eJournals Italienisch 45/89

Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.24053/Ital-2023-0008
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2023
4589 Fesenmeier Föcking Krefeld Ott

La presenza di Dante nell’ultima poesia italiana

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2023
Matteo Fantuzzi
Die Präsenz Dantes in der italienischen Lyrik ist eine weithin anerkannte Realität. Drei aktuelle Beispiele werden in diesem Artikel vorgestellt. Wenn einerseits in dem Band Suite Etnapolis (2019) von Antonio Lanza der Bezug zu Dante auf der inhaltlichen Ebene durch den Vergleich zwischen dem Einkaufszentrum Etnapolis in Sizilien und dem dritten Gesang des Inferno zum Ausdruck kommt, greift andererseits Isabella Leardini in ihrer Sammlung La coinquilina scalza (2004) Dantes narrative Struktur auf. Die Gedichte in Una stagione d'aria (2017), die Leardini selbst verfasst hat, stehen hingegen in der Art einer «zeitgenössischen Neuübersetzung» im Dialog mit den Dantes Versen. Giulia Martini scheint die Summe der beiden vorangegangenen Dichterinnen zu sein, indem sie sich Dantes Gedicht in der Sammlung Coppie minime (2018) sowohl inhaltlich als auch strukturell nähert, z. B. durch die Verwendung von Minimalpaaren und dem ugolinischen Hypotext.
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96 DOI 10.24053/ Ital-2023-0008 MATTEO FANTUZZI La presenza di Dante nell’ultima poesia italiana Gli esempi di Antonio Lanza, Isabella Leardini e Giulia Martini E quella a me: «Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria; e ciò sa ’l tuo dottore.» Dante Alighieri: Inferno V, vv. 121-123 1 Antonio Lanza È proprio un’immagine dantesca a suggerire ad Antonio Lanza 1 la possibilità di scrivere un poemetto su un centro commerciale, in particolare su quello che al tempo della fondazione nel 2005 era per metri quadrati il più grande centro commerciale d’Europa: Etnapolis, sorto ai piedi dell’Etna, progettato da Massimiliano Fuksas durante la crisi economica che ha connotato i primi anni del nuovo millennio. L’idea originaria scaturisce da una visione, spalancatasi davanti agli occhi dell’autore grazie all’improvviso riaffiorare alla mente di alcuni versi, mentre si trovava una domenica ai piedi delle scale mobili del centro commerciale, quelle che dal piano terra portano al primo piano, affollate al punto da doversi fermare e aspettare - in tanti, e forse troppi - il turno per salire. Ecco così riaffiorare il terzo canto dell’ Inferno, non senza l’interferenza della celeberrima ripresa eliotiana, «e dietro le venìa sì lunga tratta / di gente, ch’i’ non averei creduto / che morte tanta n’avesse disfatta». 2 Al posto di una folla di acquirenti che occupa ordinatamente le scale mobili appare chiara la visione dei trapassati e una città infera al posto del centro commerciale. Ma dietro quale bandiera stanno andando questi uomini? E quale pena stanno scontando? Il passaggio a questo punto è obbligato: dagli ignavi danteschi, punti da tafani e vespe e affannati dietro una ’nsegna , passando per la folla di impiegati pendolari della City che scorre sul London Bridge, fino ai numerosi avventori 1 Nato a Paternò in provincia di Catania nel 1981. 2 Alighieri 1321 ( Inferno III, vv. 55-57). Matteo Fantuzzi La presenza di Dante nell’ultima poesia italiana 97 di Etnapolis sulle scale mobili, abbagliati dalla merce e ottusi dalla musica. Da quella sensazione emerge l’occasione per scrivere. Le scale mobili del primo piano sono lingue senza saliva per ora, cigolano e ripetono il giro. Augura una piacevole permanenza alla gentile clientela la voce femminile registrata che avvisa ETNAPOLIS APRE; e c’è luce, calore umano e musica e merce a attendere in ciascuna delle attività commerciali. Etnapolis di etnapolis, tutto è etnapolis: non c’è centimetro o angolo a Etnapolis che non sia etnapolis. 3 Il modello dantesco ha continuato ad agire in tutta la stesura di Lanza, ne è spia evidente l’ultimo verso della prima strofa: «con fiamme di logo al sommo delle porte» che riprende «queste parole di colore oscuro / vid’io scritte al sommo d’una porta» ancora dal terzo canto. 