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Costrutti-eco nell' italiano parlato

Da "ripetizione" a "cardinalità"

0217
2010
978-3-8233-7549-4
978-3-8233-6549-5
Gunter Narr Verlag 
Francesca Dovicchi

All´oggeto della presente analisi non è stato dedicato, fino ad oggi, alcun lavoro: si tratta di forme di ripetizione dell´italiano parloto, del tipo "si chiama Novoli si chiama". Lautrice si avventura dunque sur terreni di ricerca del tutto nuovi e realizza un lavoro d´analisi completo nella mutidimensionalità di prospettiva: dalla retorica classica alle diverse sottodiscipline della linguistica moderna. Ne deriva una profonda ed acuta analisi, basata su un ricco corpus di parlato spontaneo. Loriginale concezione di olisticità dei costrutti-eco, fa di questa analisi un lavoro particolarmente interessante.

<?page no="0"?> ROMANICA MONACENSIA Costrutti-eco nell’italiano parlato Da ‚ripetizione‘ a ‚cardinalità‘ von Francesca Dovicchi <?page no="1"?> Costrutti-eco nell’italiano parlato <?page no="2"?> ROMANICA MONACENSIA herausgegeben von Wulf Oesterreicher, Gerhard Regn, Wolf-Dieter Stempel und Rainer Warning Band 79 · 2010 <?page no="3"?> Francesca Dovicchi Costrutti-eco nell’italiano parlato Da ‚ripetizione‘ a ‚cardinalità‘ <?page no="4"?> Bibliografische Information der Deutschen Nationalbibliothek Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über <http: / / dnb.d-nb.de> abrufbar. Dissertation an der Ludwig-Maximilians-Universität München. © 2010 · Narr Francke Attempto Verlag GmbH + Co. KG Dischingerweg 5 · D-72070 Tübingen Das Werk einschließlich aller seiner Teile ist urheberrechtlich geschützt. Jede Verwertung außerhalb der engen Grenzen des Urheberrechtsgesetzes ist ohne Zustimmung des Verlages unzulässig und strafbar. Das gilt insbesondere für Vervielfältigungen, Übersetzungen, Mikroverfilmungen und die Einspeicherung und Verarbeitung in elektronischen Systemen. Gedruckt auf säurefreiem und alterungsbeständigem Werkdruckpapier. Internet: www.narr.de E-Mail: info@narr.de Printed in Germany ISSN 0178-1294 ISBN 978-3-8233-6549-5 <?page no="5"?> 1 Cit. sub Mortara Garavelli 1989, 319. 2 Esempio D36 tratto da Dovicchi-Heintzen (2004). 3 Citazione della mia tesi in Scheutz 2005, 127. Premessa dell’autrice Il problema di ogni scienza è quello di far combaciare i Mari del Sud, il loro blu immenso e frastagliato, con l’azzurra carta geografica dei Mari del Sud. (Claudio Magris 1 ) In questa Tesi di Dottorato è compendiato il lavoro di ricerca svolto da me nel corso di diversi anni a riguardo di una struttura sintattica del parlato spontaneo. Ricordo che il Professor Krefeld mi propose come tema della Tesi di Laurea, un’espressione ripetutamente presente in registrazioni di parlato spontaneo realizzate con parlanti del Sud Italia: dalla Calabria alla Sicilia numerosi degli informanti si esprimevano inframmezzando le loro espressioni più o meno dialettali, con costruzioni del tipo: rimpiangi i momenti rimpiangi 2 La mia Tesi di Laurea (Dovicchi-Heintzen 2004, non pubblicata) porta il titolo: “Verbo-eco: costrutto sintattico fra strategia pragmatica e cristallizzazione discorsiva” 3 , dato che i campioni rilevati, eccetto un unico caso, mostravano la presenza di un verbo in forma finita nelle posizioni A e C del costrutto. In quell’occasione collezionai molti dati, emisi molte curve fonologiche, dalle quali si poteva detrarre un’evidente focalizzazione sul tratto B, quello centrale, ed effettuai numerose riflessioni in campo strutturale-semantico. Il risultato più significativo fu quello di interpretare il costrutto come una combinazione di due frasi asindetico-paratattiche, la qual parte B viene realizzata soltanto una volta. La sua categorizzazione rimase peraltro difficile: una forma del parlato, dunque, cristallizzata nella sua strategia pragmatico-discorsiva di focalizzare l’elemento centrale? Ci troviamo allora nell’ambito della ‘stilistica’? Di questa categoria così ‘antica’ quanto ‘vaga’? In questa Tesi di Dottorato vengono poste speranze di ‘nuove scoperte’ al riguardo; essa infatti non vuole essere considerata un mero arricchimento di dati al primo lavoro, bensì una vera e propria elaborazione, un più approfondito svolgimento del tema, una più completa analisi effettuata, a <?page no="6"?> VI Premessa dell’autrice ragion veduta, in ottica multidimensionale. La concezione di questo lavoro è comunque, almeno nelle intenzioni di chi scrive, profondamente unitaria. Nonostante la molteplice e differenziata varietà di approcci, penso non siano stati comunque trattati tutti gli aspetti pertinenti: tra gli altri emerge l’assenza di uno specifico capitolo sul ritmo, ma quanto a questo, penso sia in realtà una lacuna programmata. Il ritmo è un problema troppo complesso per poter essere compiutamente applicato all’analisi dell’oggetto, in poche pagine. È probabilmente parte inscindibile del mio essere e del mio pensiero l’annettere anche e sempre uno scorcio di tipo diacronico, nel tentativo forse di captare, se pur anche microscopici aspetti, di primo acchito insignificanti, perfino intuizioni, difficili da dimostrare e mantenere, ma pur sempre testimoni di una continuità nel tempo. Le ricerche compiute su taluni aspetti linguistici in relazione al costrutto, non vantano alcuna esaustività; ciascuno dei capitoli che formano questo libro avrebbe potuto infatti essere sviluppato in un’opera autonoma, se si fosse tenuto conto di tutti i molteplici fattori che contribuiscono al manifestarsi di tali costrutti. Ma nonostante ciò, a dispetto della sua complessiva insufficienza, sono convinta del valore delle indagini svolte e non per una miope sopravvalutazione di esse, bensì per consapevole scelta, dato che al termine del lavoro mi è parso che la struttura descrittiva e interpretativa, e soprattutto quella di appartenenza categoriale, avessero dato al costrutto una fisionomia sufficientemente precisa. Sono del tutto persuasa infatti che le osservazioni del fenomeno esaminato in questa ricerca, possano integrarsi in un unico quadro organico ed in esso ogni singolo aspetto detrae il proprio senso. Devo a questo punto segnalare un fatto di cui bisognerà tenere conto durante tutta la lettura: il materiale, di cui mi sono avvalsa per gli esempi a riguardo del costrutto, è stato ottenuto quasi esclusivamente da un unico informante, che per la sua estrema disposizione naturale a formare costrutti-eco, si è mostrato ideale per un’analisi di tipo qualitativo come la presente. Particolarmente fiera dunque di poter presentare un amplissimo corpus, di un frammento del parlato spontaneo, di per sé enormemente difficile da captare, sono conscia peraltro che i dati ottenuti non siano indiscriminatamente estendibili ai parlanti in genere. Voglio dunque tutelarmi, ammettendo che gli esiti conseguiti valgono in primo luogo per i casi presi in esame nella loro specificità d’uso. Ogni potenziale conclusione a riguardo andrà preventivamente confortata o confutata su altri campionari. Comunque teniamo presente che, come ben esprime Krefeld: <?page no="7"?> VII Premessa dell’autrice Non è ‘la’ lingua del genere umano, al singolare generico, né ‘la’ lingua di un individuo, al singolare specifico, ma una lingua […] come mezzo di comunicazione di una comunità di locutori che costituisce l’oggetto della linguistica. L’inevitabile punto di partenza è quindi una scelta particolare dalla pluralità generale. (Krefeld 2006, 223) Nello svolgimento di un lavoro di tale impegno e durata è ovvio che si contraggano dei debiti ed è con sentita impazienza che desidero ringraziare le persone che mi sono state vicine e che mi hanno aiutato con affettuosa disponibilità. Ringrazio innanzitutto mio figlio Bernhard, sempre pronto a soccorrermi nei momenti di ‘difficoltà di tipo informatico’, mia sorella Teresa di Roma e Constanze Neudek per la lettura del manoscritto. Inoltre grazie di cuore a Carmelo, il principale informante, per la sua pazienza, certo non inferiore alla mia tenace determinazione. Un grazie del tutto particolare vada al Professor Thomas Krefeld, sempre disposto ad un confronto, aperto a nuove interpretazioni, generoso nei validi consigli, paziente nell’ascolto e pertanto di grande aiuto nei momenti più difficili dello sviluppo del lavoro. [L’autrice] <?page no="9"?> Indice Premessa dell’autrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . V Abbreviazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XV Convenzioni di trascrizione dialogica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XVII 1. ‘Ripetizione’ in Retorica: continuità tra passato e presente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1.1 ‘Ricorrenza’, ‘ripresa’ e ‘ripetizione’ . . . . . . . . . . . . . . . . 2 1.2 ‘Ripetizione’ in due diversi lavori di retorica . . . . . . . . . 7 1.2.1 ‘Ripetizione’ in Perelman/ Olbrechts-Tyteca (TA) . . . . 7 1.2.2 ‘Ripetizione’ nel Gruppo μ di Liegi (RG) . . . . . . . . . . . . 9 1.3 La ricorrenza sintattica del tipo X … X in alcuni lavori di retorica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 1.3.1 Madeleine Frédéric (1985) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 1.3.2 Heinrich Lausberg (1969) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 1.3.3 Heinrich F. Plett (2000) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 1.4 Due problemi sostanziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 1.4.1 Problematicità del concetto e della definizione di figura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 1.4.2 Problematicità del dominio sintattico: frase o piuttosto periodo? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 1.5 Sommario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 2. Constructio apo koinou: dalle forme storico-letterarie alle forme contemporanee del parlato spontaneo . . . 20 2.1 Forme dell’apo koinou nel parlato spontaneo . . . . . . . . . . 22 2.1.1 Rassegna dei lavori svolti sulle costruzioni apo koinou applicati a corpora di parlato spontaneo . . . . . . . . . . . . . . 23 2.1.1.1 Barbara Sandig (1973) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 2.1.1.2 Werner Schröder (1985) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 <?page no="10"?> X Indice 2.1.1.3 Dorothea Franck (1985) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 2.1.1.4 Nils Erik Enkvist (1988) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 2.1.1.5 Hannes Scheutz (1992/ 2005) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 2.2 Sommario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 3. Costrutto-eco: descrizione grammaticale . . . . . . . . . 38 3.1 Primo approccio al costrutto-eco: riflessioni generali . . 41 3.1.1 Da due frasi semplici una frase complessa da catch-all-category . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 3.1.2 L’ordine degli elementi nella frase complessa e nelle due frasi semplici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 3.2 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco in prospettiva sintattica e semantico-referenziale: la periferia iniziale A, il cardine B e la periferia finale C . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46 3.2.1 La periferia iniziale A e la periferia finale C . . . . . . . . . . 52 3.2.1.1 A e C: verbi ausiliari essere e avere . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52 3.2.1.2 A e C: verbi non ausiliari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 3.2.1.3 A = C: pronome (SP) / clitico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 3.2.1.4 A / B / C privi di predicato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 3.2.1.5 A = C: enunciato / B: frase parentetica . . . . . . . . . . . . . . 62 3.2.1.6 A = C: perifrasi verbali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 3.2.1.7 A # C: formalmente, ma A = C semanticamente (= referenza semantica) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66 3.2.1.8 A = C formalmente, ma A # C distribuzionalmente: costruzione ‘a specchio’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68 3.2.2 Centro B / Cardine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68 3.2.2.1 B / Cardine: verbo forma finita / SV . . . . . . . . . . . . . . . . 69 3.2.2.2 B / Cardine: SV forma infinita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 3.2.2.3 B / Cardine: avverbio o SAvv. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 3.2.2.4 B / Cardine: Pronome o SP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 3.2.2.5 B / Cardine: Nome o SN. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 3.3 Sommario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71 4. Costrutto-eco: descrizione sintattica . . . . . . . . . . . . . 73 4.1 Le principali strutture di frase in italiano . . . . . . . . . . . . 73 <?page no="11"?> XI Indice 4.2 Casi in cui l’ordine delle parole è sintatticamente marcato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76 4.2.1 Verbi inaccusativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 4.2.2 Verbi intransitivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 4.2.3 Verbi riflessivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 4.2.4 Pesantezza di un costituente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 4.2.5 Proposizioni subordinate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 4.2.6 Indicazioni di tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 4.2.7 Verbi psicologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 4.2.8 Topicalizzazione contrastiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 4.2.9 Ergativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 4.2.10 Altri casi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 4.3 Riguardo a Topic e Focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 4.3.1 La Topicalizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 4.3.1.1 La concezione di Topic . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 4.3.1.2 Le categorie: Definitheit e Indefinitheit . . . . . . . . . . . . . . . 87 4.4 Riguardo a Pivot e Focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 4.5 Restrizione sintattica di realizzazione del costrutto-eco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 4.6 Alternativa concezione di ordine degli elementi e loro rapporto con le rappresentazioni delle funzioni grammaticali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94 4.6.1 Il problema della rappresentazione dell’ordine degli elementi della frase . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 4.6.2 Costruzioni con verbi monoargomentali e labilità dell’ordine delle parole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 4.7 Stabilità e instabilità dell’ordine delle parole in dipendenza delle proprietà delle strutture argomentali . . . . . . 98 4.8 Un approccio minimalista per l’interpretazione del Focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 4.9 Sommario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106 5. Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa . . . 109 5.1 Prominenza informativa: sintattica e/ o intonativa? . . . . 110 5.2 Focus: prominenza semantica e prosodica . . . . . . . . . . . . 112 <?page no="12"?> XII Indice 5.2.1 Focus: prominenza semantica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112 5.2.2 Focus: prominenza prosodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 5.3 La ‘grammatica dell’intonazione’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 5.3.1 Esiste una ‘normale intonazione’? . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119 5.3.2 Relazione tra prosodia e Focus.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122 5.3.3 Due tipi di Focus: ‘broad’ / ‘allargato’ / ‘non-marcato’ vs. ‘narrow’ / ‘ristretto’ / ‘marcato’. . . . . . . . . . . . . . . . . . 123 5.4 Rappresentazione e trascrizione fonologica dell’intonazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126 5.4.1 Da ToBI a ToBIt . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127 5.5 Pattern intonativi in italiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129 5.5.1 ‘Intonazione e ordine delle parole’ vs. ‘o intonazione o ordine delle parole’ . . . . . . . . . . . . . . . . 129 5.6 Scorcio tipologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131 5.7 Applicazione della teoria alla pratica (PRAAT) . . . . . . . . 134 5.8 Sommario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138 6. Funzioni discorsive e conversazionali . . . . . . . . . . . . . 147 6.1 Strategie funzionali e parametri funzionali: loro nesso . 149 6.1.1 Strategie funzionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149 6.1.2 Parametri funzionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150 6.2 Tipi di funzioni e loro categorizzazione . . . . . . . . . . . . . 151 6.2.1 Problematicità di una classificazione sistematica . . . . . . 152 6.2.2 Una categoria funzionale: la ‘frase in potenza’. . . . . . . . . 153 6.2.2.1 Costruzione-apo koinou e costrutto-eco: ‘frasi in potenza’? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 158 6.3 Funzioni dei costrutti-eco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159 6.3.1 Funzioni di tipo testuale-informativo . . . . . . . . . . . . . . . 159 6.3.1.1 Strategia focussiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159 6.3.1.1.1 Fusione di Focus e Topic in un’unica focussazione . . . . 159 6.3.1.1.2 Porzionamento dell’informazione e contemporanea multifocussazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165 6.3.2 Funzioni di tipo testuale-interattivo . . . . . . . . . . . . . . . . 166 6.3.2.1 Mezzo per stabilire coesione/ coerenza . . . . . . . . . . . . . . 166 <?page no="13"?> XIII Indice 6.3.3 Funzione di tipo metatestuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 170 6.3.3.1 Cornice per citazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171 6.3.4 Funzione di tipo testuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173 6.3.4.1 Procedura di riparazione, correzione, rimedio . . . . . . . . 173 6.3.4.1.1 Riparazione dell’elemento Pivot . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173 6.3.4.1.2 Riparazione della periferia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174 6.3.4.2 Riflessioni sulla sintassi del repair . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177 6.4 Pivot / Drehpunkt . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 178 6.5 Sommario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180 7. Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183 7.1 Continuità tra passato e presente: effettivo cambio di marca variazionale? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183 7.2 Problemi di delimitazione e caratterizzazione delle varietà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186 7.3 Problematica delimitazione variazionale all’interno dell’italiano parlato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 188 7.3.1 Italiano colloquiale o italiano popolare? . . . . . . . . . . . . . 188 7.3.2 Italiano parlato e italiano standard scritto: due differenti grammatiche? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190 7.4 Un termine da ridefinire: Pivot . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193 7.5 Tentativo di collocazione del costrutto-eco nella gamma variazionistica dell’italiano contemporaneo . . . . 195 7.5.1 Punto di vista sincronico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196 7.5.2 Punto di vista diacronico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199 7.6 Ha dunque l’italiano parlato una propria grammatica? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203 7.7 Un caso di ri-standardizzazione? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204 7.7.1 Dinamismo nelle tradizioni discorsive . . . . . . . . . . . . . . . 207 7.8 Sommario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 209 <?page no="14"?> XIV Indice Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 214 Corpora: Dovicchi 1 - Elicitazione da materiali vari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224 Dovicchi 2 - Elicitazione da registrazioni Carmelo . . . . . . . . . . . . . 228 Dovicchi 3 - Elicitazione da Le Baruffe Chiozzotte di Goldoni . . . . . 235 Figure: Figura 1 - Costruzioni-apo koinou . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 Figura 2 - Costrutti-Pivot . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 Figura 3 - Quadro sinottico dei livelli di descrizione dell’oggetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 Figura 4 - Classica rappresentazione della bipartizione dell’informazione: Tema/ Rema . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 Figura 5 - Rappresentazione ‘a basso rilievo’ dell’informazione: Sfondo/ Focus/ Sfondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 Figura 6 - Rappresentazione dell’informazione veicolata dal costrutto-eco: Dato/ Nuovo - Sfondo/ Focus/ Sfondo . 139 Figura 7 - Curva intonativa 1 (grafico PRAAT) Campione: Carmelo III., 01: 03: 03 . . . . . . . . . . . . . . . . 141 Figura 8 - Curva intonativa 2 (grafico PRAAT) Campione: Carmelo IV., 00: 58: 38 . . . . . . . . . . . . . . . . 142 Figura 9 - Curva intonativa 3 (grafico PRAAT) Campione: Carmelo III., 00: 00: 58 . . . . . . . . . . . . . . . . 143 Figura 10 - Curva intonativa 4 (grafico PRAAT) Campione: Carmelo IV., 00: 45: 45 . . . . . . . . . . . . . . . . 144 Figura 11 - Curva intonativa 5 (grafico PRAAT) Campione: Carmelo I., 00: 04: 20 . . . . . . . . . . . . . . . . . 145 Figura 12 - Curva intonativa 6 (grafico PRAAT) Campione: Carmelo III., 01: 22: 10 . . . . . . . . . . . . . . . . 146 <?page no="15"?> Abbreviazioni AC analisi della conversazione AD analisi del discorso AM Autosegmental Metrical CAR / Car. Carmelo (l’informante) cfr. confronta DOM dominance DRS Dizionario di Retorica e Stilistica (Bárberi / Squarotti et alii 2004) DS dislocazione a sinistra es. / ess. esempio / esempi FF Forma Fonologica FHG Focus-Hintergrund-Auffassung F0 Frequenza fondamentale FRA Francesca (l’investigatrice) FTA focus to accent GAT sistema di trascrizione dialogica GFs funzioni grammaticali GG Grammatica Generativa H* peak accent IP intonational phrase L* low accent LRL Lexikon der Romanistischen Linguistik N.B. nota bene NP nominal phrase NSR Nuclear Stress Rule O Oggetto pag. / pagg. pagina / pagine PPN Principio di Progressione del Nuovo PRAAT Programma per analisi e sintesi del parlato PrP pragmatic pivot R ripetizione RFA Relationale Focus Auffassung RG Rhétorique Générale (Gruppo μ 1991 [ 1 1970]) S Soggetto SA sintagma aggettivale SAvv sintagma avverbiale s. / ss. seguente / seguenti SN sintagma nominale <?page no="16"?> XVI Abbreviazioni SP sintagma preposizionale sub sotto (a riguardo di citazioni non dall’originale) SV sintagma verbale TA Trattato dell’Argomentazione (Perelman / Olbrechts-Tyteca 2002 [ 1 1958]) To Tone BI Break Indices ToBI Tone and Break Indices ToBIt Tone and Break Indices per l’Italiano V Verbo finito vol. / voll. volume / volumi vs. versus <?page no="17"?> 4 Vedi Bazzanella 2006, 205-206. Convenzioni di trascrizione dialogica “Il sistema di trascrizione dialogica più diffuso nella AC, adottato sia pure con modifiche anche in altri approcci è quello chiamato ‘sistema Jefferson’” (Bazzanella 2006, 205). Io adotterò qui la seguente versione semplificata: 4 °x° volume basso MAIUSCOLETTO volume alto / focalizzazione per intonazione xxx enfasi . intonazione discendente, conclusiva ? intonazione ascendente ! intonazione discendente con accento extra forte / ,/ intonazione sospensiva >testo< ritmo accelerato <testo> ritmo rallentato te(h)sto riso contemporaneo alla produzione fonica hhh respiro udibile (espirazione/ inspirazione) x: : prolungamento della vocale precedente (il numero di: indica il grado di prolungamento (xxx) parola/ espressione dubbia o incomprensibile; si può indicare il numero di sillabe relative (esempio: 3 sill) (.) pausa breve, inferiore a 0.2 secondi (-)/ (0.X) pausa media/ i numeri tra parentesi indicano la durata della pausa in decimi di secondo quando misurati [ ] sovrapposizione [[ ]] partenze simultanee = latching (assenza di pausa tra un turno e l’altro, che risultano strettamente collegati xxx evidenziatore del fenomeno in questione, se limitato ad uno o due elementi (ad esempio un segnale discorsivo) ((xxx)) annotazioni relative al non-verbale (risate, direzione dello sguardo, cambi nelle posizioni nell’attività ecc…) <?page no="18"?> XVIII Convenzioni di trascrizione dialogica 5 Alternativo sistema di trascrizione dialogica molto usato in germanistica: Sistema GAT; vedi Selting et alii 1998. 6 Cfr. anche Couper-Kuhlen/ Selting 2001, 257ss. Altra versione di Jefferson leggermente amplificata in Hakulinen / Selting 5 (2005, 400-401), di cui riporto nell’originale inglese alcune convenzioni in supplemento e quelle più usate: 1. Temporal and sequential relationships [ overlap onset ] overlap ends = latched speech (0.4) silences, approximately represented in tenths of a second (.) micro-pause, less than 2 / 10 of a second 2. Aspects of speech delivery . The punctuation marks are used to indicate intonation. The period indicates a falling, final intonation contour. ? Similarly, a question mark indicates rising intonation. , a comma ‘continuing’ intonation : : Colons are used to indicate the prolongation or stretching of the sound just preceding. The more colons, the longer the stretching. - A hyphen after a word or part of the word indicates a cut-off or self-interruption. The up and down arrows mark sharp rises or falls in pitch. hh Audible aspiration is shown by the letter ‘h’ .hh Indicates an audible inhalation 6 Sono stati adottati in aggiunta i seguenti sistemi di accentuazione (Couper-Kuhlen/ Selting 2001, 257) Accentuation akZENT strong primary accent akZENT weaker secondary accents <?page no="19"?> 1 Esempio D 14 / I 5 tratto da Dovicchi-Heintzen (2004), Tesi di Laurea non pubblicata; esempio citato in Scheutz 2005, 127. 2 Qui accenno soltanto brevemente, a titolo del tutto chiarificatore, ad alcuni esempi del materiale d’analisi: (a) È la mano è [Dovicchi-Heintzen 2004, D 11 / I 4] (b) Mia moglie non lo parla molto bene però lo capisce mia moglie [Dovicchi-Heintzen 2004, D 0 / I 3] (c) Dividono per cinque fanno [Carmelo I., 01: 01: 16] (d) Io abito a Holzkirchen abito io [Carmelo I., 00: 22: 25] Nella formula A B C gli elementi A e C possono appartenere a diverse categorie grammaticali, possono essere formalmente diversi e possono anche presentarsi con diversa distribuzione, a specchio, per esempio. 1. ‘Ripetizione’ in Retorica: continuità tra passato e presente […] l’affinità della retorica con la linguistica testuale sta essenzialmente nell’andare ‘al di là della frase’ […]. È per questo che le odierne analisi del discorso, di marca linguistico-testuale o pragmatica, sembrano le eredi legittime di territori anticamente occupati dalla retorica dell’elocutio. (Mortara Garavelli 1989, 291) Nel parlare quotidiano, informale e non pianificato, ricorriamo spesso ad espressioni che ci appaiono quasi cristallizzate nella loro distribuzione, nella loro intonazione e nella loro funzionalità. Esse vengono realizzate del tutto spontaneamente e sembra per questo non possano “godere di una loro storia”; in realtà tali costruzioni fanno capo a figure retoriche, da secoli e secoli conosciute e classificate, più o meno sistematicamente, e spesso anche con molteplice e svariata denominazione; ciò nonostante rilevate, elencate, ordinate e annotate: descritte dunque con coscienza di studio. Le costruzioni del tipo: (1) si chiama Novoli si chiama 1 con differita ripetizione lessicale o sintagmatica, sono oggetto di questa ricerca linguistico-scientifica nell’ambito della filologia italiana 2 . In questo primo capitolo, l’obiettivo è di ripercorrere a grandi passi le orme della retorica antica e moderna nell’ottica specifica della ripetizione, sia essa intesa nel suo significato più comune, sia essa osservata nella puntualità di forme linguistiche specifiche per forma e occorrenza; a tal fine <?page no="20"?> 2 ‘Ripetizione’ in Retorica: continuità tra passato e presente 3 A riguardo di struttura profonda e struttura superficiale mi riferisco alla supposizione che le frasi abbiano appunto questi due livelli di rappresentazione sintattica, come esplicato in Haegeman 1996, 265. sono stati presi in considerazione diversi testi, molto differenti tra loro, proprio per il tipo di impostazione di pensiero: ne risulta un eclettismo adottato a ragion veduta. 1.1 ‘Ricorrenza’, ‘ripresa’ e ‘ripetizione’ Ogni volta che usiamo il termine ripetizione astraiamo ad un livello di generalità numerosi casi dettagliatamente specifici di ricorrenza di uno stesso elemento della frase. Dobbiamo essere consci che questo processo d’astrazione ci conduce necessariamente ad un livello strutturale molto più profondo della realizzazione linguistica di superficie e sta ad indicare la rappresentazione sintattica primaria di un processo mentale e intenzionale che sottostà all’enunciato o alla frase. Volendo soffermarsi anche solo brevemente sull’aspetto e la valenza del verbo bivalente re-petere, da cui deriva, scorgeremo la trasparenza di un’azione transitiva, intenzionale, un’azione che richiede necessariamente un agente umano; altro caso perciò del verbo monovalente “re-currere” (Cortelazzo/ Zolli 1999, 402), verbo intransitivo, che esprime un movimento, cioè un cambiamento di stato, realizzabile da qualunque essere animato, non necessariamente da un essere umano e non necessariamente con cosciente pre-intenzionalità: già nella parola perciò possiamo scorgere una differenza semantica che motiva almeno in parte l’intuizione di una differenza d’uso. D’ora in avanti userò pertanto il termine ripetizione per riferire ad una ricorrenza intenzionale che sta a monte della realizzazione linguistica di ricorrenza lessicale o sintagmatica ch’essa sia. Per quanto riguarda invece la struttura superficiale 3 , designerò pertanto ricorrenza ogni elemento linguistico che riapparirà nella successione lineare degli elementi di una frase, indipendentemente dall’eventualità che vi sottostia intenzionalità. Una pluralità di termini a riguardo, tanto vasta da causare una certa confusione, sembra aver regnato già nella retorica antica; ciò può anche essere molto significativo, dato che la retorica fu per secoli e secoli principalmente orientata ad una classificazione nomenclativa, piuttosto che ad una vera e propria tassonomia e in virtù di ciò, sistematica e scientifica. Qui di seguito alcune esemplari citazioni: <?page no="21"?> 3 ‘Ricorrenza’, ‘ripresa’ e ‘ripetizione’ 4 Per “anafora diretta” vedi Soutet 1998, 316-317. 5 Cfr. “Ripetizione pura e semplice” in Reboul 1996, 141. 6 Cfr. inoltre “epizeuxis or repetition” in Sperber/ Wilson 1986, 219. 7 Indipendentemente dalla questione se siano anche sinonimiche, cioè portatrici dello stesso significato (mi esento qui dal fare della logica). 8 Anche se ammetto che la ripresa di un concetto abbia molta affinità con l’intenzionalità, vedremo più oltre, nello sviluppo del lavoro, come nel caso della realizzazione del costruttoeco, non sia necessariamente così; inoltre si può sempre effettuare una ripresa semantica con altro lessico, senza per questo motivo volersi ripetere, anzi, probabilmente con lo scopo di ‘non voler ripetersi’. “Iteratio sinonimo latino di ripetizione, altro termine usato talvolta in italiano in retorica per indicare l’epanalessi” (DRS 2004, 198). “Repetitio, derivato dal lat. repetere, composto di recon valore iterativo e di petere ‘chiedere’ (DRS 2004, 366), oggi ‘ripetizione’; in qualità di termine retorico: anafora e ricapitolazione Cic. e Quint.” (Campanini/ Carboni 2000, 1354). 4 “Anadiplosi / lat. reduplicatio / ingl. duplication: ripetizione dell’ultima parola di un periodo di una frase o di un verso, all’inizio della frase o del verso immediatamente successivo, cosicché la parola risulta ripetuta due volte consecutive. Es: ‘Parlo di Roma, Roma che domina il mondo’” (DRS 2004, 15). “Epanadiplosi (dal gr. ‘raddoppiamento’): Figura retorica: ricorrenza di una o più parole all’inizio / alla fine di una frase o di un verso. Es: ‘dov’ero? le campane mi dissero dov’ero’” (Pascoli) (DRS 2004, 117). “Epanalessi (dal gr. ‘ulteriore ripresa’): Figura sintattica: ripresa di una parola o un sintagma all’inizio di una frase, per potenziare e rafforzare l’idea connessa. Es, nel linguaggio del Vangelo: ‘In verità, in verità vi dico’ / ‘Perché, perché restai? ’(Dante) [È detta anche geminatio; un ampliamento della epanalessi è l’epizeusi]” (DRS 2004, 117). 5 Epizèusi (dal gr. “unione”): Figura della ripetizione: ripetizione di una o più parole, all’inizio / fine / interno di frase o verso senza che si frappongano intervalli (DRS 2004, 128). 6 Dagli esempi apportati è chiaro che non vi è netta distinzione fra ripresa, ripetizione e ricorrenza; ribadisco perciò che nel presente lavoro verranno adottati questi termini come segue: ripetizione per designare una intenzionalità di ripresa da parte dell’emittente, là dove sussiste un’opzione; la ripetizione fa parte perciò delle strutture linguistiche profonde, che nella loro superficialità lasciano affiorare la presenza di elementi i quali, se formalmente uguali realizzano delle ricorrenze 7 , e se semanticamente coincidenti danno adito a delle riprese. Le ricorrenze e le riprese possono, ma non devono essere pertanto necessariamente ripetizioni, 8 così come una <?page no="22"?> 4 ‘Ripetizione’ in Retorica: continuità tra passato e presente 9 Vedi Benveniste 1994, 142ss. “I livelli dell’analisi linguistica”. 10 Per esempio il cammina cammina nelle favole, con il significato di “dopo aver camminato a lungo”; questo caso di geminazione lessicale evidenzia una ricorrenza grammaticalizzata alla quale non sottostà alcuna intenzionalità ripetitiva. 11 Per completare ed evitare equivoci ecco pochi esempi: una ricorrenza lessicale del tipo “tran tran” non ha nulla della ripetizione, in quanto lessicalizzazione, così come la ricorrenza di sillabe, morfemi e fonemi, del tipo “tintinnare” e “gatto”, che viene rispettivamente denominata reduplicazione e geminazione. ricorrenza può non essere una ripresa ed una ripresa non una ricorrenza. Abbiamo dunque criteri diversi, per designare fenomeni linguistici (ripresa e ricorrenza) e psicolinguistici (ripetizione) diversi. Consultando in maniera puntuale alcuni manuali linguistici prendiamo atto della descrizione del fenomeno della ripetizione: in generale esso viene considerato universalmente diffuso in tutti i sistemi semiotici come ricorrenza di elementi uguali e sembra opporsi alla variazione come la persistenza si oppone al mutamento e l’uguaglianza alla diversità. Nelle lingue verbali la ripetizione agisce su tutti i livelli, come si verifica in fenomeni quali l’allitterazione, la rima, la geminazione, la reduplicazione, l’anafora, e ogni altra configurazione sintattica censita dalla retorica classica come “figura della ripetizione” (anadiplosi, epanalessi, climax 2, epanadiplosi, epifora, diafora, poliptoto, figura etimologica, ecc…). (Beccaria 1996, 625) Quando Beccaria parla di “livelli” si rifà evidentemente alla teoria di Benveniste (1994) 9 e non è allora del tutto corretto l’affermare che il fenomeno della ripetizione si realizzi ad ognuno di tali livelli; sia che esso assuma termini specifici, sia ch’essa si riferisca alla ricomparsa di un fonema, di una sillaba, di una parola ecc…, ciò corrisponde alla realtà ma, come abbiamo già detto, andrebbe differenziato l’atto di ripetizione, in quanto intenzionale, dal fenomeno di ricorrenza, per esempio nel caso di una geminazione, per la quale l’emittente non ha alcuna possibilità di alternativa 10 . Ancora una volta va distinto ‘ciò che si può’ da ‘ciò che si deve’: nel caso della ripetizione sussiste un’opzione, nel caso della geminazione o della reduplicazione, per esempio, non sussiste alcuna opzione, si tratterà perciò di una ricorrenza. 11 Nel nostro caso ci occuperemo pertanto di ripetizioni e riprese che si realizzano a livello superficiale nella ricorrenza di un elemento o di un sintagma all’interno di una frase complessa, cioè di un periodo, con uno o più elementi in posizione centrale. Il tipo sarà perciò: A B C. L’elemento o gli elementi in A e C saranno formalmente identici oppure semanticamente coincidenti; ciò significa che la ripetizione sarà o una ricorrenza di elementi uguali o una ripresa di significato sinonimico. <?page no="23"?> 5 ‘Ricorrenza’, ‘ripresa’ e ‘ripetizione’ 12 Vedi Nota n.1a piè di pagina 1, per esempi di costrutti-eco, che prenderò in considerazione. 13 Cfr. Lausberg 1969, 130ss. 14 Mi rifaccio qui alla possibile interpretazione che il sintagma B, fosse originariamente presente in ambedue le frasi e venga cancellato soltanto in un secondo tempo (vedi Dovicchi-Heintzen 2004). 15 Cfr. Wandruszka 1975, 103: “Delle due tecniche contraddittorie al pari che complementarie, repetitio e variatio, i francesi ritennero soltanto quest’ultima. ‘Eviter la répétition’ divenne così uno dei precetti-chiave della stilistica francese”. Le riprese, o ricorrenze che siano, saranno intramezzate nella stringa da uno o più elementi linguistici (B). Avremo perciò ricorrenza quando A e C consisteranno in sintagmi di singoli elementi formalmente uguali, indipendentemente dalla loro distribuzione interna al sintagma e indipendentemente dal loro contenuto semantico che, se sarà sinonimico, o per lo meno intercambiabile l’un con l’altro, aggiungerà alla ricorrenza anche il valore di ripresa. 12 Per tornare brevemente a Beccaria, la ripetizione “fu considerata come procedura dell’adiectio 13 e opposta alla variatio” (Beccaria 1996, 625); egli non può evitare il nesso a Lausberg (1969), che parla appunto di adiectio nel caso di ripetizione intenzionale, nel senso perciò di “aggiungere”, “addizionare”. Nel caso di una ripetizione sintattica però, o meglio sintagmatica, di più parole connesse tra loro, vedremo che può ben trattarsi non tanto di una ‘aggiunta’, bensì di una ‘conseguenza ad omissione’ concernente un altro sintagma frasale. 14 Beccaria (1996, 625) afferma che la variatio possa “modificare le procedure” della ripetizione (paronomasia; sinonimia), oppure venirne contagiata, come nel caso della collocazione, in parallelo, di elementi tra loro diversi (antitesi). La variatio era considerata infatti dai retori come “rimedio” per le ripetizioni stilisticamente ingiustificate, e […] la tendenza che ne deriva, nell’esercizio della scrittura più sorvegliata, è tuttora vitale nelle lingue neolatine, molto attenuata o inesistente in altre (l’inglese e il tedesco ne sono esempi vistosi). 15 In quanto fattore di intensificazione espressiva la ripetizione “parallelistica” (parallelismo) è tema di indagini linguistico-letterarie e retoriche (cfr. la rassegna di Frédéric [1985]), su cui influiscono ancora, oltre a spunti psicoanalitici di varia provenienza, le proposte di Jakobson. (Beccaria 1996, 625) Interessante come Beccaria parli di ‘modifica di procedure’, cioè come riconosca in effetti i diversi processi di trasformazione che vi stanno a monte, denominandoli in maniera differenziata. <?page no="24"?> 6 ‘Ripetizione’ in Retorica: continuità tra passato e presente 16 Es: tran tran, voce che designa un ritmo di vita, di lavoro ecc., noioso e sempre uguale (Devoto/ Oli 2000/ 2001, 2179). 17 A questo riguardo bisogna obiettare che il termine “ecolalia” è davvero inadeguato, dato che è un terminus technicus nella psicolinguistica per designare “automatische Wiederholung von allem oder von Teilen des vorher Gesagten” (Crystal 1993, 419), quasi esclusivamente in riferimento all’acquisizione della lingua madre; anche se Frédéric (1985) aggiunge “non patologico”, è sicuramente il caso di parlare di “eco” ed omettere il termine “ecolalia”. 18 Una delle tante questioni aperte alla quale questo lavoro nel suo svolgimento proporrà risposta. Per quanto concerne poi l’opzionalità della ripetizione, Madeleine Frédéric (1985), giunge a considerare quattro grandi categorie sulla base del criterio di scelta dell’utente, come segue: - les répétitions involontaires (pathologiques) - les répétitions inconscientes (pléonasme vicieux) - les répétitions lexicalisées - les répétitions délibérées (écho/ écholalie non pathologique). (Frédéric 1985, 233) Suddetta classificazione non tiene però assolutamente conto della differenza sostanziale fra scelta di tipo psicolinguistico (patologico, abitudinale: primi due casi) e di tipo linguistico: l’una senza opzione (lessicalizzazione: terzo caso; più precisamente perciò occorrenza di elementi formalmente identici all’interno della parola o della frase: geminazione [fonema], reduplicazione [morfema o lessema 16 ]), l’altra con opzione (denominata da Frédéric “ecolalia”, pertanto di tipo prettamente fonologico-intonazionale) 17 . Riguardo a quest’ultimo criterio ella scrive: […] critère qui avait l’avantage de pouvoir s’appliquer à la presque totalité des faits de répétition appartenant à cette dernière catégorie, en n’en laissant de côté qu’un très petit nombre […]. (Frédéric 1985, 233) Si direbbe perciò che abbiamo a che fare con la classica categoria sac pour tout, dato che sembra venir usata per tutti quei fenomeni d’avanzo, non classificabili a causa dell’enorme e più svariata realizzazione. Il nostro caso di costrutti-eco rientrerebbe pertanto nella quarta ed ultima categoria, in quella délibérée, nella categoria dell’intenzionalità: ma è poi vero che nella realizzazione, anche orale e spontanea, come nel caso delle nostre costruzioni-eco, effettuiamo una ripetizione intenzionale? Qual è il confine fra intenzionalità e cristallizzazione di costruzione sintattica? 18 <?page no="25"?> 7 ‘Ripetizione’ in due diversi lavori di retorica 19 Per quanto riguarda esclusivamente la referenza e la linguistica testuale cfr. Plett 1975. 20 Cfr. Bazzanella 1992 per ripetizione dialogica; 1995 per segnali discorsivi; 1999 per ripetizione in conversazione; 2001 per ripetizione e parlato. Beccaria sottolinea inoltre come la ripetizione sia una delle relazioni sintattiche e semantiche a cui è affidata la coesione testuale e come essa serva a mantenere la referenza e, quindi, la continuità dell’argomento del discorso. Essa infatti, in qualità di meccanismo coesivo più elementare e più semplice appare di alta frequenza nel linguaggio infantile e nel parlato, mentre è molto ridotto nel passaggio dalla lingua parlata a quella scritta. La ripetizione dialogica, osservabile in turni di conversazione, adiacenti o no, mostra una grande varietà di strategie e di scopi [cfr. Bazzanella 1992], oggetto di riflessioni teoriche e di ricerche sperimentali nel campo della pragmatica linguistica. (Beccaria 1996, 625) Naturalmente va precisato il tipo di categoria grammaticale su cui agisce la ripetizione in ogni specifico caso. Che l’anafora possa consistere sia nella ripetizione di un elemento formalmente identico, come anche differente, ma corrispondente relazionalmente (in quanto riferisce alla stessa realtà o alla rappresentazione di essa) è triviale; e per quanto concerne la referenza, sia essa formalmente riconoscibile o meno, la sua funzionalità di realizzare una coesione testuale è un dato di fatto. 19 Il menzionare i lavori di Carla Bazzanella 20 poi, è naturalmente un dovere in campo di ripetizione, soprattutto per quanto concerne lo scambio verbale spontaneo e dialogico, cioè effettuato in un alternarsi di turni appartenenti a parlanti diversi. In questo caso sembra inevitabile parlare di ripetizione a livello profondo, di strutture che vengono alla superficie in un alternarsi e intrecciarsi delle più disparate e molteplici funzioni conversazionali e pragmatiche; vedremo più oltre, come anche il nostro tipo di costrutto-eco possa effettuarsi in uno scambio verbale, in una realizzazione suddivisa tra turni di diversi interlocutori. 1.2 ‘Ripetizione’ in due diversi lavori di retorica 1.2.1 ‘Ripetizione’ in Perelman/ Olbrechts-Tyteca (TA) Perelman e Olbrechts-Tyteca (2001), nella loro ottica di retorica argomentativa, vedono nella ripetizione soprattutto una figura di ‘presenza’ (TA 2001, 152), una di quelle che “fanno sentire l’argomento”. Secondo loro <?page no="26"?> 8 ‘Ripetizione’ in Retorica: continuità tra passato e presente 21 Tautologie: “I composti vero-funzionali che sono veri in base alla sola struttura verofunzionale” (Quine 1996, 79). Riguardo a regole di logica strettamente aderenti alla tautologia vedi Tarski 1995, 43ss. 22 Cit. completa Lausberg 1990, 16 supra. tuttavia essa non si riduce al pathos; non è solo ciò che facilita l’argomento, è essa stessa parte costitutiva dell’argomento. La maggior parte delle figure che i retori classificano sotto il nome di figure di ripetizione, sembrano avere un effetto argomentativo ben più complesso di quello di dare il senso della presenza. Sotto la forma della ripetizione esse mirano soprattutto a suggerire delle distinzioni: così accade per le espressioni del tipo “Da allora Coridone è per me Coridone”, percepite come figure proprio in rapporto all’uso anormale della ripetizione. Sono tuttavia più vicine a figure della presenza, la conduplicatio della Retorica a Erennio e la adiectio di Quintiliano. (Perelman/ Olbrechts-Tyteca 2001, 184-185) L’analisi delle figure di ripetizione in Perelman/ Olbrechts-Tyteca è chiaramente effettuato sotto un aspetto testuale di referenza, coesione e argomentazione. Parlando di “uso anomalo” egli non chiarisce purtroppo che cosa intenda, dato che in alcuna espressione si determina l’uso ‘normale’ della ripetizione. E così anche nella citazione seguente Perelman fa di un caso di logica 21 , un caso di linguistica: Figura: tautologia apparente es: “un soldo è un soldo”. Queste forme di enunciati hanno suscitato da tempo l’attenzione dei teorici dello stile. Vedendo che i due termini devono avere un significato diverso, essi hanno considerato queste tautologie casi particolari di altre figure; […] nel pleonasmo, così come nella ripetizione, il secondo termine dell’enunciato è portatore del valore. (Perelman/ Olbrechts-Tyteca 2001, 228-229) Perelman e Olbrechts-Tyteca parlano inoltre di ripetizione quale portatore di conferma, di consolidamento, di valore metaforico, di insistenza, di accrescimento e di intensità. Riassumendo brevemente dunque: nel TA si prende in considerazione la ripetizione a livello testuale e discorsivo; il valore di cui spesso si parla appare un valore di opinione ed interpretazione, di intuizione, di ciò che la ripetizione, in descrizioni più o meno generalizzate, può cagionare nel destinatario. Anche in questo lavoro si constata una tendenza alla descrizione di ciò che in linguistica può essere, può realizzarsi, può significare, può suscitare: resta insoddisfatto il bisogno di una puntuale “Funktions- Typologie der Funktionsträger”, per usare le parole di Lausberg (1990). 22 <?page no="27"?> 9 ‘Ripetizione’ in due diversi lavori di retorica 23 ”(Dal gr. ‘mutamento’). Alcuni studiosi moderni chiamano metabole le ‘trasformazioni del linguaggio’ il cui studio costituisce l’oggetto fondamentale della retorica. In questo senso il concetto di metabola viene a coincidere all’incirca con quello di figura retorica” (DRS 2004, 237). 1.2.2 ‘Ripetizione’ nel Gruppo μ di Liegi (RG) Per quanto riguarda il Gruppo μ (1991), gli studiosi ad esso aderenti operano una classificazione di per sé molto sistematica. Volendo riassumere e commentare brevemente le figure retoriche che concernono la ripetizione e che vengono da loro denominate metabole 23 , diremo che il Gruppo μ ordina a livello della “procedura sostanziale d’aggiunzione ripetitiva” le seguenti metabole: a) in qualità di metatassi (sintassi): ripresa, polisindeto, metrica, simmetria b) in qualità di metaplasmi (morfologia): raddoppiamento, insistenza, rima, allitterazione, assonanza, paronomasia c) in qualità di metasememi (semantica): Ø d) in qualità di metalogismi (logica): ripetizione, pleonasmo, antitesi. Un interessante commento a proposito della suddetta tassonomia, viene ben realizzato da Mortara Garavelli, che spiega come le “metatassi per aggiunzione” (Mortara Garavelli 1989, 297) siano in effetti considerate quali aggiunte alla frase minima completa (che proprio perché completa può essere considerata unità massima) e inoltre che siano percepite come ‘scarti retorici’, quando per mezzo di esse si dà rilievo a elementi secondari, quando si aumenta la distanza fra elementi principali interponendone altri e quando si attira l’attenzione sul messaggio modificandone la struttura normale con accorgimenti amplificativi. Mortara Garavelli definisce inoltre l’aggiunta ripetitiva come comprendente alcune delle classiche figure della ripetizione, come per esempio la “simmetria” che realizza il parallelismo nella struttura frasale, aggiungendo perciò “una struttura a quella normale della frase ordinaria” (Mortara Garavelli 1989, 297). È in effetti questa simmetria, questo parallelismo frasale aggiuntivo, ciò che caratterizza formalmente le costruzioni-eco, oggetto della nostra ricerca. <?page no="28"?> 10 ‘Ripetizione’ in Retorica: continuità tra passato e presente 24 Ometto le informazioni di tipo bibliografico, dato che in questo contesto sono superflue. 25 Es. “Perché, perché restai? ” (Dante, 2001, Divina Commedia, Inferno, II, 121). 1.3 La ricorrenza sintattica del tipo X … X in alcuni lavori di retorica 1.3.1 Madeleine Frédéric (1985) Consideriamo innanzitutto come venne classificata e denominata una simile figura di ripetizione sintagmatica a distanza, nella retorica classica; in questo intento è davvero favorevole considerare il lavoro effettuato da Frédéric (1985, 51), riassuntivo ma esaustivo, della nomenclatura, della categorizzazione e della tassonomia realizzate nella retorica antica. Esaminiamo perciò la ripetizione di uno o più termini nell’ambito, o meglio nell’apparente ambito di una frase, con un inframmezzo di elementi diversi, e leggiamo: “Répétition à la fin d’un membre du ou des termes qui en constituaient le début (X…X)”; seguono i più svariati esempi di tali costruzioni e della loro classificazione nella storia della retorica antica e moderna. La panoramica che ne dà Frédéric è per lo più di tipo nomenclativo, come lo mostrano i seguenti termini da lei riportati in una sequenza di citazioni 24 , priva di commento: “verba geminantur” (Quintiliano), redditio, inclusio, epanalensis, conduplicatio, repetitio, reduplicatio, epanadiplosi, epanalessi ecc… Quale primordiale termine di ripetizione, secondo un criterio di elementarità, consideriamo innanzitutto l’epanalessi: Chiamiamo epanalessi la figura di ripetizione pura e semplice. Essa pone un duplice problema, quello della sua correttezza e quello della sua utilità. (Reboul 1996, 141) Per contro il DRS la definisce: (gr.”ulteriore ripresa”) figura sintattica che consiste nel riprendere una parola o un sintagma, ripetendolo all’inizio di una frase, per potenziare e rafforzare l’idea connessa, […] detta anche geminatio 25 . (DRS 2004, 117) Questo semplice esempio di descrizione e definizione della più semplice delle forme di ripetizione, basta già a mostrare quanto le classificazioni e le tassonomie possano differire tra loro e siano da prendere in considerazione soltanto con dovuta cautela. Secondo Fontanier: La Répétition consiste à employer plusieurs fois les mêmes termes ou le même tour, soit pour le simple ornement du discours, soit pour une expression plus forte et plus énergique de la passion. (Fontanier 1968, 329) <?page no="29"?> 11 La ricorrenza sintattica del tipo X … X 26 Tipo: costrutto-eco. Si potrebbero approfondire le diverse denominazioni con lo scopo di scoprire quali processi di trasformazione sono da sottintendere a tali costruzioni, ma non ci porterebbe molto avanti. L’enumerazione dei termini tecnici sta soltanto per ora a significare la molteplice possibilità tassonomica riguardante anche solo una specifica figura retorica, nel corso dei secoli. I semplici esempi dati più sopra, visibilmente disordinati nella loro classificazione, vengono riportati qui appositamente, quale dimostrazione di scarsa sistematicità tassonomica. Per quanto schematica e semplificata possa essere una tassonomia, la sua pur limitata validità è necessariamente in dipendenza della trasparenza dei criteri che le sottostanno. La ripetizione, quale apparizione di un elemento o più elementi formalmente identici o semanticamente coreferenti, all’interno di una frase, di un periodo o di un testo, appunto per il suo svariatissimo e infinitesimale uso, può essere sistematicamente categorizzata soltanto a condizione di una dettagliata e trasparente enumerazione delle funzioni che ne determinano l’uso: ecco perché si è già più volte menzionata la necessità di una ‘tipologia delle funzioni dei portatori di codeste funzioni’. 1.3.2 Heinrich Lausberg (1969) Non può in alcun caso non venir menzionata la tassonomia di Lausberg, che ordina il nostro tipo di ripetizione sintattica a distanza nella sottoclasse della “ripetizione a inquadramento” (Lausberg 1969 [ 1 1949], 141) “Wiederholung als Einrahmung: ‘redditio’” (Lausberg 10 1990, 85ss.) (termine latino con cui è indicata talvolta l’epanadiplosi [DRS 2004, 345]). Egli considera in generale la “ripetizione a distanza” in qualità di strategia di confinamento e delimitazione di gruppi di parole (del tipo / x…x…/ o / …x…x…/ o / …x…x/ ), dove i diversi tipi dipendono dalla distribuzione degli elementi geminati, e la “Wiederholung als Einrahmung”, viene da lui denominata Kyklos (redditio, inclusio): [sie] besteht in der Einrahmung einer Wortgruppe durch das gleiche Satzglied (Wort oder Wortgruppe). Typ: / x…x/ 26 Hinsichtlich der Struktur sind zu unterscheiden der syntaktische und der metrische Kyklos. <?page no="30"?