eJournals Italienisch 45/90

Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.24053/Ital-2023-0027
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2024
4590 Fesenmeier Föcking Krefeld Ott

Lo spazio linguistico italo-romanzo in prospettiva insulare

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2024
Laura Linzmeier
Davide Soares da Silva
Der Beitrag beschäftigt sich mit in der Vergangenheit und/oder Gegenwart italoromanisch geprägten Inselgemeinschaften im Mittelmeer. Ausgehend von der Frage Was ist eigentlich eine Insel? eröffnet der Beitrag eine Neuperspektivierung, die das sprachliche Profil von Inseln im Rahmen einer epochenspezifischen Einordnung in den Fokus der Betrachtungen rücken möchte. Die Ausführungen sollen verdeutlichen, dass Inseln wesentliche Bestandteile des sprachlichen Panoramas der historischen und heutigen Romania darstell(t)en und bedingt durch ihre Lage, Größe, Begrenztheit und weitere Faktoren einer besonderen Dynamik bei der Sprachraumbildung unterlagen/liegen. Durch ihren unterschiedlichen Grad an – teils fremdbestimmter – Öffnung und Schließung waren/sind Mittelmeerinseln u. a. Orte des intensiven Sprach- und Kulturkontakts. Der Beitrag möchte an der italoromanischen Insel orientierte Untersuchungsmöglichkeiten für die linguistische Forschung aufzeigen, die es zudem erlauben sollen, das Konzept der Italo-, Gallo-, Ibero-Romania neu zu denken, ohne dabei das Verständnis von ‚Insel‘ im geologischen Sinne vollständig aufzulösen.
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Lo spazio linguistico italo-romanzo in prospettiva insulare Laura Linzmeier / Davide Soares da Silva Der Beitrag beschäftigt sich mit in der Vergangenheit und/ oder Gegenwart italoromanisch geprägten Inselgemeinschaften im Mittelmeer. Ausgehend von der Frage Was ist eigentlich eine Insel? eröffnet der Beitrag eine Neu‐ perspektivierung, die das sprachliche Profil von Inseln im Rahmen einer epochenspezifischen Einordnung in den Fokus der Betrachtungen rücken möchte. Die Ausführungen sollen verdeutlichen, dass Inseln wesentliche Bestandteile des sprachlichen Panoramas der historischen und heutigen Romania darstell(t)en und bedingt durch ihre Lage, Größe, Begrenztheit und weitere Faktoren einer besonderen Dynamik bei der Sprachraumbil‐ dung unterlagen/ liegen. Durch ihren unterschiedlichen Grad an - teils fremdbestimmter - Öffnung und Schließung waren/ sind Mittelmeerinseln u. a. Orte des intensiven Sprach- und Kulturkontakts. Der Beitrag möchte an der italoromanischen Insel orientierte Untersuchungsmöglichkeiten für die linguistische Forschung aufzeigen, die es zudem erlauben sollen, das Konzept der Italo-, Gallo-, Ibero-Romania neu zu denken, ohne dabei das Verständnis von ‚Insel‘ im geologischen Sinne vollständig aufzulösen. Il presente articolo tratta delle comunità insulari del Mediterraneo linguis‐ ticamente caratterizzate dall’italo-romanzo nel passato e/ o nel presente. Partendo dalla domanda Che cos’è esattamente un’isola? l’articolo offre una nuova prospettiva che mira a mettere a fuoco il profilo linguistico delle isole nel contesto di una classificazione specifica per ogni epoca. Questo approccio evidenzia che le isole rappresentano (o hanno rappresentato) delle componenti essenziali del panorama linguistico della Romània e sono (state) soggette a particolari dinamiche nell’ambito della formazione di varie aree linguistiche a seconda della loro posizione, delle dimensioni, dei limiti territoriali e di altri fattori. A causa dei diversi gradi di apertura e chiusura - in parte imposti dall’esterno - le isole del Mediterraneo sono (state), tra l’altro, luoghi sia di intensi contatti linguistici e culturali sia di isolamento DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 1 Si veda anche il reader Inseln und Sprachen creato da studenti dell’università di Friburgo (2001/ 2002) sotto la direzione di Claus D. Pusch (https: / / romanistik.uni-freiburg.de/ pusc h/ Reader_Inseln.pdf). All’Università di Göttingen, inoltre, è stato recentemente istituito un corso di studi interdisciplinare denominato Kulturen und Sprachen des mediterranen Raums. 2 Non ci si soffermerà sul profilo e sull’eredità italo-romanza delle comunità insulari situate all’esterno dell’area mediterranea, ad es. delle isole eritree nel Mar Rosso. linguistico e socioculturale. L’articolo intende mostrare il potenziale della ricerca linguistica orientata alle isole italo-romanze, un progetto che porta anche a ripensare il concetto di italo-, gallo-, ibero-romània ecc. senza però abbandonare completamente il concetto di isola come entità geologica. 1 Premesse L’idea di un approccio linguistico alle isole (italo-)romanze, nata durante i lavori preliminari alla Summerschool Inselromania und Mediterranität (04/ 2022, Regens‐ burg), è maturata nel corso del semestre invernale 2023/ 24 attraverso la lezione monografica Inselromania tenuta da Laura Linzmeier presso la Ludwig-Maximi‐ lians-Universität München, nonché durante i numerosi incontri di lavoro del network di ricerca MS ISLA (Mediterranean Studies on Island Areas). Il workshop Romania Insularis - Mittelmeerinseln als Sonderfälle linguistischer Betrachtung, svoltosi alla LMU nell’aprile del 2024, ci ha permesso inoltre di condividere e discutere alcune delle idee qui esposte con esperti e colleghi romanisti. Il fatto che ad oggi gli studi e le ricerche che si occupano di isole (italo-)romanze siano assai numerosi (vedasi per un primo approccio la bibliografia citata nell’introduzione di Hock/ Linzmeier) 1 non sorprende affatto se si considera che le isole mediterranee assumono una posizione di estremo riguardo nel quadro complessivo della Romània. Nonostante la considerevole quantità di studi di cui già disponiamo, lo stato della ricerca risulta tuttavia ancora frammentario e i singoli studi si presentano in un certo senso ‘isolati’ gli uni dagli altri. Il presente contributo intende quindi proporre, facendo riferimento alle più indicative comunità insulari italo-romanze di oggi e di ieri, 2 un quadro concet‐ tuale che possa risultare utile a tutta una serie di studi finalizzati a ‘circoscrivere’ le isole dal punto di vista linguistico. Gettando uno sguardo sulle isole dalla prospettiva di una ancor giovane disciplina, gli Island Studies, vogliamo porre enfasi anche sulla funzione di lente focale che l’isola può svolgere (sez. 2). Rifletteremo poi su quelli che sono gli assunti impliciti del termine ‘italo-ro‐ manzo’ (sez. 3), proponendo una classificazione basata su criteri cronologici applicabile alle isole italo-romanze nel loro complesso (sez. 4). L’isola, come DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 104 Laura Linzmeier / Davide Soares da Silva 3 Eurostat propone invece la seguente definizione di isola: «territories having: a minimum surface of 1 km²; a minimum distance between the island and the mainland of 1 km; a resident population of more than 50 inhabitants; no fixed link (for example, a bridge, a tunnel, or a dyke) between the island(s) and the mainland» (https: / / ec.europa.eu/ euro stat/ statistics-explained/ index.php? title=Glossary: Island_region, 14.01.2024; cfr. anche Redon 2019: 15). Naturalmente, bisognerebbe verificare se la percezione degli abitanti di un’isola cambia quando questa è collegata alla terraferma. si vuole mostrare, è spesso caratterizzata da una tale pluralità di costellazioni e situazioni (storiche) di contatto (cfr. Steinberg 2005: 258; Calvet 2016: 239) da non poter essere inquadrata in maniera soddisfacente nei canoni della storia linguistica nazionale, né tantomeno nelle categorie che tradizionalmente suddividono lo spazio linguistico romanzo. Si propone dunque un approccio che renda visibili i diversi scenari di contatto dal punto di vista di una storia linguistica in scala territoriale attraverso diverse epoche (cfr. Krefeld 2024) - una soluzione che porta, non da ultimo, a mettere in discussione alcuni termini e concetti comunemente in uso, ma non privi di criticità, quali varietà ‘autoctone’ e ‘alloctone’, ‘espansione dialettale’ ecc. (sez. 5). Suggeriremo, infine, di dare avvio a un dialogo interdisciplinare sull’utilità di un tale approccio regionale che si estende lungo diverse epoche (sez. 6). 2 Uno sguardo alle isole dalla prospettiva degli Island Studies Sulla base di criteri geografici e geofisici, l’isola può essere definita come una porzione di terraferma interamente circondata dall’acqua (v. ad es. Royle/ Brinklow 2018: 3; Treccani 2003). La breve distanza o il collegamento con altre isole o con il continente, ad es. tramite ponti o dighe percorribili, non rappresentano in questo senso un criterio di esclusione (si veda p.es. l’isola di Sant’Antioco). 3 Il confine tra terra e acqua, tra dentro e fuori, pur non essendo invalicabile, è comunque un fatto geologico imprescindibile nonché saliente: What defines an island is perhaps the barrier or conduit (depending on perspective or time) which lies between itself and the mainland (or another island), i.e., the sea. Therefore, emphasis should be placed on the sea, this being the most distinctive feature of island societies, and it should be an explicit component in any landscape characterization attempt. (Vogiatzakis et al. 2017: 3-4) Lo spazio vissuto e lo spazio linguistico di una comunità insulare sono delimitati fisicamente da confini naturali (che possono essere alterati solo dall’accumulo di sedimenti, da eruzioni vulcaniche, ecc.), non sono raggiungibili via terra (habitat DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 Lo spazio linguistico italo-romanzo in prospettiva insulare 105 4 Escludiamo le isole fluviali e lacustri da ulteriori considerazioni. 5 Cogliamo l’occasione per ringraziare i partecipanti al nostro workshop Romania insularis (aprile 2024) per il loro input, che sarà discusso in modo dettagliato in altra sede. 6 Le isole non erano altrettanto bene integrate nella rete stradale dell’Impero Romano come lo erano invece gli insediamenti urbani e i centri abitati sulla terraferma (cfr. Krefeld 2024: 14). naturale per l’uomo), ma solo via acqua (habitat tendenzialmente ‘pericoloso’ per l’uomo o comunque inadatto alla sosta o alla permanenza) e nella maggior parte dei casi solo tramite l’utilizzo di adeguati mezzi di trasporto. Se non tenessimo in considerazione la fisicità di un’isola in modo appropriato, non saremmo in grado di comprendere a fondo le sue specificità: «Compared to the mainland, islands are physically bounded, more susceptible to externalities, and, depending on the size of the island, the human imprint […] is more evident» (Vogiatzakis et al. 2017: 2). Alla luce di tali considerazioni, sembra dunque lecito sollevare la seguente domanda: dal punto di vista linguistico, esiste una determinata ‘impronta umana’, per riprendere il termine di Vogiatzakis et al., derivante da processi che riguardano principalmente le isole mediterranee? 4 Secondo Calvet (2016: 235), i linguisti mostrano «une attention particulière à ces terres entourées d’eau considérées comme des laboratoires, voire des éprouvettes, leur espace réduit et nettement délimité facilitant la recherche». Se, in questa sede, è impossibile discutere nel dettaglio di tali questioni, i fattori decisivi per la configurazione linguistica delle isole italo-romanze qui considerate si possono riassumere nei seguenti punti: 5 1. Siccome in passato le isole non erano accessibili se non via acqua, la romanizzazione e latinizzazione di questi spazi hanno seguito un percorso diverso rispetto al continente. 6 Tuttavia, vedremo come l’isolamento non abbia portato né automaticamente, né unicamente al conservativismo linguistico (cfr. Krefeld 2024: 17-21). 