4 L’iscrizione sulla porta dell’inferno che ammonisce dichiarando l’unicità e l’eternità del luogo si moltiplica qui in decine e decine di coloratissime e transitorie insegne poste sopra gli ingressi dei vari negozi. L’autore così suggerisce al lettore l’idea di stare in realtà entrando in un inedito, insospettabile, persino accogliente spazio contemporaneo: lo sferragliare dei carrelli al posto dei sospiri e dei pianti, le voci metalliche degli altoparlanti in luogo delle parole di dolore e degli accenti d’ira, avventori dai polpacci pelosi e commessi al bar per il primo caffè, anziché dannati dal volto rigato di lacrime e sangue. Suddiviso in sette sezioni, sette come i giorni della settimana - da domenica a sabato - in cui si dipanano le storie dei personaggi, Suite Etnapolis è un lungo poemetto costruito secondo precise corrispondenze. Ogni sezione si chiude con una voce anonima, graficamente separata dal testo che la precede attraverso l’impiego dei puntini sospensivi, che dalla terrazza di Etnapolis guarda in basso, descrive le ultime cose del giorno e fa considerazioni generali sul centro commerciale. Questa voce, probabilmente del narratore ma non meglio specificata, non è presente invece nella sola quarta sezione, Mercoledì , che occupa la parte centrale del poemetto e nella quale si interrompe la dimensione poematica, non compaiono i personaggi e i testi sono brevi e accompagnati da titoli: Le Silenziose , Manichini I, Allarmi, Manichini II e Voci dagli altoparlanti I, II, III, IV . 3 Lanza 2019, p. 11. 4 Alighieri 1321 ( Inferno III, vv. 10-11). La presenza di Dante nell’ultima poesia italiana Matteo Fantuzzi 98 Una scansione in tre macrosezioni risulta, se non proprio dichiarata, almeno suggerita dalle tre epigrafi, poste una all’inizio del poemetto, la seconda a introdurre Mercoledì e la terza all’apertura di Giovedì , secondo una tripartizione riassumibile secondo lo schema: 3 ( Domenica, Lunedì, Martedì ) + 1 ( Mercoledì ) + 3 ( Giovedì, Venerdì, Sabato ). La suddetta ripartizione, con una costruzione ‘a specchio’, dove Mercoledì assume la funzione di sezione cuscinetto tra le due più grandi, è determinata da ragioni soprattutto stilistiche. Mentre infatti nel primo blocco troviamo la dimensione poematica con l’uso esclusivo del verso, nell’ultimo blocco - dove il respiro poematico viene recuperato, dopo la breve parentesi più frammentaria della sezione precedente, Mercoledì -, al verso si aggiunge anche la prosa. Per la varietà degli stili, per l’escursione linguistica, per la dimensione narrativa e per la struttura intesa come parte integrante e inscindibile dell’opera ancora una volta il modello dantesco è stato di certo costitutivo nella costruzione di Suite Etnapolis (si vedano ad esempio certe ricorrenze strutturali della Commedia , come il tema politico sviluppato in ogni sesto canto delle tre cantiche). Il testo ambisce al respiro ampio del poema, costruendosi uno stile polifonico nell’accezione indicata da Contini: «Lo stile è il modo che un autore ha di conoscere le cose. Ogni posizione stilistica, o addirittura direi grammaticale, è una posizione gnoseologica» 5 . Una poesia come durata quindi, che desiderando liberarsi dalla pura intensità momentanea si avvale anche del Tempo come ulteriore ‘personaggio’. Va sottolineato inoltre che il recupero delle forme lunghe in poesia non è così sporadico negli ultimi anni 6 e risponde in queste ultime generazioni probabilmente a un bisogno di complessità sempre più sentito per arginare la frammentarietà di un mondo che, disperdendosi in rivoli di link , di linguaggi settoriali, di specializzazioni e sottospecializzazioni, di microcompetenze, tende spesso a sfuggire di mano e a disperdere i significati. Desiderando costruirsi una lingua mobile, all’occorrenza alta ma senza stonature, rasoterra ma non sciatta, una lingua che facesse frizione con l’orizzontalità del tema dato (il centro commerciale), in Suite Etnapolis Lanza ha spesso usato - ancora per collegarsi a Dante - diversi parasintetici: affossare («il sole che si affossa») 7 , affocare («dalla città affocata»), 8 appietrare («appietrata come da bimba»), 9 imbestiarsi («e al caso / imbestiarsi per esso»). 