> 12 ‘Ripetizione’ in Retorica: continuità tra passato e presente 27 Omesse le fonti di critica letteraria; per completezza vedi Lausberg 1969, 142. Die allgemeine semantische Funktion der Figur ist die affektische amplificatio, innerhalb deren Raum bleibt für den Ausdruck der Wiederkehr der Gegenseitigkeit, der Kreisbeziehung zwischen Finitem, Infinitem (als subiectio rationis) und Finitem. (Lausberg 1990, 86) La descrizione della figura è completa (“ripetizione come inquadramento” [Lausberg 1969, 141]) come in nessun altro manuale di retorica; ogni particolare differenza sintattica vien qui messa in chiara e sistematica evidenza. Per quanto riguarda invece la funzionalità, Lausberg parla di “funzione semantica” espressa in un’ “amplificatio emozionale, all’interno della quale trova posto l’espressione del ritorno di reciprocità, della conseguenza immanente al destino della relazione ciclica tra finito, infinito e finito” 27 (Trad. it. Lausberg 1969, 142). Per quanto concerne la funzione semantica di cui parla Lausberg, direi che è contestabile l’asserzione che un tale tipo di funzione possa essere realizzata dalla ripresa di elementi identici, a meno che non si tratti di una vera e propria tautologia (e di conseguenza di logica). La funzionalità e la sua tipologia, in base ai ‘portatori di funzione’, deve venir determinata in altra maniera; la funzionalità di una costruzione sintattica va cercata e constatata nella effettiva finalità della comunicazione, nella eventuale sottolineatura di un focus, nella partizione di tema / rema, nella indiscutibile efficienza dell’informazione, realizzata con strategie di coesione, focalizzazione, e non certamente misurata in base all’eventualità di un effetto di tipo psicologico sul destinatario. 1.3.3 Heinrich F. Plett (2000) In Plett (2000) constatiamo Figuren der phonologischen Äquivalenz (Isophoneme), fra le quali potremmo ben includere la nostra costruzione sintattica, osservandone in maniera particolare l’aspetto fono-sintattico. Plett (2000) parla di phonologische Äquivalenzfiguren (sebbene in relazione al testo poetico) partendo dal presupposto che il singolo fonema non vanti di per sé la caratteristica di “esteticità”, dato che esso è essenziale per la realizzazione di ogni enunciato linguistico: Phonästhetische Signifikanz gewinnt es erst dann, wenn es in Äquivalenzrelationen steht, d.h. in bestimmter (phonotaktischer) Position, in bestimmtem <?page no="31"?> 13 La ricorrenza sintattica del tipo X … X 28 Vedi Plett 2000, 138ss. 29 Cfr. Haegeman 1996, 265. Umfang (Quantität), in bestimmter Häufigkeit (Frequenz) und in bestimmtem Abstand ganz oder teilweise wiederholt wird. Diesen strukturierenden Gesichtspunkten gehorchen die phonologischen Äquivalenzfiguren (Isophoneme) segmentaler und suprasegmentaler Art in gleicher Weise. (Plett 2000, 59-60) Nella singola descrizione poi delle diverse ripetizioni fonologiche, Plett usa il termine Echo, esattamente come nella mia definizione dell’oggetto di ricerca. In effetti la componente fonologica e quella fonotattica sono di basilare importanza per la classificazione di costruzioni con differita ripetizione come i costrutti-eco; inoltre proprio grazie alla loro specifica intonazione, essi possono venir riconosciuti come tali. Per quanto concerne poi le figure sintattiche 28 egli le raggruppa innanzi tutto quali “Figuren der syntaktischen Deviation (Metataxeme)” e le descrive in base alle operazioni trasformazionali che vi sottostanno: Satzfiguren dieser Klasse verdanken ihr Vorhandensein den transformationellen Operationen der Hinzufügung, Tilgung, Umstellung und Ersetzung von syntaktischen Bestandteilen. (Plett 2000, 138) Nell’ottica delle operazioni trasformazionali, che mettono in relazione i due livelli di rappresentazione sintattica (Struttura Profonda e Struttura Superficiale) 29 , Plett descrive due processi trasformazionali, quello di Addition e quello di Subtraktion, come segue: Addition: Ein Satz kann dadurch erweitert werden, dass ein anderer Satz oder Teilsatz in ihn eingefügt wird. (Plett 2000, 139) Subtraktion: Ein Satz wird dadurch wider die grammatische Norm gekürzt, dass ein oder mehrere syntaktisch notwendige Bestandteile eliminiert werden. Die erste tangiert die Kombinatorik des Satzes, die zweite hingegen nicht. Im einen Fall redet man von Zeugma, im anderen von Ellipse. (Plett 2000, 141) Ciò che nel nostro caso specifico appare interessante è che, basandosi su Plett, si può effettuare una categorizzazione della ripresa e/ o ricorrenza, sulla base di un criterio opposto all’addizione, all’aggiunta, e cioè quello della soppressione, facendo risalire la costruzione con ripetizione ad un processo di Tilgungtransformation (Plett 2000, 142). Questa ottica mi appare di grande importanza, dato che il processo che sembra generare una ripetizione (ed uso volontariamente questo termine riferito alla struttura profonda della frase) è diametralmente opposto. Ciò che appare ripetuto è in effetti soltanto la conseguenza di una omissione, di una cancellazione: <?page no="32"?> 14 ‘Ripetizione’ in Retorica: continuità tra passato e presente 30 Notiamo che Plett mette in rilievo anche la possibile disposizione ‘a chiasmo’; noi ne constatiamo un esempio nel nostro corpus, del tipo: ci vediamo sempre - sempre ci vediamo (Carmelo I., 00: 16: 10), molto significativo in quanto mostra le due frasi asindetiche e paratattiche nella loro completa realizzazione, senza la detractio di un elemento centrale. 31 Interessante l’uso del verbo estromettere, che sottolinea l’aver non tanto omesso, nella sua accezione di non messo, bensì nell’accezione di levare qualcosa che c’era già, sottratto appunto. Il processo di trasformazione avvenuto perciò in un secondo momento è perfettamente espresso con la cosciente scelta del verbo estromettere. non abbiamo ridondanza nel sintagma A, bensì soppressione, mancanza, difetto, nel sintagma B. Questa stessa procedura di Tilgung a livello prettamente sintattico, che era già nell’antica retorica greca conosciuta e nominata zèugma, viene da Plett così definita: Ein Zeugma liegt dann vor, wenn infolge der Tilgung relevanter syntaktischer Einheiten die übrigen Satzeinheiten in einer grammatisch abweichenden Weise kombiniert (“kurzgeschlossen”) werden. Dabei tangiert die so entstandene Deviation nicht nur die Satzkonstruktion im engeren Sinne, sondern auch ihren morphologischen und semantischen Aspekt. […] Das syntaktische Zeugma (im engeren Sinne) wird etwa vertreten durch die sogenannte Apo-koinu-Konstruktion. (Plett 2000, 145-146; il corsivo è mio) Pertinenti saranno pertanto le strutture sintattiche soprattutto per quanto concerne il loro valore semantico: sembra un luogo comune il ritenere scontato che la ripetizione sia una procedura che rispecchia irrimediabilmente la relevanza semantico-affettiva dell’espressione ricorrente, ma a mio parere è esattamente il contrario ciò che avviene più spesso: “eine relevante syntaktische Einheit” non viene ripetuta, bensì messa in evidenza, in un’unica occorrenza, attraverso la distribuzione (disposizione sintattica nella stringa di tema-rema) e attraverso l’intonazione (procedimento fonologico-intonativo per accentuazione del focus) 30 . Ora che abbiamo determinato pertinente, grazie a Plett, la figura sintattica dello zeugma, facciamo un passo all’indietro e andiamo a consultare nuovamente Lausberg dove la suddetta figura sintattica viene ordinata quale detractio per estromissione. 31 Essa sembra consistere nell’usare un’unica volta un membro della frase che è comune a diversi elementi della medesima frase, coordinati fra loro sintatticamente, ma diversi nella forma e apporta diversi esempi, aggiungendo che “i membri coordinati possono venir usati sindeticamente o asindeticamente” (Lausberg 1969, 172, §320). Anche in questo caso Lausberg classifica le suddette costruzioni ‘per detrazione’ e la concezione è sostanzialmente identica a quella di Plett: invece di mantenere due frasi a sé stanti, grazie all’omissione di un mem- <?page no="33"?> 15 Due problemi sostanziali 32 Che le due frasi contenessero originariamente sintagmi identici prima della trasformazione, non significa infatti che vi sottostia necessariamente una vera e propria intenzionalità di ripetizione; la motivazione può essere per lo meno duplice: funzionale, con la correzione della distribuzione della frase primaria invertendo l’ordine degli elementi tema/ rema o semplicemente una motivazione riconducibile all’inopia di chi si esprime. 33 Vedi Lausberg 1969, 142. 34 Aristotele, 1996, Retorica III, 2, 1404b, 8ss. bro o di un sintagma, si evita una ripetizione, e cioè quella del sintagma centrale B, come già più volte sottolineato. Questa mancata ripetizione fa sì che il resto della frase sembri ripetuto, mentre in effetti è soltanto incidentalmente uguale, dato che originariamente si trattava di due frasi separate, con parti uguali. 32 L’interesse che suscita Plett nel suo lavoro di sistematizzazione retorica deriva principalmente dalla sua concezione di trasformazione applicata alle figure retoriche e dall’aprire di conseguenza quello spazio fra struttura profonda e struttura superficiale che solo può dar modo di differenziare funzionalità sintattiche inerenti alla struttura linguistica da possibili “amplificazioni emozionali”, per dirla con Lausberg (1969). 33 1.4 Due problemi sostanziali 1.4.1 Problematicità del concetto e della definizione di figura Nello scorrere e discorrere di retorica ci siamo imbattuti spesso nella parola figura ed appositamente non ho voluto problematicizzare troppo presto un concetto intuitivamente trasparente per ogni linguista. A questo punto però, visto che ci occuperemo più da vicino di costrutti sintattici d’apparente marcatezza, i quali mostrano una loro origine di impiego e di descrizione già molto antica, e che appunto nella retorica vengono classificati quali figure, ritengo opportuno soffermarci brevemente sulla presa di coscienza di ciò che viene inteso appunto con figura. M.S. Celentano nel DRS (2004, 152) annota: dal lat. figura, deriv. da fingere “plasmare”, e riporta la definizione di figura di Aristotele, quale: Denominazione tradizionale, già dell’antica retorica greca e latina, che abbraccia il complesso degli artifici locutori che contribuiscono ad abbellire il discorso e a diversificarlo dal linguaggio corrente, anche al fine di provocare nell’ascoltatore o lettore l’effetto di “straniamento”, di interessarlo, cioè, a quanto viene detto, come se fosse di fronte a qualcosa di nuovo, straniero ed estraneo. (DRS 2004, 152) 34 <?page no="34"?> 16 ‘Ripetizione’ in Retorica: continuità tra passato e presente 35 ”Sentence” vedi Crystal 1992, 349: “The largest structural unit in terms of which the grammar of a language is organized. It is an independent unit which can be given both a formal and a functional classification”. Parto dal presupposto che ‘isolabile’ in questo caso non significhi soltanto estraibile dal resto, bensì indipendente, a sé stante, di conseguenza frase o enunciato a livello formale e sentenza a livello funzionale. 36 ”Stereotipo” vedi Devoto/ Oli 2000/ 2001, 2048: “fig: a proposito di una ripetizione o di una fissità immutabile”. Tornano pertanto il concetto di scarto dalla norma, che oggi denomineremmo ‘marcatezza linguistica’ e quello di Verfremdung, concetto più problematico e complesso da riportare in un’ottica di linguistica moderna, dato che sconfina nuovamente nella psicologia, mettendo in primo piano l’effetto, quale presunta reazione di natura emotiva del destinatario. A proposito della struttura interna di una figura, nel TA si sostiene che non esista, in via di principio, alcuna struttura che non sia suscettibile di essere usata come figura e che non basti dunque un uso insolito della lingua, ad autorizzare di riconoscervi una figura. Perché una struttura possa divenire oggetto di studio, occorre che essa sia isolabile, che possa essere riconosciuta come tale; d’altra parte occorre che si sappia in che cosa un uso debba essere considerato insolito. (Perelman/ Olbrechts-Tyteca 2001, 178) Inconsuetudine e isolabilità sarebbero perciò secondo Perelman i due criteri necessari per definire una figura; potremmo dire marcatezza e ‘sentenziabilità’ (l’essere dunque una proposizione): il godere dunque di quelle proprietà che ne fanno una sentenza. 35 Reboul ritiene che una figura consista in: […] un procedimento stilistico che permette di esprimersi in una maniera libera e codificata a un tempo: libera, nel senso che non si è tenuti a ricorrervi per comunicare e codificata, perché ogni figura costituisce una struttura nota, rintracciabile, tramandabile. (Reboul 1996, 121) Per Reboul sono pertanto la libertà d’impiego, cioè l’opzionalità (dunque struttura stilistica: si può usare, non si deve) e la cristallizzazione, cioè lo stereotipo 36 (tale da permetterne una configurazione, una fisonomia riconoscibile e riproducibile) le due prerogative peculiari della figura. Se davvero la figura in quanto tale può essere definita principalmente in base alla sua peculiarità di scarto, dobbiamo dar la parola a Sperber, che critica giustamente il fatto che non vi sia miglior proposta che quella della “teoria dello scarto” e si domanda: <?page no="35"?> 17 Due problemi sostanziali 37 Per bibliografia vedi Quintiliano 1979. Le discours figural s’écarte … de quoi au juste? Du discours grammatical? Les figures abondent dans les énoncés les plus indiscutablement grammaticaux. Du discours ordinaire? Il est plein de figures. Alors de ce « degré zéro » qui ne se rencontre que dans les modes d’emploi sur les boîtes de conserves et qui ne se définit - tautologiquement - que par l’absence de figuralité. (Sperber 1975, 414) Le questioni poste da Sperber sono inevitabilmente pertinenti; il limite fra grado zero e scarto da esso è ben poco delineato, addirittura molto vago. Nel momento in cui consideriamo una figura come una struttura sintattica marcata rischiamo di cadere nell’errore di considerarla ‘in blocco’ e di non effettuare ulteriori minuziose analisi grammatico-funzionali all’interno di essa. L’indiscutibile cristallizzazione che ce le rende riconoscibili fà di esse dei ‘microcosmi sintattici’ ancora tutti da scoprire, sia per quanto riguarda i processi di trasformazione che vi sottostanno, sia per quanto concerne le loro strategie di tipo semantico-discorsive. Dunque figure sintattiche e in qualità di figure sintattiche, figure applicate al dominio della frase. Ma è poi vero che il dominio della sintassi è circoscritto alla frase? Nel nostro caso specifico, nel caso perciò di strutture-eco o anche semplicemente di figure del tipo zeugma, dove la frase è in effetti il risultato di un accorciamento di due frasi, non è forse inappropriato parlare di frase? Non si tratta piuttosto di una frase complessa, già nella sintassi latina conosciuta sotto il nome di periodo? Una sintassi del periodo, dunque. 1.4.2 Problematicità del dominio sintattico: frase o piuttosto periodo? Quintiliano definisce il periodo sulla base della grammatica classica grecolatina “un giro o uno sviluppo circolare o una concatenazione o un ciclo compiuto di parole” (Quintiliano, Inst. orat., IX, 4, 22) 37 , alla quale definizione Mortara Garavelli aggiunge: Non è necessario che la períodos contenga più frasi: in un giro costituito da una sola frase potranno essere le inversioni […] oppure le inserzioni parentetiche […] a provocare la scansione ‘ciclica’. (Mortara Garavelli 1989, 274-275) Anche le ‘detrazioni’ potrebbero essere allora considerate strategie per provocare “scansione ciclica” e le costruzioni-eco, del tipo A B A’, con una <?page no="36"?> 18 ‘Ripetizione’ in Retorica: continuità tra passato e presente distribuzione che si potrebbe definire “a inquadramento” (per usare le parole di Lausberg [1969, 141]), mostrano un’estensione di dimensioni maggiori, di quelle frasali; cosicché per la loro descrizione sembra addirsi di più un ampio dominio quale il periodo, in tutta la sua estensione di frase complessa. In questa ottica ci avventuriamo in una dimensione limite, quella transfrastica, oscillante tra la frase ed il testo: questa presa di coscienza potrà rivelarsi molto utile più avanti, quando si tratterà di stabilire le funzioni e le strategie di codesti costrutti. A giusta ragione Mortara Garavelli critica la contrapposizione fatta tra retorica quale scienza del discorso e linguistica quale scienza del codice, come sottolineato dalla citazione apportata in apertura di capitolo: ella sottolinea appunto la dimensione transfrastica quale punto d’incontro tra le moderne analisi del discorso, nella loro specificità testuale-pragmatica e le ricerche dell’antica retorica, di cui è stato operato un breve schizzo in queste prime pagine del lavoro. 1.5 Sommario In questo primo capitolo del lavoro ho voluto adottare un approccio generale al tema della ripetizione nel campo della retorica. Sono stati presi in considerazione diversi testi di tale disciplina, molto differenti tra loro proprio per il tipo di impostazione di pensiero: ne risulta un eclettismo adottato a ragion veduta. Il fenomeno della ripetizione è stato dunque analizzato con l’intento di chiarirne le principali concezioni: ‘intenzionale opzione’, ‘grammaticalizzazione’ e ‘anafora’. Queste tre categorie sono infatti a mio parere le uniche pertinenti che fanno capo a quel fenomeno linguistico che noi denominiamo molto sommariamente ‘ripetizione’ e che deve andar concepito esclusivamente quale processo appartenente alla struttura profonda della frase sintattica. A livello formale invece, apparterranno rispettivamente alle altre due categorie supra citate, i fenomeni grammaticalizzati (la geminazione, la reduplicazione, ecc…) ed eventualmente le riprese di valore semantico, a loro volta non necessariamente intenzionali, bensì occorrenze con valore anaforico, nel nostro caso cristallizzate all’interno delle costruzioni o figure sintattiche. In particolar modo ho voluto considerare la figura del tipo X…X (A B A), per la sua rilevanza di struttura sintattica affine ai casi che verranno da <?page no="37"?> 19 Sommario me analizzati e cercare di scorgere nelle tassonomie e analisi a riguardo, un filone conduttore da seguire nella ricerca. Due questioni di per sé molto pertinenti al tema, la figura sintattica e il dominio sintattico, sono state brevemente poste in discussione critica, con l’intento di chiarire, nel corso del lavoro, la validità dell’applicazione di tali strutture linguistiche. Le diverse interpretazioni e le diverse descrizioni della figura in causa mi hanno dato modo di considerare il fenomeno in una nuova ottica: se in un primo tempo ho dato per scontate l’aggiunta, l’addizione, l’amplificatio e di conseguenza la ripetizione quale procedura a monte della realizzazione dei costrutti-eco, in un secondo momento è stata l’omissione, la sottrazione, la soppressione, la detractio a rivestire il ruolo processuale più pertinente. Come vedremo oltre, non sarà dunque la duplicità dell’elemento (o degli elementi) in A essenziale, ai fini della funzionalità di tale costrutto, bensì la singolarità di B: infatti le due frasi, originariamente paratattiche, A - B e B - C, le quali differiscono l’una dall’altra esclusivamente per la distribuzione dei loro elementi, vanno poi ad accoppiarsi in un unico periodo (cioè in una frase complessa: A - B - C), senz’altro interessante oggetto di studio in ottica fonotattica e pragmatica. <?page no="38"?> 1 Traduzione letterale di costrutto in Sansoni/ Macchi 1987, 248; tale designazione mi appare la più adatta in relazione ad una combinazione sintattica di frasi, cioè ad un periodo e per lo più nella lingua parlata. 2. Constructio apo koinou: dalle forme storico-letterarie alle forme contemporanee del parlato spontaneo Nel corso del primo capitolo abbiamo potuto constatare la pertinenza delle ‘costruzioni zeugmatiche’ (derivanti dal processo di detractio), e della costruzione apo-koinou, riguardo alle caratteristiche primarie dei costruttieco: oggetto della nostra analisi linguistica. In questo secondo capitolo, sulla base dei lavori specifici svolti sulle costruzioni apo-koinou, ci confronteremo con due realizzazioni mediali differenti: forme della lingua scritta e forme della lingua parlata. È infatti risaputo che, come ben dice Karg (1925), la lingua scritta e quella parlata non differiscono tra loro esclusivamente nella scelta di tipo lessicale, bensì anche per quanto concerne i rapporti sintattici: il parlato fa uso di costrutti (“Fügungen” Karg 1925, 1-2) 1 , che nella realizzazione scritta non sono accettabili (Karg usa l’aggettivo prescrittivo “permessi”) e, al contrario, nella realizzazione scritta si constatano forme frasali, che non possono venir usate nella lingua orale, senza che ne derivi un non so che di inusuale, molesto, quasi fastidioso. Zu den syntaktischen Gebilden, die heutzutage nur der Umgangssprache eigen sind, gehört die constructio apo koinou. Bei einiger Aufmerksamkeit wird man im Gespräch täglich und stündlich Fügungen dieser Art bemerken, doch dürfte es schwer sein, sie in der Literatur der Gegenwart zu finden. Dass dies nicht zu allen Zeiten so gewesen ist, lehrt ein Blick auf das Mhd., wo uns die Konstruktion als literarisch durchaus erlaubt entgegentritt. (Karg 1925, 1-2) Per quanto concerne la lingua scritta, la maggior parte dei lavori più specifici furono svolti nella prima metà del secolo scorso ed ebbero per oggetto forme storico-letterarie, o meglio poetiche e poemiche; per quanto riguarda invece il parlato moderno, vedremo che le analisi linguistiche a riguardo sono state effettuate a partire dagli Anni Settanta, da quando la linguistica si è volta con grande interesse alle ricerche sul parlato e ha analizzato corpora trascritti ed elicitati da registrazioni dal vivo. <?page no="39"?> 21 Constructio apo koinou Metzler ci offre un riassunto delle caratteristiche strutturali della costruzione apo-koinou come segue: (griech. “schema apokoinou” oder lateinisch “constructio apokoinou” ‘vom Gemeinsamen’) Rhetorische Figur, bei der in zwei topolog. benachbarten Sätzen (oder Syntagmen) ein Satzglied (oder Teilsyntagma) nur einmal realisiert wird. Es steht i.d.R. an der Kontaktstelle der beiden Sätze (oder Syntagmen). (Metzler 2000, 51) Ciò che appare interessante è il fatto che egli sottolinei anche la difficoltà di delimitare le vere e proprie costruzioni apo-koinou, da quelle ad esse simili. Per quanto riguarda le costruzioni della poesia antica e medio alto tedesca non avremmo a che fare con un costrutto apo-koinou vero e proprio, bensì con uno zeugma: ciò ci esula pertanto dal prendere in considerazione tali casi. È tuttavia importante tener presente la lunga disputa che avvenne fra i linguisti, che nel secolo scorso si dedicarono al tentativo di definire, con massima precisione sintattica, i confini demarcativi tra le costruzioni apokoinou vere e proprie e le costruzioni ad esse soltanto simili. I criteri di categorizzazione posti, furono: la presenza o l’assenza di una pausa prima e/ o dopo l’elemento centrale, la completezza delle due rispettive frasi A - B e B - C e, soltanto nel caso di Lachmann (1965) e Haupt (1871), la rilevanza delle categorie grammaticali rivestite da B. Tali risultati vengono schematizzati al massimo all’interno della tavola sinottica (Figura 1) riportata nella pagina seguente. <?page no="40"?> 22 Constructio apo koinou 2 Per bibliografia vedi Lachmann (1965). 3 Per bibliografia vedi Paul (1920 e 1975). Costruzioni - apo koinou Lachmann (1793-1851) 2 Haupt (1871) apo koinou: pausa prima koinon koinon NP: nominativo o accusativo A e C = ; o non = dopo scioglimento: 2 frasi complete o non Paul (1876) 3 Behaghel (1928) apo koinou: pausa prima e dopo koinon nessuna distinzione fra apo koinou e costruzioni simili Delbrück (1921-22) netta distinzione fra apo koinou e costruzioni simili Karg (1925) apo koinou: pausa prima koinon costruzioni simili: pausa dopo koinon Minis (1952) apo koinou: pausa dopo koinon pausa prima soltanto se B è Nuovo Gärtner (1969) apo koinou: pausa prima koinon Figura 1 2.1 Forme dell’apo koinou nel parlato spontaneo La costruzione apo koinou, quale originaria struttura sintattica dei costruttieco del nostro parlato spontaneo, è stata presa in considerazione ed analizzata, in un primo tempo, e cioè dal medioevo fino alla metà del secolo scorso, esclusivamente in base a lavori di letteratura tramandatici per iscritto; lavori in prevalenza del genere letterario poetico-epico. Tali studi sono stati di grande rilievo per i seguenti motivi: a) Innanzitutto essi hanno rilevato l’applicazione di questa figura retorica, a sua volta già classificata con più o meno sistematicità in manuali di retorica classica, all’interno di una precisa ‘tradizione discorsiva’ (Diskurstradition). b) Inoltre, essi hanno operato un lavoro di tentativo di definizione, di descrizione e perciò di delimitazione da altre strutture sintattiche ad esse soltanto simili, sulla base di osservazioni e approcci d’ordine fonologico-prosodico (pause) e sintattico (p. es. paratassi, ipotassi ecc…). <?page no="41"?> 23 Forme dell’apo koinou nel parlato spontaneo c) Oltre a ciò hanno preso in considerazione la pertinenza della questione diamesico-variazionale, anche se il cambiamento linguistico è stato limitato ad un approccio di tipo filogenetico della costruzione stessa e non tanto dell’uso in corso. Con le parole di Enkvist 1988, mi accingo ora a sottolineare la differenza di tipo analitico del compito che mi prefiggo di svolgere nelle prossime pagine: In this paper I shall try to describe, not the ideal norm that people use when steering their linguistic behaviour, but one detail of what they actually do in speech (as well as writing, though here my data come from speech alone). Those who believe in distinctions between competence and performance might therefore like to classify my essay as a contribution to performance linguistics. (Enkvist 1988, 315) 2.1.1 Rassegna dei lavori svolti sulle costruzioni apo koinou applicati a corpora di parlato spontaneo. Abbiamo visto come nella critica letteraria tedesca, l’apo koinou sia stato oggetto di molteplici studi, finalizzati in primo luogo a delinearne le caratteristiche discriminanti nei confronti di altre costruzioni affini: tendenza di analisi che possiamo constatare anche nei lavori applicati a materiale uditivo del parlato spontaneo e perciò più recenti. Nel lavoro di Koch/ Oesterreicher del 1990 dove l’anacoluto viene definito in relazione a fenomeni di “Planänderung” e di “Korrektur”, leggiamo: […] überall dort, wo eine Planänderung durch Korrektur nicht innerhalb eines Wortes erfolgt, entsteht ein syntaktischer Anakoluth, also ein Bruch in der Konstruktion […]. (Koch/ Oesterreicher 1990, 85) Ein Sonderfall des Anakoluths liegt dort vor, wo die Planänderung nicht durch Korrektur erfolgt, sondern wo eine bestimmte Konstruktion fließend in eine andere überführt wird […]. (Koch/ Oesterreicher 1990, 85) Eine Form der Planänderung, bei der nicht eigentlich die Konstruktion, sondern nur die lineare Abfolge von Konstituenten im Satz betroffen ist, stellt der Nachtrag dar […]. (Koch/ Oesterreicher 1990, 85) Ci viene perciò suggerito di considerare l’anacoluto come ampia concezione di costruzioni genericamente realizzate per necessità o ripiego e non ben formate sintatticamente, o comunque non secondo la norma gramma- <?page no="42"?> 24 Constructio apo koinou 4 Caso del verbo-eco, per esempio: a proposito vedi Dovicchi-Heintzen 2004. 5 Su spontane Sprache e Alltagsrede cfr. Sandig 1973, 38 e Sabban/ Schmitt 1994. ticale. In questo modo viene da pensare ad un ‘cestino di rifiuti’, come suggerisce Scheutz (2005, 104): ‘anakolutha’ - nothing more than a ‘catch-all-category’ into which everything that doesn’t conform to the syntactical-grammatical norm of the written language is thrown without any serious attempt at an adequate description. (Scheutz 2005, 104) Teniamo comunque presente che abbiamo a che fare con una categoria enormemente ampia, che contiene a sua volta una categoria più definita, quella delle eccezioni, dove la costruzione è fließend: tali casi, saranno, di conseguenza, ben formati? La ‘buona formazione’ può davvero essere un criterio di categorizzazione? Riguardo poi alle costruzioni con “Nachtrag”, definite tali per distribuzione marcata (e nel nostro caso specifico quelle dove la sequenza B C è marcata), va considerato che nel parlato la distribuzione degli elementi della frase differisce da quella dello scritto, come ben rammenta Zimmermann (1965, 26). Egli sottolinea con una rappresentazione schematica molto chiara, come il ‘susseguirsi mentale’ di tema / rema, si tramuti poi nella prassi del discorso in rema / tema: il nuovo, perciò, prima del dato, che sarebbe peraltro contrario alla disposizione prevista dal ‘principio progressivo del nuovo’. Inoltre va considerato, che si tratta appositamente di parlato spontaneo, per mettere in evidenza la carenza di pianificazione del discorso: in questo caso sembra fuori luogo anche parlare di “Planänderung”; piuttosto sembrerebbe più opportuno parlare di strutture sintattiche talmente cristallizzate 4 da non necessitare di essere precedentemente pianificate. 2.1.1.1 Barbara Sandig (1973) Come già Karg, Sandig ha fatto notare che forme di apo koinou si presentano anche nella lingua parlata moderna; ella annovera tali forme fra i “normativ diskriminierten syntaktischen Mustern”: modelli, secondo la linguistica, che nel corso dello sviluppo storico sono poi diventati obsoleti, disusati, ma che esistono ancora nel parlato meno curato e meno pianificato, quello che definiamo comunemente spontaneo 5 . In questo lavoro vengono prese in considerazione sia costruzioni apo koinou, che altre forme di anacoluto ed Herausstellungsstrukturen: l’approccio della linguista non è infatti espressamente mirato all’analisi <?page no="43"?> 25 Forme dell’apo koinou nel parlato spontaneo 6 Cfr. Beccaria 1996, 560. 7 Cfr. Stark 1997. Da notare che gli esempi di Sandig 1973 mostrano sempre una ripresa pronominale. sistematica delle strutture sintattiche di per sé, bensì alla presunta o concessa grammaticalità di costrutti marcati del parlato, nei confronti del lecito, nell’ambito della normatività ed alla “historische Kontinuität” al di là della “Ignorierung oder Rügung durch die Grammatiken”: l’ignorare, il biasimare e il disapprovare delle grammatiche sembra proprio della continuità storica di certi fenomeni linguistici (Sandig 1973, 37). L’oggetto di analisi di Sandig (1973) consiste pertanto in alcuni modelli sintattici (fra i quali la costruzione apo koinou) che mancano del tutto nelle grammatiche moderne o che vengono menzionate tra le strutture marcate in quanto devianti dalle norme prescrittive; ella si sofferma principalmente su due punti salienti: considerare le possibilità descrittive in campo grammaticale (Sandig 1973, 38ss.) e mostrare come tali strutture si siano mantenute nel tempo, nonostante siano estranee ai manuali di grammatica e sintassi (Sandig 1973, 48ss.). Riguardo al primo punto (la discussione formale sui modelli strutturali sintattici) Sandig (1973) si esprime su quelle strutture sintattiche della lingua parlata, che nella lingua scritta venivano definite dalla retorica classica come pleonasmi (casi di sovrabbondanza, pertanto) 6 . Gli esempi qui apportati consistono in Herausstellungsstrukturen (Sandig 1973, 38ss.) 7 , in anacoluti (Sandig 1973, 45ss.) e nella costruzione che lei stessa definisce “ein besonderer Fall von Anakoluth, die apokoinu-Konstruktion […] die ebenfalls sowohl in mittelalterlichen Texten wie auch in der heutigen gesprochenen Sprache vorkommt” (Sandig 1973, 46). Diversi sono i punti che meritano la nostra attenzione: la funzione focussante dell’intonazione nelle Herausstellungsstrukturen, non tanto in qualità di funzione discorsiva esplicabile in termini di tema / rema, bensì in relazione alla teoria di Bühler (1965, 28ss.), perciò alle funzioni di “Ausdruck” e “Appell”; l’applicazione degli anacoluti in qualità di “Stilmittel” (Sandig 1973, 45), quella delle costruzioni apokoinou nei testi medioevali come nel parlato contemporaneo (Sandig 1973, 46) e naturalmente il sollevamento della questione se sia possibile sostenere contemporaneamente la grammaticalità di forme scritte e l’agrammaticalità delle stesse identiche forme nell’orale (Sandig 1973, 47). Per quanto riguarda la diretta dipendenza da uno stesso modello sintattico non vengono espressi dubbi; pertanto viene sottolineato che le differenze grammaticali delle forme orali “bilden damit einen eigenen Funktionalstil […]. Es sind automatisierte <?page no="44"?> 26 Constructio apo koinou 8 Come giustamente afferma Krefeld (2002, 7): “Questa tradizione (ottocentesca) di ricerca conosce […] un orizzonte tematico limitato (che focalizza innanzitutto la fonetica, la parte del lessico contagiata dal folclorismo e la morfologia ed esclude più o meno la sintassi e la pragmatica) [….]” (il corsivo è mio). Muster” (Sandig 1973, 48-49) che, proprio grazie alle loro caratteristiche di sintassi semplificata, di forte ritmicità e ripetitività, si verificano particolarmente adatte a realizzare, ‘gli ardui compiti’ direi, dell’interazione verbale. Vada aggiunto che la scelta degli esempi apportati da Sandig quali costruzioni apo koinou, viene criticata sia da Scheutz (1992, 251) che da Weiss (1975, 154-155); secondo quest’ultimo, le costruzioni in oggetto, non consisterebbero nel raddoppiamento di un sintagma e in due frasi, bensì di una sola frase e andrebbero pertanto classificate come ellissi. Interessante appare peraltro l’interesse di Sandig per la questione variazionale: Außer der stilistischen Eigenart dieser Sprache ist es […] wichtig, dass die Träger dieser Sprache Ritter waren, meist aus niedrigem Adel aufstrebende Ministerialen […]. Sie waren Laien und dadurch nicht am Latein geschult […]. (Sandig 1973, 49) Sandig (1973, 50) presume che le strutture sintattiche in questione fossero già diffuse nel parlato medioevale e che facessero parte delle espressioni della “Standardsprache der Ritter”. Syntaktische Mundarteigenarten sind weniger auffällig als lexikalische, phonologische oder morphologische. Sie werden auch nicht als Mundarteigentümlichkeiten gemieden. Die Syntax dürfte also bei der Ausbildung der mhd. Literatursprache weit weniger berührt sein als die anderen Bereiche der Grammatik. (Sandig 1973, 50) 8 Per riassumere e concludere brevemente: l’articolo di Sandig (1973) costituisce l’ideale ponte fra gli studi antecedenti, limitati all’analisi applicata esclusivamente a corpora di lingua scritta, e quelli successivi, applicati esclusivamente a corpora di lingua orale. Ella rivela, nella sua esplicazione con argomentazioni e teorie di tipo tradizionale - come quelle della teoria linguistica di Bühler (1965 [ 1 1934]) e del presunto uso di tali forme nella lingua parlata medioevale - il processo d’evoluzione in ricerca linguistica: da un modus del tutto tradizionale, oserei dire ancora ottocentesco, ad uno più flessibile e moderno, del quale potremo constatarne l’applicazione agli studi più oltre. <?page no="45"?> 27 Forme dell’apo koinou nel parlato spontaneo 9 Constatiamo due termini usati in alternanza per il sintagma B: koinon e koinou; se non è citazione adotto il termine koinon. 10 Notiamo che in questo caso si tratta di due proposizioni. 2.1.1.2 Werner Schröder (1985) Una diecina d’anni dopo appare questo articolo di Schröder (1985) svolto espressamente sulle costruzioni apo koinou nella poesia medioevale tedesca. Sebbene l’oggetto sia nuovamente lo scritto, addirittura il genere letterario epico antico, e di primo acchito possa sembrare che si effettui un passo all’indietro nella linea di sviluppo tracciata, dobbiamo riconoscere a tale contributo una caratteristica d’analisi grammaticale molto sistematica, che lo rende per così dire ‘moderno’ nella sua realizzazione. Dopo un breve e schematico riassunto dei lavori antecedenti più significativi sull’apokoinou e il ribadire “die metrisch-syntaktische Pause vor dem koinou” 9 (Schröder 1985, 264) quale conditio sine qua non per un differenziamento dall’asindeto, Schröder passa ad analizzare in maniera del tutto sistematica il koinou, nelle diverse funzioni grammaticali che può rivestire: nominativo (Schröder 1985, 265ss.), accusativo (Schröder 1985, 270), cambiamento della funzione grammaticale, perciò del caso, sia che esso appartenga alla prima o alla seconda frase, cioè nei ruoli di B in AB o in BC (Schröder 1985, 270ss.), in ruolo avverbiale, in ruolo verbale e in forma frasale (Schröder 1985, 272-273). Con il lavoro di Schröder si conclude la serie di lavori che si limitano ad un’ottica e ad una interpretazione delle costruzioni apo koinou in testi scritti “vorwiegend aus philologisch-textkritischem Interesse” (Scheutz 1992, 246). 2.1.1.3 Dorothea Franck (1985) È nel lavoro di Dorothea Franck (1985) che vediamo prendere in considerazione le costruzioni apokoinou del parlato spontaneo sotto il nome di double-bind sentence structures in un’ottica d’analisi puramente linguistica, sia descrittiva che funzionale. Nel suo lavoro non viene mai usato il termine apo koinou; ella denomina invece “Janus head” quelle costruzioni del tipo : (2) das war also im Jahre 1907 bin ich geboren perché dal punto di vista funzionale rispondono a due domande diverse in un unico enunciato (Franck 1985, 240) 10 . L’introduzione della Franck al suo articolo, redatto riguardo a strutture del tutto simili a quella che noi consideriamo una costruzione apo koinou, ci fornisce il materiale di studio necessario per intraprendere il cambia- <?page no="46"?> 28 Constructio apo koinou 11 Vedi Scheutz 2005 per l’aspetto linguistico e Dogil/ Braun 1988 per quello psicolinguistico. 12 Anche qui un rimando al processo interpretativo esplicato nel titolo di questa tesi: ‘da ripetizione a cardinalità’. mento sostanziale nell’ambito della nostra analisi: da materiale linguistico scritto, passiamo ora ad esaminare un materiale linguistico auditivo. Franck sottolinea il passaggio dell’interesse e dell’apertura delle ricerche linguistiche su materiale orale e descrive le costruzioni, da lei denominate “double-bind”, come segue: In the sentences above, we can distinguish three parts: A, B, and C, which in the examples are separated by slashes. The central part B is syntactically related both to A and to C, while, in view of its syntactic nature, B can occur in only one of these relatives at a time. Both A-B and B-C would be grammatically correct sentences, while A-B-C is not (by normal standards), B is structurally the most interesting part: it is the turning point where the sentence starts to continue ‘on a different track’. During the production/ reception of this utterance, B is at first heard as a regular continuation of A, i.e. as a second part of the construction A-B; but then after C is uttered, B is understood as a first part of the construction B-C. Since B is both connected to A and C, whereas the ‘alliance’ with A grammatically and logically excludes the alliance with C and vice versa. I will call these constructions double bind structures. (Franck 1985, 235; il corsivo è mio) Franck introduce per prima l’interpretazione del sintagma B quale turning point dell’enunciato, una concezione rappresentativa che dobbiamo tener presente già da adesso e che riprenderemo più avanti nello sviluppo teorico di questo lavoro. 11 Da menzionare, anche le due possibilità di interpretazione 12 che Franck mette in luce delle ripetizioni in genere, interpretate strutturalmente in due maniere differenti: […] either as an accidental cooccurrence of two phonemically (more or less) identical elements in different syntagmatic positions, […] or as a figure of speech in its own right, where one and the same syntactic category is assigned to the repeated element. Such repetitions are then further interpreted on another level, e.g. as poetic, rhetorical, psychological, or conversational devices with specific functions and effects. (Franck 1985, 235-236) Come già premesso inizialmente, Franck (1985) considera inoltre un tipo di costrutti molto simili per quanto concerne l’intonazione e le funzioni, ma differente per quanto riguarda la disposizione degli elementi presenti nei due sintagmi: la topologia dell’ordine delle parole nella periferia finale è infatti invertita rispetto a quella dalla periferia iniziale, e vice versa: <?page no="47"?> 29 Forme dell’apo koinou nel parlato spontaneo The other basic type of double bind sentences I call ‘mirror image construction’, a type of sentence which is particularly frequent and sounds quite ‘normal’ in spoken language. It is a symmetrical construction with B as its axis, where A and C are literally or at least semantically identical. C often appears in inverted word order in Dutch and German, which underlines the symmetry of the construction: Ich sag / zuerst / sag ich überhaupt nichts (Franck 1985, 237-238) E riguardo alla frequenza di tali costrutti, Franck aggiunge: Mirror constructions are so common in spoken language that they can be considered as an integral part of informal spoken language. (Franck 1985, 238) Per riassumere brevemente quindi potremmo dire che, ella: a) differenzia l’occorrenza accidentale degli enunciati spontanei dalle figure stilistiche retoriche operando una divergente categorizzazione in base ai due criteri pragmatici: uso e tradizioni discorsive b) opera una differenziazione sintattica sul criterio del ruolo grammaticale rivestito dal componente B e dal significato che di conseguenza B ottiene all’interno delle strutture double bind c) aggiunge al tipo classico di costrutto-eco A B A’ anche i costrutti con la particolarità dell’inversione degli elementi delle periferie, del tipo: (3) io abito a Holzkirchen abito io [Carmelo I., 00: 22: 25] Un’interessante questione di natura psicolinguistica viene sollevata da Franck (1985) riguardo all’interpretazione dell’enunciato in qualità di realizzazione nel flusso del tempo. Invece di considerare le frasi quali prodotti finiti di un atto linguistico e perciò analizzarle nella prospettiva di un post factum, ella propone di considerarle veri e propri processi, che vengono realizzati nel tempo. Per meglio esplicare la verità di questa interpretazione, Franck apporta un semplice esempio di natura didattica e sostiene che, in qualità di partecipanti ad una conversazione orale, non si possa procedere come nel fare le traduzioni scritte di latino e cioè, prima di tradurre una frase, osservare il periodo seguente e “muoversi” avanti e indietro nel testo, fino ad ottenere il mosaico necessario e completo della struttura sintattica: In interactive oral language use, we have to perform two tasks at the same time: determine the extent of the current clause or sentence in order to know what belongs to the unit currently under construction, and at the same time analyze <?page no="48"?> 30 Constructio apo koinou 13 Vedi Franck 1985, 243-244. the structure and the meaning of the current unit. (Of course, the first task can only be carried out with the help of the second and vice versa). While this procedure is full of problems for the hearer, requiring guesses and premature classification, it also can be put to uses of its own in intricate and elegant ways, as in the case of double bind structures. (Franck 1985, 239) Riguardo ai processi di valutazione e di interpretazione riservati all’ascoltatore, va aggiunto che anche la realizzazione da parte dell’emittente può essere considerata un processo e che per questo motivo la ripetizione, o meglio l’aggiunta di una occorrenza, possono senz’altro essere considerate veri e propri processi nel loro divenire. Un altro punto saliente riguarda naturalmente le funzioni da assegnare a tali costrutti; Franck annovera, fra le funzioni contestuali, l’economicità, l’instaurazione di coerenza e la riparazione. Perché ciò possa avvenire, cioè perché sia possibile usare tali strutture sintattiche con tali funzioni, esse devono mostrare le seguenti caratteristiche: a) la possibilità di mettere in evidenza, prima che la frase venga conclusa, che alla sua completezza mancano degli elementi; cioè la capacità di proiettare il punto conclusivo della frase ad un secondo momento. Ciò può avvenire grazie al fatto di ordinare le strutture della frase, nel corso lineare della sua realizzazione, in maniera gerarchica b) la “nicht-Begrenztheit” della struttura frasale; questa peculiarità della frase, di poter essere estesa senza limiti, rendendo impossibile prevederne il punto di chiusura, la caratterizzerebbe nella sua estendibilità e flessibilità (Franck 1985, 240). La conclusione sottolinea alcune osservazioni metodologiche: 13 a) l’inserimento della dimensione del tempo, come possibilità di relativizzare e mettere in evidenza la molteplicità del processo di interpretazione b) ciò che può essere veduto come un errore o un difetto dell’espressione linguistica, può invece apparire, dopo più attenta osservazione, un elegante mezzo per il superamento di contraddizioni e complessità con le quali il parlante si trova confrontato in specifici contesti c) il ‘caos della sintassi della conversazione’ potrebbe essere intesa dai linguisti, abituati a confrontarsi con materiali linguistici ordinati e <?page no="49"?> 31 Forme dell’apo koinou nel parlato spontaneo ripuliti, come un inconveniente; in effetti sono proprio tali caratteristiche a donare la necessaria flessibilità ad un mezzo d’espressione linguistica che deve innanzitutto rispondere pienamente alle naturali esigenze conversazionali (Franck 1985, 243-244). 2.1.1.4 Nils Erik Enkvist (1988) Enkvist (1988) premette, nel suo contributo The True Anakolutha, che l’oggetto della sua analisi sia in effetti un “detail”, un dettaglio dell’attualizzazione di comportamento linguistico, scostandosi perciò da quella che è da considerarsi l’ideale forma normativa. In accordo con Gärtner (1969, 138), il quale affermava che tali costruzioni del parlato dovrebbero essere annoverate fra i veri e propri anacoluti, Enkvist (1988), nel proprio lavoro, da lui stesso definito appartenente alla performance, riporta innanzitutto la concezione più comune che si ha di anacoluto: Anacolutha have often been regarded as one instance of performance gone away. They have been grouped together with hesitation and correction phenomena as instances of human frailty. (Enkvist 1988, 315) Giustamente egli fa notare che il termine anacoluto è stato usato dai linguisti sia in senso lato che in senso molto specifico, per denominare strutture sintattiche (devianti da quelle ben formate), che vengono invece percepite come fenomeni di rallentamento, di esitazione e di correzione; tale considerazione viene presentata da Enkvist (1988) in un’ottica di piena coscienza funzionale, in quanto l’uso di tali forme non è da ritenersi erroneo nei confronti della grammatica normativa, bensì alla stregua di una strategia, dettata da una vera e propria necessità comunicativa. Le suddette forme, nella loro caratteristica di passare inosservate, danno infatti modo all’ascoltatore di usufruire di più tempo per interpretare, per capire, per cogliere in maniera appropriata l’informazione trasmessagli. Enkvist sottolinea dunque ripetutamente la necessità di ricorrere ad anacoluti, quali mezzi strategici necessari ed efficacissimi per la completa riuscita della comunicazione nell’uso del linguaggio spontaneo non pianificato. La sua analisi linguistica verte pertanto su quelle strutture, che da lui stesso vengono classificate come ‘veri e propri anacoluti’: A ‘true anacoluthon’ is definable as a blend of two overlapping structures, as in: I have been (for the last year) I have been doing that thing. (Enkvist 1988, 316) <?page no="50"?> 32 Constructio apo koinou 14 Questa terminologia viene ripresa e mantenuta da Scheutz (2005) e verrà adottata anche nel corso di questo lavoro. 15 Vedi Enkvist 1988, 317-318. Un vero anacoluto consiste pertanto in due parti, ciascuna delle quali è sintatticamente corretta per se stessa e si qualifica quale tipo di structure shift in quei casi nei quali la struttura iniziale (nell’esempio dato I have been for the last year) rimane incompleta. La struttura finale invece (nell’esempio for the last year I have been doing that thing) può essere sia completa che incompleta. Inoltre si può definire il centro di un vero anacoluto, (nell’esempio dato: for the last year) in qualità di stringa sovrapposta, condivisa da entrambe le costruzioni, quella iniziale e quella finale. La stringa iniziale, prosegue Enkvist (1988), è corretta fino alla seconda parentesi, cioè alla parentesi di chiusura, mentre la struttura finale è corretta a partire dalla prima parentesi, cioè dalla parentesi d’apertura. Rifacendosi a lavori svolti sull’anacoluto in svedese, Enkvist (1988) nomina le parti del costrutto rispettivamente: il centro del costrutto (B), la periferia iniziale la parte che lo precede (A) e la parte che lo segue la periferia finale (C). 14 La definizione di tale costrutto può essere data quale processo grammaticale, per il quale vigono le tre seguenti regole: (i) produci una struttura iniziale che consista in una stringa A + B ben formata, completa o incompleta (ii) sintatticamente ignora A (il quale fornisce tuttavia un contributo al significato semantico nella sua totalità e all’informazione pragmatica discorsiva, soprattutto se non viene più ripetuto o parafrasato) (iii) produci un elemento o una stringa C che fa di B + C una stringa ben formata (Enkvist 1988, 317). In un simile contesto, con ‘ben formato’, sottolinea Enkvist, si intende ‘accettato’ nel normale parlato spontaneo, con tutti i suoi fenomeni caratteristici, comprese le esitazioni, le correzioni e i miglioramenti, e non in termini di ‘ben formato’ sulla base di criteri appropriati ad altri tipi di comunicazione e testi, come quelli letterari scritti. 15 Gli anacoluti creano pertanto una possibilità per il parlante, di cambiare opinione, di cambiare strutture, forse più inconsciamente che consciamente. L’anacoluto è in ogni caso il più discreto slittamento strutturale linguistico, quello che passa più di ogni altro inosservato: esso permette di realizzare la rottura frasale in maniera del tutto discreta, quasi impercetti- <?page no="51"?> 33 Forme dell’apo koinou nel parlato spontaneo bile e supera la discrepanza dei significati delle interpretazioni del centro; un centro che viene conteso fra la struttura iniziale e quella finale. In questo modo l’anacoluto aiuta, o meglio ‘abbellisce’ la rottura della continuità sintattica fra le due strutture, quella iniziale e quella finale. Gli anacoluti sono dunque soluzioni economiche, in quanto fanno uso dello stesso centro in due differenti strutture. In chiusura, Enkvist (1988, 323) sottolinea nuovamente che, nonostante tali strutture siano stigmatizzate nella lingua scritta e nelle grammatiche normative, si debba peraltro riconoscere che gli anacoluti provvedono a rendere possibile un veloce e liscio cambiamento di strutture sintattiche, che nella maggior parte dei casi resta inavvertito ed impercettibile. 2.1.1.5 Hannes Scheutz (1992/ 2005) Nel suo lavoro del 1992, Scheutz (oltre ad avere il grande merito di effettuare un accurato lavoro riassuntivo e chiarificatore delle particolareggiate differenze all’interno delle costruzioni denominate apo koinou) mette in luce alcune caratteristiche strutturali del parlato spontaneo, grazie ad un grande corpus di tedesco parlato, “hauptsächlich dialektaler (mittelbayerischer) Alltagssprache” (Scheutz 1992, 248), dal quale sono state elicitate circa 200 costruzioni. Scheutz, che era naturalmente a conoscenza di tutti i lavori precedenti, definisce tale costruzione sulle orme di Franck (1985) ed Enkvist (1988) come segue: Diese Konstruktion ist grundsätzlich durch drei unmittelbar aufeinanderfolgende Teile gekennzeichnet, wobei sowohl A-B als auch B-C, nicht jedoch A- B-C eine syntaktische wohlgeformte Kette bilden, vgl.: des is was furchtbares is des er hat ihm millimeterweis hat er ihm einigstochn Das Zentrum dieser Konstruktion bildet das eigentliche Koinon, das sowohl mit der linken als auch mit der rechten Peripherie verbunden ist; die Verbindung mit der rechten Peripherie (B-C) ergibt jeweils ein vollständiges Satzsyntagma, wogegen die linksperiphere Verbindung (A-B) häufig unvollständig bleibt: da is er auf alle Viere is er vornhingekrabbelt auf ihrn Kirchstuhl (Scheutz 1992, 248) Con lo scopo di avvalorare o invalidare per quanto concerne la lingua parlata spontanea, le caratteristiche della costruzione apokoinou delle opere letterarie antiche tedesche, Scheutz si sofferma principalmente sull’elaborazione del lavoro di Sandig (1973) e constata che alcuni esempi da lei riportati quali esempi di apokoinou, non possono in alcun modo <?page no="52"?> 34 Constructio apo koinou 16 A tale proposito vedi anche Dogil/ Braun 1988. 17 Vedi “Drehsätze” Rath (1979, 224): “Die Drehsätze sind Anakoluthformen mit speziellen Wiederholungen. An bestimmten Ablaufstellen der Kommunikation, vor allem in längeren Äußerungen, in denen Gedächtnisbeschränkungen besonders relevant werden können, treten Drehsätze auf”. essere classificati come tali. Scheutz ritiene infatti che la conditio sine qua non per annoverare un anacoluto fra le costruzioni apokoinou, sia che almeno la periferia destra, insieme con il koinon formi una frase di senso compiuto. Nelle forme storico-letterarie si può constatare che A - B, come anche B - C formano sempre una frase con senso compiuto, mentre, secondo Scheutz (1992), nel parlato spontaneo moderno tedesco la combinazione A - B mostra spesso una frase incompleta, in sospeso. Proprio tale differenza segnerebbe la delimitazione fra le costruzioni apo koinou nelle sue forme letterarie e quelle del parlato spontaneo. L’ultimo e recentissimo contributo di Scheutz su tale tema, risale all’anno 2005 e porta il titolo di Pivot constructions in spoken German. Per quanto concerne la dicitura Pivot sembra egli si rifaccia a Schegloff (1979), 16 (Scheutz 1992, 258), sostituendo con questo terminus technicus, che in effetti è d’applicazione più in ambito psicolinguistico che in ambito sintattico, quello di “Gelenkskonstituente”, già usato nel suo precedente lavoro (Scheutz 1992, 243) 17 ed intende comunque l’elemento, o la catena di elementi presenti in B. Il tema tratta specificatamente del contrasto tra l’integrazione e la rottura sintattica, cioè tra quella che è la vera e propria costruzione apo koinou e l’anacoluto in senso lato: ne derivano ‘costruzioni-pivot’ nel parlato tedesco. Per quanto concerne la caratteristica formale di tali costruzioni Scheutz (2005) considera tre tipi di costruzioni: la costruzione a specchio vera e propria, quella meno integrata, e quella modificata. All’interno della loro analisi prende in considerazione le caratteristiche della periferia iniziale, di quella finale e dell’elemento Pivot. Inoltre mette in luce gli aspetti funzionali ed interattivi delle costruzioni-pivot: la strategia di focussazione, con il porzionamento dell’informazione, il mezzo per ri-instaurare la coesione e la coerenza del discorso e la procedura di correzione e riparazione (correzione dell’elemento Pivot e/ o della periferia). <?page no="53"?