Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
10.24053/VOX-2023-014
121
2023
821
Kristol De StefaniElisa De Roberto/Raymund Wilhelm (ed.), Nuove prospettive sul lombardo antico, Heidelberg (Winter) 2022, 200 p. (Studia romanica 231)
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2023
Micaela Espostohttps://orcid.org/0000-0002-7859-4027
vox8210342
342 DOI 10.24053/ VOX-2023-014 Vox Romanica 82 (2023): 342-345 Besprechungen - Comptes rendus digma a / i per la pressione del modello toscano. Cronologicamente, il romanesco assume grecismi lungo tutto l’arco della sua storia, ma è solo a partire dal Quattrocento che cambiano le modalità della loro integrazione morfosintattica. L’analisi di Wild consente quindi di individuare un altro tratto sconosciuto al romanesco di prima fase che in fase rinascimentale mostra l’influenza del modello fiorentino sul dialetto. Concludono il volume un Indice dei nomi di persona (p. 327-36), un Indice dei nomi di luogo (p. 337-42) e un Indice delle forme ricorrenti (p. 343-67). Daniele Iozzia (Università di Siena/ Université de Lausanne) https: / / orcid.org/ 0009-0000-0362-057X ★ e lisa d e r oberTo / r aymund W ilhelm (ed.), Nuove prospettive sul lombardo antico , Heidelberg (Winter) 2022, 200 p. ( Studia romanica 231). Il lombardo antico gode da qualche anno di rinnovate attenzioni grazie ai progetti avviati in collaborazione tra le Università di Klagenfurt e di Roma Tre da Raymund Wilhelm e da Elisa De Roberto, per le cui cure (con la collaborazione di Lisa Struckl) è stato pubblicato il volume Nuove prospettive sul lombardo antico , che raccoglie gli atti dell’omonimo convegno svoltosi a Roma il 14 e 15 novembre 2019. Tra i frutti più recenti delle ricerche condotte in questo ambito si ricorderà almeno la pubblicazione dei due volumi su La scrittura privata a Milano alla fine del Quattrocento 1 , in occasione della quale è stato inoltre organizzato il seminario Lombardo antico. Presentazione di edizioni recenti e di progetti in corso 2 . Delle relazioni presentate al convegno romano ne sono qui pubblicate otto, precedute da una Prefazione di Elisa De Roberto (p. 1-2), che ne delinea i contenuti riconducendole ai due nuclei di interesse del volume (la tradizione testuale del lombardo antico e alcune sue specifiche strutture morfosintattiche), e da un’ Introduzione di Raymund Wilhelm (p. 3-19). Il saggio introduttivo, che reca come sottotitolo Per una storia del lombardo scritto dal XIII al XVI secolo , si apre con una riflessione sulla necessaria integrazione nella storia della lingua italiana delle tradizioni regionali, e in particolare della storia del lombardo antico: l’auspicio, pienamente condivisibile, è di provare in futuro a «impostare una storia diversa, più policentrica, capace di rappresentare l’insieme dei volgari italoromanzi (p. 9)». In seguito, l’A. riflette sulla periodizzazione interna dell’antico lombardo, inteso qui, come in tutto il volume, con le stesse delimitazioni geografiche e cronologiche stabilite per il Dizionario dell’antico lombardo ( DAL ): si tratta dunque del lombardo occidentale dalle origini alla metà del Cinquecento circa 3 . Wilhelm propone di 1 W ilhelm , r./ d e r oberTo , e. 2020: La scrittura privata a Milano alla fine del Quattrocento. Testi del manoscritto miscellaneo di Giovanni de’ Dazi (Triv. 92) , 2 vol., Heidelberg, Winter. 2 Klagenfurt, 16 aprile 2021. 3 Tali criteri sono esposti in d e r oberTo , e./ d örr , s./ W ilhelm , r. 2018: «Per un Dizionario dell’antico lombardo ( DAL ): lessicografia, filologia e sociolinguistica storica», in: d’o nGhia , l./ T omasin , l. (ed.), Etimologia e storia delle parole , Atti del XII Convegno ASLI (Firenze, Accademia della Crusca, 3-5 novembre 2016), Firenze, Cesati: 265-76. 