Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
10.24053/VOX-2024-012
0217
2025
831
Kristol De StefaniSerenella Baggio (ed.), Voci di prigionieri italiani della prima guerra mondiale, Firenze (Accademia della Crusca) 2023, 447 p. (Storia dell’italiano nel mondo. Studi e testi 5).
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2025
Giampaolo Salvihttps://orcid.org/0000-0002-0104-0878
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230 DOI 10.24053/ VOX-2024-012 Vox Romanica 83 (2024): 230-236 Besprechungen - Comptes rendus Le sarde (Marinella Lőrinczi), «le sujet le plus débattu dans les discours ‹populaires› sur le frioulan et le ladin dolomitique», plus précisément «de savoir s’il s’agit de langues autonomes ou de dialectes de l’italien» (567-84): Le frioulan et le ladin ( Johannes Kramer et Luca Melchior) et la mise en évidence de certains aspects ayant trait à la linguistique populaire, identifiés chez les Aroumains, comme les attitudes, les opinions, les profils et les contributions, tous groupés autour de trois axes, respectivement «l’affectivité, les questions techniques (alphabet choisi, orthographe adoptée, choix lexical, étymologie), la pragmatique (actions visant la langue)» (585-608): L’aroumain / le vlaque (Mariana Bara). À la fin de l’ouvrage (609-16), nous trouvons un Index complexe intégrant les mots essentiels mentionnés, ainsi que les noms propres et les concepts linguistiques véhiculés dans les pages des études de linguistique populaire. La liste dressée nous aide à consulter le livre et, par la suite, guide notre lecture, soit-elle intégrale ou ponctuelle, en fonction de la raison de chaque lecteur et de ses besoins argumentatifs. Malheureusement, le rhéto-roman, le roumain, le français de Belgique ou du Luxembourg ne sont pas présents dans les pages de ce livre, malgré les différentes hypostases langagières qui peuvent être identifiées au long des siècles et surtout à l’époque contemporaine, où le contact linguistique est encore très actif et les problèmes sont divers. Cependant, à chaque page, nous avons remarqué les discussions constructives, le bon choix des exemples ainsi que les efforts des auteurs de mettre dans les mains des lecteurs un ouvrage bien agencé et facile à lire, en pesant leurs mots et facilitant une compréhension adéquate. Le parcours attentif de ce manuel de référence et l’analyse objective des démarches interprétatives envisagées nous ont permis de constater le plaisir et le savoir-faire des auteurs, qui, malgré les différents obstacles et barrières culturelles, sociales et, même, politiques, ont réussi à réaliser tous ensemble un miroir linguistique à mille facettes. Nous pouvons même affirmer que la dynamique des langues et l’identité linguistique trouvent un appui inattendu dans la linguistique populaire, qui s’avère être fascinante et révélatrice, à la fois . Adrian Chircu (Université «Babeş-Bolyai» de Cluj-Napoca, Roumanie) http: / / orcid.org/ 0000-0001-6288-3337 ★ Italoromania S eReneLLa b aggio (ed.), Voci di prigionieri italiani della prima guerra mondiale , Firenze (Accademia della Crusca) 2023, 447 p. ( Storia dell’italiano nel mondo. Studi e testi 5). Il volume costituisce l’edizione italiana ampliata e sotto forma cartacea della pubblicazione digitale dell’Archivio Fonografico dell’Accademia Austriaca delle Scienze dedicata alle regi- 231 DOI 10.24053/ VOX-2024-012 Vox Romanica 83 (2024): 230-236 Besprechungen - Comptes rendus strazioni di dialetti italiani effettuate nei campi di prigionia austro-ungarici durante la Grande Guerra 1 . Durante la prima guerra mondiale, infatti, gli archivi fonografici di Berlino e di Vienna, che già da anni raccoglievano materiali di carattere linguistico/ dialettologico e etnografico, iniziarono una campagna di raccolta di nuovi materiali approfittando delle enormi masse di prigionieri di guerra che, provenendo da ogni parte del mondo, dovevano permettere una copertura di lingue e culture fino a quel momento inimmaginabile. Nell’incremento di studi sulla Grande Guerra in occasione del centenario anche questi documenti sonori sono ritornati alla luce: quelli