eJournals Vox Romanica 83/1

Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
10.24053/VOX-2024-016
0217
2025
831 Kristol De Stefani

Yan Greub/Olivier Collet, La variation régionale de l’ancien français. Manuel pratique, Strasbourg (Éditions de linguistique et de philologie) 2023, vii + 329 p. (Travaux de linguistique Romane).

0217
2025
Caterina Menichettihttps://orcid.org/0009-0002-4202-1566
vox8310244
244 DOI 10.24053/ VOX-2024-016 Vox Romanica 83 (2024): 244-247 Besprechungen - Comptes rendus Y an g Reub / o LivieR C oLLet , La variation régionale de l’ancien français. Manuel pratique , Strasbourg (Éditions de linguistique et de philologie) 2023, vii + 329 p. ( Travaux de linguistique Romane ). Con questo nuovo manuale, che rinnova completamente la tradizione, pure prestigiosa, dei manuels pratiques , Yan Greub e Olivier Collet procurano alla comunità dei linguisti e dei filologi romanzi, così come agli studenti che si accostano allo studio dei testi medievali in lingua d’oïl, uno strumento lungamente atteso: un volume allo stesso tempo sintetico, esaustivo e di facile consultazione, ma non per questo semplificato, dedicato alla variazione diatopica dell’antico-francese. Il nucleo essenziale del libro si compone di 163 articoli di analisi consacrati ad altrettanti fenomeni; gli articoli sono ripartiti nelle tre macro-sezioni «tradizionali» grafo-fonetica, morfologia e sintassi. Alla grafo-fonetica fanno capo i cap. I e II, su vocalismo e consonantismo, che contano 62 e 34 articoli; alla morfologia sono dedicati i cap. III-VIII, su articoli (5 articoli), pronomi personali (11 articoli), possessivi (2 articoli), dimostrativi (7 articoli), elementi invarianti (congiunzioni, avverbi, preposizioni, 3 articoli) e morfologia verbale (32 articoli); chiude il volume il capitolo sulla sintassi (IX), che consta di ulteriori 7 articoli. Come è facile osservare, il lessico rimane fuori dall’analisi: si tratta di una scelta programmatica, motivata dalla disponibilità della Liste Roques pubblicata in un recente volume delle ELiPhi 1 . Gli articoli sono preceduti da una breve ma densa introduzione, nella quale G. e C. illustrano gli obiettivi del volume, i materiali impiegati per la sua stesura, e ancora le ragioni che hanno indotto al rifiuto del modello cartografico - pure ben insediato nella tradizione degli studi - in favore di un modello tabellare. Questo modello consente una pronta visualizzazione dei tratti diatopicamente marcati delle scriptae del dominio d’oïl, sull’estensione cronologica che va approssimativamente dal 1100 al 1300. I testi delle origini, dunque, sono esclusi dall’analisi, che si concentra sui due secoli per i quali la scrittura dell’antico francese, e la trasmissione dei testi, si fanno sistematici. Chiudono l’introduzione il lungo paragrafo §4, in cui si spiegano la microstruttura (p. 9-16) e la macrostruttura (p. 16-18) degli articoli e le convenzioni grafiche adottate per la loro redazione (p. 18), e una lista bibliografica (§5) che documenta le fonti utilizzate per la descrizione dei differenti dialetti (p. 19-20). I materiali messi a profitto nel manuale sono infatti estrapolati dalla bibliografia pregressa che ha affrontato gli stessi argomenti e non derivano da spogli dei testi medievali, documentari o letterari, condotti ex novo sulle edizioni o eventualmente sui manoscritti. Secondo quanto evidenziato dagli autori, la dialettologia diacronica francese può contare su un’illustre tradizione di studi consacrati a singoli testi e a singole varietà; non di rado, questi studi - è particolarmente il caso della Grammaire de l’ancien picard di Carl Theodor Gossen o dei 1 «Inventaire des régionalismes lexicaux du français médiéval: une synthèse à partir des travaux de Gilles Roques», in g LeSSgen , m./ t RotteR , d. (ed.) 2016: La régionalité lexicale du français au Moyen Âge . Volume thématique issu du colloque de Zurich (7-8 septembre 2015), organisé sous le patronage de la Société de Linguistique Romane , Strasbourg, Éditions de Linguistique et de Philologie: 465-635 (ma per le premesse scientifiche della Liste , cf. anche R oqueS , G., «Épilogue», ibid ., 447-54). 