343 DOI 10.24053/ VOX-2023-014 Vox Romanica 82 (2023): 342-345 Besprechungen - Comptes rendus distinguere due fasi all’interno del lombardo antico: la «lingua due e primo-trecentesca» e, riprendendo una proposta di Fabio Zinelli, il «lombardo medio» dalla metà del Trecento in poi. La divisione valorizza le importanti differenze tra la lingua rappresentata in sostanza dalle opere di Bonvesin da la Riva e quella testimoniata invece dai testi più tardi, in particolare quattrocenteschi, che vedono l’interazione di diverse varietà, tra spinte alla koinizzazione e presenza di elementi più spiccatamente municipali; qualche ambiguità può forse sorgere per la scelta dell’etichetta di «lombardo medio», che verrebbe così ad indicare una fase interna al «lombardo antico» e non successiva, come invece in altre periodizzazioni quali quella del francese. Nel primo contributo, Ritorno alla Passione di Monza . Con un’aggiunta al testimoniale della Margarita lombarda (p. 21-41), Giuseppe Mascherpa fornisce una nuova edizione della Passione di Monza , sermone in versi di fine Duecento o inizio Trecento che l’A. ha nel frattempo pubblicato anche all’interno dei monumentali volumi su La letteratura dialettale milanese curati da Silvia Morgana 4 . Mascherpa analizza qui diversi aspetti del testo: le caratteristiche del manoscritto che lo tramanda; i contenuti; i legami interdiscorsivi e intertestuali con altre due opere di genere affine, il Sermone di Pietro da Barsegapè e la Margarita lombarda (di cui per altro è segnalato ed edito, nella parte conclusiva del saggio, un nuovo frammento rinvenuto presso l’Archivio Storico Civico di Lodi); e infine la lingua, la cui analisi permette di collocare il testo genericamente nella Lombardia occidentale, nonostante la presenza di alcuni tratti, puntualmente elencati dall’A., estranei a tale area. Ai Problemi di collocazione geografica di antichi testi lombardi occidentali (p. 43-59) è dedicato il contributo di Michele Colombo, che affronta le difficoltà nel precisare meglio l’etichetta di «lombardo occidentale» quando si collocano testi di tale area su basi linguistiche. Nello specifico, l’A. si concentra sulla definizione del confine linguistico tra milanese e comasco, sviluppando le considerazioni già tratte nell’edizione della Passione Trivulziana da lui curata 5 ; a questo scopo, riporta i risultati di un’indagine condotta sui fondi di archivi e biblioteche comaschi, tra cui il più rilevante è la valorizzazione del cosiddetto Laudario comasco. L’analisi dei testi lì contenuti ha infatti permesso di individuare tre possibili tratti di distinzione tra milanese e comasco, che pur non permettendo «di realizzare un quadro dai forti contrasti (p. 54)», precisano però ulteriormente le nostre conoscenze riguardo alla fisionomia linguistica del lombardo occidentale. Il saggio di Lisa Struckl, Per una rivalutazione storico-linguistica dei testimoni seriori delle opere volgari di Bonvesin da la Riva (p. 61-84), propone di dedicare maggiori attenzioni linguistiche ai testimoni seriori (rispetto al codice Berlinese) delle opere bonvesiniane, che possono evidenziare, se considerati in diacronia, i mutamenti in corso nel milanese. La studiosa, dopo aver definito il corpus di riferimento, propone quindi alcuni esempi di applicazione di tale metodo a livello lessicale, mettendo in luce tanto le progressive tendenze smunicipalizzanti (come la sostituzione di olcior ‘uccisori’ con il latinismo homicidiarij ) quanto l’introduzione 4 m orGana , s. (ed.) 2022: La letteratura dialettale milanese. Autori e testi , 2 vol., Roma, Salerno. 