eJournals Italienisch 45/89

Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.24053/Ital-2023-0011
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2023
4589 Fesenmeier Föcking Krefeld Ott

con Laura Pugno

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123 DOI 10.24053/ Ital-2023-0011 A colloquio con Laura Pugno A cura di Inna Donetska, Flavia Latino, Christine Ott, Philip Riemer e Laura Salernitano La scrittrice italiana Laura Pugno (*1970) è autrice di romanzi, poesie, opere teatrali e saggi. Il suo primo libro, Sirene (Torino: Einaudi 2007, riedito Venezia: Marsilio 2017 e nel 2022 in Universale Economica Feltrinelli), racconta di un mondo distopico, situato in un futuro segnato dalla catastrofe climatica. Gli umani vivono in città sotterranee per proteggersi dalla luce assassina del sole, che provoca una malattia incurabile, il cancro nero. L’ordine sociale è minato da organizzazioni mafiose che, in recinti sottomarini, allevano sirene, sfruttandole come animali da macello e come oggetti sessuali. Alla fine della narrazione, tuttavia, emerge la prospettiva di una nuova specie transumana. L’interrogazione sui confini fra umano e animale, cultura e natura, mondo domestico e mondo selvaggio sta al cuore di Sirene e viene perseguito anche nelle narrazioni La ragazza selvaggia (Venezia: Marsilio 2016) e La metà di bosco (Venezia: Marsilio 2018). E se il rapporto uomo-sirena, già nel debutto narrativo di Pugno può essere letto secondo una prospettiva ecofemminista, anche la fiaba Melusina (Matelica: Hacca edizioni 2022), illustrata da Elisa Seitzinger, mette al centro la relazione di potere fra i generi in una società patriarcale. Nella sua scrittura narrativa Laura Pugno ama sperimentare con un’intertestualità che varca i confini tradizionali tra generi alti e generi popolari, testo e immagine, fiaba e romanzo. Mentre Sirene contiene riprese dal manga La saga della sirena di Rumiko Takahashi (1998) 1 ; Melusina riprende il racconto medievale della donna-pesce-serpente che decide di propagare la propria stirpe unendosi a un umano. L’immaginario della narrativa di Pugno è fortemente connesso, come ha sottolineato a più riprese l’autrice, all’immaginario della sua poesia. Entrambi partono da immagini, e soprattutto nella poesia si ha l’impressione che al posto di una frase lineare ci sia un proliferare associativo, in cui ogni nuova immagine ne fa nascere un’altra. Come poeta, Pugno ha pubblicato le raccolte Il colore oro (2007), Bianco (Milano: Nottetempo 2016), I legni (Pordenonelegge/ Lietocolle 2018), L’alea (Roma: Giulio Perrone Editore 2019) che contiene anche la raccolta pubblicata nel 2010, La mente paesaggio (Roma: Giulio Perrone Editore), Noi (Mestre: Amos edizioni 2020) e I nomi (Milano: La nave di Teseo 2023). Il volume I nomi ha vinto il Premio CeSPOLA 2023. 1 Cf. Rubenis 2010, p. 382. 124 A colloquio con Laura Pugno Le raccolte poetiche mettono in scena una «expanded subjectivity» (Roberto Binetti) 2 in cui il tradizionale appello a un tu lirico da parte di un io lirico viene sostituito da una voce mobile, fluttuante. Nel soggetto poetico di Pugno, il corpo umano si trasforma in e si mescola con corpi di animali e di piante. Nel saggio In territorio selvaggio (Milano: Nottetempo 2018), Laura Pugno riflette sul ruolo della (propria) scrittura in un mondo minato dall’estinzione della poesia a favore del romanzo come racconto lineare e che contenga un «messaggio di conforto» e in un’antroposfera insidiata dal decentramento dell’umano a favore di nuove forme di coesistenza - uomo-macchina; uomo-animale; uomo-pianta. Eppure, paradossalmente, proprio nel «terzo paesaggio», cioè negli spazi abbandonati dall’uomo perché incoltivabili, improduttivi, la poesia sopravvive e diventa una forma di sopravvivenza: «La poesia è portatile, esposta alle intemperie, può essere imparata a memoria, può essere incisa su un sasso, nascosta in un bosco. È accaduto. Ha bisogno di mezzi minimi, neanche della scrittura a rigore, è capace di sopravvivere ovunque, come gli scorpioni, con la stessa implacabile natura che alla fine riemergerà.» ( In territorio selvaggio , pp. 29-30) Con un gruppo di