Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
10.24053/Ital-2023-0033
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2024
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Fesenmeier Föcking Krefeld OttCarteggio Giacomo Leopardi – Carlo Pepoli (1826–1832). A cura di Andrea Campana e Pantaleo Palmieri. Firenze: Olschki 2023, pp. 160, € 35,00
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2024
Franca Janowski
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1 Dei carteggi leopardiani esistono le seguenti edizioni: Epistolario di Giacomo Leopardi con le iscrizioni greche Triopee da lui tradotte e le lettere di Pietro Giordani e Pietro Colletta. Raccolto e ordinato da Prospero Viani. 2 voll. Firenze: Le Monnier 1849; Epistolario di Giacomo Leopardi. Nuova Edizione ampliata con lettere dei corrispondenti e con note illustrative a cura di Francesco Moroncini. 7 voll. Firenze: Le Monnier 1934-1941; Giacomo Leopardi: Epistolario. A cura di Franco Brioschi e Patrizia Landi. 2 voll. Torino: Bollati Boringhieri 1998. Carteggio Giacomo Leopardi - Carlo Pepoli (1826- 1832). A cura di Andrea Campana e Pantaleo Palmieri. Firenze: Olschki 2023, pp.-160, € 35,00 Franca Janowski Il progetto della casa editrice Olschki, patrocinata dal Centro Nazionale Studi Leopardiani, di dar vita ad una collana di 20 volumi di carteggi leopardiani è meritevole e degno di interesse. 1 L’impostazione dell’opera obbedisce a criteri non convenzionali; infatti la pubblicazione non seguirà un ordine cronologico ma intende bensì privilegiare «le corrispondenze di maggiore spessore e con‐ sistenza» e creare «un ideale bilanciamento tra lo studio dei documenti e gli approfondimenti di natura storica» (copertina). I prossimi volumi, annunciati come in preparazione, sono dedicati al conte vicentino Leonardo Trissino e all’abate romano Francesco Cancellieri. Il piano dell’opera comprende oltre ai membri della famiglia Leopardi, a Ranieri e a altre personalità di rilievo come Giordani, Stella, De Sinner, anche nomi meno noti. Resta l’interrogativo, perché cominciare con Bologna e con una corrispondenza come quella con Carlo Pepoli che Campana non esita a definire di poco rilievo («fra queste lettere non ve n’è alcuna che sia memorabile nel mondo della letteratura», p.-78)? I curatori di questo primo volume, Andrea Campana e Pantaleo Palmieri, affermati studiosi di Leopardi, sanno congiungere il rigore filologico ad una grande apertura verso la realtà socioculturale dei primi decenni dell’Ottocento, colta anche nei suoi aspetti più quotidiani e scurrili. Il pubblico che si vuole raggiungere non è ristretto agli ‘addetti ai lavori’, ma comprende una vasta area di interessati all’opera leopardiana. DOI 10.24053/ Ital-2023-0033 2 Nel ’24 era uscita a Bologna un’edizione delle canzoni di Leopardi per i tipi di Nobili e Comp., che comprendeva tra l’altro il Bruto Minore e l’Ultimo canto di Saffo. Nel ’25 il Nuovo Ricoglitore aveva pubblicato gli Idilli. Nel ’26 presso la Stamperia delle Muse del Brighenti si ha un’edizione di alcuni canti fra cui L’Epistola al conte Pepoli. L’Antologia del Vieusseux aveva stampato nel 1827 tre Operette Morali, ma la prima edizione, comprendente 20 testi, uscirà nello stesso anno a Milano presso lo Stella. L’edizione riveduta e corretta vede la luce solo nel 1834 presso Piatti, dove l’edizione dei Canti era già uscita nel ’31. 3 Questo pensiero era già stato espresso più volte precedentemente. Cfr. Zib. 1387, 1436-7 e 2523-4. Le citazioni dello Zibaldone sono da: Zibaldone di pensieri. 3 voll. Ed. critica e annotata a cura di Giuseppe Pacella. Milano: Garzanti 1991. 