5 c olombo , m. (ed.) 2016: Passione Trivulziana. Armonia evangelica volgarizzata in milanese antico. Edizione critica e commentata, analisi linguistica e glossario , Berlin/ Boston, de Gruyter. 344 DOI 10.24053/ VOX-2023-014 Vox Romanica 82 (2023): 342-345 Besprechungen - Comptes rendus di elementi più municipali (ma quest’ultima casistica, se limitata agli esempi qui illustrati, risulta forse meno solida o comunque controvertibile). Da esperienze filologiche bonvesiniane nasce anche il contributo di Anna Soma, L’ Apollonio di Tiro nel manoscritto Toledano 10-28. Appunti per una riflessione sulla polimorfia dei testi medievali (p. 85-99) . La studiosa analizza infatti la patina linguistica della copia dell’ Apollonio di Tiro contenuta nel codice Toledano 10-28, testimone anche del Trattato dei mesi di Bonvesin di cui Soma ha di recente procurato l’edizione 6 . Il testo era stato precedentemente collocato in area lombardo-orientale o veronese per la compresenza di tratti che rimandano al Veneto e alla Lombardia; l’A. nota però come tale situazione non debba necessariamente portare a situare il testo a metà strada tra le due regioni e porta elementi extra-linguistici a sostegno di una collocazione in area lombardo-occidentale, e precisamente nello scriptorium della certosa di Garegnano (anche se forse l’individuazione di tale luogo di produzione del manoscritto non potrà implicare così automaticamente che anche la mano che ha trascritto i testi sia lombardo-occidentale). A favore della collocazione lombarda è però forse possibile ridimensionare ulteriormente i tratti veneti: il passaggio veronese e > o negli infiniti ha infatti una sola occorrenza; una sola attestazione si avrebbe anche della cosiddetta « l evanescente» nella forma figlioa , che andrà omessa dall’elenco, dato che gli studi più recenti escludono la presenza di tale tratto nel veneziano antico (e qui, come per il caso precedente, si potrebbe eventualmente pensare a un trascorso di penna); come specifica la stessa A., infine, tutte le occorrenze di sie ‘è’ sono reinterpretabili come si è o sì è. Elisa De Roberto apre la seconda metà del volume, dedicata a singole strutture linguistiche del lombardo antico, con il saggio «Straric e mainente». Due strategie elative nel lombardo antico (p. 101-28), in cui analizza le due strategie di intensificazione aggettivale stra- Agg. e Agg. + Agg.ente (è il tipo neuf novent ‘nuovissimo’, diffuso ancora oggi nel milanese). Sebbene quest’ultimo costrutto sia assente nei testi lombardi antichi, l’A. vi individua diverse strutture di reduplicazione intensiva che potrebbero essere alla base del fenomeno: emerge così un quadro della poesia didattico-religiosa di area lombarda in cui strategie elative diversificate «si mescolano, si combinano, mostrando come le strutture nei concreti atti comunicativi si comportino in modo fluido». Il saggio di Carolina Venco, Appunti sulle perifrasi passive in lombardo antico (p. 129-52), studia la presenza di tali costruzioni in un corpus di poesia didattico-religiosa lombarda occidentale, integrato con due testi di area invece bresciana e bergamasca. I dati raccolti confermano che al costrutto con vegnir + participio passato, molto raro, sono preferiti quelli con gli ausiliari fir ed esse. Il confronto fra la distribuzione di queste ultime due costruzioni, svolto secondo cinque parametri, non rileva differenze significative, sebbene in diacronia si verifichi una progressiva scomparsa dell’ausiliare fir. Raymund Wilhelm, con il contributo La sequenza <li> in alcuni manoscritti lombardi. Analisi linguistica e edizione dei testi (p. 153-72), tocca una questione che mostra chiaramente come tra gli indispensabili ferri del mestiere filologico ci sia la conoscenza della lingua 6 s oma , a. (ed.) 2021: Il Trattato dei mesi di Bonvesin da la Riva. Edizione e analisi del codice Toledano 10-28 , Heidelberg, Winter. 