studentesse e studenti di letteratura italiana della Goethe- Universität, abbiamo intervistato Laura Pugno a Francoforte, nei luoghi della Frankfurter Stiftung für deutsch-italienische Studien, parlando con lei del suo romanzo Sirene e di alcune sue poesie, da noi tradotte in tedesco. Inna Donetska Il romanzo Sirene parla di catastrofi climatiche, di distruzione e di un possibile mondo post-umano. Sirene si potrebbe leggere come una distopia, ma anche come un romanzo apocalittico. Infatti, una distopia è una narrazione solitamente ambientata nel futuro, che descrive un ordine sociale terrificante ed indesiderabile per la società. La società distopica viene spesso caratterizzata da una forma di governo dittatoriale e da un forte controllo esercitato sugli individui. La società descritta in Sirene appare come distopica dal punto di vista delle persone che non sono tra i privilegiati, e anche dal punto di vista delle sirene. In questo caso il regime autoritario è rappresentato dall’organizzazione mafiosa della yakuza. I suoi capi sono violenti e si dedicano al commercio di sirene. Il regime autoritario e la rappresentazione di una società pervertita suggeriscono che si tratti di un mondo distopico («[…] l’epidemia aveva distrutto tutto.» 3 , 2 La formula è stata proposta da Roberto Binetti, cf. Binetti 2022. 3 Pugno 2022, p. 66. 125 A colloquio con Laura Pugno «Anche gli esseri umani andavano a caccia con l’oscurità. Ormai non esistevano più turisti né viaggiatori.» 4 Ma alla fine del romanzo, appare la possibilità di una nuova specie di sirene, a partire da Mia, figlia di una sirena e di un umano. Di conseguenza, ciò che sembra una distopia dal punto di vista umano potrebbe essere un’utopia dal punto di vista non-umano. Tuttavia, nel romanzo si trovano anche caratteristiche della narrazione apocalittica. Da un punto di vista monoteistico, il termine ‘apocalisse’ può essere definito come ‘giudizio di Dio’, ‘svolta dei tempi’, svelamento della conoscenza divina, fine del mondo e fine della vita sulla Terra. Nel romanzo Sirene questo potrebbe significare la fine della vita umana, a cui segue quella di un’altra specie dominante. Una caratteristica tipica del mondo apocalittico è la distruzione o l’estinzione della razza umana a causa di una malattia. Nel romanzo Sirene gli esseri umani sono esposti al ‘cancro nero’, mentre le sirene vi sono immuni. Lei che cosa pensa riguardo a ‘distopia’, ‘utopia’ o ‘romanzo apocalittico’? A quale genere si dovrebbe assegnare il romanzo? Laura Pugno Questa è una domanda molto interessante perché riflette in pieno quella che è la lettura contemporanea di Sirene , la lettura che è prevalsa da quando Sirene è stato ripubblicato nel 2017; ed è una visione che del romanzo che sta rapidamente diventando dominante. Premetto che per me tutte le letture del romanzo, nel momento in cui siano documentate, in un certo senso hanno una loro legittimità. Non devono necessariamente coincidere con le mie. Possiamo anche pensare a Sirene come a un romanzo di anticipazione. Ha avuto il fortunato destino di essere un romanzo dell’Antropocene scritto anni prima dell’Antropocene, non dell’esistenza dell’antropocene in sé, ma della consapevolezza dell’Antropocene come era geologica, in cui l’essere umano diventa il fattore d’influenza dominante sui destini del pianeta e sui rischi del cambiamento climatico. Nel 2005, mentre sto scrivendo Sirene questa consapevolezza non è ancora di pubblico dominio, è limitata agli scienziati che però fanno una certa fatica per farsi ascoltare. Quindi Sirene ha le caratteristiche di romanzo di anticipazione perché gli scrittori e le scrittrici possono svolgere una funzione di sensori rispetto al proprio tempo, intercettare sensibilità e tendenze che magari verranno alla luce in un momento successivo. Io però non ho mai pensato a Sirene come un romanzo apocalittico, o romanzo nichilistico, che erano le definizioni dell’epoca (‘distopico’ entra in vigore qualche tempo dopo…). E questo perché nonostante lo scenario su cui si svolge 4 Pugno 2022, p. 82. 