2. A seconda della posizione geografica e delle dimensioni fisiche, alcune isole del Mar Mediterraneo rappresentavano importanti punti di riferimento per le diverse potenze marittime (snodi strategici, scali commerciali, ecc.). Ciò ha fatto sì che (più o meno volontariamente) gruppi di origine linguistica, culturale e sociale diversa entrassero in contatto tra di loro e rinegoziassero costantemente lo spazio linguistico (coesistenza o fusione, multilinguismo o ibridazione linguistica, ecc.). Anche la presenza o meno di un continuum dialettale può dipendere dal grado di vicinanza o di distanza fisica, nonché dal grado di intensità dei rapporti con altre isole o con la terraferma. 3. Imposti dall’acqua, i confini di un territorio insulare sono ipso facto facili da tracciare. Nel corso dei secoli, ciò ha comportato determinate conseguenze: DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 106 Laura Linzmeier / Davide Soares da Silva 7 Un approccio di carattere linguistico e culturale esclude dal campo d’indagine le isole senza insediamento umano ossia le isole non abitabili, come appunto scogli, isole vulcaniche, ecc. Per la stessa ragione non si prendono in considerazione territori privi di fruibilità da parte dell’uomo, come le riserve naturali o i diversi habitat di animali selvatici, come la Spiaggia Rosa a Budelli, l’Asinara di oggigiorno, Lazzaretto Vecchio (v. Martinucci 2007a: 16; 2007b: 40). - Le isole del Mediterraneo sono state ripetutamente contese tra diverse potenze e hanno subìto frequenti mutamenti del proprio panorama linguistico (diverse varietà, lingue tetto distinte). - L’isola come entità ha svolto/ svolge un ruolo determinante per la costruzione dell’identità e per la percezione della propria lingua/ va‐ rietà come qualcosa di distinto da parte delle comunità (linguistiche) insulari. Le questioni riguardanti i diversi scenari di contatto e migrazione (p.es. a consegu‐ enza di invasione, esilio, fuga, turismo, ecc.) non sono ovviamente questioni che riguardano le isole in maniera esclusiva. Tuttavia, su di un’isola le sfide associate a queste circostanze sono particolarmente evidenti, dal momento che determinati fenomeni richiedono un tempestivo intervento non solo politico e umanitario, ma anche culturale e linguistico, dettato proprio dai vincoli in termini di spazio e risorse presenti su di un’isola - si pensi al caso esemplare di Lampedusa. Negli Island Studies, per questa sua caratteristica intrinseca di limitata ‘scalabilità’, l’isola viene spesso considerata come una sorta di lente focale («burning glas», cfr. ad es. MS ISLA 2022: 134; «espace laboratoire», Redon 2019: 117), che permette di cogliere in anticipo e in maniera più nitida determinati sviluppi e dinamiche sociali (ovviamente sempre a seconda delle dimensioni dell’isola in questione). Questi processi possono essere indicativi anche per numerosi altri contesti. Al fine di ‘abbordare’ l’isola mediterranea da una prospettiva linguisticodiatopica, in quello che segue ci concentreremo esclusivamente sulle isole che hanno consentito in passato o consentono oggi a comunità linguistiche (romanze) un insediamento (semi)permanente. 7 Tra di esse si possono anno‐ verare le isole che, grazie alla loro dimensione e alla loro ‘capienza’, ma anche all’autonomia in termini di approvvigionamento e di forniture energetiche, alla possibilità di sviluppo delle infrastrutture ecc., risultano adatte ad un insediamento umano permanente (p.es. Sicilia, Sardegna), ovvero si prestano a fungere da sede temporanea di basi militari e amministrative (ad es. Creta veneziana nel Medioevo) o da sede di scali commerciali (ad es. Curzola durante il dominio veneziano), nonché da miniera da cui estrarre materie prime (ad es. la Sardegna come granaio di Roma). DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 Lo spazio linguistico italo-romanzo in prospettiva insulare 107 8 In certi casi, ma non sempre, la funzione di un’isola può essere direttamente legata alle sue caratteristiche geofisiche (per esempio quando isole difficilmente raggiungibili sono destinate a fungere da luogo di confino o esilio). 9 Come sottolinea anche Prifti (2011: 71, nota 1; corsivo nell’originale), «[i]l termine italo-romanzo è un termine collettivo per i dialetti italo-romanzi e per l’italiano» (tra‐ dotto dal tedesco: «Die Bezeichnung Italoromanisch versteht sich als Sammelbegriff für die italoromanischen Basisdialekte und das Italienische»). Vedi anche n. 26. 10 Ad oggi, esistono diversi conteggi delle isole politico-territoriali appartenenti all’Italia, il più ampio dei quali arriva ad identificarne oltre 800 (isole disabitate comprese). La Escludiamo dunque dalle successive considerazioni le isole utilizzate (magari solo in passato) come luoghi di isolamento permanente o temporaneo (volontario o involontario) in virtù delle loro ridotte dimensioni e quindi della loro più facile controllabilità, quindi i (non) luoghi utopici mete di artisti, intellettuali, sette, movimenti indipendentisti, ecc. (ad es. Malu Entu o l’Isola delle Rose nel secolo XX), i luoghi di raccoglimento per eremiti e ordini monastici (ad es. San Lazzaro dal 1717), i luoghi di confino (ad es. l’Asinara dal 1855 al 2002, Pianosa dal 1858 al 1997, Gorgona ad oggi), di esilio o deportazione (ad es. Ventotene dal 1926 al 1939). Queste forme di isolamento permettono certamente di indagare forme di comunicazione interessanti a livello diastratico (ad es. determinati gerghi), ma sono da considerarsi legate non tanto al fenomeno di ‘isola’ quanto piuttosto a quello di ‘isolamento’. Va osservato - pur non essendo possibile approfondire in questa sede i diversi sviluppi, alle volte anche contraddittori, che derivano da tali circostanze - che le isole possono svolgere più funzioni contemporaneamente (ad esempio come luogo adatto ad un insediamento permanente per la popolazione locale e, allo stesso tempo, come miniera di materie prime o come ‘granaio’ di una comunità colonizzatrice) e che queste funzioni possono anche cambiare nel corso della storia (ad esempio da isola che funge da base militare a isola-prigione). 8 3 Isole ‘italo-romanze’ Con il termine italo-romanzo ci riferiamo alle varietà sviluppatesi dal latino volgare sul suolo della penisola italiana e diffusesi sulle isole del Mediterraneo in tempi distinti, dopo diversi processi di contatto e dopo varie ‘fasi intermedie’ di espansione linguistica. Nonostante nella ricerca si tenda ad associare il termine italo-romanzo - inteso nella sua accezione storico-genealogica - alle varietà autoctone, ossia a quelli che si definiscono comunemente i dialetti primari (p.es. il siciliano), intendiamo utilizzare questo termine con un significato più ampio, comprendendo con esso anche la lingua italiana standard e le sue varietà regionali (definite spesso, facendo ricorso alla terminologia di Coseriu, dialetti terziari). 9 Le isole politicamente italiane 10 in cui si registrano insediamenti DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 108 Laura Linzmeier / Davide Soares da Silva maggior parte di questi sono isole marittime (del canale di Sicilia, nel Mar di Sardegna, Mar Ligure, Tirreno, Ionio, Adriatico), altre sono isole lagunari (60 nella Laguna veneta, 3 nella Laguna di Grado, 2 nella Laguna di Marano), 35 isole lacustri, 5 isole fluviali, isole scomparse (4 nella laguna veneta, 3 altre). Cfr. p.es. https: / / www.viaggiando-italia.it/ oltre-800-isole-solo-unottantina-abitate-la-lista-completa-tutte-le-isole-ditalia-quale-v isiterete/ (04.10.2023). 11 «L’area sarda presenta, com’è noto, caratteristiche autonome rispetto alle parlate italo-romanze» (Giovine 2003: 588) e per molti aspetti risulta arbitraria addirittura un’attribuzione alla Romània occidentale piuttosto che a quella orientale (cfr. Hoinkes 2003: 135). Ciò chiarisce anche come in questi casi sia opportuno astenersi dall’utiliz‐ zare il termine «dialetti primari» (Coseriu), in quanto questi sono sempre definiti in relazione a un’unica lingua storica, che nel caso delle isole qui analizzate non era necessariamente ‘italiana’ in passato - ad esempio i dialetti sardi, che non sono dialetti dell’italiano, risultano tali in virtù di contingenze storico-politiche che li collocano oggi sotto la lingua tetto dell’italiano: «Solo in conseguenza alla Überdachung, la lingua tetto e le varietà sottostanti convergono in ‘lingue storiche’» (Krefeld 2024: 4; tradotto dal tedesco «Erst im Gefolge der Überdachung wachsen überdachende und überdachte Varietäten zu ‘historischen Sprachen’ zusammen»). 12 Le isole di cui in a) e b) rappresentano quello che Martinetti (2014: 3) definisce insularités italiennes: la Sicilia, la Sardegna e i tre arcipelaghi composti dalle restanti isole italiane («[a]chipel toscan», «[a]utres îles italiennes tyrrhéniennes», «îles italiennes adriatiques»; Martinetti 2014: 5). umani permanenti si possono considerare «italo-romanze» in virtù del ruolo giocato dall’italiano nelle scuole, nei media e nell’amministrazione, ecc., anche qualora le lingue autoctone ivi diffuse non siano univocamente assegnabili al ramo italo-romanzo (si veda il caso del sardo o del gallo-italico in Sicilia). 11 In modo analogo, su un’isola politicamente non italiana con una lingua tetto non italo-romanza come la Corsica può essere presente un idioma italo-romanzo (il còrso). Le isole mediterranee italo-romanze comprendono pertanto, dal punto di vista politico: a. comuni insulari che fanno parte di una determinata regione della terra‐ ferma (ad es. l’isola d’Elba), b. regioni italiane a statuto speciale (ad es. la Sardegna e la Sicilia), 12 c. territori di un altro Stato (ad es. la Corsica francese e le isole quarnerine della Croazia), d. territori di una italoromània submersa che oggi formano uno Stato auto‐ nomo (ad es. Malta) o appartengono ad un altro Stato (ad es. Creta). Nel prosieguo delle nostre riflessioni, ci soffermeremo nondimeno sulle criticità che si palesano non appena s’intenda differenziare tra gli idiomi neolatini ‘au‐ toctoni’ della rispettiva isola e quelli che vi sono giunti in un secondo tempo DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 Lo spazio linguistico italo-romanzo in prospettiva insulare 109 13 Nella sezione 5 torneremo al significato di questo termine e, più in generale, alle difficoltà che s’incontrano nel classificare le lingue romanze, discutendo brevemente anche alcune classificazioni aggiuntive e/ o alternative a quella tradizionale basata prevalentemente su criteri geografici (v. Tagliavini 1998). La classificazione tradizionale vale ancora oggi, malgrado le inevitabili sfocature che comporta, da punto di riferimento per la linguistica romanza (cfr. Hoinkes 2003: 132-133). 14 «eine anachronistische Projektion der rezenten Diatopik des Italienischen auf die Geschichte» (Krefeld 2011: 142). tramite migrazione (varietà alloctone), piuttosto che, magari, idiomi ‘passati’ all’italo-romanzo per ibridazione o sovrapposizione. 