10 Si tratta di una tendenza quasi inconscia - affermerà l’autore - per far salire la temperatura del 5 Contini 1939, p. 242. 6 Si veda sull’argomento Frungillo 2017. 7 Lanza 2019, p. 26. 8 Buffoni 2017, p. 129. Nel XIII Quaderno si può trovare una prima versione dell’opera. 9 Buffoni 2017, p. 130. 10 Lanza 2019, p. 53. Matteo Fantuzzi La presenza di Dante nell’ultima poesia italiana 99 «‘letterario’», tendenza dopo le prime stesure considerata in alcuni casi inutile, in altri con effetti che ‘scadevano addirittura nel ridicolo’. È stato così che, dalla prima uscita parziale nei Quaderni di Poesia editi da Marcos y Marcos ( XIII Quaderno ) all’edizione definitiva pubblicata da Interlinea, vengono bilanciati alcuni registri, evitando anche smottamenti gratuiti verso il crinale opposto, quello basso e triviale. Solo così l’autore ha reputato di avere mantenuto un certo lirismo non autoreferenziale, unitamente però a una forte dimensione narrativa, aggirando da un lato il rischio del falsetto e dall’altro che i pur minimi snodi della trama potessero cedere. Se è valida, se non ha smottamenti o cadute, è la lingua, insieme alla forma, che colloca politicamente Lanza rispetto al racconto in Suite Etnapolis , dove non viene mai presa, ad esempio, esplicita posizione anti-capitalistica o anti-consumistica, ma si lascia che sia lo stile a compiere la funzione nei riguardi del lettore. 11 Non è infatti un tema politico - il lavoro, nello specifico caso - che fa questa poesia ‘politica’, bensì lo stile - la prospettiva da cui si prova a guardare a quel mondo - che è già di per sé una presa di posizione nei confronti del mondo. 12 Ma è proprio su questo piano dei rapporti percentuali tra formale e sostanziale nel dettato poetico che si sta consumando buona parte del dibattito interno alla poesia italiana, con posizioni spesso in dialogo ma difficilissime da conciliare, in una proposta eterogenea che sembra da un lato accontentare un mondo specialistico ma risultare dall’altro ben più fragile nel soddisfare un pubblico più vasto di lettori, preparati e non, consapevoli e non. 13 2 Isabella Leardini A una maggiore spinta verso un lettore complessivo sembra arrivare la poesia di Isabella Leardini. 14 Per molto tempo la sua poetica è stata impostata attorno all’idea del canzoniere d’amore, 15 eppure nel farlo l’orientamento non si è attestato su Petrarca bensì su Dante, e in particolare sulla Vita Nova studiata nei primi anni universitari a Bologna proprio nel periodo in cui prendeva forma l’esordio La coinquilina 11 Si veda in questo senso Castiglione 2020. 12 Si veda in questo senso il testo Manichini I, p. 41-42 dove la ripetizione protatta del termine riportato anche nel titolo accentua non solo la sensazione disforica ma anche l’aumento della sensazione accumulatoria tipico del consumismo occidentale. 13 Si veda in questo senso Mazzoni 2005, Afribo 2019, Buffoni 2021. 14 Nata a Rimini nel 1978. 15 Si veda in questo senso Donzelli 2018. La presenza di Dante nell’ultima poesia italiana Matteo Fantuzzi 100 scalza. 16 Centrale nel libro è la dimensione narrativa, il suo procedere per segni e minimi eventi, la tensione continua all’incontro che ogni volta si fa miracolo, apparizione, simbolo, e il dialogo interno e ininterrotto con Amore. Altrettanto di Beatrice, a colpire Isabella Leardini è il suo essere viva eppure evanescente, il suo apparire per minimi gesti fondamentali. Questo dialogo segreto con la Vita Nova non si esplicita però in maniera manifesta nel libro d’esordio, anche se permane comunque un’ossessione numerica ricorrente. Le poesie sono dodici in ogni sezione, così come Dodici stelle tra la fronte e gli occhi era il titolo provvisorio iniziale poi rimosso. In Una stagione d’aria , 17 il riferimento dantesco è messo in chiaro in più punti. I versi in esergo alla prima sezione 18 sono tratti dal V canto dell’ Inferno e hanno la funzione di racchiudere il tema del libro e al contempo una delle linee simboliche ricorrenti. «E come li stornei ne portan l’ali / nel freddo tempo, a schiera larga e piena». 