245 DOI 10.24053/ VOX-2024-016 Vox Romanica 83 (2024): 244-247 Besprechungen - Comptes rendus manuali di Mildred K. Pope e di Ian Short sull’anglonormanno 2 - forniscono una descrizione esaustiva del sistema della lingua antica dal punto di vista privilegiato di una specifica area dialettale. G. e C. non si nascondono che, se considerato dal punto di vista delle varie aree dialettali, lo stato degli studi non è però omogeneo: ottimo per Piccardia e Inghilterra anglonormanna, già meno coeso per la Vallonia, si fa decisamente più discontinuo per la Lorena o il Sud-Ovest. Uno degli scopi dichiarati del manuale è quello «de regrouper et de rendre plus facilement disponible l’essentiel de la bibliographie sur le sujet» (p. 13): fenomeno per fenomeno, quindi, il manuale è anche un essenziale strumento di orientamento bibliografico, e non di rado di ripensamento e di analisi contrastiva degli studi precedenti, soprattutto quando dedicati a corpora o testi specifici. Gli articoli, pur essendo di dimensioni molto variabili, hanno una struttura fissa, che rende la consultazione del volume perfettamente agevole. Salvo poche eccezioni concentrate quasi esclusivamente nel capitolo sulla sintassi (cf. le osservazioni che seguono), ogni scheda si apre su di un titolo che presenta i fenomeni presi in esame, seguito da una tabella che dà conto in forma sintetica degli esiti attestati nelle varie marco-aree dialettali del dominio d’oïl. Le regioni rappresentate nelle diverse colonne delle tabelle sono Inghilterra, Ovest, Normandia, Piccardia, Vallonia, Lorena, Champagne, Borgogna-Franche Comté; la ripartizione conosce delle oscillazioni solo per quanto riguarda le regioni occidentali, che in funzione dei singoli casi possono essere tenute insieme sotto la macrocategoria Ovest o «Centre-Sud et Ouest» (p.es. art. 1.30 e 1.34, p. 74-76 e 83-85 rispettivamente), o ripartite nelle due aree Sud-Ovest/ Ovest (p.es. art. 1.16, p. 52-57) o Ovest/ Centro-Sud (p.es. art. 1.40, p. 92-93). L’ultima colonna, isolata da un elemento grafico che ne marca la discontinuità, è dedicata alle ‹formes générales’› ovvero alle forme sprovviste di marcaggio diatopico specifico. In virtù della presenza delle tabelle, gli articoli dei capitoli I-VIII prevedono una lettura sulle due pagine affrontate, mentre il capitolo IX ritorna ad un’impostazione grafica tradizionale. La tabella è completata da una trattazione in forma di testo, che, a seconda dei casi, esamina nel dettaglio la variazione diatopica di ciascun fenomeno; prende in conto casi puntuali; o discute, problematizzandola, la bibliografia scientifica e la documentazione primaria. In sede di introduzione, gli autori riconoscono non a caso che il commento «peut prendre […] des formes nettement différentes» (p. 10). Laddove un singolo articolo riunisce in una trattazione unica l’esame di più fenomeni fra di loro connessi, la tabella presenta di norma delle sotto-partizioni, identificate da lettere alfabetiche progressive. La struttura in sotto-paragrafi non sempre si riflette sulla trattazione testuale, che può sia presentarsi in forma continua sia essere a sua volta ripartita in più sezioni. Bibliografia e fonti medievali da cui si attingono le forme inserite nella tabella o nel commento sono documentate in forma sintetica in un paragrafo in corpo minore, diviso in due sezioni (studi e testi), che costituisce il tramite tra la tabella e il commento. Secondo quanto 2 g oSSen , C. t h . 