Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.24053/Ital-2023-0009
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2023
4589
Fesenmeier Föcking Krefeld OttInteatrarsi Dante
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2023
Giacomo Pedini
Ausgehend von Auerbachs Essay über Farinata und Cavalcante untersucht der Beitrag die Wiederbelebung – und das rein szenische Potenzial – einer der glücklichsten Formen der theatralischen Umsetzung der Commedia seit dem 19. Jahrhundert: der lectura Dantis. Der exemplarische und prototypische Fall des großen Darstellers des 19. Jahrhunderts (und Protagonisten des italienischen Risorgimento) Gustavo Modena bietet die Gelegenheit, einige Aspekte und das dramaturgische Potenzial von Dantes opera magna zu beleuchten.
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108 DOI 10.24053/ Ital-2023-0009 GIACOMO PEDINI Inteatrarsi Dante «O Tosco, che per la città del foco vivo ten vai così parlando onesto, piacciati di restare in questo loco» (Inf. X 22-24). È con quest’apostrofe, questa chiamata in reo del personaggio Dante tanto quanto dell’ascoltatore dei versi della Commedia , che Erich Auerbach apre il suo saggio Farinata e Cavalcante in Mimesis . Nelle poche righe introduttive lo studioso traccia una descrizione tanto semplice quanto teatralmente rilevante di quei settanta versi, posti quasi all’inizio del canto decimo dell’ Inferno : Dante e Virgilio che avanzano giù per il girone degli eretici ragionando fra loro, l’interruzione netta e violenta di Farinata che si erge dalla tomba, cui segue quella mesta e avvilita di Cavalcante Cavalcanti che a mala pena si fa notare, prima che il condottiero ghibellino riprenda il suo arringare. 1 Il tutto avviene in un serrato susseguirsi di discorsi diretti, in un dialogo tra dramatis personae nel mezzo degli inferi. La costruzione di quella sequenza, giocata su interrogazioni veloci, sentenze lapidarie, descrizioni di azioni e figure in pochi tratti, rivela alcuni degli aspetti che maggiormente attirano il teatro da duecento anni a questa parte verso la Commedia dantesca: la diffusa presenza di dialoghi, la brevità e la condensazione del verso, la varietà delle dramatis personae e, più in generale, un poema che procede come una lunga apostrofe all’ascoltatore, ottimo a venire detto nella forma antica del rapsodo, ritornata in auge nell’età contemporanea come «performance epica»: un attore, una comunità di spettatori, un racconto riportato dalla voce e dal corpo di chi agisce, narratore dell’ epos e suo interprete in carne ed ossa. 2 L’attuale e forte liaison amorosa tra il poeta e la scena, che nel 2021 - in piena pandemia - è dilagata nella modalità, qua e là divenuta molesta per eccesso, della lectura Dantis , ha la sua prima e fortunata scintilla tra la Parigi ricca e borghese e la Londra grigia e fumosa degli anni Trenta dell’Ottocento, nei circoli degli esuli italiani, fuggiti dalla penisola dopo i primi e fallimentari tentativi risorgimentali. È lì Gustavo Modena, avvocato per studi, ma rivoluzionario e attore per più pura vocazione - ma anche per famiglia, essendo figlio di Giacomo, 1 Auerbach 1956 pp. 189-192. 2 Guccini 2004; inoltre, Guccini 2005. Giacomo Pedini Inteatrarsi Dante 109 interprete veneziano di commedia e capocomico. È in quelle capitali e in quegli anni che Modena inizia a proporre, via via sempre più in forma di spettacolo, le sue Lecturae Dantis . Sappiamo che ne dà prime prove a Parigi tra il 1835 e il 1836, mentre ragiona, sui fogli mazziniani dell’ Italiano , intorno a una necessaria e politica rifondazione del teatro, come strumento «educatore». 3 Perfeziona poi il tutto nel maggio del 1839 a Londra, poco prima di poter fare rientro in Italia. Qui, dall’autunno di quell’anno le sue cosiddette «Dantate» diventano parte stabile del suo repertorio d’attore, venendo portate in giro per la penisola. 