19 Con tre metafore legate al volo degli uccelli vengono presentati i lussuriosi nella Commedia ; questa è la prima con cui Dante ce li mostra, con una nube nera di stormi che attraversano il cielo dell’inverno. Volano veloci davanti ai nostri occhi quelli che «la ragion sommettono al talento». 20 Questa nube di anime lussuriose attraversa il cielo di Una stagione d’aria a sottolineare immediatamente il contrasto, il tema profondamente celato, la metafora di voli che attraversa tutta la dimensione aerea del libro, in cui l’aria non è solo levità ma anche turbinoso tormento del non poter toccar terra, battito frenetico d’ali, e nello stesso tempo possibilità di rinsaldare da subito il legame con il luogo che si intreccia nell’intero libro attraverso la figura emblema (ancora una volta) di Francesca da Rimini. In una breve poesia, che si trova quasi al centro del libro, il riferimento esplicito invece è alla Vita Nova , a ciò che Dante dice di Beatrice nelle pagine finali, quando indica che scriverà per l’amata quel che nessuno ha scritto per nessun altro 21 , e che in Isabella Leardini assume contorni più prosastici: «Vorrei dire che dirò per te / quel che nessuno ha detto per nessuno / La verità è che tutto quello che volevo / era dormirti vicino così tanto / da abituarmi ai colpi del tuo cuore.» 22 Un altro riferimento dantesco si trova in questa poesia, esplicita nel corsivo iniziale: « Ma io restavo immobile allo specchio / una Rachele salva nell’orrore ». 23 16 Edito da La vita felice nel 2004 con l’apporto fondamentale di Milo De Angelis che ne firmerà anche la prefazione. 17 Edito da Donzelli nel 2017. 18 Leardini 2017, p. 9. 19 Alighieri 1321 ( Inferno V, vv. 40-41). 20 Alighieri 1321 ( Inferno V, v. 39). 21 Riferimento a Alighieri 1294, XLII. 22 Leardini 2017, p. 43. 23 Leardini 2017, p. 33. Matteo Fantuzzi La presenza di Dante nell’ultima poesia italiana 101 In questa poesia la figura di Rachele è quella che Dante mostra nella Divina Commedia , quando per bocca della sorella Lia nei versi del Paradiso Terrestre viene descritta come colei che non si stanca mai di guardarsi allo specchio: «Per piacermi a lo specchio, qui m’addorno; / ma mia suora Rachel mai non si smaga / dal suo miraglio, e siede tutto giorno. / / Ell’è d’i suoi belli occhi veder vaga / com’io de l’addornarmi con le mani; / lei lo vedere, e me l’ovrare appaga.» 24 Le due figure bibliche rappresentano la vita attiva e la vita contemplativa: Lia rappresenta la vita attiva ed è brutta ma fertile, la sorella Rachele, che rappresenta la vita contemplativa, è bellissima ma sterile. Dante ce la rappresenta in questa immobilità che non si appaga di vedere, e nei suoi versi Isabella Leardini immagina che Rachele nello specchio non possa distogliere lo sguardo neppure di fronte al mostruoso di sé, all’elemento doloroso dell’impossibilità di procreare. Tanto che la figura di Rachele rappresenta la vita contemplativa che per compiersi e toccare il suo punto più alto desidera cambiare stato, farsi attiva, generare. La vita attiva raggiunta da Rachele passa attraverso la sua natura contemplativa, non ‘semplice’ ma conquistata. Con molte preghiere e a costo della morte Rachele nella Bibbia farà ciò e potrà generare un figlio. Nei versi di Una stagione d’aria la figura di Rachele si accosta invece a quella della Sirenetta della fiaba di Andersen, anch’essa figura simbolo di vita contemplativa, natura di canto e di aspirazione all’immortalità, che per compiersi desidera la completezza al punto da cadere in un inganno. «I desideri più banali vanno