pressoché totale assenza di una componente traumatica per l ’ evento e la preponderanza di una visione positiva e soggettiva, consapevole e moderna, del menarca a scapito delle tradizionali reazioni di vergogna e rifiuto. Il corpo, nella sua componente biologica, irrompe nella vita di Jules portando con sé una componente identitaria chiara ed univoca - il femminile - che va ad accentuare le tensioni inconsce tra eterosessualità e omosessualità, tra ruoli di genere e sessualità propri della ragazza di nome Giulio. L ’ essere percepita ancora come una bambina nonostante il cambiamento biologico del suo corpo fa accentuare in Jules una componente più marcatamente Lisa Tenderini Menarca, pubertà e riti di passaggio 109 sessuale, una necessità di essere riconosciuta come donna dagli uomini, 41 di rivendicarsi come Altro, dando il via, con l ’ incontro notturno sulla spiaggia con Amerigo, alla ricerca della propria dimensione erotica e della propria identità sessuale. L ’ io narrante ricorda l ’ evento, sospesa tra il ricordo della casta promessa di matrimonio che la lega a Lorenzo, l ’ attrazione erotica per Amerigo, e il ricordo di Lia; quest ’ ultimo condito da un apparente senso di rivincita nei confronti della sua dichiarata repulsione per il sesso maschile definito esclusivamente dalla sua componente attiva cui la donna deve necessariamente soccombere: «[T]esi la mia bocca a incontrare la sua. Ci baciammo, ma in un modo diverso dalla prima volta [. . .]. In pochi mesi anche la mia bocca era cambiata. Infatti fui io che aprii le labbra; Amerigo le aveva accostate a me chiuse come la prima volta, ma io no, io cercai anche di morderlo. “ Jules ” lui mi diceva sconcertato. “ Perché fai così? ” . “ Ti bacio ” . “ Chi ti ha insegnato? ” . “ Nessuno mi ha insegnato. Lo so ” . “ Come fai a saperlo? ” . “ Ti dico che lo so ” . Effettivamente mi ero accorta che non mi piaceva stare a toccare le sue labbra con le mie tutte chiuse, non c ’ era gusto; era più bello aprire la bocca e far sentire anche i denti, la saliva, la lingua. “ Ma Jules ” si ritirava indietro Amerigo. “ Non farlo! ” . Una specie di fuoco mi era penetrato nella pelle, sotto il pullover, sotto la camicia; bruciavo, benché seminuda. Ogni tanto, rapidamente, mi appariva la visione di Lia, l ’ eco della sua voce. Obbligai le mani di Amerigo a scivolare per il mio corpo, gli feci toccare la mia pelle.» (RNG, pp. 57 - 58) Emerge nuovamente il ricordo della sua iniziazione erotica e la volontà di voler consapevolmente rifiutare gli insegnamenti di Lia e il ruolo femminile di ‘ preda ’ 42 . In quella che può essere intesa come una sorta di anticipazione della tesi butleriana 41 «È vero, non dimostravo più di tredici anni, qualche volta persino di meno, e tolt[i] Lorenzo [. . .e] Amerigo [. . .] quale ‘ uomo vero ’ si interessava a me? Nessun uomo vero, solo degli sciocchi ragazzi. [. . .] “ Tredici anni, ” io pensavo “ e tra poco quattordici. . . ” . “ Che bella bambina ” dicevano a mia madre, quando eravamo insieme. “ Quanti anni ha? ” . A queste frasi io scattavo, senza dimostrarlo, però. Con rabbia ripetevo dentro di me: “ Bambina? Ma se ho quelle cose? ” e anzi dicevo: “ Ma se ho il. . . ” .» (RNG, p. 56); [parlando con la madre] « ” Ma io sono grande ” . “ Sei ancora una bambina ” . “ Ma se ho quasi quattordici anni, e poi ti dimentichi che ho il. . .? ” dissi sfacciatamente. “ Pazza ” disse mia madre. “ Non farti sentire a dire frasi simili. Tu non sei una ragazza, sei un ragazzo. Non hai pudore! ” . “ Certo, che sono un ragazzo ” dissi per burla. “ Mi chiamo persino Jules ” e lo pronunciai alla francese, sospirando ” .» (RNG, pp. 72 - 73). 