berlinesi conservati nell’Archivio Fonografico del Museo Etnografico e nell’Archivio Sonoro dell’Università Humboldt sono stati oggetto di una pubblicazione di Ignazio Macchiarella ed Eugenio Tamburini 2 , che si concentra piuttosto sugli aspetti musicologici e storico-culturali del materiale, mentre la pubblicazione di quelli viennesi ha studiato piuttosto quelli dialettologici. Le registrazioni dell’Archivio di Vienna erano infatti state originariamente raccolte con lo scopo di documentare i dialetti italiani - erano state precedute, nel periodo prebellico, da alcune registrazioni curate nel 1913 da Carlo Battisti con parlanti che si trovavano a Vienna, e dalle registrazioni di dialetti romagnoli effettuate in loco da Friedrich Schürr nel 1914 3 . Il compito di documentare i dialetti italiani utilizzando i prigionieri di guerra era stato affidato al romanista austriaco Karl von Ettmayer, allora professore a Vienna ed esperto di dialetti italiani settentrionali, che elaborò anche i testi di tre racconti popolari da far tradurre ai prigionieri nei loro rispettivi dialetti con lo scopo di ottenere dei testi paralleli sul modello già sperimentato della parabola del figliol prodigo e altri testi simili. Dato il carattere dei documenti pubblicati era quindi naturale che il commento dovesse incentrarsi sugli aspetti linguistici, compito che la coordinatrice Serenella Baggio aveva affidato a un team di dialettologi esperti dei singoli dialetti già nella pubblicazione viennese. Nella nuova edizione il commento ai testi registrati è stato ampliato in molti casi con informazioni introduttive generali sui dialetti delle regioni interessate, oltre che da un capitolo introduttivo della curatrice dedicato alla nascita degli archivi sonori e alle raccolte effettuate durante la prima guerra mondiale. Ma il volume è stato anche arricchito con dati sulla biografia e l’ambiente storicoculturale da cui provenivano gli informatori e con due documenti relativi alla vita dei prigionieri nei campi di prigionia austro-ungarici, per cui questa versione dell’opera si presenta come una sintesi più complessa, in cui il lettore non trova soltanto dati linguistici, ma anche un quadro delle condizioni eccezionali in cui la raccolta dei dati è avvenuta e del retroterra storico-culturale e umano delle persone implicate nella ricerca. In questo modo il libro si 1 L eChLeitneR , g./ L iebL , C./ b aggio , S. (ed.) 2019: Sound documents from the Phonogrammarchiv of the Austrian Academy of Sciences. The complete historical collections 1899-1950 , Series 17/ 6: Recordings from prisoner-of-war camps, World War I. Italian recordings , Wien, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften. 2 m aCChiaReLLa , i./ t ambuRini , E. 2018: Le voci ritrovate. Canti e narrazioni di prigionieri italiani della Grande Guerra negli archivi sonori di Berlino , Udine, Nota, con più di 40 registrazioni. 3 g hiRaRdini , C./ L eChLeitneR , g./ L iebL , C. (ed.) 2014: Sound documents from the Phonogrammarchiv of the Austrian Academy of Sciences. The complete historical collections 1899-1950 , Series 14: Friedrich Schürr’s recordings from Romagna (1914) , Wien, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften. 232 DOI 10.24053/ VOX-2024-012 Vox Romanica 83 (2024): 230-236 Besprechungen - Comptes rendus inserisce con un suo profilo particolare nella ricca produzione di opere sulla Grande Guerra che in occasione delle commemorazioni per il centenario hanno gettato luce anche su vari aspetti finora poco studiati di un evento che ha costituito un punto di rottura senza precedenti nella storia mondiale. Il volume è strutturato idealmente in tre parti: dopo alcuni capitoli introduttivi non numerati (7-129), troviamo l’analisi dei testi registrati (cap. 1-7, 131-402), a cui fa seguito un’appendice su uno dei campi di prigionia (403-33). La prima parte si apre con un Saggio introduttivo di Serenella Baggio (7-45) che ricostruisce dettagliatamente la nascita e i primi anni di attività degli archivi fonografici fondati intorno al 1900 a Berlino, Vienna, Parigi e Zurigo, per poi concentrarsi sui progetti di raccolta