126 A colloquio con Laura Pugno la storia di Sirene sia sicuramente caratterizzato da catastrofe e collasso, la conclusione delle vicende individuali dei protagonisti non è dominata dall’insensatezza. Se all’inizio la storia di Samuel pertiene di una generale privazione di senso, nello scioglimento e conclusione è proprio il tentativo di Samuel di salvare Mia, la sirena mezzoumana, a restituirle un significato. Il fatto che il finale del libro venga ormai ampiamente interpretato come il prevalere della nascita di una nuova specie è anch’esso interessante perché in qualche modo esprime una forma di desiderio che va oltre quella che è la realtà scritta delle ultime pagine del romanzo. Alla fine di Sirene troviamo la sirena mezzoumana, Mia, liberata, che dimentica quasi tutto quello che è successo in precedenza, con una forma di memoria del corpo che si esprime nei comportamenti che assume, alla testa di un branco di sirene selvatiche e incinta di un’altra sirena per tre quarti umana. Quindi sì, esiste un germe di possibilità che un’altra specie in qualche modo si affermi sulla terra, ma allo stesso tempo questa possibilità non è certa. Complessivamente, il mondo di Sirene è un dispositivo che consente la generazione di una vasta gamma di storie, quindi non mi sentirei neanch’io di escludere questo possibile finale con cui in un certo senso mi sono familiarizzata nel corso del tempo, e che è diverso rispetto alle originarie e forse meno speranzose, più crude pagine finali. Qui è il punto in cui la distopia di Sirene tocca l’utopia o, meglio, si rovescia nel suo contrario. Io sull’utopia ho lavorato più in un testo recente, Melusina . All’epoca della stesura di Sirene la mia prospettiva sul romanzo era più individuale, vale a dire, era la narrazione di una vicenda individuale all’interno di un cosmo devastato e quindi di un universo in cui le autorità sono lontane, assenti. Esiste un governo dei Territori ma che non riesce a impedire sostanzialmente la proliferazione di gruppi di potere incontrollati, di cui uno è la yakuza. È un mondo in cui la morte è estremamente prossima perché tutti sanno di essere destinati ad ammalarsi nel giro di pochissimo tempo, e quindi compiono gesti che non sono improntati a ragionevolezza, non sono improntati a previsione del futuro: di conseguenza è anche un mondo che ha perso il senso del tempo futuro. I protagonisti vivono nell’immediatezza, il che corrisponde bene a uno scenario apocalittico. La mia definizione di apocalittico, di distopico in Sirene non era sociale, era legata alla singola storia, alla possibilità per il singolo personaggio, anche su questo sfondo di devastazione, di continuare comunque a investire di senso la propria esistenza. Mi rendo conto che nella lettura del romanzo che si dà oggi il focus è cambiato ed è più sul ragionamento di una collettività ed è interessante per me assistere a questo slittamento del punto di vista. 127 A colloquio con Laura Pugno Philip Riemer Nel romanzo Sirene , per me, ma penso anche in generale, ci sono differenze fra le figure maschili e femminili e anche differenze nel modo in cui sono descritte. Abbiamo un personaggio principale, Samuel, noi viviamo questo mondo futuro con i suoi occhi - otteniamo tutte le informazioni da lui, conosciamo ogni persona perché Samuel ha una storia o una relazione con lei. Comunque, il romanzo non è scritto nella prospettiva in prima persona. Inoltre, le descrizioni delle sirene fanno pensare alle ‘classiche’ preferenze maschili. Lei è d’accordo con me che il romanzo è scritto in una prospettiva androcentrica e quale impressione ne dovrebbe ricevere il pubblico nei suoi occhi? Laura Pugno Il personaggio femminile fondamentale di Sirene è Sadako, il perduto amore di Samuel che conosciamo soltanto attraverso le sue rievocazioni. La storia è narrata, se non attraverso gli occhi di Samuel, possiamo dire “accanto a lui”, perché il punto di vista è come se fosse appollaiato sulla spalla di Samuel, il che ci dà sicuramente una prospettiva più ampia rispetto a quella che può avere il singolo personaggio, perché deve in qualche modo dare a chi legge tutti gli elementi necessari per la costruzione del mondo di Sirene . «Appollaiato sulla sua spalla», questa è un’espressione tratta da Julian Jaynes, autore di un