4 Lo spettacolo costruito da Gustavo Modena - padre di quella che sarà la generazione dei grandi attori italiani, destinati a enormi successi nella seconda metà dell’Ottocento per tutta Europa e nelle Americhe - è attentamente ricostruito da Armando Petrini, grazie alle numerose recensioni giornalistiche dell’epoca. Gustavo Modena divide, attrae e dà scandalo allo stesso tempo. Il grande attore si presenta nei teatri italiani costumato, nelle fogge lunghe e rosse, nonché coronato d’alloro, con cui se ne sta dipinto Dante nel Duomo di Firenze: alle spalle la città, il monte del purgatorio e le porte dell’inferno, sotto il blu e gli azzurri della volta celeste. Modena si indantesca, messo assiso su una grande pietra, davanti a sé rotoli di carta, perché la messa in voce del poema e l’atto della sua scrittura procedano di pari passo. È Dante-Modena che, da performer epico ante litteram , dice al pubblico il suo poema nell’atto stesso del suo farsi voce e carne. C’è però un curioso anacronismo: Modena non rinuncia ai suoi baffi e, con il proprio volto, tradisce il fatto di non essere del tutto quel Dante dipinto da Domenico di Michelino. L’anacronismo non è casuale e l’interesse che Modena ha per Dante non è quello del filologo o dell’attore in atto di omaggiare: Dante è con Modena non il guelfo bianco, ma piuttosto il «Ghibellin fuggiasco» inventato da Ugo Foscolo. Le sue «Dantate» sono infatti un gioco di specchi, per raccontare i desideri di un attore mazziniano, repubblicano, anticlericale, che trova nella lettura dantesca le ragioni di un teatro tanto politico quanto educatore in un’Italia ancora divisa e in cerca della propria strada unitaria. Come saggiamente ricostruisce Armando Petrini, l’approccio di Modena al testo della Commedia è aperto e volutamente mobile: la scelta di quali episodi dire e quali tralasciare, la modifica di poche parole, qualche revisione di verso, bastano a muovere chiare e nette - talvolta pure pericolose al tempo - invettive politiche. Sicché il gioco attoriale gli diventa quasi facile in un canto come il XIX, quello dei simoniaci verso cui il poeta 3 Grandi 1957, pp. 244-254. L’articolo (Teatro, in L’Italiano , ottobre 1836, fasc. 6, pp. 257- 264) è stato attribuito a Modena e ripubblicato con il nuovo titolo Il teatro educatore da Terenzio Grandi. 4 Petrini 2012, pp. 165-200. Inteatrarsi Dante Giacomo Pedini 110 duramente si scaglia. Quando il Dante narratore e viaggiatore chiama in causa la presunta donazione delle terre alla Chiesa romana, i due versi «Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, non la tua conversion, ma quella dote» (Inf. XIX 115-116) subito vengono trasformati da Modena in «Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, e la tua conversion e quella dote». Un vero e proprio lapsus - anche qui ante litteram , quantunque voluto - rapidamente liquidato da Gustavo Modena, che con un sorriso sornione ripristina e ridice il dettato giusto del verso, tra il divertimento e il tripudio del pubblico anticlericale venuto a guardarlo. 5 Eppure Modena non si limita a piegare solamente il verso dantesco ai suoi desiderata politici ottocenteschi, ne riconosce pure quella brevità ed efficacia dialogica poi oggetto degli studi di Auerbach. Così è in un altro dei più noti canti dell’ Inferno , il XXXIII, nella sequenza del conte Ugolino. La sentenza finale del suo racconto, che chiude l’orrore di quella fine murato con i figli, il noto «Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno» (Inf. XXXIII 75) acquista nell’espressione scelta da Modena una significativa pausa, che stacca il secondo emistichio di verso dal primo: «Poscia, più che ’l dolor»; silenzio lungo; «poté ’l digiuno». Tra quella pausa e la fine del verso sta la foga tragica di un padre ridotto a nutrirsi dei figli. Per il pubblico di