organizzati durante la Grande Guerra nei campi di prigionia tedeschi e austro-ungarici. L’Autrice mette in luce le varie motivazioni scientifiche e ideologiche che stavano alla base dei progetti, si ferma sui linguisti e in particolare sui romanisti che hanno preso parte all’impresa, e descrive dettagliatamente la metodologia e i supporti tecnici utilizzati nella raccolta, tutte informazioni essenziali per capire e valutare l’importanza e i limiti delle registrazioni effettuate. Queste sono state raccolte nell’aprile 1918 nei campi di Mauthausen e Marchtrenk (Alta Austria). Si tratta di 15 fonogrammi con la voce di 12 informanti (per tre informanti abbiamo due fonogrammi ciascuno); ogni informante ha registrato il testo di una delle tre novelle preparate da Ettmayer (solo il parlante pugliese ne ha registrate due; per uno degli informanti siciliani non abbiamo però la traccia sonora della novella verbalizzata); a questo si aggiunge eventualmente anche altro materiale (canti popolari, proverbi, numeri). Segue, a opera della stessa Baggio, l’edizione diplomatica dei verbali di Ettmayer (47-87): questi contengono informazioni sull’informatore e le circostanze della registrazione, una trascrizione fonetica del testo dialettale (non riportata in questo capitolo, ma nei capitoli di analisi dei testi, v. sotto), inoltre il testo dialettale in grafia semplificata (per il testo calabrese e due di quelli siciliani si tratta invece di una versione in italiano con tratti locali) e la loro traduzione tedesca (che manca per i due testi toscani). Secondo l’ipotesi dell’Autrice, i testi in grafia semplificata/ italiano locale sarebbero stati concordati prima della registrazione con i prigionieri e poi sarebbero serviti come traccia nel momento della produzione del testo per la registrazione. Questo spiegherebbe alcune divergenze tra testo e materiale sonoro, e sarebbe giustificato dalle difficoltà tecniche della registrazione, che non permetteva interruzioni - ci si doveva cioè preparare per poter produrre (eventualmente leggere) un testo continuato di una certa lunghezza (del resto anche le trascrizioni fonetiche sono in parte indipendenti dal testo effettivamente registrato). Questo implica anche che si dovevano preferibilmente scegliere degli informanti alfabetizzati, il che in parte ha limitato le possibilità di scelta «verso il basso», soprattutto nelle regioni meridionali e in Sardegna, dove sei degli otto informanti appartengono al ceto medio. Lo studio di Stefano Bannò su Le tre novelle popolari (89-109), oltre a contenere i testi in parallelo delle tre novelle nella trascrizione semplificata (o versione in italiano locale) di Ettmayer, ricostruisce la storia dei tre racconti nella tradizione europea e cerca di individuare la fonte diretta utilizzata dal raccoglitore per redigere i testi da sottoporre agli informanti. 233 DOI 10.24053/ VOX-2024-012 Vox Romanica 83 (2024): 230-236 Besprechungen - Comptes rendus Silvia Calamai presenta alcune considerazioni ed esperienze relative alla restituzione ( repatriation ) dei beni folklorici, in questo caso delle testimonianze orali ( Restituire voci. Cronaca di alcune esperienze , 111-21). La parte introduttiva si conclude con la presentazione di Giovanni Abete del programma per la Sincronizzazione di voci fonografate con trascrizioni e traduzioni (123-29), raggiungibile sul sito dell’Accademia della Crusca all’indirizzo https: / / doi.org/ 10.35948/ CRUSCA/ vocidi-prigionieri (5), dove si possono ascoltare tutte le registrazioni accompagnate da più trascrizioni (v. sotto) e traduzioni (in genere italiano, tedesco e inglese) sincronizzate con la registrazione. Il commento alle registrazioni si articola in sette capitoli secondo le regioni di provenienza degli informanti: Lombardia (Cozzo, in Lomellina [lombardo occidentale «di crocevia»]), Liguria (Genova), Toscana (San Rocco in Turrite, frazione di Pescaglia [lucchese], e Chiusdino [senese]), Puglia (Spinazzola [apulo-barese]), Calabria (Cosenza), Sicilia (Alcamo e Sciacca [siciliano occidentale] e Pietraperzia [siciliano centrale]) e Sardegna (varietà campidanesi di Villaputzu [Sarrabus], Cagliari e Arbus [campidanese occidentale]). I singoli capitoli contengono: 1. un’introduzione più o meno ampia sulla situazione linguistica della regione interessata; 2. una nuova trascrizione fonetica in IPA del testo registrato (questa manca solo, per evidenti ragioni, per la novella in siciliano di cui non disponiamo della traccia sonora; per le altre registrazioni siciliane si è invece usato il sistema di trascrizione previsto per l’ Atlante Linguistico della Sicilia ); 3. una trascrizione semplificata che segue in genere le norme della Rivista Italiana di Dialettologia ; 4. una traduzione italiana del testo (eccetto che per le registrazioni toscane e per quelle siciliane di cui già Ettmayer aveva fornito una versione in italiano locale); 5. la trascrizione fonetica di Ettmayer (ma solo con una fotografia del manoscritto per le registrazioni di Lombardia, Liguria e Calabria); 6. la trascrizione semplificata o in italiano locale data da Ettmayer (eccetto che per il testo lombardo; solo con una fotografia del manoscritto per il testo ligure - ma questi testi sono pubblicati nell’edizione dei verbali [v. sopra]); 7. un commento più o meno dettagliato delle caratteristiche linguistiche dei testi, con in particolare un esame dei punti in cui la trascrizione di Ettmayer non corrisponde a quello che si sente nella registrazione; 8. un tentativo di ricostruzione dei dati biografici e della personalità dei prigionieri di guerra che hanno dato voce a queste registrazioni (questo manca per i due prigionieri toscani e per due dei prigionieri siciliani). Il materiale lombardo è stato trattato da Maria Antonietta Arrigoni e Marco Savini (131-73), quello ligure da Lorenzo Coveri (175-95), quello toscano da Silvia Calamai (197-212), quello 234 DOI 10.24053/ VOX-2024-012 Vox Romanica 83 (2024): 230-236 Besprechungen - Comptes rendus pugliese da Giovanni Manzari (213-59), quello calabrese da Marta Maddalon e John Basset Trumper (261-78), quello siciliano da Vito Matranga e Roberto Sottile † (279-333) e quello sardo da Antonietta Dettori † , Daniela Mereu e Nicoletta Puddu (335-402). I diversi punti del commento sono stati trattati sempre con grande competenza, ma in maniera non sempre ugualmente dettagliata nei diversi capitoli, in parte per la natura del materiale linguistico a disposizione e, riguardo al punto 8, per la difficoltà di reperire le necessarie informazioni. Le introduzioni e i commenti linguistici sono in genere più dettagliati nei capitoli dedicati ai dialetti meridionali e al sardo - anche perché il lavoro di trascrizione di Ettmayer è stato più carente nel caso di dialetti con cui era meno famigliare, e la messa a punto ha quindi richiesto più precisazioni. La ricostruzione della biografia e dell’ambiente in cui sono vissuti i prigionieri prima e dopo l’esperienza di guerra ha potuto essere particolarmente ricca nel caso del parlante lomellino, a proposito del quale il saggio ricostruisce non solo molti dati biografici ma anche l’ambiente storico-sociale ai tempi delle lotte agrarie nella zona delle risaie; in quello del parlante pugliese, per il quale i famigliari sono stati prodighi di dati; e in quello dei parlanti sardi che contiene anche una descrizione della situazione sociolinguistica in Sardegna all’inizio del Novecento. È interessante che, in base alle testimonianze raccolte, nessuno ricordi che i prigionieri coinvolti nelle registrazioni abbiano mai parlato, dopo il loro ritorno, di questa esperienza - la rimozione delle terribili esperienze del campo avrà trascinato con sé anche questa. Nell’appendice sono pubblicati due documenti, forniti e introdotti da Silvia Morgana e scritti da suo nonno: nel primo, scritto a Mauthausen nel 1916 immediatamente dopo la sua cattura, troviamo la relazione di come fu fatto prigioniero; nel secondo, scritto dopo la sua liberazione nel 1918 come relazione per la Commissione per l’interrogatorio dei prigionieri restituiti dal nemico, possiamo leggere una descrizione dettagliata delle condizioni nel campo di prigionia. Il libro è arricchito da una dozzina di carte e una quarantina di figure (elencate alle