42 Scrive de Beauvoir, «Per la ragazza, la trascendenza erotica consiste nell ’ accettare di farsi preda. Essa diventa oggetto; si sperimenta come oggetto; scopre con meraviglia questo nuovo aspetto del suo essere: ha la sensazione di sdoppiarsi; invece di sdoppiarsi; invece di coincidere esattamente con se stessa, comincia a esistere fuori di sé.» (De Beauvoir 2008, p. 327 s.). Menarca, pubertà e riti di passaggio Lisa Tenderini 110 del carattere performativo del genere, inteso come un ’ involontaria riproduzione interiorizzata di pratiche e norme sociali che si manifesta nel quotidiano sia attraverso il linguaggio che tramite atti connotati sulla base di un determinato genere, la protagonista si sottrae dal divenire oggetto del soggetto maschile e si fa agente sorprendendo il ragazzo per la sua assenza di pudore nel guidarlo alla scoperta del suo corpo. In questo comportamento, Jules si manifesta come un soggetto ec-centrico, che si allontana dai modi comuni eludendo le categorizzazioni, rifiutando le limitazioni del suo essere Altro, e ciò che è culturalmente percepito come ordinario in quanto ‘ naturalmente ’ confacente al proprio genere 43 . L ’ intraprendenza e il ruolo attivo che Jules assume sia sul piano sessuale che su quello sociale costituiscono un atto performativo della ragazza di nome Giulio che, come implicato dal nome, sfugge a una categorizzazione fissa e convenzionalmente definita, mostrandosi già in questa iniziazione sessuale come Soggetto, un Altro non solo rispetto all ’ uomo ma anche rispetto alla donna-Altro, oggetto funzionale alla definizione maschile, oltre il binarismo sessuale e culturale. Nel non rendersi accessibile come la donna-Altro che Amerigo, in quanto uomo, crede di trovarsi davanti per poter posizionare sé stesso all ’ interno di determinati costrutti di genere e definirsi ex negativo sul piano identitario e sessuale come 43 Con un repentino cambio di scena, il discorso viene esteso dall ’ ambito della differenza biologica tra i sessi esperita da Amerigo nell ’ incontro intimo con Jules alla sfera delle relazioni sociali, con un accenno al comportamento che ci si aspetta sia naturalmente proprio della ragazza quale esponente del genere femminile. All ’ indomani dell ’ incontro con Amerigo, la ragazza viene rimproverata in chiesa da padre Dario per il vestito rosso troppo corto che indossa: « ” Il tuo vestito rosso ” continuò adagio, come per farmi capire meglio le cose “ non è molto adatto per te. È troppo sfacciato. Tu non sei più una bambina ” . Senza volerlo, accarezzai la stoffa dell ’ abito; era infatti un rosso prepotente, ma l ’ avevo voluto io così, dopo i tanti abiti bianchi dell ’ estate. [. . .] “ Con questo vestito rosso, tu attiri troppo gli sguardi ” seguitò padre Dario. “ Non mi piace che tu venga in chiesa così vestita, perché la dote principale di una fanciulla è la semplicità ” . [. . .] “ Dirai a tua madre che ti faccia tingere il vestito ” [. . .]. “ E quando sarai vestita diversamente ritornerai qui e parleremo di molte cose che stanno a cuore a me e debbono stare a cuore anche a te e molto anche a tua madre ” . [. . .I]o feci cenno di sì con la testa e inghiottivo le lacrime [. . .], restai sola [. . .], sentivo un gran dolore nel petto e avevo una grande, enorme vergogna di me.» (RNG, pp. 63 - 64). L ’ immagine del vestito rosso e più in generale i riferimenti al colore rosso tornano più volte in una sorta di leitmotiv simbolico della definizione identitaria della protagonista «Il primo vestito che dovetti rinnegare perché agli altri non piaceva, la società trovava da ridire: era solo un vestito, ma più tardi vennero molte altre rinunce, impercettibili forse, ma che mi costavano enormemente» (RNG, p. 102); «Quando mi iscrissi a Ca ’ Foscari, avevo un vestito rosso fuoco. Lo avevo voluto rosso come una sfida, una ribellione a tutto quello che era stato il mio passato» (RNG, p. 172); «Amavo i colori [. . .I]l rosso sentivo che bruciava. Senza saperlo, il rosso mi sconvolgeva, mi dava la forza che aveva racchiusa in sé. Con quel vestito rosso mi sentivo Jules. Il rosso era il colore del mio sangue, mi aveva fatto diventare una donna.» (RNG, pp. 64 - 65). Lisa Tenderini Menarca, pubertà e riti di passaggio 111 uomo, Jules provoca in Amerigo una serie di reazioni inaspettate: protesta, stupore che