13 4 Un approccio orientato alle epoche storiche A nostro avviso, la grande diversità delle costellazioni e situazioni di contatto delle isole del Mediterraneo non viene rappresentata in maniera adeguata dalla tradizionale storiografia linguistica nazionale, la quale suggerisce ancor oggi troppo spesso «una proiezione anacronistica dell’attuale diatopia dell’italiano nella storia» (Krefeld 2011: 142) 14 . Anche rispetto alle consuete classificazioni dello spazio linguistico romanzo, le isole rappresentano spesso un’eccezione, se non un vero e proprio fattore ‘di disturbo’, dal momento che si collocano al contempo nell’una e nell’altra categoria (si veda il caso della Sardegna tra Romània orientale e occidentale) o invitano a classificazioni alternative a quelle comunemente accettate (si veda ad es. la Romània intertirrenica o interadriatica, su cui torneremo a breve). Per poter descrivere i complessi profili linguistici risultanti dai processi di elaborazione (Ausbau), dalle situazioni di contatto e migrazione, dai fenomeni di Überdachung e dagli usi linguistici specifici che si possono trovare sulle diverse isole del Mediterraneo, sarà perciò più appropriato intraprendere una storiografia linguistico-areale che tenga in considerazione le differenze registrabili di epoca in epoca (cfr. Krefeld 2007; 2011: 142, «epochenorientierte Sprachraumgeschichte»). Inoltre, come vedremo a breve, risulta più sensato distanziarsi da un’ottica nazionale e concentrarsi piuttosto sulle realtà territoriali che si possono distinguere al di sotto e al di là del territorio nazionale (cfr. anche Krefeld 2024: 24). Ad un approccio che distingue tra diverse epoche ne va dunque aggiunto uno che getti uno sguardo altrettanto differenziato sulle singole realtà territoriali. Un tale accostamento alla storia linguistica potrebbe portare, nel caso delle isole mediterranee ‘italo-romanze’, alla seguente distinzione di partenza: A) presenza di comunità linguistiche italo-romanze in epoche passate (fino alla prima metà del secolo XVIII circa); DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 110 Laura Linzmeier / Davide Soares da Silva 15 Una tale suddivisione rappresenta un primo approccio e andrà ulteriormente raffinata. 16 «vor allem durch die Mündlichkeit getragen[e] Gemeinsprachen» (Krefeld 2011: 142). 17 Non è marginale, a questo proposito, il ruolo svolto da Napoleone, le cui campagne portarono ad esempio alla dissoluzione della Repubblica di Venezia nel 1797 (cfr. Freeman 2008: 56). 18 Le isole che fanno parte della sola categoria A non godono oggigiorno di uno statuto legislativo che tuteli o garantisca la vitalità o la rivitalizzazione degli idiomi italo-ro‐ manzi una volta (ampiamente) diffusi nell’oralità. Tuttavia, sulla base della fitta rete di legami storici che in parte sussiste ancora oggi con l’Italia o con alcune regioni italiane (attraverso il commercio, il turismo, l’interscambio culturale, ecc.), su queste isole non sarebbe impossibile rinvenire, oltre ad attestazioni di varietà italo-romanze del passato, anche tracce di una italofonia ‘rivitalizzata’. B) presenza di comunità linguistiche italo-romanze in epoca moderna (a partire dalla seconda metà del secolo XVIII circa, ovvero dal principio della diffusione di una lingua nazionale). Riteniamo fondamentale tracciare una linea di demarcazione tra la prima e la se‐ conda metà del secolo XVIII, distinguendo così due macroepoche, 15 dal momento che il ruolo esercitato dalla diffusione della scritturalità non può considerarsi in egual misura indicativo per le koinè e le lingue territoriali diffusesi prima del secolo XVIII da un lato e la nuova lingua nazionale dall’altro (cfr. Krefeld 2011: 145). Nel primo caso, si trattava di «lingue comuni sostenute soprattutto dall’oralità» (Krefeld 2011: 142) 16 , ad esempio nei territori delle repubbliche marinare di Pisa, Genova e Venezia. Nel secondo caso, a partire dalla seconda metà del secolo XVIII, 17 ossia nel periodo caratterizzato dal consolidamento dello stato nazionale, si trattava invece di lingue tetto ufficiali o standard diffuse in primo luogo proprio tramite la scritturalità. Quest’ultima ha portato ad un livello completamente nuovo e diverso di integrazione delle lingue tetto nel quotidiano (ad es. attraverso l’alfabetizzazione scolastica e l’influenza dei media) e influenza ancora oggi il repertorio delle comunità linguistiche (bilinguismo, diglossia e/ o passaggio alla lingua dominante, convergenza al rispettivo standard nazionale da parte dei dialetti locali, ecc.) in maniera determinante. La distinzione qui proposta non esclude che alcune isole possano essere considerate, a seconda dell’interesse storico-linguistico, appartenenti sia alla categoria A che alla categoria B (ad esempio la Corsica, la Sardegna e le isole quarnerine), mentre invece altre isole, in particolare quelle che si possono ascrivere all’Italoromània (semi-)submersa, come Creta o Malta, sono accessibili solo in prospettiva storica, quindi rientrano solamente nella categoria A. 18 Vediamo dunque quali sono nel dettaglio le varietà italo-romanze appartenenti alle categorie A e B: DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 Lo spazio linguistico italo-romanzo in prospettiva insulare 111 19 Tradotto dal tedesco «Domänen Handel, Religion und Bildung, geographisch ausge‐ hend vom Nordosten der Insel» (Haist/ Kailuweit 2021: 74). A) (Italo)romània storica A1 Varietà romanze sviluppatesi sulle isole prossime alla penisola italiana in seguito alla latinizzazione e che si trovavano nella sfera d’influenza di lingue territorial-veicolari italo-romanze (ad es. pisano, genovese, ve‐ neziano, ecc.) o che si sono sviluppate verso l’italo-romanzo attraverso processi di contatto duraturi e ibridazione con varietà italo-romanze: - le varietà romanze autoctone della Corsica sviluppatesi in direzione del toscano tramite l’adozione del pisano a livello sovraregionale (dal 1120 circa); - il sardo meridionale, la cui fonetica è fortemente influenzata dalle varietà toscane a partire dal secolo XIII (cfr. Krefeld 2011: 146; Lupino 2023: 128- 130); - la varietà autoctona dell’Elba, oggi per lo più ascritta al toscano (con tratti comuni al pisano e al còrso in particolare) (cfr. Schwarze 2000: 74-75) a seguito della forte influenza che la Repubblica marinara di Pisa ha esercitato sull’isola a partire dal 1000 d.C. ca.; - l’istroveneto, ossia «la variante istriana del veneziano coloniale» (Mattic‐ chio 2021: 143), che al più tardi a partire dal Cinquecento è andata sovrap‐ ponendosi ai dialetti romanzi autoctoni dell’Istria e delle isole quarnerine, influenzando anche i dialetti ciacavi; - il sassarese e il gallurese, varietà ibride sviluppatesi in condizioni di intenso e duraturo contatto tra il sardo settentrionale e il còrso (oltre che con il pisano e il genovese) a partire dall’Alto Medioevo (cfr. Maxia 2012: 41-42). Esempio per A1: Corsica Le varietà romanze che si sono originariamente sviluppate in Corsica in seguito alla latinizzazione (a partire dal 237 a.C.) hanno subìto una forte toscanizzazione durante il periodo della dominazione pisana (1077-1284) ed è sulla base del pisano che si sono sviluppate le varietà còrse. A partire dal 1120 circa il pisano era già in uso nei «domini del commercio, della religione e dell’istruzione, partendo geograficamente dal nord-est dell’i‐ sola» (Haist/ Kailuweit 2021: 74) 19 . Il toscano fu poi ampiamente utilizzato anche sotto il successivo dominio genovese (1284-1755): «Genova, anzi, DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 112 Laura Linzmeier / Davide Soares da Silva 20 Nel secolo XVI la piccola isola di Tabarca, al largo della Tunisia, fu lasciata in concessione ad una famiglia di pescatori e commercianti di corallo genovesi, la quale attrasse numerose altre famiglie al suo seguito. A causa della sovrappopolazione nonché dello sfruttamento intensivo e del conseguente esaurimento dei banchi di corallo, nel 1738 Carlo Emanuele I concesse ad una parte degli abitanti di Tabarca di colonizzare l’isola di San Pietro, allora disabitata, nel sud-ovest della Sardegna. Dopo l’occupazione di Tabarca da parte del Bey di Tunisia nel 1741, alcune famiglie rimaste sull’isola furono tratte in salvo da Carlo Emanuele III a Carloforte (San Pietro), mentre nel 1769 altre famiglie ancora furono esodate su un’isoletta vicino ad Alicante (Illa Plana, ribattezzata poi in: Nueva Tabarca) da Carlo III (cfr. Toso 2017: 447-448). Mentre il tabarchino, un dialetto ligure, gode ancora oggi, nell’arcipelago sardo del Sulcis, di vitalità e di riconoscimento giuridico a livello regionale, la varietà genovese parlata a Nueva Tabarca si estinse completamente nel Novecento (cfr. Toso 2011). Cfr. per la Sardegna il progetto di storia digitale Colonizzazioni interne e Migrazioni, https: / / sto ria.dh.unica.it/ colonizzazioninterne/ it/ popolazionismi-regno-di-sardegna-xviii-mappa -dei-popolamenti. avrebbe agito da vettore efficiente della toscanizzazione (italianizzazione) dell’isola» (Lupino 2023: 132). Il genovese, dal canto suo, si affermò solo a Bonifacio. A2 Varietà romanze di gruppi linguistici e/ o sociali relativamente omogenei che si trovano in condizioni di extraterritorialità: - isole linguistiche italo-romanze su isole geologiche come il tabarchino a base ligure a Sant’Antioco e San Pietro in Sardegna, 20 il gallo-italico in Sicilia (San Fratello), il dialetto ligure di Bonifacio in Corsica, il fiorentino di Portoferraio sull’isola d’Elba, i dialetti veneti di alcuni comuni della Sardegna (p.es. ad Arborea); - varietà italo-romanze in uso presso un determinato gruppo sociale, profes‐ sionale o culturale più o meno omogeneo in uno specifico dominio d’uso: ad esempio, il veneziano come lingua dell’amministrazione a Creta dal 1204, il siciliano e, dal Cinquecento, il toscano come lingua dei tribunali e della letteratura a Malta. Esempi per A2: Creta e Malta Creta fu un’importante base strategica della Serenissima dal 1204 alla metà del secolo XVII. Se è vero che il greco fu adottato anche dalla maggioranza degli abitanti veneziani (cfr. Eufe 2019: 62-63), nelle città DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 Lo spazio linguistico italo-romanzo in prospettiva insulare 113 maggiori era ampiamente diffuso il bilinguismo. Anche nell’amministra‐ zione, come attestano numerosi documenti d’archivio, si utilizzava una varietà italo-romanza di base veneziana con caratteristiche comuni a varietà dell’Italia settentrionale (cfr. Eufe 2019: 81). Anche se oggigiorno Creta va attribuita alla Italoromània submersa, l’influenza del veneziano e del toscano - il quale ha svolto un ruolo di rilievo come lingua di cultura dall’inizio del secolo XVI - si manifesta nella presenza di numerose forme italo-romanze tuttora in uso nel cretese e si ritrova soprattutto nel lessico della marineria, dell’artigianato, oltre che in quello relativo al gioco, al teatro, alla gastronomia, ecc. (cfr. Minniti Gònias 2018). A Malta, a partire dal Cinquecento, l’italiano (toscano) cominciò a sos‐ tituire il siciliano diventando via via lingua dominante della cultura. Dall’Ottocento, nonostante l’introduzione dell’inglese come lingua del‐ l’amministrazione, l’italiano rimase in uso nella giurisprudenza e ciò fino al 1934, data in cui presero il via la standardizzazione del maltese e il bilinguismo ufficiale maltese-inglese. Il contatto linguistico con varietà italo-romanze (siciliano e toscano) ha lasciato comunque segni indelebili, tanto che oggi una buona parte del vocabolario maltese è di origine italo-romanza (cfr. Sciriha 2013: 5-10). Con la promulgazione del Maltese Language Act nel 2005, l’italiano ha perso ogni funzione ufficiale, ma rimane una lingua straniera (di prestigio) che si insegna anche a scuola (cfr. Berruto 2001: 12; Brincat 2020; Sciriha/ Vassallo 2022: 2, 8). B) Italoromània moderna (a partire dalla seconda metà del secolo XVIII circa) B1 Varietà che rientrano nello spazio varietistico dell’italiano in seguito al processo di Überdachung da parte dell’italiano standard: - l’italiano regionale in uso sulle isole italiane (ad esempio, l’italiano regionale della Sardegna); - varietà insulari (sovra)locali senza un proprio standard di riferimento ufficialmente riconosciuto: siciliano, elbano, pantesco; - varietà insulari (sovra)locali con un proprio standard di riferimento uffici‐ almente riconosciuto, ad esempio il sassarese (dal 2022; cfr. Marras et al. 2022). DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 114 Laura Linzmeier / Davide Soares da Silva 21 La Corsica è francese dal 1758. Il còrso ha sviluppato uno standard relativamente adattabile alle diverse varietà (langue polynomique) e largamente diffuso nei contesti ufficiali (istruzione, amministrazione, media) (cfr. Fabellini/ Linzmeier 2020: 279; Klöden 2021: 192). Esempio per B1: Varietà sarde Dopo che le varietà sarde sviluppatesi in seguito alla romanizzazione attraversarono varie fasi di almeno parziale Überdachung da parte del pisano, del genovese, del catalano e dello spagnolo, con il trattato di Londra (1718) la Sardegna passò ai duchi di Savoia. A conseguenza di ciò, nel 1727, Vittorio Amedeo II incentivò la diffusione dell’italiano, iniziativa che in principio ebbe un successo solo moderato vista la forte presenza dello spagnolo (cfr. Lupino 2023: 185-186). La lingua dell’istruzione e dei tribunali passò definitivamente all’italiano a partire dal 1760 (cfr. Lupino 2023: 179, 186). Dalla seconda metà del secolo XX le varietà sarde subirono quindi una «trasfigurazione dialettale» (Lupino 2023: 215) che le avvicinò all’italiano. D’altro canto, soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo XX, si cerca di preservare il sardo con misure di rivitalizzazione (cfr. Marzo 2017: 57-58) e standardizzazione (in particolare la Limba Sarda Comuna a partire dal 2006). B2 Varietà italo-romanze che si trovano ‘sotto’ una lingua tetto non italiana: - varietà italo-romanze prive di un proprio standard di riferimento: il ge‐ novese a Bonifacio sotto la lingua tetto francese o l’istroveneto sulle Isole quarnerine sotto la lingua tetto croata (ma con bilinguismo ufficiale italiano-croato); - varietà locali con un proprio standard di riferimento: ad esempio la langue polynomique del còrso accanto al francese in Corsica. 