1976 2 : Grammaire de l’ancien picard , Paris, Klincksieck; P oPe , m. K. 1934: From Latin to modern French, with especial consideration of Anglo-Norman: Phonology and morphology , Manchester, Manchester University Press; S hoRt , I. 2013 2 : Manual of Anglo-norman , Oxford, Anglo-Norman Text Society. 246 DOI 10.24053/ VOX-2024-016 Vox Romanica 83 (2024): 244-247 Besprechungen - Comptes rendus esplicitato alla p. 13, si è deciso di fornire rimandi sistematici ai due atlanti di Anthonij Dees, alle Skriptastudien di Carl Theodor Gossen, ai due manuali di Gaston Zink consacrati alla fonologia e alla morfologia, all’ Introduction à la dialectologie française di Jacques Chaurand, alla Grammaire di Claude Buridant; alle grammatiche storiche di Pierre Fouché, Eduard Schwan e Dietrich Behrens, Hermann Suchier e Wilhelm Meyer-Lübke; e ancora agli studi specialistici - già elencati nel §5 dell’introduzione - dedicati alla descrizione di singole varietà e da cui sono tratte le forme oggetto di commento. Il rinvio puntuale agli altri contributi è invece valutato in funzione della loro utilità e pertinenza. Va precisato che la Bibliografia si attiene, per quanto possibile, alle sigle della Bibliographie del DEAF 3 ; per le voci bibliografiche ad essa complementari si adotta però la forma nome dell’autore + anno abitualmente in uso presso le ELiPhi e la RLiR. In linea con la scelta generale, la Bibliografia finale (p. 257-70) scheda solo le voci assenti in DEAFBibl e i sette casi in cui il riferimento bibliografico non è allineato alle convenzioni di DEAFBibl . Come accennato, e come autoevidente dall’impostazione delle tabelle - che oppongono alle forme attestate nelle varie aree dialettali le «formes générales», e sul versante dei dialetti documentano solo gli elementi che non coincidono appunto con queste forme - la descrizione è condotta per via oppositiva, tra forme marcate e forme non marcate dal punto di vista diatopico. Conviene su questo punto citare direttamente gli autori: «nous décrivons ce qui n’est pas présent partout, non par opposition à une forme définie téléologiquement comme ce qui deviendra le français, mais par opposition à une forme définie dans son usage médiéval par le fait qu’elle est diffusée généralement ou au moins qu’elle tend à être présente partout (même si ce n’est pas dans tous les textes)» (p. 4). Tendenzialmente, le forme che sono considerate come sprovviste di un’evidente marcatura diatopica sono quelle che si sono poi affermate in francese moderno, ma molto opportunamente G. e C. segnalano che «nous sommes parfois moins bien renseignés sur elles, car leur répartition géographique n’aura souvent pas été étudiée, par les travaux précédents dont nous dépendons, avec la même attention que celle des formes retenues comme régionales» ( ibid. ). I criteri di selezione delle forme oggetto di discussione sono esposti alle p. 7-8 e 11, ma è doveroso evidenziare che G. e C., pur non procedendo a verifiche puntuali degli esempi chiamati in causa, hanno considerato forme attestate solo quelle la cui fonte antica è documentata in maniera inequivoca nella bibliografia: la precisione filologica dell’esemplificazione è quindi garantita. Gli autori prestano grande attenzione al rapporto fra dati scrittologici e fonetica (con le trascrizioni fonetica e fonematica fornite secondo le convenzioni dell’alfabeto fonetico internazionale, secondo una scelta di nuovo innovativa rispetto alle abitudini della manualistica francofona consacrata all’antico francese). Il dato è tanto più importante dal momento che la trattazione parte da forme realmente attestate, ovvero muove dalle pratiche grafiche documentate nei testi per rimontare, al di là di queste, alle realizzazioni fonetiche. Appunto per l’importanza riconosciuta alle scriptae , molti degli articoli insistono su questioni relative alle tradizioni di scrittura e ai contesti di apprendimento grafico - allargando quindi la prospet- 3 m öhRen , F. 2021: Dictionnaire Étymologique de l’Ancien Français. Complément bibliographique , Berlin, De Gruyter. 