culminano in imbarazzo, vergogna, rossore, timore e pianto (reazioni tradizionalmente femminili), quando questi è messo di fronte al simbolo della differenza biologica tra i sessi. Jules guida Amerigo alla fonte del ‘ mistero femminile ’ 44 , il sangue mestruale da rilegare nel silenzio e al contempo ridotto a causa d ’ impurità della donna, dalla quale si mantengono le distanze. «Lui incontrò a un tratto “ quella cosa ” che stava sospesa tra le mie cosce, capii che arrossiva nel buio. “ Jules, io. . . ” diceva. Gli dissi all ’ orecchio quella parolaccia del dialetto: “ Perché hai paura? Ho il. . . Mi è venuto in questi giorni. Sono grande, adesso ” . “ Ti fa male? ” sussurrò Amerigo, dopo un poco. Stava inerte. Io ero caduta apposta all ’ indietro e con i capelli toccavo la sabbia. “ Male? Ma certo ” dicevo e invece non avevo male alcuno. “ Ma com ’ è che viene? ” disse Amerigo. “ Io non ho mai visto ” . “ Viene sangue, fuori ” risposi. “ Allora c ’ è una ferita ” disse. “ Si rompe una vena ” . “ Questo non lo so, ” io dissi “ ma viene fuori sangue ” . “ E non ti cade giù, non va per terra? ” . “ Ma se mi metto questo! ” . E toccavo il pannolino tra le gambe, glielo facevo sentire un ’ altra volta. “ Puoi camminare? ” disse Amerigo, incerto. “ Sì, così, così. . . ” risposi. Ero felice, una felicità smisurata che soverchiava le mie malinconie di quegli ultimi tempi. Ero felice di spiegare a un uomo come “ quello ” mi succedesse. “ Ma tu non lo sapevi? ” gli chiesi. “ Sì, lo sapevo che succede, ma non l ’ avevo mai visto ” . “ E Serafina? ” . Capii che di nuovo arrossiva, non rispose subito, poi a fatica: “ Non abbiamo mai parlato di queste cose ” . “ Non veniva con te anche quando l ’ aveva? ” continuai io spietata. “ Oh, no, ” esclamò di slancio Amerigo “ Serafina non mi ha detto mai niente. In quei giorni non si faceva viva ” .» (RNG, pp. 58 - 59) Amerigo mostra da un lato un insieme di curiosità naif e apprensione (per lo stato di salute di Jules e gli aspetti pratici di gestione del ciclo); dall ’ altro, una consapevole riluttanza a toccare il tema mista ad un ’ evidente ignoranza ( ‘ Allora c ’ è una ferita ’ disse. ‘ Si rompe una vena ’ ), in parte giustificate dal disinteresse degli uomini per le cose femminili e dalla stessa reticenza delle donne qui rappresentate da Serafina ( ‘ Non abbiamo mai parlato di queste cose ’ ) che si sottrae volontariamente agli incontri con lui nei giorni del mestruo. La soddisfazione di Jules nel trovarsi, malgrado le sue conoscenze approssimative, in una posizione di autorità si tramuta in ‘ una felicità smisurata che soverchiava le mie malinconie di quegli ultimi tempi ’ avendo l ’ occasione di elaborare verbalmente ciò che per le convenzioni non va detto. Il suo atteggia- 44 Simone de Beauvoir considera quello del ‘ mistero ’ femminile il mito più ancorato nell ’ immaginario maschile. Cfr. De Beauvoir 2008, pp. 256 s. Menarca, pubertà e riti di passaggio Lisa Tenderini 112 mento si fa quindi manipolatore e nel confessare al ragazzo il finto malessere risveglia in lui l ’ aspetto più protettivo, dell ’ uomo forte che deve proteggere la donna debole, preambolo del successivo rovesciamento di ruoli, nel quale Amerigo, riluttante, viene posto contro la sua volontà di fronte al corpo sanguinante della ragazza, nel tentativo di renderlo partecipe del ‘ mistero femminile ’ e dello scatenare in lui una reazione che si avvicina a quella avuta dalla ragazza alla prima visione del proprio sangue. Quello di Jules è un invito a far vivere al ragazzo una versione dell ’ esperienza che possa richiamare il più possibile quanto esperito dalle ragazze: il menarca come un rito di passaggio ineluttabile, tanto fastidioso quanto semplice nella sua biologica naturalità, di cui anche gli uomini devono essere resi partecipi: «Subito intenerito lui si curvò su di me. “ Amerigo ” io dissi con un filo di voce, e non avevo nessuna paura del buio, né della notte, nemmeno di mia madre. “ Vorresti vedere? ” . “ Che