21 Esempio per B2: l’istroveneto delle isole quarnerine In Istria e sulle Isole quarnerine (p.es. Lussino, Cherso, Veglia) si sviluppò e si diffuse l’istroveneto, principalmente a seguito della colonializzazione veneziana. Al più tardi a partire dal Cinquecento, nella scritturalità e nell'oralità di ambito ufficiale istriane era altresì presente il toscano. Sotto il dominio asburgico (1797-1918), le lingue diffuse in Istria godevano di uno DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 Lo spazio linguistico italo-romanzo in prospettiva insulare 115 22 In Istria, l’italiano è lingua ufficiale assieme al croato (cfr. Matticchio 2021: 144-145). La CNI, «l’organizzazione unitaria, autonoma, democratica e pluralistica degli Italiani delle Repubbliche di Croazia e Slovenia», è composta da 53 Comunità degli Italiani (7 in Slovenia e 46 in Croazia) (cfr. https: / / www.unione-italiana.eu/ index.php/ it/ chi-siam o; 21.12.2023). 23 Cfr. https: / / www.lussinpiccolo-italia.net/ (05.10.2023). A Lussinpiccolo «[i]l sodalizio promuove corsi di lingua italiana per bambini, ragazzi e adulti, organizza attività culturali, ricreative e di socializzazione tra cui escursioni di studio in Italia, eventi e manifestazioni culturalmente rilevanti per valorizzare la storia la cultura e le tradizioni italiane» (cfr. https: / / www.unione-italiana.eu/ index.php/ it/ le-comunita-deg li-italiani-2/ item/ 281-lussinpiccolo; 21.12.2023). Il sito facebook della Comunità degli Italiani di Cherso/ Zajednica Talijana Cres è redatto principalmente in italiano e non in istroveneto (cfr. https: / / www.facebook.com/ groups/ 1724207137851033/ ; 21.12.2023). 24 Cfr. https: / / www.serenissima.news/ la-croazia-riconosce-la-lingua-istroveneta-ora-sol o-in-italia-la-lingua-veneta-e-senza-tutela/ (21.12.2023). 25 Sarà interessante seguirne gli sviluppi anche e soprattutto in merito alla costituzione di uno standard sovraregionale; cfr. https: / / www.istroveneto.com/ (21.12.2023). 26 Secondo Tagliavini (1964: 298) - «tenendo conto della ripartizione geografica, dei sostrati e di molti altri criterî» - l’italo-romanzo comprende il dalmatico (con feno‐ status paritario: l’italiano (toscano) rappresentava una lingua di prestigio e fu utilizzato nell’amministrazione e nell’istruzione fino alla fine del secolo XIX, quando venne sostituito dal (serbo-)croato (cfr. Linzmeier/ Soares da Silva 2023: 85-86; Matticchio/ Tamaro 2020: 185). L’istroveneto, dal canto suo, rimase in uso nei domini informali e nell’oralità. Oggigiorno, l’eredità italo-romanza è tutelata attraverso una serie di norme giuridiche che garantiscono - almeno formalmente - il bilinguismo croato-italiano. 22 La diffusione dell’italiano viene incentivata dalla Comunità Nazionale Italiana, oltre che attraverso l’effetto dei continui scambi e contatti con l’Italia (turismo, cultura, commercio, ecc.). 23 L’istroveneto, a sua volta, è riconosciuto e tutelato in Croazia e in Slovenia dal 2021 24 e, pur non disponendo ancora di un proprio standard e pur non facendo parte dei curricula scolastici, è tuttavia promosso tramite molteplici eventi culturali (cfr. Matticchio/ Melchior 2024: sez. 2, n. 12). 25 5 Italoromània e Inter-Romània? Le isole del Mediterraneo rendono evidente come la comune interpretazione delle tradizionali classificazioni «di natura areale» ( Jacob 2003: 150, tradotto dal tedesco «arealer Natur») in Italoromània, Galloromània, Iberoromània, Balcano‐ romània - termini coniati da Tagliavini 26 - oscuri in buona parte le complesse e DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 116 Laura Linzmeier / Davide Soares da Silva meni appartenenti al dominio balcano-romanzo), l’italiano, il sardo e il ladino. Nel dominio linguistico ‘italiano’, Tagliavini (1964: 334; cfr. 338) distingue l’italiano (= «La parte principale del dominio linguistico che abbiamo chiamato italo-romanzo») e tre macro-gruppi dialettali: dialetti alto-italiani/ settentrionali (cioè i dialetti gallo-italici, il Veneto, l’Istriano), dialetti centro-meridionali e dialetti toscani (inclusi i dialetti còrsi). Di tutt’altro tenore è la prospettiva di Pellegrini, per il quale è decisivo il ruolo dell’italiano come lingua di riferimento (p.es. culturale): per Pellegrini (1975 [1973]: 56s.), i sistemi linguistici dell’italo-romanzo includono «[…]le varie parlate della Penisola e delle Isole che hanno scelto, già da tempo, come ‘lingua-guida’ l’italiano». Si tratta di «cinque gruppi di parlate ‘italo-romanze’ caratterizzate da una notevole autonomia dialettale»: italiano settentrionale/ cisalpino (inclusi anche il ligure, il veneto, l’istrioto), il friulano, i dialetti «centromeridionali», il sardo «con l’appendice del corso», il toscano («col corso toscanizzato»)» (Pellegrini (1975 [1973]: 68). Anche Muljačić (2003: 7) si dimostra in gran parte d’accordo con questa delimitazione termi‐ nologica quando afferma che «[l]’italo-romanzo non è all’inizio dello sviluppo storico. Piuttosto, è dovuto all’espansione del fiorentino > italiano» (tradotto dal tedesco: «das Italoromanische steht nicht am Anfang der historischen Entwicklung. Es ist vielmehr der Expansion des Florentinischen > Italienischen zu verdanken»). 27 Tradotto dal tedesco: «All diesen Einteilungen, seien sie auf grobe binäre (Ost-West, Nord-Süd) oder ternäre Scheidungen oder auf subtilere Untergruppierungen aus, haftet eine gewisse Willkür bei der Auswahl der zur Abgrenzung herangezogenen Isoglossen an: Es gibt jeweils auch Isoglossen, die andere Einteilungen nahe legen würden» ( Jacob 2003: 150). stratificate dinamiche di genesi e di sviluppo delle lingue romanze. A sostegno di una classificazione areale vengono spesso addotti criteri di storia linguistica non solo esterna (cfr. Jacob 2003: 150), ma anche interna (ivi inclusi cambiamenti tipologici) (cfr. Hoinkes 2003: 125). Molte varietà diatopiche romanze, tuttavia, non sono ascrivibili univocamente a un sottogruppo piuttosto che a un altro. Le singole classi, inoltre, non sono sempre distinguibili l’una dall’altra. Con le parole di Jacob, [t]utte queste sommarie classificazioni, siano esse di natura binaria (est-ovest, nord-sud) o ternaria, siano esse volte a identificare più diramazioni ancora, sono caratterizzate da una inevitabile arbitrarietà nella scelta delle isoglosse utilizzate per la demarcazione. Esistono isoglosse che suggeriscono anche altre categorizzazioni ( Jacob 2003: 150). 27 Thomas Krefeld (2007: 68) definisce queste classificazioni come «pseudo-sto‐ riche, pseudo-geolinguistiche e criptonazionali perché fondate anch’esse sui territori delle quattro grandi lingue nazionali». Data l’assolutizzazione di determinati parametri (mediante l’oscuramento di determinati altri), tali clas‐ sificazioni permettono solo difficilmente di descrivere ad es. delle varietà di transizione, motivo per cui sono stati proposti ulteriori raggruppamenti (ad esempio il gruppo gallo-italico, il Romanzo Alpino; cfr. Lausberg 3 1969: 53, DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 Lo spazio linguistico italo-romanzo in prospettiva insulare 117 28 Una latinità arcaica che unisce la Sardegna e la Corsica è attestata anche da Rohlfs (Rohlfs 1941: 9-10, cfr. anche Krefeld 2011: 144). 55). Le molteplici realtà dello spazio romanzo, tuttavia, mostrano come una chiara sistematizzazione delle singole aree linguistiche insulari sia difficilmente realizzabile su questa base categoriale. La latinizzazione (e, in un secondo tempo, l’italoromanizzazione) è avvenuta isola per isola, in una determinata fase storica e secondo determinate modalità. Quali fatti storici sono quindi da considerare decisivi per poter parlare oggi di varietà italo-romanze? Lausberg (1969: 68) attesta per la Sardegna e per la Corsica (così come per la Lucania-Calabria e l’Africa) una latinità arcaica, 28 per la Sicilia (e l’Italia meridionale), invece, una latinità d’influenza greca. Tuttavia, più che la latinizzazione, è l’intenso contatto verificatosi nel Mediterraneo durante l’Alto Medioevo a rappresentare il fattore decisivo per l’italoromanità delle varietà autoctone: successive sovrapposizioni da parte di lingue romanze di contatto possono aver contribuito ad avvicinare le lingue autoctone in vario modo al ramo ‘italo-romanzo’ (o, al contrario, ad allontanarle da esso), oppure possono aver lasciato dietro di sé una forte frammentazione dialettale (cfr. Krefeld 2011: 144-146), come nel caso dell’influenza toscana sul campidanese nell’Alto Medioevo o in quello dell’attuale italianizzazione del sardo (cfr. Gaidolfi 2017). Riferendosi alle lingue e alle varietà della Balcania, Prifti (2016: 204) sottolinea anche come il «modo tendenzialmente monolitico di percepire la romanità», visione tutt’oggi prevalente, non permetta di descriverne in maniera soddisfac‐ ente i diversi strati autoctoni e secondari. Ciò diventa particolarmente chiaro nel caso delle varietà ibride: il sassarese, ad esempio, viene considerato una varietà ibrida sardo-italo-romanza. La Corsica, altro esempio, si trova oggi all’interno dello spazio varietistico del francese, di modo che il còrso, tradizionalmente ascritto all’italoromània, rientra nella sfera d’influenza gallo-romanza - ed esistono infatti varietà di contatto ibride come il francorsu (matrice francese) e il corsancese (matrice còrsa) (cfr. Klöden 2021: 195), che si collocano quindi tra il «gallo-romanzo» e «l’italo-romanzo». I frequenti cambiamenti della lingua tetto tipici delle isole mediterranee e le numerose situazioni di contatto linguistico dovute a frequenti immigrazioni - spesso in uno spazio molto limitato (cfr. la metafora della lente focale) - hanno creato le condizioni ideali per far sorgere fenomeni di transizione e forme ibride, il che dimostra ancora una volta che i confini linguistici non sono un dato di fatto, ma sono in continua evoluzione (cfr. Linzmeier 2019: 37-38; Fabellini/ Linzmeier 2020). Risulta inoltre evidente che nelle isole del Mediterraneo (si vedano gli esempi della Sardegna e della Sicilia) coesistono DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 118 Laura Linzmeier / Davide Soares da Silva 29 Tradotto dal tedesco «Wie man sieht, wirkten ‚alte’ und ‚neue’ Romanisierungsbewe‐ gungen in vielfältiger Weise zusammen» (Krefeld 2024: 24). 