fantasioso e bizzarro saggio che si intitola Il crollo della mente bicamerale e la nascita della coscienza , in cui sostiene una teoria che non credo sia mai stata scientificamente provata. Julian Jaynes sostiene che fino all’epoca omerica i due emisferi del cervello fossero materialmente bipartiti, e che l’umanità sperimentasse di conseguenza emozioni, sensazioni e sentimenti come apparizioni, come allucinazioni visive e uditive, e non come qualcosa che affiora alla coscienza attraverso il corpo come succede a noi oggi. Poi successivamente, attraverso il crollo della mente bicamerale, noi esseri umani moderni saremmo arrivati alla nascita della coscienza, non più sperimentata come qualcosa che non è dentro di te ma che se ne sta, appunto, appollaiato sulla tua spalla. Molto spesso il narratore dei miei romanzi sta appollaiato sulla spalla del protagonista, lo accompagna, però mantiene la possibilità di uno slittamento tra dentro e fuori. Proprio per questo nei miei romanzi raramente ho utilizzato la prima persona. Sostanzialmente le sirene che sono un genere animale a sé stante, con individui maschi e femmine, vengono trasformate nel romanzo, in una sorta di allucinazione collettiva, in una proiezione del femminile umano. Molte delle letture contemporanee che si danno di Sirene sovrappongono completamente il genere femminile umano e la specie delle sirene. In realtà in Sirene si mantiene una tensione tra queste due polarità, che crea il voltaggio del romanzo, la sua forza. 128 A colloquio con Laura Pugno Abbiamo detto prima che il mondo di Sirene è un mondo sull’orlo della distruzione, un mondo che sostanzialmente ha perso qualsiasi controllo giuridico e qualsiasi istituto democratico, che sopravvive in una sorta di legge del più forte. È interessante notare, poi, come le sirene siano in realtà una specie predatrice. Le sirene che vediamo nel romanzo sono, la maggior parte del tempo, ridotte a condizioni di vittimizzazione animale, di sfruttamento, di macellazione, di assoggettamento sessuale; e tuttavia sono in realtà a loro volta una specie che nell’universo marino si situa, se non in cima alla catena alimentare, comunque in una posizione apicale. Quindi non mi sentirei così sicura nel ritenere che un eventuale mondo popolato da sirene intelligenti non finisca per riproporre, poi, anche molto delle asimmetrie del mondo dominato dalla specie umana. Sicuramente lo sguardo che si posa sul mondo di Sirene è uno sguardo molto ‘maschile’, secondo una concezione del maschile che potremmo anche mettere tra virgolette oggi, perché sappiamo quanto gli aggettivi ‘maschile’ e ‘femminile’ stiano conoscendo un processo di ridefinizione ed è interessante vedere come, nel momento in cui ho voluto spingermi all’estremo opposto rispetto al mondo di Sirene , io abbia scritto Melusina , un libro che ha connotazioni profondamente diverse rispetto all’oggettività molto cruda di Sirene , vale a dire la narrazione di una genealogia ‘femminile’. Rispetto alla condizione di fine del futuro in cui in Sirene agisce chiunque, quindi anche il protagonista Samuel, in Melusina troviamo una dimensione comunitaria e collettiva contrapposta a un’individualità solitaria incapace di relazionarsi. Philip Riemer Sirene offre una contrapposizione tra i motivi della natura e della cultura, tra mascolinità e femminilità, tra uomini e le sirene. Questo diventa particolarmente chiaro all’inizio, quando Samuel (umano e maschio) interagisce con la sirena. Le figure femminili incarnano i motivi della natura. Come la Madre Terra, origine della vita, la mezzoalbina svolge una funzione di fertilità e dà vita a un nuovo essere vivente. Viene violentata e massacrata. Si potrebbe dire che la cultura alimentare e sessuale dell’uomo distrugge la naturalezza delle sirene - l’uomo ne controlla l’estro, la nascita e la morte. Lei è d’accordo? D’altra parte, le sirene sono presentate come vittime passive, ma anche come bestie che divorano i maschi. Che cosa rappresentano? Laura Pugno Dobbiamo fare attenzione, nella lettura di Sirene, a non separarci dal soggetto che agisce nel romanzo, perché il soggetto descritto come ‘maschile’ siamo noi stessi. Allo stesso