cosa? ” . “ Là ” e con una mano presi la sua mano, costringendolo a toccare in quel punto. Amerigo si ritrasse, gridò che non voleva vedere niente. “ Hai un fiammifero? ” ripresi. “ Sì, ne ho, ma a che ti servono? ” . “ Accendine uno ” . Lo forzai ad accenderlo, ma subito si spense. Nel lampo, intravidi i suoi occhi cupi e sbarrati. “ Accendine un altro ” . Avevo tirato su la camicia e me ne stavo nella sabbia in quella posizione, perché Amerigo mi vedesse. Questa volta il fiammifero restò acceso, lui lo riparava con una mano. “ Guarda, ” dicevo “ guarda come fa a uscire ” . Mi ero slacciata rapidamente il pannolino e presagli la mano conducevo la luce del fiammifero verso le mie cosce. Ancora il fiammifero si spense. Amerigo si gettò su di me singhiozzando. “ No, Jules, no ” gridava. Ma io gli feci accendere un nuovo fiammifero, anzi due o tre insieme. [. . .] Lui illuminò il mio ventre, le gambe, venne più vicino, illuminò tutto di me, quella parte segreta.» (RNG, p. 59) L ’ accettazione rassegnata e consapevole del ragazzo si completa con l ’ intimità di quel gesto che tanto ha scandalizzato i lettori dell ’ epoca e la corte: «Rovesciata sulla sabbia, sentivo una goccia di sangue che si faceva strada, che usciva, una grossa goccia di sangue che Amerigo osservò sgorgare con stupore, con smarrimento, incredulo. Fu in quell ’ attimo che lui, lasciati cadere i fiammiferi, si gettò con la testa tra le mie cosce e la sua bocca toccò quel sangue, bevve quella goccia, e piangeva, il suo corpo sussultava dai singhiozzi, intorno era notte, buio e freddo. Io contemplavo il buio e non pensavo.» (RNG, p. 59) Jules lascia ad Amerigo la possibilità di esperire l ’ evento della mestruazione e di rielaborare il significato del divenire donna sul corpo della ragazza, in una sorta di contaminazione e di iniziazione conoscitiva del corpo femminile priva di una qualsiasi esplicita componente sessuale. Il contatto con il sangue mestruale che, Lisa Tenderini Menarca, pubertà e riti di passaggio 113 come rilevato da Julia Kristeva, 45 a differenza di altri fluidi corporei come lo sperma o le lacrime, assume un valore di contaminazione e rappresenta il pericolo per la stabilità sociale all ’ interno di un determinato contesto, suscita nel ragazzo una reazione di stupore, smarrimento ed incredulità: egli non coglie nulla di erotico o di sessualmente eccitante dalla situazione, reagisce con il pianto e toccando con un gesto d ’ intimità privo di sensualità il sangue sulla gamba di Jules. In un rovesciamento di ruoli, il tumulto emotivo (già vissuto dalla) e che spetterebbe alla fanciulla viene passato al ragazzo, mentre Jules resta intellettualmente ed emotivamente indifferente alla scoperta della biologia del corpo femminile compiuta da Amerigo. Oltre la donna-Altro: verso la definizione di un nuovo Soggetto femminile L ’ episodio della prima mestruazione descritto in modo così dettagliato viene richiamato all ’ interno del romanzo in altri due momenti successivi. Il primo riguarda la perdita della verginità di Jules, che la ragazza considera «un impedimento, una convenzione» (RNG, p. 217), il vero ostacolo al suo divenire donna: «Avevo deciso che mi sarei data completamente a [Franco], che lo avrei quasi obbligato a possedermi. Sapevo che ora non sarebbe stato più così difficile, il medico che mi aveva visitato nei giorni precedenti aveva leggermente inciso quella odiosa membrana troppo spessa. Me ne aveva parlato brutalmente. Avevo nausea di me stessa se vi pensavo, ero come una bestia preparata che va al macello, una schifosa bestia con apparenza femminile. Sentivo Franco su di me, stava come nel mare, e io volevo a tutti i costi raggiungere il piacere che mai avevo raggiunto con un uomo. “ Non sono una donna ” continuavo a ripetere a me stessa, quasi con monotonia. “ Fammi diventare una donna ” .» (RNG, p. 216) Ma al termine dell ’ insoddisfacente rapporto sessuale con Franco, racconta Jules «Andai via da lui, in preda allo sgomento senza