Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
10.24053/VOX-2023-015
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Kristol De StefaniCamilla Bernardasci, Fonetica e fonologia del dialetto di Olivone. Saggio di dialettologia lombarda, Tübingen (Narr Francke Attempto Verlag) 2022, 219 p
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Enrico Castrohttps://orcid.org/0000-0001-7837-1774
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345 DOI 10.24053/ VOX-2023-015 Vox Romanica 82 (2023): 345-348 Besprechungen - Comptes rendus dell’epoca: «la pretesa separazione di compiti fra il filologo e il linguista non corrisponde alla realtà dei fatti, perché l’editore di testi interviene su questioni di ordine squisitamente linguistico (p. 155)». Prendendo infatti le mosse dai testi del codice Dazi, l’A. pone il problema di come trascrivere la sequenza <li>, che può ricoprire a Milano sul finire del XV secolo diverse funzioni, puntualmente elencate nel saggio. Partendo da tale caso, Wilhelm trae considerazioni di portata generale sui fenomeni di polifunzionalismo e polimorfismo e sulla diacronia relativa di forme concorrenti in una stessa varietà, nonché sull’aiuto che i testimoni paralleli di uno stesso testo possono fornire all’editore nei casi di ambiguità. Chiude il volume il saggio Osservazioni sull’evoluzione del pronome personale soggetto in milanese in comparazione con altre varietà altoitaliane di Massimo Vai (p. 173-93), che analizza tale categoria prima di tutto nel volgare di Bonvesin, che risulta una varietà a Verb Second in cui la collocazione dei clitici complemento rispetta la legge Tobler-Mussafia e le forme pronominali soggetto rientrano nel «sistema antico» delineato da Laura Vanelli per i dialetti italiani settentrionali. L’A. analizza poi gli sviluppi del sistema pronominale documentati da testi lombardi occidentali del XIV-XV secolo, concentrandosi in particolare sulla diffusione del clitico a , attestato già nella Margarita lombarda. Corredano opportunamente il volume due indici, a cura di Dumitriţa Pichler-Ipati e Lisa Struckl: un Indice dei nomi e delle opere , riferito agli autori antichi, e un Indice dei manoscritti , il quale dà un’utile panoramica dei codici che ci trasmettono testi lombardi antichi. Micaela Esposto (Scuola Normale Superiore di Pisa/ Université de Lausanne) https: / / orcid.org/ 0000-0002-7859-4027 ★ c amilla b ernardasci , Fonetica e fonologia del dialetto di Olivone. Saggio di dialettologia lombarda , Tübingen (Narr Francke Attempto Verlag) 2022, 219 p. Il volume costituisce la rielaborazione della tesi di dottorato dell’A., discussa nel settembre 2019 alla Facoltà di Lettere dell’Università di Zurigo, dove ora è Wissenschaftliche Mitarbeiterin presso l’Archivio fonografico (www.phonogrammarchiv.uzh.ch). Che il volume sia diviso in due parti è chiaro sin dal titolo: alla trattazione della fonetica storica fa seguito la disamina del sistema sincronico, in cui vengono delineate le caratteristiche fonematiche della varietà in questione. L’introduzione, invece, presenta la località di indagine ed espone le questioni di metodo. Chiude il lavoro un’appendice con immagini spettrografiche di fonetica sperimentale su alcune questioni di vocalismo (dittonghi e quantità di alcuni segmenti) e di fenomeni generali come lenizione e degeminazione. Nell’introduzione si ravvisa da subito il punto di forza del lavoro: la centralità dei parlanti, delle cui conoscenze l’autrice dimostra di nutrire molto rispetto. La scelta della località, inoltre, non è casuale, trattandosi di un centro ancora prevalentemente dialettofono. Scegliendo accuratamente