modo, non è possibile far coincidere esclusivamente l’elemen- 129 A colloquio con Laura Pugno to femminile con la Natura, di cui tutti gli esseri umani sono parte. Sicuramente questo tipo di tensione pervade l’universo di Sirene , che però trae larga parte della sua vitalità dal mantenersi di questa tensione che non può essere ricondotta a una semplice opposizione. I personaggi maschili che agiscono in Sirene sono individui allevati all’interno di un sistema criminale, educati per essere degli assassini. Samuel, in particolare, ha questo tipo di formazione. Compie gesti folli, e altri quantomeno discutibili, e la sua catarsi è incompleta e interrotta, ma comunque ha luogo a un certo punto. Nelle pagine finali del romanzo, Samuel si dimostra capace di agire in modo diverso rispetto a quanto ha fatto prima. Allo stesso modo, le sirene, che conosciamo in uno stato di sottomissione, di vittimizzazione sono, ripeto, una specie animale a sé stante, che non possiamo far coincidere completamente con il naturale e femminile, come non possiamo far coincidere completamente ‘culturale’, ‘umano’ e ‘maschile’. Questo tipo di lettura, che certamente getta luce su alcuni degli aspetti di Sirene , deve guardarsi dal rischio di diventare una lettura totalizzante perché trasformerebbe il libro in un romanzo a tesi, cosa che Sirene non è. Si perderebbero così alcuni degli elementi di complessità che la storia presenta. Flavia Latino In Sirene , il protagonista Samuel mostra un forte legame con la fidanzata defunta, Sadako, e rivela uno stato psicologico di dolore dopo la sua perdita. Sigmund Freud ha definito il lutto come un affetto doloroso dell’essere umano in relazione a un oggetto perduto, mentre ha descritto la melancolia come un disturbo dell’autostima in cui la rabbia e l’odio sono diretti contro il proprio io. Inoltre, il concetto della melancolia in Freud viene legato all’idea dell’incorporazione, che sembra plasmare certe fantasie di Samuel. Quali influenze hanno plasmato la sua rappresentazione del lutto? Ci sono autori o teorie specifiche che sono stati di aiuto nello sviluppo dei suoi personaggi e della trama narrativa? Laura Pugno È una lettura interessante. Io negli anni della mia formazione ho letto sia Freud che Kristeva, però non c’è un’influenza diretta sulla scrittura di Sirene . A mio avviso, nel personaggio possiamo leggere entrambe queste forze, in gioco perché il suo è un lutto personale, immediato, individuale, ma si gioca anche sullo sfondo di un più ampio lutto collettivo. Abbiamo parlato di una società che perde l’orizzonte del futuro, che è ridotta a uno stato quasi ferino. E allo stesso tempo, nella storia del personaggio di Samuel c’è una perdita precedente, la perdita del destino individuale per cui era stato preparato ed addestrato: doveva diventare un killer della yakuza e finisce per lavorare come sorvegliante negli allevamenti 130 A colloquio con Laura Pugno di sirene. Quindi in Samuel abbiamo tutte queste forze all’opera. Abbiamo un personaggio fortemente segnato a livello psicologico, individuale, anche perché è il figlio di un killer della yakuza che ha sterminato la propria famiglia. Da bambino, Samuel è stato sottoposto a un’operazione di cancellazione della memoria, che però non ha il potere di cancellare i traumi depositati a livello inconscio. Samuel è un personaggio ossessivo, che potremmo vedere come affetto da una sindrome post traumatica. Con Sadako, ha perso quella che era la sua unica ragione di vita nell’universo terrificante in cui sopravvive, e la continua prossimità con la morte inizia ad apparirgli come una possibilità di liberazione. Esiste una dimensione di complessità implicita in questo personaggio. Flavia Latino C’è un cambiamento, un processo di guarigione o una gestione del lutto o della malinconia, poiché i pensieri su Sadako sbiadiscono, perdono intensità e non vengono più menzionati con la stessa frequenza per i lettori? Oppure Samuel rimane intrappolato in essi? Laura Pugno Quello che si fa ad un certo punto del romanzo è una sostituzione, un’identificazione della figura di Mia con il fantasma di Sadako. In qualche modo Samuel proietta su questo nuovo