247 DOI 10.24053/ VOX-2024-016 Vox Romanica 83 (2024): 244-247 Besprechungen - Comptes rendus tiva dalla variazione strettamente diatopica verso le variazioni in senso lato riferibili alla sfera diafasica. L’interazione fra i vari articoli del manuale è assicurata da un fittissimo sistema di rimandi; i rimandi garantiscono in particolare la comunicazione fra gli articoli sulla grafo-fonetica e quelli sulla morfologia (cf., a titolo puramente esemplificativo, il va-e-vieni tra l’art. 8.1, sulle marche morfologiche dell’infinito, e gli articoli 1.1, 1.10, 1.18 e 1.20). Il primo dei tre indici (p. 271-72) consente di risalire ai paragrafi in cui è trattata una specifica area geografica, permettendo quindi un impiego trasversale del manuale, a partire dall’interesse puntuale per una singola varietà; questo indice consente anche di isolare le regioni geografiche solo saltuariamente trattate come a sé stanti nelle tabelle (cf., p.es., la Bretagna o la Valle della Loira, rispettivamente negli art. 1.25 e 1.10). Il secondo indice (p. 273-97) è dedicato ai fenomeni e alle grafie trattate; il terzo e il quarto sono orientati al lessico, e schedano rispettivamente gli etimi latini (p. 299-301) e i lemmi romanzi (p. 303-29) sollecitati nelle tabelle e nei commenti. Per efficacia della presentazione, completezza della documentazione bibliografica e ampiezza delle possibilità di interrogazione assicurate dagli indici, il volume appare un imprescindibile strumento di insegnamento e di lavoro. Gli studenti e i ricercatori alle prime armi sono messi nella condizione di accedere in maniera rapida alle informazioni e, grazie alla struttura tabellare, di ritenere con facilità queste ultime. Il ricorso esclusivo, per l’esemplificazione, a forme attestate nei testi permetterà a quanti si approcciano per la prima volta all’antico francese di problematizzare il rapporto fra grafia e fonia, e soprattutto di avere utili punti di riferimento per la lettura dei testi, documentari e soprattutto letterari, del Medioevo, e dei manoscritti che li trasmettono. Quel che più conta, l’adozione di una prospettiva descrittiva orientata alla variazione consentirà di rinnovare l’approccio all’insegnamento e allo studio del francese medievale: l’impostazione prescrittiva che, soprattutto sul versante morfosintattico, soggiace a molti dei manuali tuttora in uso rende estremamente difficoltosa la comunicazione fra la teoria e la pratica del lavoro sui testi e sui libri medievali che ce li hanno conservati. I ricercatori più avanzati dispongono grazie a questo nuovo manuel pratique di una bussola, al contempo accurata e facile a maneggiarsi, che consentirà loro sia di orientarsi nella bibliografia pregressa che di accedere a nuove proposte interpretative su fenomeni puntuali. Non possiamo che felicitarci con i colleghi Yan Greub e Olivier Collet per il loro lavoro, e ringraziarli per la precisione e la sinteticità con cui hanno saputo gerarchizzare e rendere fruibile un’enorme mole di dati e concepire un libro adatto a supportare prospettive di ricerca diverse. Caterina Menichetti (Université de Genève/ Université de Lausanne) http: / / orcid.org/ 0009-0002-4202-1566 ★