30 Ad es. nel còrso le terminazioni del presente indicativo sono -emu/ -emi (cantemu) (non da -AMUS) e -enu/ -ini (vendenu) (non da -UNT). Si registra poi -enel participio presente (luccichente) e nel congiuntivo imperfetto (cantessi). A questo proposito Chiorboli (1997: 1218) parla, riferendosi a Lüdtke (1956: 52-53) - che basava le sue riflessioni sulla morfologia verbale -, di «[…] un système qui s’oppose à l’italien et a fondé l’identification d’une zone intertyrrhénienne». Sempre Chiorboli (1997: 1220) accoglie l’idea di Nesi (1988: 807) di «[…] un programma per la rivisitazione del problema delle concordanze tosco-corse che tenga conto in modo più compatto di un areale tirrenico le cui caratteristiche lessicali possano esser considerate originali e parzialmente indipendenti dalle pressioni toscane sul corso», traendone la seguente conclusione: «ce point de vue rejoint celui d’une aire «intertyrrhénienne» définie comme un nouveau cadre possible pour la classification du corse à partir de traits morphosyntaxiques» (Chiorboli 1997: 1220). forme o varietà più conservatrici dovute all’isolamento con forme o varietà innovative sviluppatesi in seguito al contatto linguistico (cfr. anche Krefeld 2024: 17-21): «Come si può vedere, i movimenti di romanizzazione ‘vecchi’ e ‘nuovi’ hanno interagito in vari modi» (Krefeld 2024: 24). 29 Le complesse situazioni linguistiche che si riscontrano sulle diverse isole meritano pertanto di essere analizzate di caso in caso individualmente. Un altro metodo di classificare lo spazio linguistico insulare italo-romanzo è quello di individuare una serie di tratti comuni che consentano - almeno in una fase successiva all’attribuzione ad A) e/ o B) - di collocare le isole linguisticamente più complesse in raggruppamenti linguistici non rigidi, ma in un certo senso ‘sciolti’. Tuttavia, è evidente che un tale approccio porta a diverse interpretazioni a seconda del criterio a cui si attribuisce maggior rilevanza: quello linguistico-strutturale (fonetica, morfologia, lessico) o quello storico-cronologico (proto-romanzo, stratificazione secondaria). Un metodo di classificazione già praticato, ma che proprio a causa di questa criticità non si è ancora affermato appieno, sarebbe quello di raggruppare le aree linguistiche sulla base di caratteristiche comuni esistenti in un preciso momento storico. Chiorboli (1988: 62; 1992: 148; 1997: 69) ha delineato ad es. una Romània Intertirrenica, che, sulla base di caratteristiche fonetiche e specialmente morfo‐ logiche sviluppatesi dalla latinità arcaica, comprende il dialetto elbano, i dialetti delle isole còrse 30 , quelli delle isole e delle zone meridionali del Tirreno e del sardo (cfr. anche Schwarze 2000: 83). Questa classificazione rende giustizia, per esempio, al còrso, che viene tradizionalmente considerato vicino al toscano (cosa che vale soprattutto per il còrso settentrionale), nonostante le varietà meridionali mostrino più tratti comuni con varietà italomeridionali e sarde (cfr. Haist/ Kailuweit 2021: 72; Klöden 2021: 188). Per descrivere aree linguistiche DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 Lo spazio linguistico italo-romanzo in prospettiva insulare 119 31 Infatti anche Chiorboli (1988: 82) sottolinea: «Dans cette zone que nous avons appelée Intertyrrhénienne (et qui comme toutes les aires linguistiques ne saurait être considérée comme un bloc monolithique), il est clair que chaque langue conserve plus ou moins (ou acquiert) des caractéristiques propres, résultat d’évolutions intrasystémiques et de facteurs externes forcément divers». 32 Lupino (2023: 131) considera il sassarese e il gallurese «due parlate non sarde». analoghe e non meno complesse si sono coniati anche i termini di Romànita Interadriatica (Lausberg 1967: 32; «interadriatische Romanität») o Romània Circumadriatica (Tekavčić 1979). Pur non del tutto convincente, si tratta di un tentativo comprensibile di trovare una categoria in cui far rientrare diverse lingue/ varietà insulari allo stesso tempo. A causa dei processi di contatto linguistico altamente dinamici che vi si riscontrano, le isole vanno tuttavia sempre analizzate individualmente, e sorge pertanto in questi approcci areali una serie di idiosincrasie che lasciano insoddisfatta una linguistica alla ricerca di categorie: 31 tramite una prospettiva intertirrenica, interadriatica, ecc. si spera di rendere visibili determinati feno‐ meni sovraregionali (nel senso di uno Sprachbund), ma allo stesso tempo si fa sparire l’individualità di ciascuna isola dietro a somiglianze e simmetrie apparenti. Molto spesso infatti, queste ultime non sono che dei semplici relitti di una determinata stratificazione linguistica, tanto interessanti per quanto riguarda gli scenari di contatto storici, quanto privi di un effetto significativo sulla tipologia delle lingue in questione. Resta quindi da chiedersi quale sia il valore aggiunto di una simile prospettiva. Ulteriori concetti che forse andrebbero ridiscussi in sede di analisi delle aree insulari sono quelli di ‘alloctono’ vs. ‘autoctono’. Mentre, ad esempio, l’algherese (varietà catalana) è unanimemente classificato dagli studiosi come una varietà alloctona della Sardegna, lo stesso non vale per il gallurese, spesso classificato come sud-còrso (ad esempio Lai/ Dalbera-Stefanaggi 2005: 33) o come varietà ibrida sardo-còrsa, considerato comunque «autoctono» (v. ad es. Prifti 2021: 555). Sebbene sia la migrazione dalla Corsica ad essere responsabile della comparsa di questa varietà, in Sardegna il gallurese non è apparentemente considerato come ‘straniero’. È dovuta questa tendenza forse al fatto che la distanza tra la Sardegna e la Corsica (12 km) non consente di tracciare una vera e propria linea di confine? O piuttosto al fatto che le caratteristiche còrse del gallurese non sono sufficienti a definire la lingua come non sarda? 32 Un altro esempio: lo spazio varietistico del siciliano comprende non solo le varietà siciliane della Sicilia ma anche il pantesco - una varietà del trapanese - diffuso a Pantelleria. Tuttavia, il pantesco non è una varietà autoctona emersa con la latinizzazione (come il siciliano), ma si è diffuso solo a partire dal DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 120 Laura Linzmeier / Davide Soares da Silva secolo XVIII in seguito a flussi migratori (cioè secondariamente) dalla Sicilia occidentale a Pantelleria. Sebbene l’isola abbia condiviso una storia comune con la Sicilia a partire dal secolo XII e genovesi, catalani, ma anche siciliani abbiano vissuto nei pressi del castello e del porto, fino al secolo XVII la lingua diffusa all’interno dell’isola era l’arabo. Di conseguenza, il pantesco non è un dialetto autoctono, bensì alloctono, importato dalla Sicilia attraverso migrazione e sviluppatosi localmente a seguito di contingenze politiche soprattutto a partire dal secolo XVIII. A rigore, si tratta quindi di un’isola linguistica situata su di un’isola - situazione paragonabile a quella del tabarchino (cfr. Staccioli 2015: 194-196; Brincat 2000). Questo mostra, non da ultimo, come anche la mera contiguità geografica attuale - che può essere data anche laddove vi sia un tratto di mare tra due zone limitrofe, come nel caso delle varietà sardo-còrse e del gallurese - non è sempre spiegabile come risultato di un processo di successiva espansione geografica. 6 Quale profitto trarre dallo studio delle isole ‘italo-romanze’? Con il presente contributo si è cercato di gettare uno sguardo sullo spazio lingu‐ istico italo-romanzo da un’angolatura diversa, ponendo al centro dell’attenzione le isole del Mediterraneo e le comunità insulari in cui sono diffuse, o lo erano in un recente passato, la lingua italiana e/ o varietà italo-romanze. Abbiamo proposto un criterio di ordinamento cronologico entro il quale collocare - al di là di ogni differenza e peculiarità - le diverse isole d’influenza italo-romanza, predisponendone l’analisi dello specifico profilo linguistico in prospettiva sia diacronica, sia sincronica, lungo diversi fattori e diverse funzioni individuate. Prendere in esame l’isola nella sua natura geofisica ci porta a evidenziarne le diverse interconnessioni e ad esplorare i fenomeni di ibridazione che si verificano all’interno e anche al di là dei tradizionali confini della Romània. A proposito delle isole - come già sottolineato da Krefeld (2011; 2024) - sembra più sensato intraprendere una storia linguistica in scala territoriale, da accostare e, per certi versi, da contrapporre alla storia linguistica nazionale, differenziando inoltre lungo diverse epoche. L’isola, infine, ci proietta all’interno di quel campo di tensioni che sussiste tra interconnessione e isolamento, caratteristico, ci sembra, di molte (anche se non certo di tutte le) realtà insulari. Vorremmo concludere sollecitando una riflessione sull’idea che l’isola mediterranea - a seconda delle sue dimensioni e delle sue funzioni - non solo possa mostrare diversi gradi di stratificazione romanza, ma può anche essere un campo d’indagine particolarmente adatto, DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 Lo spazio linguistico italo-romanzo in prospettiva insulare 121 viste le sue limitazioni spaziali, allo studio del contatto linguistico e dei fenomeni d’ibridazione (lente focale). Tali studi potrebbero essere a loro volta il punto di partenza per indagare scenari comunicativi simili in cui si incrociano la diversità linguistica e le limitazioni spaziali. Vi sono certamente molti aspetti che non si sono potuti approfondire in questa sede e che potrebbero potenzialmente contraddire determinate categorizzazioni o descrizioni, aspetti legati magari a percezione (che può anche contraddire l’analisi strutturale e tipologica di un sistema linguistico), senso di appartenenza e atteggiamenti delle comunità linguistiche, ma anche legati all’interazione linguistica tra gli abitanti di una determinata isola e altri attori sociali come i lavoratori stagionali o i turisti che la ‘invadono’ durante il periodo estivo. Nonostante le diverse vicende storico-linguistiche delle isole mediterranee non permettano troppe generalizzazioni, desideriamo tuttavia concludere invitando a prendere parte ad un dibattito sull’utilità di una tale categorizzazione. Invi‐ tiamo inoltre ad approfondire l’idea secondo cui l’isola di piccole e medie dimensioni possa essere considerata una sorta di laboratorio in cui studiare pro‐ cessi sociali altamente dinamici e le loro ripercussioni linguistiche (formazione di koiné, ecc.), applicando magari determinati criteri d’analisi e determinate categorizzazioni ad altri contesti in cui si registrano simili addensamenti di popolazione (isole linguistiche, città portuali, corti, ecc.). Bibliografia Berruto, Gaetano (2001): «Italienisch». Sociolinguistica 15, 72-95. Brincat, Joseph M. (2000): «‘Malta e Pantelleria: affinità e diversità storico-linguistiche’ in Pantelleria e il Mediterraneo». Atti del Convegno, Pantelleria, 16 luglio 2000. ⟨http: / / pasarchiviostorico.altervista.org/ malta-pantelleria-affinita-diversita-storico-linguis tiche/ ⟩ (30.10.2023). Calvet, Louis-Jean (2016): La Méditerranée. Mer de nos langues. Paris: CNRS Editions. 