oggetto, se non amore certamente attaccamento. Il suo atteggiamento nei confronti di Mia è certo estremamente ambivalente perché cerca di salvarla, poi di distruggerla e poi cercherà nuovamente di salvarla. Nel corso della storia, la percezione che Samuel ha delle sirene, come bestie da macello o oggetti di sfruttamento sessuale si modifica, proprio attraverso l’identificazione del suo amore perduto con la figura reale della sirena, che riverbera con il ricordo di una precedente sovrapposizione perché Sadako stessa aveva una sorta di culto per le sirene. Laura Salernitano Il volume intitolato Noi è una raccolta di poesie dedicata al tema dell’amore. Questo amore parte da un ‘noi’ e si estende attraverso la poesia al mondo. Il tema principale della raccolta è il legame tra gli esseri umani e la loro connessione con la natura. Inoltre, parla della complessità delle relazioni interpersonali e di come la tecnologia possa influenzare queste relazioni, portando ad una solitudine sempre più diffusa. La prima poesia di questa raccolta, intitolata «Alba», rappresenta una sorta di rinnovamento, un momento di rinascita e di speranza che si manifesta nel corpo umano e nella natura circostante. Questa idea di 131 A colloquio con Laura Pugno rinnovamento e di speranza si lega al rapporto tra le persone qui indicate come ‘noi’. Questo ‘noi’ è un’entità dinamica che si rinnova costantemente, proprio come l’alba, poiché è il risultato dell’interazione e della comunicazione tra le persone. L’alba, quindi, rappresenta metaforicamente la nascita di un nuovo ‘noi’ ogni giorno, in cui le persone hanno la possibilità di rinnovarsi e di creare relazioni nuove e significative. Mentre nel genere medievale della ʻcanzone dell’alba’ ( Tagelied ) l’ora mattutina coincide con il momento della separazione degli amanti, nei Suoi versi si manifesta l’inizio di un movimento di riconnessione, dell’io con il tu e verso il mondo, suscitando gioia anziché paura. La domanda che vorrei farLe è: ha mai preso in considerazione la tradizione dei Tagelieder medievali mentre scriveva la sua poesia in intitolata «Alba» e ci sono elementi o influenze che richiamano questo genere medievale? Laura Pugno Io conoscevo il genere delle albe provenzali, tant’è vero che ho successivamente tradotto un piccolo canzoniere di best hits della tradizione lirica provenzale, Il codice d’amore. Antologia dei trovatori 5 . Mi ha incuriosito questa lettura dinamica del processo di apertura del singolo alla coppia, messo in scena in Noi . Invece non ritrovo, a dir la verità, il motivo della tecnologia come fattore di isolamento. Per me le tecnologie, a meno che non siano armi di distruzione di massa, hanno sempre una valenza doppia, ambivalente, sia negativa che positiva, possono agire come strumenti di separazione o di riconnessione. Tuttavia, è la prima volta che sento questa interpretazione di Noi e in particolare di «Alba», quindi sono incuriosita. Christine Ott Stefanie Rubenis ha mostrato che in Sirene il taoismo gioca un ruolo fondamentale, e che vi sono molteplici allusioni all’idea di una necessaria complementarità degli opposti (natura-cultura; uomo-sirena; uomo-donna; mente-corpo). 6 Vorrei soffermarmi su due frasi da Sirene : «La mente è una rete di canali con l’acqua dell’Oceano, ripeteva Hassan. La mente è vapore che si alza da una ciotola di riso.» 7 La frase torna alla fine del romanzo: «La mente è vapore che si alza da una ciotola di riso.» 8 , e poi: «Quello era l’oceano. La mente di Mia era tabula rasa.» 9 E nella poesia «Alba» appaiono i versi: «[…] il sole può toccare,/ 5 Milano: Ponte alle Grazie 2022. 6 Rubenis 2010, p. 382. 7 Pugno 2022, p. 64. 8 Pugno 2022, p. 133. 9 Pugno 2022, p. 134. 132 A colloquio con Laura Pugno scioglie la mente dietro gli occhi.» 10 Roberto Binetti ha commentato che in questi versi c’è una dissociazione tra occhi e mente, che la mente non appare più come il nocciolo identitario della soggettività. 