in sorte / alle figlie più strane le incoscienti / che si giocano la voce per le gambe / e perdono lo scoglio e tutto il mare.» 25 Questo nucleo immaginale si è trasferito dalla poesia al percorso saggistico dell’autrice: l’esercizio di Rachele viene riproposto in Domare il drago , 26 indicando il compito di scrivere fissandosi nello specchio fino a scoprire l’alterità dell’attitudine contemplativa, e la figura della Sirenetta è riportata come emblema di patto ingannevole con il silenzio se si rinnega la propria natura, da cogliere anche se dimezzata e mortale. A Dante l’autrice deve anche la misura metrica, l’allenamento all’endecasillabo che è diventato il verso naturale della sua poesia. La fedeltà è, per Isabella Leardini, quasi una condizione inevitabile per chi incontra Dante sul sentiero della propria scrittura, perché «A quella luce cotal si diventa, / che volgersi da lei per altro aspetto / è impossibil che mai si consenta» 27 . 24 Alighieri 1321 ( Purgatorio XXVII, vv. 103-108). 25 Leardini 2017, p. 33. 26 Si fa riferimento a Leardini 2018. 27 Alighieri 1321 ( Paradiso XXXIII, vv. 99-101) La presenza di Dante nell’ultima poesia italiana Matteo Fantuzzi 102 L’aspetto della fedeltà al testo-madre e all’autore-madre anche nel senso di fertilità autorale assume con Isabella Leardini punte particolarmente elevate: la vicinanza a Dante fa comprendere la possibilità di un continuo rimodellamento delle dinamiche di scrittura. Se i temi sono universali e i testi iconografici, questa continua ritraduzione contemporanea con altre vicende e nuove prospettive linguistiche pone l’opera di Dante all’interno di un contesto in cui ogni autore necessariamente deve in qualche modo entrare. Potremmo in questo senso parlare di Dante come di un alfabeto necessario per comporre il fraseggio di ogni singolo autore contemporaneo e al tempo stesso, per ogni lettore, per comprendere la possibilità poetica della scrittura proposta. 3 Giulia Martini Sommatoria degli ultimi due autori citati pare essere infine l’esperienza di Giulia Martini, 28 in cui il rapporto con Dante sembra agire su due diversi piani: quello della struttura, dell’organizzazione interna del libro, e quello del contenuto, del modo in cui l’esperienza soggettiva viene rappresentata. In entrambi i casi, la forma nella quale questo rapporto si manifesta è quella della ripresa con rovesciamento. Dal punto di vista dell’organizzazione interna, Coppie minime 29 si suddivide in quattro sezioni interne. 30 Come emerge dai titoli di sezione, la raccolta è incorniciata da, e fondata su, un problema legato alla dicibilità, che si sviluppa nell’arco dei testi nei termini di un percorso conoscitivo che si muove tuttavia dal dato meno dicibile - il deserto della prima sezione corrisponderebbe infatti all’enunciazione del rimosso - al dato più dicibile, all’estrema facilità dell’enunciato - l’ultima sezione comincia infatti con una tesi totale: «Marta non m’ama ed io non l’amo». 31 In questo senso, rispetto al modello della Commedia , dove il soggetto lirico prosegue inesorabile verso l’indicibile per eccellenza (il volto di Dio), il modulo è quello del rovesciamento. Anche la volontà di costruire una raccolta strutturata su più livelli (per esempio come già in Leardini, quello numerico) è una sorta di eredità (definita dall’autrice nostalgica) del modello della Commedia . Scrive a proposito Claudia Corti: 32 «La raccolta si configura come un canzoniere in absentia (o in morte), dal momento che ci mostra una relazione amorosa finita, una distanza ormai irrecuperabile. Ci offre anche, nel loro manifestarsi, tormenti, tremori, desideri legati ad una storia d’amore 28 Nata a Pistoia nel 1994. 29 Edito da Interno Poesia nel 2018. 30 Deserto per modo di dire, Coppie minime, Voci correlate e Ma se la rivedessi, che direi? 31 Martini 2018, p. 117. 