i suoi informatori, Bernardasci intercetta la sopravvivenza di un dialetto conservativo, constatando anche la buona tenuta nella parlata dei giovani di tratti caratteristici come la quantità vocalica. Questo fatto sarebbe in qualche modo in controten- 346 DOI 10.24053/ VOX-2023-015 Vox Romanica 82 (2023): 345-348 Besprechungen - Comptes rendus denza rispetto alla perdita generalizzata - abbondantemente registrata in tutto il Ticino, così come nelle altre zone dell’Italoromania - della dialettalità locale: pur non affievolendosi, l’uso del dialetto starebbe piuttosto virando verso l’adozione del dialetto di koiné o di tratti propri delle città principali (ciò che a ben vendere spesso prelude all’estinzione delle varietà dialettali). Oltre ad arricchire la conoscenza dell’Italia dialettale in senso ampio, questa operazione di disamina del sistema fonetico e fonologico è fondamentale per almeno altri due motivi. Il primo emerge nel capitolo dedicato alla fonetica storica, dove si misura la distanza che intercorre fra la parlata di Olivone e quanto in generale noto per i dialetti lombardi, verificandone il grado di conservatività. Si prenda ad esempio il vocalismo: a Olivone si ritrovano il dittongo [ei̯ ] da ĭ , ē , ĕ in sillaba aperta ( pĭcem > [ˈpei̯ zɐ] ‘pece’; catēnam > [kɐˈdei̯ nɐ] ‘catena’; pĕcora > [ˈpei̯ ɡra] ‘pecora’) a fronte di una generalizzata tendenza moderna alla monottongazione in [e] nei dialetti lombardi, oppure la presenza di quantità vocalica con valore fonologico tanto negli ossitoni quanto nei parossitoni ( pacem > [pɛːs] vs. [pɛs] < pĭscem ]), quando altrove l’opposizione tende ad essere neutralizzata. Ancora, si guardi ad un tratto di consonantismo, ossia alla conservazione del rotacismo intervocalico (per cui l > [r] / V__V), fenomeno retrocesso in altre località lombarde, portando al ripristino della laterale: tēlam > [ˈtei̯ rɐ] o lo stesso [riˈvøi̯ ] ‘Olivone’ (con aferesi di vocale iniziale, come approfondito nella sezione dedicata alla spiegazione del toponimo, alla cui base vi sarebbe ripam ‘riva, sponda’): la forma italiana del toponimo mostrerebbe dunque una l ipercorrettivamente retroformata. Il secondo motivo, invece, emerge dall’analisi fonologica, in cui ancora una volta una varietà italoromanza si conferma essere il punto di osservazione privilegiato per determinare la variazione linguistica, proprio perché si costituisce termine di paragone per un confronto con sistemi con differenze minime. Saranno proprio queste stesse differenze a stabilire le particolarità della parlata, in cui si riscontrano tanto tendenze generali (talune ritrovabili anche in lingue non romanze) quanto proprietà idiosincratiche. Bernardasci mostra quindi come la dialettologia italiana sia un terreno su cui studiare l’entità stessa delle singole proprietà grammaticali, fornendo al lettore tutte le indicazioni rispetto allo status quaestionis di determinati argomenti. Fra questi, quello maggiormente inquadrato è senza dubbio il problema dell’allungamento vocalico. Il volume, come detto, si apre con una introduzione (1), in cui viene definito l’oggetto di studio (1.1), si propone una descrizione geografica e toponimica di Olivone (1.2) e si fa il punto sulle fonti e gli studi sul dialetto di Olivone e sui dialetti bleniesi in generale (1.3), si inserisce la varietà nell’Italoromania (1.4), si espongono le questioni di metodo (1.5). In particolare, nel paragrafo 1.3 grande spazio è riservato al valore delle fonti letterarie dialettali, e in particolare dei Rabisch di Gian Paolo Lomazzo, la cui pubblicazione risale al 1589: sarebbe questo il primo testo noto che documenta la