p. 435- 38) e da un indice dei nomi (439-44). Il volume curato da Serenella Baggio, come abbiamo già accennato, non è importante solo per i dati linguistici che mette a disposizione, ma anche per lo studio del retroterra storico-culturale in cui questi dati si inseriscono. Dal punto di vista strettamente linguistico, dato il carattere «casuale» dei testi raccolti, l’unità dell’opera è data in primo luogo dallo sguardo critico con cui il materiale raccolto è stato esaminato: dallo sforzo di tenere distinto l’apporto dell’informante da quello del raccoglitore (che non solo interpreta quello che il parlante dice, ma ancora prima indirizza il parlante in quello che deve dire) a quello di interpretare le intenzioni del parlante nella scelta del codice in una situazione innaturale. Da questo punto di vista possiamo dire che il libro si presenta come una palestra ideale per esercitarsi a interpretare i testi scritti (e in particolare quelli raccolti dai dialettologi) che ci testimoniano i nostri dialetti. In un’opera così piena di dati, anche minuti e minutissimi, è quasi impossibile che non ci scappi qualche svista o inesattezza. Segnaliamo qui quelle che potrebbero disturbare la comprensione: p. 28 N36: bernese starà per bearnese (e languadociano sarà una svista per linguadociano ); p. 34 N49: i funzionari tedeschi del passo del Sempione saranno svizzeri tedeschi ; p. 38 N56: sarà difficile che il venticinquenne Trubeckoj abbia partecipato alla trascrizione dei testi mordvini nel 1915 - la sua collaborazione all’Archivio è posteriore al suo arrivo a Vien- 235 DOI 10.24053/ VOX-2024-012 Vox Romanica 83 (2024): 230-236 Besprechungen - Comptes rendus na nel 1922 (ha in effetti partecipato alla pubblicazione dei canti mordvini con un saggio sulla struttura delle melodie 4 ); p. 135s.: nella trascrizione IPA la e chiusa è resa erroneamente con [ɛ], come quella aperta (nella trascrizione semplificata correttamente distinte con é/ è ) e la n palatale con [ŋ] (nella trascrizione semplificata correttamente resa con gn ), come quella velare; p. 142, ultima r.: le forme lombarde fài ‘fatto’, dài ‘dato’ non sono participi deboli, ma forti (< FaCtu , * daCtu ); p. 178, r. 15 dal fondo: palatalizzata, recte : velarizzata; p. 178, r. 7 dal fondo: palatale, recte : affricata; p. 179, r. 1-2: dislocazione a destra, recte : a sinistra; p. 182: c’è una discrepanza tra la trascrizione IPA e quella semplificata nel par. 6: [a me pø da: ] vs. a me dà (la traduzione segue la trascrizione semplificata: «mi dà»); la discrepanza c’è anche nelle trascrizioni di Ettmayer, ma in senso inverso (la traduzione tedesca segue il testo in trascrizione semplificata: «Könnt’ihr mir […] geben? ») - il sonoro è difficilmente interpretabile; p. 198: l’ubicazione di San Rocco in Turrite e di Chiusdino sulla carta non sembra corretta; p. 218, r. 19: ‘fare’ non è propriamente un verbo di I coniugazione; p. 256 N54: nota 17, recte : nota 51; p. 258, r. 14: produise, recte : produisent (come si vede nella Fig. 5); p. 328, penultimo capoverso: trascrivendo surzer e invece di sùsiri ‘alzarsi’, Ettmayer avrà forse pensato a SuRge - Re piuttosto che a sūrsum ; p. 330, r. 15: l’uso dell’accento grave su e chiusa tonica finale ( perchè , chè ) in un testo in italiano (non in trascrizione fonetica) deve essere considerato normale a quell’altezza cronologica; p. 388, r. 12 dal fondo: Baggio (2020) non compare nella bibliografia alle p. 401-02, ma si tratterà dell’articolo citato come Baggio (2018) nelle bibliografie delle p. 351-52 e 365-67; p. 398, r. 3: fig. 8, recte : fig. 7. In altri casi si poteva essere più precisi: p. 23, r. 21: Tanzania: si tratta in realtà, nel 1902, dell’Africa Orientale Tedesca, diventata Tanganica dopo il passaggio all’Impero Britannico (la Tanzania è invece lo stato nato dall’unione di Tanganica e Zanzibar nel 1964); p. 38, r. 7-8: i nomi dei collaboratori ungheresi del progetto avrebbero potuto essere dati in grafia ungherese, invece di quella tedesca: Ignác Kúnos (non Ignaz) e Béla Vikár (non Vicar); trovo un po’ strano il neologismo esitare nel senso di ‘risultare’ ( non esitando… in una