32 Corti 2021, pp. 308-309. Matteo Fantuzzi La presenza di Dante nell’ultima poesia italiana 103 che si consuma nel paesaggio urbano fiorentino. Si riprende, se si vuole, un topos classico della poesia occidentale, quello dell’assenza dell’amata, dell’ amor de lonh , trattato con infinite variazioni, dalla tradizione trobadorica fino ad arrivare alla Vita nova di Dante e oltre. Ma la tradizione viene scardinata, o meglio solo utilizzata, in quanto il lamento d’amore si esprime in una lingua poetica guizzante, imprevedibile, per questo sorprendente, che va in infinite direzioni, che gioca anche beffardamente con i senhal sull’assenza (di Marta), proponendo accostamenti inusitati, enumerazioni, riprese, paronomasie, giochi fonici di ogni tipo. Lai e guai, insomma. [… Il] volume mostra una ricchezza straordinaria del linguaggio e delle soluzioni linguistiche, una stupefacente polifonia, un dispiegarsi ininterrotto di citazioni, rimandi e frammenti linguistici, ‘funambolismi’ serissimi, senhal allusivi. Anche il titolo della raccolta, ricavato dalla linguistica, ci porta dritti al cuore tematico: minime sono le coppie di parole in cui la variazione fonica, lo scarto di un fono cioè, assume una immediata valenza semantica, diventa scarto di significato. Giulia Martini punta sulla coppia ‘me-te’, che radicalizza e riduce all’osso il discorso sulla relazione (d’amore), sul rapporto con l’altro/ a, condannandolo ad una insuperabile distanza.» La raccolta si struttura attorno al concetto linguistico delle coppie minime anche da un punto di vista numerologico. I 95 testi che la costituiscono sono infatti ripartiti fra le quattro sezioni, in modo che la stessa cifra si ripeta nell’unità e nella decina, creando quindi una coppia numerica in cui l’elemento minimo è proprio lo zero: la prima sezione conta dieci testi, la seconda settantasette, la terza uno, la quarta sette (10, 77, 1, 7). Un’ulteriore lettura è quella permessa dalla divisione della raccolta in due parti uguali, con un testo che rimane quindi, nella logica della simmetria, tagliato fuori, ovvero il quarantottesimo (47+1+47= 95): «Vado verso / quella vocale lì / / col cinquantuno delle venti e trenta». 33 Si tratta di un testo che fa da perno centrale anche da un punto semantico, come indicherebbe il riferimento dell’ultimo verso all’autobus di linea cinquantuno che copre regolarmente la tratta Quarrata - Firenze, metaforico del viaggio esistenziale dell’individuo alla scoperta del fuori (espansione) e del nostos (ritorno a casa): «e reducemi a ca per questo calle» 34 . Procedendo con due esempi testuali di ripresa con rovesciamento: «Derelitto nel frigo l’ultimissimo avanzo di tannino e proteine, la zuppa di rabarbaro, la fine mentre leggevo Sbarbaro, Pianissimo - se la mangiassi, sarebbe un delitto. 33 Martini 2018, 34 Alighieri 1321 ( Inferno XV, v. 54). La presenza di Dante nell’ultima poesia italiana Matteo Fantuzzi 104 Per colpa sua si compirà il delitto, perché più del dolor poté il digiuno. Ma che vuoi che ti dica? Io mi son uno che se ha fame mangia, pago l’affitto preparo buone cene e vado a letto. Era il piacere di rientrare a letto cercandola nel buio pian pianino lasciando perdere sul comodino i libri che volevo e non ho letto. E poi sentii chiavar l’uscio di sotto.» 35 In questo componimento, è riconoscibile l’ipotesto ugoliniano del XXXIII canto dell’ Inferno . Tuttavia, se nel testo di Dante ha fatto fortuna nella storia la criticità del v. 75, «Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno», adesso quell’ambiguità viene disinvoltamente disambiguata («Ma che vuoi che ti dica? Io mi son uno / che se ha fame mangia»), per creare, nel verso finale, un’ambiguità nuova, attraverso la ripresa, dallo stesso canto, di un verso («e io senti’ chiavar l’uscio di sotto», v. 46, che diventa «E poi sentii chiavar l’uscio di sotto») non ambiguo nel testo dantesco (dove l’ uscio è la porta della torre) ma volutamente ambiguo in quello d’arrivo. Il verbo chiavare ha infatti un’accezione anche erotica, 36 che potrebbe suggerire l’identificazione fra «l’uscio di sotto» e l’immagine del sesso femminile. L’ultimo