varietà alpina, dal momento che - almeno nelle intenzioni dell’autore - avrebbe ripreso le caratteristiche del bleniese tardocinquecentesco. Ma occorrerà ricordare che la lingua di quel testo è ovviamente artificiosa e ipercaratterizzata, quindi poco affidabile per il dialettologo (d’altra parte, la data della morte dell’autore andrà però anticipata di otto anni rispetto a quanto indicato da Bernardasci, spostandola quindi dal 347 DOI 10.24053/ VOX-2023-015 Vox Romanica 82 (2023): 345-348 Besprechungen - Comptes rendus 1600 al 1592, cf. Bora/ Kahn-Rossi/ Porzio 1998: 335) 1 : si tratta del catalogo di una mostra allestita sull’esperienza artistica di Lomazzo, e grazie a questa iniziativa espositiva, sono state approntate ricerche d’archivio che hanno messo in luce oltre a nuovi documenti anche la corretta data di morte del pittore. Il capitolo sulla fonetica (2) segue invece l’ordine classico che va dal vocalismo (2.1) al consonantismo (2.2), affiancando alle questioni teoriche un’ampia esemplificazione. Nella sezione dedicata al vocalismo tonico (2.1.1), ampio spazio è destinato al dittongamento e alla metafonesi (2.1.1.2), alla palatalizzazione di a tonica (2.1.1.3) e alla differenziazione vocalica secondo la struttura di parola (2.1.1.4). A queste questioni fa seguito un’ordinata trattazione degli esiti di ciascuna vocale tonica latina (2.1.1.5), per le quali sono fornite anche utili tabelle ricapitolative. La trattazione del vocalismo atono (2.1.2) viene divisa invece fra vocali atone non finali (2.1.2.2) e finali (2.1.2.3). Nel primo gruppo si prendono quindi in considerazione fenomeni come la sincope, il trattamento delle vocali protoniche e fenomeni di vocalismo postonico; nel secondo fenomeni come l’apocope, la centralizzazione di a e l’inserimento di vocali epitetiche anetimologiche. Per quanto riguarda invece il consonantismo, ad una schematica ma efficace introduzione dei fenomeni generali (2.2.1) come assimilazione, epentesi o metatesi, vengono inquadrati i fenomeni di indebolimento (2.2.2) e di degeminazione (2.2.3), per i quali l’autrice è ancora una volta prodiga di esemplificazione e di tabelle necessarie a guidare il lettore attraverso le differenti possibilità e i loro contesti di applicazione. Allo stesso modo sono trattati anche fenomeni come la geminazione sistematica di m - (2.2.4, fenomeno oggi non più registrabile ma intuibile dagli esiti delle vocali, che dovevano quindi trovarsi all’interno di sillabe implicate: [fam] ‘fame’ come [alp] ‘alpe’ vs. [naːs] ‘naso’) e il rotacismo (2.2.5), la desonorizzazione finale (2.2.6) e il riepilogo delle consonanti soggette a caduta in posizione finale (2.2.7), per i quali non mancano anche note comparative con le varietà del circondario o del gruppo galloitalico ( sudōrem > [sɪˈdʊː] ‘sudore’; badi lem > [vɐˈdɪ] ‘badile’). Più articolata è invece la trattazione del consonantismo in posizione iniziale (2.2.8), per le quali si dividono le ostruenti (occlusive e fricative) dalle sonoranti (nasali, liquide e approssimanti). Particolari contesti consonantici sono poi suddivisi fra: nessi consonantici in posizione iniziale (2.2.9), consonanti all’interno di parola e in posizione finale (2.2.10), esito delle geminate (2.2.11) e nessi consonantici all’interno di parola e in posizione finale (2.2.12). Quest’ultimo presenta una dettagliata descrizione delle varie tipologie possibili: due ostruenti, ostruente + sonorante, sonorante + ostruente, cons. + j , cons. + nasale, cons. + sibilante. 