> 35 Sommario 2.2 Sommario Nel presente capitolo abbiamo preso in considerazione i più significativi lavori sulla costruzione apo koinou, assumendo che, per le sue sommarie caratteristiche sintattiche, come già classificata dall’antica retorica greca, essa sia la costruzione sintattica base delle costruzioni-eco, da noi registrate nel parlato moderno spontaneo dell’italiano. I lavori svolti nella prima metà del secolo scorso, con applicazione alla letteratura tedesca antica, perciò con scopo di tipo critico-stilistico-letterario sono stati considerati esclusivamente per dimostrare, quale lunga e conflittuale serie di analisi sia stata realizzata a riguardo: il particolareggiato lavoro di approfondimento che ho effettuato su tali lavori è stato da me sintetizzato al massimo nella figura 1. Nella seconda parte del capitolo sono stati rilevati invece i lavori più recenti svolti su materiale orale di parlato tedesco e inglese, con un approccio puramente linguistico e di tipo prettamente descrittivo-sintatticofunzionale. La figura 2, riportata nella pagina seguente, è una proposta di rappresentazione schematica della categorizzazione del costrutto-eco all’interno della macrocategoria dei costrutti-Pivot e in rapporto alle altre microcategorie delle costruzioni fin qui prese in considerazione. Sono stati adottati i criteri sintattici seguenti: a) criterio della completezza della frase A - B (la completezza di B - C è data per scontata) b) criterio della presenza di una o due proposizioni. Lo schema contenente i diversi costrutti va dunque considerato come rappresentazione della macrocategoria Pivot, una categoria sintatticopragmatica, caratterizzata dalla peculiarità di una cardinalità di tipo sintattico-funzionale. <?page no="54"?> 36 Constructio apo koinou Costrutti-Pivot suddivisi in base alla completezza della frase A - B (la completezza di B - C è data per scontata) APOKOINOU (Umgangssprache) A - B incompleta APOKOINOU [zeugma] (Diskurstraditionen) A - B completa 2 proposizioni APOKOINOU COSTRUTTO-ECO (double-bind-construction) A - B completa 1 proposizione VERI ANACOLUTI (Umgangssprache) A - B incompleta APOKOINOU (Umgangssprache) Costruzione ‘a specchio’ A - B completa 1 proposizione Figura 2 Con l’intento di mettere in risalto le differenze linguistiche del costrutto apo koinou nei riguardi dell’anacoluto, Scheutz (1992) affermava: […] dies scheint mir der springende Punkt zu sein, an dem eine Unterscheidung von Anakoluth und Apokoinukonstruktionen anzusetzen hat: Während ein Anakoluth, verstanden als syntaktischer “Konstruktionsbruch” im weitesten Sinne, keine vorhersagbaren “regelhaften” Strukturen aufweist, sind Apokoinukonstruktionen im hohen Maße strukturiert. (Scheutz 1992, 252-253) E mi unisco, per quanto concerne il costrutto-eco, proprio a tale riconoscimento: cioè alla messa in risalto del suo alto grado di strutturazione. Ne deriva il fenomeno sintattico-prosodico, che nei prossimi capitoli verrà analizzato, con la metodologia schematizzata nella figura 3 qui di seguito: <?page no="55"?> 37 Sommario Quadro sinottico dei livelli di descrizione dell’oggetto Suddivisione del contenuto Livelli di descrizione del costrutto-eco Terzo capitolo grammaticale - sintattico semantico - referenziale Quarto capitolo sintattico: ordine elementi pragmatico - informativo Quinto capitolo prosodico - intonativo pragmatico: rilevanza informativa Sesto capitolo pragmatico - discorsivo funzionale - comunicativo Figura 3 Metodologia d’analisi: a) analisi grammaticale-sintattica, cioè l’osservazione e la descrizione delle relazioni di tipo sintattico, considerate principalmente in rapporto alle categorie grammaticali dei loro elementi e alla funzione sintattica da loro svolta nell’unità di appartenenza, con riferimento, dove necessario, di tipo semantico referenziale b) analisi puramente sintattica in base all’ordine delle parole nelle due frasi A - B e B - C, riguardo dunque alla marcatezza sintattica di esse, in relazione alla prominenza semantico-informativa a livello conversazionale; un’analisi di tipo pragmatico dunque, a livello di rilevanza dell’informazione veicolata dalla disposizione dei costituenti all’interno della frase e la conseguente suddivisione in Dato e Nuovo c) analisi prosodico-intonativa, con lo scopo di verificare se sia da confutare o confortare la localizzazione e l’elemento veicolante del Focus informativo d) analisi a livello pragmatico, ma di tipo ‘globale’, cioè a livello funzionale in quanto atto linguistico, realizzato nel contesto di una situazione e pertanto con precisi funzioni di tipo testuale-informativo, testualeinterattivo, metatestuale e testuale. <?page no="56"?> 1 Interlocutori: Carmelo / Francesca; per dati corpora vedi allegato. 3. Costrutto-eco: descrizione grammaticale Nei capitoli precedenti è venuta a delinearsi una classificazione preliminare del costrutto in questione: attraverso la secolare tradizione retorica, infatti, abbiamo potuto individuare la costruzione Apokoinou, quale ‘matrice’ sintattico-poetica del nostro costrutto. Di conseguenza abbiamo potuto scoprire altri studi indirizzati, anch’essi, all’analisi di costruzioni del parlato spontaneo, se pure in altre lingue storiche, e soprattutto in tedesco, che davano motivo di essere affiancati alle costruzioni-eco della lingua italiana. In questo capitolo mi accingo pertanto a prendere in analisi enunciati di parlato non pianificato, raccolto in interviste e dialoghi presentati nell’allegato ‘materiali’, dove emergono costruzioni-eco, scelte ed elicitate personalmente dopo un accurato ascolto 1 . Con lo scopo di rendere palese al lettore la realtà linguistica di tale costrutto, riporto, innanzitutto, un brevissimo passo dialogico condotto in ambiente e situazione del tutto informali, tratto da un corpus di parlato spontaneo face-to-face, dove tale costrutto occorre ben tre volte nell’arco di pochi secondi: 4. Registrazione - Corpus Carmelo, registrato in data 02.03.06 [00: 00: 20 / 00: 00: 21 / 00: 00: 24] 1 CAR se vuoi acqua? 2 FRA [io ho pensato ieri. hhogni. cliente che entra in quel ristora(h)nte: : : : [ride] 3 CAR [sì sì sì: ma: : : : ieri sera: : : : : 4 FRA [lo male(h)dicono [ride] gli ita(h)liani stasera. dic(ono) 5 CAR [ieri sera ci siamo divertiti ieri sera. (.) p(oi)poi ha ha gio(cat) poi: : : : / ,/ ha giocato pure bene ha giocato. molto molto molto: : : . è stato bello è stato. (.) è stato bello. grazie. 6 FRA lo credo. L’oggetto d’analisi del presente lavoro è dunque un’espressione della lingua parlata spontanea, in apparenza un’unica frase con doppia occorrenza lessicale o sintagmatica: una volta in apertura e una volta in chiusura di enunciato. <?page no="57"?> 39 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 2 Ometto ‘testo’, pur cosciente che si potrebbe essere tentati di considerare questa analisi, più che una analisi sintattica, piuttosto una analisi di tipo testuale, se accettiamo la defnizione di testo che ne dà Coseriu (1973, 6): “Ein Sprechakt oder eine Reihe von zusammenhängenden Sprechakten von einem Individuum in einer bestimmten Situation ist ein Text (gesprochen oder geschrieben)”. Cfr. Oesterreicher (1979, 249): “Wir haben den Text oder Diskurs abkürzend als konkretes Resultat der individuellen Applikation einer objektiven Langue bezeichnet; die Sprechtätigkeit vermittelt jeweils subjektiv-individuelle Ausdruckbedürfnisse mit vorgegebenen objektiven Mitteln und Verfahren der verschiedenen Ebenen von historischen Einzelsprachen: daraus resultiert der ‘Diskurs oder Text’”. Cfr. inoltre Schmidt (1973, 236, sub Oesterreicher 1979, 249): “Text [sei] jeder geäußerte sprachliche Bestandteil eines Kommunikationsaktes (im Rahmen eines kommunikativen Handlungsspiels), der thematisch orientiert ist und eine erkennbare kommunikative Funktion erfüllt”. 3 Vedi definizione di frase di Meillet 1937, 355: «[…] la phrase peut être définie: un ensemble d’articulations liées entre elles par des rapports grammaticaux et qui, ne dépendant grammaticalement d’aucun autre ensemble, se suffisent à elles-mêmes». Martinet (1988, 16) sottolinea che “De Saussure non avrebbe potuto non sottoscrivere la definizione più sopra, che ne dà uno dei suoi discepoli, Meillet, definizione che implica che la frase è effettivamente un sintagma costruito secondo forme regolari”. Cfr. De Saussure (1995, 172): «La phrase est le type par excellence du syntagme». 4 Per definizione del sintagma vedi: De Saussure 1995, 170 “Le syntagme se compose donc toujours de deux ou plusieurs unités consécutives” assolutamente inesauriente per la linguistica moderna, come ben sottolinea Martinet (1988, 98), il quale ne dà una definizione più completa: “l’insieme di unità significative più strettamente legate fra loro che col resto dell’enunciato, più, eventualmente, l’elemento che lega questo insieme al resto dell’enunciato”. E in quanto enunciato, cioè “sequenza che forma un segmento reale di discorso, prodotta in una determinata situazione comunicativa e determinata da due […] pause importanti” (Beccaria 1996, 268), sembra assumere, nella sua qualità di atto linguistico, il carattere di una dichiarazione, di un’affermazione. Come traccia pratico-sistematica di procedimento nell’ordine di dimensioni di elementi formali di analisi, mi ripropongo di seguire in linea di massima l’ordine dei livelli delle strutture grammaticali delle quali si occupa la sintassi, dalla più grande alla più piccola, e cioè dal periodo 2 , attraverso la frase 3 , fino al sintagma 4 . Per quanto riguarda la parola (livello d’analisi più della morfosintassi che della sintassi stessa), essa verrà presa in considerazione in rapporto alla categoria grammaticale che riveste ed inoltre alla sua combinazione con altre componenti sintagmatiche. Con la consapevole denominazione di periodo, quale grandezza di considerazione sintattica, si apre uno spazio di analisi transfrastica, che secondo la concezione più ristretta fa parte del settore della linguistica testuale, esentando dalla massima grandezza d’analisi sintattica che è la frase. Tenendo in considerazione che la sintassi del periodo fa parte in alcuni casi della vera e propria sintassi, in quanto insieme di norme gram- <?page no="58"?> 40 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 5 La questione, più che stilistica, sarà di tipo variazionale; questo aspetto verrà trattato più oltre, nel corso del settimo capitolo. 6 ” […] Siamo qui in un campo in cui ogni modificazione della curva melodica, per minima che sia, è in grado di produrre nell’ascoltatore un’interpretazione differente […]. Parlare di frase unica, in un caso del genere, ci metterebbe continuamente in imbarazzo, giacché non sapremmo dire fino a che punto deve scendere la curva melodica, perché ci si possa pronunziare per due frasi distinte” (Martinet 1988, 106). Qui Martinet, anche se in un caso del tutto diverso, sottolinea giustamente il peso che ha la curva intonativa nella percezione acustica e di conseguenza semantico-pragmatica di una frase. maticali che regolano la connessione di proposizioni e frasi (come per esempio nel caso della consecutio temporum), senza alcun riferimento a ciò che intendiamo stilistico, facoltativo, regolamentato da norme pragmaticostilistiche risalenti a tradizioni discorsive e testuali, nel caso delle costruzioni-eco avremo espressamente a che fare con una costruzione il cui aspetto stilistico è soltanto secondario 5 . Vedremo infatti, tra l’altro, come il costrutto-eco si realizzi soltanto all’interno di certe condizioni e che la sua costruzione, se effettuata senza tener conto di tali presupposti, conseguirà, contemporaneamente, una funzione del tutto diversa: non avremo più a che fare con un costrutto-eco, con la sua compatta curva intonativa che lo rende un tutt’uno 6 , e le cui funzioni sono ben delineate, bensì con una semplice ripetizione. Inizieremo con il considerare pertanto la frase o le frasi che compongono la costruzione in questione, nella loro globalità e nella loro connessione. A questo proposito ci si potrebbe chiedere se non sia il caso di parlare piuttosto di proposizioni, in quanto anch’esse frasi, bensì prive di quello status che ne fa dei veri e propri atti linguistici. Nonostante A - B e B - C siano spesso frasi con valore compiuto, così come si definiva nella grammatica normativa lo stato d’una frase ben formata e completa grammaticalmente e semanticamente, vedremo che si può trattare anche di proposizioni, in quanto, anche se soltanto a livello prosodico-intonativo, non veicolano sempre l’enunciazione completa. Ciò significa che la curva intonativa è sospesa su B, dando adito all’attesa che venga realizzato il sintagma C: dal lato semantico-illocutivo d'altronde, sia A - B che B - C sono complete, a sé stanti. Considerando la struttura interna alle proposizioni, osserveremo i sintagmi nominale, verbale, aggettivale, avverbiale e preposizionale dei quali sono composte; in un ulteriore passo, concentrandoci sulla parola, sul singolo elemento lessicale, rileveremo la presenza di pronomi, avverbi ecc… <?page no="59"?> 41 Primo approccio al costrutto-eco Successivamente osserveremo uno degli aspetti che si riveleranno di maggior peso nella presente analisi: la disposizione dei costituenti all’interno della frase e di conseguenza la marcatezza delle due singole frasi A - B e B - C e della costruzione che ne deriva. 3.1 Primo approccio al costrutto-eco: riflessioni generali Come ben sappiamo, uno dei primi obiettivi della ricerca linguistica è la classificazione; nel nostro caso la ‘classificazione sintattica’ del costrutto in oggetto. Essa sarà realizzabile soltanto dopo aver scomposto la costruzione nelle sue componenti frasali, e cioè dopo aver scomposto il periodo, in quanto frase complessa, nelle due frasi semplici che lo formano: di conseguenza si porrà la questione della marcatezza sintattica delle frasi e perciò della disposizione dei costituenti all’interno di esse. 3.1.1 Da due frasi semplici una frase complessa da catch-all-category Abbiamo già veduto come la costruzione apokoinou sia composta da due frasi semplici, la cui parte centrale viene realizzata una volta soltanto, dando adito ad una costruzione che, nella classica categorizzazione linguistica, verrebbe probabilmente definita un anacoluto. The apokoinou is regarded as an aberration from the grammatical norm, as a syntactic break-off, which is granted to “poetic license”. Pivot constructions share this categorisation as syntactic break-off with many other syntactic phenomena, which are classified by the norm-oriented grammar research as “anakolutha” - nothing more than a “catch-all-category” into which everything that doesn’t conform to the syntactical-grammatical norm of the written language is thrown without any serious attempt at an adequate description. (Scheutz 2005, 104) L’osservazione di Scheutz (2005, 104) riscontra tutto il mio consenso nell’affermare che questo tipo di costruzioni, le quali godono di prestigio letterario e stilistico, possano risvegliare una certa aberrazione presso il parlante adito ad esprimersi secondo le norme della grammatica. La caratteristica più saliente, quella della discontinuità, della syntactic break-off, fa in modo che tali costruzioni, e tutte quelle ad esse simili, compresi i costrutti-eco, vengano confinati in una categoria che risulta poi di estrema eterogeneità. <?page no="60"?> 42 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 7 Uso tale termine nel senso espresso dalla definizione contenuta nel Metzler Lexikon Sprache 2000, 352 “(lt. cohaerere >zusammenhängen<) in der Textlinguistik verwendeter Begriff, mit dem […] die gramm. Verknüpfung der Komponenten des Oberflächentextes bezeichnet wird, d.h. der Wörter, Teilsätze, Sätze und Satzfolgen, wie sie in ihrer linearen Struktur dem Rezipienten unmittelbar zugänglich sind”. Cfr. “connettivi” in van Dijk 1980, 71, da dove non emerge chiaramente se egli li consideri “legami di tipo grammaticale-sintattico della struttura superficiale della frase” o piuttosto “collegamenti di tipo semantico”. Io personalmente sono d’accordo con la definizione di Gislimberti 1988, 13 “Per coerenza testuale si intende il rapporto logico e la connessione dei concetti e delle idee che costituiscono la base del testo. Per coesione testuale invece la connessione grammaticale delle singole frasi, ovvero l’insieme delle relazioni sintagmatiche di un testo”. Vedremo più oltre che userò il termine coesione anche per gli elementi all’interno di un sintagma, in senso perciò strettamente grammaticale. In accordo con Beccaria (1996), che definisce l’anacoluto (gr. anakóluthon) ‘privo di un seguito’, di quello logicamente previsto dal lineare susseguirsi degli elementi nel discorso, leggiamone la descrizione: […] procedura sintattica che una grammatica valutativa e prescrittiva qualifica come ‘scorretto’; infrange infatti un pensiero già riportato, mediante l’intromissione di un altro pensiero sintatticamente sconnesso con il precedente. Lausberg [1949], in base a questo principio, rivela la sua contiguità con la figura della reticenza o aposiopesi, che se ne distingue per la sua marcatezza sintattica. […] Nell’anacoluto la mancata coesione non pregiudica la coerenza testuale, categoria più essenziale della prima ai fini dell’efficienza comunicativa, perché investe più profondamente unità e continuità del significato di un testo. (Beccaria 1996, 49-50) Teniamo presente l’accenno effettuato qui sopra alla coesione, intesa qui esclusivamente a livello testuale, quale caratteristica dell’anacoluto, che non pregiudica però la coerenza testuale e di conseguenza neppure la possibile comprensione del discorso 7 . Torneremo più oltre su tale punto e considereremo inoltre la coesione a livello grammaticale e sintattico. Anche Scheutz (2005, 104) considera l’anacoluto nella sua prerogativa di “rottura sintattica” e apre uno scorcio d’analisi linguistica ben indirizzata. While actual syntactic break-offs exhibit no specifically definable ‘regular’ structures, many of the phenomena traditionally relegated to this catch-allcategory display highly regular and precise structures that can be described in formal and functional ways (e.g., hanging topics / left dislocation […], dependent main clauses […], rightward expansions […] - to cite only a few examples. (Scheutz 2005, 104) Tutti questi fenomeni qui sopra menzionati hanno in comune la caratteristica di basarsi sul processo di verbalizzazione, il quale fa uso di conoscenze <?page no="61"?> 43 Primo approccio al costrutto-eco grammaticali che a loro volta vengono usate quale risorsa linguistica nell’interazione. Frugando nel ‘cassetto degli avanzi’, degli anacoluti, troveremmo una varietà di costruzioni la cui prima prerogativa sarebbe proprio quella di essere in grado di veicolare l’informazione, grazie ad una differenziata posizione degli elementi all’interno di essa; e non soltanto di veicolare l’informazione al suo stato canonico, bensì di arricchirla di numerose e differenziate funzioni comunicative e interazionali. Ma tornando a considerare una serie di possibili categorie di definizione per il nostro costrutto, o per lo meno per una parte di esso, non possiamo omettere l’ellissi, un’ellissi sintattica nel senso di Gislimberti (1988): L’ellissi si può determinare soltanto rispetto a un modello che prevede la presenza di determinati elementi sintattici, se parliamo di ellissi sintattica. (Gislimberti 1988, 46) Ognuna delle due frasi, o meglio ‘sintagmi d’avanzo’ (A in A - B - C o C in A - B - C), potrebbero ben essere definite ellittiche: sia l’una che l’altra mancano infatti di un sintagma determinante, che oltre ad essere di basilare importanza sintattica, lo è, di conseguenza, anche semantica, e quindi a livello discorsivo/ testuale: per questo appaiono come aggiunte ripetitive, in apertura o in chiusura di frase. Scrive Hellwig (1984): Manche Glieder des Zusammenhanges im Referenzbereich werden im Text nicht ausgedrückt. Ein Beispiel dafür sind Ellipsen, […] Ellipsen kann man sich erlauben, wenn man sicher ist, dass der Leser das Fehlende sowieso präsent hat. Sie sind geradezu ein Kohäsionsmittel, denn sie signalisieren, dass eine auf der Hand liegende Beziehung zum Vorangehenden besteht. (Hellwig 1984, 55) Si noti quindi come, con l’omissione di un sintagma, di una parte di frase, si possano unire e collegare sintagmi, invece che separarli. Naturalmente l’ellissi è data solo nel caso in cui l’elemento sottinteso sia recuperabile dal testo vero e proprio e non soltanto intuibile dal contesto. Natürlich gibt es Ellipsen. […] Produkte […] die, kurz gesagt, gewaltlos von einer Seite gesehen, unvollendet, und von der anderen doch wieder geschlossen und vollendet anmuten. Gelingt es in dieser immer noch großen Klasse, das sympraktisch und das symphysisch Vollendete als solches zu charakterisieren und abzuheben, dann wird vermutlich ein einigermaßen homogener Rest von Fällen verbleiben, in denen wirklich eine echte syntaktische Vollendung innerlich erfordert, aber äußerlich nicht geleistet wird, weil sie kontextlich überflüssig erscheint. (Bühler 1965, 166-167) <?page no="62"?> 44 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 8 La scrittura in caratteri cubici sta a significare in Renzi (1991) i ruoli semantici delle rispettive categorie grammaticali. 9 Per il termine classico di nominativus pendens, corrispondente all’attuale termine anacoluto, vedi Beccaria 1996, 50 e Benincà 1991. 10 Vedi Renzi 1991, 131. 11 ”Un’altra costruzione marcata si ottiene anteponendo un costituente non come tema-dato, ma come elemento nuovo, in contrasto con il contesto o con le inferenze suggerite dal contesto: questa costruzione è chiamata ‘topicalizzazione’, nel senso di ‘topicalizzazione 3.1.2 L’ordine degli elementi nella frase complessa e nelle due frasi semplici Il secondo intento consiste nello stabilire la marcatezza in base alla disposizione dei costituenti della/ e frase/ i. È ben risaputo infatti che: Alla dicotomia SOGGETTO-PREDICATO 8 se ne sovrappone parzialmente un’altra, quella di ‘dato’ e ‘nuovo’. Questa seconda dicotomia appartiene piuttosto alla grammatica del discorso […] e sfrutta, per realizzarsi, anche mezzi sintattici, con i quali interferisce in maniera sistematica. […] Per dato si intende quello che si suppone presente nella coscienza dell’ascoltatore al momento dell’enunciato; per nuovo quello che si suppone non presente nella coscienza dell’ascoltatore al momento dell’enunciato. (Salvi in Renzi 1991, 42) Lo stretto nesso tra sintassi e pragmatica è già contenuto in forma succinta nella citazione qui riportata: le due dicotomie sono inscindibili ed aprono, nella loro sovrapposizione, uno scorcio all’analisi pragmatica assolutamente inevitabile. È indubbio che una tipica caratteristica dell’italiano parlato consista nell’uso frequente di costruzioni sintattiche marcate, che dal momento però che sono state classificate come tali, sono state spesso private di un’adeguata ed accurata analisi, che portasse alla luce la loro funzione pragmatica. Il costrutto-eco rientra, di fatto, nella categoria delle costruzioni sintattiche marcate, “messe nella grande categoria degli anacoluti” (Benincà 2005, 264) 9 . Se descriviamo l’italiano in base alle sue caratteristiche linguisticosintattiche, e specificatamente in relazione all’ordine canonico dei costituenti della frase, possiamo definirlo una lingua SVO. In verità però, dobbiamo ammettere che nella lingua parlata, occorrono molto spesso frasi caratterizzate da un ampio rango di ordini alternativi degli elementi sintattici costituenti la frase, così come la dislocazione a sinistra, il tema sospeso 10 , la frase scissa e la topicalizzazione 11 . <?page no="63"?> 45 Primo approccio al costrutto-eco contrastiva’. Infatti in italiano moderno questa costruzione prevede che il costituente topicalizzato sia nuovo e contrastato. In altre lingue e anche in italiano antico, la costruzione è usata anche in contesti non contrastivi” (Renzi 1991, 135). Io adotterò il termine ‘anteposizione’ per evitare equivoci, come per esempio in Delmonte (1983, 133). In accordo con Benincà (2005, 264), questa particolare libertà che possiede l’italiano di spostare costituenti, è connessa almeno con due, sue proprietà generali: […] da una parte la flessione personale del verbo, che esprime di per sé, anche sintatticamente, il soggetto, dall’altra il suo ricco paradigma di pronomi clitici che sono in grado di costruire efficaci connessioni fra gli elementi spostati e le posizioni della frase dove vengono assegnate le funzioni grammaticali. La frase risulta, grazie a ciò, perfettamente connessa, anche quando nessun argomento si trova al suo posto. (Benincà 2005, 264) Come per esempio nel caso di dislocazione a sinistra e a destra: (4) Il libro gliel’ho dato io a Mario [constructed] Ma prendiamo in considerazione brevemente la definizione di frase scissa, quale eventuale possibilità di categorizzazione delle nostre costruzioni-eco. Beccaria (1996), definisce scissa (cleft sentence o clefting): […] una costruzione della frase risultato di una dislocazione in cui l’informazione ritenuta costituire il nuovo viene spostata in testa di frase, cioè in posizione di tema; oppure essa viene spostata in coda, in posizione di rema. In entrambi i casi però, la frase viene divisa in due e dotata di un doppio verbo. Ad es., la frase “Mario ha mangiato una mela”, in cui una mela è rema e nuovo si trasforma nella frase scissa “È una mela quella che Mario ha mangiato”, nella quale una mela è diventata tema e nuovo; alternativamente si potrà avere l’altra frase scissa “Quella che Mario ha mangiato è una mela” in cui una mela è rema e nuovo. Lo scopo della trasformazione è di tipo testuale-retorico e consiste nel porre una particolare forza enfatica sull’informazione nuova. (Beccaria 1996, 638-639) Secondo la definizione qui sopra riportata, infatti, si tratta anche in questo caso di un criterio di tipo pragmatico-informativo. Nel nostro caso si avrebbe: (5) Mario ha mangiato una mela Mario [constructed] (5a) Mario .... ha mangiato una mela ha mangiato [constructed] (5b) Mario ha mangiato una mela .... una mela ha mangiato Mario [constructed] <?page no="64"?> 46 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 12 Vedi Metzler, 2000, 600: “Satzperiode: Komplexer Satz, dessen Teile (Sätze) nicht nur parataktisch aneinander gereiht sind”. Inoltre Beccaria 1996, 554-555 “periodo: unità sintattica di massima estensione, di norma identificabile con una frase composta da almeno due proposizioni”. Per quanto concerne il costrutto-eco, si tratta in effetti di una intuizione derivante dal fatto che constatiamo uno ‘scivolo’ di posizionamento all’interno della frase; una mela, Nuovo, sta in posizione di Rema nella prima frase semplice e ‘scivola’, sempre come Nuovo, nella posizione di Tema nella seconda frase semplice. Non abbiamo però un cambiamento di costruzione con aggiunta della preposizione che e per essere precisi non abbiamo uno ‘scivolo’, bensì un duplice contemporaneo posizionamento. Cioè: B è Nuovo e riveste simultaneamente la posizione seguente al verbo, riservata normalmente al Rema e quella antecedente al verbo, riservata al Tema. Da notare però che nel nostro caso B è e resta Nuovo, pur nella posizione riservata al Dato: ciò deriva dal fatto che le due proposizioni sono unite in un tutt’uno dalla curva intonativa e che la loro massima coesione interna, a prescindere dall’eventuale curva, è data proprio dall’omissione di B nell’ambito della seconda proposizione. Le due frasi infatti vengono percepite come un’unica frase, o meglio, un unico enunciato, senza che avvenga all’interno di esso una progressione informativa del nuovo. Ciò è di notevole importanza e ci conduce a considerare il costrutto-eco non un periodo 12 , all’interno del quale le due diverse proposizioni in un rapporto di paratatticità o ipotatticità realizzano un accrescere dell’informazione, bensì un tutt’uno dove le due proposizioni non danno adito ad un processo informativo, ad una dinamicità pragmatica: la seconda proposizione B - C non aggiunge nulla all’informazione ottenuta dalla proposizione A - B. 3.2 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco in prospettiva sintattica e semantico-referenziale: la periferia iniziale A, il cardine B e la periferia finale C Posto che il termine analisi, nel suo significato originale dal greco di ‘scioglimento’, di ‘risoluzione’ nelle parti, rinvii all’operazione di “ricondurre qualsivoglia struttura complessa ed eterogenea agli elementi minimi che la compongono” (Beccaria 1996, 58), cercheremo di individuare di essi, la specifica classe grammaticale di appartenenza e di riconoscere nei costitu- <?page no="65"?> 47 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco 13 Libera citazione da Oesterreicher - Lezioni Universitarie Semestre Accademico 2006/ 07. enti di frase, quei segmenti destinati ad assolvere specifiche funzioni sintattiche, procedendo dagli elementi grammaticali più semplici a quelli più complessi: analisi grammaticale ed analisi logica, dunque, nell’accezione riservatale nell’educazione scolastica tradizionale. Il tutto, da considerarsi nella realtà delle continue intersezioni esistenti fra sintassi e semantica referenziale/ denotazionale (Sachverhalt-Semantik). Dovremo allora domandarci, quali strutture espressive rappresentano il contenuto frasale, e come questo venga codificato; infatti il contenuto semantico della frase si manifesta, come si sa, esclusivamente nell’espressione, in quella che definiremmo la struttura superficiale della frase o dell’enunciato. Sul fatto che “allein die Signifikantenstrukturen der Satzgestalt ‘transportieren’ Satzbedeutung” 13 consideriamo Paul (1975): Zum sprachlichen Ausdruck der Verbindung von Vorstellungen gibt es folgende Mittel: 1. die Nebeneinanderstellung der den Vorstellungen entsprechenden Wörter an sich; 2. die Reihenfolge dieser Wörter; 3. die Abstufung zwischen denselben in Bezug auf die Energie der Hervorbringung, die stärkere oder die schwächere Betonung […]; 4. die Modulation der Tonhöhe […]. (Paul 1975, 123, § 86) E in riferimento ai livelli della struttura frasale, prendiamo in considerazione Givón (1984): The nuts-and-bolds which make up syntactic structure consist of four elements, three of them rather concrete: Word order, Grammatical/ inflectional morphology, Intonational contours. […] In addition to these three rather concrete elements of syntactic structure, one must also deal with a more abstract but ever present component: Contraints. These are conditions on applicability or identifiability of structures or grammatical/ communicative devices, most commonly pertaining to identity, coreference, sequential ordering, shared background knowledge or assumed purpose. (Givón 1984, 36) Teniamo presente, dunque, che gli elementi della frase costituiscono diverse costruzioni con diversi gradi di complessità e, dal momento che la costruzione proposizionale implica necessariamente la sequenza degli elementi in dimensione lineare, viene inevitabilmente a delinearsi il principio di ‘posizione’. Rapporti sintattici vengono perciò caratterizzati con mezzi di posizionamento. La struttura sintattica dunque, così come la concepiamo in definizione sintattica, viene realizzata dai segmenti e dalla loro posizione combinatoria. <?page no="66"?> 48 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 14 L’esposizione viene fatta sul modello di Monzoni 2005, 129-157. 15 Le coordinate rimandano con il numero romano alla registrazione e con le restanti cifre al tempo di registrazione in minuti, secondi, centesimi di secondo, sempre con una certa approssimazione. Di altra natura, non sintattica pertanto, è la descrizione prosodicointonativa: ella opera analogamente in maniera totale sulla configurazione dell’enunciato, e sostanzialmente in maniera indipendente dalle strutture sintattiche nella loro combinazione segmentale. Naturalmente gli aspetti prosodico-intonativi interferiscono in maniera sistematica e massiccia con la rappresentazione sintattica e gli aspetti semantici in essa contenuti, cosicché sarà necessario operare, anche, una dettagliata analisi di tipo fonologico-intonativo. Decisivo sarà tener presente e considerare l’interazione delle strutture sintattiche e prosodiche in determinate strutture espressive e informative. Indispensabili dunque le seguenti analisi: quella grammaticale, in quanto operante sui singoli elementi della frase e sulle componenti di natura morfologica; l’analisi sintattica, riferita alla combinazione di tali elementi; l’analisi topologica dei singoli elementi dell’enunciato e l’analisi prosodica di esso. Quest’ultima verrà effettuata soprattutto nella sua funzione di significante portatrice dell’informazione e delle sue priorità all’interno della frase e nell’atto comunicativo. Un costrutto-eco consiste dunque in tre parti adiacenti, che indicheremo con le lettere alfabetiche A - B - C. Seguono tre esempi prototipici 14 : (6) è arrivato Andrea è arrivato [Carmelo II., 01: 20: 48 15 ] ist angekommen Andreas Andreas ist angekommen A B C (7) io abito a Holzkirchen abito io [Carmelo I., 00: 22: 25] ich wohne in Holzkirchen in Holzkirchen wohne ich A B C (8) tanto vicino non è tanto vicino [Carmelo I., 00: 22: 40] sehr nahe ist es nicht es ist nicht sehr nahe A B C <?page no="67"?> 49 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco 16 Adotto la terminologia di Scheutz 2005 (peraltro già messa in uso da Rizzi 2001, 287), in quanto estremamente precisa nel definire sia la posizione periferica, in contrasto con quella centrale, sia la posizione d’apertura e di chiusura dell’enunciato. 17 Vedi Nespor 1994, 171ss. L’elemento B, che forma la parte centrale di tale costrutto, è connesso sia con il costituente sintattico precedente (A), che con quello seguente (C); essi verranno denominati relativamente: periferia iniziale e periferia finale. 16 Poniamo come dato che, considerate separatamente le due frasi A - B e B - C, esse risultino grammaticalmente corrette, mentre il costrutto A - B - C, considerato nella sua completezza, si presenti in qualità di struttura agrammaticale, o perlomeno marcato. A questo punto va aperta una breve parentesi e va fatta una considerazione preliminare all’analisi, e cioè va stabilito innanzitutto il criterio sottostante ad essa. Naturalmente diversa può essere la natura delle metodologie adottate: poniamo di procedere secondo la grandezza, cioè l’ampiezza del costituente frasale. Partendo dal costituente di dimensioni minori, dovremmo innanzitutto soffermarci sulla dimensione fonologica, sulla sillaba, sul piede, sulla parola fonologica ed operare un lavoro d’analisi ritmica. Consci però della peculiarità di tale lavoro analitico e incerti che una tale ricerca conduca a risultati decisivi nell’ottica di un lavoro più orientato ad uno studio prettamente sintattico, accantoniamo questo primo possibile approccio. Il seguente ed inevitabile approccio invece si presenta quello di tipo sintattico: già a livello di parola infatti (e qui intendiamo ‘parola sintattica’, cioè quella che rispetta i confini morfologici, in opposizione alla ‘parola fonologica’, costituita puramente da elementi fonologici quali la sillaba e il piede, perciò rientrante in un’analisi ritmico-prosodica 17 ), possiamo osservare di quali categorie grammaticali si tratta, tenendo presente che il dominio di categorie grammaticali si può estendere naturalmente anche al dominio sintagmatico, come nel caso per esempio della categoria verbale, quantunque si tratti di tempi composti. Più avanti, a livello sintagmatico, avremo da operare un’analisi di puro tipo sintattico: ciò significherà predisporsi all’osservazione di sintagmi costituiti per esempio da voci verbali, eventualmente già di per sé composte, o in combinazione con pronomi clitici, nonché di qualunque altro tipo di pattern sintattico di elementi strettamente collegati tra loro, all’interno della frase. <?page no="68"?> 50 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 18 Opero una distinzione tra “grammaticale” e “sintattico” ritenendo grammaticale tutto ciò che concerne una classificazione a categorie grammaticali quali p. es. nome, verbo, avverbio, aggettivo ecc. e che concerne i domini fino alla parola compresa, perciò i livelli della fonologia, della morfologia; sintattico, tutto ciò che si riferisce alle relazioni, ai rapporti, ai nessi fra le strutture grammaticali stesse, perciò i livelli sintagmatico, frasale ed inoltre quello del periodo, cioè di una struttura transfrastica, della quale sottolineo però la pertinenza non stilistica, bensì prettamente sintattica, come per esempio nella consecutio temporum. Vada ancora aggiunto, a scanso di equivoci, che sarà necessario puntualizzare quando tratteremo di ‘frase sintattica’, o meglio esclusivamente sintattica e quando invece considereremo la frase a livello comunicativo, interazionale; quando si tratterà, dunque, di ‘enunciato’ con valore e qualità di tipo illocutorio. Consapevoli della problematicità delle definizioni di frase e di enunciato, prendiamo atto delle seguenti citazioni: Seit der Entstehung der sogenannten ‘Gesprochene Sprache Forschung’ in den sechziger Jahren haben mit natürlichen Daten arbeitende Linguisten darauf hingewiesen, dass die Einheit des ‘Satzes’ für die Analyse gesprochener Sprache in natürlichen Gesprächen äußerst problematisch sei. Der empirische Satz könne kaum befriedigend definiert und abgegrenzt werden. (Selting 1995, 298) Was ist eine Äußerungseinheit? Es ist der Textteil […], der ‘auf einmal’ als eine Einheit produziert und rezipiert wird. Damit ist zunächst nicht die äußere sprachliche Gestalt der Einheit Basis ihrer Bestimmung, sondern die Intention des Sprechers, verstanden werden zu wollen, und die Fähigkeit des Hörers, verstehen zu können. Die Äußerungseinheit ist mithin eine Hypothese über kommunikative Textgliederung. (Rath 1990, 202ss. cit. sub Selting 1995b, 299) Giunti a tal punto, sarà senz’altro necessario integrare le due analisi: quella grammaticale e quella sintattica 18 . Una dettagliata osservazione grammaticale ci servirà infatti da base per una descrizione dei diversi ruoli sintattici che possono rivestire identiche categorie grammaticali, come per esempio nel caso del sintagma nominale, che può rivestire i ruoli semantici di soggetto o di oggetto, dato che non sussiste un rapporto univoco di 1: 1 fra ruolo semantico ed elemento formale. Nella nostra analisi osserveremo e descriveremo dunque una serie di costrutti-eco sulla base dei costituenti sintattici, e cioè sulla descrizione delle tre parti A, B e C in relazione alle loro categorie grammaticali e ai loro ruoli sintattici. L’analisi grammaticale-sintattica, cioè quella riguar- <?page no="69"?> 51 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco 19 Intendiamo con parti del discorso le categorie in cui sono distribuite le parole di una lingua, secondo il significato, la funzione che assolvono nella frase, le caratteristiche di formazione e di flessione. In italiano sono 9: articolo, sostantivo, pronome, aggettivo, verbo (parti del discorso variabili); avverbio, preposizione, congiunzione, interiezione (parti del discorso invariabili). Cfr. inoltre Salvi/ Vanelli 2004, 125. 20 Vedi più oltre le questioni Syntax for conversation e Supersyntax in Schegloff 1979. dante le cosiddette ‘parti del discorso’ 19 , non potrà però essere altro che il presupposto per una dettagliata osservazione della disposizione di esse all’interno della frase e, di conseguenza, delle frasi all’interno del periodo. Ed eccoci nuovamente a sollevare la questione del dominio della frase e dell’enunciato, del periodo e del discorso: tutte dimensioni sintatticotestuali, i cui confini sono difficilmente delineabili. Consci comunque, che abbiamo a che fare sia con la dimensione di frase (se consideriamo A - B e B - C singolarmente), che con la dimensione di periodo (se consideriamo il costrutto nella sua interezza A - B - C, dimensione inframmezza tra frase e testo), concentreremo la nostra attenzione, innanzitutto, sulle caratteristiche distributive delle due frasi A - B e B - C, cercando di stabilirne la marcatezza o meno, riguardo a quelli che sono i termini di una grammatica normativa e a quelle che sono le tendenze innovative di una sintassi del parlato. 20 Non potendo perciò prescindere dal considerare il rapporto tra la semanticità e la forma, cioè il rapporto fra il contenuto e le strutture espressive e nel quadro di una sintassi concepita come parte della grammatica di una lingua, che ha la frase come oggetto di osservazione, è necessario porre in primo piano l’attenzione dell’ordine, a livello discorsivo, della forma e del contenuto dei costituenti della frase. In altre parole ‘la sincronizzazione discorsiva’ delle strutture linguistiche e delle relative strutture di significato, concettuali. Inoltre sarebbe auspicabile riuscire a stabilire alcune restrizioni di natura grammaticale, sintattica, e di conseguenza anche semantica, e pragmatica concernenti i tre singoli sintagmi A - B - C, cioè di circoscrivere quella ‘libertà stilistica’ così presente nella linguistica riguardo a tali costrutti, dimostrando che, così come l’impiego di un simile costrutto è sempre in relazione ad una precisa funzione discorsiva, anche la sua realizzazione sintattica è possibile soltanto in base alle peculiarità sintattiche della lingua stessa. Da una ampia gamma di costrutti-eco, si cercherà di ricavare alcune costanti, che diano la possibilità di distinguere e delimitare tale costruzione da molte altre costruzioni del parlato spontaneo ad essa simili e perciò di caratterizzarla e classificarla a ragion veduta. <?page no="70"?> 52 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 21 A riguardo vedi Dovicchi-Heintzen (2004): Verbo-eco: costrutto sintattico fra strategia pragmatica e cristallizzazione discorsiva (Tesi di Laurea non pubblicata), che tratta esclusivamente delle costruzioni con verbi nelle periferie A e C. 22 Per il posizionamento del costrutto-eco sul continuum di varietà dell’italiano vedi Cap. VII. 3.2.1 La periferia iniziale A e la periferia finale C La designazione di periferie e centro, che assumo dalle previe ricerche sull’oggetto già condotte da altri linguisti, viene adottata da me in piena coscienza di una preliminare intuizione di suddivisione in tre parti, operata secondo un principio di equidistanza dal centro e di parallelismo. Pur associandomi ad una simile visione, come già detto, tengo a precisare però, che sono pienamente consapevole della discutibilità di tale premessa: vedremo più oltre, che la scelta di tali denominazioni e soprattutto di quella di centro / cardine, preannuncia una rappresentazione specifica del costrutto in ottica di rilevanza e prominenza informativa. 3.2.1.1 A e C: verbi ausiliari essere e avere Qui di seguito, procedo alla descrizione delle funzioni grammaticali della struttura-eco, prendendo singolarmente in considerazione le tre componenti A, B e C e discutendo le relazioni tra loro vigenti. La categoria grammaticale che incontriamo più sovente, nel ruolo di periferia iniziale della costruzione-eco, è senz’ombra di dubbio quella verbale 21 . Uno dei casi più numerosi consiste nell’uso del verbo ausiliare essere che, come qui di seguito mostrato, compare sia nell’uso di italiano standard, che in quello dialettale 22 . Esso costituisce un elemento periferico iniziale del tutto leggero, che fa da apertura alla vera e propria ‘dichiarazione’ che segue nel costituente centrale B: si tratta pertanto di frasi copulative. (9) sono il più grande sugnu [Carmelo I., 00: 37: 50] (10) sugnu chiù grandi sugnu [Carmelo I., 00: 04: 48] Questa considerazione, come ben appare, è di natura semantica e non sarà infatti possibile evitare in alcun caso di ricorrere all’osservazione semantica, per completare la descrizione dei ruoli grammaticali e sintattici. Secondo Salvi (2001): “frasi in cui compare essere come verbo principale, si possono dividere dal punto di vista semantico, in due tipi fondamentali: frasi ‘predicative’ e frasi ‘specificative’ “(Salvi 2001, 163) e in appoggio a questa suddivisione consideriamo i costrutti-eco a nostra disposizione: <?page no="71"?> 53 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco a) predicative: “in esse il costituente che precede essere, il soggetto, è un elemento referenziale, mentre il costituente che segue essere esprime una proprietà che, con la frase, si attribuisce a questo elemento referenziale: può trattarsi di una proprietà inerente o temporanea, di una localizzazione spaziale o temporale, di una determinazione possessiva o di qualche altra determinazione circostanziale” (Salvi 2001, 163). (soggetto espresso = specificando = elemento referenziale dato), come nel caso degli esempi (9) e (10). Altri esempi tratti dal corpus a mia disposizione sono: (11) è tutto aperto è [Carmelo II., 01: 01: 55] (12) è stato bello è stato [Carmelo IV., 00: 00: 24] dove il soggetto sottinteso = specificando = elemento referenziale dato = ciò (13) ero da solo ero [Carmelo IV., 00: 10: 12] (soggetto sottinteso dato = io) (14) sono tedeschi sono [Carmelo IV., 00: 24: 05] (soggetto sottinteso = loro) b) specificative: in tali frasi “il costituente che precede essere (lo ‘specificando’) esprime una proprietà e il costituente che segue essere (l’‘elemento specificatore’) è il referente a cui questa proprietà va attribuita” “Le frasi specificative hanno sempre la forma: SN (determinato) + essere + SN” (Salvi 2001, 164) (apposizione = complemento predicativo = elemento specificatore dato). A questo gruppo appartengono i seguenti esempi: (15) è a foglia è [Carmelo II., 00: 36: 28] (elemento specificatore = dato = sottinteso: ciò che si vede) c) La seguente frase è invece, secondo Salvi/ Vanelli (2004, 64) presentativa; in essa si dice quali referenti si trovano in un dato luogo (16) c’è Nesta c’è [Carmelo IV., 00: 03: 02] Per quanto riguarda il verbo ausiliare avere constatiamo nel corpus una discreta quantità di casi, come per esempio: <?page no="72"?> 54 Costrutto-eco: descrizione grammaticale (17) avemo i varchi avemo [Carmelo I., 00: 05: 00] (18) c’ha scuola cuscina italiana c’ha [Carmelo I., 00: 15: 00] (19) hanno un ristorante hanno [Carmelo I., 00: 16: 18] (20) ci ho la parola ci ho [Carmelo I., 01: 10: 13] (21) c’ha un bel curricolo c’ha [Carmelo IV., 00: 04: 04] Naturalmente non mancano casi di uso dell’ausiliare avere in combinazione con il participio passato per la formazione di passati composti. (22) L’ho dito mi, l’ho dito [Goldoni 1993, 150 / G52] (23) La m’ha dito dele parole, la m’ha dito [Goldoni 1993, 163-164 / G62] (24) l’hanno fatta mi sa dalle parti di Genova l’hanno fatta questa qua [Carmelo IV., 01: 02: 10] (25) gli ho regalato i soldi gli ho regalato [Carmelo IV., 00: 10: 53] (26) ha acquistato più sicurezza ha acquistato [Carmelo IV., 00: 17: 40] (27) l’ho girata tantissimo l’ho girata [Carmelo I., 01: 09 : 03] Sul verbo avere in qualità prototipica di verbo accusativo verrà posta particolare attenzione nel capitolo seguente. 3.2.1.2 A e C: verbi non ausiliari Nel seguente campione vediamo impiegato un verbo inaccusativo, dato che con tutti i verbi inaccusativi l’ausiliare che si usa per i tempi composti è essere: (28) venne Sgarbi venne pure [Carmelo I., 00: 55: 48] Il costrutto (29) invece, mostra l’uso di un verbo accusativo, in modo indicativo e in tempo passato remoto: (29) fisci 6/ 7 anni di scuola a ká fisci [Carmelo I., 01: 09: 33] Da notare il passato remoto molto usato nella varietà del Sud Italia; in questo caso il suo uso è perfettamente corretto: secondo la grammatica normativa infatti, esso esprime un’azione puntuale nel passato o uno stato che, se pure è durato a lungo, risulta completamente concluso e lontano nel tempo, in relazione al momento dell’enunciazione. (30) s’attacca sempre s’attacca [Carmelo II., 00: 05: 48] (31) parla e scrive tedesco benissimo parla e scrive [Carmelo IV., 00: 31: 40] <?page no="73"?> 55 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco 23 Per differenziazione tra pronome e clitico vedi Graffi 1994, 64 e Salvi/ Vanelli 2004, 188ss. 24 Per dati a riguardo vedi Dovicchi-Heintzen (2004). Ricapitolando brevemente per quanto riguarda A = C e SV (sintagma verbale): abbiamo visto come la periferia sinistra, iniziale, del costrutto-eco consista spesso in un SV, il quale ricorre in C, nella maggior parte dei casi, formalmente identico. Abbiamo rilevato come spesso la testa dei sintagmi sia costituita dagli ausiliari essere e avere, in diversificate forme di tempi finiti, semplici e composti, e nelle forme morfologiche riferite a diverse persone del verbo. Ciò nonostante, abbiamo un caso nel quale le periferie A e C mostrano una forma infinita del verbo, introdotta dalla preposizione a, e rivestono un ruolo di frase subordinata: (32) a parlare il mio italiano tendo più a parlare [Carmelo I., 00: 03: 15] Questo l’unico caso presente nel nostro corpus; nel contesto linguistico precedente non deve essere stato, necessariamente, già espresso prima il verbo coniugato tendere: A risulta comprensibile proprio perché riferito cataforicamente a tendo in B, il quale è focalizzato e in quanto tale ‘emerge’ dal tutto. Tali riflessioni vengono suggerite dal fatto che, una subordinata con verbo infinito introdotta da a, nonostante la forte coesione alla principale, venga ugualmente distaccata da essa e compresa senza ombra di equivoci, nella costruzione-eco. 3.2.1.3 A = C: pronome (SP)/ clitico Nel caso le periferie siano realizzate attraverso l’uso di un clitico 23 a sé stante, avremo conseguentemente un predicato in B. Nonostante la maggior parte dei costrutti-eco sia indiscutibilmente una costruzione che mostra nella periferia iniziale A (e di conseguenza nella periferia finale C) una categoria grammaticale verbale 24 , troviamo anche casi nei quali A e C presentano altre categorie grammaticali come per esempio un pronome personale: (33) lui è un tipo che si arrangia, si aggrappa, si fa capire lui [Carmelo IV., 00: 24: 28] In tale costrutto constatiamo: A = C = pronome personale tonico, 3. persona singolare. Pur considerando che nel parlato viene ormai largamente, o meglio, esclusivamente usato anche nelle veci di soggetto (invece che di oggetto diretto o indiretto, come prescritto nella grammatica normativa), il farne uso già lo aggrava di <?page no="74"?> 56 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 25 Per traduzione: Tropea - Vocabolario del Siciliano 1985, 401. una connotazione ‘tonica’ (per non dire ‘enfatica’), che gli è in effetti appropriata secondo la grammatica normativa. Dovremo inoltre prendere in considerazione l’eventuale focussività di A e C quando tratteremo la distribuzione sintattica nell’ambito delle due frasi semplici (indipendenti l’una dall’altra), e della costruzione-eco nella sua complessità, anche nell’ottica della curva intonativa e del Focus prosodico. Per quanto riguarda il fatto che l’italiano sia una cosiddetta lingua pro drop, cioè che non necessiti di esplicare formalmente il soggetto della forma verbale espressa, motiva già di per sé il fatto che in (33) il pronome personale, essendo espresso, rivesta una funzione contrastiva, o per lo meno specificativa; ciò a differenza del francese, per esempio, dove je atono è d’obbligo, e dove non si avrebbero dubbi d’interpretazione, dato che moi è un vero e proprio pronome tonico. Un’interpretazione accettabile potrebbe essere che, proprio per questo motivo, per il fatto che lui può venire tranquillamente omesso, il suo grado di coesione con la forma verbale sia relativamente blando e di conseguenza possa rivestire il ruolo di periferia iniziale e finale: i due sintagmi possono essere considerati veicolanti di informazione contrastiva, sebbene il costrutto focalizzi primariamente B. (34) iu secundu a scuola iu 25 [Carmelo I., 00: 38: 42] Va da sé che, nella posizione di A e C, non potrà mai esservi un clitico, dato che non potrebbe apparire senza la sua testa. Ecco alcuni esempi attestati nel corpus, dove A e C presentano una forma verbale strettamente abbinata al clitico, con altissimo coefficiente coesivo: (35) ti sa d’arancio ti sa [Carmelo III., 00: 13: 54] (35a) *ti sa d’arancio ti [constructed] (36) gli ho regalato i soldi gli ho regalato [Carmelo IV., 00: 10: 53] (36a) *gli ho regalato i soldi gli [constructed] ma probabilmente accettabile: (36b) ? gli ho regalato i soldi gli ho [constructed] Nel campione attestato: (37) l’ho mandato subito indietro l’ho mandato [Carmelo II., 01: 11: 46] (37a) ? ? l’ho mandato subito indietro l’ho [constructed] <?page no="75"?> 57 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco 26 Per parola fonologica vedi Nespor 1994, 171-172. 27 Per lista costrutti-eco in Goldoni vedi allegato. 28 Per concetti verifica e falsificazione vedi Greimas/ Courtés 2007, 119. 29 Uso d’ora in avanti questa forma per indicare l’origine esemplare delle costruzioni da me create, a differenza dei campioni documentati e tratti dal corpus, come in Scheutz 2005. 