verso invita così a una lettura retrospettiva dell’intero componimento, in un finale doppio affidato alla libera interpretazione del lettore: o, come in Dante, l’uscio è la porta , la porta chiusa dal tu che se ne è andato, lasciando l’ io «Derelitto»; oppure, diversamente da Dante, l’uscio non è la porta , con il conseguente cambiamento dell’immaginario. Nel primo caso, il soggetto è finalmente libero di leggere i libri «sul comodino»; nel secondo, no. Guido, io vorrei che tu e Lapo e io e Kennedy e Roland e Winston C. e la mia santa mamma che sta lì in cucina a straguardare la tv Guido io vorrei che Lapo e io e tu e Tutankamon e Marilyn Monroe ed Edgar Allan e il giovane eroe di quando ero bambina, Harry P. 35 Martini 2018, p. 119. 36 Dovuta anche al localismo del dialetto toscano. Matteo Fantuzzi La presenza di Dante nell’ultima poesia italiana 105 e P. P. P. e Giovanni P. che sa perché tanto di stelle arde e cade, santo L. e supersanto Gesù C. che se ne sta nell’orto degli ulivi - ma anche lei e soprattutto lei - io vorrei che fossimo ancora vivi. 37 Se il sonetto di Dante è una sorta di ‘invito alla vita’ (vengono evocate, infatti, oltre agli amici, le donne desiderate, con cui si prospetta di fare un viaggio in barca all’insegna della convivialità e dell’incantamento: «anzi, vivendo sempre in un talento, / di stare insieme crescesse ’l disio», vv. 7-8), il testo d’arrivo si colloca sul versante opposto, quello della nostalgia della vita, snocciolando una serie di nomi (quasi tutti di morti) e apparizioni fantasmatiche che vengono messi in rapporto solo nel verso finale, «io vorrei che fossimo ancora vivi». Si osservi ancora in questi testi il fortissimo rimando iconografico e programmatico dell’autrice che con questa costante serie di rimandi definisce da un lato un ponte tra la letteratura vissuta e letta negli anni di formazione, interfacciata ad altri punti di formazione - come la presenza di Harry P. cioè Harry Potter tra Edgar Allan (cioè Poe) e P. P. P. cioè con facilissima interpretazione Pier Paolo Pasolini - e dall’altro la possibilità di fare parte lei stessa di un mondo letterario, paraletterario e culturale nel quale sono poi gli automatismi del sé a emergere, la possibilità di ritornare a spazi e tempi soprattutto differenti con la tipica serenità della gioventù. La retrospezione passa, nel caso di Giulia Martini, da un fortissimo impianto formale, come già accadeva in Lanza, e scopre ancora una volta le profonde differenze nell’utilizzo dell’opera dantesca nell’eterogenea casistica della poesia italiana contemporanea. Retrospezione che raggiunge però in questa autrice i limiti della auto-parodia. «Nel dopocena, tra una sigaretta, / come dicessi poca cosa, dici / che sono una dantessa e devo smetterla.» In questo testo inedito, tratto dalla raccolta in lavorazione Tresor (il cui titolo rimanda al quindicesimo canto dell’ Inferno , dove, per la prima volta in tutta la Commedia , alla presenza del vecchio maestro Brunetto Latini, il soggetto lirico si sente sufficientemente saldo da permettersi di fare un resoconto degli eventi traumatici appena esperiti), riprendendo un modulo già presente in Coppie minime (e in particolare nella terza sezione, Voci correlate ), il tu commenta le abitudini di lettura e soprattutto di scrittura del personaggio che dice «io», giudicandole e prodigandosi in consigli/ ammonimenti che, in questo caso, passano attraverso lo scherno (il neologismo dantessa ): devi uscire dal circolo vizioso del rapporto con Dante . 