4 La poesia fu pubblicata a Bologna nel 1826 e poi nel 1831 nell’edizione Piatti e nell’edizione Starita del 1835 senza indicazione di genere. Campana informa: «Il testo di Al conte Carlo Pepoli più aderente a quello effettivamente letto nella serata del Casino Il volume si compone di tre parti: un’introduzione, il carteggio Leopardi-Pe‐ poli e un’appendice. L’introduzione illustra in quattro paragrafi rispettivamente: il soggiorno di Leopardi a Bologna, la personalità di Carlo Pepoli, il carteggio, l’attività di Pepoli come editore delle lettere di Leopardi. L’appendice riporta: i versi di Pepoli l Fiori, stralci dalla Cronaca di Francesco Rangone, l’elenco dei soci del Casino bolognese dei nobili. Nel primo saggio Palmieri si sofferma ad analizzare i soggiorni bolognesi di Leopardi. Il poeta raggiunge la città emiliana il 13 luglio del 1825 e vi si ferma per nove giorni, per poi proseguire per Milano dove vuole incontrare il suo editore Stella. Segue un lungo soggiorno dal 26 settembre del ’25 al 3 novembre del ’26 interrotto dal rientro a Recanati. Nel 1827 si trattiene a Bologna dal 26 aprile al 20 giugno, data in cui si trasferisce a Firenze. Che cosa si aspetta il giovane recanatese reduce dal soggiorno romano e già noto come autore degli inni patriottici, insigne grecista e soprattutto per la sua immensa erudizione di cui Pietro Giordani aveva ampiamente tessuto le lodi negli ambienti cittadini? 2 Nella memoria del lettore si affaccia l’ultimo pensiero dello Zibaldone, che risale al soggiorno fiorentino (4 dicembre del 1832, Zib. 4526), in cui Leopardi osservava: 3 La cosa più inaspettata che accada a chi entra nella vita sociale, e spessiss. a chi v’è invecchiato, è di trovare il mondo quale gli è stato descritto, e quale egli lo conosce già e lo crede in teoria. L’uomo resta attonito di vedere verificata nel caso proprio la regola generale. L’esperienza bolognese è stata il primo e vero contatto di Leopardi con la vita sociale. Infatti qui a differenza che a Roma non è protetto dalla famiglia e deve affrontare situazioni e circostanze nuove e per lui conturbanti come ad esempio la famosa serata del 27 marzo 1826 in cui legge di fronte ad un ampio pubblico l’Epistola a Carlo Pepoli. 4 L’evento ci è noto sia grazie a una DOI 10.24053/ Ital-2023-0033 202 Franca Janowski è fissato nell’autografo della Biblioteca Jagellonica dell’Università di Cracovia» (p. 63 nota). Di pratica consultazione per l’opera leopardiana è il volume: Giacomo Leopardi: Tutte le poesie e tutte le prose. A cura di Lucio Felici e Emmanuele Trevi. Roma: Newton & Compton 1997. Si veda: XIX Al conte Carlo Pepoli, pp.-140-144. 5 Leopardi: Tutte le poesie e tutte le prose, p.-1314. 6 Francesco Rangone: Serata dei Felsinei - stralcio dalla cronaca di Francesco Rangone, in: Appendice, pp.-147-148. 7 Appendice, p.-48. lettera di Leopardi al fratello Carlo del 4 aprile del ’26, 5 sia nella descrizione di Francesco Rangone 6 . Colpisce lo scarto tra le due valutazioni. Mentre Leopardi afferma: «Mi dicono che i miei versi fecero molto effetto», Rangone constata: 7 «dette avrà certamente delle bellissime cose ma niuno le comprese». Palmieri aiuta a penetrare nello spirito che anima la differenza di giudizio mettendo in evidenza l’intenzionalità che caratterizza l’epistolario della stagione bolognese. A suo parere la lettura autorizza a riconoscere una «volontà di raffigurazione di sé nei confronti dell’ambiente in cui lo scrivente vive e di conseguenza del destinatario della missiva» (p. 24). Stilisticamente questa intenzione traspare da elementi specifici quali «assertività, certe insistenze, il compiacimento di sé, sia pure mediate dall’ironia». A Bologna il poeta manifesta un grande impegno intellettuale e la volontà di esercitare «un suo ruolo intellettuale fino ad essere percepito come organico alla compagine culturale del classicismo felsineo», p. 24. Va tuttavia sottolineato «che per tutto il periodo bolognese l’interesse primario di Leopardi non è la scrittura creativa, bensì la pubblicazione di opere già composte o in parallelo l’esercizio di traduzione, in vista di un rapido esito editoriale» (p.