30 A detta di Carmelo, interrogato molto tempo dopo le registrazioni sulla considerazione di tali ed altri esempi, essi sono accettabili. dove va considerato B = mandare qualcosa indietro; semanticamente significa che il soggetto avrebbe potuto anche non mandarlo indietro, bensì metterlo da parte, per esempio. È più che naturale che la coesione massima sussista all’interno di un unico lessema, se pur originariamente composto da due lessemi, anche se va considerata la possibilità di alta coesione tra parole che formino una parola fonologica 26 . (38) Damilo a mi damilo [Goldoni 1993, 98 / G6] 27 (38a) *A mi damilo a mi [constructed] Nel caso (38a) A = a mi è già focussato, tonico, o meglio, più tonico grammaticalmente di damilo, cosicché la funzione del costrutto, quella di focussare B, non potrebbe esistere in tale combinazione. Possiamo a questo punto già anticipare, grazie all’osservazione dei campioni precedenti, come possa sussistere una restrizione d’applicazione del costrutto-eco a livello di dominanza informativa, e cioè che, mostrando il costrutto-eco una indiscutibile funzione di focalizzare B, né A né perciò C, nelle due frasi semplici, possano rivestire un ruolo informativo maggiore rispetto a B. Tale possibile restrizione d’uso dovrà naturalmente essere sottoposta a verifica 28 . Altrettanto interessante è il seguente costrutto: (39) mia madre è sarta lei [Carmelo IV., 01: 12: 20] In questo costrutto, dove A è diverso da C (e vedremo altri casi simili più avanti), abbiamo la sostituzione del soggetto in A, con il pronome lei (tonico, soggetto, come spesso nel parlato informale) ad esso corrispondente in C. Contrastivamente possiamo osservare costrutti-eco con pronome personale in caso dativo, ma simili nella forma: (40) a mio figlio non dó più una lira a mio figlio [constructed] 29 (40a) a mio figlio non gli dó più una lira a lui 30 [constructed] <?page no="76"?> 58 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 31 Per DS (dislocazione a sinistra) vedi Antinucci/ Cinque 1977, che lo ritengono un espediente per designazione del focus. 32 Vedi Salvi/ Vanelli 2004, 18-19. 33 Le abbreviazioni qui usate sono adottate in base a Salvi/ Vanelli 2004, 19. 34 Per ragguagli sulla struttura dei costituenti, testa e complementi vedi Graffi 1994, 159-160. Nel prossimo esempio invece, proviamo a realizzare un costrutto-eco, in combinazione con una dislocazione a sinistra (DS) 31 : (41) mio figlio non lo vedo da non so quanto mio figlio [constructed] Invece: (41a) *mio figlio non vedo da non so quanto mio figlio [constructed] inaccettabile e irrealizzabile come costrutto-eco perché il Focus sarebbe allora A (C sarebbe una semplice ripetizione con conseguente curva intonativa a sé stante) e non B. Il Focus deve essere B; in caso contrario non esiste la caratteristica primaria del costrutto-eco, e cioè la curva intonativa crescente, con apice sul focus in B e costruzione in blocco. Vedremo più oltre come questa sia forse l’unica costante, per riconoscere e discernere la costruzione-eco da ogni altra, se pur simile, costruzione. Se fino ad ora abbiamo rilevato sintagmi verbali (e data la loro numerosa presenza nel corpus, di gran lunga maggiore che in altri casi, era necessario considerarli per primi), indirizziamo ora la nostra attenzione ad altri tipi di sintagmi, cioè a tutti quelli che si possono definire “una sequenza di elementi linguistici che ha la stessa distribuzione nella frase della categoria che ne costituisce il punto di partenza e che ne è l’elemento fondamentale e non eliminabile: questa categoria costituisce la testa del sintagma […]” (Salvi/ Vanelli 2004, 125). Nell’individuare i sintagmi, quali “sequenze di parole che si comportano come delle unità” (Salvi/ Vanelli 2004, 18), dovremo far capo ai vari criteri che abbiamo a disposizione: quello dello spostamento, quello della sostituibilità, quello dell’enunciabilità in isolamento e quello della coordinabilità. 32 Consideriamo ora le “categorie ingenue, cioè date indipendentemente da ogni elaborazione teorica”, come le definisce Graffi (1994, 85), dei: sintagmi nominali = SN 33 (l’elemento principale è un nome, che può anche essere l’unico elemento presente; es: Piero) sintagmi verbali = SV (es: mangia la minestra) sintagmi aggettivali = SA (es: fiero di Maria) sintagmi preposizionali = SP (es: dal suo amico) sintagmi avverbiali = S Avv (es: molto velocemente) 34 <?page no="77"?> 59 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco 35 Abbreviazione per dislocazione a sinistra, da non confondere con l’acronimo DS per deep structure nella GG (grammatica generativa). 36 Su “circonstanziali di tempo” vedi Renzi 2001, 382; su “circonstanziali di luogo” vedi Renzi, 2001, 381; su “posizione dei circonstanziali” vedi Renzi 2001, 382; su “espressioni di tempo” vedi Renzi 2001, 409-410. (42) la famiglia può dire tanto tanto tanto la famiglia [Carmelo I., 00: 45: 10] A = SN: categoria grammaticale: soggetto e ruolo semantico: SOGGET- TO (43) u metudu u impari u metudu [Carmelo II., 00: 26: 42] A = SN; categoria grammaticale: compl. Oggetto e ruolo semantico: OG- GETTO frase impersonale (lo impari = si impara) con oggetto pesante, tendente a diamesi passivante, o media, espressa con lo pseudo impersonale ‘tu’. Traduzione: ‘il metodo lo impari il metodo’: u “art. det. masch. sing. il, lo forma ridotta di lu e pron. pers. e dimostr. di terza persona masch. sing. lo, forma ridotta di lu” (Tropea 1985, 859). A - B mostra dunque una dislocazione a sinistra DS 35 , con ripresa pronominale in B. Focus in B, ottenuto tramite l’espediente del costruttoeco. (44) mia madre se deve vendere del pesce però diciamo sotto casa mia, non è che va in giro mia madre [Carmelo IV., 01: 12: 40] A = SN. In questo campione è da rilevare anche la lunghezza del sintagma B, sul quale torneremo più oltre, a riguardo del focus. (45) Capello quello che ha vinto tutto con la Juve Capello [Carmelo IV., 00: 04: 44] (46) in vita mia mai fatto a botte in vita mia [Carmelo II., 00: 43: 05] A = SN: perifrasi temporale (47) a casa en tu fazzu niente in ta casa [Carmelo III., 00: 45: 02] A = SN: perifrasi spaziale, complemento di luogo (48) ieri sera ci siamo divertiti ieri sera [Carmelo IV., 00: 00: 20] A = SN: perifrasi temporale con avverbio di tempo 36 puntuale. Sull’usuale distribuzione di tali avverbi, precisa Lonzi (2001): Sono circostanziali gli avverbi di tempo e di luogo che non hanno alcuna connessione strutturale col verbo. Di solito sono in posizione iniziale, dove <?page no="78"?> 60 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 37 Su sintagmi preposizionali vedi Rizzi 1991, 507ss. 38 I caratteri cubici stanno ad indicare la sillaba con maggior rilievo fonologico intonativo: trascrizione d’uso comune. 39 A questo proposito rimando al sesto capitolo, dove si prende in considerazione il costrutto nella sua funzione pragmatico-globale, tra l’altro anche con il suo valore illocutivo. Considereremo se il costrutto viene effettuato limitatamente al fatto di essere una asserzione, o anche nelle imperative, nelle interrogative ecc… possiedono una funzione informativa particolare, ma possono occupare anche la posizione tra soggetto e verbo, o quella finale, separata da una pausa dal resto della frase. (Lonzi 2001, 381) (49) purtroppo è così purtroppo [Carmelo II., 00: 16: 47] A = SAvv. Testa: avverbio lessicale valutativo (secondo la categorizzazione di Lonzi 2001, 342) (50) normalmente se fece così normalmente [Carmelo II., 00: 51: 37] A = SAvv. Testa: avverbio derivato di inquadramento (Lonzi 2001, 342) o di frequenza (51) spesso fazzu cussì spesso [Carmelo III., 00: 18: 50] A = SAvv. Testa: avverbio lessicale di inquadramento e di tempo (52) con la Juve ha vinto tutto con la Juve [Carmelo IV., 00: 04: 22] A = SP: complemento di compagnia 37 (53) olio d’oliva e basta olio d’oliva [Carmelo III., 01: 22: 10] A = SN, ma B non sembra poter essere la parte saliente dell’informazione ed inoltre conclude l’enunciato semanticamente. Teniamo presente ciò per ora e vi torneremo più oltre, quando ne mostreremo la curva intonativa. Il fatto che la frase A - B, o meglio l’enunciato, sia privo di predicato, non è da considerarsi pertinente, dato che è “una combinazione coerente di parole che esprime un senso compiuto” (cit. Prisciano sub Graffi 1994, 93); altrettanto si può considerare B - C, ma soltanto realizzabile come costrutto-eco nel caso seguente: (53a) ? (ci metti troppo) olio d’oliva .....e BASta 38 , olio d’oliva [constructed] dove C = esortativo, focussato. 39 <?page no="79"?> 61 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco 40 A riguardo vedi categorizzazione di Salvi/ Vanelli 2004, 23. 3.2.1.4 A / B / C privi di predicato In apertura a questo capitolo, abbiamo premesso che le due frasi semplici, sottostanti per così dire al costrutto-eco, siano di per sé grammaticali. Sottolineo che ho considerato soltanto entità sintattiche frasali, e non ho preso in considerazione entità enunciative in quanto comunicative, con le quali ci siamo però confrontati proprio con l’ultimo campione più sopra. Se possiamo parlare di ‘grammaticalità’ e di ‘agrammaticalità’ quale criterio pertinente nell’ambito dell’unità frasale, della frase considerata unità grammaticale in base a concetti di tipo prescrittivo, non possiamo invece farlo per quanto concerne l’enunciato; nell’ambito di quest’ultimo infatti, vigono come sappiamo, tutt’altri criteri. Cresti (1993, 236) lo esprime molto chiaramente, nel suo esempio ‘gli aranci profumo’, a riguardo del quale scrive: “Solamente quelle prominenze informative che hanno piena interpretabilità costituiscono un testo linguistico e possiamo chiamarle perciò enunciati. L’enunciato quindi è un testo linguistico interpretabile in modo autonomo”. Noi ci chiediamo naturalmente se i sintagmi A, B e C, singolarmente, siano interpretabili e soprattutto se B, nel ruolo di prominenza informativa, sia a sé stante o che comunque non necessiti che di un supporto semantico, quello espresso dalle periferie A e C. In accordo a Cresti (1993), che conclude come segue: La mia conclusione è che l’enunciato, unità naturale ma non semplice del parlato […] è un costrutto presintattico, definibile secondo un criterio di sufficienza informativa e sottostante a condizioni semantiche. (Cresti 1993, 449) il costrutto-eco sembra ‘apportare sintatticità’ anche a “costrutti presintattici”: (54) una buttiglia vini 6/ 7 cento Euro una buttiglia vini [Carmelo I., 01: 28: 40] A = SN: una buttiglia SP = di vino (modificatore con funzione attributiva 40 ) (55) ogni giorno 6 paia di calzine, calzette ogni giorno [Carmelo III., 00: 41: 39] A = SN: ogni giorno (elemento extra nucleare, circostanziale di tempo, vedi sopra avverbio di frequenza). In questo caso si potrebbe anche considerare la pertinenza dell’ellissi. In apertura a questo capitolo, abbiamo già considerato le categorie princi- <?page no="80"?> 62 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 41 Su è normale, che sta per ‘normalmente’, e sulla posizione parentetica degli avverbi, vedi Lonzi 2001, 365. pali di frasi marcate, nelle quali potremmo annoverare anche il costruttoeco, o parte di esso. Questa naturale tendenza a scoprirvi un’ellissi è ben visibile dalla realizzazione di questi costrutti, le cui due frasi semplici A - B e B - C sono prive di predicato e, se si condivide la definizione che ne dà Gislimberti, si potrebbero ascrivere alla categoria delle ellissi. Il primo criterio fondamentale per determinare se ci troviamo di fronte ad una ellissi o no consiste nel verificare se i nostri segmenti testuali analizzati, cioè le singole frasi, contengono il predicato. Le forme verbali che costituiscono un gruppo verbale sono fondamentalmente di due tipi: la parte lessicale che serve a veicolare l’informazione e una parte operativa fondamentale per le sue funzioni morfosintattiche e modali. Considereremo dunque ellittiche quelle frasi sia del tedesco che dell’italiano in cui manca uno di questi due elementi del sintagma verbale. (Gislimberti 1988, 47) Dunque teniamo presente che il costrutto-eco può essere applicato anche in concomitanza con due frasi ellittiche, cioè che A - B e B - C possono essere anche prive di un elemento verbale, ritenuto fondamentale. Naturalmente, perché si tratti di una vera e propria ellissi, l’elemento mancante deve essere ricuperabile dal cotesto stesso. 3.2.1.5 A = C: enunciato / B: frase parentetica Invece di A, B e C privi di predicato, rileviamo dei campioni dove essi sono costituiti da sintagmi verbali (B ne contiene addirittura due), con senso compiuto. È indiscutibile che B rivesta qui una funzione parentetica 41 , e che non possa fungere da Focus; appare del tutto predicibile una realizzazione intonativa, suddivisa in due curve: (56) Lo fai per FORza diciamo, è normale lo fai per FORza [Carmelo IV., 00: 09: 10] Così pure: (57) È un buon rapPORto diciamo è un buon rapPORto [Carmelo IV., 00: 14: 14] Essendo A e C frasi complete, a sé stanti, B sembra non poter essere prominenza, Focus, Nuovo, perché ciò che ha peso informativo è già stato detto in A, ma si potrebbe verificare anche tale caso: (58) È un buon rapporto da SEMpre è un buon rapporto [constructed] <?page no="81"?> 63 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco 42 Vedi Bertinetto 2001, 131. 43 Su operatori deontici vedi Beccaria 1996, 485. 3.2.1.6 A = C: perifrasi verbali Fin qui abbiamo concentrato la nostra attenzione sulle caratteristiche di tipo grammaticale-sintattico, compatibilmente con lo scopo di stabilire la priorità di ricerca sugli aspetti sintattico-intonativo-pragmatici del costrutto. Anche la considerazione dei sintagmi e dei costituenti A, B e C è avvenuta in un’ottica sintattica; tuttavia mi appare inevitabile la necessità di considerare, se anche soltanto sommariamente, l’aspetto semantico, soprattutto in relazione a quelle frasi che mostrano una stretta relazione fra sintassi e semantica. La stretta dipendenza fra realizzazione sintattica predicativo-perifrastica (frase complessa) e il significato semantico che ne riveste, ci offre una possibilità in quest’ottica. Degli esempi sottostanti, tratti dal corpus, considero appositamente il SV sotto un aspetto sintattico e semantico allo stesso tempo. a) Perifrasi progressiva 42 : (59) non stiamo facendo nemmeno libero non stiamo facendo [Carmelo II., 00: 00: 29] Notiamo che la frase B - C nella lingua scritta e parlata detta standard, sarebbe agrammaticale dato che nemmeno all’inizio di frase blocca l’uso di non. b) Perifrasi modale (senza e con valore deontico) 43 : (60) può guadagnare pure 6000 Euro al mese puote guadagnare [Carmelo II., 00: 18: 58] (61) t’ha sapiri pure vendiri t’ha sapiri [Carmelo I., 01: 27: 00] Trad. ‘hai da sapere’ = devi sapere anche vendere c) Perifrasi reggente, in sospeso: (62) quando stavo chi mei nonni quando stavo [Carmelo II., 00: 38: 45] 2 frasi: una principale ed una subordinata: (63) a parlare il mio italiano / / tendo più a parlare [Carmelo I., 00: 03: 15] <?page no="82"?> 64 Costrutto-eco: descrizione grammaticale Il sintagma B regge in A e C una oggettiva, introdotta dalla preposizione semplice a. Ne deriva logicamente una riflessione sulla coesione sintattica tra elementi all’interno di un sintagma, tra sintagmi e tra enunciati. La coesione all’interno del sintagma, dell’enunciato parziale e dell’enunciato è più evidente di quella tra due o più unità di questo genere. Non è, tuttavia, facile risolvere il problema di come queste unità vengano strutturate durante l’uso linguistico. (De Beaugrande/ Dressler 1994, 65) A questo proposito è interessante notare come il limite all’interno del sintagma B nell’esempio (63), dove vige poca coesione, o comunque meno che tra ‘tendo più a parlare’, non implichi una rottura nella curva intonativa e perciò non abbia influsso sulla realizzazione del costrutto-eco. (64) è due anni che dicemmo a kà è due anni [Carmelo I., 00: 24: 15] Subordinata introdotta da che; in questa costruzione la parte B è parentetica. Da notare che siamo partiti dal presupposto che si tratti sempre di frasi, o meglio enunciati, dichiarativi: cioè constatazioni, affermative o negative. I seguenti esempi, invece (da me ideati, ma sottoposti al giudizio di Carmelo, che li ha ritenuti del tutto accettabili) mostrano che il costruttoeco può essere impiegato anche in frasi sia interrogative che imperative (da notare il contrasto e le trasformazioni da (65) e (65a) a (65b) e (65c): (65) Mario ......ha detto tutto ha [constructed] (65a) ha detto tutta la verità ha [constructed] (65b) Ha detto tutta la verità ha detto? [constructed] (65c) Dimmi tutta la verità dimmi! [constructed] In maniera non esaustiva e sistematica ma di chiara aderenza, proviamo a considerare delle restrizioni, cioè delle limitazioni costrittive, poste alla possibilità d’applicazione del costrutto-eco, in concomitanza con le perifrasi progressive: a) passivo (diatesi) (66) (quell’appartamento) è stato ristrutturato è stato [constructed] (67) sarà pure vendía sarà [Carmelo I., 01: 26: 26] (68) sono stato invitato al suo compleanno sono stato invitato [constructed] <?page no="83"?> 65 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco 44 Per termini technici vedi Bertinetto 2001, 131ss. 45 Bertinetto 2001, 152. b) imperativo (69) lavorate fannulloni lavorate! [constructed] (70) Làsseme stare, làsseme [Goldoni 1993, 123 / G38] (71) Andemo fuòa, andemo fuòa andemo [Goldoni 1993, 133 / G44] Perifrasi aspettuali: a) perifrasi continua / perifrasi abituale 44 (72) ? Andrea va discendo cose non vere va discendo [constructed] (73) normalmente se fasci cussì normalmente [Carmelo II., 00: 51: 37] b) perifrasi modale (74) deve cuscinare ancora deve cuscinare [Carmelo III., 00: 14: 49] (75) deve diventare ¼ deve diventare [Carmelo III., 00: 08: 43] (76) t’ha sapiri pure vendiri t’ha sapiri [Carmelo I., 01: 27: 00] c) perifrasi fasale [perifrasi che si riferiscono ad una particolare fase dello svolgimento di un dato processo 45 : incoativa (cominciare a), terminativa (finire di), imminenziale (stare per), continuativa (continuare a)]: (77) comincia a rassodarsi comincia [constructed] (78) finisce di lavorare alle 23 finisce [constructed] (79) sta per avere un figlio sta per avere [constructed] (80) continua a lavorare continua [constructed] <?page no="84"?> 66 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 46 Il verbo ‘capitare’, nella sua caratteristica azionale di puntualità, acquista attraverso il suo uso in un tempo passato e grazie al contesto, un aspetto pressoché incoativo. 47 Esempio di proprietà aspettuale tratto da Bertinetto 2001, 160. 48 Bertinetto 2001, 160. Proprietà aspettuali - verbi impiegati senza perifrasi: a) predicazione incoativa (81) si mette a cantare si mette [constructed] (82) scoppia a ridere scoppia [constructed] (83) capitai cun u bravu cheffi di cuscina capitai 46 [Carmelo II., 00: 14: 04] b) predicazione terminativa (84) smettiamo sempre la sera tardi smettiamo [constructed] c) predicazione continuativa (85) non fa altro che lamentarsi non fa altro [constructed] d) predicazione prospettiva (perifrasi con funzione né deontica né epistemica come di solito nell’uso del verbo modale “dovere”, bensì del tipo ‘le misure prese dovevano rivelarsi del tutto insufficienti’ 47 ): essa viene eliminata dalla rassegna delle possibili perifrasi dopo riflettuta considerazione, in quanto facente parte di una varietà linguistica prettamente scritta o di un tipo d’espressione del parlato pianificato (86) doveva poi finire così doveva [constructed] e) predicazione risolutiva (perifrasi con funzione indicativa del raggiungimento finale di un determinato risultato) 48 (87) va sempre a finire così va sempre a finire [Carmelo IV., 00: 17: 00] 3.2.1.7 A # C formalmente, ma A = C semanticamente (=referenza semantica) Sino ad ora la descrizione delle tre parti costituenti la costruzione-eco è stata fatta sulla base della descrizione grammaticale-sintattica, con aggiunta di considerazioni di tipo semantico-aspettuali riguardo alle forme perifrastiche verbali. <?page no="85"?> 67 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco 49 Esempio ancora più chiaro: ‘Io abito a Holzkirchen abito io’ [Carmelo I., 00: 22: 25]. Ora ci dobbiamo confrontare però con un tipo di costruzione-eco che si differenzia non poco dalla maggior parte delle altre, e cioè una costruzione nella quale la periferia sinistra A appare formalmente diversa dalla periferia destra C, nonostante esprima concettualmente lo stesso contenuto; vuol dire che A e C sono diverse nella loro realizzazione formale, ma coincidenti nel loro contenuto semantico, nel loro significato. (88) tanto io non credo che, sì in cucina più che sui libri, pensavo io [Carmelo I., 00: 40: 50] (89) dividono per cinque fanno [Carmelo I., 01: 01: 16] (90) mi voglio svegliare fin verso le dieci voglio dormire [Carmelo I., 01: 19: 30] (91) la voglio nuova di zecca deve essere [Carmelo III., 01: 03: 03] (B accusativo e nominativo) (92) si è battezzato il figlio del mio amico hanno battezzato [Carmelo III., 01: 08: 25] (anche qui B soggetto e oggetto; A - B attiva e B - C passiva (93) ho provato un mese ho fatto [Carmelo IV., 00: 10: 05] (94) è in America lui adesso a San Francisco lui è andato [Carmelo IV., 00: 23: 20] Nell’esempio (94), possiamo constatare ancora una caratteristica molto interessante, peraltro riportata anche da Scheutz (2005) e cioè la costruzione cosiddetta “a specchio”. In questo caso la peculiarità consiste nel fatto di combinare la ripresa semantica con una differente forma distribuzionale, anzi inversa, dei singoli elementi all’interno dei sintagmi A e C 49 . E con tale esempio, passiamo a dedicarci alla considerazione appunto, dei costrutti-eco ‘a specchio’. <?page no="86"?> 68 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 50 Stipulazione definitoria di dominio: qui usato non nella sua più conosciuta accezione specificatamente linguistica di riferimento ad una delle più importanti nozioni nell’analisi microsociolinguistica delle situazioni comunicative e pertanto delle varietà diafasiche della lingua, bensì nella più comune accezione di ‘estensione’, ‘ampiezza’. Per la precisione nella sua accezione in fisica: “la regione in cui si verifica un determinato fenomeno” (Devoto/ Oli 2000/ 2001, 679). 51 Vedi Dogil/ Braun 1988. 3.2.1.8 A = C formalmente, ma A # C distribuzionalmente: costruzione ‘a specchio’ Ci muoviamo dunque nel dominio 50 delle periferie, considerate singolarmente in qualità di sintagmi, ma messe in relazione contrastivamente l’una con l’altra, riguardo alla disposizione dei loro elementi. Le costruzioni riportate qui di seguito, mostrano pertanto una distribuzione particolare, dove gli elementi dei sintagmi in A e in C sono disposti in ordine contrario rispetto al centro B. Il segmento C reduplica pertanto il segmento A in una disposizione “a specchio” delle parti costituenti. (95) l’anno scorso son stato in Liguria son stato l’anno scorso [Carmelo III., 00: 58: 35] (96) io abito a Holzkirchen abito io [Carmelo I., 00: 22: 25] (97) qui sono tre soci sono qui [Carmelo I., 00: 25: 05] Varianti: (98) si fasceva (a bbotte) un po’ di tutto …. un po’ di tutto si fasceva [Carmelo I., 01: 24: 46] La distribuzione ‘a specchio’ delle periferie, può realizzarsi anche in ‘eco dialogico’, suddiviso dunque tra parlante e interlocutore: (99) Parlante X ma adesso lui si è trasferito Parlante Y si è trasferito a Milano lui adesso [constructed] 3.2.2 Centro B / Cardine 51 Abbiamo pertanto osservato e descritto le due periferie della costruzioneeco: quella sinistra, che precede la parte centrale, e quella destra, che la segue (di conseguenza abbiamo anche visto in parte B, naturalmente). Eccoci dunque a considerare B, il centro, il sintagma o eventualmente la parola, che in seguito ad A e considerata un tutt’uno con essa, forma <?page no="87"?> 69 Osservazione particolareggiata del costrutto-eco normalmente una frase completa, (o se incompleta comunque un enunciato) così come anche in antecedenza alla periferia destra C. Da una descrizione esclusivamente grammatico-sintattica, cercheremo poi di scoprire il ruolo semantico-funzionale di B, nella prospettiva di una rappresentazione di tipo sintattico-costruttivo. È per primo Scheutz (2005) che parla di Pivot, e se pure torneremo su questo concetto più oltre, denominiamo già da ora il sintagma B Pivot, cioè ‘cardine’, in relazione ai due sintagmi A e C, denominati ‘periferie’, in modo da mettere in risalto la sua caratteristica di posizionamento al centro del costrutto, e la sua funzione di ‘elemento articolatore’ fra A e B. 3.2.2.1 B / Cardine: verbo forma finita / SV Consideriamo innanzitutto se B contiene una forma verbale con tempo finito, come nei casi seguenti: (100) per me è brutto per me [Carmelo IV., 00: 19: 30] (101) a parlare il mio italiano tendo più a parlare [Carmelo I., 00: 03: 15] (101a) *a parlare tendo più a parlare [constructed] (101b) *a parlare il mio italiano tendo a parlare il mio italiano [constructed] (102) nu pucu mu manca nu pucu [Carmelo I., 00: 05: 20] (103) adesso io tutto mangio qui [Carmelo I., 00: 47: 10] (104) la sera si arrangia la sera [Carmelo I., 01: 23: 20] (105) e 30% è congelatu e 30% [Carmelo II., 00: 06: 37] (105a) *e 30% è e 30% congelatu [constructed] (costruito secondo un esempio in lingua tedesca di Scheutz [2005, 116], ma nel costrutto-eco non accettabile) (106) *non è bello diciamo non è bello [Carmelo II., 00: 15: 14] Qui avremo certamente due curve intonative, dato che B ha funzione parentetica: ne deriva una vera e propria ripetizione. 3.2.2.2 B / Cardine: SV forma infinita (107) al nord, se va a convivere se va [Carmelo I., 00: 34: 15] (108) poteva venire poteva [constructed] <?page no="88"?> 70 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 3.2.2.3 B / Cardine: Avverbio o SAvv. (109) lo fazzu volentieri u fazzu [Carmelo II., 01: 26: 47] 3.2.2.4 B / Cardine: Pronome o SP Consideriamo ancora brevemente a scopo di una certa completezza, il caso in cui il Pivot contenga un pronome o clitico: (110) me piace a mia me piace [Carmelo I., 00: 29: 45] (110a) *piace mi piace [constructed] (111) rimani lì rimani [Carmelo I., 01: 26: 40] (112) iemu nui iemu [Carmelo II., 00: 02: 25] (113) ci vado io ci vado [constructed] (114) ho dato del mio ho dato [Carmelo II., 00: 13: 57] In tale campione prende posto in B una forma che, nelle grammatiche, viene categorizzata come un pronome, ma che in una puntuale analisi glottologica, va ritenuta invece una forma di riduzione, dato che è stato soppresso il sostantivo, ‘testa’ dell’aggettivo possessivo. 3.2.2.5 B / Cardine: Nome o SN Alcuni campioni mostrano anche la presenza di un sintagma nominale in B, come segue: (115) sarebbe fiammifero sarebbe (NOM) [Carmelo III., 00: 12: 25] (116) ti sa d’arancio ti sa (GEN) [Carmelo III., 00: 13: 54] (117) gli ho regalato i soldi gli ho regalato (ACC) [Carmelo IV., 00: 10: 53] (118) è arrivato Andrea è arrivato (NOM) [Carmelo II., 01: 20: 48] Un’ultima considerazione va fatta sull’estensione del sintagma B, che, come abbiamo già visto, può essere limitata ad un unico lessema (anche monosillabo, come nel caso ‘gliel’hai dato tu gliel’hai dato’) oppure di grande estensione, come nel caso: (119) mia madre, se deve vendere del pesce, però, diciamo, sotto casa mia; non è che va in giro mia madre [Carmelo IV., 01: 12: 40] <?page no="89"?> 71 Sommario 3.3 Sommario In questo terzo capitolo mi sono dedicata ad osservare in maniera ravvicinata il costrutto-eco, cercando di descrivere le sue caratteristiche strutturali in un’ottica prevalentemente grammaticale. Il lavoro è stato condotto in continua presenza delle costruzioni elicitate dal materiale di registrazione personalmente raccolto e descritto nell’allegato, consistente in dialoghi di parlato spontaneo. In un primo paragrafo è stato effettuato un sommario approccio al costrutto nella sua prerogativa di frase complessa, contenente due frasi semplici, ed è stata messa in luce l’importanza di considerarne l’ordine degli elementi, compito riservato allo svolgimento del quarto capitolo. In tale cornice teorica si introduce il secondo e centrale paragrafo: qui la particolareggiata osservazione del costrutto viene effettuata in prospettiva sintattico-semantico-referenziale. Per la precisione, e ciò viene più volte sottolineato nel corso del lavoro, si conduce una minuziosa ricerca specificatamente grammaticale, con l’intento di non tralasciare alcuna, possibile, significativa costante grammaticale, che caratterizzi in maniera inequivocabile il costrutto e di conseguenza lo delimiti e lo metta in rilievo rispetto ad ogni altra simile costruzione ripetitiva. Vengono pertanto rilevate le tre componenti A - B - C in base alle categorie grammaticali che vi si riscontrano: SV, SN, SP, SAvv. All’interno del SV si è osservata la presenza o meno di verbi ausiliari e di espressioni perifrastiche. Per quanto riguarda i risultati ottenuti, abbiamo potuto dedurre che A e C non sono esclusivamente rivestiti dalla categoria verbale, come sembrava in un primo momento. È un dato di fatto che molto spesso sia un sintagma verbale ad aprire e a chiudere il costrutto, ma troviamo anche sintagmi nominali e pronomi. Inoltre si è delineata chiaramente l’opzione che il parlante ha, di riprendere semanticamente lo stesso contenuto di A, con una differente forma in C: le due periferie non sono dunque, formalmente, sempre identiche. Anche distribuzionalmente abbiamo potuto constatare come in A e C gli elementi si possano disporre “a specchio” in relazione al centro B. A proposito della terminologia, è stato posto l’accento sul termine Pivot: l’approfondimento di tale concezione verrà effettuata più avanti, nel corso del lavoro. Vada soltanto premesso che, in tale termine si racchiudono diverse concezioni: 1) quella topologica di segmento centrale nella sequenza lineare degli elementi o sintagmi <?page no="90"?> 72 Costrutto-eco: descrizione grammaticale 52 Unico caso che potrebbe apparire dubbio, è il campione (33), dove l’uso di lui, pronome tonico, potrebbe dare da pensare ad una scelta cosciente del suo impiego, in opposizione all’uso di egli (clitico). Nell’italiano standard però, oggi, non sussiste più tale differenziazione, soprattutto per quanto riguarda il parlato, cosicché possiamo dedurre che l’uso di lui sia dovuto ad una necessità di precisare il soggetto del discorso, o di evidenziarlo contrastivamente. Anche in questo caso, il Focus più prominente cade indiscutibilmente su B, che è il segmento che veicola la maggior rilevanza informativa. 2) quella coesiva di collegamento delle due periferie 3) quella semantica di completamento a livello logico, significativo 4) quella informativa di Focus a livello pragmatico di conseguenza: 5) quella di cardine (Pivot) a livello rappresentativo, di chiara ispirazione psicolinguistica. La ricerca di costanti o di restrizioni a livello prettamente grammaticale realizzata in questo terzo capitolo, pur non essendo esaustiva, ci ha mostrato che le due periferie mostrano spesso la presenza di un verbo finito, ma anche tante altre categorie grammaticali, così come anche il centro della costruzione. Una vera e propria assoluta costante di ricorrenza prettamente grammaticale non è stata rilevata; piuttosto è stata dimostrata una grande varietà di realizzazioni possibili. Una tendenza si è mostrata tuttavia in maniera chiara ed inconfutabile: la mancanza di focalizzazione delle due periferie. A livello formale di esse non si riscontra infatti alcuna focalizzazione lessicale 52 . <?page no="91"?> 1 Cfr. i tre livelli di approccio alla sintassi in Daneš 1964, 225: “(1) level of the grammatical structure of sentence; (2) level of the semantic structure of sentence; (3) level of the organization of utterence”. 4. Costrutto-eco: descrizione sintattica In questo quarto capitolo viene preso in considerazione uno degli aspetti di maggior rilievo della presente analisi: i collegamenti tra le unità di contenuto rappresentate nell’enunciato, pertanto la disposizione dei costituenti e la loro eventuale marcatezza sintattica all’interno delle due frasi A - B e B - C, che compongono il costrutto che ne deriva. Naturalmente la disposizione degli elementi nella frase preclude la considerazione del livello pragmatico-informativo, cioè la disposizione del materiale informativo (dunque il livello semantico) all’interno dell’enunciato e di conseguenza la rilevanza e la prominenza di parte di esso (livello pragmatico) 1 . A tale scopo vengono dunque presi in considerazione: l’ordine dei costituenti delle principali strutture frasali in italiano, la concezione di Topic (con le categorie di definito e indefinito) e quella di Focus. Quest’ultima viene affiancata brevemente al concetto di Pivot, che verrà comunque elaborato più approfonditamente nel lavoro a venire. 4.1 Le principali strutture di frase in italiano Alle preliminari stipulazioni definitorie appartiene innanzitutto l’osservazione delle principali strutture di frase in italiano: esse vengono classificate in base al modo in cui gli argomenti si strutturano intorno al verbo. Vanno distinti pertanto tre tipi fondamentali: a) la frase accusativa b) la frase inaccusativa c) le frasi con essere Per frase accusativa si intende quel tipo di frase che, strutturata intorno ad un verbo transitivo o intransitivo, è costituita da una testa verbale, da un Soggetto che occupa la posizione esterna rispetto al SV e, nel caso più frequente, da un Oggetto Diretto (ed eventualmente un altro argomento). <?page no="92"?> 74 Costrutto-eco: descrizione sintattica Come già accennato, oltre ai verbi transitivi, rientrano in una struttura accusativa alcuni verbi intransitivi, che possono essere usati anche in maniera transitiva, come per esempio dormire (esso può reggere infatti un accusativo nel caso: ‘dormire un sonno profondo’ o ‘ho dormito tutta la notte’ - da notare infatti l’uso del verbo ausiliare avere per la formazione dei verbi composti). Inoltre tutti i verbi che si combinano con un clitico riflessivo: gli unici della classe degli accusativi, che vengono coniugati con l’ausiliare essere. La frase inaccusativa viene caratterizzata invece dal fatto che il Soggetto occupa la posizione dell’Oggetto Diretto: essa è costituita dalla testa verbale, in genere un verbo inaccusativo, e da un Soggetto che occupa la posizione dell’Oggetto Diretto (ed eventualmente anche da altri argomenti): mostrando alcune delle proprietà tipiche degli Oggetti Diretti, il Soggetto delle frasi inaccusative, può essere pronominalizzato. Teniamo presente anche il fatto che l’ausiliare che si usa nei tempi composti con tutti i verbi inaccusativi è il verbo essere. Premesse tali differenze, va sottolineata ora quella più significativa in relazione alla nostra ricerca: l’ordine marcato delle parole nelle due costruzioni, quella accusativa e quella inaccusativa. Nelle frasi accusative con ordine delle parole marcato, infatti, constatiamo il Soggetto nella posizione postverbale, così come avviene nella distribuzione del Soggetto rispetto al verbo nelle frasi inaccusative. Contrariamente invece alla costruzione inaccusativa, in quella accusativa il Soggetto, pur rivestendo apparentemente il posto dell’Oggetto, non mostra nessuna delle proprietà sintattiche tipiche degli Oggetti Diretti. La sostanziale differenza fra le due costruzioni sta nel fatto che, nelle frasi inaccusative, ove troviamo il Soggetto dopo un verbo inaccusativo, esso può venir pronominalizzato, in quanto gode di proprietà tipiche degli Oggetti Diretti (es: è arrivato un artista > ne è arrivato uno); mentre con un verbo intransitivo che si coniuga con avere (perciò in una costruzione accusativa), constatiamo che esso non si può mai pronominalizzare (es: qui ha passeggiato un artista > * qui ne ha passeggiato uno). Per chiarezza teniamo salda la seguente categorizzazione tra verbi considerati ‘verbi intransitivi’: intransitivi con avere = ‘intransitivi - accusativi’ intransitivi con essere = ‘inaccusativi’ Un test diagnostico che si è rivelato di sicura riuscita è la pronominalizzazione con il ne partitivo, dato che questo tipo di pronominalizzazione non <?page no="93"?> 75 Le principali strutture di frase in italiano 2 Vedi Salvi/ Vanelli 2004, 55-57. 3 Anche Benincà (1991, 116) si contraddice sostenendo che: “ […] dobbiamo assumere che una frase possa essere sintatticamente non marcata, ed avere tuttavia un valore pragmaticamente marcato. Anche in mancanza di spostamenti sintattici si può ottenere, per esempio con elementi intonativi, un effetto marcato”. Il “per esempio” sembra non calzare: quali altri fattori potrebbero se no marcare una frase al di là di spostamenti degli elementi costitutivi della frase, perciò fattori sintattico-topologici, se non elementi prosodico-intonativi? Cfr. Benincà 1991, 116ss. con esempio “Questi ragazzi non capiscono niente”, dove appare chiara la contraddizione. Confusione in fatto di marcatezza è anche chiara a pag. 121, dove la dislocazione a sinistra viene presentata come una frase che non è marcata intonativamente, ma anche non marcata pragmaticamente; “restrizioni stilistiche” vengono fatte derivare dalla marcatezza sintattica, che dovrebbe essere naturalmente messa in evidenza per prima. funziona mai con SP (sintagmi pronominali: es ‘contare su qlc.’) e neppure nel caso di SN, sia che si tratti di Soggetto davanti al Verbo, sia nel caso di elemento extranucleare (esterno perciò al SV). Ciò che è importante per il nostro esame di restrizioni, è che la pronominalizzazione con il ne partitivo, è sempre possibile se il SN è un Oggetto Diretto. Nelle frasi accusative perciò, se anche troviamo il Soggetto in posizione di Oggetto Diretto, esso si comporta come un Soggetto preverbale, non ammettendo infatti la pronominalizzazione col ne. 2 Benincà (1991, 115ss.) sostiene che, nella descrizione dell’ordine delle parole, la marcatezza sintattica e quella pragmatica siano le uniche ad essere pertinenti, anche se è risaputo, che una frase può essere marcata anche sotto l’aspetto fonologico. Si considera infatti non marcata fonologicamente esclusivamente una frase che mostri una curva continua, priva di interruzioni o picchi intonativi e perciò ad andamento melodico. Una frase non marcata sintatticamente invece è una frase nella quale l’ordine dei costituenti corrisponde all’ordine che essi hanno nella struttura della lingua, così come la ricostruisce la teoria linguistica, ed una frase non marcata pragmaticamente, è una frase che può essere adatta ad un alto numero di contesti linguistici, cioè ad un numero teoricamente infinito di situazioni comunicative. Necessariamente ci si domanda a che cosa sia dovuta questa marcatezza pragmatica, che sembra essere “generalmente ancora stabilita su base intuitiva” (Benincà 1991, 115). Personalmente sostengo che la marcatezza pragmatica sia la somma della marcatezza sintattica e di quella fonologica, pertanto non possa venir stabilita in base ad intuizioni, bensì ad analisi specifiche, sia sintattiche che fonologico-prosodico-intonazionali 3 . Se si intende poi con marcatezza pragmatica l’adeguatezza dell’enunciato ad un contesto situazionale dato, non è certo pertinenza della vera e propria scienza del linguaggio, bensì della sociolinguistica e della psicolinguistica. <?page no="94"?> 76 Costrutto-eco: descrizione sintattica 4 Il termine inaccusativo, corrisponde nella grammatica relazionale al termine ergativo, “usato nell’ambito della grammatica generativa” (Beccaria 1996, 278); esso viene riferito alla categoria verbale ed è ristretto alla classe dei verbi intransitivi, caratterizzata dall’assegnazione di un solo ruolo tematico e che si coniugano con l’ausiliare essere. I verbi inaccusativi/ ergativi contrastano da un lato con quelli transitivi (es: vedere) e dall’altro con i verbi intransitivi accusativi/ inergativi (es: ridere). Vedi Burzio 1986, 27ss. N.B. Le costruzioni inaccusative ammettono la costruzione con il ne partitivo (es: “Sono arrivati molti attori”: struttura inaccusativa; “Qui hanno passeggiato molti attori”: struttura accusativa) (Salvi/ Vanelli 2004, 57). Cfr. Benincà 1991, 169, che opera una distinzione un po’ diversa, secondo la quale gli ergativi fanno parte della classe degli inaccusativi, ma non corrispondono esattamente con essi. 5 Vedi Salvi/ Vanelli 2004, 300. Per il momento ci occuperemo di marcatezza sintattica, cioè dei casi in cui i costituenti della frase non occupano le loro posizioni canoniche previste dalla struttura della lingua, ma sono stati spostati per aggiungere un’informazione d’altro tipo al loro significato strettamente semantico, proposizionale; un esempio possono essere i classici casi di dislocazione a sinistra, di topicalizzazione, ecc… Più oltre, nel capitolo dedicato all’intonazione, considereremo ciò che spesso viene denominata ‘enfasi’ e che consiste in un picco intonativo particolarmente pronunciato, realizzato con la funzione di mettere in evidenza un elemento al punto da renderlo contrastivo, perciò a “essere sufficiente a contraddire il testo precedente, cioè a negare una parte di esso, mentre la novità non marcata (quella che caratterizza la parte finale della frase) non è sufficiente a questo scopo” (Benincà 1991, 119). Ciò che interessa momentaneamente il nostro caso è che “ci sono frasi che, in presenza di determinati verbi o costrutti verbali, mostrano comunemente il soggetto posposto al verbo” (Benincà 1991, 123). Questi casi presentano verbi o strutture inaccusative 4 . 4.2 Casi in cui l’ordine delle parole è sintatticamente marcato Ora prendiamo in considerazione espressamente quei casi in italiano, nei quali l’ordine delle parole è marcato, in quanto discosta dall’ordine degli elementi nella frase, che riconosce la sequenza SVODat. come canonico. Ogni struttura che mostri diversa disposizione, anche il Dat. prima dell’Acc., viene considerata pertanto ‘marcata sintatticamente’. 5 Adotterò un semplice procedere: considerando l’eventuale marcatezza sintattica di A - B nei costrutti-eco a mia disposizione, costruirò contrastivamente la ‘versione eco’ con contraria distribuzione degli elementi in A - B, con lo <?page no="95"?> 77 Casi in cui l’ordine delle parole è sintatticamente marcato 6 Vedi Benincà 1991, 124 sul “principio della progressione del nuovo” in base alla quale, se queste frasi non fossero marcate sintatticamente, dovrebbe essere possibile aggiungere un elemento nuovo alla fine della frase senza con ciò eliminare la loro non-marcatezza. scopo di giungere eventualmente ad una restrizione di tipo topologicosintattico del costrutto-eco. Si pone dunque la questione: nei costrutti-eco, la sequenza A - B è marcata sintatticamente o meno? Ed inoltre: la costruzione-eco è realizzabile anche se invertiamo l’ordine degli elementi in A - B (cioè se realizziamo la sequenza B - A - B)? I seguenti paragrafi mostrano alcuni dei numerosi fattori che condizionano la marcatezza sintattica dell’ordine delle parole rispetto all’ordine posto come canonico in italiano (dunque VS invece di SV). 4.2.1 Verbi inaccusativi intransitivi con “essere”: (120) è arrivato Andrea è arrivato [Carmelo II., 01: 20: 48] (120a) *Andrea è arrivato Andrea [constructed] 4.2.2 Verbi intransitivi intransitivi come “telefonare” “suonare” 6 (121) Ha suonato il postino ha suonato [adattata da Renzi 1991, 124] (121a) *il postino ha suonato il postino [constructed] (122) Ha telefonato Masiero ha telefonato [adattata da Renzi 1991, 124] (122a) *Masiero ha telefonato Masiero [constructed] 4.2.3 Verbi riflessivi Si tratta di quei verbi riflessivi con accezione passivante “deren ursprüngliches Subjekt zwar getilgt wurde, aber noch als existent postuliert ist (passivierende Lesart)” (Schwarze 1995, 374): (123) Si celebrarono le nozze si celebrarono [es. tratto da Schwarze 1995, 374] (123a) *Le nozze si celebrarono le nozze [constructed] <?page no="96"?> 78 Costrutto-eco: descrizione sintattica 7 Cfr. ‘In Spagna, siamo andati quattro anni di seguito siamo andati’ Carmelo III., 00: 51: 12, con indicazione di luogo in posizione iniziale. Qui si può trattare infatti di una Voranstellungsstruktur (in Spagna), che resta comunque esclusa dal costrutto-eco. (124) si è battezzato il figlio del mio amico hanno battezzato (costruzione accusativa) [Carmelo III., 01: 08: 25] (124a) *il figlio del mio amico hanno battezzato il figlio del mio amico [constructed] 4.2.4 Pesantezza di un costituente La pesantezza di un costituente e la sua tendenza ad andare in fondo alla frase, come nel seguente caso: (125) mia madre se deve vendere del pesce però diciamo sotto casa mia non è che va in giro mia madre [Carmelo IV., 01: 12: 40] (125a) * …non è che va in giro mia madre non è che va in giro [constructed] 4.2.5 Proposizioni subordinate Le proposizioni subordinate, naturalmente prive di enfasi: (126) ha detto che non voleva vedere nessuno ha detto [constructed] (126a) *che non voleva vedere nessuno ha detto che non voleva vedere nessuno [constructed] (127) diciamo che quinta è il massimo diciamo [Carmelo IV., 00: 45: 45] (127a) *che quinta è il massimo diciamo che quinta è il massimo [constructed] 4.2.6 Indicazioni di tempo Le indicazioni di tempo, quando fungono da cornice, si trovano all’inizio della frase: 7 (128) la sera (ci) si arrangia la sera [Carmelo I., 01: 23: 20] (128a) *(ci) si arrangia la sera (ci) si arrangia [constructed] (129) in vita mia mai fatto a botte in vita mia [Carmelo II., 00: 43: 05] (129a) *mai fatto a botte in vita mia mai fatto a botte [constructed] <?page no="97"?> 79 Casi in cui l’ordine delle parole è sintatticamente marcato 8 Da notare: la marcatezza non viene data come pragmatica, bensì come fonologica e la pausa viene interpretata come veicolante d’enfasi. Commenti approfonditi più oltre, nel capitolo dedicato all’intonazione. 9 Riguardo ad inergativi ed inaccusativi vedi Lo Cascio/ Jezek 1999, 254-256; Tempo, Aspetto e Azione nell’uso di tipo intransitivo pronominale con la particella clitica ‘si’ di verbi transitivi, quali per esempio riempire, incendiare, aprire (es: Il fumo ha riempito la stanza vs. la stanza si è riempita di fumo). Nel suddetto lavoro viene mostrata la pertinenza delle caratteristiche semantiche del tipo [durativo], [dynamic], [risultativo] (Lo Cascio/ Jezek 1999, 268). 4.2.7 Verbi psicologici Verbi detti psicologici (come piacere, sembrare): (130) sembrano cane e gatto sembrano [Carmelo IV., 00: 58: 38] (130a) * cane e gatto sembrano cane e gatto [constructed] (131) sembrava un’attrice italiana sembrava [Carmelo III., 00: 00: 58] (131a) *un’attrice italiana sembrava un’attrice italiana [constructed] 4.2.8 Topicalizzazione contrastiva La ‘topicalizzazione contrastiva’, è il caso in cui “una frase topicalizzata si inserisce in un contesto di cui essa nega una parte, esplicita o implicita” (Benincà 1991, 136). Inoltre “l’elemento topicalizzato è pronunciato con enfasi, un effetto d’ordine prosodico che può essere ottenuto con un aumento dell’intensità, dell’altezza e separando intonativamente l’elemento topicalizzato come gruppo tonale a sé stante” (Benincà 1991, 136) 8 (132) *OLIO D’OLIVA e basta. Olio d’oliva. [Carmelo III., 01: 22: 10] (semplice ripetizione: l’asterisco sta ad indicare “non costrutto-eco”) (132a) * olio d’oliva e basta olio d’oliva [constructed] (132b) *olio d’oliva non burro olio d’oliva [constructed] 4.2.9 Ergativi Qui di seguito alcuni esempi con verbi ‘ergativi’ 9 , i quali richiedono anch’essi la posticipazione del soggetto, se usati in costruzioni inaccusative. (133) abbiamo girato un po’ tutto abbiamo girato (costruzione accusativa) [Carmelo III., 00: 52: 10] (133a) * un po’ tutto abbiamo girato un po’ tutto [constructed] <?page no="98"?> 80 Costrutto-eco: descrizione sintattica (134) è affondata la nave è affondata [constructed] (costruzione inaccusativa) (134a) *la nave è affondata la nave [constructed] Come possiamo ben osservare qui di seguito, nella costruzione accusativa: (135) Maria …… apre la finestra apre [constructed] A - B mantiene la posizione canonica degli elementi e il costrutto-eco è accettabile; nella costruzione inaccusativa che segue (135a) * la finestra si apre la finestra [constructed] la posizione degli elementi è sintatticamente non marcata soltanto in relazione alla disposizione “teoricamente canonica” (SVO), ma in realtà è marcata pragmaticamente, perché non d’uso comune. E altrettanto i seguenti esempi: (136) son passati vent’anni pure son passati [Carmelo IV., 00: 42: 05] (136a) * vent’anni pure son passati vent’anni pure [constructed] (137) ho passato vent’anni a Roma ho passato [constructed] (137a) *vent’anni a Roma ho passato vent’anni a Roma [constructed] (138) ha passato la verdura ha passato [constructed] (138a) *la verdura ha passato la verdura [constructed] 4.2.10 Altri casi a) Focalizzazione lessicale, cioè già implicita nel significato semantico lessicale: (139) non sei mai te stesso non sei mai [Carmelo III., 01: 00: 05] (139a) *te stesso non sei mai te stesso [constructed] b) “La possibilità di avere un soggetto postverbale dipende quindi dalla proprietà di alcuni verbi di sottintendere un argomento locativo, che è da considerare il tema dato, per cui il soggetto è in effetti nuovo, e la frase è sintatticamente marcata, pur essendo pragmaticamente non marcata” (Benincà 1991, 125). Ecco un esempio di argomento locativo, pronominalizzato in ci: (140) c’erano tre o quattro italiani c’erano [constructed] (140a) * tre o quattro italiani c’erano tre o quattro italiani [constructed] <?page no="99"?> 81 Riguardo a Topic e Focus c) Soggetto logico, come nell’esempio: “ Questo piace a Giorgio” (Benincà 2005, 271): (141) piace a Giorgio piace [constructed] (141a) * a Giorgio piace a Giorgio [constructed] L’enumerazione dei casi, nei quali la presunta disposizione canonica degli elementi della frase in italiano non viene rispettata, termina qui. Nonostante la sua inesaustività, si è mostrato chiaramente l’altissima frequenza di frasi marcate sintatticamente, le quali tuttavia non lo sono affatto pragmaticamente e si è potuta notare una tendenza ad una restrizione: il costrutto-eco viene realizzato con una disposizione di A - B non marcata pragmaticamente, a prescindere dal fatto che lo sia sintatticamente. 4.3 Riguardo a Topic e Focus Abbiamo già accennato e apportato alcuni esempi di topicalizzazione contrastiva, caso nel quale l’ordine degli elementi della frase non segue la disposizione canonica. Adesso si rende necessario comparare le due concezioni di Topic e di Focus, per chiarire quali posizioni e quali prominenze informative veicolino i sintagmi A, B e C, nella loro duplice combinazione sia di frasi semplici (A - B e B - C) che di costrutto-eco (A - B - C). Sembra davvero che queste due categorie abbiano una natura ibrida, anche se “[…] nelle lingue romanze moderne […] sembra vi siano due posizioni distinte a disposizione, l’una per elementi topicalizzati e l’altra per elementi focalizzati” (Ferraresi/ Goldbach 2003, 65). Un caso di Topic lo si verifica dunque nella dislocazione a sinistra con ripresa “tramite clitico oggetto (clitic left dislocation)” (Ferraresi/ Goldbach 2003, 64), come per esempio: (142) Il tuo libro ieri l’ho comprato (Topic, dislocazione a sinistra) [Stark/ Wandruszka 2003, 65] mentre nel seguente esempio avremo un Focus contrastivo: (142a) Ieri IL TUO LIBRO ho comprato [Stark/ Wandruszka 2003, 65] C’è da precisare naturalmente che non sono due posizioni diverse, bensì la ripresa pronominale e l’intonazione, che operano la differenza, infatti i due seguenti casi sarebbero inaccettabili: (142b) * Ieri il tuo libro ho comprato [constructed] (142c) * Il tuo libro ho comprato [constructed] <?page no="100"?> 82 Costrutto-eco: descrizione sintattica 10 ”Questa proprietà sembra essere abbastanza recente nell’italiano e non è probabilmente estesa ugualmente in tutte le varietà regionali. Una pragmatica diversa si osserva in Sicilia e in Sardegna; molto simili all’italiano antico sono le caratteristiche dell’anteposizione nelle varietà parlate nelle valli dolomitiche di Badia, Gardena e Marebbe (ladino centrale)” (Benincà 2005, 268). Sfuggono a questo requisito (della “topicalizzazione contrastiva”, cioè del fatto che l’oggetto anteposto non ha la ripresa pronominale se è contrastato intonativamente) alcuni particolari elementi, appartenenti alla categoria degli “operatori”: si tratta di elementi [pro]nominali, che si trovano nel lessico di ogni lingua, i quali fanno riferimento non a oggetti o a individui reali o fittizi, ma a caratteristiche di tipo logico che questi elementi devono avere. Operatori sono fondamentalmente i pronomi qualcuno, nessuno, tutti, molti, i numerali ecc… (Benincà 2005, 268; la parentesi è mia) 10 Esempi: (143) * TUTTO non si può fare [constructed] (144) *QUALCOSA penso che farò [constructed] Ma proprio questa restrizione, che metterebbe in dubbio il ritenere B nella frase B - C una topicalizzazione contrastiva, non è valida per l’italiano di Sicilia, dove si osserva appunto un diverso uso pragmatico di tale costruzione. Infatti riportiamo i seguenti campioni, presentati a Carmelo e da lui accettati: (145) niente dissi (accettabile nel parlato di Sicilia) [constructed] (145a) non dissi niente non dissi [constructed] Riguardo alla dislocazione a sinistra (DS) poi, un caso dunque di vera e propria topicalizzazione, vediamo che la frase A - B ne conferma l’uso, in quanto A, nel ruolo di Topic, non è focalizzato. Esempio: (146) Un litro di birra, te la tirano dietro te la tirano [Carmelo, I., 01: 15: 20] (146a) * Un litro di birra, ti tirano dietro un litro di birra [constructed] Caso, quest’ultimo, che non potrebbe essere accettato e che mostra nuovamente che la focalizzazione contrastiva si verifica esclusivamente nella frase B - C. La topicalizzazione contrastiva, ch’io denominerei anteposizione, in accordo con Delmonte (1983, 133), non è in realtà che una anticipatio senza ripresa pronominale, una focussazione, “caratterizzata da ritmo particolare, senza pausa fra sintagma anteposto e verbo, con una sottolineatura enfatica […]” (Benincà 1991, 143). <?page no="101"?