1 Sulla lingua dei Rabisch cf. di recente p ezzini , e. 2020a: «Lomazzo e i ‹Rabisch›. Status quaestionis e nuove prospettive», Italianistica 49: 177-212; 2020b: «Significato storico e lettura dei ‹Rabisch› di Giovanni Paolo Lomazzo», Italique 23: 79-105; 2023a: «Novellae musae Bregni musarum macaronescarum salutes. Presenze e suggestioni macaroniche in Giovanni Paolo Lomazzo», in: Amici di Merlin Cocai (ed.), Folengo, il Dante padano , Bassano del Grappa, Artistica: 229-52; 2023b: «I Rabisch di Mosè Bertoni. Appunti per un’edizione mai fatta», Il Cantonetto LXX; b ora , G./ k ahn . r ossi , m./ p orzio , F. 1998: Rabisch: il grottesco nell'arte del Cinquecento: l’Accademia della Val di Blenio, Lomazzo e l'ambiente milanese, Milano, Skira. 348 DOI 10.24053/ VOX-2023-015 Vox Romanica 82 (2023): 345-348 Besprechungen - Comptes rendus Il capitolo dedicato allo studio della fonologia del sistema sincronico (3), si apre invece con un’utile nota introduttiva, pensata per fornire le coordinate necessarie per muoversi agilmente nel capitolo, che mira a delineare l’inventario fonologico dell’olivonese e descriverne le eventuali realizzazioni allofoniche o libere. Questo viene improntato soprattutto attraverso la ricerca di coppie minime o semiminime, anche se in alcuni casi non è possibile attuare correttamente la prova di commutazione per l’assenza nel lessico di parole con le dovute caratteristiche. Alle vocali toniche (3.2.1) fanno seguito quelle atone (3.2.2), non prima di un’ampia trattazione - anche da un punto di vista comparativo in ambito italoromanzo settentrionale - della quantità vocalica (3.2.1.1), per la quale l’autrice propone anche un confronto dia-generazionale fra parlata degli anziani e quella dei giovani: ad es., la coppia semiminima [fɔː] ‘fuori’ ≠ [fo] ‘faccio’ viene neutralizzata da un giovane intervistato in [fɔ] ‘fuori’ ≠ [fo] ‘faccio’; e la durata della vocale di ‘gallo’ alterna negli informatori giovani fra [ɡaːl] e [ɡal], dove il primo è l’esito prodotto dagli anziani. Dopo una breve trattazione dello status fonologico delle vocali atone, viene proposta al lettore una ricca disamina dei processi allofonici vocalici (3.2.3), in cui vengono trattate approfonditamente - tanto su un piano teorico quanto su quello dell’esemplificazione - le questioni relative alla qualità vocalica tonica (3.2.3.1), fra cui spicca la nasalizzazione, e quelle relative alla quantità (3.2.3.2). Fanno seguito rappresentazioni in forma di tabelle e schemi relativi all’allofonia atona (3.2.3.3). Ricchissima è infine, ancora una volta, la mole di esempi forniti per descrivere la fonematica consonantica (3.3), sempre secondo la divisione fra ostruenti (3.3.1) e sonoranti (3.3.2). Chiude la trattazione una veloce ma efficace presentazione delle principali varianti libere (3.3.3.1), come la monovibrante o l’approssimante labiodentale ([kɐnˈdei̯ɾɐ] ‘candela’ vs. [mʊˈroːs] ‘fidanzato’; [lɐˈʋoːɾ] ‘lavoro’ vs. [kɑˈval] ‘cavallo’) e delle varianti combinatorie come la nasale velare ([vɪŋ] ‘vino’), la consonante desonorizzata in posizione finale ([tʃoːt] ‘chiodo’) o i casi di s cosiddetta impura ([ˈʃkøːɾɐ] ‘scuola’; [ˈʒbɛːʎɐ] ‘sbaglio’). In conclusione, il sottotitolo Saggio di dialettologia lombarda sembra quanto mai indovinato per un simile volume: in una prospettiva futura, potrebbe essere interessante chiudere la descrizione del sistema dialettale del piccolo borgo bleniese, trattando con altrettanta minuzia la morfologia e la sintassi, le quali si congiungerebbero al volume di Bernardasci per ottenere una completa grammatica storica di questo dialetto, creando un sicuro tracciato diacronico con cui misurare il mutamento delle varietà lombarde alpine. Enrico Castro (Université de Lausanne) https: / / orcid.org/ 0000-0001-7837-1774 ★