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DOI 10.24053/ Ital-2023-0027 126 Laura Linzmeier / Davide Soares da Silva Die Überwindung der Insel-Idylle auf Ventotene - Fabrizia Ramondinos L’isola riflessa Jonas Hock «sulle isole, le scrittrici vedono i fantasmi» Nadia Terranova Nel XX secolo, alcuni intellettuali europei scoprirono le isole come luoghi di ritiro dalla modernità. Mentre Denis de Rougemont, Walter Benjamin o Ernst Jünger cercavano soprattutto l’alterità degli idilli arcaici, L’isola riflessa di Fabrizia Ramondino diventa un prisma per riflettere sul profondo intreccio che lega anche la più piccola isola a contesti globali di oppressione e sfruttamento. Il libro su Ventotene non testimonia una fuga dal mondo, bensì un affinamento dello sguardo sul mondo (e su sé stessi), ispirata da una quotidianità disincantata sull’isola e un’immersione nella storia di oltre 2000 anni di confino ed esilio. Im 20. Jahrhundert entdeckten einige europäische Intellektuelle Inseln als Rückzugsorte vor der Moderne. Während Denis de Rougemont, Walter Benjamin oder Ernst Jünger vor allem die Andersartigkeit archaischer Idyllen suchten, wird Fabrizia Ramondinos Lʼisola riflessa zu einem Prisma, das es ermöglicht, über die tiefgreifenden Verflechtungen nachzudenken, die selbst die kleinste Insel mit globalen Zusammenhängen der Unterdrü‐ ckung und Ausbeutung verbindet. Das Buch über Ventotene zeugt nicht von einer Flucht aus der Welt, sondern vielmehr von einer Verfeinerung des Blicks auf die Welt (und auf sich selbst), inspiriert durch einen nüchternen Alltag auf der Insel und ein Eintauchen in die Geschichte von über 2000 Jahren Verbannung und Exil. Im Italienischen bezeichnet isola auch einen Baukomplex, der auf allen Seiten von Straßen umgeben ist und damit besonders gut erreichbar. Dass Inseln, ob in Meeren, Seen oder Flüssen, isoliert seien, ist eine recht neue Vorstellung. Von der Antike bis weit in die Neuzeit hinein war die Erreichbarkeit über das Wasser DOI 10.24053/ Ital-2023-0028 1 De Rougemont 1937, S.-16. vielmehr conditio einer Offenheit, die sich in oft ausgeprägter Konnektivität niederschlug. Der Konnektivitätsgrad war und ist dann selbstverständlich re‐ lativ, abhängig vom Interesse an einer Insel und den sie Bewohnenden - und von deren Drang nach außen. Dass noch ein felsiges Eiland, auf dem ein paar Ziegen dem Seefahrer für kulinarische Abwechslung sorgen können, jahrhundertelang öfter besucht wurde als manch weniger unwirtliche Flecken terraferma, davon zeugen die zahlreichen Cap(b)reras, Capraias etc. nicht nur im Mittelmeer. Mit zunehmender Erreichbarkeit abgelegener oder schwer zugänglicher Orte insbesondere im Laufe der infrastrukturellen Sprünge ab dem 19. Jahrhundert gewinnen Inseln rund um Europa im 20. Jahrhundert dann an Attraktivität als potentielle Residuen (noch) nicht durchindustrialisierter Idylle, die als vermeint‐ lich blinde Flecken der Moderne zu entdecken seien und doch, ironischerweise, schon im Moment ihrer ‘Entdeckung’ unwiederbringlich integriert sind. Der utopische Reiz des Archaischen war dabei nicht selten mit materiellen Vorteilen verbunden, die gerade dem notorisch klammen Intellektuellen willkommen sind. Insulare Idyllen als Rückzugsorte der Moderne Was suchen bzw. suchten Intellektuelle auf Inseln? Die soziologische Antwort wäre zunächst: Günstigere Lebensbedingungen als in den Metropolen. Prototyp für einen solchen ‘Sparaufenthalt’ ist Denis de Rougemont, bekannt vor allem für sein Buch über „die Liebe und das Abendland“ und den intellektuellen Begleitsound zur europäischen Integration, der seinen Aufenthalt auf der Île de Ré zwischen November 1933 und Juli 1934 unter dem Titel Journal d’un intellectuel en chomage minutiös dokumentierte und reflektierte. So führt er genau Buch über Einnahmen (wenige, meist durch Zeitschriftenartikel) und Ausgaben (ein Fässchen Wein, Holz zum Heizen, Petroleum für die Lampen, Briefmarken und Zigaretten). Zu Beginn seines Tagebuchs legt de Rougemont die Matrix fest, nach der er seinen Inselaufenthalt bewerten will: 1 - (problème matériel) - si l’on peut vivre loin des villes sans emploi ni gain assuré, et se procurer tout de même le strict nécessaire par des articles, traductions etc. […]-; 2 - (problème psychologique) - si ce régime est favorable ou non à la maturation d’une œuvre ; […] - s’il endort ou s’il excite l’esprit […]-; 3 - (problème social) - si les contacts inévitables et quotidiens entre un «intellec‐ tuel» de ma sorte et les habitants du pays, se révèlent bons, mauvais, ou simplement indifférents […]. 1 DOI 10.24053/ Ital-2023-0028 128 Jonas Hock 2 Ebd., S.-27-f. 3 Ebd., S.-120. 4 Ebd., S.-28. 5 Vicente Valero ( 2 2017) hat Benjamins Ibiza-Aufenthalt eine ausführliche Studie ge‐ widmet, auf die ich mich hier weitgehend stütze. 6 Allerdings heißt es weiter: „Wie kompliziert in Wirklichkeit seine Verhältnisse waren, habe ich erst Monate später erfahren.“ (Scholem 3 1990, S. 227). Tatsächlich hatten die politischen Verhältnisse und Benjamins prekäre Situation ihn zu seinem 40ten Geburtstag, den er vereinsamt auf Ibiza verbrachte, in eine tiefe Existenzkrise gestürzt. 7 Auf Französisch sind die verschiedenen Texte mit Ibiza-Bezug als Récits d’Ibiza in einem Band zusammengestellt (Benjamin 2020); die deutschen Originale sind über die Die Île de Ré an der französischen Westküste bei La Rochelle, heute Luxusur‐ laubsort, war in den 30er Jahren des 20. Jahrhunderts ein verlorenes Eiland mit verschlafenen Fischernestern und Bauerndörfern. Sofort als Städter erkennbar, aber sichtlich arm, erregt der Intellektuelle den Argwohn der Inselbewohner und lässt den Postbeamten verzweifeln, der nicht weiß, ob ein Manuskript als Drucksache oder als Brief zu frankieren ist. In Bezug auf die Inselerfahrung wird de Rougemont schnell grundsätzlich: Pourquoi les hommes vivent-ils sur des îles ? Quand nous sortons pour une promenade et que nous mesurons toute l’étroitesse de notre domaine, la mer partout à dix minutes et ces marécages hostiles, nous souffrons de ne pouvoir prolonger en pensée notre marche jusqu’au pays voisin. Cette liberté insulaire est une liberté négative. Elle nous met à l’abri du monde et nous ramène tout physiquement à nos limites. 2 An sich selbst beobachtet der Autor, er werde v. a. durch die Ferne von Paris „plutôt irritable, intellectuellement“ 3 , da er sich sozusagen von der verdichteten Metropolenexistenz entwöhnt. Das selbstgewählte Inselexil ist kein Urlaub, aber Reflexionstiefe und Selbstfindung zuträglich: „Tout ici me ramène à moi seul.“ 4 Ähnlich wie de Rougemont und beinahe zur gleichen Zeit wie dieser entdeckt Walter Benjamin Ibiza als Denkort für sich, wo er erstmals 1932 unschlagbar günstig einige Monate zu verbringen gedenkt, die nicht nur dem Lesen, Schreiben und Denken, sondern auch langen Spaziergängen gewidmet sein werden. 5 Auch für Benjamin sind die günstigen Lebenshaltungskosten aus‐ schlaggebend: „unvorstellbar billig - für weniger als zwei Mark pro Tag! “ hält Gershom Scholem beeindruckt fest, auf den Benjamin trotz der „Arbeitsfülle“ in seinen Briefen „ausgeruht“ wirkt. 6 Tatsächlich sind die beiden Insel-Aufent‐ halte 1932 und 33 produktive Phasen. Es entstehen kurze Erzählungen bzw. Denkbilder wie jene der „Ibizenkischen Folge“, aber auch die Arbeit an der Berliner Chronik und der Berliner Kindheit um neunzehnhundert beginnt auf der Insel. 7 Die Konfrontation mit einer Inselgesellschaft an der Schwelle zur DOI 10.24053/ Ital-2023-0028 Die Überwindung der Insel-Idylle auf Ventotene - Fabrizia Ramondinos L’isola riflessa 129 Gesammelten Schriften verteilt, die „Ibizenkische Folge“ etwa in Benjamin IV.1 1991, S.-402-409. 8 Vgl. z.-B. Hausmann 2019. 9 Benjamin II.1 1991, S.-218. 10 Vgl. Valero 2 2017, S.-119. 11 Benjamin VI 1991, S.-448. Moderne, wo Benjamin die Ungebrochenheit der Erzählkunst erlebt, die mit alltäglichen, die mündliche Weitergabe von Erfahrung erfordernden manuellen Arbeiten verbunden ist, wird ihn nicht nur zu eigenen Erzählexperimenten, sondern später u. a. zur Studie Der Erzähler anregen. Auch die Funktionalität der berühmten weißen fincas, die immer nach dem gleichen Prinzip gebaut sind, sich aber nie vollständig gleichen, inspiriert Benjamin - wie so manche Architekten und Avantgardisten in jenen Jahren 8 - zum Nachdenken über das Wohnen, aber auch grundlegender über „Erfahrung und Armut“. So kann die nachfolgende Passage des in den Ibiza-Jahren entstandenen Artikels gleichzeitig als Diagnose des Bewohnens modernster Glasbetonarchitektur, wie es der Text‐ zusammenhang vorsieht, gelesen werden und als Abstrahierung von Benjamins Inselerfahrung: Erfahrungsarmut: das muß man nicht so verstehen, als ob die Menschen sich nach neuer Erfahrung sehnten. Nein, sie sehnen sich von Erfahrungen freizukommen, sie sehnen sich nach einer Umwelt, in der sie ihre Armut, die äußere und schließlich auch die innere, so rein und deutlich zur Geltung bringen können, daß etwas Anständiges dabei herauskommt. 9 Das Zeitfenster für die Möglichkeit der Erfahrung von Erfahrungsarmut - zumindest im basalen Sinne von Reizreduzierung - auf der drittgrößten Balea‐ rischen Insel schließt sich jedoch rapide: Im Sommer 1932 gibt es im Dörfchen San Antonio, wo Benjamin unterkommt, weder Licht noch fließendes Wasser. 1933, beim zweiten Aufenthalt, hat bereits rege Bautätigkeit eingesetzt, die tou‐ ristische Erschließung bringt auch massive Preissteigerungen mit sich; General Francisco Franco besucht die Insel, wobei Benjamin ihm vermutlich begegnet; 10 wie vernetzt Ibiza bereits war, zeigt ein Tagebucheintrag vom ersten Aufenthalt über den Preisverfall für Eidechsen, die „ein internationaler Modeartikel“ 11 geworden waren, und dessen Auswirkung auf die Ökonomie der Eidechsenjagd auf der Insel: Archaik gab es schon seit den 1920er Jahren auch zum Verschicken für das heimische Terrarium. Auch Ernst Jünger hat von den 1920er bis 60er Jahren zahlreiche Inseln, insbesondere im Mittelmeer, bereist und darüber geschrieben: Sizilien (Aus der Goldenen Muschel), Rhodos (Ein Inselfrühling) und mehrfach Sardinien (Am Sa‐ DOI 10.24053/ Ital-2023-0028 130 Jonas Hock 12 Alle in Jünger 1960; vgl. Grundlegend zu Jüngers Reiseschriften Weber 2012, v. a. das Kapitel VI. mit dem bezeichnenden Titel „Mediterrane Refugien“. 13 Vgl. die präzise Analyse von Hagestet 2007. 14 Vgl. Benedetti 2019, v.-a. S.-112-114. 15 Vgl. zu Sardinien Vogel 2007. 16 Jünger 1955, S.-125. 17 Die Primärtextnachweise von Ramondino 1998 erfolgen durchgehend in Klammern ohne weitere Angabe als die Seite. razenenturm; Serpentara; San Pietro). 12 Zeigt sich an Rhodos, das Jünger 1938 mit seinem Bruder besucht, während es unter italienischer Herrschaft steht, schon die Spannung zwischen der dem Massentourismus zustrebenden Insel und dem die Massenkultur verachtenden Ästheten, der doch nicht umhinkommt, die touristischen Infrastrukturen zu nutzen 13 , betreibt er im Sizilien-Buch eine re‐ gressive Substantialisierung der Insel, deren durch Sonne und Boden induzierte vormoderne Lebensform die sicilianità zum Bollwerk gegen Faschismus und Moderne überhaupt werden lasse. 14 Den Höhepunkt erreicht die Jünger’sche Inselglorifizierung dann in den Sardinien-Büchern, in denen die archaische Insel zum letzten Rückzugsort stilisiert wird, wo der Mensch noch zu sich selbst und damit auch zu wahrem Denken kommen kann. 15 Diese mehrfach wie‐ derholte Sardinien-Erfahrung wird, obgleich die zunehmende infrastrukturelle Erschließung auch diese Insel nicht verschont, zu einer Art Insel-Mythologie universalisiert, wobei er die Unversehrtheit der Inseln metonymisch zu der ihrer Bewohner setzt und zum Schluss kommt: „Es gibt noch zahllose Inseln auf dieser Erde und in ihren Meeren, und auf vielen wohnen Menschen, weiße, braune und schwarze, die unversehrt sind und an denen man sich noch das Maß nehmen kann.