345 DOI 10.24053/ VOX-2023-015 Vox Romanica 82 (2023): 345-348 Besprechungen - Comptes rendus dell’epoca: «la pretesa separazione di compiti fra il filologo e il linguista non corrisponde alla realtà dei fatti, perché l’editore di testi interviene su questioni di ordine squisitamente linguistico (p. 155)». Prendendo infatti le mosse dai testi del codice Dazi, l’A. pone il problema di come trascrivere la sequenza <li>, che può ricoprire a Milano sul finire del XV secolo diverse funzioni, puntualmente elencate nel saggio. Partendo da tale caso, Wilhelm trae considerazioni di portata generale sui fenomeni di polifunzionalismo e polimorfismo e sulla diacronia relativa di forme concorrenti in una stessa varietà, nonché sull’aiuto che i testimoni paralleli di uno stesso testo possono fornire all’editore nei casi di ambiguità. Chiude il volume il saggio Osservazioni sull’evoluzione del pronome personale soggetto in milanese in comparazione con altre varietà altoitaliane di Massimo Vai (p. 173-93), che analizza tale categoria prima di tutto nel volgare di Bonvesin, che risulta una varietà a Verb Second in cui la collocazione dei clitici complemento rispetta la legge Tobler-Mussafia e le forme pronominali soggetto rientrano nel «sistema antico» delineato da Laura Vanelli per i dialetti italiani settentrionali. L’A. analizza poi gli sviluppi del sistema pronominale documentati da testi lombardi occidentali del XIV-XV secolo, concentrandosi in particolare sulla diffusione del clitico a , attestato già nella Margarita lombarda. Corredano opportunamente il volume due indici, a cura di Dumitriţa Pichler-Ipati e Lisa Struckl: un Indice dei nomi e delle opere , riferito agli autori antichi, e un Indice dei manoscritti , il quale dà un’utile panoramica dei codici che ci trasmettono testi lombardi antichi. Micaela Esposto (Scuola Normale Superiore di Pisa/ Université de Lausanne) https: / / orcid.org/ 0000-0002-7859-4027 ★ c amilla b ernardasci , Fonetica e fonologia del dialetto di Olivone. Saggio di dialettologia lombarda , Tübingen (Narr Francke Attempto Verlag) 2022, 219 p. Il volume costituisce la rielaborazione della tesi di dottorato dell’A., discussa nel settembre 2019 alla Facoltà di Lettere dell’Università di Zurigo, dove ora è Wissenschaftliche Mitarbeiterin presso l’Archivio fonografico (www.phonogrammarchiv.uzh.ch). Che il volume sia diviso in due parti è chiaro sin dal titolo: alla trattazione della fonetica storica fa seguito la disamina del sistema sincronico, in cui vengono delineate le caratteristiche fonematiche della varietà in questione. L’introduzione, invece, presenta la località di indagine ed espone le questioni di metodo. Chiude il lavoro un’appendice con immagini spettrografiche di fonetica sperimentale su alcune questioni di vocalismo (dittonghi e quantità di alcuni segmenti) e di fenomeni generali come lenizione e degeminazione. Nell’introduzione si ravvisa da subito il punto di forza del lavoro: la centralità dei parlanti, delle cui conoscenze l’autrice dimostra di nutrire molto rispetto. La scelta della località, inoltre, non è casuale, trattandosi di un centro ancora prevalentemente dialettofono. Scegliendo accuratamente i suoi informatori, Bernardasci intercetta la sopravvivenza di un dialetto conservativo, constatando anche la buona tenuta nella parlata dei giovani di tratti caratteristici come la quantità vocalica. Questo fatto sarebbe in qualche modo in controten-