fine. [. . .] Ero così stanca, così sfinita. Il mio corpo mi pesava, il mio cuore mi pesava; e l ’ anima, dov ’ era fuggita la mia anima? Vedevo con disgusto il lenzuolo macchiato di sangue, la prova ridicola del mio sacrificio, io immolata come un agnello durante le feste di pasqua su un altare. . . eppure Franco aveva posato le labbra su quei segni, come adorasse un mistero divino, come si esaltasse di fronte alla bellezza.» (RNG, pp. 217 - 218) 45 Cfr. Kristeva 2006, pp. 88 - 89, 112 - 113. Menarca, pubertà e riti di passaggio Lisa Tenderini 114 Il parallelismo tra questa scena e la precedente emerge soprattutto dalla reazione dei ragazzi che posano le labbra sul sangue di Jules a segnalare la correlazione, priva di erotismo, tra sangue mestruale e sangue virginale che de Beauvoir fa risalire a miti primitivi («vengono attribuiti terrificanti poteri al sangue virginale, imparentato col mestruo e capace anch ’ esso di annichilire il vigore del maschio» 46 ). È possibile leggere nella reazione di Franco in adorazione di un ‘ mistero divino ’ il segno della componente sacra del sangue virginale che de Beauvoir rileva anche in determinati riti in società a lei contemporanee come un simbolo propizio, legato tuttavia a una componente di possesso maschile della donna inscritta nell ’ atto della deflorazione, «perché in regime patriarcale l ’ uomo è divenuto padrone della donna; e gli stessi poteri che spaventano nelle belve 47 o negli elementi non domati, diventano qualità preziose per l ’ uomo che ha saputo soggiogarli.» 48 Per quanto possa essere azzardato attribuire per traslazione tale valenza di sacralità anche al sangue mestruale, sebbene come notato da Freud vi sia a livello inconscio un legame che li unisce 49 , è indicativo individuare nel riferimento alla nausea un parallelismo tra questa scena e quella del menarca, che tuttavia non deriva dalla componente biologica del rito di passaggio, bensì dall ’ implicazione socio-culturale che corrisponde al divenir donna agognato dalla protagonista. La reazione sgomenta di Jules, che Franco attribuisce alla situazione di lei ancora appesa alla promessa di matrimonio fatta a Lorenzo, è insita nella consapevolezza del limite della biologia come tratto distintivo per una definizione di donna: all ’ identità biologica che il suo corpo le rivela attraverso il mestruo e la tanto agognata perdita della verginità non corrisponde ciò a cui la ragazza aspira 50 . Fatto che la porta a rimettere in discussione anche il terzo livello della differenza sessuale che aveva contemplato con l ’ arrivo del menarca, ovvero l ’ assunzione del ruolo socio-culturale cui era destinata in quanto donna-Altro. In un ’ immaginaria confessione a Lorenzo, Jules ammette « “ Vedi, Lorenzo, tu non perdi niente a lasciarmi andare. Non sono la creatura adatta a te, la moglie per te. [. . .] Tu credi che io sia quello che hai sempre 46 De Beauvoir 2008, pp. 172 - 173. 47 ’ bête ’ nell ’ originale francese. 48 De Beauvoir 2008, pp. 173 - 174. È interessante notare che in questa situazione Jules si paragona a una ‘ bestia ’ (RNG, p. 216). 49 In un articolo dedicato al tabù della verginità Sigmund Freud individua il collegamento inconscio, registrato in alcuni soggetti, tra mestruazione e deflorazione, in quanto versamenti di sangue che rimandano a una forma di lesione o violenza fisica (Freud 1966 [1947], pp. 166 - 167). 50 «La verginità [. . .] la sciocca verginità [. . .]