> 83 Riguardo a Topic e Focus Non si può negare che nella letteratura viga una certa confusione riguardo alla differenza tra Topic, Topicalizzazione, Focus e Topicalizzazione contrastiva: Il Topic inoltre può essere semplice, dato cioè da un solo costituente emarginato a destra o a sinistra, oppure multiplo, cioè dato da più costituenti, i quali possono trovarsi tutti a destra o tutti a sinistra, oppure parte a destra e parte a sinistra (Topic misto). Es: A Maria gliel’ho dato il libro in cui abbiamo un Topic a destra e uno a sinistra. (Mereu 2004, 167-168) Commenta inoltre Mereu (2004, 169-170): “Casi come quest’ultimo sono molto interessanti poiché mostrano come in realtà le nozioni di Topic e di Focus abbiano effettivamente qualcosa in comune”, commento al quale non posso aderire. Nell’esempio apportato infatti, si tratta proprio di una netta distinzione tra il centro ‘gliel’ho dato’, ch’io considero il Focus (e il Pivot) dell’enunciato, così come B nel costrutto-eco, e le due periferie: A ‘a Maria’ e C ‘il libro’, quali Topics, o Presupposition dell’enunciato. Riguardo a topicalizzazione, e l’uso di questo termine al posto di focussazione, vedi Mereu 2004: […] varietà terminologica in questo campo, parte della quale possiamo ora dire dipenda proprio da un’area concettuale comune che Topic e Focus condividono. Ovviamente ciò non significa che vada eliminata la distinzione tra i due concetti, come, per esempio, si riscontra spesso nella letteratura generativa dove si parla di topicalizzazione, intendendo spesso casi di focalizzazione […]. (Mereu 2004, 170) Se s’intenda con ‘aria concettuale’ il rapporto che sussiste tra Topic e Focus come tra Presupposition e Focus allora sì, ma soltanto in quel caso. Infatti il seguente esempio tratto da Mereu (2004) mostra esattamente un costrutto tipo eco, anche se la descrizione che ne viene fatta viene utilizzata nell’ottica contraria: (147) quella portava a Fiumicino quella lì [Mereu, 2004, 177] Caso di Topic misto, cioè di un Topic in parte a destra e in parte a sinistra, solo la parte a destra mostra innalzamento della F0. (Mereu, 2004, 177) Un esempio molto simile potrebbe essere il seguente, costruito da me su un campione di Carmelo e confermato da lui personalmente come costrutto-eco: (148) questa l’hanno fatta dalle parti di Genova questa qua [esemplificazione del campione Carmelo IV., 01: 02: 10 - constructed] <?page no="102"?> 84 Costrutto-eco: descrizione sintattica 4.3.1 La Topicalizzazione Un caso particolare è dato ancora dalla topicalizzazione di un elemento di una frase idiomatica, che secondo Benincà (1991, 152) permette di contrastare non soltanto l’elemento topicalizzato, bensì l’intera espressione idiomatica nell’insieme del suo significato. Il fatto che questo tipo di topicalizzazione ci appaia estremamente simile alle costruzioni in causa, è dato dal fatto che si tratta in realtà di una focalizzazione vera e propria. Gli esempi da lei riportati sono i seguenti: (149) DALLE NUVOLE è cascato [Benincà 1991, 152] (150) DI SASSO è rimasto [Benincà 1991, 152] In costruzione-eco risulterebbero tali: (151) È cascato dalle nuvole è cascato [constructed] (152) È rimasto di sasso è rimasto [constructed] Ma anche se non fossero frasi idiomatiche, otterremmo: (153) È rimasto ammutolito è rimasto [constructed] (154) È cascato per terra lungo disteso è cascato [constructed] Il fatto che tale topicalizzazione, consistendo in effetti in una dislocazione a sinistra senza ripresa pronominale, perciò in una anteposizione, metta in evidenza tutta la frase (invece del sintagma sottolineato prosodicamente), non è sostenuto da alcuna prova. La percezione di totale topicalizzazione che produce nel ricevente, è dettata, a mio avviso, esclusivamente dal contenuto semantico lessicale che, essendo memorizzato ed automatizzato nel parlante di lingua madre in un tutt’uno, sembra non distinguere diversi sintagmi. Infatti, invece delle due seguenti possibilità di intonazione totale, canonica: (155) ACQUA DA TUTTE LE PARTI faceva [constructed] (155a) Acqua DA TUTTE LE PARTI faceva [constructed] l’esempio che segue: (155b) *ACQUA faceva da tutte le parti [constructed] sarebbe inaccettabile, per il fatto che non si può segmentare e posizionare invertitamente un sintagma con estrema coesione semantica come quella di una frase idiomatica, che in caso contrario perderebbe la sua caratteristi- <?page no="103"?> 85 Riguardo a Topic e Focus 11 Vedi Renzi 1991, 152. 12 Tschida 1995, 171ss. ca di frase idiomatica, e cristallizzata come tale 11 . Anche questo caso di topicalizzazione di una parte di frase cristallizzata non sembra aderire al caso del costrutto-eco, dove possiamo riscontrare per ora un caso di Topic in A nella frase A - B e di anteposizione in B, nella frase B - C. 4.3.1.1 La concezione di Topic Ora passiamo invece a dirigere le nostre osservazioni analitiche su quella parte dell’ambito riservato alla combinazione di una eventuale marcatezza sintattica già appurata o meno ed una possibile marcatezza prettamente pragmatico-informativa. Le questioni di tipo funzionale, se pur tali, necessitano anch’esse, di una chiara base concettuale, radicata nelle ricerche scientifiche; la stessa cosa si può dire anche per le concezioni riguardanti il livello pragmatico-comunicativo degli enunciati, quali Rema, Tema, Topic ecc… Dato che, secondo Stark (1997, 38ss.) sembra che la maggior parte degli studi semantico-pragmatici riguardanti enunciati si basino, in maniera più o meno esplicita, su due differenti concezioni di Tema o Topic, si mostrano nuovamente necessarie le preliminari postulazioni definitorie. Per ricorrere ad esse, prenderemo in considerazione l’approfondito lavoro di Tschida (1995), il quale nel Dreiebenenmodell (Tschida 1995, 96-148) distingue fra l’approccio di tipo “aussagentheoretisch” e quello di tipo comunicativo-pragmatico e mostra le differenze di realizzazione e composizione dell’enunciato per quanto riguarda i diversi piani della comunicazione. Tschida (1995) ritiene che una proposizione sia divisibile in due parti, da lui denominate Topic e Comment: Topic in qualità di Aussagegegenstand e Comment in qualità di Aussageziel: la scelta di questi viene operata dal locutore e, di conseguenza, da lui stesso, anche la scelta di posizionamento dei sintagmi all’interno della frase. Topic e Comment sono grandezze relative: il Comment attribuisce al relativo Topic una qualità o una prerogativa, oppure lo attribuisce ad un dato di fatto (la relazione esistente tra Topic e Comment viene denominata Adskription 12 ); e ciò dopo avergli messo a disposizione, dopo avergli ‘aperto’ per così dire, uno spazio vuoto. Nella posizione di Topic possono infatti esser inseriti nuovi concetti del discorso, che determinano più precisamente il Comment (Tschida 1995, 171). <?page no="104"?> 86 Costrutto-eco: descrizione sintattica 13 Paradigmatisch: Tschida 1995, 202. 14 Vedi Stark 1997, 38. 15 Rimando per una più dettagliata analisi a Stark 1997, 37-49. La seconda concezione che sottostà ai concetti di Topic e Comment, riguarda il valore comunicativo dell’informazione, ed essendo di natura contestuale-paradigmatica 13 , riveste criteri del tipo: ‘vecchio’ e ‘nuovo’, ‘definito’ e ‘indefinito’. Abbiamo qui pertanto un rapporto diretto fra ‘novità’ di un referente e la forma della codifica per la sua identificazione, operata dal locutore. Qui il livello dell’enunciato viene superato ed è indipendente dalla suddivisione e dipartizione dell’enunciato in Topic e Comment. Elementi che, al momento dell’enunciazione sono dati nel contesto extratestuale, Tschida (1995) li denomina “thematisch” e nuovi invece “rhematisch”. Ciò significa che non necessariamente devono convergere Topic e Tema. Le referenze possono essere infatti di nuova o data natura extralinguistica, pur essendo codificati dal locutore come tematici 14 . Per quanto concerne il primario concetto di Topic, esso appare in qualità di Aussagegegenstand, “what the statement is about”, nel senso del classico soggetto pragmatico: in questo senso, la concezione di topic come “what the sentence is about” non è che una categoria di tipo pragmaticodiscorsivo, che formalmente può essere realizzata in maniera sintattica e differenziata. Non riteniamo di dover effettuare in questa sede una dettagliata e tanto meno esaustiva presa in considerazione delle diverse teorie a riguardo 15 , bensì è necessario precisare ulteriormente tale concetto, in modo che non dia luogo a confusione di termini. Chafe (1976) esprime già il concetto di un’entità che, sotto la denominazione di TOPIC, sta per un elemento di origine comunicativa, al di fuori della proposizione vera e propria, e che funge da “cornice” (in ottica temporale, spaziale o anche semplicemente tematica) della proposizione stessa, entro la quale essa acquista valore. Esattamente come Chafe (1976), anche Sornicola, (1981, 138) sembra possedere, entrambe le concezioni di Topic e di TOPIC e ne sottolinea la reciproca interdipendenza nella “microprogettazione” del testo: […] l’occorrenza nel testo di un certo blocco informativo che, indipendentemente dalle sue relazioni funzionali e sintagmatiche con gli elementi del cotesto, costituisce un’unità comunicativa autonoma, sia in quanto manifesta un oggetto ad alta salienza per il parlante nel flusso di informazioni da lui prodotto, sia in quanto predefinisce un campo di relazioni informative all’interno del quale si svilupperà il co-testo successivo. Una volta che tale blocco è dato (e il suo occorrere ha l’effetto di restringere l’intervallo di opzioni possibili per la <?page no="105"?> 87 Riguardo a Topic e Focus progressione semantica del testo) il blocco successivo, ovvero il comment, sarà un’unità comunicativa scelta in questo intervallo di opzioni così ristretto. (Sornicola 1981, 138) Sornicola aggiunge: È evidente da ciò che abbiamo detto sinora che la relazione topic-comment è di natura squisitamente testuale, e cioè un effetto del principio di linearità inerente al testo e alla sua costituzione, e del principio, pure intrinseco alla costituzione testuale, dei punti di decrescenza della quantità di informazione. (Sornicola 1981, 138) Tschida (1995, 150) usa per questa concezione il termine Exposition (spatiotemporale Verankerung), in quanto ritiene che questi elementi, ricchi di contenuto, rivestano un significato a livello testuale, per il fatto che specificano la situazione iniziale e/ o le condizioni limitrofe (“Rahmenbedingungen”) delle quali la rilevanza nei confronti di tutto l’atto enunciativo, deve poi essere soppesata; un ancoramento di tipo spaziale/ temporale, perciò. Questi TOPIC non devono pertanto apparire necessariamente in ogni atto linguistico, in quanto concernono ciò che è dato al di fuori della vera proposizione (Stark 1997, 41), e normalmente sono posizionati all’inizio dell’enunciato (Stark 1997, 42): essi sono “sowohl in semantischer als auch in syntaktischer Hinsicht unabhängig vom Prädikat der Folgeäußerung”, il che fa pensare, nel caso del costrutto-eco, alla posizione esterna al SV del Soggetto, se pur nella posizione di Oggetto Diretto nelle strutture frasali accusative: gli elementi extranucleari (Salvi/ Vanelli 2004, 57). Queste due categorie pragmatiche, quella di Topic e quella di TOPIC vengono considerate di importanza centrale da Stark (1997), nella descrizione delle funzioni principali delle strutture da lei analizzate (Herause Voranstellungsstrukturen). 4.3.1.2 Le categorie: Definitheit e Indefinitheit L’essere ‘definito’ in senso pragmatico non risulta pertanto esserlo, necessariamente, anche in relazione alla referenza extralinguistica e/ o, tanto meno, in relazione alla presenza di qualche elemento formale che lo giustifichi nella “struttura superficiale” (Stark 1997, 43). ‘Indefinito’, nel senso che ne da Chafe (1976, 38ss.), sta a significare una presunta asimmetria tra il locutore e l’interlocutore. Questa asimmetria riguarderebbe la capacità, o la possibilità, di identificare, direi ‘ricuperare’ il riferimento-Topic, indipendentemente dal fatto di essere nuovo o meno. Così si potranno avere delle referenze di tipo nuovo, e indefinito, perché non ancora nella <?page no="106"?> 88 Costrutto-eco: descrizione sintattica coscienza dell’interlocutore e, al limite, indefinito ma dato: referente dato, ma non identificabile per l’ascoltatore, cioè non presente nella sua consapevolezza. Come sottolinea Stark (1997, 50), per la codifica dei Topic in strutture esterne alla vera e propria frase, è pertinente il grado di ‘novità’, dato che quello di ‘definibilità’ è stato appurato come dato di fatto. Topic dati e definiti occupano la posizione iniziale nella frase, la quale non è marcata nelle lingue romanze, lingue con prominenza soggettiva, il cui soggetto viene espresso, normalmente, in forma pronominale (cosa che vale per il francese, non per l’italiano, lingua pro drop). Referenti poi, pragmaticamente meno adatti ad essere Topic, perciò ‘nuovi’, occuperanno anch’essi la posizione preverbale, iniziale di frase, ma in una posizione notevolmente marcata, anche attraverso l’isolamento, in cui si sono trovati, nei confronti del sintagma a cui si riferiscono. L’ipotesi di una correlazione tra il grado di sintattica integrazione e lo stato informativo del relativo referente viene proposta da Cinque (1977 e 1979, 118ss.), il quale prende in esame tra l’altro la dislocazione a sinistra e ammette spostamenti a sinistra solo se accompagnati da una certa aggiunta enfatica, come già veduto supra (Antinucci/ Cinque 1977, 123-124). 4.4 Riguardo a Pivot e Focus Ma la rappresentazione di suddivisione di una frase, a livello informativo, in Tema e Rema, è poi mantenibile? Se consideriamo le difficoltà che comporta spesso tale suddivisione, soprattutto nei casi di disposizione degli elementi in maniera non canonica, dobbiamo porci necessariamente la questione dell’efficienza di tale bipartizione. Un’alternativa può essere quella di considerare esclusivamente la prominenza informativa in rapporto ad un unico Focus, il quale sarà più o meno esteso (e quindi evidenzierà a livello informativo uno o più costituenti della frase) in relazione ad un ‘sottofondo’ d’informazione scontata, o conosciuta, o prevedibile, o intuibile, o più facilmente comprensibile, o deducibile dalla percezione del Focus che risalta sul resto dell’informazione. Non è infatti escluso che, il fatto che una parte dell’informazione sia focussata, permetta di riflesso (e intonativamente lo si può alle volte ben vedere dall’ascendere e dal discendere degradato della curva d’intonazione) di ‘illuminare di luce riflessa’ l’ulteriore informazione meno saliente. Foley/ van Valin (1984) mettono in relazione il concetto del Topic non con il Soggetto, bensì con un altro concetto ad esso simile (Molnár 1991, <?page no="107"?> 89 Riguardo a Pivot e Focus 16 Il termine Pivot lo riprendono da Heath (1975) e Dixon (1979). 17 Essi si rifanno all’analisi di Li/ Thompson 1976, 457-489 e a Chafe 1976, 25-55. 27), al quale danno la denominazione di Pivot. 16 Gli autori motivano l’introduzione di tale concetto in un’ottica universalistica. Sembra infatti che l’identificazione del soggetto per via canonica sia problematico, mentre si mostra più realizzabile l’identificazione di una NP, per così dire ‘cruciale’ (Foley/ van Valin 1984, 110) “around which the construction is built”. Secondo la loro concezione il Pivot è da considerarsi una categoria sintattica, che però è in stretta relazione con la pragmatica, in quanto essa riveste, veicola, a livello sintattico, una precisa categoria discorsiva, io aggiungerei, funzionale. Questa doppia caratteristica sintattico-funzionale del cardine, viene sintetizzata nel termine “pragmatic Pivot” ed abbreviata in PrP. The pivots […] are ‘pragmatic’ because pragmatic factors play a major role in the selection of the verbal argument which will assume this syntactic status in the clause. Thus because discourse pragmatic factors such as coreference, definiteness, and givenness are involved in the determination of syntactic status of the argument of a verb within a clause, pragmatics pivots represent the syntacticization of these discourse factors in clause-internal grammar. (Foley/ van Valin 1984, 115) Un’altra citazione per mettere in evidenza la “historische Verwandtschaft” del termine Pivot con il termine Topic e le reciproche differenze strutturali e funzionali, è la seguente: “Pivots are clause-internal, where as topics occur external to the clause. Accordingly, many languages, can have both in the same sentence…” (Foley/ van Valin 1984, 124) 17 , e proprio questo sembra essere il caso del costrutto-eco. In quest’ultima citazione si evidenzia il differente rapporto che hanno con il nucleo della frase e, nella seguente citazione (Foley/ van Valin 1984, 127), si evidenziano invece le relazioni di natura sia semantica che sintattica con il verbo: “PrP is a core argument of the verb, and thus bears a semantic relation to the predicate. A topic need not bear any semantic relation to the verb, but it bears a relation to the sentence as a whole”. Riguardo alla relazione semantica e sintattica del Pivot con il verbo, perciò del suo essere integrato al SV, consideriamo le differenze tra Topic e Pivot e la loro pertinenza al costrutto-eco: i Pivot sono elementi clause internal e core arguments del verbo, integrati nella frase sia sintatticamente che intonativamente, mentre i Topic, in qualità di elementi clause-external, sono spesso distaccati dal resto della frase attraverso una pausa, e sono da <?page no="108"?> 90 Costrutto-eco: descrizione sintattica 18 Vedi Molnár 1991, 28. 19 Molte le possibili traduzioni di questo termine, delle quali ogni accezione sottolinea una sfumatura della sua caratteristica: incatenamento, nesso, collegamento, articolazione, legame, anello, concatenazione. mettere in relazione con tutta la frase e non soltanto con il verbo. I contrasti strutturali correlano anche con notevoli differenze funzionali: la certa aderenza al discorso e la funzione linking, cioè quella di incatenamento e di collocamento. Ricapitolando brevemente dunque: se da un lato Chafe (1976) pose come necessaria restrizione strutturale del Topic il suo essere integrato nella frase, da questa sua caratteristica ne derivò un criterio per identificare il Topic sintatticamente con il Pivot e/ o il Soggetto, e il Topic venne confinato di conseguenza a strutture marcate, esterne alla frase (Li/ Thompson 1976, Foley/ van Valin 1984). 18 Parallelamente si mantenne la posizione di Givón (1979), il quale identifica una funzione linking, “Verkettung, Verknüpfung” 19 , del Topic, e/ o funzioni marcate: cioè ammette una variabilità funzionale della topicalizzazione. Nonostante le controversie terminologiche e teoriche riguardo al Topic, categoria funzionale in diretta relazione a categorie sintattiche, è necessario chiarire preliminarmente, per la nostra analisi, quali scelte operiamo inizialmente fra le numerose opzioni delle strutture sintattiche in relazione alla complessità funzionale. Abbiamo constatato pertanto il cristallizzarsi di due tendenze, entrambe finalizzate alla funzione del Topic di garantire la coerenza e la coesione testuale, e di conseguenza la dipendenza della sua funzione al grado di novità o conoscenza (in effetti non soltanto cotestuale ma anche contestuale). La GG si approccia al problema del Topic dalla prospettiva formale. La differenza, più che sussistere tra le teorie funzionali e la teoria generativista dell’informazione, consiste sostanzialmente nel considerare una relazione regolare fra strutture formali e strutture con precisi contenuti informativi, mentre i funzionalisti si muovono nella direzione contraria: essi considerano prima le funzioni pragmatiche e in un secondo tempo cercano il loro influsso negli elementi sintattici, nelle espressioni linguistiche. Terminologicamente constatiamo l’uso dei termini ‘Topic-Comment’, ‘Topic-Focus’, ‘Presupposition-Focus’ in opposizione a quelli di ‘Tema- Rema’ introdotti dalla Scuola di Praga; concettualmente la problematica venne sollevata da Chomsky (1965), il quale definì questi concetti in maniera esclusivamente sintattica, in quanto li considerò e li osservò come apparenti forme della struttura superficiale, perciò quali relazioni gramma- <?page no="109"?> 91 Restrizione sintattica di realizzazione del costrutto-eco 20 In frasi con il cosiddetto ‘stilisting fronting’. Es: This book I really enjoyed. 21 Foley/ van Valin (1984, 37) usa il termine background; in tedesco spesso Hintergrund. ticali a livello sintattico della superficie vs. le relazioni grammaticali di Soggetto e Predicato della struttura profonda. It might be suggested that Topic-Comment is the basic grammatical relation of surface structure corresponding (roughly) to the fundamental Subject- Predicate relation of deep structure. Thus we might define the Topic-of the Sentence as the leftmost NP immediately dominated by S in the surface structure, and the Comment-of the Sentence as the rest of the string. (Chomsky 1965, 221) Questo punto è molto significativo per il nostro caso. Chomsky sottolinea che la struttura Topic-Comment (ma non la relazione Soggetto-Predicato) viene principalmente determinata dalla struttura lineare dell’ordine degli elementi della frase e ciò è particolarmente evidente nelle frasi in cui la relazione Soggetto-Predicato della struttura profonda è diversa da quella della struttura superficiale e dove il Topic non riveste il ruolo grammaticale del soggetto. 20 In un secondo tempo, e precisamente con il lavoro del 1971, Chomsky introduce i termini Presupposition e Focus quali elementi della rappresentazione semantica che devono essere differenziati l’uno dall’altro, principalmente in base all’intonazione. Focus sarebbe il sintagma con il centro intonativo e il resto sarebbe la ‘Presupposizione’. 21 Ciò che mi induce ad associarmi a questa visione del Topic è che, in ottica chomskyana, il concetto di Topic non è più ancorato ad un grado di conoscenza, di nuovo, di ‘definibilità’, bensì ad un concetto linguistico autonomo, di comunicativa rilevanza formale. Il sottofondo teorico riguardo alla problematicità del concetto del Topic è qui concluso; naturalmente è stato solo schizzato a grandi linee, ma basta a dare un’idea, se non esaustiva, pressoché vasta delle diverse tendenze e a motivare, per lo meno in parte, la nostra scelta nello svolgimento di questo lavoro. 4.5 Restrizione sintattica di realizzazione del costrutto-eco Negli ultimi paragrafi abbiamo considerato la posizione degli elementi nelle due frasi A - B e B - C, in relazione alla collocazione dell’informazione che veicolano: rilevanza dell’informazione se anteposta, dunque <?page no="110"?> 92 Costrutto-eco: descrizione sintattica 22 Tesi sostenuta da Antinucci/ Cinque 1977. 23 Su ‘rhematische Hierarchie’ vedi Uhmann 1988, 70 e Selting 1995, 119. 24 Vedi Mereu 2004, 73-74. focalizzata oppure topicalizzata, se riferita a conoscenze in qualche modo date o presunte, diremmo di minor rilevanza. Sostengo che la valutazione più appropriata sia quella di tipo relativo, invece che assoluto: in un flusso di informazioni come quelle veicolate dal parlato spontaneo, l’emittente mette in rilievo, accentua, focalizza, la parte informativa più saliente, tramite l’anticipazione e/ o l’accentuazione del sintagma che la trasmette. Nel caso del costrutto-eco sembra dunque che il parlante emetta una frase (A - B) pragmaticamente canonica (topologicamente) e che aggiunga poi il sintagma iniziale A, in modo che B risulti anteposto: nella frase B - C esso sarà di conseguenza focalizzato. Una restrizione che sembra scaturire dall’analisi sintattica dell’ordine degli elementi della frase, sarebbe dunque di ordine pragmatico: la frase A - B deve essere, a prescindere dalla sua marcatezza prettamente sintattica, cioè in base al dato assoluto della sequenza SVO, non marcata pragmaticamente. Ne derivano alcuni quesiti: solo se la disposizione di B, nella frase A - B, non è marcata, può essere focalizzata? E se è marcata nella frase B - C, come nel caso dell’anteposizione, deve venire ulteriormente focalizzata con un picco intonativo? 22 Vorrebbe dire che esistono due focalizzazioni, una sintattica ed una prosodica: ma esse devono essere realizzate contemporaneamente, o alternativamente? Si possono ottenere dunque focalizzazioni di maggiore o minore intensità e durata? Esiste un continuum di focalizzazione? 23 Al fine di ottenere una risposta alle tante domande menzionate, vediamo innanzitutto di stabilire se la posizione degli elementi di una frase sia davvero canonica esclusivamente in prospettiva pragmatica, o se non lo sia di fatto anche in prospettiva sintattica. Poniamo quest’ultima dunque in una nuova relazione, e cioè in relazione al verbo della frase (così come proposto da Sornicola 1999) e, per l’esattezza, ai verbi in genere, suddivisi secondo il criterio della loro valenza e della quantità degli argomenti che reggono. Consideriamo schematicamente: a) Verbi bi-argomentali 24 ordine sintattico: S V O struttura semantica: Agente - Predicato - Paziente o altri ruoli semantici struttura informativa: (Dato) - Nuovo (Topic) - Focus <?page no="111"?> 93 Restrizione sintattica di realizzazione del costrutto-eco 25 L’ordine illustrato per le frasi con verbi mono-argomentali è per taluni ristretto ai verbi cosiddetti “inaccusativi” e per altri esteso all’intera gamma dei verbi mono-argomentali e motivato proprio dalla mono-argomentalità dei predicati (Sornicola 1999). In realtà la questione è molto complessa in quanto legata anche ad altri fattori quali la presenza di circostanziali, significati temporali-aspettuali del predicato verbale, fattori sui quali sembra non sia stata ancora fatta totale chiarezza. Esempi di costrutto-eco con verbi bi-argomentali: (156) fanno la selezione fanno [Carmelo I., 00: 58: 54] (156a) *la selezione fanno la selezione [constructed] (157) ci ho la parabola ci ho [Carmelo I., 01: 10: 13] (157a) *la parabola ci ho la parabola [constructed] (158) ti sei giocato la giornata ti sei giocato [Carmelo I., 01: 08: 54] (158a) * la giornata ti sei giocato la giornata [constructed] (159) ho dato del mio ho dato [Carmelo II., 00: 13: 57] (159a) *del mio ho dato del mio [constructed] In ogni esempio apportato è evidente, che gli elementi A - B si trovano nella loro posizione sintatticamente canonica di VO, dunque non-marcata. L’inversione di essi impedisce la formazione del costrutto-eco. (160) t’ha sapiri pure vendiri t’ha sapiri [Carmelo I., 01: 27: 00] (160a) *pure vendiri t’ha sapiri pure vendiri [constructed] Come si può bene osservare nell’ultimo caso, i ruoli non sono rivestiti soltanto dai costituenti di una frase, bensì anche dalle frasi stesse, principale e secondaria. La subordinata (vendere) è una frase oggettiva: qui il ruolo dell’accusatività viene realizzato a livello di frase completa. b) Verbi mono-argomentali 25 ordine sintattico: V S struttura semantica: Predicato - Tema o altri ruoli semantici struttura informativa: (Dato) - Nuovo (Topic) - Focus Esempi di costrutto-eco con verbi monoargomentali: (161) Ce sté più guadagno ce sté [Carmelo I., 00: 50: 22] (161a) *più guadagno ce sté più guadagno [constructed] (162) so bei soldi sono [Carmelo II.,00: 19: 16] (162a) *bei soldi sono bei soldi [constructed] (163) è arrivato Andrea è arrivato [Carmelo II., 01: 20: 48] (163a) *Andrea è arrivato Andrea [constructed] <?page no="112"?> 94 Costrutto-eco: descrizione sintattica Anche in questi casi è indiscutibile la non-marcatezza sintattica di A - B. Se la concezione della marcatezza si basa su un criterio di frequenza, sulla percentuale dunque di rarità in confronto a ciò che si considera canonico, usuale, in quanto più frequente, allora in italiano si pone la questione se, una disposizione non canonica ma frequentissima, come quella del soggetto dopo il verbo con i verbi monoargomentali, sia da considerarsi marcata o piuttosto semplicemente una disposizione alternativa ed altrettanto frequente, come quella prevista dalla tipologia linguistica di quella determinata lingua storica. 4.6 Alternativa concezione di ordine degli elementi e loro rapporto con le rappresentazioni delle funzioni grammaticali Partendo quindi dalla riflessione sulla validità e sull’accettazione della teoria linguistica in base alla disposizione delle parole nella frase, consideriamo molto interessante un lavoro attinente a tale problematica, il cui titolo è: labile ordine delle funzioni grammaticali; una funzionale rappresentazione delle strutture monoargomentali, di Rosanna Sornicola (1999). L’ottica tradizionale ha considerato l’ordine degli elementi nella frase come una variante in dipendenza delle rappresentazioni funzionali: proprio ciò viene messo in discussione dalla linguista. L’ordine dei costituenti, è stato infatti concepito in maniera aprioristica e priva di problematicità: un insieme di codificazioni di funzioni di natura grammaticale e/ o pragmatica. Sornicola invece argomenta che l’ordine degli elementi della frase, può essere studiato in quanto “indipendent variable” e tale visione può aiutare a sviluppare nuovi modelli di rappresentazione delle strutture funzionali. Questa osservazione non porta naturalmente ad un’ottica priva di considerazione per il ruolo che ne riveste la grammatica, bensì mette l’accento sul fatto di dover partire da un’analisi preliminare delle caratteristiche dell’ordine dei costituenti e, in un secondo tempo, di cercare di metterle in relazione con le rappresentazioni funzionali; ed è proprio su questo punto che si manifesta il mio pieno accordo. Questo scopo vuol essere perseguito attraverso l’esame dei problemi sorti in combinazione con i verbi cosiddetti monoargomentali, cioè quelle strutture verbali nei quali il dominio dell’operatore verbale è riservato ad un singolo argomento a livello rappresentativo. Di conseguenza, le strutture che vengono prese in considerazione in tale studio, sono due verbi di movimento, come andare <?page no="113"?> 95 Alternativa concezione di ordine degli elementi 26 Vedi Sornicola 1999, 291-292. e venire e verbi processuali, come suonare, echeggiare, fiorire: queste classi di verbi condividono le proprietà della intransitività, ma possono essere ulteriormente suddivisi in due sottoclassi: in accordo con la proprietà sintattica evidente dalla codifica di un unico argomento (come la distinzione di ergativi e inaccusativi operata nella grammatica generativa), oppure in accordo alle proprietà semantiche ‘animato’ o ‘agentivo’ (come nelle analisi tipologiche). Altre strutture che possono esser considerate monoargomentali sono quelle riflessivo-intransitive e passive. Un’interessante caratteristica di questi verbi è il loro labile order, in quanto l’ordine del singolo argomento del verbo e del verbo stesso sono estremamente instabili ed oscillano in accordo ad una costellazione di fattori, che vedremo più oltre. 26 Questa caratteristica sembra tipologicamente condizionata dal rispettivo ordine basilare degli elementi della frase della lingua storica in questione e l’intento di Sornicola (1999) è di dimostrare che, nelle lingue con ordine labile dei costituenti in strutture monoargomentali, una simile caratteristica, cambia notevolmente la determinazione della rappresentazione funzionale di base. Ciò può venir interpretato come un indice di neutralizzazione di entrambe le funzioni grammaticali di Soggetto e Oggetto; oppure come indice di una diversa funzione grammaticale, che non è né Soggetto né Oggetto. 4.6.1 Il problema della rappresentazione dell’ordine degli elementi della frase Dall’Ottocento, l’ordine degli elementi nella frase è stato concepito come una nozione, in parte correlata alla sintassi e in parte a ciò che usiamo definire ‘pragmatica’. Inoltre, non vi è stato accordo riguardo al modo in cui vadano relazionati i due livelli nei confronti dell’ordine dei costituenti. Per precisare: i modelli formalisti hanno definito i fattori pragmatici in termini di strutture sintattiche, sottolineando ripetutamente l’importanza del livello strutturale sintattico, mentre i modelli funzionalisti hanno ripetutamente sottolineato la mancanza di una rappresentazione integrativa, che rispettasse il nesso fra i livelli rispettivamente sintattico, semantico e pragmatico. La nozione di ‘interazione reciproca’ è stata espressa in diverse maniere. Una delle idee che ha riscosso largo consenso è che le lingue dimostrano di essere influenzate in gradi diversi da fattori sintattici <?page no="114"?> 96 Costrutto-eco: descrizione sintattica e pragmatici: ciò ha spronato a distinguere fra lingue con ordine degli elementi di tipo sintattico e altre con ordine di elementi di tipo pragmatico. In questo lavoro di Sornicola (1999, 292) il maggior interesse è dato dal fatto che entrambe le descrizioni, sia quella formalista che quella funzionalista, mostrano l’ordine degli elementi come una realizzazione di caratteristiche per lo più astratte. Comunque sia, sta di fatto che, i modelli di tipo formalista esprimono tali proprietà in termini sintattici, e i modelli funzionalisti le esprimono in termini semantici. In entrambi i casi, si tratta perciò di una “dependent variable”. Ma se consideriamo l’ordine delle costituenti di una frase come delle variabili indipendenti dall’outset, ben presto emergerà la difficoltà di correlazionare l’ordine degli elementi e la rappresentazione delle funzioni, che per la maggior parte mostrano caratteristiche astratte. L’ ‘ordine’, di per sé, non è un concetto unitario, dato che consiste in una molteplicità di livelli, che è il caso di distinguere come segue: a) Ordine quale relazione non-lineare fra argomenti del verbo: in questo senso uno riferisce al verbo in qualità di ‘primo’ e l’altro in qualità di ‘secondo’ b) Ordine quale combinazione di rapporti relazionali fra almeno due costituenti. Ciò non necessita di un rapporto relazionale lineare, così come la nozione di ‘combinazione’ implica soltanto un collegamento di costruzione. Ovviamente, questo modello è concepito su un livello per il quale la struttura argomentale è posta sopra alla struttura dei costituenti. c) Ordine è un insieme di posizioni, caratterizzate da una proprietà relazionale definita in termini di sovrapposizione alla configurazione sintattica. Tale nozione implica linearità e concerne la realizzazione di funzioni grammaticali. d) Ordine è un’attuale sequenza di costituenti. Questa nozione implica linearità, nonostante essa riguardi il livello dell’espressione (utterance), dal momento che la nozione in (c) riguarda la struttura della frase (sentence). A livello della frase (sentence) ogni pattern di sequenze involve le tre nozioni (a)-(c), mentre al livello dell’espressione (utterance) sono coinvolte le quattro nozioni (a)-(d). Sornicola (1999, 293) opera assunzioni di tipo metodologico e teorico come segue: <?page no="115"?> 97 Alternativa concezione di ordine degli elementi 27 Vedi e cfr. “Azione e aspetto verbale” in Dovicchi-Heintzen 2004, 68-69. La prima ipotesi è che per ottenere una ‘descrizione’ plausibile dei limiti delle strutture che sono associate ad un ordine degli elementi, esso debba essere costretto, forzato, innaturale. Per esempio, qui viene posto l’ordine dei costituenti in strutture con predicati ad un solo argomento. La seconda ipotesi è che l’ordine debba essere concepito come un complesso di nozioni che possono essere analizzate secondo i criteri (a)-(d). Inoltre, ci sono regolarità, nella disposizione degli elementi, che non possono emergere se si considera l’ordine degli elementi una mera variabile dipendente, cioè come mezzi di codificazione di funzioni grammaticali. La terza ipotesi è che lo studio dei principi che regolano l’ordine degli elementi nella frase, non possa essere annessa al livello d’astrazione correlato all’analisi di una data struttura, bensì sia necessaria un’analisi specifica dei dati ottenuti da un corpus di testi reali, cioè del parlato vero e proprio. 4.6.2 Costruzioni con verbi monoargomentali e labilità dell’ordine delle parole Nelle lingue romanze e in quelle slave, i verbi intransitivi, i riflessiviintransitivi e le costruzioni riflessive, tendono ad un ordine VS labile. Un’accurata analisi dell’italiano ha guidato ad una netta divisione fra le strutture bi-argomentali e mono-argomentali e da Sornicola (1999, 294) viene sottolineato il fatto che siano diversi i fattori che influenzano l’instabilità dell’ordine SV/ VS nelle costruzioni con verbi mono-argomentali: il tipo di testo, per esempio, oppure i fattori di rilevanza informativa, come il posizionamento del Focus e di tutto il resto della frase; inoltre altri fattori semantici, come quelli della classe verbale e delle caratteristiche di tipo d’azione verbale, in concomitanza con la proprietà di ‘animato’ del S. In realtà il fatto che fattori semantici influenzino la posizione del S, o anche dell’O, nei confronti del V, viene sostenuta anche dalla mia analisi preliminare sul verbo-eco. 27 Anche i verbi che esprimono un cambiamento di stato, come ‘apparire’, ‘crescere’ e ‘aumentare’ vengono associati a pattern del tipo VS, nella maggior parte dei casi; i verbi ‘durativi’ concorrono con ordine SV, e invece, quelli con caratteristica azionale di ‘puntualità’, piuttosto con pattern del tipo VS. Il tratto binario ‘animato’ riferito al Soggetto, sembra anche di grande importanza: i verbi mono-argomentali infatti, sia in italiano che in spagno- <?page no="116"?> 98 Costrutto-eco: descrizione sintattica 28 Cfr. Sornicola 1999, 294. Per una sistematica analisi dell’attendibilità di tale affermazione, cioè perché l’aspetto semantico del Verbo abbia grande influenza nell’instabilità dell’ordine degli elementi nella frase, sarebbe interessante operare un ‘checking’ servendosi appunto della costruzione-eco. lo (Sornicola 1994), se costruiti con un Soggetto non animato, mostrano un’altissima percentuale di costruzioni VS. Il fattore inanimato, infatti, si correla molto spesso con la caratteristica semantica di significare evento, costruzioni tipicamente del tipo VS. Così anche nel significato di processo: in questi casi infatti, il S mostra caratteristiche del tutto simili a quelle dell’O, essendo, nel ruolo del ‘paziente’, coinvolto nel processo e la sua posizione a destra del V può essere considerata una sorta di ‘incorporazione’ del sostantivo al verbo (cfr. “brucia la casa”, “maturano le mele”) 28 . L’asimmetria esistente tra strutture mono-argomentali e bi-argomentali, a riguardo del labile ordine dei componenti della frase, può essere ritenuta condizionata dunque tipologicamente. 4.7 Stabilità e instabilità dell’ordine delle parole in dipendenza delle proprietà delle strutture argomentali La stabilità, secondo Sornicola (1999, 295) non dipende dalla transitività o dalla intransitività del verbo, bensì dalle proprietà delle strutture argomentali, cioè dal fatto che occorrano due argomenti, e che l’occorrenza di un solo argomento neutralizzi la necessità di attenersi ad un ordine prestabilito, canonico. È probabilmente il fattore ‘canonicità’ dei pattern di posizionamento degli elementi nella frase, ad arricchire di valore interpretativo l’enunciato, affinché venga percepita correttamente la priorità informativa. Naturalmente tale necessità viene a crollare se non compare che un unico argomento del verbo. Un’evidente dato di fatto è che entrambe le costruzioni, quella a due argomenti con verbi intransitivi e quella agentiva passiva, mostrano una stabile posizione dei costituenti e rispettano l’ordine SV, come le costruzioni con verbi transitivi a due argomenti. Sembra addirittura che la labilità del pattern SV o VS non dipenda soltanto dalla correlazione tra numero dei costituenti in una frase e il numero dei possibili patterns che si possono realizzare, bensì fra il numero dei costituenti della frase e il grado di oscillazione fra un pattern e l’altro. Cioè: con l’accrescere del numero dei costituenti aumenta la rigidità del loro ordine nella frase, e con il decresce- <?page no="117"?> 99 Stabilità e instabilità dell’ordine delle parole 29 Questo approccio differisce da quello behaviourista e generativista, così come quello basato su teorie primitivistiche. re dei costituenti, diminuisce la rigidità del loro ordine nella frase. Ne consegue che: • tanto più la struttura è ‘leggera’, tanto più essa è instabile • tanto più la struttura è ‘pesante’, tanto più essa è stabile. Qui di seguito vediamo come le funzioni grammaticali siano state definite in maniera differente per mezzo di diverse concezioni sintattiche, mentre per Sornicola (1999) esse sussistono esclusivamente in qualità di concezioni puramente relazionali. La linguista ritiene che le funzioni grammaticali debbano essere definite indipendentemente dai loro ruoli semantici e dai livelli di realizzazione dove appaiono come concordanze e casi morfologici. Il livello indipendente nel quale vanno differenziati è quello di ‘opposizioni’, in senso ‘strutturalista’. 29 In accordo con la tradizione strutturalista infatti, la definizione di unità teoriche andrebbe apportata in termini di relazioni di differenza e di opposizione, così come in fonologia e in sintassi fu adottata da Jakobson (1963) e da Kurylowicz (1964): tale esplorazione avvenne a livello di dimensioni paradigmatiche e sintagmatiche, piuttosto che in funzioni grammaticali. L’approccio adottato da Sornicola (1999) è che ci deve essere un livello dove le funzioni grammaticali vengono definite in termini differenziali e in base a nozioni di opposizione. Sebbene ad un altro livello di analisi, è utile tener presente la distinzione di Bühler (1965) fra “systembedingt” e “feldbedingt”, pur dovendo ammettere che, le opposizioni feldbedingt possiedono una logica priorità riguardo alle opposizioni systembedingt: le ultime derivano dalle prime. I tradizionali modelli generativi poi, hanno usato opposizioni crosssentential per rappresentazioni, della stessa struttura, ma a livelli diversi. Questo modello è in accordo con i modelli tradizionali dello strutturalismo americano, che descrive i fonemi come sound patterns, a loro volta correlati con rappresentazioni, di tipo morfo-fonologiche, a livelli diversi. In entrambe le rappresentazioni, quella fonologica e quella sintattica, valgono due principi fondamentali: <?page no="118"?> 100 Costrutto-eco: descrizione sintattica 30 N.B. Il lavoro di Sornicola 1999 si basa sul suo lavoro del 1994, dove esamina l’ordine relativo dei costituenti basici della frase (Soggetto, Verbo, Oggetto) a partire da un corpus di testi di italiano contemporaneo, differenziati tipologicamente. Da questa analisi emerge una netta biforcazione tra la situazione delle frasi con verbo transitivo e quella delle frasi con verbo intransitivo, intransitivo-riflessivo o passivo senza agente specificato, per quanto riguarda l’ordine relativo di Soggetto e Verbo. Nel primo caso, la frequenza del modello con il Soggetto che precede il Verbo è assai elevata, mentre nel secondo gruppo di casi si riscontrano forti oscillazioni tra l’ordine Soggetto-Verbo e l’ordine Verbo- Soggetto, su cui sembrano influire, spesso in maniera imprevedibile, tutti i parametri presi in considerazione (Sornicola 1994, 25-57). Sornicola (1994, 56) conclude che “word order is a dynamic, not a static phenomenon”. (a) il principio di rappresentazioni multiple di entità teoriche (b) il principio delle rappresentazioni soggiacenti contenenti differenti strutture o relazioni, le quali sono messe in rapporto tra loro da trasformazioni (Sornicola 1999, 300). 30 Sornicola cerca di definire la funzione di un singolo argomento nelle strutture monoargomentali, stabilendo: (a) S e X come varianti di una stessa funzione (b) O e X come varianti di una stessa funzione (c) X come una distinta funzione di S e di O Il problema di scelta che deriva da queste possibili soluzioni è, secondo lei, simile a quello, in fonologia, di assegnare varianti allofoniche a fonemi dati. Come risaputo, la soluzione adottata dallo Strutturalismo Europeo è che, due fonemi formano una opposizione fonologica se, e soltanto se, hanno differenti funzioni e cioè, se il risultato del test comunicativo in minimal paar è valido. Sornicola riconosce peraltro quanto sia problematico stabilire quando e in quale contesto, o meglio cotesto, X sia una funzione di S, oppure di O, oppure di entrambi, oppure di una tutt’altra funzione e ritiene che “the general principle of maximal differentiation is the same in phonology and syntax” (Sornicola 1999, 301). L’isomorfismo delle opposizioni sia in fonologia che in sintassi, suggerisce che la neutralizzazione può essere considerata come un modello per la rappresentazione funzionale di un singolo argomento. Di conseguenza ‘caso’, ‘ordine degli elementi’ e ‘concordanza’ possono essere ritenuti caratteristiche formali di funzioni grammaticali, come i tratti distintivi delle teorie fonologiche. Perciò il labile ordine dei costituenti nelle strutture monoargomentali può essere concepito come marca <?page no="119"?> 101 Stabilità e instabilità dell’ordine delle parole 31 Cfr. Sornicola 1999, 302-303. che ci segnala, che l’opposizione di S e O, si è neutralizzata nel contesto delle strutture monoargomentali. Riassumendo brevemente: a) Nelle strutture monoargomentali, per quanto concerne la successione degli elementi SV o VS, entrambi i patterns possono occorrere. La generalizzazione di distribuzione del Soggetto nei confronti del Verbo si potrebbe sintetizzare, formulando la regola seguente: _V / V_ b) L’occorrere dell’uno o dell’altro pattern sembra dipendere però anche dalle caratteristiche testuali del cotesto, come per esempio la tematizzazione, la rematizzazione, le proprietà lessicali sia del verbo, che dei suoi argomenti. c) L’equilibrata distribuzione delle due varianti topologiche (statisticamente dimostrata, nel parlato spontaneo), sembra un’indiscutibile evidenza del fatto che, la scelta dell’una o dell’altra variante, sia influenzata anche da caratteristiche contestuali e situazionali. 31 Il fatto che Sornicola citi, tra le caratteristiche che determinano i differenti patterns sintattici, anche le caratteristiche di tipo pragmatico (sia testualeinformativo, che situazionale-discorsivo-globale), sottolinea una volta di più lo stretto nesso della sintassi con la pragmatica, mostrando chiaramente quanto sia pressoché impossibile omettere non soltanto i riferimenti testuali (anaforici e cataforici) di rimando al testo e le proprietà semanticolessicali del verbo e dei suoi argomenti, bensì anche quanto siano importanti i riferimenti esterni al testo, presenti nella situazione contestuale della comunicazione spontanea. Inoltre, sia che il modello si basi sulla neutralizzazione, sia che esso venga realizzato con una rappresentazione sottostante, la distribuzione nella quale occorre, giuoca un ruolo fondamentale nel sostenere che l’opposizione delle funzioni grammaticali crolla in un preciso cotesto dato; in questo caso, in una precisa struttura sintattica. Questo caso sembra ripresentare uno dei quattro casi di neutralizzazione descritti da Troubetzkoy (1949, 83 Arcifonemi): “Le représentant de l’archiphonème est identique à la réalisation d’un des termes de l’opposition, le choix de ce représentant de l’archiphonème étant conditionné extérieurement”. <?page no="120"?> 102 Costrutto-eco: descrizione sintattica 32 Cfr. Sornicola 1999, 303. Dal modello di neutralizzazione derivano naturalmente problemi: per esempio, il fatto che la neutralizzazione possa avvenire soltanto in termini di posizionamento degli elementi in relazione al verbo e non in riferimento ad altre qualità delle funzioni, come il caso o la concordanza, che in altre lingue mantengono il proprio ruolo al di là della diversa distribuzione. È chiaro dunque che l’approccio qui sopra illustrato 32 , sulla base delle funzioni S, O ed X, si muove dalla funzione alla forma. Il criterio adottato infatti, secondo il quale S e O sono definiti in maniera diversa pur nella stessa distribuzione, implica la conclusione che X sia una distinta funzione in cross-sentential opposizione di S e di O. Nel livello formale è evidente che X non può avere le caratteristiche tipiche di codificazione dell’asimmetria di S e O. In questo modello i labili ordini degli elementi della frase sono stati considerati non in qualità di veicoli per la neutralizzazione delle opposizioni fra S e O, bensì come una conseguenza strutturale del fatto che, il principio della massimale differenziazione funzionale, è semplicemente inapplicabile alle strutture monoargomentali. Ma ciò significherebbe che, nel caso del costrutto-eco, il grado di marcatezza dell’ordine degli elementi in A - B e B - C sarebbe identico, dato che le caratteristiche argomentali dei verbi che occorrono in questo costrutto tendono ad una alta instabilità dell’ordine dei costituenti: l’ordine SV è pertanto accettabile (e ciò lo dimostra l’alta frequenza della sua occorrenza), tanto quanto l’ordine VS. Ciò spiegherebbe anche l’intuizione che sussista una vera e propria necessità di focalizzare B con la costruzione del tipo ‘eco’, cioè con un posizionamento centrale che metta in rilievo B, e con l’aggiunta di un picco intonativo, dato che non lo si può fare con la disposizione degli elementi nella frase. Nel caso invece, non dovessimo accettare le teorie di Sornicola (1999), dovremmo considerare che la frase A - B sia una frase non marcata sintatticamente e di conseguenza, data l’inversa disposizione degli elementi, lo sia B - C. Anche in questo caso la strategia del costrutto è di focalizzare B, aggiungendo C e perciò facendo scivolare il costituente B, in posizione marcata: una vera e propria anteposizione, grazie alla quale A passerebbe a rivestire il ruolo di una struttura aggiuntiva, una ‘Voranstellungsstruktur’. Come abbiamo già veduto infatti, […] l’anteposizione si ha quando un costituente come elemento nuovo viene spostato dalla sua posizione canonica per essere focalizzato: in questo caso si ottiene un’interpretazione contrastiva del Focus, segnalata anche da una promi- <?page no="121"?> 103 Un approccio minimalista per l’interpretazione del Focus 33 Chomsky 1995. nenza intonativa. Pragmaticamente queste costruzioni vengono utilizzate come repliche ad asserzioni. […] [Essa] non può avere ripresa pronominale e solo un costituente può essere focalizzato. (Mereu 2004, 76-77) 4.8 Un approccio minimalista per l’interpretazione del Focus Se davvero ci troviamo ad avere a che fare con un costrutto che consiste nella combinazione di due frasi, le quali mostrano una distribuzione talmente flessibile da non poter focalizzare, per mezzo di essa, l’argomento verbale, allora entra in gioco l’intonazione, con la specifica funzione di apportare salienza informativa all’interno dell’enunciato, focalizzando la parte con maggiore prominenza informativa. Ma sono poi scontate le strategie per l’assegnazione del Focus? E quelle per il riconoscimento o l’interpretazione di esso? Mara Frascarelli, nel suo lavoro del 1997 si ripropone, di analizzare il Focus e il feature-checking con un approccio di tipo minimalista. Il lavoro, dedicato in effetti a particolari forme di movimento, propone di considerare l’assegnazione del Focus, e di conseguenza le strutture marcate riguardo all’ordine sintattico dei costituenti, come un effetto di precise proprietà grammaticali. Ciò significa che, l’informazione relativa al Focus è codificata in un tratto, la cui interpretazione sottostà a “specifiche operazioni di riconoscimento” (Frascarelli 1997, 247). Il suo lavoro si colloca all’interno del quadro teorico offerto dal Minimalismo 33 e, sebbene esuli dal nostro lavoro addentrarci in questo specifico approccio al problema, mi sembra pertinente ed interessante considerare la nozione di Focus, dal punto di vista della linguista. La nozione grammaticale di Focus viene spesso associata alla nozione di “nuovo”, ma definire il Focus in termini di opposizione con ciò che è “dato” comporta dei notevoli problemi. (Frascarelli 1997, 248) Infatti, Frascarelli afferma che sia problematico caratterizzare l’opposizione dato/ nuovo attraverso il concetto di ‘c[ontext]-construability’, secondo il quale ‘if x is not c-construable (=under discussion), then x is a Focus’, (perché) […] se tale affermazione è vera, non lo è il suo contrario. (Frascarelli 1997, 248; la seconda parentesi rotonda è mia) <?page no="122"?> 104 Costrutto-eco: descrizione sintattica 34 Focus come tratto forte [+F]: nodo F° che viene indicato quale locus sintattico del tratto di Focus, appunto [+F], la cui verifica consente l’interpretazione del Focus (Frascarelli 1997, 252). E a tale proposito, riporta l’esempio sottostante: (164) - La madre di Luigi è venuta da sola, vero? - Ti sbagli: LUIGI l’ha accompagnata! (Frascarelli 1997, 248) LUIGI è infatti il Focus della risposta, pur non essendo affatto informazione nuova; LUIGI è piuttosto nuovo in quanto ‘contrastivo’ rispetto ad una presupposizione espressa nel contesto del discorso. La definizione di Focus viene infatti abbinata e sostenuta da nozioni di natura pragmatico-discorsiva, delle quali Frascarelli (1997, 248) propone di usare “Conoscenze Condivise”, cioè l’insieme di referenti, proprietà e proposizioni condivise da parlante e ascoltatore al di là della situazione immediata, perciò permanentemente condivise; nonché, l’”Universo del Discorso”, quale insieme di referenti, proprietà e proposizioni condivise da parlante ed ascoltatore, nel tempo dell’enunciazione. Ciò è importante, in quanto, dal momento che il Focus non riferisce all’Universo del Discorso, non può entrare in “relazioni di legamento anaforico” (Frascarelli 1997, 248). Se accettiamo dunque, che l’operatore Focus selezioni un individuo o un’entità a partire da un insieme non predefinito di riferimento, il quale può essere fornito sia dalle Conoscenze Condivise che dall’Universo del Discorso, se ne può dedurre che il Focus resista ad una distinzione netta in termini pragmatico-testuali e che il Focus possa essere considerato “una nozione omogenea esclusivamente dal punto di vista sintattico” (Frascarelli 1997, 249). Ciò che è stato detto fin qui viene poi dimostrato ampiamente da Frascarelli (1997) in base ad un’analisi di tipo minimalista; l’operazione di verifica del tratto [+F] 34 non sembra inoltre mostrare distinzioni tra “gradazioni di nuovo”, in quanto, sia che il “Focus identifichi un elemento completamente nuovo, sia che la novità consista nella negazione di una precedente presupposizione, il sistema computazionale agisce in modo uniforme” (Frascarelli 1997, 250). Di conseguenza a tale argomentazione verrebbe dunque a neutralizzarsi la differenza di Focus contrastivo e non. Torniamo adesso alla considerazione della marcatezza intonativa della frase, tenendo fermo, come afferma Benincà (1991), che non sia possibile aggiungere un complemento alla destra del soggetto e tuttavia mantenere <?page no="123"?