-21). A introdurlo nella società culturale bolognese fu Carlo Pepoli. La sua figura è documentata dal saggio di Andrea Campana che caratterizza il rampollo di una delle più antiche famiglie bolognesi come patriota e poeta. Del suo pensiero politico vengono messi in luce soprattutto il liberalismo e «l’idea di una fratellanza universale, che aveva le sue scaturigini tanto dalle opere di Dante e Petrarca quanto dagli insegnamenti di Cristo» (p. 41). Coinvolto nei moti insurrezionali del 1831, Pepoli fu imprigionato e poi costretto all’esilio prima a Parigi e poi a Londra e ritornò definitivamente in Italia solo ad indipendenza raggiunta, meritandosi nell’Ottocento la fama di martire della libertà. La sostanziale differenza dell’ideologia di questo classicista liberale e spiritualista dalle convinzioni di Leopardi non escluderebbe una vicinanza di cui si può trovare un’eco nella Ginestra (p. 42). Dai contemporanei Pepoli venne apprezzato per i suoi componimenti poetici patriottici, anche se la sua fama era legata soprattutto al talento musicale di librettista di Bellini e di Rossini e alle canzoni. Campana mette in luce l’apertura europea di Pepoli e ricorda DOI 10.24053/ Ital-2023-0033 Carteggio Giacomo Leopardi - Carlo Pepoli (1826-1832). 203 8 Emilio Russo: Ridere del mondo. La lezione di Leopardi. Bologna: Il Mulino 2017, pp. 18 s. 9 Il 3 giugno del ’26 Leopardi annota nello Zibaldone, 4179-80: «Tre stati della gioventù: 1. speranza, forse il più affannoso di tutti. 2. disperazione furibonda e renitente. 3.-disperazione rassegnata». il libretto sulla guerra civile inglese scritto per il melodramma di Bellini, I Puritani, o il componimento La Miosotide Palustre. Fiore della memoria. Leggenda episodica alla Ch.C.T. Carniani Malvezzi, ispirata ad una leggenda tedesca narrata anche in un Lied di Anton Bruckner. Forse è possibile rilevare in questa poesia un simbolismo che lo avvicina a Novalis (die blaue Blume) e al romanticismo tedesco. Il terzo e più denso saggio dell’introduzione, «un carteggio anomalo» di Cam‐ pana, approfondisce la tematica dell’ideologia di un Leopardi calato nel contesto bolognese dell’epoca della Restaurazione. In questa luce una delle questioni salienti è quella della discrepanza fra le inquietanti riflessioni dello Zibaldone e la serena testimonianza epistolare. Fra i messaggi che il poeta affidava al suo libro segreto e le testimonianze dell’ambiente classicista e liberale che lo aveva accolto, esiste una profonda differenza. Se si studiano infatti le pagine dello Zibaldone composte a Bologna tra l’ottobre del ’25 e il luglio del ’26 si è confrontati con tematiche sublimi che rispecchiano in tutta la loro radicalità una concezione pessimistica del mondo. Anche tenendo conto che Leopardi possiede «un’intelligenza capace di delineare sin dalle prime pagine dello Zibaldone le questioni decisive, e poi di ritornarvi a ondate negli anni seguenti» 8 resta il fatto che nel periodo bolognese viene formulata la sua forse più lucida analisi della situazione esistenziale vista nella sua materialità e finitudine. Si pensi alle famose pagine di Zib. 4174-75 sul giardino in souffrance con le riflessioni sull’infelicità universale in cui combatte l’ottimismo leibniziano e il delirio spiritualistico, astraendo da ogni possibile redenzione o illusione escatologica. Il Leopardi bolognese sembra essersi trovato nello stato di una «disperazione rassegnata» 9 . Il 3 novembre del ’25, Zib. 4149-50 aveva annotato: «Io sono, si perdoni la metafora, un sepolcro ambulante, che porta dentro di me un uomo morto, un cuore sensibilissimo che più non sente ecc.». Merito del saggio è di attirare l’attenzione su testi che Leopardi legge a Bologna e che contribuiscono a rafforzare il suo materialismo. Oltre a Cabanis e agli Enciclopedisti, il poeta utilizza ad esempio la Geschichte der neuern Philosophie, 1800-1804 di Johannes Gottlieb Buhle che aveva ottenuto in prestito nella traduzione italiana da Pepoli. Il filosofo tedesco aveva dato largo spazio nell’opera allo stoicismo e all’epicureismo. La tesi di Campana è che «le frequentazioni bolognesi abbiano rafforzato letture o convinzioni precedenti» (p. 62). II Leopardi che arriva a Bologna non è più «un poeta classicista liberale ma un filosofo del negativo, già DOI 10.24053/ Ital-2023-0033 204 Franca Janowski 10 Leopardi: Tutte le poesie e tutte le prose, p.