metà Ottocento è una scelta talmente orrorifica da risultare oscena, in un’epoca in cui altra era l’interpretazione di quel passaggio, che voleva Ugolino morire di stenti come i figli. Eloquente una recensione del 1840 sulla Fama , uno dei principali periodici teatrali di allora, dove emerge chiaramente la reazione sgomenta e disgustata del recensore: «non parve significante la lunga pausa che […] frappose egli alle parole: Poscia più che ’l dolor ……… potè ’l digiuno . Per esprimere il triste effetto di questa parola digiuno , non fa mestieri, ci pare, disgiungerla troppo dall’altra, mentre devono anzi andar insieme legate […]. Quella pausa adunque, usata certo per accrescere l’effetto della dipintura della morte, parve artistica troppo, poiché scemò e disgiunse la vera espressione di Dante». 6 Modena, prendendo da Dante la forza del discorso diretto, del racconto di Ugolino personaggio al Dante personaggio, laggiù nel fondo dell’inferno, dove ogni confessione, quantunque tardiva, è perlomeno liberatoria, restituisce l’espressione diretta del dettato della Commedia allo spettatore attento in sala. È qui 5 Petrini 2012, pp. 186-189. 6 Petrini 2012, p. 199. Giacomo Pedini Inteatrarsi Dante 111 111 che il poema, che Dante si inteatra così bene da suggerire il futuro e lunghissimo successo delle «Dantate» che verranno. Spogliate delle finalità politiche e rivoluzionarie di Modena, le lecturae Dantis sono state una prova di numerosi attori tra Ottocento e Novecento, attratti dal confronto con le possibilità teatrali del poema e la sua misura già scenica, ottima per il solista o, diremmo oggi, per il performer epico. La schiera di attori italiani che hanno dato corpo e voce alla Commedia è tanto varia come diversi sono lo stile e le ragioni dei diversi interpreti. Basti pensare, nell’arco del secondo Novecento, a due eredi importanti proprio della tradizione grandattorica italiana, riattraversata in due modi profondamente diversi: il dissacrante Carmelo Bene e il monumentale Vittorio Gassman, seguiti poi dal gusto religiosamente popolare di Roberto Benigni. Ognuno, a suo modo, si immette nella lunga strada aperta da Modena a inteatrare in sé, per le più diverse ragioni e desideri, Dante. Abstract. Ausgehend von Auerbachs Essay über Farinata und Cavalcante untersucht der Beitrag die Wiederbelebung - und das rein szenische Potenzial - einer der glücklichsten Formen der theatralischen Umsetzung der Commedia seit dem 19. Jahrhundert: der lectura Dantis . Der exemplarische und prototypische Fall des großen Darstellers des 19. Jahrhunderts (und Protagonisten des italienischen Risorgimento) Gustavo Modena bietet die Gelegenheit, einige Aspekte und das dramaturgische Potenzial von Dantes opera magna zu beleuchten. Summary. Starting from Auerbach’s essay on Farinata and Cavalcante, the contribution explores the revival - and the strictly scenic potential - of one of the most fortunate forms of theatrical fruition of the Commedia from the 19th century onwards: the lectura Dantis . The exemplary and prototypical case of the great nineteenth-century performer (and protagonist of the Italian Risorgimento) Gustavo Modena becomes an opportunity to highlight some aspects and the dramaturgical potential of Dante's opera magna . Riferimenti bibliografici Auerbach, Erich: Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale . Torino: Einaudi 1956. Grandi, Terenzio (a cura di): Scritti e discorsi di Gustavo Modena (1831-1860) . Roma: Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano 1957. Guccini, Gerardo (a cura di): Per una nuova performance epica . Numero monografico di Prove di Drammaturgia , n. 1/ 2004. Guccini, Gerardo (a cura di): Ai confini della performance epica . Numero monografico di Prove di Drammaturgia , n. 2/ 2005. Petrini, Armando: Gustavo Modena. Teatro, arte e politica . Pisa: ETS 2012.