> 105 Un approccio minimalista per l’interpretazione del Focus 35 A riguardo i famosi esempi: È arrivato Paolo (accettabile), ma: ? ? È arrivato Paolo a Roma. Vedi Benincà 1991. 36 La direzionalità della progressione del nuovo ha a che vedere anche con la direzionalità dell’informazione, a livello sintagmatico? Lessicale? “Rechtsläufigkeit”? 37 A questo proposito si risolleva la questione dell’influsso o meno di una pausa, invece che il dislivello della curva intonativa. 38 Acronimo per Forma Fonologica. l’intera frase all’interno di un contorno intonativo non marcato (Frascarelli 1997, 263). 35 Secondo il ‘principio della progressione del nuovo’ 36 infatti, se la posizione del soggetto postverbale corrispondesse ad una struttura non marcata sintatticamente, l’effetto evidenziato con gli esempi di aggiunta di costituenti alla sua destra, rappresenterebbe un vero e proprio “enigma” (Frascarelli 1997, 263). Si osservi che le frasi con aggiunta a destra, diventano subito accettabili nel momento in cui venga inserita una pausa dopo il soggetto (es: È arrivato Paolo, a Roma). Si noti inoltre che, nel caso in cui le posizioni del soggetto e del complemento che segue vengano interscambiate, il ruolo di elemento nuovo sarà assunto sempre e in ogni caso dal primo costituente postverbale che precede la pausa (es: È arrivato a Roma, Paolo). 37 Se ne evince che “in tali costruzioni vi è una sola posizione postverbale di nuovo” (Frascarelli 1997, 264). Ma la focalizzazione di B nelle costruzioni-eco è sempre riscontrabile? Sia B eccessivamente lungo, oppure consista in un unico elemento, sintagmatico o meno, e contemporaneamente nell’unico argomento del verbo, può, come suggerito da Sornicola (1999) e in virtù di queste caratteristiche, rivestire ‘non marcatamente’ la posizione postverbale? Osserviamo alcuni esempi, da me ideati, di Focus cosiddetto narrow: (165) Alle cinque arriva MARIO (165a) ? Alle cinque Mario arriva (165b) Alle cinque MARIO arriva (165c) Arriva ALLE CINQUE Mario (166) Arriva ANDREA arriva (166a) Andrea ARRIVA Andrea (166b) Alle cinque arriva ANDREA arriva (166c) Andrea arriva ALLE CINQUE arriva “In questo modo, le restrizioni sull’ordine lineare risultano chiare: la pausa che segue il soggetto è il ‘segnale’ di FF 38 che la struttura argomentale si conclude con esso e, di conseguenza, ciò che segue viene compreso all’interno di un contorno intonativo distinto” (Frascarelli 1997, 264). <?page no="124"?> 106 Costrutto-eco: descrizione sintattica 39 Acronimo per Frequenza fondamentale. Ma questo significherebbe che anche C, nel caso B sia molto ampio, potrebbe essere una struttura d’aggiunta, senza per questo cambiare nulla alla caratteristica di focus di B. Personalmente non sono d’accordo nel considerare la pausa quale mezzo di segmentazione, ma propongo piuttosto di osservare e considerare in maniera del tutto olistica il contorno intonativo nella sua continuità o discontinuità. L’illuminante esempio “Guglielmo non beve perché è infelice” (Avesani 1999, 167ss.), che riguarda l’equivocabilità della frase (se privata delle caratteristiche intonative), mostra palesemente quanto sia inesistente l’importanza della pausa. Più precisamente: la disambiguità di significato è realizzabile grazie ad una adeguata intonazione frasale, che pone un picco intonativo di F0 39 sull’elemento focussato, e ciò indipendentemente da eventuali pause di enunciazione. È indiscutibile che, né le pause né la velocità di esecuzione, possano manipolare la funzione informativa della frase, se non in stretta concomitanza ad un dislivello, ad una discontinuità, della curva intonativa, che deformi e spezzi la sagoma di contorno di F0. Per tornare a Frascarelli (1997, 257) “[…] i risultati dell’analisi fonologica confermano la validità empirica di tali affermazioni: il Topic mostra di non appartenere al Sintagma Intonativo della frase, contenente il Focus”. Ne deriverebbe che, il sintagma intonativo della frase fonologica includerebbe il Pivot (= Focus solo nel caso di un unico argomento verbale) insieme al sintagma C, soltanto se il Focus è limitato, stretto, narrow. Nel caso invece il Focus sia broad, C seguirà ad uno sbalzo di curva intonativa di F0 e probabilmente ad una pausa, dovuta principalmente a motivi di respirazione: C sarà pertanto al di fuori della curva della frase intonativa, e potrà, di conseguenza, acquistare anche funzioni discorsive di tipo diverso. 4.9 Sommario In questo quarto capitolo abbiamo considerato la disposizione degli elementi della frase, cioè delle due frasi semplici, A - B e B - C, prendendo innanzitutto in considerazione l’ordine dei costituenti nelle principali strutture frasali in italiano, ponendoci la primaria questione della marcatezza sintattica. Ci siamo confrontati inoltre con la concezione di Topic e <?page no="125"?> 107 Sommario 40 Il fatto che Frascarelli si avvalga del programma minimalista di Chomsky (1995) per dimostrare le sue intuizioni, non ci obbliga ad approfondirne i dettagli o a condividerne l’approccio. le sue categorie di definito e indefinito, e con quella di Focus. Quest’ultima è stata affiancata brevemente al concetto di Pivot, che verrà comunque elaborato più approfonditamente nel lavoro a venire. Non abbiamo potuto tralasciare due temi molto interessanti: quello dell’ipotesi di Sornicola (1999) di vedere la labilità dell’ordine delle parole in italiano in dipendenza delle proprietà argomentali del verbo e della presenza di un unico argomento nella frase, e quello dell’interpretazione del Focus di Frascarelli (1997). 40 La conclusione alla quale siamo giunti è di sostanziale importanza: dal punto di vista sintattico, infatti, abbiamo potuto constatare una vera e propria restrizione alla realizzazione del costrutto-eco, e cioè che la frase A - B, anche se marcata sintatticamente in base al classico ordine SVO, posto come assoluto, in realtà non lo sia per nulla nella frequenza d’uso. Più precisamente: A non potrà mai essere Focus della frase A - B, e ciò significa che la disposizione degli elementi in A - B dovrà essere canonica in senso pragmatico, di frequenza d’uso. Qui di seguito (figura 4 e figura 5) possiamo prendere atto di una possibile rappresentazione della distribuzione delle porzioni di materiale d’informazione e della loro prominenza, nell’ottica di una priorità informativo-conversazionale: Focus e sua rappresentazione in relazione al resto dell’informazione veicolata dal costrutto Classica rappresentazione della bipartizione dell’informazione: Tema / Rema A B C Tema/ Dato Rema/ Nuovo Rema/ Nuovo Tema/ Dato Figura 4 Rappresentazione ‘a basso rilievo’ dell’informazione: Sfondo / Focus / Sfondo A B C Sfondo Focus/ Pivot Sfondo Focus Sfondo Focus Figura 5 <?page no="126"?> 108 Costrutto-eco: descrizione sintattica 41 Come per esempio la dislocazione a sinistra, l’anteposizione, la topicalizzazione ecc… Nella figura 4, vediamo effettuata una suddivisione del materiale informativo nella classica bipartizione di Tema e Rema, cioè di Dato e Nuovo, così come è disposta nel costrutto-eco. Tale suddivisione implica una concezione di tipo non soltanto lineare, bensì anche basata su un unico piano di uniforme informatività, comportando una serie di problemi, messi in luce nello svolgimento del capitolo. Una valida e alternativa illustrazione della strategia informativa adottata attraverso il costrutto-eco, viene offerta con la figura 5, dove il termine Focus e il termine Pivot stanno entrambi a denominare la porzione informativa predominante: il primo, caratterizzato fonologicamente e il secondo, caratterizzato sintatticamente, ma entrambi concepiti in ottica pragmatica. Da notare è anche il fatto che i confini tra A e B, così come i confini tra B e C, a livello di Presupposition / Focus / Presupposition, sono naturalmente labili nella loro equidistanza dal centro del costrutto, dato che B può essere di maggiori o minori dimensioni, e anche non equidistanti dal centro del Focus, dato che A può essere più o meno completo ed esteso di C. Tale rappresentazione, di tipo prettamente ‘centrista’, posta in alternativa alla classica bipartizione, rivaluta in pieno, se pure in opposto contrasto, due riconosciute tendenze linguistiche: quella del principio di progressione informativa e quella, apparentemente contraddittoria, di focussare, grazie a spostamenti degli elementi della frase, 41 proprio la parte iniziale di quest’ultima. Infatti, in italiano, sono gli estremi della frase, a rivestire, in genere, una preferita topologia di prominenza informativa (ad esempio: DS, Anteposizione, PPN), e in questi casi la parte centrale riveste, per forza di cose, un ruolo parentetico. Ma una tendenza simile, chiamiamola centrifuga, dell’informazione di rilievo, si inverte nel costrutto-eco: in esso infatti la tendenza è di tipo centripeta, cosicché l’informazione più importante converge nella parte centrale della costruzione. Tale alternativa topologia di predominanza informativa verrà confutata o confortata con l’analisi prosodico-intonativa, nel corso del prossimo capitolo. <?page no="127"?> 5. Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa Come abbiamo già potuto vedere nel capitolo precedente, due sono i modi principali di codificazione del rilievo informativo e comunicativo dell’enunciato, cioè del Focus: Word-order: Focused elements tend to be fronted Intonation: Focused elements tend to be stressed (Givón 1990, 716) Nel presente capitolo ci dedicheremo ad un approccio al costrutto in ottica prosodico-intonativa, visto che l’osservazione dell’ordine degli elementi delle due singole frasi soggiacenti al costrutto e del costrutto stesso, è già stato effettuato nel capitolo precedente. Come giustamente sottolinea Nespor (1994): Uno dei problemi più spinosi della grammatica in generale e della fonologia in particolare, concerne la focalizzazione. Il problema generale della focalizzazione è che essa sembra riguardare, in molti casi, esclusivamente gli aspetti semantico e fonologico di un enunciato, ed è perciò problematica per un modello della grammatica […] che pone la struttura sintattica superficiale come input ad ambedue i componenti interpretativi: fonologia da un lato e semantica dall’altro. Mentre, infatti, in alcuni casi l’elemento focalizzato è posto in una posizione sintatticamente marcata per quell’elemento, nella maggioranza dei casi, l’interpretazione semantica di un certo costituente come focalizzato si basa unicamente sulla forma fonologica dell’enunciato stesso. (Nespor 1994, 283) In quest’ultimo caso si ha un fenomeno che non ha un riscontro sintattico, ed è perciò impossibile che sia la sintassi a fornire l’informazione necessaria alle due diverse interpretazioni: presenza o meno di Focus. Avendo già attentamente osservato, nei capitoli precedenti, la focalizzazione veicolata dalla sintassi, ma consci della problematica che comporta l’averla determinata a livello frasale in casi con verbi monovalenti (dove la disposizione degli elementi è molto flessibile), prendiamo ora in esame l’aspetto fonologico, ripromettendoci di poter, in base all’andamento della curva intonativa della frequenza fondamentale (F0), confortare o confutare la posizione del Focus nella parte B del costrutto. In una prima parte di questo quinto capitolo, ci confronteremo con l’aspetto più teorico del compito, sarebbe a dire con la problematica della considerazione del Focus, quale prominenza semantica e prosodica. Biso- <?page no="128"?> 110 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa gnerà tener presente che, diverse prominenze accentuali, come nel nostro caso la focalizzazione, non sempre sono abbinate ad informazioni estraibili dalla forma della frase o dell’enunciato, cioè dall’ordine delle parole (infatti, nel caso della frase B - C non abbiamo certezza di marcatezza sintattica, se concordiamo con Sornicola [1999], secondo cui con verbi monovalenti l’ordine delle parole è labile di per sé, e perciò né marcato, né non marcato). In italiano in effetti, si riscontrano spesso casi nei quali la focalizzazione, viene operata da un particolare accento intonativo, cioè da una forma di contorno prosodico-melodico tale, da mettere in risalto una parte della frase, una parola o un sintagma, al di là della sua marcatezza sintattica. Per la questione della marcatezza, infatti, A - B, come evidente nel quarto capitolo, non può essere marcata sintatticamente, affinché il costrutto possa essere realizzato; la restrizione è che l’ordine degli elementi della frase A - B sia canonica, o sintatticamente o pragmaticamente. Sembra dunque che l’ordine delle parole in A - B sia così labile che l’invertirlo in B - C, ottenendo un ordine marcato VS, non basti a focussare B, come informazione assolutamente rilevante. La curva intonativa, il Focus prosodico stabilito dal pitch, sarà dunque l’unica analisi scientifica che ci dimostrerà l’esistenza di un Focus nel costrutto. Inoltre, in base al lavoro di Face/ D’Imperio (2005), un’effettiva marcatezza di tipo sintattico, cioè uno spostamento degli elementi della frase in relazione all’ordine canonico di essi, in italiano, viene sempre accompagnata da una particolare intonazione marcata, cosicché la certezza di una marcatezza l’avremo soltanto attraverso un’analisi intonativa. La marcatezza di per sé, nello studio del parlato in generale, sembra acquistare senso soltanto nell’ottica e nell’ambito informativo-pragmatico, così come anche la problematicità di considerare la sintassi del parlato una vera e propria ‘grammatica della conversazione’, dato che non si può scindere la sintassi dalla realizzazione prosodica e tanto meno dall’intonazione; ma su questo torneremo più oltre. 5.1 Prominenza informativa: sintattica e/ o intonativa? Considerando ‘marcatezza’: “[…] un fenomeno linguistico (a qualsiasi livello: fonologico, morfologico, sintattico) [che] risulta stilisticamente poco diffuso o addirittura raro; quindi raramente occorrente” (Sobrero 2005, 458), dovremo operare immediatamente una netta differenza tra marcatezza e prominenza. <?page no="129"?> 111 Prominenza informativa: sintattica e/ o intonativa? 1 Concetto naturalmente filosofico, con accezione di ‘innalzamento al di sopra del normale, del canonico; di rilievo nei confronti della superficie piana’; concetto sostenuto da una intuitiva rappresentazione psicologica. Come ben evidente dal titolo di questo paragrafo, si tratta, a mio avviso, di un fattore di prominenza, a prescindere dalla marcatezza, in quanto nell’accezione ‘prominenza’ è implicito il ruolo funzionale del segmento in rilievo, indipendentemente dalla frequenza d’occorrenza. L’approccio è diverso: se consideriamo la ‘marcatezza’ come base del nostro ragionamento scientifico, premettiamo inevitabilmente una serie di norme date e accettate per canoniche e operiamo un lavoro di messa in evidenza di ogni particolare caso che si distacchi dalla norma. Un lavoro di questo genere implica un ancoramento, cioè una dipendenza, dai presupposti dati per scontati, che invece a mio avviso andrebbero posti in discussione, come nel caso della canonicità dell’ordine degli elementi nella frase. Se invece ci orientiamo a considerare la ‘prominenza’ di una informazione all’interno di un enunciato, procediamo in un’ottica del tutto diversa: lo scopo non sarà quello di stabilire in quale misura di frequenza le norme poste siano accettabili come “non marcate”, bensì di stabilire dove sussista una prominenza di tipo informativo. Essa sarà interpretabile in un’unica maniera: si dovrà pertanto rilevare quali elementi presenti nella forma superficiale la segnalino inequivocabilmente e quali caratteristiche soprasegmentali la realizzino a livello fonetico-fonologico-intonativo. In tale maniera premettiamo soltanto che, una prominenza 1 informativa possa essere realizzata o con mezzi sintattici o con mezzi fonologici o con entrambi, e dimostriamo, con metodo scientifico, i parametri della sua presenza e la sua inequivocabilità. Ladd (1996), nota ciò che segue in un’ottica se non universalistica, almeno più ampia, comparando lingue diverse: Direct comparison of English or German with Spanish or Italian is unfortunately complicated by the fact that it is difficult to find analogues to sentences like The COFFEE machine broke. In general, in Spanish or in Italian, such intransitive event sentences have verb-subject (VS) word order: S’è rotta la CAFFETTIERA That is, as with the difference between negative and non-negative indefinite pronouns, word order modifications in languages like Spanish or Italian may directly achieve the accentual effects that English accomplishes directly by manipulating the location of the nuclear accent. <?page no="130"?> 112 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa 2 Vedi Jackendoff 1972 per semantica nella GG. 3 Vedi Gussenhoven 1984, 65. This means that languages like Spanish or Italian, whose normal word order is subject-verb-object (SVO) and which allow VS word order in intransitives, are bad places to look for different accentual treatment of predicates and arguments. (Ladd 1996, 191) È infatti in quest’ultima ottica, nel rapporto fra la marcatezza sintattica e quella che definiamo, prominenza intonativo-prosodica, che consideriamo il lavoro di Face/ D’Imperio (2005, 271-289). 5.2 Focus: prominenza semantica e prosodica La pre-definizione di Focus deve avvenire a due livelli: quello semantico e quello prosodico. Secondo Chomsky esso viene determinato in termini di struttura superficiale: “[…] the focus is the phrase containing the intonation center, and the presupposition is determined by replacement of the focus by a variable” (Chomsky 1971, 200). Premettiamo dunque, per adesso, la validità di questa concezione e consideriamo la prominenza semantica e quella fonologica del Focus nei seguenti due paragrafi. 5.2.1 Focus: prominenza semantica Cosa intendiamo con focalizzazione in senso teorico, a livello non formale bensì significativo, semantico? 2 Bolinger (1982, 505) prende in considerazione che determinati contorni di intonazione, nella loro specifica “sagoma” di frequenza fondamentale, esprimano determinati significati a livello semantico, come quello della ‘contradiction’, e perciò del Focus contrastivo. Nespor (1994) a sua volta, commenta che, se intendiamo con “focalizzazione” l’informazione che viene messa in rilievo in un enunciato, in opposizione a quella data, o comunque il contributo, alla conversazione, opposto al punto da cui si parte 3 , “tutti gli enunciati sono più o meno focalizzati” (Nespor 1994, 283). L’autrice rileva giustamente ciò, in base alla ricerca di Bolinger (1982), che riguarda l’identificazione di “holistic lexical functions” (Bolinger 1982, 505) in applicazione alla “contradiction contour”, dove “contraddizione” è intesa in senso di ‘contestuale inter- <?page no="131"?> 113 Focus: prominenza semantica e prosodica 4 Questo il corrispondente termine a narrow focus, adottato da Nespor (1994, 283): “focalizzazione ristretta: focalizzazione limitata ad alcuni costituenti di una frase; focalizzazione neutra, invece, quella di enunciati, la cui intonazione non dipende dal contesto più largo in cui sono pronunciati, che non fanno cioè parte di un discorso, ma che sono pronunciati fuori contesto”, quelli che dal lato semantico sarebbe più corretto definire ‘a focalizzazione globale’, dato che ogni costituente fornisce una nuova informazione e quindi tutto l’enunciato è da considerarsi focalizzato. ferenza del significato più astratto’ (mia traduzione letterale di Bolinger 1982, 505). Di conseguenza, frasi che non siano per nulla focalizzate, non ne esisterebbero. Naturalmente anche tutta la frase nella sua completezza può essere focalizzata, ma noi useremo i termini ‘focalizzazione’ e ‘Focus’ limitatamente ad alcuni costituenti di una frase. Sottolineo che nel lavoro di Bolinger (1982) viene considerata l’interazione fra l’accento e l’intonazione, come nesso tra sillaba e picco intonativo. È importante tener presente il suo contributo, anche in vista dell’affiliazione dei picchi intonativi con l’antecedente sillaba a quella tonica, come vedremo dettagliatamente più oltre. The interaction of accent and intonation on this contour is unusual in comparison with the kind of material with which most studies of intonation have occupied themselves, and needs to be made explicit. First, the highest pitch is associated with an unaccented (or de-accented) syllable, except in rare instances of initial contrast. Second, the down-motion after that high pitch is stepped - even though steep-rather than abrupt. Third, the sentence accent is associated with a relatively low pitch, followed by a terminal rise. All three characteristics are the reverse of that we most often find, at least in the intonation of declarative sentences; and although each may be found in other context with a fair degree of frequency, it is distinctly out of the ordinary to find all of them in one utterance. (Bolinger 1982, 505-506) Adotterò, come ormai di largo uso, i caratteri in maiuscolo per mettere in evidenza il ‘Focus ristretto’ 4 e tenendo presente che: “Ogni costituente con focalizzazione ristretta deve essere seguito dal limite di un sintagma fonologico” (Nespor 1994, 285). Face/ D’Imperio (2005) considerano la relazione sussistente fra Focus e le restanti concezioni di Rema / Comment ecc…, come segue: Much work has been done on focus (and the related concepts of topic, comment, theme, and rheme) […], with the majority concentrating on the ways in which word order is used to convey the interpretation of a grammatical element as the focus of the sentence. (Face/ D’Imperio 2005, 271) <?page no="132"?> 114 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa 5 Vedi Gussenhoven (1984) sulla grammatica e sulla semantica dell’accento frasale. 6 Per quanto concerne la tripartizione o addirittura la quadruplicazione delle concezioni riguardanti l’informazione e la sua suddivisione all’interno della frase, vedi Vallduvì 1992 e Mereu 2004, 172ss. 7 Diagnostica attraverso le domande in Chomsky 1971, 199ss. Ciò che sovra viene dato per scontato, è in realtà un punto di significativa importanza. Abbiamo già ampiamente considerato il problema della designazione del Tema, del Topic e di conseguenza del contrapposto elemento informativo della frase, il Rema, il Commment 5 e si tratta ora di portare a termine il pensiero che ne consegue, con coerenza, tenendo perciò presente che: “A livello semantico sappiamo che il Focus corrisponde a informazione nuova, ma può essere anche informazione data ed enfatizzata, oppure, come già sappiamo, può indicare un elemento all’interno di un insieme, essendo in questo caso focus contrastivo” (Mereu 2004, 171-172). 6 Chomsky (1971, 200), come già accennato all’inizio di questo capitolo, esprime in maniera molto chiara quanto l’interpretazione semantica della frase, derivi dalla considerazione delle due strutture frasali, quella superficiale e quella profonda. Se consideriamo la struttura superficiale, formale, dell’enunciato, l’interpretazione del Focus deriverà indiscutibilmente dalla percezione acustica di quest’ultimo, in base all’intonazione e al pitch della F0. Jackendoff (1972) dal canto suo, a proposito delle nozioni di Focus e Presupposition, apporta la seguente definizione: As working definitions, we will use “focus of a sentence” to denote the information in the sentence that is assumed by the speaker not to be shared by him and the hearer, and “presupposition of a sentence” to denote the information in the sentence that is assumed by the speaker to be shared by him and the hearer. Intuitively, it makes sense to speak of a discourse as “natural” if successive sentences share presupposition, that is, if the two speakers implicitly agree on what information they have in common. (Jackendoff 1972, 230) Tornando a Chomsky (1971), nel caso si consideri la struttura profonda, sarà pertanto l’interpretazione semantica del significato tratto dal cotesto lessicale 7 e dal contesto situazionale - in forma di quella che nella grammatica tradizionale si considerava l’analisi logica, cioè a partire dal predicato - a determinare il Focus. Costruzioni di questo tipo, che nella loro realizzazione prima scritta e poi orale, determinano un equivocabile posizionamento del Focus, pongono una questione: come potremmo leggere correttamente, con la giusta inflessione della voce, con il corretto posizionamento del Focus intonativo, <?page no="133"?> 115 Focus: prominenza semantica e prosodica 8 Su “notion of dominance” vedi Selkirk 1986 e Erteschik-Shir 1997. del pitch accentuale, frasi e costrutti in forma mediale scritta? La questione è interessante soprattutto nel nostro caso, dato che tali costruzioni, essendo note anche in qualità di figure retoriche, molto spesso scritte, e scritte però con lo scopo finale di venir pronunziate oralmente, ‘recitate’, stanno a costituire un ponte, un caso quasi unico di costruzioni sintattiche capaci di determinare inequivocabilmente, con una particolare combinazione di topologie frasali, la focalizzazione, e perciò la loro carica informativa e la loro funzionalità comunicativa. A tale riguardo Gussenhoven (1984) scrive: Even if one is convinced that focus is a ‘sistemic’ choice, it can still be hard to realise - since it is generally not at all expressed in writing - what is focus in a given utterance or what can be focus in a given sentence, also where the context is known. (Gussenhoven 1984, 66) Ma tornando alla suddivisione della frase in base alla rilevanza informativa, dobbiamo considerare i due casi seguenti, come le due rappresentazioni di informazione frasale, che abbiamo a disposizione; infatti o presupponiamo che una frase sia sempre suddivisa in due parti, cioè in Tema e Rema, e di conseguenza consideriamo il Focus una rilevanza informativa che va al di là della suddetta suddivisione (cioè che il Focus possa estendersi al di là dei limiti del Tema e del Rema), oppure premettiamo di considerare esclusivamente il Focus in qualità di prominenza, annullando la bipartizione in Tema e Rema. In effetti bisogna riconoscere che si tratta soltanto di una scelta a livello rappresentativo, a livello del tutto astratto. Nella realtà dell’enunciazione non è riscontrabile alcuna differenza: il Focus è una prominenza che si sovrappone al resto dell’enunciazione, dando adito, inevitabilmente anch’essa, ad una bipartizione, ma ad una bipartizione su due livelli di rappresentazione diversi, come in un bassorilievo. 8 5.2.2 Focus: prominenza prosodica Premettendo che il Focus, corrispondendo alla maggior rilevanza della frase occupi normalmente l’ultima posizione nella frase dichiarativa, e sia individuato nell’essere un narrow focus, osserviamo quali pattern intonativi possono essere caratteristici, in italiano, di tale funzione. Face/ D’Imperio (2005), affermano che in italiano sussistano soltanto due pattern intonativi allo scopo di sottolineare il Focus: un pattern per il broad focus ed uno per il narrow focus. <?page no="134"?> 116 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa 9 Il termine ‘Intonationskontur’ viene così tradotto in Bertinetto/ Magno Caldognetto 2005, 176. 10 Anacrusi: (gr.: anákrusis) ‘conduzione all’indietro’. “Nella metrica greca e latina è la sillaba anticipata, ovvero aggiunta, che si trova davanti alla prima […]. In area classica probabilmente il termine aveva solamente valore musicale e non metrico. Nelle metriche moderne, in generale, s’intende la sillaba o le sillabe átone fuori della serie ritmica, aggregate all’inizio di un verso, prima dunque dell’accento” (Beccaria 1996, 51; il corsivo è mio). 11 Denominazione di Selkirk 1986, 197ss. Senza risalire troppo all’indietro in quelle che potrebbero essere definizioni preliminari, in parte necessarie e in parte illuminanti, di termini adottati nel corso di questo capitolo, ci soffermeremo esclusivamente sullo stretto necessario. Innanzitutto consideriamo la definizione di Selting (1995) riguardo al contorno intonativo 9 : Eine Intonationskontur ist eine aufgrund ihrer Tonhöhenverlaufsgestalt - und gegebenenfalls auch aufgrund ihres (wahrgenommenen) Rhythmus - von Analysierenden und Rezipienten als kohäsiv wahrgenommene prosodische bzw. melodische Einheit zwischen Grenzsignalen. Als Grenzsignale fungieren vor allem ein Bruch und Neuansatz in der melodischen Führung und/ oder anakrustische 10 , schnellere Silben am Beginn einer neuen Einheit, eventuell auch eine Lautdehnung am Einheitenende oder eine Abgrenzungspause. (Selting 1995, 39) Naturalmente dobbiamo tener presente che l’unità di maggior rilevanza nell’analisi prosodica, è la “sequenza tonale che gode di coesione” (“kohäsive Akzentsequenz” (Selting 1995, 40): essa è costituita per lo meno da uno o da più accenti, correlati a loro volta da un movimento d’altezza tonale globale, che nella sua interezza, e nella sua olistica percezione, forma una linea di toni: la curva intonativa, appunto. Non dobbiamo dimenticare naturalmente il fatto che il Focus prosodico deve essere caratterizzato da una prominenza innanzitutto intonativa ed inoltre giustificata dalla constatazione di Face/ D’Imperio (2005), le quali affermano che, in italiano, ogni Focus sintattico mostra anche un Focus intonativo; ma su ciò ci soffermeremo più oltre. 5.3 La ‘grammatica dell’intonazione’ 11 Una prima parte di questo paragrafo concerne il rapporto tra la struttura ritmica della frase/ dell’enunciato e il contorno intonativo: rapporto che non riguarda espressamente il nostro lavoro, ma da prendere in considerazione per l’affiliazione dei toni con la struttura superficiale della frase. La seconda parte riguarda invece una questione molto dibattuta: la relazione <?page no="135"?> 117 La ‘grammatica dell’intonazione’ 12 Sulla teoria sintattico-fonologica dell’assegnazione del Focus e dell’interpretazione di esso, quale facente parte del dominio sintattico ed inoltre del dominio logico, cfr. Chomsky 1971 e Jackendoff 1972. che sussiste fra la struttura dell’intonazione, i pattern intonativi, e il significato, cioè una questione di tipo prettamente fonologico-semantico. In rimando al primo punto, alla parte perciò più tecnica della questione, (quella alla quale dovremo rifarci quando si tratterà di trascrivere e determinare con il sistema ToBIt i contorni intonativi e la localizzazione del Focus intonativo), è opportuno premettere che l’intonazione d’enunciato concerne un’intonazione sintagmatica della frase, che suddivide l’enunciato stesso in due o più intonational phrases, e che la struttura d’intonazione involve la rappresentazione di un particolare intonational contour di tale enunciato. Selkirk (1986, 197) caratterizza i contorni intonativi della lingua inglese in qualità di sequenze di picchi accentuali, fiancheggiati all’inizio da un tono limite (opzionale) e alla fine da un accento finale sintagmatico e da un tono finale limite (obbligatorio): il tutto è rappresentato ad un livello autosegmentale separato dai livelli che includono segmenti e sillabe. Inoltre, la struttura intonativa di una frase, involve l’assegnazione di pitch accents alle parole della frase: pitch accent assignment. Sul secondo punto, quello che concerne la relazione fra il significato della frase e la struttura intonativa di essa, dobbiamo tener presente che il contorno intonativo semantico di una frase viene considerato nella sua totalità, nella sua completezza, anche se sempre in considerazione della sua puntuale struttura intonativa. Di conseguenza, gli studi svolti in inglese, furono concentrati su due tendenze: una che venne chiamata expressiveness component e l’altra informational structure oppure focus structure component (Selkirk 1986, 198). A proposito di focus structure: Selkirk (1986), sulle orme di Chomsky (1971) e Jackendoff (1972), definisce tale struttura una rappresentazione della relazione e mediazione fra quella intonativa e il Focus, rapportato al significato intonativo. In quest’ottica si realizza la caratterizzazione della relazione fra la struttura intonativa e la struttura focussiva da una parte, e la descrizione della relazione fra la struttura focussiva e il significato intonativo dall’altra (Selkirk 1986, 199). Una delle più importanti regole di una struttura frasale focussiva sta nello stabilire il presupposto contributo informativo al discorso. In linea di massima ciò che è focussato in una frase, viene compreso dagli interlocutori come informazione nuova del discorso e ciò che non è messo in risalto da un Focus, viene interpretato come informazione data (Selkirk 1986, 200) 12 . <?page no="136"?> 118 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa 13 Cfr. “Figure and ground” in Duranti/ Goodwin 1992, 9ss. Per quanto concerne il rapporto tra Focus e il resto dell’informazione, dobbiamo tener presenti le loro differenti interpretazioni e rappresentazioni; così le riassume Selkirk (1986): “The various proposals include characterizing focus-related intonational meanings in terms of the given-new distinction (Halliday 1985, Chafe 1976), in terms of relations defined between presupposition-focus pairs (Chomsky 1971, Jackendoff 1972), in terms of topic and comment […] in terms of a notion of dominance (Erteschik-Shir 1997) and more” (Selkirk 1986, 201; il corsivo è mio). Con dominance s’intende: DOM: A constituent c, of a sentence S, is dominant in S if and only if the speaker intends to direct the attention of his/ her hearer(s) to the intention of c, by uttering S. (Erteschik-Shir 1997, 11) The definition of focus in terms of speakers’ intentions entails that it is a discourse property which is assigned to a constituent in a context of conversation. For any sentence several focus assignments will generally be possible, one of which is realized in discourse. (Erteschik-Shir 1997, 11) In questo campo, una certa confusione di termini e di rappresentazioni è senza ombra di dubbio presente: per Erteschik-Shir (1997) sussiste una differenza tra Focus e prominenza, ma non sembra essere molto trasparente. A riguardo Vallduvì (1992): In fact, Erteschik-Shir herself states that dominance is meant to cover those cases for which focus is generally used, even thought she lists two differences between a dominant constituent and a focus. First, she rejects ‘presupposition’ as the complement of dominant constituents. Presupposition, she argues, does not exclude dominance, since presupposed material can be dominant. (Vallduvì 1992, 42) Appare dunque coesistere lo stesso rapporto che constatiamo tra Focus da un lato e Tema / Rema dall’altro, cioè la possibilità che il Focus, o la prominenza, vadano a sconfinare nei domini del Tema e non mettano in rilievo soltanto gli ambiti riservati al Rema, al Nuovo. In genere si considera che, l’accentuare una parola abbia come scopo il segnalarla in qualità di parola messa in risalto, ‘prominente’ e perciò ‘focussata’; di conseguenza, le parole non evidenziate fonologicamente, risulteranno, non prominenti e non messe in rilievo, perciò costituenti un ‘sottofondo informativo’, detto Hintergrund (Selting 1995, 117) 13 . <?page no="137"?> 119 La ‘grammatica dell’intonazione’ 14 Vedi anche Erteschik-Shir 1997, 156 e 158. Ma vediamo innanzitutto la tradizionale concezione dell’opposizione Focus vs. Sfondo: Die traditionelle Fokus-Hintergrund-Auffassung, […], ist dadurch gekennzeichnet, dass sie der FHG (Fokus-Hintergrund-Gliederung) einen bestimmten konstanten inhaltlichen Effekt zuordnet, nämlich dem Hintergrund ‘alte’, d.h. im Kontext vorerwähnte oder irgendwie anders gegebene Information und dem Fokus die entsprechende ‘neue’ Information (wobei diese Unterscheidung von ‘alter’ und ‘neuer’ Information in ganz verschiedenen Varianten auftaucht. (Jacobs 1988, 96-97) In contrapposizione a questa concezione, Jacobs (1988) sviluppa una nuova Fokus-Hintergrund-Auffassung, da lui denominata Relationale Focus Auffassung 14 (abbreviata nell’acronimo: RFA): Die RFA nimmt dagegen einen viel abstrakteren konstanten FHG-Effekt an, nämlich den Alternativenbezug […] und sagt darüber hinaus, dass dieser inhaltliche Effekt grundsätzlich und in jedem Fall mit der grammatischen Umgebung der jeweiligen FHG bei der Konstituierung der konkreten Verwendungsbedingungen von Sätzen zusammenwirkt. (Jacobs 1988, 97) Ciò significa che il Focus di una frase è esplicabile attraverso il rapporto alle possibili alternative paradigmatiche che vi sottostanno; questa interpretazione del Focus però, è realizzabile soltanto nel coinvolgimento delle strutture grammaticali (cfr. Selting 1995, 117ss.). Dagli approcci supra riportati non sembra del tutto chiaro se, a livello di sottofondo, sussista la dualità Dato / Nuovo e se questa bipartizione abbia peso nei confronti del Focus. Mi appare d’altronde chiaro che la dimensione significativa debba essere esclusivamente quella di sovrapposizione del Focus su tutto il sottofondo (Sfondo), a sua volta probabilmente suddiviso in Dato e Nuovo, ma ciò resta, ai fini dell’efficacia comunicativa, del tutto insignificante. Inoltre il fattore di maggior rilievo è che, il Focus possa sovrapporsi in parte al Dato, o in parte al Nuovo, o ad entrambi e contemporaneamente. 5.3.1 Esiste una ‘normale intonazione’? Per primo Newman (1946) sostenne che vi è un pattern, comunemente conosciuto come normal stress, che può essere determinato da regole valide <?page no="138"?> 120 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa 15 Riguardo al tema “no normal stress” vedi Ladd 1996, 160. 16 Chomsky 1971, Jackendoff 1972, Bresnan 1971. per ogni frase: questo pattern include un singolo accento primario o un accento frasale 15 . Il cosiddetto normal stress non ha né significato, né funzione: è invece il semplice risultato di un’operazione di regole fonologiche sulla struttura sintattica superficiale. Soltanto l’accento contrastivo (contrastive stress), che è considerato sostanzialmente non predicibile, ed inoltre il fine delle regole di normale accento, avrebbe una funzione, essendo veicolo di significato. La concezione di normal stress dominò gli anni 70 del secolo scorso fra i linguisti americani, e trovò infine la sua definitiva espressione nella Nuclear Stress Rule di Chomsky/ Halle (1968). Questa concezione, del ‘normal accent’, fu criticata ripetutamente da Bolinger (1972): egli argomentò che le parole in un enunciato possono essere focussate per segnalare la novità dell’informazione, o il contrasto, o altra particolarità a livello informativo, e che le parole focussate sono marcate da picchi d’accento. Ciò che il parlante decide di mettere in rilievo non è una forma grammaticale, bensì una forma lessicale, nella quale cerca di esprimere, in una specifica occasione e in uno specifico contesto, un certo concetto; tutti gli accenti sarebbero dunque significativi in maniera individuale. Bolinger non assume che uno degli accenti pitch sia primario e respinge esplicitamente l’idea che un particolare pattern di accenti di pitch sia assegnato da regole. Questo il suo punto di vista, espresso nell’articolo dal significativo titolo: “Accent is predictable (if you’re a mind-reader)” (Bolinger 1972, 633). Simili concezioni, e soprattutto la rilevanza del contesto discorsivo e situazionale, così come le presupposizioni nella coscienza di entrambi gli interlocutori, sono state anche sostenute da altri linguisti, compresi i linguisti della Scuola di Praga. Soprattutto la nozione di Focus, così come è stata sviluppata da Bolinger (1972), è stata ripresa anche dalla maggior parte dei lavori di semantica, dalla grammatica generativa 16 e specificatamente le sue idee di Focus e accento furono impiegate e sviluppate ulteriormente in successivi lavori sull’intonazione. Si sa che una delle legittime tendenze della grammatica consiste nello stabilire, con scientifica attendibilità ed evitando argomentazioni ad hoc, eventuali costanti, e trarne delle norme, più o meno rigide e più o meno generabilizzabili. La questione della ‘normalità’, pertanto, della ‘non marcatezza’, implica, come già accennato, il ricorrere ad un criterio quantitativo, che non può restare solo ‘criterio’, e che deve necessariamente realizzarsi in dati numerici. È triviale che sia auspicabile un dato canonico di <?page no="139"?> 121 La ‘grammatica dell’intonazione’ 17 A riguardo del Nuclear Stress Rule vedi Chomsky/ Halle 1968, 89-90. base, tale da poter confrontare ad esso, ogni altro dato rilevato e da esso discostante, ma non va forzatamente creato per comodità di ricerca, nonostante sia ovvio che, il non poter ricorrere ad una ‘normalità’ e il verificare invece una molteplicità di fenomeni diversificati tra loro, aggravi enormemente la difficoltà di categorizzazione. Vada premesso pertanto il principio, secondo il quale qualunque elemento di un enunciato possa venir accentuato, sebbene con differenti conseguenze interpretative. Selkirk (1986) sostiene che non esista una cosiddetta ‘normale intonazione’, quando scrive: […] our theory gives no place to the notions “normal intonation” or “normal stress”, where these are taken to be either intonational patterns or phrase stress patterns that are computed automatically on the basis of syntactic structure alone. (Selkirk 1986, 202) Mentre Gussenhoven (1984) sostiene: ‘Normal stress’ has been characterised, implicitly by Chomsky […], as a nucleus placement that results from the interpretation of the entire sentence as [+focus]. […] while Ladd states that the nucleus placement that results from an interpretation of the sentence as one with ‘unmarked focus’ or ‘focus unspecified’ is normal. (From this discussion it is clear that this is conceptually the same thing as our ‘with nothing marked [-focus]). (Gussenhoven 1984, 23) Peraltro Selkirk (1986) svolge il suo lavoro sulle orme di Bolinger (1972), distaccandosi dalle teorie di Chomsky (1971) e Bresnan (1971) 17 . The Chomsky-Halle Nuclear Stress Rule and its modification by Bresnan, and to some extent the criticisms that have been leveled at it, have in common an attempt to account for accent in term of syntax. Instead, accent should be viewed as independent, directly reflecting the speaker’s intent and only indirectly the syntax. Accented words are points of information focus. (Bolinger 1972, 633) Bolinger (1972) sottolinea che la sua posizione consiste nel sostenere che la localizzazione dell’accento di frase non sia spiegabile attraverso la sintassi e la morfologia, opponendosi alla posizione di Bresnan (1971), il quale sosteneva: In this paper I wish to advance a proposal, concerning the interaction of certain phonological and syntactic rules, which extends the predictive power of the phonology, and at the same time provides a new source of information about syntactic representations. […] The phonological rule to be discussed is the Nuclear Stress Rule (NSR). (Bresnan 1971, 257) <?page no="140"?> 122 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa 18 Vedi anche Erteschik-Shir 1997, 152. Inoltre Bresnan (1971, 269), nel considerare le conseguenze della sua presa di posizione, cita Chomsky/ Halle (1968): It is well known that English has complex prosodic contours involving many levels of stress and pitch and intricate processes of vowel and reduction. It is clear even from a superficial examination that these contours are determined in some manner by the surface structure of the utterance. (Chomsky/ Halle 1968, 15) Tornando alla teoria che non esista una normale intonazione della frase, Selkirk (1986, 202) considera che il compito della grammatica sia quello di definire la relazione che sussiste fra la struttura del Focus e la struttura dell’intonazione, e propone che le regole di focussazione servano proprio a definire tale relazione, la quale a sua volta viene assegnata alla struttura sintattica (superficiale) in maniera indipendente e libera. In una simile teoria non può trovar posto una struttura intonativa base, indipendente dal Focus, che possa pertanto essere considerata ‘normale’. ‘Normale’ sarà, quindi, avere una successione di pattern intonativi, secondo la teoria dell’assegnamento del pitch intonativo e dei contorni intonativi sintagmatici e di frase, senza avere a priori una struttura intonativa qualificabile come canonica di per sé. Per riassumere e chiarire (con Selkirk 1986, 203ss. la teoria di Chomsky e Jackendoff e le relative differenze con la teoria di Selkirk stessa), vada detto: nella teoria di Chomsky e Jackendoff, la rappresentazione della struttura Focus è considerata l’‘acciarino’ di connessione fra prosodia e il significato relazionato al Focus e, in accordo con Chomsky e Jackendoff, consideriamo questo il nostro compito descrittivo. Esso concerne di due parti: la caratterizzazione della relazione tra prosodia e Focus e la caratterizzazione dell’interpretazione del Focus stesso. 5.3.2 Relazione tra prosodia e Focus In appoggio alla teoria di Selkirk (1986) 18 , la quale differenzia da quella di Chomsky e di conseguenza dalla teoria dei lavori seguenti nella tradizione generativista, mettiamo in evidenza i due punti salienti di disaccordo: a) Il sostenere che la struttura intonativa di una frase, piuttosto che essere correlata direttamente al pattern d’accenti sintagmatici, è direttamente <?page no="141"?> 123 La ‘grammatica dell’intonazione’ 19 Riguardo a “Deep structure” e relazioni stress-Focus vedi Chomsky 1971 e Selkirk 1986, 203 per quanto riguarda la parte generale e Selkirk 1986, 207 per il particolareggiato. 20 Per Focus: in situ, contrastivo, esteso e ristretto vedi Mereu 2004, 171. correlata alle proprietà del Focus della frase. Selkirk sostiene pertanto che, la relazione tra struttura focussiva e combinazione d’accenti sintagmatici, sia mediata dalla struttura intonativa stessa. In tale teoria l’intonazione viene posta pertanto al primo posto e l’ulteriore implicazione consiste nel fatto, a differenza della teoria chomskyana, di stabilire appropriatamente i termini di pitch-accent-based. b) Le regole di Focus proposte da Selkirk non sono come in Chomsky (1971) e in Jackendoff (1972), per i quali vale tale principio: Chomsky suggests that the focus is determined by the surface structure, as a phrase containing the main stress of the sentence. (Jackendoff 1972, 230) Non una mera trasposizione della concezione relazionale tra Focus e accento dunque, bensì una teoria che involve l’innovativa affermazione che vi è un collocamento delle prominenze prosodiche, degli accenti di pitch perciò, corrispettivamente alle strutture costituenti superficiali, e a sua volta che vi è un collocamento della prominenza dell’elemento/ degli elementi focussato/ i corrispettivamente alla struttura argomentale-predicativa della frase. Proprio quest’ultima struttura infatti determinerebbe lo spettro delle possibilità di focussazione all’interno della frase stessa. Dai grafici in Selkirk (1986, 204 e 205) si nota che l’innovazione della sua teoria consiste nel fatto che la forma logica per l’interpretazione del Focus ha diretto accesso alla struttura superficiale della frase, composta a sua volta non soltanto dalle strutture accentuali, bensì anche dalla struttura argomentale e dalla completa struttura intonativa della frase. 19 5.3.3 Due tipi di Focus: ‘broad’ / ‘allargato’ / ‘non-marcato’ vs. ‘narrow’ / ‘ristretto’ / ‘marcato’ Con l’intento di caratterizzare l’interpretazione del Focus 20 torniamo a Ladd (1996, 160), il quale nomina diversi lavori interessanti a riguardo: tutti questi lavori, in una maniera o in un’altra, sviluppano l’idea che deve esserci qualcosa come un ‘broad focus’, cioè un focus esteso su frasi complete, e non circoscritto su parole o costituenti minori ad una frase intonativa. <?page no="142"?> 124 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa 21 Che è anche la tradizionale concezione e interpretazione di Focus. La volta che si accetta tale concezione, quella di Focus allargato, o ampio, il concetto di ‘normale stress’ può assumere il ruolo descrittivo di dove è collocato l’accento quando il Focus è allargato. Constatiamo infatti una certa compatibilità della suddetta assunzione, con l’idea che nei casi di un Focus ristretto, cioè circoscritto ad un limitatissimo spazio, l’accento venga posto su quella sillaba con un picco particolarmente ripido. Pierrehumbert (1988 [1980]) adotta la nozione di pitch di Bolinger, basandosi sull’approccio ‘focus-to-accent’ (FTA). Abbiamo già veduto, nel paragrafo riguardante la grammatica dell’intonazione e in termini molto generali, la teoria FTA 21 , la quale si basa sul fatto che parole e costituenti di un enunciato possono essere focussati per svariati motivi, e che le parole focussate e i costituenti focussati, sono marcati da un pitch-accent. Il formulare questa teoria in termini così generali, maschera in effetti le profonde divergenze sul modo di vedere un Focus largo e sulla definizione stessa di Focus. La più importante opzione, realizzata con gli accenti di enunciato è il Focus, afferma Gussenhoven (1984): Of each sentence or sentence fragment at least part of the semantic material must be marked [+focus]. If not all the material is thus marked, the rest remains [focus]. In other words, sentence that are entirely [-focus] do not exist. It is important to realise that [+-focus] is a linguistic option, just like, for example, [+/ passive], and that as such it is also a semantic choice. (Gussenhoven 1984, 65) Inoltre Gussenhoven riconosce quanto sia difficile definire il significato di Focus, e paragona tale difficoltà a quella di descrivere il significato di un’opzione sintattica come quella del passivo. La sua concezione di Focus a livello semantico è che il parlante presenta del materiale linguistico in Focus, in qualità di suo ‘personale contributo’ alla conversazione, e il materiale linguistico ch’egli omette di focussare, riveste il ruolo di ‘punto di partenza’, cioè di informazioni che l’ascoltatore, l’interlocutore, conosce o crede di conoscere; per essere precisi bisognerebbe però sottolineare che è il parlante che ipotizza che l’ascoltatore conosca tale informazione. In questo senso, il materiale ‘etichettato’ con [+Focus] è Nuovo, sempre per Gussenhoven, e il materiale contraddistinto dalla caratteristica, o meglio dal tratto distintivo, secondo la Scuola di Praga, [- Focus] è Dato. Selting (1995) dal canto suo, esprime sul Focus, e sui problemi ad esso aderenti, le seguenti concezioni: <?page no="143"?> 125 La ‘grammatica dell’intonazione’ 22 Selting (1995, 119) puntualizza che per quanto riguarda il tedesco, i linguisti sembrano essere concordi nel riconoscere una plurale responsabilità nella realizzazione dell’interpretazione semantica del Focus, in qualità di ristretto o di allargato: il collocamento dell’accento (e perciò io deduco anche l’affiliazione di esso a livello fonologico), l’ordine degli elementi nella frase, e il lessico. Quest’ultimo punto mi sembra di grande Das zentrale und erklärende Problem der Fokus- und Akzentforschung ist nun, dass ein Akzent unterschiedlich große Fokusdomänen erzeugen kann. […]: Unterschied zwischen der Wahl mehrerer Akzente bei der sogenannten ‘mehrfachen Akzentuierung’ und der Wahl nur eines Akzents bei der sogenannten ‘Integration’. […] Bei der Integration wird also als Domäne des Akzents die ganze Nominalphrase interpretiert, nicht nur das akzentuierte Wort; der Fokus wird auf die ganze Nominalphrase “projiziert” und es liegt ein sogenannter ‘weiter Fokus’ vor. […] Würde hingegen der Akzent als nur auf die Domäne eines Wortes beschränkt interpretiert […] wäre keine Fokusprojektion möglich und wir hätten einen sogenannten ‘engen Focus’, bei dem wir oft einen Bezug zu einer kontrastiven Alternative herstellen. (Selting 1995, 117-118) Per quanto riguarda la realizzazione dell’interpretazione del ristretto o del largo dominio del Focus, e pertanto dello scopo di una focussazione, sembra giuocare un importante ruolo la conoscenza di principi grammaticali. Dalla maggior parte dei lavori svolti su questo particolare tema, sembra evidente che si parta dal presupposto che una differenziata affiliazione degli accenti alla stringa degli elementi ne stia alla base. Tali Akzentsetzungen (Selting 1995, 118) determinerebbero le differenze sussistenti fra neutrale Bedeutungen / neutrale Informationsschwerpunkte, il cosiddetto weiter Focus e le nicht-neutrale Bedeutungen / markierte Informationsschwerpunkte, il cosiddetto enger Focus. Ma in effetti si tratta di una questione fondamentale: quali regole, quale tipo di principi, o forse quale combinazione di principi e di tipo di regole, determinano le diverse modalità di accentuazione e la loro differente interpretazione? Abbiamo già veduto che Chomsky/ Halle (1968), per esempio, vi riconoscono come sottostanti, dei principi sintattici, così come altri linguisti della tradizione generativista. Altre teorie, come quella di Selkirk (1986), Nespor/ Vogel (1986), Jacobs (1988) per esempio, riconoscono la sintassi e la fonologia come indipendenti l’una dall’altra, ma combinate in una stretta relazione, che le rende, nella loro interazione, la base per la realizzazione dell’interpretazione semantica delle frasi. Abbiamo visto infatti che Selkirk (1986, 27ss.) ritiene che l’accento tonale alto (pitch) più prominente di un sintagma intonativo, venga posto liberamente e, proprio questo posizionamento, determini il Focus semantico della frase o del sintagma 22 . <?page no="144"?