11 Come dobbiamo intendere il rapporto tra la mente in «Alba» e la mente in Sirene ? Laura Pugno La mente in « Alba » è la stessa mente rievocata in Sirene . La voce che parla nella mia « Alba» si ispira alla tradizione dell’ alba medievale e in qualche modo riprende anche il corpo disarticolato e parcellizzato tipico di quella scrittura e anche dello Stilnovo di Guido Cavalcanti, «voi che per li occhi mi passaste il core», c’è tutta la concezione del corpo medievale che è un corpo suddiviso in parti. Allo stesso tempo quell’unità tra mente e corpo di cui spesso parlo è di certo una forma di tensione verso qualcosa , non è uno stato pienamente e compiutamente realizzato. Non solo perché io sono affascinata dalla coincidenza degli opposti, ma anche perché veniamo da almeno 2000 se non 4000 anni di asimmetrie e di dicotomie. Quindi necessariamente il modo in cui esperiamo queste polarità è la percezione di noi stessi come soggettività mentali all’interno di un corpo. Questa polarità, in termini di tensione e riconnessione, pervade anche il mio saggio, In territorio selvaggio , ma non nei termini di uno stato, appunto, stabilmente vissuto come presenza immediata, costante e coerente. È più una sorta di destinazione che si sposta asintoticamente, un po’ come l’orizzonte degli eventi, 12 che, come scrive Elisa Casseri, si comporta come il futuro. In determinati momenti, di scrittura, di creatività, o altrimenti riconducibili al flusso alla pienezza, la sensazione di raggiungere questo stato si fa intensa. Tuttavia, più spesso la nostra esperienza cosciente è quella di una scissione interna che esperiamo come reale, ma che non è reale. Christine Ott In In territorio selvaggio mi ha colpito molto l’idea del corpo come primo luogo del selvaggio: «Cosa sappiamo col corpo? Che è il primo luogo del selvaggio.» ( In territorio selvaggio , p. 20) 10 Pugno 2020, p. 16. 11 Binetti 2022, p. 483. 12 Titolo di un pezzo teatrale di Elisa Casseri del 2015 che ha vinto il premio teatrale di Riccione (pubblicato nel 2021). 133 A colloquio con Laura Pugno «Un mondo fatto di lampi di luce, anche di luci che si toccano, ci fa tornare in qualche modo al selvaggio: qualcosa è là fuori, davanti a noi, che non comprendiamo. (Come il nostro corpo). Che può divorarci.» ( In territorio selvaggio , p. 32) Il corpo è il primo luogo del selvaggio perché invecchia, si ammala, e così si sottrae al nostro controllo? E se il corpo è quel selvaggio in noi che può divorarci, anche la sirena è il selvaggio in noi? Magari è quella natura selvaggia o quel senso di colpa nei confronti della natura che nel nostro mondo civilizzato abbiamo rimosso, e che torna? Laura Pugno Sicuramente il corpo delle sirene, per ragioni sia biologiche che culturali e sociali, per via dell’allucinazione collettiva che ne fa una proiezione del femminile umano, viene percepito come corpo pericoloso e incontrollabile. Tant’è che larga parte del romanzo è dedicata alla descrizione dei meccanismi attraverso cui si tiene a bada la potenza di questa specie. Il canto delle sirene di omerica memoria in Sirene in realtà è una sorta di verso sgraziato, e tuttavia si pensa che i loro veri richiami, al di sotto della soglia della nostra percezione, inducano gli esseri umani al suicidio, per cui gli impianti di macellazione devono essere insonorizzati. Nonostante tutti i tentativi di controllare questa forza, la potenza della sirena torna a riemergere nei momenti più inaspettati. L’esperienza che facciamo nel romanzo del corpo della sirena non è dissimile dall’esperienza che noi facciamo, nel quotidiano, del nostro stesso corpo. Anche se stiamo parlando di momenti diversi della mia scrittura e di testi molto diversi, c’è una profonda unità sottostante, riconducibile a questi temi. Bibliografia Binetti, Roberto: « ‘ Non appaio io’. Photographic Lyricism and Self-Othering in Laura Pugno’s Il colore oro », in: Italica 99, 4 (December 2022), pp. 481-504. Pugno, Laura: Noi . Mestre: Amos Editore 2020. Pugno, Laura: Sirene . Venezia: Marsilio/ Universale Economico Feltrinelli 2022. Rubenis, Stefanie: «Hybridität und Hybris. Laura Pugnos Mischwesen als Vorzeichen der ökologischen Katastrophe und des zivilisatorischen Niedergangs», in: Cornelia Klettke/ Georg Maag (a cura di), Reflexe eines Umwelt- und Klimabewusstseins in fiktionalen Texten der Romania , Berlin: Frank und Timme Verlag 2010, pp. 375-395.