-1310. 11 Carlo Pepoli: Prose e poesie. 2 voll. Bologna: Zanichelli 1880; nel primo volume è conte‐ nuta l’importante prefazione di Cesare Albicini, pp. I-LXX. Carlo Pepoli: Ricordanze biografiche. Corrispondenze epistolari. Vol. I: Lettere di Giacomo Leopardi. Vol. II: Lettere di Vincenzo Bellini. Bologna: Tipografia Fava e Garignani 1881. disilluso circa ogni forma di stato o programma partitico, già ateomaterialista» (p. 60). Nell’ottica di questa convinzione viene interpretata l’Epistola a Pepoli, che Leopardi presentò in una «lettura pubblica difficile» (p. 62). Nella fatidica serata del 27 marzo, il poeta era cosciente di parlare a più pubblici: i Felsinei, il ceto dei nobili di Bologna, la rappresentanza della chiesa; vale a dire, i nuovi letterati e i vecchi letterati (p. 65). Chiaro è il facit: dovevano esserci elementi interni all’Epistola a Pepoli atti a spingere l’ambiente bolognese a un rigetto generalizzato. Le intenzioni del recanatese erano due: congedarsi da una parte da una lirica di vecchio stampo in nome di una lirica diversa, esistenziale e filosofica e svincolarsi dall’altra da tutto il coefficente politico. Il discorso del componimento implica, cioè, «un disimpegno strategico» in nome di un impegno metafisico. Leopardi è ormai lontano «dalle forme del progressismo politico che si stava facendo strada nella cultura italiana» (p. 67). Sullo sfondo di questo episodio, essenziale per la comprensione, è il riferimento alla lettera che il poeta invia il 4 marzo 1826 a Vieusseux che lo invitava a collaborare dal suo osservatorio, in veste di «Hermite des Apennins», alla sua famosa rivista. Leopardi risponde di considerarsi un ignorante nella filosofia sociale e aggiunge: Tenete dunque per costante che la mia filosofia […] non è di quel genere che si apprezza ed è grande in questo secolo, è bensì utile a me stesso, perché mi fa disprezzare la vita e considerar tutte le cose come chimere. 10 Pepoli fu anche editore delle lettere leopardiane. A questo tema di Pepoli editore, Palmieri dedica l’ultimo saggio del volume, che fornisce un’analisi dettagliata delle numerose pubblicazioni dell’autore e patriota. Si apprende che nel 1846 l’esule londinese contribuisce alla diffusione delle lettere leopardiane, grazie all’invio di missive in suo possesso, a Prospero Viani che pubblicherà nel ’49 il primo epistolario leopardiano. Nel 1881, l’anno della morte di Pepoli, escono a Bologna, all’interno di un’opera dedicata alla sua corrispondenza, le Lettere a Giacomo Leopardi. 11 Le lettere sono 8. Alle 10 pagine delle lettere ne seguono 5 di annotazioni; particolarmente interessante è la quarta che fa la storia dell’Epistola dedicatagli da Leopardi. Pepoli afferma tra l’altro che il manoscritto originario datogli da Leopardi gli sia stato rubato. Dopo l’esauriente introduzione, la parte centrale del libro affronta il carteggio. Le lettere di Leopardi a Pepoli sono 8 e datano dal 1 aprile 1826 al 6 agosto DOI 10.24053/ Ital-2023-0033 Carteggio Giacomo Leopardi - Carlo Pepoli (1826-1832). 