> 126 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa importanza: ne deriva una semanticità che investe anche l’aspetto verbale, per esempio, ed ogni singola scelta lessicale fatta dal parlante. 23 Per delucidazioni a riguardo della fonologia autosegmentale e toni vedi Nespor 1994, 116ss. Concernente la griglia metrica all’interno della parola Nespor 1994, 149ss. e ritmica (sillaba) Nespor 1994, 235ss. 24 La versione originale del 1980, pubblicata posteriori in una versione riveduta e realizzata in collaborazione di Mary Beckman nell’anno 1988. Una terza versione fu anch’essa modificata, ma anche semplificata con il sistema di trascrizione ToBI. 25 Da tener presente che l’analisi di Pierrehumbert è espressamente stata sviluppata per la lingua inglese. 5.4 Rappresentazione e trascrizione fonologica dell’intonazione Dopo aver esplorato i fondamenti teorici e semantici dell’intonazione, passiamo a considerare i dettagli tecnici della descrizione della fonologia intonativa. Essa appare molto più importante di quanto non sembri in un primo momento, dato che nell’atto stesso della trascrizione si categorizza, si delimita, si rende il tutto più intelligibile. Sulla base di Ladd (1996, 79ss.) prendiamo in considerazione innanzitutto la rappresentazione fonologica del pitch nella teoria metrica-autosegmentale (useremo d’ora in poi l’acronimo di cui fa uso Ladd 1996 AM (autosegmental metrical). 23 Punto di partenza d’obbligo per ogni tipo di simile descrizione è l’analisi di Pierrehumbert, sviluppata in tre versioni. 24 Il soffermarci su ogni singola versione sarebbe fuori luogo in questa sede; ciò nonostante, per quanto riguarda la prima edizione del lavoro, va sottolineata almeno l’importanza di quella che si potrebbe definire una grammatica degli accenti tonali, cioè di tutti quei pattern intonativi, che possono essere generati nella lingua inglese. 25 Questa “grammatica dell’intonazione”, come la definisce Avesani (1995), mostra che i toni sono composti di uno o più accenti intonativi, seguiti obbligatoriamente da un tono sintagmatico e, altrettanto obbligatoriamente, da un tono limite. Nespor (1994) sottolinea che: Una delle importanti proposte fatte da Pierrehumbert riguardo alla rappresentazione dell’intonazione, è di analizzare tutte le melodie (dell’inglese) come una sequenza di due soli toni, alti e bassi. […] L’altezza specifica di tali toni dipende poi dal contesto ed è precisabile con regole di interpolazione fonetica, cioè regole che stabiliscono come procede l’andamento del profilo tra due toni, per esempio se è costituito da una linea retta oppure da una linea con un avvallamento e via dicendo. (Nespor 1994, 273) La prima versione del lavoro di Pierrehumbert dunque (Ladd 1996, 81), implica tutte le possibili combinazioni di toni, ma non implica necessaria- <?page no="145"?> 127 Rappresentazione e trascrizione fonologica dell’intonazione 26 Rispettivamente 4. e 5. livello dell’albero prosodico. Per costruzione della griglia metrica, con rappresentazione dei costituenti vedi Nespor 1994, 240. 27 Vedi Ladd 1996, 94ss. 28 Per particolareggiata descrizione di ToBIt vedi Avesani 1995. mente una struttura costituente del contorno intonativo, non analogamente perciò alla tradizione britannica con la sua analisi della “testa” o del “nucleo”. Con la seconda edizione poi, avviene una modifica dell’analisi originale: nella prima edizione, i toni, alti o bassi che fossero, non potevano venire associati ai rispettivi elementi del testo, mentre, in questa successiva proposta (basata sull’inglese e sul giapponese), viene definita esattamente l’affiliazione ‘tra melodia e testo’. I toni che costituiscono la melodia associata con un sintagma intonativo, che vengono chiamati anche morfemi intonativi, sono di due tipi: toni accentati con determinate sillabe del testo, i toni accentuali (detti pitch accents e marcati con un asterisco) e toni associati con il limite di un costituente, che chiameremo toni limitrofi o di confine (detti boundary tones a loro volta affiliati o al sintagma fonologico o al sintagma intonativo). 26 La terza versione dell’analisi di Pierrehumbert poi, è incorporata all’analisi ToBI, una proposta standard per l’etichettatura di caratteristiche intonative, ricavate (dalle databasi) di parlato digitalizzato. Una completa trascrizione ToBI, contiene diversi livelli, dei quali i due più importanti sono: quello che indica i tones (To) nella curva intonativa di F0, e quello dei break indices BI. La prima iniziativa di questo genere risale ad un gruppo di linguisti americani, una parte del quale si dedicò espressamente all’intonazione della melodia dell’enunciato (il gruppo soprannominato ‘To’) 27 lavorando con l’analisi tonale di Pierrehumbert sull’inglese; l’altra parte del gruppo si concentrò principalmente sui sintagmi, sulle prominenze e sulle strutture prosodiche in generale, e sviluppò la nozione di ‘break index’, quale mezzo di “impressionistically indicating the strength of word and phrase boundaries” (Ladd 1996, 94). Lo sviluppo di questo sistema di trascrizione intonativa, vada nuovamente sottolineato, è specificatamente stato realizzato per la lingua inglese: ne deriva pertanto la necessità di adattarlo alle diverse lingue. 5.4.1 Da ToBI a ToBIt 28 L’adottare il ToBI, per la descrizione dell’intonazione, alla lingua italiana, ha significato innanzitutto valutare l’applicabilità del sistema di trascrizio- <?page no="146"?> 128 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa 29 Si noti che in altri stili di parlato, a detta di Avesani 1995, ad esempio nel parlato spontaneo di tipo radiofonico e in altre varietà regionali, H* non indica narrow, ma broad focus. ne, alla descrizione della prosodia di una lingua diversa da quella per la quale era stato originariamente concepito, ed inoltre valutare l’adeguatezza della teoria sulla quale è stato basato: compito svolto da Avesani (1995). Essendo quest’ultimo il campo di suo maggiore interesse, la linguista ha concentrato l’attenzione sul livello tonale, cercando di capire quali elementi, previsti dalla teoria e dal sistema di trascrizione, siano sufficienti per descrivere il sistema intonativo dell’italiano e il significato del loro uso. Secondo Avesani (1995) gli accenti intonativi che possono occorrere in posizione nucleare sono i seguenti: H*, L*, L+H*, L*+H. Per quanto riguarda l’accento intonativo H*, il semplice fatto che, ad un elemento lessicale sia associato un accento intonativo, lo rende saliente nell’ambito del discorso, mentre il tipo di accento usato indica quale stato informativo abbia il referente di quell’elemento rispetto alle credenze condivise tra parlante e ascoltatore. In questo caso H* indica che il parlante ritiene che l’elemento che sostituisce la variabile X nella proposizione aperta, ‘accetta X’ (Mario), costituisca per l’ascoltatore un’informazione nuova. In generale, la funzione di H*, in questo tipo e varietà di parlato, 29 è di segnalare che l’elemento lessicale così marcato rappresenta il Focus marcato (narrow focus) della frase. Inoltre Avesani (1995) mostra la sequenza del tono semplice H* e di quello complesso H+L*, come rappresentanti di un Focus non marcato (broad focus). Nel Focus marcato l’accento intonativo è H* e foneticamente la sillaba tonica è prodotta con un massimo di F0 allineato all’inizio della vocale, che costituisce il culmine di un movimento ascendente iniziato nella sillaba atona precedente e l’intera sillaba tonica è coinvolta in un movimento ascendente-discendente di F0. Nel caso del Focus non marcato, [H + L*] alla sillaba tonica è associato il tono L, realizzato foneticamente come un minimo di F0 allineato all’inizio della vocale; il tono H è associato alla sillaba atona precedente e l’intera sillaba tonica è prodotta con un movimento discendente di F0. L’accento che tipicamente viene usato per una prominenza speciale, secondo Avesani (1995), è del tipo L + H*, che si distingue dall’accento precedente per il diverso allineamento dei toni ai segmenti. L’avvallamento di F0 che realizza il tono L è allineato alla sillaba pretonica e il massimo di F0 che realizza il tono H è allineato all’inizio della sillaba tonica. <?page no="147"?> 129 Pattern intonativi in italiano Gli accenti di frase e i toni di confine, rilevanti per la funzione illocutiva dell’enunciato, sarebbero i seguenti: a) dichiarativa con Focus non marcato: H + L* L-L% b) dichiarativa con Focus marcato: H* L-L%. 5.5 Pattern intonativi in italiano Tornando al mirato lavoro di Face/ D’Imperio (2005, 278), constatiamo che, il pattern intonativo del broad focus, nelle dichiarative in italiano, è caratterizzato da un’ascesa della frequenza fondamentale F0 in un picco sulla prima sillaba tonica dell’enunciato e da una discesa (caduta) della F0, la quale inizia prima dell’ultima sillaba tonica e termina con la sillaba stessa. Alla salita iniziale va attribuito un picco d’accento H*, mentre alla caduta sulla sillaba tonica finale va attribuito un picco d’accento del tipo H + L*. Se una parola dell’enunciato è in narrow focus, quella parola sarà marcata intonativamente da un picco accentuale affiliato con la sillaba tonica (della parola), del tipo L + H*. Questo picco accentuale viene realizzato nella F0 come una salita che ha un chiaro inizio immediatamente prima della sillaba tonica e che raggiunge il picco di F0 con la sillaba tonica stessa. Avremo dunque: a) due pattern intonativi del tipo H*, che termina poi con il terminare dell’enunciato in H + L* per un “Focus largo” = broad focus b) un pattern intonativo del tipo L + H* per un “Focus ristretto” = narrow focus I picchi intonativi di F0, pur essendo realizzati in maniera diversa e con un ‘attacco’ diverso, vengono effettuati entrambi sulla sillaba tonica della parola dove inizia la focalizzazione ampia o dove avviene la focalizzazione ristretta. 5.5.1 ‘Intonazione e ordine delle parole’ vs. ‘o intonazione o ordine delle parole’ Secondo Face/ D’Imperio (2005, 278ss.) per marcare un Focus ristretto, l’italiano può usare l’intonazione, anche senza ricorrere contemporanea- <?page no="148"?> 130 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa 30 Per quanto concerne l’associazione tra diversi livelli dell’accento nucleare, vedi Grice 1995, 66: “The Term pitch accent is used […] to refer to pitch configurations which accompany a prominent syllable”. Bisogna tener presente però l’importanza della pretonica, come sottolineato ripetutamente nella descrizione dei pattern intonativi di base; Grice (1995, 90) esprime bene: “representations now involve an underlying specification of tonal structure in the form of pivotal positions”. 31 Per esempi chiarificatori vedi D’Imperio 2001, 341. Es: “Mamma ballava da Lalla”. mente ad un ordine delle parole marcato, o meglio, ad uno spostamento delle parole rispetto a quello stabilito (canonico), nella struttura base della lingua, dalla tipologia linguistica. Abbiamo anche visto, nel paragrafo precedente, che l’italiano accentua in maniera differenziata il Focus largo, da quello stretto, in posizione finale d’enunciato. In italiano infatti l’accento nucleare è ‘affiliato’ al Focus in maniera differente. Vada tenuto presente dunque: nel Focus largo constatiamo un accento nucleare H + L* 30 , preceduto da un picco H* e se il Focus ristretto è in posizione finale, troviamo un picco intonativo del tipo L + H* (si parla sempre di annotazioni e picchi affiliati alle sillabe toniche). Quindi sussiste una differenza fonologica nel pattern intonativo basato in posizione nucleare, in dipendenza del fatto che la parola, in tale posizione, sia in Focus ristretto o meno 31 . Per una parola in narrow focus, la posizione finale è anche la posizione primaria dato che, in prospettiva all’ordine delle parole nella frase, quella finale è la posizione riservata all’informazione di maggior rilevanza. In italiano, a differenza per esempio di una lingua come lo spagnolo, si trova un’intonazione focale con pattern intonativo di un certo tipo, nel caso in cui la parola è in Focus ristretto: ciò significa che in italiano, per focussare una parola la si pone in posizione finale, marcandola perciò sintatticamente, e la si marca anche intonativamente con un preciso pattern (L + H*); un pattern intonativo, come abbiamo visto, differente da quello che si usa per focussare una o più parole, all’interno dell’enunciato. Di basilare importanza per la nostra specifica ricerca sul costrutto-eco è l’osservazione di Face/ D’Imperio (2005): In both languages (spagnolo ed italiano), intonation alone can mark narrow focus. But when word order is used (i.e. in final position) only Italian also uses a focal intonation pattern. (Face/ D’Imperio 2005, 280; la prima parentesi è mia) Questo vorrebbe significare che l’analisi più sicura per stabilire se una certa parola o se un certo sintagma sono focussati, è quella di analizzare la frase intonativamente, soprattutto nel caso in cui la disposizione degli elementi <?page no="149"?> 131 Scorcio tipologico della frase, dato l’uso di particolari verbi, non possa, indiscutibilmente, essere ritenuta marcata. Cinque (1977) parla di necessaria enfasi per una anteposizione contrastiva e D’Imperio parla di una aggiunta d’enfasi alla posposizione del Focus, contrastiva o no che sia. Ci si domanda allora: perché continuiamo a considerare fondamentale l’analisi sintattica per la considerazione di un qualunque tipo di marcatezza? Non dovremmo parlare piuttosto di ‘accettabilità’? E ciò in stretta relazione al fattore varietistico: si tratta di accettabilità per quanto concerne la lingua scritta in un’ottica di grammaticalità normativa o piuttosto di un’accettabilità a livello varietistico pragmatico, di adeguatezza alla situazione contestuale? O addirittura di accettabilità in relazione al rischio minimo di equivoci, cioè di comprensione, di pieno successo nella comunicazione ed interazione? Face e D’Imperio (2005, 281) consapevoli della problematica sussistente nel considerare canonica una distribuzione o l’altra, deducono che: Thus it seems that post-verbal position is a strong indicator of narrow focus in Spanish, but not as strong of an indicator in Italian. It follows that Italian speakers cannot rely solely on word order as an indicator of narrow focus, and must also mark narrow focus intonationally, while Spanish speakers rely more heavily on word order and therefore do not use intonation unless word order would incorrectly communicate the narrow focus of the utterance. (Face/ D’Imperio 2005, 281) Questa affermazione confermerebbe una volta di più che l’ordine degli elementi nella frase italiana, tendendo ad essere labile, necessiti di un supporto prosodico, di tipo intonativo, per garantire il funzionamento di messa in risalto di una parte della frase, per assicurare quindi il successo della comunicazione, sul piano della priorità informativa. 5.6 Scorcio tipologico Indirizzare lo sguardo verso una prospettiva un po’ più ampia, rispetto a quella della propria lingua storica, non è soltanto gratificante, bensì anche doveroso, dato che nella maggior parte dei casi, soltanto un adeguato confronto può rivelarsi di grande valore chiarificatore. Riguardo ad un’eventuale tipologia linguistica delle strategie di focalizzazione, quella sintattica dell’ordine delle parole e quella fonologica dell’intonazione, Face/ D’Imperio (2005, 281) considerano il tema della distinzione fra lingue plastiche e non-plastiche. Le lingue cosiddette ‘word order languages’ e quelle denominate ‘intonation languages’ sono state consi- <?page no="150"?> 132 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa derate dalle linguiste in termini differenti che negli studi precedenti, dove si distingueva fra ‘plastic languages’ e ‘non-plastic languages’, cioè tra lingue che sono in grado di modificare la prominence pattern e la focussazione informativa (highlight information) dell’enunciato con l’aiuto dell’intonazione (le ‘lingue plastiche’), e lingue che godono di una marcatezza fissa, posta alla fine dell’enunciato, e che devono perciò modificare l’ordine delle parole ed agire pertanto sulla marcatezza sintattica per evidenziare una prominenza informativa (le lingue ‘non plastiche’). Ladd (1996, 191ss.) argomenta in termini di intonazione e riporta degli esempi in italiano, dimostrando che l’italiano è una lingua non-plastic, cioè che la marcatezza viene realizzata attraverso la disposizione non canonica degli elementi della frase, perciò sintatticamente. A questo proposito però Face/ D’Imperio (2005) fanno notare che: But in terms of the issue being considered here, the plastic vs. non-plastic distinction is a reformulation of the word order vs. intonation distinction. There are only two categories, and no intermediate ground. Yet, as we have shown, Spanish and Italian can use word order and intonation, but the interaction of the two is different in these languages. Therefore, a more flexible categorization of the marking of focus is needed than that which is offered in traditional studies […]. (Face/ D’Imperio 2005, 281-282) Le due linguiste optano dunque, per una considerazione più flessibile della categorizzazione offerta da Ladd (1996) ed io non posso che affiancarmi a loro, nella certezza che proprio l’interazione delle due strategie focussive, dia adito a considerare tali caratteristiche, non tanto assolutisticamente, bensì in qualità di caratteristiche tendenziali. Particolarmente bene si esprime Mereu (2004) a riguardo: […] le lingue del mondo, per le caratteristiche e i comportamenti discussi, applicano risorse linguistiche che hanno a che fare con le interfacce fornite dalla sintassi, dalla morfologia e anche dalla fonologia, in particolare dalla prosodia della frase, adottando i seguenti due principi costruttivi: a) Dato - Nuovo b) [+ Prominente] - [- Prominente] La prima sequenza corrisponde al principio costruttivo configurazionale secondo il quale si ha corrispondenza tra la struttura sintattica e l’ordinamento Dato - Nuovo; la seconda sequenza corrisponde al principio costruttivo non configurazionale, esclusivamente pragmatico, secondo il quale si pone, in posizione iniziale tutto il materiale linguistico pragmaticamente saliente o prominente, seguito dal materiale meno saliente dal punto di vista comunicativo. Ciò significa che lingue come l’italiano applicano tutti e due i principi costruttivi […]. (Mereu 2004, 178) <?page no="151"?> 133 Scorcio tipologico Da considerare è anche la posizione post-verbale del soggetto e diverse sono necessariamente le riflessioni a riguardo: a) La labilità dell’ordine dei costituenti nella frase, perciò la sovente occorrenza del S in posizione postverbale, nel caso esso sia usato in valenza monoargomentale, è forse anche da ricondurre al fatto che l’italiano, essendo una lingua pro drop tenda a menzionare il soggetto soltanto se carico di particolare valore informativo, e perciò a porlo in fondo alla frase, dove in ogni caso viene posizionato l’elemento marcato informativamente, per la regola tipologica dell’accrescere del peso semantico verso destra (PPN). b) Dalla frequenza con la quale il soggetto occorre in posizione postverbale, ne deriva la necessità di aggravarlo di un particolare pattern intonativo per focussarlo, o focussarlo ulteriormente. c) Il fatto che, essendo dati due contorni di pattern diversi rispettivamente per il focus allargato (denominato completivo da Mereu 2004, 171ss.) e per quello ristretto (o anche detto contrastivo), dovrebbe essere possibile stabilire in base alla curva intonativa, se B è focus ristretto o allargato, e perciò se si tratta di uno o più costituenti focussati. Dedicandoci ora all’analisi tecnica delle curve di F0, premettiamo un chiarimento sulla terminologia che adotteremo per le interpretazioni a riguardo: Useremo qui i termini focalizzazione o focalizzazione ristretta unicamente per intendere la focalizzazione limitata ad alcuni costituenti di una frase. Va notato che tale focalizzazione può aversi solo all’interno di un discorso, dato che bisogna essere a conoscenza di ciò che già è stato detto e che può essere perciò considerato ‘dato’, per determinare ciò che è ‘nuovo’. Chiameremo invece gli enunciati la cui intonazione non dipende dal contesto più largo in cui sono pronunciati, che non fanno, cioè, parte di un discorso, ma che sono pronunciati fuori contesto, a focalizzazione neutra. Semanticamente sarebbe più corretto definire questi ultimi a focalizzazione globale, in quanto, come si è visto, ogni costituente dà informazione nuova e quindi è focalizzato. Fonologicamente, tuttavia, tali enunciati hanno una forma non marcata, ragione per cui il termine ‘focalizzazione neutra’ ci sembra più adatta. (Nespor 1994, 283-284) Il lavoro fin qui preso in considerazione di Face/ D’Imperio 2005 è, come abbiamo potuto vedere, principalmente orientato ad una tipologia di quelle lingue che usano diversi mezzi di focussazione e soprattutto mirato a rivedere la netta e rigida bipartizione, si potrebbe quasi dire ‘dicotomia’ di plastic languages vs. non-plastic languages (termini adottati da Ladd 1996, i <?page no="152"?> 134 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa quali corrispondono in effetti, e soltanto con una riformulazione definitoria, a word order languages e intonation languages). 5.7 Applicazione della teoria alla pratica (PRAAT) Non si può negare che nelle concezioni e nelle denominazioni di Focus, così come del resto abbiamo già constatato a riguardo del Topic, regni una varietà talmente grande, da causare inevitabilmente una discreta confusione. Anche se omnis definitio periculosa, e senza voler pretendere di fornire ex abrupto la ‘vera definizione’, mi sembra utile muovere da una definizione che prendiamo come posta a priori, con il principale intento di dissolvere possibili equivoci. In questo lavoro si considera Focus la parte prominente della frase, nei confronti dello Sfondo (denominazione per ‘Hintergrund’ ripresa da Mereu 2004, 172, in linea con Vallduvì 1992) e si distingue tra Focus ristretto, cioè applicato ad un solo membro frasale e di conseguenza spesso contrastivo, e Focus allargato, in quanto esteso a più elementi della frase e di conseguenza meno prominente. La posizione del Focus nella frase determinerebbe un Focus in situ o un Focus anteposto (caso in cui spesso viene a collimare con la posizione del Topic a sinistra). Osserviamo adesso alcuni casi scelti quali prototipici, tra i costrutti-eco a nostra disposizione, per commentarne le curve di F0. La curva 1 presa in esame, e il cui grafico è visibile a pagina numero 141, coincide al campione di costrutto-eco: (167) la voglio nuova di zecca deve essere [Carmelo III., 01: 03: 03] dove constatiamo A formalmente diverso da C, e dove B è apposizione del complemento oggetto in A - B e apposizione del soggetto in B - C. La curva sopraccitata viene riportata come prototipica del posizionamento del Focus in B: un Focus che si può ritenere ‘ristretto’ e che è sovrastato da un picco, contraddistinto dal pattern intonativo L + H* posto sulla sillaba tonica ZE e, per la precisione, un picco accentuale che viene realizzato come una salita con chiaro inizio immediatamente prima della sillaba tonica. Se consideriamo soltanto B - C, vediamo che si tratta di una anteposizione: nuova di zecca deve essere; se consideriamo invece il costrutto in tutta la sua interezza, A - B - C, riscontriamo un Focus ristretto in B e due <?page no="153"?> 135 Applicazione della teoria alla pratica 32 Cfr. Mereu 2004, 173 a riguardo della similitudine dei dati prosodici in relazione al comportamento per il Topic e il Focus a sinistra, come informazione prominente e per il Topic e il Focus completivo a destra, in quanto informazione non prominente. 33 Lo Sfondo viene anche suddiviso, per esempio da Vallduvì (1992) in Collegamento e Coda: andrebbe considerato se tale suddivisione corrisponda in effetti a quella di TOPIC e Topic o ad altre simili. Topic, uno a sinistra e uno a destra. 32 Fedeli alla nostra bipartizione in dimensioni di rilievo e sottofondo, consideriamo B Focus e A e C Sfondo. 33 Su di zecca si nota un dislivello di F0 notevole, cioè una focalizzazione enfatica da anteposizione, per aderire a Cinque (1977); ciò contribuisce probabilmente a permettere una ripresa di A in C diversa formalmente, senza che ciò vada a scapito della priorità informativa. Si può pertanto osare l’interpretazione che, nell’uso del costrutto-eco, sia essenziale la disposizione dello Sfondo bipartito e formalmente identico (o a specchio), per mettere in risalto il Focus, senza che esso debba essere, come in questo caso, un Focus ristretto, un Focus carico di enfasi, particolarmente accentuato, come nel caso dell’anteposizione. Ma vediamo altri casi, che possano far luce su tale interpretazione. La Curva 2 (grafico pagina 142) effettuata sul campione: (168) sembrano cane e gatto sembrano [Carmelo IV., 00: 58: 38] mostra invece un Focus ad ampia portata, un Focus ‘esteso’, secondo la nomenclatura di Mereu (2004, 177). Il Topic a sinistra, lo Sfondo d’apertura dunque, mostra una curva che tende ad innalzarsi, ad essere sospesa, cioè a preannunciare il Focus e a mantenere pertanto il turno di chi parla. Il Focus, non essendo contrastivo e ristretto, non mostrando pertanto una ‘concentrata’ focalizzazione intonativa con notevole ed ex abrupto dislivello della curva di F0, viene messo ancora più in rilievo dalla presenza del Topic C, della parte destra dello Sfondo. Io non sono d’accordo con Givón (1976), il quale lo considera un “after thought” e mi sembra più appropriato considerarlo un automatico meccanismo di apportare salienza a ciò che sta alla sua sinistra, soprattutto nel caso in cui il Focus sia di tipo allargato: nella frase B - C non si può parlare di anteposizione vera e propria, se non correlata da un picco intonativo del tipo Focus ristretto. Ciò non può essere constatato in questa curva: il pattern intonativo infatti è evidentemente del tipo H* sulla sillaba CA di cane e H + L* a chiusura di frase intonativa, cioè antecedentemente allo Sfondo destro C, sembrano. <?page no="154"?> 136 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa La Curva 3 è stata da me scelta quale prototipo di doppia focalizzazione (grafico pagina 143). Vediamo che nel costrutto: (169) sembrava un’attrice italiana sembrava [Carmelo III., 00: 00: 58] la periferia A è allungata e causa in tal modo un’interpretazione di esitazione (o come alle volte viene considerata erroneamente, di pausa), alla quale segue un’anteposizione di B in B - C. B è un Focus esteso e, se avessimo soltanto A - B, non avremmo la possibilità di focussare sia ‘un’atTRIce’ che ‘itaLIAna’: avremmo infatti un pattern intonativo del tipo H* su TRI e H + L* su italiana o H* su LIA e H + L* su ‘na’. Ma la presenza di C, dello Sfondo a destra, rende possibile una doppia focalizzazione ristretta, infatti constatiamo i due patterns intonativi da Focus ristretto L + H*: uno di essi su TRI e l’altro su LIA, o più precisamente ‘atTRI’ e ‘taLIA’, dato che il picco inizia con un avvallamento già sulla pretonica. La doppia focalizzazione, in una frase canonica A - B non si verificherebbe possibile anche per il principio della progressione del nuovo, dato che ‘italiana’ verrebbe considerato più nuovo e più di rilievo di ‘attrice’: se ne deduce che, una focalizzazione doppia ed equivalente sulle due informazioni apportate dal sintagma B, è resa possibile in maniera univoca, dalla presenza di C, che inverte per così dire il principio di progressione del nuovo in direzione contraria, verso sinistra. Curva 4 (grafico pagina 144): (170) quinta, diciamo (è) il massimo diciamo [Carmelo IV., 00: 45: 45] Questo esempio è molto interessante perché mette in evidenza come possa essere annesso un vero e proprio Topic, quinta, e questa volta non come Sfondo e non facente parte del costrutto-eco. Il Topic, che come ritiene Mereu (2004) può mostrare una maggiore o una minore prominenza, viene anteposto a tutto il costrutto e messo in rilievo con un accento L + H* da Focus ristretto su quinTA. Segue la prima occorrenza di diciamo, A, a sua volta in Focus ristretto, e B, è il massimo, con Focus allargato, messo in maggior risalto dalla posizione antecedente alla seconda occorrenza di diciamo in C. Curva 5 (grafico pagina 145): Ecco adesso una curva intonativa che ho scelto per evidenziare una funzione del tipo discorsivo-dialogica, che non è del tutto canonica nell’uso del costrutto-eco. Abbiamo già fatto notare infatti la prerogativa di dare un <?page no="155"?> 137 Applicazione della teoria alla pratica 34 Per ripetizione con funzione di coesione vedi Stati (1996, 169), il quale ritiene che la ripetizione possa avere una tale funzione, e la descrive e la nomina funzione ‘pivot’, cioè cardine di connessione tra enunciati prodotti da parlanti diversi. Il tutto in considerazione di ripetizione dialogica, effettuata in turni diversi. carattere di chiusura, di indiscutibilità, di ineccepibilità all’illocuzione espressa nel e dal costrutto, sostenuta anche dalla chiusura della frase intonativa, e perciò spesso anche dalla chiusura di turno, o comunque di enunciato. Qui constatiamo peraltro una curva intonativa finale, del tutto contraria: (171) mendia du voti mendia [Carmelo I., 00: 04: 20] L’andamento della curva mostra una chiara focussazione ristretta su ‘men- DIA’, A, con pattern intonativo del tipo L + H*, al quale segue un B non focussato particolarmente o soltanto ‘coda’ della focalizzazione di A e poi una pausa. Si potrebbe pensare dunque che la frase, l’enunciato, sia terminato, ma Carmelo riprende con una curva intonativa in rialzo, tipica di chi desidera mantenere il turno e, riprendendo con l’occorrenza A in C, focalizza topologicamente B, du voti, che, pur essendo sostenuto nella prominenza informativa dal principio di progressione del nuovo in A - B, va scemando e perde pertanto di consistenza fonica. 34 A questo punto devo sottolineare quanto io sia propensa a considerare poco attendibile che il principio di progressione del nuovo venga adottato con regolarità nella lingua parlata, al pari di quanto non sia nella lingua scritta. Sono piuttosto propensa a pensare che nel parlato sia invece l’inizio di frase a rivestire la posizione preferita per il Nuovo, oppure la posizione centrale, come nel costrutto-eco, piuttosto che quella finale. L’ultima curva scelta per osservare le caratteristiche soprasegmentali dell’intonazione del costrutto-eco, è la Curva 6 (grafico pagina 146): (172) coll’olio d’oliva e basta con l’olio d’oliva [Carmelo III., 01: 22: 10] Essa evidenzia un caso esemplare di ‘classica ripetizione’ e della sua differenza sostanziale nei confronti del costrutto-eco, dunque la apporto e cito, con scopo del tutto contrastivo. È evidentissima, infatti, la chiusura di frase intonativa di BASta, la pausa vera e propria, determinata nello status di pausa espressamente dallo stacco, dal dislivello nell’andamento di F0, tra BASta e l’attacco, molto più alto, sull’ultima occorrenza di Olio. Nell’osservare la curva appare del tutto evidente come la prima parte, coll’olio d’oliva e basta, sia una frase conclusa, con Focus allargato, consisten- <?page no="156"?> 138 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa 35 Cfr. Duranti/ Goodwin 1992, 9ss. per “Focussing on the figure and ignoring the ground”. 36 Vedi Frascarelli 1997, 248-9. te in un tono H* su IO e il pattern di toni H + L* sul resto della frase d’oliva e basta. L’aggiunta olio d’oliva può a ragion veduta esser considerata un Topic di coda, una ripresa concettuale, una ricorrenza formale e una ripetizione intenzionale. 5.8 Sommario Nel presente capitolo, ci siamo dedicati ad un approccio al costrutto in ottica prosodico-intonativa. In una prima parte abbiamo voluto e dovuto necessariamente confrontarci con la parte più teorica del compito, sarebbe a dire con la problematica della considerazione del Focus, quale prominenza semantica e prosodica, se non con la presa in considerazione di una vera e propria ‘grammatica dell’intonazione’ e le questioni alle quali essa tenta di dare risposte esaurienti: esiste una ‘normale’ intonazione? Sussistono due diverse grandezze di Focus? Dopo esserci soffermati sulle più necessarie spiegazioni d’ordine teorico e tecnico di costituzione e descrizione del nesso fonologico fra struttura superficiale della frase e Focus in quanto picco intonativo di F0, abbiamo dato stringate delucidazioni sul sistema di trascrizione fonologica dell’intonazione (ToBIt), al fine di permettere, se pur in modo sommario, la comprensione della trascrizione delle curve intonative del costrutto-eco. Di prominente e attuale interesse ci è apparsa l’ottica tipologica della maniera in cui l’italiano realizza le prominenze informative della frase: constatiamo infatti l’uso dell’abbinamento della strategia dell’ordine delle parole, cioè quella sintattica, e della strategia dell’intonazione, cioè quella fonologica. Nella figura riportata qui di seguito vediamo esposta, in maniera molto sintetica, la rappresentazione prosodico-informativa del costrutto-eco dove, alla classica suddivisione della frase in Dato e Nuovo, sovrapponiamo la dicotomia, dai se pur labili confini, di Focus e Sfondo. 35 Il Focus può naturalmente mettere in risalto non soltanto una parte o tutta l’informazione nuova, bensì anche soltanto una parte dell’informazione data, come nel caso: Es: (173) La madre di Luigi è venuta da sola, vero? Ti sbagli. LUIGI l’ha accompagnata! 36 <?page no="157"?> 139 Sommario 37 Questo particolare implica una notevole flessibilità dei confini tra Focus e Sfondo, dato che non sono scontate coincidenza e simmetria reciproche. Rappresentazione dell’informazione veicolata dal costrutto-eco: Dato / Nuovo - Sfondo / Focus / Sfondo A B C DATO NUOVO NUOVO DATO SFONDO FOCUS SFONDO SFONDO FOCUS SFONDO Figura 6 Nella figura 6 è evidente che, la frase A - B mostra la disposizione informativa di Dato e Nuovo, e una contraria disposizione è evidente nella frase B - C. Nel momento in cui le due frasi vengono combinate nel costrutto A - B - C, la parte B, con posizione centrale, viene focussata intonativamente e acquista dominanza informativa nei confronti di A e C, le quali, pragmaticamente, restano ‘in sottofondo’. Da notare è che il Focus può essere più o meno ampio e che esso può sovrapporsi sia al Dato che al Nuovo: avremo alternativamente perciò un Focus ristretto o contrastivo e un Focus ad ampia portata. A livello prettamente formale, nella struttura superficiale, A e C non mostrano sempre identicità di estensione e di numero di costituenti. 37 Delle frasi A - B e B - C, non se ne può definire una, marcata sintatticamente in maniera indubbia ed indiscutibile: ciò, se accettiamo, con Sornicola (1999) che, in presenza di verbi monovalenti, l’ordine delle parole è labile di per sé, e che nessuna delle due disposizioni (per le quali vale la formula: _ V / V _), sia da considerarsi veicolante di marcatezza. L’ultimo paragrafo del capitolo è stato poi dedicato all’osservazione delle curve fonologiche di alcuni campioni di costrutto-eco, scelti per valore prototipico, in relazione alle diverse funzioni sintattiche di B (curva 1), alla differenza di focussazione ampia o ristretta (curva 2), oppure doppia (curva 3), alla posizione di un Topic in antecedenza al costrutto-eco (curva 4), alla rara funzione di mantenimento del turno (curva 5) e alla basilare differenza tra costrutto-eco e ‘semplice ripetizione’ (curva 6). In questo quinto capitolo abbiamo dunque esaminato la prominenza informativo-pragmatica grazie alle peculiarità intonative dell’enunciato, <?page no="158"?> 140 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa sotto forma di costrutto-eco: possiamo con certezza affermare pertanto, che i dati ricavati da tale analisi, confortano, fonologicamente, la focalizzazione del tratto B, in parte già dimostrata sintatticamente nello svolgimento dei capitoli precedenti. <?page no="159"?> 141 Sommario Figura 7 Pitch: 80-170 Hz / Per commento vedi pagg. 134-135 Curva 1: Es (167) la voglio n(u)ova di ze(c)ca deve essere [Carmelo III., 01: 03: 03] <?page no="160"?> 142 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa Figura 8 Pitch: 90-180 Hz / Per commento vedi pag. 135 Curva 2: Es (168) sembrano cane e gatt(o) sembrano [Carmelo IV., 00: 58: 38] <?page no="161"?> 143 Sommario Figura 9 Pitch: 100-150 Hz / Per commento vedi pag. 136 Curva 3: Es (169) sembrava un’attrice italiana sembrava [Carmelo III., 00: 00: 58] <?page no="162"?> 144 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa Figura 10 Pitch: 70-160 Hz / Per commento vedi pag. 136 Curva 4: Es (170) quinta, diciamo (è) il massimo diciamo [Carmelo IV., 00: 45: 45] <?page no="163"?> 145 Sommario Figura 11 Pitch: 80-150 Hz / Per commento vedi pagg. 136-137 Curva 5: Es (171) mendia du voti mendia [Carmelo I., 00: 04: 20] <?page no="164"?> 146 Costrutto-eco: descrizione prosodico-intonativa Figura 12 Pitch: 80-160 Hz / Per commento vedi pagg. 137-138 Curva 6: Es (172) coll’olio d’oliva e basta (con) l’olio d’oliva [Carmelo III., 01: 22: 10] <?page no="165"?> 1 Vedi definizione di conversazione in Sobrero 2005, 439 “interazione faccia a faccia”, per nesso conversazione + azione. 2 Vedi Schegloff 1979. 6. Funzioni discorsive e conversazionali Dabei gehe ich von den zentralen theoretischen Annahmen aus, (a) dass die gesprochene Sprache tatsächlich eigenen Gesetzmäßigkeiten gehorcht, dass es also eine sprachliche Ordnung außerhalb der Satzgrammatik gibt, (b) dass aber das zur theoretischen Explikation dieser Ordnung erforderliche analytische Inventar nicht disjunkt zu dem der Satzgrammatik ist, dass also die Theorie gesprochener Sprache auch von genuin satzgrammatischen Konzepten Gebrauch machen muss. (Uhmann 1997, 159) Nella ricerca linguistica, è con lo studio del linguaggio parlato, effettuato sulla base di materiale registrato e fedele perciò alla realtà empirica della lingua, che si raggiungono diverse tappe di notevole importanza per la ricerca scientifica glottologica. La prima di esse riguarda il riconoscimento dell’importante ruolo dell’intonazione e, di conseguenza, l’accettazione dell’analisi del linguaggio parlato come primo passo importante nel cammino verso una linguistica con genuino orientamento interazionale. Cosciente infatti dei limiti verificati nell’analisi prettamente sintattica (quarto capitolo), dove l’ordine delle parole nel caso del costrutto-eco non ha il potere di determinare con assoluta certezza il Focus della frase, l’abbiamo verificato nel successivo capitolo (il quinto), con un’analisi prosodico-intonativa. Una seconda tappa di rilevante importanza, realizzabile grazie al tradizionale lavoro dell’analisi del discorso (AD), viene segnata dalla linguistica funzionale, che si pose l’impegno di cercare, e trovare, come in effetti avvenne, ben fondate e motivate relazioni tra forma linguistica e funzione discorsiva: lavoro che viene svolto nel presente sesto capitolo. La terza tappa degna di menzione concerne un lavoro linguistico di tipo prettamente interattivo all’interno dell’AC 1 , nel campo perciò dell’analisi della conversazione. I sociolinguisti degli anni 70 del secolo scorso infatti misero in luce la necessità di intraprendere uno studio della conversazione spontanea nell’ottica di un posizionamento nell’ordine sociale; da qui l’introduzione del terminus: talk-in-interaction 2 : noi ci limiteremo, in tale ottica, ad osservare il valore illocutivo che può rivestire l’enunciato in <?page no="166"?> 148 Funzioni discorsive e conversazionali 3 Uso qui il termine funzione “nel senso utilitario o strumentale” (Greimas/ Courtés 2007, 135); accezione che presuppone l’interpretazione, che la principale funzione del linguaggio sia la comunicazione. costruzione-eco, soprattutto sulla base di costrutti costruiti e sottoposti poi a controllo e verifica da parte del principale informatore, Carmelo. La quarta ed ultima tappa della linguistica interattiva venne realizzata grazie agli studi linguistico-antropologici, che arricchiscono i sistemi di scambi linguistici e comunicativi, così come le strategie discorsive, di conoscenze raggiunte attraverso uno studio orientato alla comparazione di tipo culturale, includendovi l’osservazione dei diversi ordini sociali e delle diverse maniere di conduzione della conversazione e dell’organizzazione del discorso. Riguardo alla comparazione con la lingua tedesca, essa è stata effettuata a livello di strutture linguistiche del tutto simili, appunto con lo scopo di realizzare, anche se soltanto in parte, un’analisi che sconfina dai limiti tradizionali. Nonostante il campo dell’antropologia eluda in effetti dalla presente ricerca, ritengo interessante accennare per lo meno a ciò che di psicolinguistico-universale può essere interpretato, nel processo di costruzione del costrutto-eco, osservando e descrivendo il Pivot in termini genetico-linguistici (settimo capitolo), come conseguenza delle funzioni (il presente capitolo) e degli scopi pragmatico-informativi (quarto capitolo). Questo sesto capitolo vuole integrare le due analisi linguistiche operate fin’ora, quella prettamente sintattica e quella di tipo prosodico-intonativo, con alcuni rilievi linguistici d’ordine prettamente pragmatico-funzionale. Il compendio di tali rilievi verrà effettuato sulla base della ricerca e della interpretazione delle funzioni 3 , alle quali adempiono le differenziate forme del costrutto-eco. La nostra analisi sarà pertanto un vero e proprio compendio delle prospettive della AD e di quelle dell’AC; della prima, con le sue tradizioni improntate all’analisi del materiale scritto, abbiamo già preso esempio prestando attenzione sulle costruzioni apo koinou della letteratura tedesca, e della seconda, quella conversazionale, impronteremo a ragion veduta uno studio differenziato delle funzioni d’ordine primariamente conversazionale-funzionale, e secondariamente interattivo, d’ordine illocutorio. <?page no="167"?> 149 Strategie funzionali e parametri funzionali 6.1 Strategie funzionali e parametri funzionali: loro nesso Nel decidere quali possano essere i due punti di partenza per la propria analisi linguistica, i linguisti devono sempre considerare le due possibilità a loro disposizione, le quali derivano da due questioni intrinseche e interazionali, così delineate da Couper-Kuhlen/ Selting (2001): what linguistic resources are used to articulate particular conversational structures and fulfil interactional functions? and what interactional function or conversational structure is furthered by particular linguistic forms and ways of using them? (Couper-Kuhlen/ Selting 2001, 3) In accordo con Hakulinen/ Selting (2005, 10) inoltre, sebbene siano possibili questi due approcci, dovremmo essere coscienti che, di fatto, i due modi di approccio linguistico possano condurre a due risultati diversi. Se partiamo dalle strutture o dalle forme linguistiche e studiamo la loro applicazione nell’interazione, otteniamo una sistematica analisi delle strutture linguistiche in esse focussate, ma ciò ci dà una diversa immagine, non necessariamente comprensibile, dei contesti sequenziali, nei quali vengono usate. Se d’altro canto partiamo dall’azione (nell’interazione) ed identifichiamo le pratiche linguistiche associate ad essa, ciò può produrre una sistematica analisi delle strutture interazionali e sequenziali, ma non può fruttare un comprensibile novero dei mezzi linguistici e dei patterns che ne sono implicati. Con lo scopo di raggiungere dunque una ricca descrizione dei mezzi attraverso i quali le azioni vengono realizzate all’interno dei loro contesti interattivi, scopriamo noi stessi in un andare avanti e indietro, fra l’osservazione delle dettagliate particolarità linguistiche dei dati e dei costrutti a nostra disposizione e l’ispezione dello svolgimento dell’interazione comunicativa. Uno stadio intermedio di messa a fuoco di forme e strutture, formalmente corrispondente alla nostra dimensione di periodo, può essere un passo necessario e vantaggioso in tale impresa: esso ci fornisce importanti conoscenze, non soltanto riguardo a forme e strutture linguistiche nella loro realizzazione, bensì anche nel loro uso a livello interazionale. 6.1.1 Strategie funzionali Un chiaro esempio ci viene fornito dall’approccio attuato nello svolgimento dei capitoli precedenti dove, partendo dalla funzione della focalizzazio- <?page no="168"?> 150 Funzioni discorsive e conversazionali 4 Vedi anche Bazzanella 2001, 225-257. 5 A riguardo consulta Dovicchi-Heintzen 2004, 38-43. 6 Essa è responsabile della variazione linguistica (Chomsky in Beccaria 1996, 368). 7 Cfr. Schwitalla 1997, 64-65 “das Wichtige am Anfang” e “Topikalisierung”. ne, perciò da una funzione di tipo semantico-informativo-pragmatico, abbiamo potuto constatare due possibili strategie, quella sintattica e quella prosodico-intonativa. Esse non sono le uniche esistenti nel ventaglio di possibilità strategico-linguistiche delle singole lingue storiche, capaci di focalizzare un’informazione all’interno di un enunciato. Bazzanella (2001) menziona il “meccanismo sintattico di focalizzazione” (Bazzanella 2001, 123ss.), realizzato con il quale, che, e perciò non soltanto reso possibile attraverso strutture sintattiche che si realizzano in costrutto, ma anche a livello di categorie grammaticali e morfologiche: dunque, un meccanismo lessicale di focalizzazione, e mi riferisco ai “segnali discorsivi” in Bazzanella (2001, 160ss.) 4 , i quali fungono da focalizzatori, come per esempio mica (Bazzanella 2001, 161) 5 , e l’uso del verbo dire, che ritroviamo in più di un campione: (174) diciamo campagnolo lo stesso significato dicemo [Carmelo III., 00: 32: 55] 6.1.2 Parametri funzionali Premettiamo molto brevemente i concetti base e i relativi termini a riguardo, a scanso di equivoci: con il termine parametro designo la variabile, che stabilisco, e poi mantengo fissa, 6 in opposizione al principio, fissato precedentemente, invariabile, e con il termine variante, designo ciò che cambia, là dove la variabile è fissa e il principio è fisso. Con Givón (1979, 97) osserviamo i diversi parametri funzionali riscontrabili a livello, o ancor meglio, nel mode pragmatico: a) struttura topic-comment b) congiunzione, accordo sciolto, libero c) bassa rata di distribuzione, sottostante a diversi contorni intonativi d) l’ordine delle parole è governato per di più da un principio di ordine pragmatico: la vecchia informazione precede la nuova 7 e) approssimativamente un rapporto di 1: 1 tra il verbo e il nome, con verbi semanticamente semplici <?page no="169"?> 151 Tipi di funzioni e loro categorizzazione 8 Essa sarà alla base della rappresentazione del processo, esprimendo il sistema della transitività. Cfr. Beccaria 1996, 330. 9 Essa consentirà la possibilità di scambio dei ruoli nell’interazione verbale, con il conseguente passaggio da affermazione a domanda, oppure da offerta a comando, dando origine al sistema semantico del modo. Cfr. Beccaria 1996, 330. f) non uso di morfologia grammaticale g) prominenti marche di accento intonativo mettono in risalto il Focus della nuova informazione; l’intonazione sul Topic è meno prominente All’interno del mode sintattico riscontriamo invece i seguenti parametri funzionali: a) struttura soggetto-predicato b) stretta e aderente subordinazione c) alta rata di distribuzione, sottostante ad un unico contorno intonativo d) l’ordine delle parole viene usato per segnalare casi funzionali semantici, nonostante possa essere usato per indicare relazioni di tipo pragmaticorelazionale e) un vasto rapporto tra verbo e nomi, con verbi semanticamente complessi f) elaborato uso della morfologia grammaticale g) molto spesso lo stesso accento intonativo, ma non necessariamente veicolo di funzioni e in alcuni linguaggi totalmente assente. 6.2 Tipi di funzioni e loro categorizzazione L’accezione di funzione qui adottata è quella che si incontra nella teoria funzionalista (Halliday 1985), in cui il termine rivela connotati più pragmatici che formali. Assumendo che una lingua sia una forma di interazione sociale, e precisamente uno strumento simbolico usato a scopi comunicativi, Halliday riconosce innanzitutto tre funzioni maggiori, o macrofunzioni: la funzione ideativa 8 , o significativa (ideational function), che trasmette l’informazione; la funzione interpersonale 9 , che esprime e specifica le relazioni che intercorrono tra i membri di una comunità linguistica; la funzio- <?page no="170"?> 152 Funzioni discorsive e conversazionali 10 Essa è la funzione più propriamente grammaticale, e “da essa dipendono le altre due, che si manifestano per suo tramite: essa permetterà la costruzione del messaggio secondo precise regole codificate, strutturate intorno al sistema semantico del tema, che costituisce uno degli elementi essenziali della struttura dell’enunciato in molte lingue” (Beccaria 1996, 331). 11 Vedi Bazzanella 2001, 208-209, con riferimento alla ripetizione. 12 Vedi Bazzanella 2001, 163. ne testuale 10 , che fornisce la struttura del discorso, in rapporto al contesto situazionale. In base a tali accezioni di funzione, ci concentriamo sui tre tipi di funzioni, come di seguito: a) funzioni di tipo semantico-informativo (costrutto-eco: focalizzazione) b) funzioni testuali 11 (costrutto-eco: coesione, ‘repair’, riparazione, correzione) e funzioni metatestuali 12 (costrutto Pivot: citazione) c) funzioni conversazionali e funzioni interazionali (costrutto-eco: chiusura e cedimento turno, mantenimento turno; valore illocutivo: ordini, richieste, asserzioni) 6.2.1 Problematicità di una classificazione sistematica Non desidero, in questa sede, rendere problematica più del necessario l’aspirazione, del resto legittima, di classificare in maniera sistematica le funzioni, data la complessità intrinseca del compito che ci si propone, ma vada soltanto brevemente sottolineato, quanto sarebbe auspicabile, ma irreale, la considerazione di una dicotomica corrispondenza tra forma e funzione, cioè di un rapporto 1: 1 tra il meccanismo sintattico, il costruttoeco nelle sue dettagliate e svariate forme, e la funzione realizzata. Le funzioni di tipo conversazionale interattivo, percepite e interpretate dall’interlocutore, vengono causate in lui da forme linguistiche che compendiano caratteristiche di tipo sintattico e prosodico in misura e qualità tali, da realizzare proprio e solo tale funzione. Ciò significa che, lo scopo dell’analisi linguistica di questo tipo mira ad accoppiare con determinata esclusività una forma ed una funzione. Ripeto, questa forma, dato che ci troviamo nel campo della conversazione spontanea e non pianificata, può e deve essere una forma sintattica e prosodica allo stesso tempo; inoltre, si deve tenere presente il lessico, con la carica semantica e perciò con il ‘potere’ che lo contraddistingue. Ed è in relazione ad un approccio di tipo funzionale nell’interazione verbale, come appunto desideriamo indiziare in <?page no="171"?> 153 Tipi di funzioni e loro categorizzazione 13 Cfr. Givón 1989, 40. questo capitolo, che le ricerche e i dati ottenuti nelle analisi sintattiche e prosodiche, acquistano particolare significato e valore. Procediamo dunque ad un’osservazione di tipo funzionale dei campioni a nostra disposizione, scegliendo di volta in volta come esempi, enunciati che ci appaiono prototipici per tale funzione, avvalendoci della seguente affermazione di Bazzanella: […] a partire dalla linguistica, la nozione di prototipo è stata applicata a concetti astratti. Per quanto riguarda la categorizzazione in pragmatica, risulta sicuramente più utile ed adeguato il modello a prototipo, che organizza la scalarità tipica dei fenomeni pragmatici e che si correla, proprio in quanto basato su una configurazione di tratti anziché su categorie assolute, all’approccio ‘multidimensionale’, incentrato sui vari aspetti rilevanti funzionali al contesto. (Bazzanella 2006, 50) 13 6.2.2 Una categoria funzionale: la ‘frase in potenza’ Abbiamo già considerato precedentemente la questione della categoria grammaticale della frase nella sua dimensione e ci siamo posti il problema di quanto non fosse più opportuno considerare il ‘periodo’ quale grandezza appropriata, nell’analisi di una costruzione come quella del tipo eco. Qui infatti, la dimensione di frase, così come viene tradizionalmente considerata nella grammatica, viene nettamente superata, senza peraltro estendersi all’aggiunta di una seconda frase completa, coordinata o subordinata che sia. Ci troviamo perciò ad avere a che fare con una dimensione interfrastica, che ci ha condotto a ripristinare appunto il periodo, quale categoria sintattico-grammaticale da sempre in uso nello studio classico della sintassi latina. L’introduzione di tale nozione implica tuttavia la necessità di definire più dettagliatamente questa ‘nuova grandezza’ nei suoi limiti e confini e nelle sue specifiche peculiarità, impresa non del tutto facile: se, a livello sintattico-linguistico, già la frase, dimensione massima d’analisi grammaticale, ha posto sempre e ancora numerosi problemi di definizione, come possiamo avventurarci nel tentativo di definire e descrivere una grandezza ancor più difficilmente considerabile come il periodo? Ciò sarà possibile soltanto se affronteremo la questione con un nuovo approccio, se instaureremo dunque una prospettiva espressamente ‘conversazionale’, basata su un’analisi di tipo contestuale, applicando pertanto un approccio di tipo interazionale. <?page no="172"?