fricativa retroflessa geminata [325], esita in un’affricata retroflessa [326]). Dal punto di vista strettamente formale nel volume si è trascurato di controllare l’orientamento dell’apostrofo anteposto, frequente nelle trascrizioni di testi dialettali: i programmi di scrittura non lo interpretano come apostrofo, ma come virgoletta sinistra, realizzandolo quindi con orientamento inverso (al demone del computer sarà forse da attribuire anche la scrizione la qualcosa per la qual cosa [315 N31, 325, r. 9]); nell’articolo di Bannò il nome di Giuseppe Pitrè è sistematicamente scritto Pitré (ma anche a p. 353 N8). Il libro curato da Serenella Baggio si inserisce con pieno successo nell’ampia produzione di opere che cercano di recuperare la memoria della Grande Guerra, e può essere letto, per questo suo aspetto, anche da non specialisti. A loro volta, i linguisti ci troveranno molto materiale per i loro studi: in molti casi la prima registrazione di un dato dialetto, per alcune 4 Gesänge russischer Kriegsgefangener , aufgenommen von R. Lach, Bd. 1: Finnisch-ugrische Völker , Abt. 2: Mordwinische Gesänge , Transkription und Übersetzung der mordwinischen Originalliedertexte von E. Lewy, mit einem Anhang von N. Trubetzkoj Über die Struktur der mordwinischen Melodien , Wien (Hölder-Pichler-Tempsky) 1933 ( Mitteilungen der Phonogrammarchivs-Kommission 66). 236 DOI 10.24053/ VOX-2024-013 Vox Romanica 83 (2024): 236-238 Besprechungen - Comptes rendus località (Cozzo, Genova, Chiusdino, Spinazzola, Cagliari) la possibilità di un confronto con i dati di poco posteriori dell’AIS (la scelta di questi punti da parte di Jaberg e Jud non è forse un caso [43-44]); e anche i non specialisti delle singole varietà potranno trarne un’importante lezione di filologia dialettale. Giampaolo Salvi (Università Eötvös Loránd, Budapest) https: / / orcid.org/ 0000-0002-0104-0878 ★ Galloromania Ruodlieb , conte latin du XI e siècle. Un ancêtre du Conte du graal , texte présenté, traduit et annoté par J oëL t homaS et P hiLiPPe W aLteR , Grenoble (UGA Éditions) 2024, 364 p. ( Moyen Âge européen ). Écrit en latin au XI e siècle en domaine germanique, Ruodlieb est un texte pratiquement inconnu en pays francophone. En tout et pour tout, deux articles lui ont été consacrés en français (l’un de Maurice Wilmotte, en 1916, l’autre de Peter Dronke en 1969), soulignant tous deux son caractère de «premier roman courtois» (l’expression est de Wilmotte), ce qui ne lui a pas pour autant valu de retenir l’attention de la critique française. En Allemagne même, il traîne une réputation paresseuse de texte didactique, justement réfutée en p. 318 de la présente édition, car la possibilité qui nous est enfin offerte, grâce aux soins de Joël Thomas ( J. T.) et de Philippe Walter (Ph. W.), de le lire en français ne peut que confirmer l’opinion de ses trop rares exégètes dans notre langue: il s’agit indubitablement d’un roman (même s’il est écrit en latin! ), et l’étiquette de «courtois», compte tenu des nombreuses scènes se passant dans des cours seigneuriales, lui convient parfaitement. Certes, l’amour n’y est guère présenté avec les couleurs idéalisées qui s’épanouiront au siècle suivant dans le roman français; mais en revanche, la composante aventureuse que développeront un Gautier d’Arras ou un Chrétien de Troyes y est déjà fort bien illustrée. De Ruodlieb , nous ne possédons cependant que des fragments, certes pour certains assez étendus; on trouvera (57-58) une liste des 18 fragments, couplée à une évaluation du nombre de vers manquants, d’où il résulte que nous possédons sans doute à peu près les deux tiers du texte, c’est à dire 2328 hexamètres dactyliques pour environ 1294 manquants. Cet état fragmentaire rend donc assez difficile d’évaluer la cohérence d’ensemble d’un récit visiblement très hétéroclite: ainsi, l’idée d’une «conjointure», chère à Chrétien de Troyes, y semble encore embryonnaire et c’est avec raison que Ph. W. tire plutôt Ruodlieb vers la catégorie du conte: il y reconnaît en particulier un schéma qui est celui du conte 910B dans la classification Aarne-Thompson-Uther. Nous aurons à y revenir.