205 12 L’Eremo. Versi a Giacomo Leopardi di Carlo Pepoli in morte di Livia Strocchi. Bologna: Nuovi tipi di Emidio dall’Olmo 1828. Esistono due poemetti di questo nome. 1830; quelle di Pepoli a Leopardi sono 14, dal 14 febbraio 1826 al 30 novembre 1832. Gli autori precisano che il testo è corredato da un corredo esegetico che approfondisce i risvolti storico-critici o filologici, pur riducendo all’essenziale il raffronto con i contributi pregressi. Ogni lettera viene attentamente scandagliata e fornisce utili indicazioni. Ad esempio il breve biglietto del 4 febbraio del ’26, con cui si apre la corrispondenza, accenna ad un numero del Nuovo Ricoglitore e offre l’occasione per informare sulle riviste che Leopardi legge o in cui pubblica in quegli anni e in tal modo fa luce sul «cortocircuito intellettuale» innescato dalla sua presenza a Bologna. Ragguagli di costume sui rapporti con le signore intellettuali di Bologna come la bellissima Cornelia Rossi Martinetti stuzzicano l’attenzione: «Andremo all’adorazione di questa dea passibile e mortale» scrive ironicamente Pepoli (lettera 5), o anche le descrizioni delle serate al Casino dei nobili «dove l’aristocrazia celebrava i suoi riti» danno un tocco di colore. Non manca però la messa in rilievo di connessioni con significativi passaggi dello Zibaldone che Leopardi stende in quel periodo. Per quanto concerne il rapporto personale fra Leopardi e Pepoli sono degne di attenzione le lettere scambiate in riferimento alle composizioni letterarie di quest’ultimo. Pepoli aveva inviato a Leopardi i versi del poemetto l’Eremo 12 . Nella lettera 9 del 17 novembre del ’27, Pepoli scrive all’amico per chiedere licenza di pubblicare l’opera che gli aveva fatto pervenire tramite Brighenti: «Ora questi versi li ho diretti a te per darti argomento dell’onore in che tengo la tua sapienza, e dell’amore che ti porto, e della gratitudine che ti serbo per quell’epistola che mi scrivesti.» Dalla risposta di Leopardi appare chiaro che il poeta non li aveva letti e anche nel seguito è parco di lodi o di approfondimenti critici. Tuttavia non è forse giustificato il rigore del commento degli editori alla lettera del Leopardi da Pisa del 25 febbraio del ’28. «Sembra che in questa lettera Leopardi entro il giro di poche righe non perda l’occasione di scavare un ulteriore solco divisivo fra sé e Pepoli, dopo l’Epistola del ’26 a lui dedicata che stabiliva fra l’animo dei due una precisa differenziazione» (p. 120). La lettera, la 12, non mi sembra, come affermato, «fredda e sbrigativa». Leopardi scrive: Mio carissimo. Non prima che l’altro ieri ebbi da Firenze i tuoi versi, i quali ho letto e riletto con piacer grande, prima perché son cose tue, poi perché mi dimostrano l’amore che mi porti, finalmente perché mi allettano assai quella malinconia dolce, e quella immaginazione forte e calda che vi regnano. DOI 10.24053/ Ital-2023-0033 206 Franca Janowski Certo, il libro lo suggerisce, quello fra Leopardi e Pepoli non fu un sodalizio. Ma ci si può chiedere che cosa legò veramente Leopardi e Ranieri? Per gli autori appare chiaro che l’amicizia fra Leopardi e Pepoli non fu una vera amicizia, troppo diverso era l’entusiasmo del giovane Pepoli pronto a sacrificare tutto alla causa patriottica dall’amaro scetticismo del Leopardi. Ciò spiegherebbe il silenzio fra i due dopo la partenza da Bologna. Concludendo, si può dire che questo volume di carteggi leopardiani rappre‐ senti un valido apporto alla ricerca. Infatti, l’esame di un ampio fondo di materiali, noti o poco noti, frutto di diligenti ricerche sempre sottoposte al vaglio di una rigorosa valutazione, permette di penetrare nello spirito di testi leopardiani meno scandagliati dalla critica, come ad esempio l’Epistola a Carlo Pepoli. L’incastro dei diversi tasselli storici, filologici, linguistici e sociologici dà vita ad un coerente panorama di senso, anche se non a tutti gli interrogativi c’è una risposta. Il risultato rende giustizia al periodo bolognese leopardiano che, lungi da essere una parentesi di poca rilevanza, viene visto come una «tappa conclusiva del suo percorso, come snodo decisivo» (p.-32). Si attendono con impazienza gli ulteriori volumi che possono arricchire di altri tasselli un percorso di vita che non cessa di aprire nuovi orizzonti di conoscenza. DOI 10.24053/ Ital-2023-0033 Carteggio Giacomo Leopardi - Carlo Pepoli (1826-1832). 207