“ 16 Die Inselidylle ist hier Ausgang für eine Anthropologie der Unversehrtheit mit Anklängen an rousseauistische Naturzustände. Denken jenseits der Idylle: L’isola riflessa Die Suche nicht nach Unversehrtheit, aber nach Heilung einer Versehrung ist es auch, die Fabrizia Ramondino auf eine Insel führte, wobei deren Name, nach zahlreichen durchaus unmissverständlichen Andeutungen, erst ab der Hälfte des den Aufenthalt reflektierenden Buches fällt: „qui a Ventotene“ (81). 17 Der Titel L’isola riflessa lässt zunächst im Vagen, wie die Reflexivität der Insel zu verstehen ist, wer oder was wovon gespiegelt wird oder spiegelt: die Insel die Figur (der Erzählerin bzw. Autorin) oder die Figur die Insel und diese die Welt? Auf jeden Fall ist die Erzählerin, die sich in einer existentiellen Krise auf die Pontinische Insel begibt, erfüllt von einer zunächst den Obigen gar nicht unähnlichen Sehnsucht nach Insel-Idylle, die gespeist ist von jener DOI 10.24053/ Ital-2023-0028 Die Überwindung der Insel-Idylle auf Ventotene - Fabrizia Ramondinos L’isola riflessa 131 18 Vgl. Ebermeier/ Hock 2023, S.-245. 19 Vgl. Giorgio 2005, S.-78-79. 20 Ebd., S.-87. Tabula-rasa-Imago und Streben nach entlastender Peripheralität (im Sinne eines ‘Abseits vom eigentlichen Geschehen’ - in Bezug auf Raum und Zeit, also auch Geschichte), welche so verlockend mit dem Begriff der Insel verbunden ist. Ab der ersten Seite zeigt sich jedoch, dass Ramondino um die Durchkreuzung dieser Hoffnung weiß - und zwar nicht nur aufgrund eines auf beeindruckende Weise in das Buch geflochtenen Wissens um die Palimpsesthaftigkeit der Mit‐ telmeerinsel, 18 auf der die Trümmerhaufen der Vergangenheit sich auf kleinstem Raum stapeln und doch für die Nichtwissenden weitgehend unsichtbar bleiben, sondern auch aufgrund der Wahrnehmungsschärfung, für die die Insel nicht Garantie, aber Katalysator ist - und für die es eine Sensibilität braucht, deren Verlust das reflektierende Ich der Isola riflessa bei so mancher Inselbegegnung hellsichtig und scharf vorführt. Die durch Erfahrungsreduktion bewusst herbei‐ geführte Fokussierung auf einzelne Situationen, manchmal auf kleinste visuelle Einzelheiten, wird der Erzählerin zum Sprungbrett für Assoziationen, die sie in wenigen Zeilen weit fort und unter anderer Perspektive wieder zur Insel zurücktragen. So kommt sie etwa von der Beobachtung einiger Touristinnen, die Akanthusblüten gepflückt haben, zur Erinnerung an frühere Spaziergänge an der Amalfiküste, wo diese so zahlreich zu finden sind, über Gaddas Recht‐ fertigung seines „barocken“ Schreibens damit, die Natur selbst sei barock, und eine Überlegung zum Verhältnis von Natur und Kultur anhand des Wortes „‘Buchenwald’: bosco di faggi“ (13) bis zur Feststellung, dass die confinati auf Ventotene - wie Eremiten und Piraten in früheren Zeiten - das Wissen um den Vitamin-C-Reichtum von Wildem Fenchel gut hätten gebrauchen können, womit sie wieder zur konkreten Pflanzenwelt der Insel zurückkehrt. Gleichzeitig schwindelerregend und doch nie beliebig sind diese Ketten, deren Glieder auf unterschiedlichste Weisen zusammengefügt werden; meist sind es Analogien, aber auch Chronologien, Synästhesien oder Etymologien bis hin zu harten Aneinanderfügungen ohne Übergang - nur kausal oder chrono(topo)logisch linear entwickelt sich keine der Erzählschleifen. Entspre‐ chend grob müssen Sortierversuche vorgehen. Adalgisa Giorgio arbeitet in einem grundlegenden Aufsatz zwei Leitmotive heraus: Einsamkeit (inklusive Ausschluss, Exil, Gefängnis etc.) und die Opposition von Natur vs. Kultur, 19 betont aber explizit: „The text does not present simplistic oppositions such as island, tradition, authentic values and good versus Italy, modernity, corruption and evil.“ 20 DOI 10.24053/ Ital-2023-0028 132 Jonas Hock 21 Einer Gattungszuordnung gehe ich bewusst aus dem Weg. Solche Spannungen, Binäroppositionen gar, herauszuarbeiten, die den Text 21 durchziehen, kann einen ersten Zugang zur thematischen Breite bieten, auch wenn es bedeuten mag, an der Komposition des Buches vorbeizugehen. Der Ein‐ samkeits-Komplex bekommt eine historische, geographische, gesellschaftliche und persönliche Dimension, die alle miteinander verwoben werden. Letztere wird, unmittelbar nach dem Incipit, über einen extravaganten Vergleich mit einer Jahreszeit eingeführt: Der Frühling sei müde: „Forse […] [la primavera] non riesce, la poveretta, a liberarsi - così come io stessa - e strattonata di qua e di là, a sua volta strattonando gli altri, cerca il suo varco tra le stagioni.“ (S. 7) Was zunächst poetisch eingeführt wird, erhält bald die Klarheit klinischer Diagnose, „osservazione clinica: […] sindrome depressiva. […] Per sollevarmi, almeno per qualche ora, bevo.“ (S. 30) Depression und Alkoholismus sind es, die am Ende der zwei Drittel umfassenden Parte prima in einem Suizidversuch der Protagonistin kulminieren. Mit Pillen und Armagnac im Magen schwimmt sie hinaus ins Meer, muss jedoch erbrechen und wird vermutlich von der Strömung zurückgespült. Der Inselaufenthalt stellt sich an diesem Punkt nicht als heilsam, sondern als beinahe tödlich heraus. Und doch beginnt die Parte seconda mit der Rückkehr auf die herbstliche Insel, die gleichzeitig als „luogo del delitto“ und schützender Uterus eingeführt wird, was nicht allzu fern ist von de Rougemonts liberté insulaire négative (s.-o.): Non è stato per provarmi o per tornare sul luogo del delitto che mi trovo di nuovo sull’isola in questo tardo autunno. Né per autoconfinarmi, come scherzano alcuni amici, ché oggi in Italia, più sto in pubblico, più mi sento in esilio; e quasi tutto mi sembra turpe e corrotto, seppure non ancora abbastanza, come quando dal frutto marcio si libera il seme. Ma come volessi sentirmi un feto circondato dal mare, al quale i rumori del mondo giungono attutiti e nuovi e strani: mentre è protetto, cresce e sa che per legge di natura un giorno quel grembo gli sarà troppo stretto e dovrà uscirne. (S.-126) Zwischen den beiden Kapiteln des Buches hatte ein anderer Inselaufenthalt eine Wende gebracht: ein Centro di salute mentale auf Ischia, dessen Leiter Alfonso L’isola riflessa gewidmet ist. Er wird mit seinem centro und den dort entfalteten Heilkräften zum Fluchtpunkt, an dem Natur und Kultur, abgeschlossene Ein‐ samkeit und befreiende Offenheit vermittelt werden: Se si considera la superficie, il Centro di salute mentale dell’isola vicina è un luogo minuscolo rispetto alla mia isola. Ma se si considera quanto vi avviene, è infinitamente più vasto. Alfonso ha reso visibile quanto era invisibile. Ha allargato l’orizzonte, DOI 10.24053/ Ital-2023-0028 Die Überwindung der Insel-Idylle auf Ventotene - Fabrizia Ramondinos L’isola riflessa 133 22 Die in großen Teilen, und insbesondere in ihrer Konzeption, der berühmten trinären Perspektive auf longue durée, moyenne durée und histoire événementielle, in deutscher Kriegsgefangenschaft entstand (vgl. Schöttler 2012). 23 Braudel 10 2017, S.-14. quindi. Ha liberato tanto i malati mentali che i sani di mente dall’oblio. E il pino davanti all’ingresso, con la sua scritta «Pino trattato», è come creasse un legame tra i mali dell’uomo e quelli della natura, tanto gli uni che gli altri ormai più dall’uomo che dalla natura provocati. (S.-143-f.) Das ist das narrative und vielleicht auch das rhetorische Zentrum des Buches: Der Wendepunkt für das Ich fällt zusammen mit der Erkenntnis, dass auch die Natur nicht unversehrt und die Versehrtheit zudem menschengemacht ist. Von hier aus wird nun das konzeptionelle Zentrum erkennbar. Tiefenbohrung Auf den mehr als 1000 Seiten von Fernand Braudels Studie über La Méditer‐ ranée et le monde méditerranéen à l’époque de Philippe II  22 kommt Ventotene nur ein einziges Mal vor - bei der Beschreibung, wie der türkische Korsar Dragut zwischen Ventotene und Ponza einige spanische Schiffe kapert, die von Neapel ausgelaufen sind. 23 Der Insel kommt dabei lediglich die Rolle zu, die Ortsbestimmung anzuzeigen. Im Vergleich zu solch einem historiographischen Monumentalwerk, das sich vorgenommen hatte, den Mittelmeerraum von der longue durée seiner geomorphologischen Bedingungen bis zu den einzelnen Ereignissen einer Epoche zu entfalten, nimmt sich Ramondinos Buch wie die Tiefenbohrung an einer präzisen Stelle aus. Entscheidend ist nun, wie der Text die historischen Schichtungen des Bohrkerns entfaltet. Die Anwesenheit auf der Insel und die Suche nach der Erfahrungsarmut ist dabei nur der erste Schritt, Bedingung für das Freilegen der Tiefenschichten, wobei der Neben- oder fast Null-Saison eine wichtige Rolle zukommt: Anche ora che l’isola è semideserta e che gli elementi hanno spazzato via i turisti e le loro cose, bisogna con cura, come si liberassero i vari strati di un palinsesto, staccare da sé le immagini delle doppie case vacanziere, del nuovo molo, delle scritte ammiccanti su locali e botteghe chiuse, soprattutto quelle formatesi nella memoria durante l’estate, per scoprire gli antichi miti e leggende sorti intorno alle isole, beate o maledette, di utopia o del tesoro, di idilli o naufragi, di avventure o scoperte, di fuga dalla civiltà o dal proprio passato, o di ritrovamento di nuove civiltà e di speranza nel proprio futuro. (S.-121) DOI 10.24053/ Ital-2023-0028 134 Jonas Hock 24 Vgl. Fabbrini 2022, S.-26. Die Freilegung der „vari strati di un palinsesto“ ist Verfahrensweise und Effekt von Ramondinos Text - wobei die einzelnen Schichten gerade nicht in ihrer historischen Faktizität stehengelassen werden, sondern durch die oben beschriebene Darstellung mittels Assoziationsketten in beständigen, wenn auch prekären, immer wieder neu kalibrierten Bezug zueinander gesetzt und damit gedeutet. Das ergibt konzentrische Kreise rund um die Insel, die jedoch auch spiralförmig in die historische Tiefe gehen und immer die Befreiung der menschlichen Existenz aus Gefangenschaft oder auch nur Begrenzung zum Gegenstand haben. Bereits die von Kaiser Augustus erbaute sogenannte Villa Giulia, die seiner Tochter - daher der Name - ebenso zum Verbannungsort wurde wie seiner Enkelin Agrippina und weiteren Frauen aus den römischen Kaiserfamilien, wird von Ramondino gleichzeitig mit dem daneben liegenden Feld eingeführt, auf dem Altiero Spinelli, der 1940, nach bereits mehr als zehn Jahren Haft, vom Faschistischen Regime auf die Insel verbannt wurde, Kartoffeln anbauen durfte (S. 9). Weite Teile der Isola riflessa kehren immer wieder zu den verschiedenen Etappen der Verbannung und Einsperrung, aber auch des Rückzugs auf Vento‐ tene zwischen Römerzeit und 20. Jahrhundert zurück: Die Villen der Römer sowie der antike Hafen waren von Sklaven gebaut worden, im Mittelalter zogen sich Mönche auf die Insel zurück, von denen Ramondino direkt den Bogen zu den confinati schlägt, wenn sie sich fragt: „si riunivano in informali cenobi, come, durante il confino fascista, si riunivano in varie ‘mense’ separate comunisti, militanti di Giustizia e Libertà, socialisti, federalisti, anarchici? “ (S. 39). In der Frühen Neuzeit ist die Insel Gegenstand eines ‘Rousseauistischen Experiments’ unter Ferdinando IV, der im Jahr 1768 mehrere hundert Menschen aus den ärmsten Vierteln von Neapel dort ansiedeln lässt, damit Isolation und Naturkontakt sie in den tugendhaften Naturzustand zurückversetze. Doch: „L’Arcadia si trasformò ben presto in carcere“ (S. 51), und das Projekt endete mit Zwangsarbeit für die eine, Rückdeportation für die andere Hälfte der unfreiwil‐ ligen Inselgemeinschaft. Derselbe König ließ gegen Ende des 18. Jahrhunderts dann das Gefängnis auf der kleineren Nachbarinsel Santo Stefano bauen, das nicht nur die Eigenheit hat, sich als erste und einzige italienische Haftanstalt an Jeremy Benthams Panopticon zu orientieren, sondern auch noch äußerst präzise dem Teatro San Carlo in Neapel nachempfunden ist, wobei die Logen durch Zellen ersetzt sind. 24 In einer Traum- oder Delirium-Sequenz begegnet die Erzählerin auf einer Terrasse drei Inhaftierten vergangener Zeiten: „Nei tre uomini silenziosi che siedono al tavolo a fianco, protetti come me dal grande DOI 10.24053/ Ital-2023-0028 Die Überwindung der Insel-Idylle auf Ventotene - Fabrizia Ramondinos L’isola riflessa 135 25 Auf S.