37 Martini 2018, p. 41. La presenza di Dante nell’ultima poesia italiana Matteo Fantuzzi 106 4 Conclusioni E con questo monito mi sento di chiudere questa piccola riflessione: Dante si insinua nei meandri della nostra letteratura come punto di riferimento essenziale, codice necessario per tradurre la poesia contemporanea; dalla possibilità di creare un luogo certo per la percezione della presenza della poesia nell’opera di uno scrittore da parte di un pubblico più ampio, fino alla potenza riconosciuta delle immagini che ancora parlano ai contemporanei con la stessa forza dei secoli passati. Il rischio però che l’inserimento di Dante in un testo contemporaneo diventi una sorta di artificio è palpabile e evidente e non si esaurisce all’esempio Dante - si veda ad esempio la crescita di simili operazioni su The Waste Land di Eliot. Quanto il peso iconico sbilanci un testo a favore di una direzione formale prossima all’esercizio di stile (per citare Queneau), piuttosto che nella linea immaginata da Contini e già citata in precedenza, è una tematica sicuramente valida. Certamente, a mio aviso, è necessario che sia mantenuta salda l’ipotesi pasoliniana dello scrivere ab joi e questo pretende inevitabilmente un inserimento delle logiche sostanziali all’interno del testo. D’altronde, ridurre Dante alle per quanto suggestive tematiche numeriche o formali o concentrarsi sulla potenza di alcune immagini, ridurrebbe l’opera (a cui tutti dovremmo riferirci) a qualcosa di meno decisivo rispetto a quello che la poesia dovrebbe essere. Il dibattito su questi equilibri formali e sostanziali in Italia è altissimo e spesso sovrasta la discussione sulla bontà, precisione e funzionalità delle opere stesse. A questo si unisce la necessità di un lavoro militante non episodico in una visione veramente collettiva che non si concentri sulle iniziative singole delle molte piccole esperienze, ma si concentri su una visione d’insieme che faccia emergere le opere più valide e porti nel contempo a precisi indirizzi nella produzione di opere ulteriori. Rimane infine, e nonostante quanto sopra, la percezione che Dante viva nelle nostre scritture, ed è spesso l’immagine più potente da ritrovare nella nostra tavolozza poetica mentre ci apprestiamo a dipingere un nuovo quadro e una nuova scena. Abstract. Die Präsenz Dantes in der italienischen Lyrik ist eine weithin anerkannte Realität. Drei aktuelle Beispiele werden in diesem Artikel vorgestellt. Wenn einerseits in dem Band Suite Etnapolis (2019) von Antonio Lanza der Bezug zu Dante auf der inhaltlichen Ebene durch den Vergleich zwischen dem Einkaufszentrum Etnapolis in Sizilien und dem dritten Gesang des Inferno zum Ausdruck kommt, greift andererseits Isabella Leardini in ihrer Sammlung La coinquilina scalza (2004) Dantes narrative Struktur auf. Die Gedichte in Una stagione d'aria (2017), die Leardini selbst verfasst hat, stehen hingegen in der Art einer «zeitgenössischen Neuübersetzung» im Dialog mit den Dantes Versen. Matteo Fantuzzi La presenza di Dante nell’ultima poesia italiana 107 Giulia Martini scheint die Summe der beiden vorangegangenen Dichterinnen zu sein, indem sie sich Dantes Gedicht in der Sammlung Coppie minime (2018) sowohl inhaltlich als auch strukturell nähert, z. B. durch die Verwendung von Minimalpaaren und dem ugolinischen Hypotext. Summary. Dante's presence in the Italian poetic landscape is a widely recognised reality. Three current examples are presented in this article. If, on the one hand, in the volume Suite Etnapolis (2019) by Antonio Lanza, the reference to Dante is expressed at the level of content through the comparison between the shopping centre Etnapolis in Sicily and the third canto of the Inferno, on the other hand, Isabella Leardini, in her collection La coinquilina scalza (2004) takes up Dante's narrative structure. The poems in Una stagione d'aria (2017) by Leardini, on the other hand, dialogue with Dante's verses in a kind of ‘contemporary retranslation’. Giulia Martini seems to be the summit of the two previous poets, approaching Dante's poem in Coppie minime (2018) both in terms of content and structure, e.g. through the use of minimal couplets and the Ugolinian hypotext. Bibliografia Afribo, Andrea: Poesia contemporanea dal 1980 a oggi . Roma: Carocci 2019. Alighieri, Dante: Vita nova. Milano: BUR Rizzoli 2009. Alighieri, Dante: La Divina Commedia. Milano: BUR Rizzoli 2007. 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