. Ma che cosa mai ho raggiunto? Adesso so che non posso fare più nulla, i miei sensi sono intorpiditi, non bruceranno mai» (RNG, p. 217). Lisa Tenderini Menarca, pubertà e riti di passaggio 115 pensato, idealizzato, mentre eri alla guerra, o adesso mentre studiavi, mentre cercavi la tua vita per tutti e due. Io invece sono un ’ altra. Piena di difetti, di incomprensioni, di bugie, di impulsi santi o perversi, questo non lo so, ma sempre impulsi. Io vivo soltanto per l ’ istinto. Tu, per la ragione. Io vivo per il mio corpo, aspetto dal mio corpo qualcosa che non avrò mai, che forse nessuno mi darà mai. Potrei sposarti, mentirti, e tu crederesti alla felicità, ma non posso farlo, ho paura delle conseguenze, dei giorni che verranno. No, non sposerò nemmeno Franco, non sposerò nessuno. Gli uomini, te, Franco e tutti, mi fanno veramente orrore. Anzi schifo, come diceva Lia. ” » (RNG, p. 219) Con questo passaggio e questa consapevolezza del rifiuto dell ’ assunzione del ruolo patriarcale subalterno e svalorizzato della donna come moglie («mentre cercavi la tua vita per tutti e due»), del genere maschile in generale, dell ’ essere oggetto, l ’ Altro funzionale alla definizione ex negativo dell ’ uomo, terminano i flashback e si ritorna al racconto del venticinque agosto introdotto in apertura (RNG, p. 16) 51 . Passeggiando in una zona periferica e semiabbandonata di Venezia, scenario di paurose leggende ed attrazione per giovani coppie di amanti, Jules si imbatte in un ragazzo, Siro, al quale lei cela il suo nome e a cui si concede, spinta da un misto di desiderio, indifferenza e rassegnazione: «Nell ’ attimo in cui Siro mi possedeva, [. . .] io non provavo niente, se non quel pesante disgusto, quella terribile disperazione. [. . .] “ Mi vergogno, mi vergogno! ” avrei voluto dire. “ Mi sono avvilita volontariamente, ho cercato un altro uomo, ma tutto è stato inutile. Mi sono data a quest ’ uomo come una donna di strada, avida soltanto di un contatto, e ho creduto che la felicità sarebbe arrivata anche per me, che anch ’ io avrei potuto amare completamente qualcuno.» (RNG, p. 223) Lo sguardo di Jules si sofferma poi sul sesso del ragazzo che «come un fiore appassito stava lì rattrappito in se stesso, [. . .] uno straccio di carne svuotata, un volgare aggeggio che mi procurava soltanto angoscia, e nausea insieme» (RNG, p. 223) e la fa tornare con la memoria agli anni dell ’ infanzia e ai precetti del catechismo accusando sé stessa di aver «per lui [. . .] dimenticato la voce della ragione» (RNG, p. 223) venendo soverchiata dall ’ impurità, ridotta al ruolo di oggetto del piacere sessuale del maschio, per cui prova un senso di nausea. Nausea che rimanda all ’ episodio del menarca, in cui era accentuata dalla visione del corpo 51 La descrizione di quel venticinque agosto iniziata nelle prime pagine del romanzo è contrassegnata da una serie di immagini legate al colore rosso: tra queste si segnala il riferimento a una copia de La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne, romanzo paradigmatico sull ’ esclusione di una donna che non si conforme ai dettami del sistema socio-culturale puritano in cui è inserita: in quanto A-dultera è pubblicamente definita Altra. Menarca, pubertà e riti di passaggio Lisa Tenderini 116 femminile di Serafina, e alla scena del primo rapporto con Franco, in cui era lei stessa a definirsi nauseante, come manifestazione del rigetto, del rifiuto della differenza biologica, sessuale, di genere che il menarca culturalmente afferma. Ciò scatena nella ragazza ‘ una collera fredda ’ e una voglia di vendetta: «odiai il mio prossimo, l ’ umanità tutta intera, con le sue leggi, le sue ipocrisie, tutta la società di cui facevo parte. Odiai me stessa, mia madre, il ventre di mia madre da cui ero nata, e mio padre che mi aveva concepita con lei. Odiai i miei anni da bambina, le scoperte di quegli anni. I discorsi della gente, le insinuazioni, le malizie che tutti continuavano ad avere.» (RNG, p. 224) Jules in una sorta di epifania respinge la portata dei riti di passaggio vissuti sul suo corpo, le leggi e le costrizioni socio-culturali nelle quali si è trovata inserita, la propria identità nell ’ essere ancora definita dai discorsi patriarcali e dal legame con chi l ’ ha generata. La reazione, sospesa tra realtà e fantasia, è violenta e radicale: «Avevo tra le mani quel temperino [. . .,] lo aprii, e spinta da una furia che mi atterriva, ma che mi portava avanti a fare qualcosa di definitivo, presi a vibrare all ’ impazzata colpi su quel sesso di ragazzo, su quel