-64 wird Foucault auch explizit genannt. 26 Sanna 2018, S.-102. 27 Am explizitesten auf S. 140: „La superficie del campo di concentramento di Buchenwald, considerando le baracche, le costruzioni delle SS, i luoghi di lavoro, la ferrovia speciale per arrivarvi, è più o meno simile a quella dell’isola. Il campo fu creato appena qualche anno prima di quelle dei confinati di Ventotene.“ ombrellone bianco dalla pioggia, riconosco Settembrini, Pellico e Bini.“ (S. 59) Es handelt sich um den über Jahre auf der Insel Nisida, aber auch auf Santo Stefano internierten Luigi Settembrini, um den bekannten Autor von Le mie prigioni und den von den dreien am wenigsten prominenten Carlo Bini, der über seine Gefangenschaft auf Elba das Manoscritto di un prigioniero schrieb - die Bücher und Schriften der drei befragt Ramondino auf der Suche nach Antworten auf die existentielle Frage nach dem Verhältnis von Schicksal und Entscheidung, nach der Gefängniserfahrung; und in einer foucaulthaften Wendung 25 blendet sie in ihre eigene Klinik-Erfahrung über: „E io, che non sono mai stata in carcere, ho ricordato i miei ingressi in ospedali e nelle sale operatorie“ (S. 59), auch wenn sie diese „grossolana analogia tra il carcere […] e gli ospedali“ (S. 61) im Anschluss leicht relativiert. Ähnlich wie die Schriften ihrer drei ‘Geister’ entfaltet Ramondinos Text den ambivalenten Zusammenhang zwischen Begren‐ zung, gar Freiheitsentzug und intellektuellem, den Geist kurzzeitig befreienden Höhenflug. Adele Sanna fasst es wie folgt: Ramondino chiarisce come paradossalmente lo stesso confino poteva costituire la possibilità per chi fosse stato forzatamente costretto all’isolamento di mettere a frutto i propri talenti intellettuali e stringere rapporti stimolanti e produttivi con altri confinati. 26 Darum kehren die Überlegungen auch immer wieder zu den antifaschistischen confinati Ernesto Rossi, Altiero Spinelli und Eugenio Colorni zurück, die mit dem sogenannten Manifest von Ventotene Per un’Europa libera e unita 1941 einen Entwurf für die europäische Integration mittels föderalistischer Union verfassten, der von Colornis Ehefrau Ursula Hirschmann in einem Hühnchen versteckt von der Insel geschmuggelt wurde. In keiner Weise idealisiert Ramon‐ dino die Bedingungen, unter denen das Dokument entstand und betont: „i nostri confinati erano costretti all’ozio. Ma il loro ozio era relativo: dovevano continuamente ingegnarsi per sopravvivere“ (S. 44). Doch selbst wenn sie, in einer der immer wiederkehrenden Assoziationen, Ventotene mit dem Konzen‐ trationslager Buchenwald überblendet 27 , dann um am Ende vor allem über Jorge Semprun, „il più pirata che conosco“ (S.-46), und sein Schreiben zu sprechen. DOI 10.24053/ Ital-2023-0028 136 Jonas Hock 28 Dass das keine Fatalität sein muss, zeigt die Verlagsbuchhandlung Ultima Spiaggia, die seit 2001 der Insel nicht nur eine libreria gibt, sondern zahlreiche ‛Ventoteniana’ verlegt, darunter auch Anthologien zum seit 2012 bestehenden Literaturfestival Gita al Faro, vgl. Gita al faro 2022. 29 Gemeint ist wohl Amado mio, der mit dem Satz beginnt: „La più bella delle maglie di Marzins comparve verso sera.“ (Pasolini [1982], S. 197); in der Erzählung „Douce“ kommt ein Angelo vor, der „una bellissima maglia grigio-azzurra“ trägt ([1947], S. 165). Was bleibt von diesen Leben, ihren Gefangenschaftserfahrungen und den Bü‐ chern, die davon zeugen? Ramondino ist hier zutiefst pessimistisch. Die Bücher der confinati beispielsweise seien weder auf der Insel noch in Buchhandlungen großer Metropolen mehr verfügbar: „Questa cancellazione del passato [è] in gran parte riuscita“ (S. 89). 28 Am Ende kommen Touristen. Die geschichtsträch‐ tige Insel? „È diventata un luogo qualsiasi.“ (S. 54) Ventotene ist ein Hort des Massentourismus, wo selbst in der Nebensaison Kriegs-Reenactment, Vogeljagd oder die Verfügbarkeit von Drogen bei dauerhafter Präsenz absurd vieler untätiger carabinieri und finanzieri zwielichtige Gestalten anlocken: „L’orma del presente sembra ricalcare quella del passato.“ (S. 68) Selbst die jugendlichen federalisti, die jährlich auf der Insel deren unverhofftes europäisches politisches Erbe ehren sollen, hinterlassen vor allem Müll (S. 17). Pasolinianisch mutet die Kulturkritik Ramondinos an, die Pier Paolo sogar einmal direkt zitiert, wenn sie anhand des Incipit seines Romans Angelo  29 über die Schwierigkeit der Übersetzung von maglietta ins Deutsche sinniert, um abschließend festzustellen, dass der „erotismo della maglietta pasoliniana“ (S. 70) heute, da alle schlabbrige T-Shirts tragen, ohnehin nicht mehr vorstellbar sei, wenn selbst die Gefängnisse auf Uniformen verzichten, da die Menschheit sich ganz von allein uniform anziehe und, das schwingt mit: verhalte. Diese schneidende Kritik trifft selbst die Kinder, die in ihrem imitierenden Spiel zwar unwissend („non lo sanno“), aber folgenschwer das Theaterstück des Welthandels im Kleinen proben: I bambini espongono sui muretti piante e conchiglie scelte ogni anno con minor cura e le vendono. In cambio le dipingono con colori stridenti e banali motivi o le ornano con adesivi, offendendole senza saperlo. Non le compro più per compiacerli, come usavo prima. Né predico o suggerisco loro alcunché. Mi sembra vano. Imitano quanto li circonda. Anche sull’isola infatti si tenta di riprodurre il super‐ mercato mondiale. E i colori dell’isola perdono sempre di più quelle caratteristiche mediterranee […]. (S.-77) Mehr noch als der Versuch einer Wiederverzauberung dieser verblassenden Welt ist L’isola riflessa die Dokumentation der autobiographischen, soziolo‐ gischen, historischen und landschaftlichen Tiefenbohrung Ramondinos. Die DOI 10.24053/ Ital-2023-0028 Die Überwindung der Insel-Idylle auf Ventotene - Fabrizia Ramondinos L’isola riflessa 137 30 Montale [1925], S.-11. 31 Siehe u.-a. Gruarin 2018; Razzano 2021. 32 Siehe allgemein zu Ramondino den Eintrag im Dizionario Biografico - Treccani (Alfon‐ zetti 2016), für einen deutschsprachigen Überblick Reichardt 2002; vgl. auch Giorgios Artikel (2005), in dem sie Ramondinos Zurückweisung der Vereinnahmung als scrittrice neapoletana aufgreift, ihr Ventotene aber als eindeutig „a Neapolitan island“ (S. 74) liest - „a supplement or an excess of Naples“ (S.-75). eingangs erwähnte, beim Akanthus ihren Ausgang nehmende Assoziationskette endet übrigens mit einer Sentenzfolge, an deren Ende die Erzählstimme sich in einen Raum zwischen Montale und die von ihm zurückgewiesenen, zwischen Li‐ guster und Akanthus wandelnden poeti laureati  30 aus „I limoni“ einzuschreiben scheint: L’Ananke, la necessità, viene prima di etica, estetica, scienza. La natura è maestra, la civiltà solo raramente discepola. Ma i fiori di acanto, oggi, sono solo bellezza. (S.-13) Conclusio: Fabrizia Ramondino, scrittrice napoletana Seit einigen Jahren häufen sich die Forderungen, das Gesamtwerk Fabrizia Ramondinos möge durch Aufnahme in Mondadoris „Meridiani“-Reihe geadelt werden. 31 Sie ist zwar kein Geheimtipp mehr, hat ihren Platz in Feuilleton und Literaturwissenschaft aber vor allem über genau die zwei Attribute erhalten, die sie selbst ablehnt - nämlich, dass sie eine Neapolitanische Autorin sei, die sich zudem in eine Tradition weiblicher Schriftstellerinnen, von Elsa Morante über Anna Maria Ortese bis Natalia Ginzburg einreihe. 32 Dass condizione femminile und napoletanità (was auch immer man darunter verstehen möge) so häufig die Perspektive auf Ramondinos Werk dominiert haben, ist weder illegitim noch muss es andere Aspekte ihres Schreibens verstellen. Die immer wiederkehrende Wendung „mia isola“ zeugt gerade nicht von einer aneignenden Haltung, sondern vielmehr von einer immer schon dagewesenen Zugehörigkeit zu jener zwar administrativ zu Latium, historisch aber zu Neapel gehörenden Insel. Zugehörigkeit, die sich auch in einer Zugewandtheit insbesondere gegenüber den Frauen auf der Insel niederschlägt - ob isländische Touristinnen, junge Mütter, Hotelchefinnen oder Zimmerfrauen. In ihrem Vorwort zur Neuausgabe von Ramondinos Guerra di infanzia e di Spagna betont Nadia Terranova, dass das Ende dieses Romans, der von der Kindheit der Autorin auf Mallorca während des Spanischen Bürgerkriegs inspiriert ist, unweigerlich an Elsa Morantes Isola di Arturo erinnert, wenn mit dem Verlassen der Insel gleichzeitig der Raum der Kindheit aufgegeben DOI 10.24053/ Ital-2023-0028 138 Jonas Hock 33 Terranova 2022; zu den zwei Inselbüchern Ramondinos als Paradigma ihres Gesamt‐ werks vgl. das Kapitel „Le due isole“ in Sepe 2010, S.-1-44. 34 Nicht umsonst nennt Ramondino (2000) auf die Frage nach ihrem ‛Jahrhundertbuch’ Gramscis La questione meridionale. 35 Ich greife hier die Kategorien von Giorgio (2005, S. 88) auf, die von „personal vicissitudes […], the history of Southern Italy and Italy, […] the universal postmodern condition“ spricht. 36 Als solche lässt Ramondino allein die vergängliche „utopia dell’amore“ einzelner Momente gelten, etwa wenn man ein Neugeborenes auf dem Arm hat (135). 37 Sepe 2010, S.-36. 38 Giorgio (2005, S. 75) liest den Titel entsprechend als Verweis nicht nur auf die Zirkularität der Erzählung, sondern auch auf die Selbstreferentialität von Literatur. wird. 33 In der Isola riflessa wird diese Referenz gleich zu Beginn zurückgewiesen: „Siamo molto lontani dall’‘Isola di Arturo’“ (S. 30). Und doch steht auch hier am Ende ein Perspektivwechsel, bei dem die Insel aus der Ferne, vom Festland aus betrachtet wird: „vedo l’isola dal continente, distinguendola fra le altre, così come ogni nomade del deserto distingue l’una dall’altre oasi e la realtà dell’oasi dal miraggio.“ (S.-152) Die Wirklichkeit von der Fata Morgana, vom Blendwerk trennen - wenn das Schlussbild für das gesamte Buch stehen kann, so ist diese Scheidung eine mühsame Arbeit auf mindestens drei Ebenen: dem Selbst, der Geschichte (Süd-)Italiens 34 und der condizione umana in der Postmoderne. 35 Der Insel - der Welt und sich selbst - ist nur mit solch klarem Blick beizukommen, sie ist weder Idylle noch Utopie 36 und auch kein Rückzugsort mehr, denn, wie Sepe es treffend formuliert: „l’utopia, ma anche la speranza, nelle pagine della Ramondino, sembrano talvolta languire di fronte allo sfacelo che il mostro della globalizzazione produce“. 37 Für den Prozess der Blickschärfung kam Ventotene dabei eine entscheidende Rolle zu, doch es ist nicht der Zufluchtsort, den die Insel als Topos verspricht. Erst das Schreiben, das Schreibheft selbst wird Ramondino zur Insel, die die Insel nicht sein konnte: „Il quaderno, la mia piccola isola.“ (S.-147) 38 Nach der Insel, jenseits der Idylle, bleibt die Literatur. Bibliographie Alfonzetti, Beatrice: „RAMONDINO, Fabrizia“, in: Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 86 (2016), https: / / www.treccani.it/ enciclopedia/ fabrizia-ramondino_(Dizionario-Biog rafico)/ (13.1.2024). Benedetti, Andrea. „Das Mittelmeer bei Ernst Jünger: Mythos und ‘Fülle des Augen‐ blicks’“, in: The Mediterranean as a Source of Cultural Criticism: Myth, Literature and Anthropology, hrsg. von Andrea Benedetti und Ulrich van Loyen, Milan: Mimesis 2019, S.-91-127. DOI 10.24053/ Ital-2023-0028 Die Überwindung der Insel-Idylle auf Ventotene - Fabrizia Ramondinos L’isola riflessa 139 Benjamin, Walter: Récits d’Ibiza, traduction et présentation de Pierre Bayart, Paris: Riveneuve 2020. Benjamin, Walter: „Ibizenkische Folge“, in: Gesammelte Schriften, Bd. 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