floscio intrico di nervi e carne, che poco prima mi aveva posseduto. Come non ricordare l ’ urlo di lui, quel grido che mi trapassò? E il sangue che sgorgava, mentre io ormai in piedi, continuavo a straziarlo, a colpirlo, o forse era tutto un sogno, una fantasia della mia mente malata. . .» (RNG, p. 225) Il sangue irrompe nuovamente sulla scena. Il superamento concreto e simbolico del complesso di castrazione culmina nel nuovo tentativo di contaminazione, nel rendere l ’ uomo partecipe del ruolo svolto dal sangue nei riti di passaggio femminili. In un rovesciamento delle dinamiche di potere, la donna si sottrae alla definizione culturalmente e socialmente costruita di subalternità attribuitale con il primo sanguinamento. Il sesso del ragazzo straziato dai tagli del temperino, e il ‘ sangue che sgorgava ’ richiamano ‘ la ferita ’ e ‘ la vena che si rompe ’ di cui parlava Amerigo messo di fronte al menarca di Jules. Il sesso del ragazzo viene inoltre descritto come ‘ fiore ’ - termine che sin dal Roman de la rose indica il sesso femminile, nonché tradizionalmente associato anche ai mestrui 52 - «come un fiore malvagio, prepotente, indocile e brutale, ecco che io vidi il suo sesso ergersi» (RNG, p. 222), «il suo sesso come un fiore appassito stava lì rattrappito in se stesso» (RNG, p. 223). I due sessi vengono quindi portati su un piano egualitario: da un lato, non è solo la donna ad essere rappresentata dal manque ma anche l ’ uomo evirato; 52 Si vedano gli studi di Monica H. Green sui trattati medievali della Scuola di Salerno (XI secolo) e le relative traduzioni diffusesi nell ’ Europa tardo-medievale nei quali ci si riferisce ai mestrui come ‘ fiori ’ in quanto metafora di fecondità. (Cfr. Green 2001, p. 21 s.). Lisa Tenderini Menarca, pubertà e riti di passaggio 117 dall ’ altro, in quanto entrambi sono dotati di sessi (fiori) sanguinanti. Jules risolve con questo atto il complesso di castrazione, in modo altro rispetto alle teorie freudiane: rigetta la madre e il padre («Odiai con lei [. . .] mia madre, il ventre di mia madre da cui ero nata, e mio padre che mi aveva concepita con lei»), ma anche l ’ idea di possedere il fallo attraverso l ’ uomo e la maternità secondo i costrutti patriarcali («odiai il mio prossimo, l ’ umanità tutta intera, con le sue leggi, le sue ipocrisie, tutta la società di cui facevo parte»). «Camminavo ora più composta, verso l ’ albero del diavolo, [. . .] lasciai cadere a terra [il temperino]. “ Non inciderò sulla corteccia nessun nome ” dissi a voce alta. “ Io non conosco nessuno ” . E adesso che avevo deciso questa cosa, una straordinaria pace, quasi una beatitudine, scese dentro di me. Ero come rassegnata, accettavo il mio destino. Sapevo quello che mi aspettava; conoscevo già la profonda malinconia, l ’ inevitabile malinconia, che da quel momento in avanti non mi avrebbe più lasciata. [. . .] Andai [sull ’ ultimo ponte] e tenni lo sguardo fisso in avanti, costringendomi a non voltarmi indietro.» (RNG, pp. 225 - 226) Senza addentrarsi in interpretazioni psicanalitiche, per concludere, pare più pertinente evidenziare come con questa forma di mestruazione vicaria, che richiama con parallelismi anche lessicali gli episodi del menarca e la scena del primo rapporto sessuale, si compia il percorso di formazione del personaggio. Si realizza l ’ affermazione dell ’ Io, di un Soggetto che, nel suo essere senza nome, annulla l ’ ambiguità insita in Giulio («Non inciderò sulla corteccia nessun nome»), e che dichiarando «Io non conosco nessuno» si sottrae alle definizioni ex negativo da parte di chi, nel differenziarsi da lei, la renderebbe un oggetto. In una sorta di menarca del Soggetto l ’ episodio demarca la soglia tra passato, legami famigliari, discorsi e costrutti socio-culturali e un destino ignoto, da Soggetto attivo, pronto all ’ auto-definizione nel suo essere ‘ Altro ’ slegato dalla definizione maschile. Nel narrare la formazione di un Soggetto femminile che prende parola e si ribella al ruolo socialmente e culturalmente costruito di donna-Altro, e attraverso un ’ indiretta critica alla donna che acquiesce acriticamente a tali definizioni, Milena Milani decostruisce il momento biologico che decreta l ’ assegnazione di tale ruolo. La centralità del menarca di Jules e degli episodi che vi rimandano evidenziano la modernità dell ’ opera nel proporre un contro-discorso al discorso dominante, esemplificato da quanto riportato nelle sentenze e dallo scandalo suscitato, secondo cui la mestruazione va taciuta, celata, vista con vergogna e disgusto. Avanzando una forte critica al patriarcato, Milani si propone come una voce che precorre il dibattito femminista degli anni Settanta anche per l ’ aver dato dignità letteraria, mettendola al centro della narrazione, alla mestruazione e alla sua evidente, ma taciuta, portata socio-culturale e discorsiva. Menarca, pubertà e riti di passaggio Lisa Tenderini 118 Abstract. In diesem Beitrag wird der Roman La ragazza di nome Giulio von Milena Milani vorgestellt, dessen Veröffentlichung 1964 zu einem Skandal führte aufgrund angeblich obszöner Inhalte bezogen auf eines der Hauptthemen des Romans, den Menstruationszyklus der Protagonistin. In einer Analyse der entsprechenden Abschnitte des Textes vor dem Hintergrund theoretischer Überlegungen zu Pubertät und soziokultureller Bedeutung der Menstruation von Simone de Beauvoir in Le deuxième sexe wird gezeigt, wie die Identitätssuche des erzählenden Ich zur Definition eines autonomen Subjekts/ Objekts führt, welches sich von der sozial als ‘ Anderes ’ definierten weiblichen Rolle distanziert und die tradierten patriarchalen Rollenzuschreibungen im Allgemeinen zurückweist. Milani dekonstruiert die biologische Zuweisung dieser Rollen, indem sie die Bildung eines weiblichen Subjekts erzählt, das sich gegen die sozial und kulturell konstruierte Rolle der ‘ Frau als Anderes ’ auflehnt. Milani erweist sich durch ihre starke Kritik am Patriarchat als eine innovative weibliche Stimme, die dem Thema des weiblichen Zyklus und dessen zwar offensichtlicher, aber unausgesprochener soziokulturellen und diskursiven Bedeutung literarische Würden verleiht. Summary. The article offers a study of the novel La ragazza di nome Giulio (A Girl Called Jules) by Milena Milani, which caused a scandal due to its alleged obscenity following its publication in 1964, by examining one of the central and most provocative themes addressed in the text, namely the menstrual cycle of the protagonist. Through her first menstruation and the related intratextual references, as well as considering the theoretical framework on puberty and the sociocultural significance of menarche provided by Simone de Beauvoir in Le deuxième sexe, the narrator ’ s search for identity leads to the definition of an autonomous Subject that distances itself from the socially defined female role as the ‘ Other ’ through the rejection of traditional patriarchal constructs and gender roles. By narrating the formation of a female Subject who rebels against the socially and culturally constructed role of woman-as-Other, Milani deconstructs the biological moment that determines the assignment of this role. By advancing a strong critique of patriarchy, the author stands out as an innovative feminist voice capable of assigning literary dignity to the menstrual cycle and its evident but unspoken socio-cultural and discursive significance. Bibliografia — : «Appello - È osceno o no il romanzo della Milani? », in: Corriere milanese, 21 - 22 nov. 1967. — : «Assolta - Non è osceno il romanzo della Milani,» in: Corriere milanese, 22 - 23 nov. 1967. Lisa Tenderini Menarca, pubertà e riti di passaggio 119 Armano, Antonio: Maledizioni. Processi, sequestri e censure a scrittori e editori in Italia dal dopoguerra a oggi, anzi domani. Torino: Nino Aragno Editore 2013, con allegato CD di materiale giudiziario. Barcella, Gianfranco: Invito alla lettura di Milena Milani. 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