> 154 Funzioni discorsive e conversazionali 14 Vedi tra gli altri Rath 1990, citato e discusso in Selting 1995b, 299ss. A questo riguardo consideriamo una nuova nozione, introdotta da Selting (1995): la nozione di ‘possible sentence’, nozione che sembra molto bene concettualizzare le molte e diverse riflessioni fatte nelle pagine precedenti a riguardo di questo costrutto. Col contributo della linguista, vedremo che ci viene offerta la possibilità di categorizzare fenomeni sintattici quali la dislocazione a sinistra, l’hanging topic, la dislocazione a destra, altre espansioni di frase, realizzate a livello di enunciato, così come il costruttoeco e tutte quelle costruzioni tipiche del parlato, che creano continui problemi di descrizione, definizione e delimitazione, in una ‘categoria creata in relazione all’enunciato, emesso durante l’interazione discorsiva’. Tale categoria non deve essere interpretata quale sac pour tout, bensì quale categoria prettamente funzionale, consistente in una risorsa estremamente utile e flessibile, alla quale i parlanti possono continuamente ricorrere, con l’intento di risolvere parte dei problemi che sorgono nell’organizzazione della conversazione. In effetti dagli inizi dell’analisi della lingua parlata, perciò dagli anni sessanta, i linguisti che lavorano sulla base di dati naturali, hanno fatto notare quanto sia problematica una definizione di ‘frase’ nel contesto di conversazioni spontanee: la ‘frase empirica’ è di fatto definibile soltanto in maniera del tutto insoddisfacente. Sappiamo bene che la concezione di frase, che sta poi alla base di ogni tentativo di definizione, deriva in realtà da una tradizione scientifica orientata alla lingua scritta: un simile concetto, nella sua staticità e rigidità, si mostra fino ad oggi del tutto inadeguato. La concezione che venne opposta alla grandezza di frase, fu allora quella di ‘enunciato’ 14 , che Rath (1990, 202ss.) definisce in tale maniera: Was ist eine Äußerungseinheit? Es ist der Textteil […], der ‘auf einmal’ als eine Einheit produziert und rezipiert wird. Damit ist zunächst nicht die äußere sprachliche Gestalt der Einheit Basis ihrer Bestimmung, sondern die Intention des Sprechers, verstanden werden zu wollen, und die Fähigkeit des Hörers, verstehen zu können. Die Äußerungseinheit ist mithin eine Hypothese über kommunikative Textgliederung. (Rath 1990, 201ss.) Riguardo alle dimensioni di tali unità, e perciò alla loro segmentazione, Rath (1990) stabilisce un insieme di Grenzkomplexe, che consistono in Gliederungssignalen, pause e peculiarità del profilo della curva intonativa, così come anacoluti, considerati nel loro insieme. Da annoverare fra i segnali di segmentazione sono, non soltanto i segnali emessi dal parlante, bensì anche quelli prodotti o causati dall’interlocutore, che con le proprie <?page no="173"?> 155 Tipi di funzioni e loro categorizzazione 15 Cfr. Rath 1990, 209. intromissioni, commenti, interiezioni, porziona il materiale enunciativo del parlante in corso. 15 Nonostante queste affermazioni di carattere comunicativo, anche Rath non può fare a meno di riconoscere la validità e la rilevanza del concetto astratto di frase: Die Menge der Syntaxregeln - also der abstrakte Satzbegriff - bleibt auch beim spontanen Sprechen selbstverständlich in Geltung. Potenziell werden immer ‘Sätze’ gebildet. Die Syntax hat also hier eine sprachinterne konstruktive Aufgabe. Die Durchführung dieser Aufgabe führt nun aber nicht automatisch zum ‘Satz’ im konkreten Verstand. Denn die konkreten syntaktischen Gebilde werden immer wieder ‘durchsetzt’, ‘unterbrochen’ durch interaktive Anweisungen, bereits Gesagtes als Einheit zu verstehen, unabhängig davon, ob eine Satzgrenze erreicht oder überschritten ist. Diese Aufgabe wird von den […] Gliederungssignalen übernommen und führt zur Bildung von Äußerungseinheinten. (Rath 1990, 210) Sono pienamente d’accordo con Selting (1995b, 300), quando afferma che Rath in tale maniera postula quasi una doppelte Gliederung del dialogo spontaneo, dove la struttura comunicativo-interattiva si sovrappone a quella sintattica, pur restando entrambe, indipendenti l’una dall’altra. Una simile teoria e concezione dell’enunciato pone chiaramente la frase in una posizione primaria, preferenziale rispetto all’enunciato, invece che porre entrambe le grandezze sullo stesso piano; cosicché ci si deve domandare se i segnali di strutturazione, non essendo soltanto segnali di porzionamento e segmentazione a livello di materiale fonemico concreto, bensì anche e soprattutto a livello di entità astratta sintattica e semantica comunicativa (secondo la descrizione di Rath), siano davvero tali. I segnali emessi da entrambi gli interlocutori, nella loro qualità di pause, intonazione, segnali limitrofi, interruzioni, sembrano invece adempiere a multiple e ben differenziate funzioni, probabilmente fino ad oggi non ancora studiate sufficientemente. Il fatto è che, in tale concezione dell’enunciato con intrinseco riferimento alla frase quale grandezza primaria ed auspicabile, non rimane posto per la rivalutazione e il riconoscimento di una funzionale grandezza indipendente dalla frase, che nel suo impiego a livello conversazionale, adempie a precisi compiti comunicativo-interattivi. Questi sistemi comunicativi, queste vere e proprie risorse dell’organizzazione conversazionale, costituiscono un vero e proprio campo di ricerca linguistica, all’interno del quale <?page no="174"?> 156 Funzioni discorsive e conversazionali 16 Cfr. la dicitura “mögliches Satzende” in Sacks, Schegloff & Jefferson 1974, che sono considerate unità dotate di necessaria flessibilità e strettamente legate alla costruzione dei turni. 17 Vedi Selting 1995b, 301 per holistische Schemata; inoltre Selting 1995b, 303 per möglicher Satzanfang e Satzende. si concretizza l’anello di connessione tra l’analisi puramente linguistica e quella pragmatico-discorsiva, dato che gli interlocutori fanno uso di tali strategie e metodi d’espressione, in piena coscienza che tali risorse siano a loro disposizione. Dobbiamo inoltre tener presente che la dimensione della frase non consiste per nulla in una struttura statica, la cui lunghezza sia stabilita. Le frasi sono infatti dilatabili, duttili, ampliabili, espandibili e soprattutto prolungabili, sia nella parte centrale che nell’estremità finale, 16 come ben evidente nel nostro costrutto-eco, del resto. Sulla stessa linea si trova anche Schegloff (1979), il quale propone la concezione di Syntax-for-Conversation: una sintassi concepita come un procedimento di costruzioni e organizzazioni linguistiche, in stretto nesso alla realizzazione dei turni. In Schegloff (1979, 261-286), giuoca un ruolo del tutto predominante questa unità sintattica di per sé potenziale, anche se la sua considerazione della sintassi, in qualità di strumento normativo, riveste sempre e ancora una posizione predominante ed auspicabile, nei confronti della sintassi del parlato. Nel corso del suo lavoro, Selting (1995b) 17 vuol mostrare che, e anche come, la frase, in quanto grandezza ed entità basilare e massima della descrizione sintattica, nel ruolo di “möglicher Satz”, nell’uso linguistico, proprio con la sua prerogativa di elasticità, offra l’ideale strategia risolutiva per soddisfare le esigenze più varie dell’organizzazione discorsiva. Per dimostrare che la frase in potenza sia un’entità rilevante interattivamente, bisognerà mostrare: a) che gli interlocutori, in dialoghi spontanei, si orientano alle così concepite frasi potenziali b) come la combinazione della sintassi con la prosodia agisca nella costituzione dei turni c) che la flessibilità frasale è una mirata e funzionale risorsa, per i partecipanti, all’interazione. Nel suddetto lavoro di Selting (1995b), come del resto in quello di Schegloff (1979), il ruolo che giuocano i turni e la loro costituzione è centrale. <?page no="175"?> 157 Tipi di funzioni e loro categorizzazione Ein ‘möglicher Satz’ ist eine syntaktische Konstruktion, die von einem möglichen Satzanfang bis zu einem möglichen Satzendepunkt reicht, und die Sprecher und Rezipienten aufgrund syntaktischen Strukturwissens in irgendeiner Weise als abgeschlossen erkennen und behandeln, wenn ein möglicher Satzendepunkt erreicht wird. Da ein möglicher Satzendepunkt jedoch keinesfalls das tatsächliche Ende der Turnkonstruktionseinheit sein muss, sondern der mögliche Satz über mögliche Satzendepunkte hinaus bis zu nächsten möglichen Satzendepunkten verlängert werden kann, ist der mögliche Satz mithin eine flexible syntaktische Einheit, die den Erfordernissen der Interaktionsorganisation lokal angepasst werden kann. Im Gegensatz zu statischen Sätzen, sind ‘mögliche Sätze’ flexibel veränderbare syntaktische Schemata, die sich vom möglichen Satzanfang bis zum ersten möglichen Satzendepunkt, aber ebensogut darüber hinausgehend zu jedem weiteren möglichen Satzendepunkt erstrecken können. Insbesondere die Ränder des möglichen Satzes lassen sich also flexibel verschieben. (Selting 1995b, 303) Evidentemente si tratta di una concezione di tipo olistico: la costruzione sintattica della ‘frase virtuale’ (se mi si consente tale traduzione), per lo meno fino ad un possibile punto limitrofe di essa, consisterebbe in un’entità olistica appunto, la quale viene posta a monte, cioè premessa dagli interlocutori, in qualità di ‘schema di entità di costruzioni’ (Einheitenkonstruktionsschema in Selting 1995, 303), le quali consisterebbero in strutture conosciute e complete intuitivamente. Secondo Selting (1995, 306-307) la ‘frase in potenza’ è pertanto una categoria linguistico-formale che può essere descritta nei suoi sub-sistemi in maniera puramente strutturale e/ o teorica, in relazione alla competenza linguistica dell’utente, che ne può far uso in quanto valido schema d’orientamento, in un’ottica sia cognitiva che interattiva. Aderisco all’opinione di Selting che, se sostituiamo nell’analisi del parlato, l’entitàbase della descrizione grammaticale ‘frase’ con una entità di tipo comunicativo come quella dell’‘enunciato’, derubiamo in effetti il parlante della possibilità di usufruire della sua competenza linguistica e delle sue conoscenze linguistiche, proprio riguardo alle ‘frasi in potenza’, le quali costituiscono una vera e propria risorsa comunicativa. Dato che, il nostro sapere a riguardo di queste frasi di potenziale realizzazione, è rafforzato e caratterizzato dalla nostra socializzazione e dalla nostra acculturazione attraverso la lingua scritta, ‘la frase in potenza’ riveste quell’enunciazione orientata alla frase normativa in maniera virtuale e non che dovrebbe essere tale. La sua ‘virtualità’ riveste una vera e propria risorsa di enorme flessibilità ed adattamento alle condizioni conversazionali contingenti. Le ‘frasi in potenza’ sarebbero dunque, secondo Selting, delle entità sintattiche, come per esempio le frasi nominali, in grado di costituire un <?page no="176"?> 158 Funzioni discorsive e conversazionali turno, che vengono configurate e delimitate con l’aiuto della prosodia e di conseguenza rese riconoscibili in qualità di entità espressive, significative e comunicative. Questo potrebbe essere il caso del costrutto-eco, nella sua combinazione delle due frasi A - B e B - C, ricostruibili in base alla nostra competenza linguistica in tutta la loro completezza, e interpretabili di conseguenza nella loro implicita funzionalità. 6.2.2.1 Costruzione-apo koinou e costrutto-eco: ‘frasi in potenza’? Proprio in qualità di esempio per tali ‘possibili frasi’, nella loro realizzazione sintattico-prosodica, viene menzionata da Selting (1995b, 309) la costruzione apo koinou, soprattutto perché ella ritiene che qui la prosodia giuochi un ruolo predominante nella precisa sub-categorizzazione del costrutto. Scrive la linguista: Schließlich lässt sich bei Apokoinu-Konstruktionen nur anhand der Prosodie unterscheiden, ob es sich um tatsächliche Apokoinu handelt, bei denen zwei mögliche Sätze zu einer Turnkonstruktionseinheit miteinander verschmelzen, oder um Selbstkorrekturen, bei denen das Koinon der Beginn eines neuen möglichen Satzes und einer neuen Turnkonstruktionseinheit ist. Vgl. (a) vs. (b): (a) und das ist: LANGweilig find ich das find ich auch (b) NEE ich WAR auch also: die ähm WEIS nicht die ersten drei vier SITZungen war ich da (Selting 1995b, 309) Come esempi di simili costrutti in italiano, traduciamo quelli sopraccitati: (175) ? E questo è noIOSO trovo io [constructed] (175a) ? ? E questo è noIOSO diciamo [constructed] (175b) E questo è noIOSO è [constructed] Mi sembra che in questo caso Selting sopravvaluti le caratteristiche prosodiche riguardo alle strutture apokoinu, come del resto nei primi lavori da noi considerati sulle opere scritte di letteratura, nel corso del secondo capitolo. La definizione di costruzione-apokoinu, già per la sua intrinseca denominazione, è una categoria strutturale di tipo sintattico, descrivibile in base a caratteristiche di parallelità lessicale e a quantità proposizionale. Le caratteristiche prosodiche sono significative soltanto in due ottiche: nel rendere la costruzione ‘in blocco’, al di là della presenza o meno di pause, cioè interpretabile in un tutt’uno, e nella funzione di focussare il tratto B, il Pivot. <?page no="177"?> 159 Funzioni dei costrutti-eco 18 Su topic shifting cfr. Duranti/ Ochs 1979, 401, dove la si considera una funzione esclusiva della DS (dislocazione a sinistra). 19 Su Focus: Berruto (1985, 69) parla di “centro di attenzione” e di “centro di interesse comunicativo” del parlante, sottolineando la funzione di Focus empatico di interesse comunicativo. 6.3 Funzioni dei costrutti-eco Consideriamo dunque in maniera ravvicinata, le funzioni alle quali adempie il costrutto-eco nel suo uso, ordinate e suddivise in tre principali gruppi ed eventualmente in sottogruppi, come nel caso delle funzioni di tipo testuale-informativo. 6.3.1 Funzioni di tipo testuale-informativo Le funzioni di questo tipo sono detraibili dal testo nella sua realizzazione e vengono sostenute come già veduto nel corso del lavoro, dall’analisi prosodico-intonativa. 6.3.1.1 Strategia focussiva Essa è suddivisa a sua volta in due sottoforme, trattate nei due paragrafi seguenti. 6.3.1.1.1 Fusione di Focus e Topic in un’unica focussazione Il fatto che la stringa in B, il cardine dunque, sia momento di focussazione, l’abbiamo veduto già più volte e abbiamo già apportato numerosi esempi a riguardo. Scheutz (2005, 119) parla in questo caso di shifting, cioè di uno spostamento in ottica sia funzionale che formale, in quanto B, posizione nella frase normalmente riservata al Focus in A - B, riveste anche il posizionamento per il Topic di B - C 18 . Come abbiamo veduto nel capitolo dedicato all’analisi sintattica, la fusione di queste due alternative distribuzioni di elementi, mette in atto una costruzione in grado di concentrare tutta la carica informativa nella parte centrale. Qui si tratta di osservare con attenzione anche i casi nei quali, la focussazione non è determinata soltanto dall’andamento della curva di F0, bensì anche dal lessico, che nel suo valore semantico, attira l’attenzione dell’interlocutore 19 e focalizza per così dire ‘cognitivamente’ l’elemento che segue. <?page no="178"?> 160 Funzioni discorsive e conversazionali 20 A riguardo rimando ai lavori di Sornicola (1999 e 2000) e a Face/ D’Imperio (2005) trattati al capitolo quarto. Scheutz (2005, 117), dal canto suo, considera come caso prototipico delle costruzioni-Pivot, quelle “sintatticamente ben integrate” (sempre per quanto concerne il tedesco), cioè quelle a specchio, dove A e C sono identiche nella forma lessicale, la quale è però distribuita in ordine contrario rispetto al centro della costruzione (elemento B), che è cardine equidistante da entrambi i confini dell’intero costrutto. Di tali forme prototipiche, egli afferma sia relativamente semplice definirne la potenziale funzionalità di strategia focussiva. Nel caso delle forme in lingua italiana, dove la forma a specchio è molto rara e perciò non annoverabile tra le forme prototipiche, constatiamo una minore trasparenza della strategia focussiva, per il semplice fatto che B, parte centrale e cardine di rotazione, quale nesso delle due periferie, gode di una caratteristica di coesione che Scheutz dà per scontata; nella lingua tedesca infatti, la posizione C nel contesto frasale B - C, così come la posizione A nel contesto frasale A - B, non potrebbero non essere occupate da materiale linguistico. Cioè, dovendo essere la posizione della forma verbale la seconda, la prima o la terza devono essere necessariamente occupate: da questa necessità deriva inevitabilmente una maggior coesione. In italiano, lingua pro drop, questa necessità è inesistente; dunque la struttura Pivot gode di una compattezza che, se pur molto alta e forte, è riconoscibile sì nell’analisi, ma con maggiore difficoltà e necessita del sostegno apportato dall’analisi fonologica. Ciò che d’altro canto sopperisce, in italiano, a tale prerogativa della lingua tedesca, è che la grande flessibilità dell’ordine degli elementi nella frase, nel caso sia espresso un unico argomento verbale, 20 rende accettabili e pressoché identiche, nel campo della marcatezza pragmatica, le due differenti distribuzioni di A - B e B - C. Grazie all’analisi fonologica della curva d’intonazione poi, abbiamo potuto confortare, su quale elemento formale sia posto il pitch accentuale e dunque affermare con certezza, che la parte marcata fonologicamente e informativamente, delle dichiarative in questione, è il segmento B. Come già accennato, anche il lessico dà supporto alla focalizzazione del tratto centrale B, con elementi focalizzatori appunto, i quali “possono indirizzare o regolare l’elaborazione dell’informazione a livello cognitivo” e “possono inoltre sottolineare i punti focali del discorso: proprio, appunto, ecco, dico, voglio dire” (Bazzanella 2001, 248) ecc… <?page no="179"?> 161 Funzioni dei costrutti-eco 21 Cfr. Scheutz 2005, 118. Nel nostro corpus troviamo i seguenti campioni: pure: (176) t’ha sapiri pure vendiri t’ha sapiri [Carmelo I., 01: 27: 00] (177) può guadagnare pure 6000 Euro al mese puote guadagnare [Carmelo II., 00: 18: 58] (178) come c’è al Sud, c’è pure al Nord c’è [Carmelo III., 00: 32: 04] (179) ha giocato pure bene ha giocato [Carmelo IV., 00: 00: 21] dove l’avverbio che precede il Focus, nel suo significato semantico-lessicale, introduce per così dire il Focus e ne fa anche parte. nemmeno: (180) non stiamo facendo nemmeno libero non stiamo facendo [Carmelo II., 00: 00: 29] proprio: (181) ho lavorato proprio con un torinese; proprio di Torino Torino era lui [Carmelo III., 00: 29: 12] (181a) ho lavorato proprio con un torinese ho lavorato [constructed] (181b) lui era proprio di Torino Torino era lui [constructed] dove la doppia ricorrenza lessicale, invece di fungere da strategia focussiva, come si sarebbe portati a pensare, vuole significare ‘centro città, non periferia’. Si rende necessaria pertanto la focussazione attraverso un’altra strategia che non sia la reduplicazione lessicale. te stesso: (182) qui non sai parlare la lingua, non sei mai te stesso non sei mai [Carmelo III., 01: 00: 05] In questo caso abbiamo addirittura lessicalmente un elemento semanticamente focussato come ogni pronome personale accompagnato da stesso. Ancora una riflessione sulla questione della progressione della nuova informazione 21 : penso si possa affermare che essa abbia valore principalmente nella lingua scritta, mentre nella lingua parlata, molto spesso, la porzione <?page no="180"?> 162 Funzioni discorsive e conversazionali 22 Non si può negare che la terminologia e soprattutto l’interpretazione della topicalizzazione, causino una certa confusione, evidente nella letteratura linguistica a riguardo. d’enunciato con maggior carico informativo viene dislocata a sinistra, o anteposta o topicalizzata 22 . A riguardo Schwitalla (1997, 64-65) scrive: Unter “Topikalisierung” versteht man eine Änderung der unmarkierten Wortstellung, so dass ein normalerweise späteres Satzglied an den Satzanfang rückt. Wie wir gesehen haben, beginnen Sprecher meist mit thematischen Informationseinheiten. Wenn zuerst etwas Rhematisches gesagt wird, bekommt es mehr Gewicht. Das ist zwar nichts spezifisch Gesprochensprachliches, hat aber wegen des damit verbundenen Akzents und der Tonhöhebewegung eine stärkere Wirkung beim Hören […] Die schmeißt a”alles in die * die to”llsten sachen schmeißt die in die mü”lltonne. Des weiteren eignen sich die Rhemavorstellungen für überraschende Neuigkeiten […], für Widersprechensakte […] und allgemein für eine stärkere Gewichtung der Aussageintention. (Schwitalla 1997, 64-65) Quali categorie grammaticali e lessicali occupino la periferia iniziale A, è già stato osservato nel terzo capitolo, ma riprendiamo brevemente questo tema, per poter elencare alcuni esempi, nell’ottica della focussazione in pragmatica. Come già constatato da Scheutz (2005, 118) per quanto concerne il tedesco, in A vi sono degli elementi leggermente anaforici, come pro-forme avverbiali quali da, dann, o pronomi deittici o pronomi personali; anche nei campioni a nostra disposizione osserviamo simili forme: pronomi deittici: (183) qua è bello qua [Carmelo I., 00: 21: 30] (184) qui sono tre soci sono qui [Carmelo I., 00: 25: 05] (185) lì no lì [Carmelo I., 01: 12: 23] pronomi personali: (186) lui è un tipo che si arrangia, si aggrappa, … si fa capire lui [Carmelo IV., 00: 24: 28] (187) loro fanno così loro [constructed] attestata invece: (188) loro fanno così fanno [Carmelo I., 00: 50: 16] <?page no="181"?> 163 Funzioni dei costrutti-eco 23 In realtà ci si riferiva ad una relativa importanza del contesto come potrebbe essere concepito teoricamente in sociolinguistica o nella psicologia sociale di natura antropologica. 24 A riguardo Levinson 1993, 299. Simili pro-forme avverbiali ‘leggermente anaforiche’ (del tipo da, dann in tedesco, corrispondenti a là, lì, poi, quindi, dopo), mi sembrano più riscontrabili in italiano, non tanto nella periferia A vera e propria, cioè in quella sezione del costrutto che viene ripetuto in C, bensì nella parte introduttiva alla costruzione-eco, quella che si potrebbe definire, in ogni caso, una topicalizzazione. Esempio: (189) qui, se non sai parlare la lingua non sei mai te stesso non sei; sei sempre un pesce fuor d’acqua [Carmelo III., 01: 00: 05] Nei prossimi paragrafi si porrà la necessità di riportare una parte più lunga dei dialoghi svolti tra me e Carmelo durante le registrazioni, nonostante Levinson (1993, 299) sottolinei che nella AC non sia più così importante il contesto 23 . In effetti le funzioni del costrutto-eco sono davvero ben rilevabili all’interno del periodo, essendo molto ben distribuite sia le caratteristiche sintattiche, che quelle fonologico-intonative, ma, ciò nonostante, la lettura di alcuni brevi brani di conversazione faciliterà al lettore la presa di coscienza delle differenziate funzioni pragmatiche. In tale intento, e consapevoli delle difficoltà e della problematica che accompagna ogni tipo di trascrizione, occorre confrontarsi dapprima con le seguenti questioni 24 : operare una trascrizione larga o stretta? O scegliere piuttosto un sistema notazionale che sia di semplice decifrazione e flessibile alle realtà di realizzazione fonica? E riflettendo sul punto cruciale: in quale misura la trascrizione riflette decisioni teoriche? Consapevole di tali problematiche, ma anche del fatto che in questa sede non possano andare approfondite, opto per una trascrizione semplificata, non fonetica, il cui scopo è di rendere accessibile il sommario cotesto e contesto conversazionale. Ritengo in ogni caso interessante prendere in considerazione anche la parte preliminare alla costruzione-eco, in quanto introduzione di una dichiarazione che si direbbe spesso ‘di chiusura di turno’. La focalizzazione della parte centrale della costruzione-eco, essendo pertanto e spesso abbastanza breve, acquista una funzione di chiusura di turno, del tutto conciliabile anche con la tendenza della progressione del nuovo, se applicata ad A - B. Osservando pertanto la sequenza dei turni nel loro alternarsi e nei loro ruoli all’interno del dialogo, dovremo porre attenzione alla funzione del costrutto non solo all’interno di esso, bensì anche e soprattutto all’interno della conversazione e del discorso. <?page no="182"?> 164 Funzioni discorsive e conversazionali Scheutz (2005, 118) osserva inoltre che, per quanto concerne la prima parte A - B, gli elementi maggiormente focalizzati e più vitali per la struttura informativa dell’enunciato, non appaiono fin oltre dopo il verbo finito nel campo centrale B, cioè là dove si trovano gli elementi Pivot che rivestono, secondo il principio della progressione del nuovo, la parte finale della prima sequenza frasale. Non sorprende infatti che proprio B sia focalizzata: ciò sembra valere in tedesco soprattutto per quanto concerne le costruzioni a specchio, ma non cambia nulla in applicazione a quelle italiane, sia a specchio che non. Come esempio tedesco si può riportare: (190) er hat ein neues Rad gekauft hat er [Scheutz 2005, 117] Applicata a questo esempio infatti, la teoria è chiara: la parte B non include anche la forma verbale finita hat, che fa parte invece di C, e non è focussata: ciò significa che, non dovrebbe stupire per nulla che la parte centrale B, come tale, sia focussata, dato che riveste la parte finale della frase non marcata A - B, dove (per il PPN), il sintagma B, in qualità di informazione nuova, compare alla fine dell’enunciato. Ciò che appare interessante è la riflessione sul fatto che il principio di progressione del nuovo posiziona già di per sé il Focus nella parte finale della frase. Se consideriamo dunque A - B quale frase data e completa, pare scontato il fatto che B sia focussato. Un secondo concetto altrettanto degno di essere menzionato è (Scheutz 2005, 118) “the distinction of topic and comment”, e qui torniamo in effetti alla discussione già approfondita nel quarto capitolo. Si osserva infatti che Focus e Topic, in tedesco, rivestono una distribuzione complementare e che la costruzione Pivot è in grado di combinare queste due posizioni. Lo stesso vale per l’italiano, considerando anche il fatto che, le strutture monoargomentali non lasciano altra alternativa. Ciò significa, per Scheutz (2005, 118) che: we have here a fusion of the unmarked focus position of the initial part (ed intende B in A - B) and the topic position of the final part (intendendo B in B - C). This means we are dealing with focused topics; the pivot construction proves to be an effective and elegant topic-focusing strategy that occurs exclusively in the spoken language. (Scheutz 2005, 118; le parentesi sono mie) Il segmento B, il cardine del costrutto, al quale è riservata la posizione di parte informativa prominente all’interno della frase A - B secondo il principio della progressione del nuovo, dunque ritenuta non marcata, offre contemporaneamente la sua posizione al Topic B della frase B - C: in <?page no="183"?> 165 Funzioni dei costrutti-eco questo modo la costruzione mostra la caratteristica di strategia sintattica di focalizzazione di un Topic, nell’accomunamento di Focus e Topic. 6.3.1.1.2 Porzionamento dell’informazione e contemporanea multifocussazione Nello stesso tempo, la costruzione eco introduce l’opportunità di distribuire l’informazione, con l’assegnazione di ‘fuochi multipli’, di più di un Focus perciò, all’interno di un’unica frase sintattica. (191) c’è sempre quello che viene a mangiare - il ritardatario c’è sempre [Carmelo I., 00: 21: 19] Anche Scheutz (2005, 119) rileva una portioning of information e riporta il seguente esempio: (192) der hat am HAUPTbahnhof also im ExPRESSgut war er Meister dort [Scheutz 2005, 120] Riporto il campione (191), nell’insieme cotestuale del dialogo in cui è inserito: Trascrizione del breve passo dialogico estratto dalla registrazione: Carmelo I., 00: 20: 40 ca. 1 CAR e: a: : duminica: : c’è poca gente. c’è poco movimento in giro c’è. 2 CAR fa a pposta: : : però io: : : ( ) in centro è bellu / ,/ è bello lavorare / ,/ però diciamo / ,/ si finisce più tardi la sera. 3 CAR a sira (si tira) simpre pecché / ,/ fino alle undici / ,/ (a nne ccá a gente / ,/ sempre) / ,/ 4 FRA [ e certo 5 CAR invece in periferia / ,/ è più bbello perché / , / già e diesci / ,/ (calmellavu) calmu lavuru / ,/ incumunsci già le pulizie / ,/ alle undici tenne vai. 6 CAR è più è più normale diciamo 7 FRA [è più regolamentato uno si sa regolare di più 8 CAR [sì sì sì sì è più 9 FRA [ ( ) 10 CAR sa che uno alle due e mmezza finisce è difficile ca’ viene qualcuno 11 CAR (0.2) raramente 12 FRA [sì sì sì 13 CAR invece nel centro fino alle due e mmezza c’è sempre / , / quello che viene a mangiare il ritardatario c’è sempre 14 FRA [ (mmm) 15 CAR e c’hai menu tempu pettía <?page no="184"?> 166 Funzioni discorsive e conversazionali 25 Su ‘marche d’apertura e conclusione dialogica’ vedi Koch/ Oesterreicher 2001, 593. 26 Ometto appositamente il termine analisi contrastiva, dato che non si tratta qui di una sistematica ed esaustiva analisi, con uguale valore e quantità in entrambe le lingue, ma piuttosto di un’estemporanea riflessione comparativa. In questo esempio l’elemento Pivot, ‘quello che viene a mangiare’ è seguito immediatamente da un’ulteriore specificazione, da un “afterthought”, come lo definisce Scheutz (2005, 120), sulle orme di Givón. La frase semplice e canonica che le corrisponde sarebbe: (193) c’è SEMpre quello che viene a manGIAre (in ritardo), cioè il ritardaTArio (c’è sempre) [constructed] Scheutz riconosce in tali costrutti un Focus tripartito espresso da tre accenti prominenti in egual misura e in ravvicinata prossimità: ad una focalizzazione dell’indicazione temporale, spesso peraltro in prima posizione, segue la specificazione di colui del quale si parla, seguita dalla finale ‘messa a fuoco’ del terzo elemento: da notare, aggiungo, che tale posizione non è marcata, se si ammette la preferita posizione finale dell’informazione più saliente. 25 In questo caso la strategia di doppia (o plurima) focussazione risulta sufficiente nella sua realizzazione sintattica, realizzata grazie al costruttoeco, dato che B è presente due volte e le due frasi sono complete; sarebbe dunque superfluo mostrare la presenza o meno di particolari focalizzatori o pitch intonativi. 6.3.2 Funzioni di tipo testuale-interattivo Nell’osservazione dei campioni di costrutto-eco a nostra disposizione, questa funzione è meno diffusa della precedente, ma va rilevata con particolare interesse, dato che fa parte di quelle caratteristiche funzionali di tipo testuale e contemporaneamente universale che, andando al di là delle specifiche regole strutturali della singola lingua storica, costituisce un’eccellente base per tentare un paragone 26 con altre lingue storiche e, nel nostro caso, con la lingua tedesca. 6.3.2.1 Mezzo per stabilire coesione/ coerenza È un dato di fatto che le esitazioni del parlante e le interruzioni che si verificano nel parlato spontaneo, così come le pause di pianificazione, alle <?page no="185"?> 167 Funzioni dei costrutti-eco 27 La coesione testuale può implicare anche la coerenza semantica del discorso. Interessante in altro contesto: “coerenza sui generis dell’immediato” e coerenza “unidimensionale e rigida della distanza” vedi Koch/ Oesterreicher 2001, 592 e circa “esitazione” 594. volte notevoli proprio per l’improvvisazione dell’espressione linguistica, stiano a monte della necessità di ricorrere a mezzi strategici che adempiano, in maniera naturale e discorsiva, alle funzioni di coesione e di coerenza del discorso, con lo scopo di rendere comprensibile l’esposizione all’interlocutore. Spesso, come nota anche Scheutz (2005, 120), questa funzione di instaurazione di coerenza viene realizzata dalle costruzioni di tipo Pivot (e usiamo il termine Pivot appositamente, perché in questo caso ampliamo a tutte le costruzioni con cardinalità sintattica tale funzione), in conseguenza di posizioni problematiche richiedenti un aggiuntivo sforzo di formulazione, come per esempio il caso di difficoltà nella verbalizzazione o di difficoltà di spiegazione concettuale all’interlocutore. In simili casi, questo avviene in concomitanza con un disturbo del processo di produzione, verificabile attraverso la constatazione di pause, note parentetiche, estensioni, aggiunte. Con lo scopo di assicurare e stabilire la coesione testuale 27 , le parti attigue e precedenti alla sezione problematica dell’enunciato, vengono ripetute. Esempio: (194) mia madre, se deve vendere del pesce, però, diciamo, sotto casa mia …. non è che va in giro, mia madre [Carmelo IV., 01: 12: 40] Carmelo emette una complessa stringa B, spezzettata, lunga e inframmezzata da esitazioni e commenti metalinguistici, cosicché la ripresa dell’elemento A in C si rende quasi necessaria ad un buon funzionamento della comunicazione: essa stabilisce immediatamente coerenza ed instaura coesione tra il centro e le periferie, garantendo la buona riuscita dell’interazione linguistica. Trascrizione del breve dialogo, contenente il costrutto-eco supra commentato (194), tratto dalla registrazione: Carmelo IV; 01: 12: 40 ca. <?page no="186"?> 168 Funzioni discorsive e conversazionali Tema: Carmelo mi racconta dell’attività di sua madre, che è sarta 1 CAR: no: : : =mia =mia mmadre: : : è: : è sarta lei. 2 FRA: ah: : : è sarta! 3 CAR: [sì sì sì e: : : =mia =mia >mia madre non fa questo mestiere di vendere i pesci< 4 FRA: [ah: : : non sape: vo! 5 CAR: no >mia madre è sarta mia madre< 6 CAR: però diciamo solo per la famiglia / ,/ 7 FRA: sì 8 CAR: [non è che (fa/ va) per gli altri: : a: : pagamento? 9 FRA: ma per voi bambini avrà fatto allora tutto. 10 CAR: [sì sì ma: >di tutto< sì sì di tutto 11 FRA: [°che brava! 12 CAR: per accorciare / ,/ allungare / ,/ fare / ,/ 13 FRA: [°è bellissimo tagliare la stoffa / ,/ cucire °/ ,/ 14 CAR: >però diciamo adesso mia madre se deve vendere del pesce: : < lo: lo: (ven) però diciamo però sotto casa mia 15 FRA: sì. 16 CAR: non è che va in giro mia madre! 17 FRA: [sì. sì. sì. Le costruzioni Pivot vengono spesso create in tale maniera perciò, con lo scopo di specificare e chiarire, step-by-step, il concetto che fa fatica ad essere espresso in maniera precisa e sciolta. Il parlante si esprime con pezzi di frasi non concluse: inizia con il soggetto della frase mia madre; prosegue con una subordinata condizionale, con il verbo di modo deontico, se deve vendere del pesce; inoltre omette la forma verbale finita, mentre inserisce l’avverbio di modo però, seguito a sua volta da un’espressione metacomunicativa come diciamo, aggiunta parenteticamente. Questo inframmezzo precede un’ulteriore specificazione del luogo, al quale resta sottinteso il verbo finito e la ripresa pronominale per mezzo di un clitico: lo fa, lo vende. Un’ulteriore aggiunta consiste nel formulare una frase complessa (un periodo composto da una frase principale ed una secondaria) con l’uso del ‘che polivalente’: non è che va in giro, mia madre. La ripetizione della periferia A si determina qui assolutamente necessaria per stabilire la coesione e la coerenza del discorso, che in caso contrario rischierebbe di non soddisfare le esigenze comunicative di comprensione da parte dell’ascoltatore. All’interno del nostro corpus registriamo un’ulteriore funzione di coesione nei casi, nei quali la parte B consiste in un’enumerazione o comun- <?page no="187"?> 169 Funzioni dei costrutti-eco que in un susseguirsi di espressioni paratattiche, come nei campioni seguenti: (195) mangiamo assieme a Pasqua, a Natale, nei Festivi mangiamo assieme [Carmelo I., 01: 20: 00] (196) si fasceva …. a bbotte …. un po’ di tutto ….. un po’ di tutto si fasceva [Carmelo II., 01: 24: 46] (197) lui è un tipo che si aggrappa con mano con (piedi) si fa capire lui [Carmelo IV., 00: 24: 28] Trascrizione del breve passo dialogico di registrazione, contenente il campione supra citato (197): 1 FRA parla tedesco? 2 CAR sì lui sì e: : : lui: : : : 3 FRA parla tedesco / ,/ con gli altri parla inglese ( ) italiano col messicano 4 CAR [no lui no ( ) 5 CAR italiano messicano spagnolo no lui 6 CAR lui è un tipo che si aggrappa: : : con mano con (piedi) si fa capire lui 7 CAR a llui disciamo (ride) o lo capisci o lo capisci pecché / ,/ 8 FRA (ride) ( ) Questi gli esempi nei quali la parte centrale Pivot, B, consiste in una enumerazione, in un susseguirsi di espressioni paratattiche, inframmezzate da indugi, indecisioni di proseguimento, brevi riflessioni, che fanno sì che il parlante ricorra, per terminare il suo turno, ad una strategia sicura di chiusura, di completamento. Il costrutto-eco non solo gli dà la possibilità di ricollegare dopo le pause, dopo l’esitazione e dopo le enumerazioni di sospensione, la coerenza e il nesso, bensì gli offre la possibilità di ‘levarsi dagli impicci’, di terminare il suo turno e di cederlo elegantemente e determinatamente all’interlocutore. Altri esempi mostrano le stesse funzioni, in una realizzazione più confusa e più spezzettata forse, ma per questo motivo ancora più significativa: la costruzione Pivot costruisce, nel vero senso della parola, la comunicazione, con le sue prerogative di dare coesione, coerenza e, come vedremo più oltre, anche di apportare riparazione. (198) L’hanno fatta … mi sa … dalle parti di Genova l’hanno fatta questa qua [Carmelo IV., 01: 02: 10] (199) con la macchina ci vuole … quando passi lo stesso giorno … 20 Euro ci vuole .. lo stesso giorno [Carmelo III., 00: 35: 25] <?page no="188"?> 170 Funzioni discorsive e conversazionali Non dimentichiamo pertanto che spesso la periferia A apre una proiezione sintattica che produce nell’ascoltatore aspettativa, attesa di continuazione, cosicché insicurezza ed esitazione sono evidenti. In alcuni casi si può addirittura constatare una simultanea realizzazione della conclusione del costrutto da parte di entrambi gli interlocutori. Ciò mostra ulteriormente quanto la costruzione sia una realizzazione ‘in blocco’, che viene automatizzata anche da chi ascolta e che alle volte porta l’interlocutore a partecipare alla sua realizzazione, ritmica e melodica al contempo. È evidente che nei casi ora presi in considerazione, non abbiamo alcuno scivolo di prospettiva, così come non sussiste alcuna accumulazione di Topic e Comment, per usare le parole di Scheutz (2005), nella parte focussata della costruzione, bensì un ripristino dell’attività comunicativa già esistente. Questo tipo di costruzione, viene definita da Scheutz (2005, 122) “The syntactically less integrated type”, caratterizzata da pause o inserzioni antecedenti all’elemento Pivot, oppure, nel caso l’elemento Pivot sia dilatato, esteso, allungato o modificato, essa è caratterizzata da pause all’interno o subito dopo l’elemento Pivot stesso. Trovo importante sottolineare tale aspetto di ‘blando costrutto-eco’, data che la primaria ed evidente funzione di focussazione viene, per così dire, sormontata da un’esigenza discorsiva universale e la sua realizzazione è molto meno strutturata e compatta. 6.3.3 Funzione di tipo metatestuale Un caso di funzione molto diffusa, soprattutto non in relazione al nostro corpus, bensì in una visione più universale dell’applicazione del costrutto, è senz’altro quella di fungere da cornice ad un enunciato, ad una proposizione, riportata pari pari, in forma di frase diretta. Cominciamo pertanto con l’osservare un caso un po’ meno diffuso, come quello della parentetica, nel segmento B. Nel caso seguente, non abbiamo infatti in B una frase diretta, una citazione, bensì una parentetica metalinguistica, la quale segue ad una certa esitazione o incertezza, con conseguente ricerca di adeguata espressione (200) diciamo è normale diciamo [Carmelo I., 00: 53: 20] (201) diciamo campagnolo - lo stesso significato discemo [Carmelo III., 00: 32: 55] <?page no="189"?> 171 Funzioni dei costrutti-eco Scrive Bazzanella (2001): Diciamo è caratterizzato da un coinvolgimento fàtico dell’interlocutore tramite l’uso della prima persona plurale e può svolgere più funzioni come segnale discorsivo, o di tipo interattivo, o di tipo metatestuale. Diciamo realizza una scala di intensità rispetto alla forza illocutoria, che va dalla correzione come riformulazione, ad un uso prevalentemente fàtico, come segnalatore di incertezza o di difficoltà di formulazione, insieme a pause o altri segnali discorsivi, passando attraverso ai gradi intermedi di limitazione ed attenuazione […]. (Bazzanella 2001, 250) “Nell’uso come predicato principale, diciamo, è possibile, in quanto tende a rafforzare, piuttosto che attenuare, il contenuto proposizionale della frase completiva” (Bazzanella 2001, 251) e può fungere da “indicatore di esemplificazione” (Bazzanella 2001, 249), ed è proprio ciò che avviene qui: diciamo ‘prepara il terreno’ all’enunciato vero e proprio, lo rafforza e lo esemplifica al contempo. 6.3.3.1 Cornice per citazioni Ed eccoci a considerare il costrutto-eco nella sua prerogativa di cornice a citazioni, dove in A e C erge dunque l’obbligo d’uso di verba dicendi: un vero e proprio frame per quotations dunque. L’introduzione ad una citazione esemplifica un particolare caso di formula ripetitiva, secondo Scheutz (2005), ed aggiungo, una vera e propria messa in rilievo; perciò, non soltanto una strategia metalinguistica per realizzare una forma di discorso diretto, bensì anche e implicitamente, per focussare appunto l’espressione riportata fra virgolette (esempio con verba dicendi): (202) da noi si dice: “Più uno sa e più uno vale”, da noi è un detto disciamo [Carmelo IV., 00: 23: 05] (202a) da noi si disce: “Più uno sa e più uno vale”, si disce da noi [constructed] (202b) da noi si disce: “Più uno sa e più uno vale”, da noi si disce [constructed] A proposito del campione (202), riporto il tratto di dialogo che lo comprende, a scopo contestuale-esemplificativo, tratto dalla registrazione di Carmelo IV., 00: 23: 05 ca. 1 FRA secondo me la cosa più bella del mondo è imparare [< imparare è la cosa più bella>] 2 CAR [no ma ma: : : : pure ma come infatti se io: : : io (disc) <?page no="190"?> 172 Funzioni discorsive e conversazionali 28 Intendo con ‘cantilena’ la somma di ogni caratteristica fonologica, sia di tipo intonativo che di tipo ritmico. 29 Interpreto hypernella comune accezione, di derivazione greca, di ‘sopra’ oltre’; vedi Devoto/ Oli 2000-2001, 1090. 3 CAR lo vedo da me. io: : : (0.1) quando si tratta di impar() / ,/ scioè io: : : a me piasce imparare è normale perché uno più s() 4 CAR da noi si disce più (un) sa e più vale da noi è un detto disciamo 5 FRA [è vero] 6 CAR sì sì è così è nor(male) La costruzione eco viene percepita come: (202c) da noi si disce: “Più uno sa e più uno vale”, da noi è un detto [constructed] dove A e C sono formalmente diversi, ma la cantilena 28 (per usare un termine un po’ meno linguistico, tra l’altro usato anche da Goldoni proprio per la caratterizzazione del prodotto fonologico del costrutto-eco), che accompagna l’enunciato, è del tutto identica. Un’ulteriore variante è: (203) diciamo che quinta è il massimo diciamo [Carmelo IV., 00: 45: 45] Qui constatiamo una frase con verba dicendi, ma reggente una frase indiretta, una oggettiva. Questo particolare tipo di costrutto-eco, sembra soddisfare a sua volta una particolare funzione interattiva. L’elemento Pivot consiste in una intera frase o in parecchi elementi relazionati fra loro in forma e foggia di citazione. La porzione iniziale e quella finale di una tale citazione sono marcate da un costrutto sintattico a cornice, consistente in una frase sovrapposizionata, o anche in un periodo, in quanto ‘frase che va al di là della frase’ (hypersentence in Scheutz 2005, 123), 29 con l’uso obbligatorio di un verbum dicendi, in entrambe le periferie. Le ripetizioni degli elementi iniziali e finali di tale struttura a cornice, funzionano come marche di citazione appunto, con una chiara caratteristica mimesica all’attività espressiva dell’originale. <?page no="191"?> 173 Funzioni dei costrutti-eco 30 Riguardo alla terminologia rileviamo “sistema delle correzioni” da Levinson 1993, 363. 31 Riguardo a “correzione” vedi anche Koch/ Oesterreicher 2001, 594. 32 Per dicitura cfr. Levinson 1993, 304. 33 Per dicitura cfr. Levinson 1993, 329. 6.3.4 Funzione di tipo testuale 6.3.4.1 Procedura di riparazione, correzione, rimedio Come già espresso all’inizio di questo capitolo, Schegloff (1979) riconosce nella costruzione Pivot una preferita strategia di riparazione 30 . In effetti sia nei dati di Scheutz (2005), che nel nostro corpus, vi sono dei casi di costrutti con tale funzione, anche se sono meno numerosi di quanto non ci si aspetti. Possiamo differenziare, come di seguito, due tipi di riparazione 31 , che nel corso del turno, corrispondono a specifici tipi di costruzioni Pivot. 6.3.4.1.1 Riparazione dell’elemento Pivot Questo tipo di costrutti-eco, e potremmo adottare nuovamente la dicitura ‘costruzioni-Pivot’, dato che constata le stesse peculiarità anche Scheutz (2005, 123), mostrano una pausa o prima del sintagma B, o prima dell’elemento, all’interno del Pivot, che ha funzione riparatrice. In alcuni casi abbiamo procedure di riparazione in relazione all’elemento del Pivot stesso, le quali, in tedesco, si riscontrano nelle costruzioni con vera e propria costruzione a specchio, mentre, in altri casi, notiamo altri indicatori di riparazione, di tipo lessicale, spesso accompagnati da fenomeni di allungamento. Alcuni esempi: (204) io arrivo alle 11: 30 mezzanotte arrivo sempre [Carmelo I., 01: 18: 46] (205) si fasceva 15.000 12.000 Euro al giorno di cassa si fasceva [Carmelo II., 00: 20: 27] (206) di mancia 50 / 100 Euro lascia solo di mancia [Carmelo I., 01: 29: 56] (207) una buttiglia vini, una buttiglia vini 6 / 7 cento Euro una buttiglia vini [Carmelo I., 01: 28: 40] Trascrizione del breve dialogo contestuale (semplificato) 32 , della registrazione di Carmelo I., 01: 28: 40, 33 con campione (207): <?page no="192"?> 174 Funzioni discorsive e conversazionali 34 N.B. Questa frase potrebbe essere un costrutto-eco, nel senso che viene pronunciata con la stessa curva intonativa, e si potrebbe riformulare come segue: in Italia, ne compri una cassa ne compri; oppure: in Italia una cassa ne compri in Italia. Invece inaccettabile *una cassa ne compri una cassa. 1 CAR a vote u piattinu cusì solo spinasci cinque euro cioè diesci mila lire in Italia una cassa ne compri 34 [è vero 2 CAR con diesci mila lire una cassa ne compri e: : : : purtroppo: : : è che sono contento pecché a na vasce u uperaiu, a na vace u pruprietariu du azienda quindi non ci (interessa) c’è a crisi (chi ci have) l’azienda la crisi è relativo e: : : c’è: : : : : lui è ricco, non ci interessa non ha problemi 3 FRA anzi vogliono proprio perché c’è la crisi dimostrare che loro però i soldi ce l’hann lo stesso 4 CAR [ hhhh: : : : : : 5 FRA anzi più pagano più si sentono 6 CAR [sì sì sì a voti: : : : una bbuttigli vini una buttigli vini sei …settecento euro una buttiglia vini 7 FRA [co: sa? Teniamo conto inoltre che qui sembra anche sussistere una funzione di doppia focussazione all’interno di B: di un porzionamento di informazione focalizzata. 6.3.4.1.2 Riparazione della periferia Le procedure e le strategie di riparazione, non si limitano al sintagma Pivot, ma possono essere anche relative alla periferia. Scheutz (2005, 124) sottolinea che in tedesco esse si riscontrano in costruzioni a specchio non vere e proprie, bensì modificate, questione per l’italiano di poca importanza, dato che i costrutti-eco, molto raramente, sono formati con periferie ‘a specchio’. Diversamente dalle prime, queste riparazioni correggono primariamente enunciati inappropriati a livello di espressione linguistica relativamente alla grammatica normativa, come nei casi (208) e (210), o alla sua adeguatezza nei confronti dell’intenzionale contenuto semantico, come nel caso (209): <?page no="193"?> 175 Funzioni dei costrutti-eco (208) cinque, dividono per cinque fanno [Carmelo I., 01: 01: 16] (209) mi voglio svegliare fin verso le diesci voglio dormire [Carmelo I., 01: 19: 30/ 45] (210) qualche tempo fa si è battezzato il figlio del mio amico hanno battezzato [Carmelo III., 01: 08: 25] Trascrizione del breve passo dialogico: Registrazione di Carmelo I., 01: 08: 25; campione (210): 1 CAR non è che sono / ,/ con i paraocchi / ,/ 2 FRA [sì sì 3 CAR bestemmio / ,/ prego / ,/ vado in chiesa / , / disciamo quando è stato? 4 CAR due domeniche fa si è battezzato il figlio del mio amico / ,/ hanno battezzato / ,/ 5 FRA [sì / ,/ 6 CAR e io sono andato in chiesa. volendo tantissimi vanno solo al ristorante / ,/ invece io sono partito due ore prima da casa pe: : : : r Di seguito, un esempio dove la funzione di ‘riparazione all’incertezza’ è realizzata piuttosto lessicamente con mi sa, nel significato di credo (211) l’hanno fatta … mi sa … dalle parti di Genova … l’hanno fatta questa qua [Carmelo IV., 01: 02: 10] E ancora un esempio, dove Carmelo realizza una ipercorrezione, formulando la seconda parte del costrutto, con un constructum ad sensum: (212) adesso ce n’è un decimo adesso ce ne sono di quelle che c’erano una volta [Carmelo IV., 01: 08: 12] Alle volte un costrutto differente da quello eco, formato da A - B e A’ - B’, se così si può simbolizzare, viene realizzato da una struttura parallela come la seguente: (213) è in America lui adesso a San Francisco lui è andato [Carmelo IV., 00: 23: 20] Così come la successione delle due frasi A - B e B - C per esteso, senza che vi sia Pivot in comune: (214) ci vediamo sempre sempre ci vediamo [Carmelo I., 00: 16: 10] e qui si vuol riparare evidentemente alla mancanza di marcatezza pragmatica. <?page no="194"?> 176 Funzioni discorsive e conversazionali Nella frase ci vediamo sempre, non si veicola la priorità informativa (la focalizzazione di sempre), data la distribuzione canonica degli elementi della frase. Soltanto nel costrutto sempre ci vediamo, con l’anteposizione dell’avverbio, aggravata da un picco intonativo, viene messa ben in evidenza la prominenza informativa a livello comunicativo ed interattivo. Riassumendo dunque: alcune costruzioni riparano l’espressione che appare inadeguata alla conversazione, modificando la periferia A in C e perciò alterando il pensiero dell’intero enunciato quasi impercettibilmente e sviando possibili indesiderate inferenze e illazioni interpretative, riguardo alla periferia iniziale, come nell’esempio (209) “mi voglio svegliare / voglio dormire”, dove abbiamo un cambiamento, un trasferimento, uno spostamento di prospettiva. In questo caso, così come nei campioni (208) e (210), all’insicurezza del pensiero nella sua logica, si aggiunge probabilmente l’insicurezza della corretta maniera di esprimersi, che deriva dalla mancanza di una totale padronanza della lingua, (o dal timore di non padroneggiarla) e della più corretta e normativa sintassi, soprattutto in presenza di una persona più istruita. È da considerare che, la necessità di riparazione è data principalmente dalla prerogativa diafasica che contrassegna la situazione, cioè dall’informalità, che induce il parlante ad esprimersi spontaneamente, senza la pressione ad una eccessiva concentrazione alla pianificazione. Esempio: (215) quando siamo arrivati c’erano trenta quaranta ristoranti italiani ci saranno stati [ricostruito sull’esempio (12) di Scheutz 2005, 124] In questo caso, si riconosce immediatamente che il parlante è un po’ incerto sul numero di ristoranti esistenti a Monaco al suo arrivo in Germania, e il presente indicativo, usato nella periferia iniziale, viene sostituito con il futuro indicativo dubitativo nella periferia finale, e con esso cambia anche il tipo funzionale dell’enunciato. L’aspetto assertivo trasportato dalla periferia iniziale, viene degradato, grazie alla periferia finale, a mera supposizione. Scheutz (2005, 126) sottolinea che, anche nel caso la ripresa in C della periferia A non sia identica lessicalmente ad essa, e non sia neppure “a specchio”, le funzioni restano le stesse, e soprattutto quella della correzione, del mettere riparo da uno spostamento e cambio di pensiero, ristrutturando la ripresa in maniera diversa: questa strategia si mostra infatti del tutto naturale e logica e soddisfa pienamente le esigenze della comunicazione. <?page no="195"?> 177 Funzioni dei costrutti-eco 35 Vedi per dettagli Uhmann 1997, 165: interessante l’esempio della Konstituentenregel: “Beginne die Reparatur immer an einer syntaktischen Konstituentengrenze. Diese Regel verbietet unter anderem Reparaturen wie: *Alle Arbeitgeber äh (.) nehmerinnen sollen …”. 6.3.4.2 Riflessioni sulla sintassi del repair Con lo scopo di instaurare un’ottica nuova sulla discussione del presunto antagonismo tra analisi grammaticale-sintattica e analisi della conversazione, che lei stessa nomina “integrative Konversationstheorie”, Susanne Uhmann (1997, 157-180) mostra, sulla base di casi di riparazione e correzione, quanto tale strategia dimostri l’esistenza di una vera e propria “Reparatursyntax”. A riguardo critica invece Schegloff (1979), del quale accetta naturalmente il riconoscimento d’una “Syntax for Conversation”, ma dal quale si distanzia anch’essa, come del resto anche Selting (1995), per la mancanza del riconoscimento di una vera e propria sistematicità delle regole di riparazione 35 . L’affermazione lapidaria di Schegloff (1979, 278) “It is common for same-turn repair to repeat bit of the talk preceding a repairable […]” non specifica però, come nota bene Uhmann (1997, 164), quale “bit of the talk” debba/ possa essere ripetuto, e in ciò consiste la questione cruciale: la mancanza di rilevanza di una sistematicità e di una peculiarità di strutture. Come già osservato da Selting (1995), notiamo pertanto in Schegloff (1979) la tendenza a considerare la sintassi del parlato, più una deformazione della sintassi normativa che una vera e propria sintassi, funzionale in ottica conversazionale e interattiva. Tornando pertanto alla questione-nocciolo del rapporto fra analisi grammaticale e analisi conversazionale, Uhmann (1997) scrive: Der sich gegenüber der Satzgrammatik als gänzlich autonom verstehenden konversationsanalytischen Position müsste es dagegen zu denken geben, dass in diesen Regularitäten ein essentiell satzsyntaktisches Konzept, nämlich das des funktionalen Kopfes, eine zentrale Rolle spielt. (Uhmann 1997, 173; il corsivo è mio) La concezione di “funktionaler Kopf” può venir qui interpretata in un’ampia ottica: il collegamento tra strutture sintattiche, nella loro reciproca dipendenza di subordinazione o paratatticità, come nel caso del costrutto-eco fra A - B e B - C, viene realizzata dalla testa sintagmatica di B. Considerando il sintagma B, a livello di periodo, nella funzione di frasetesta-costituente sintattica, è infatti assolutamente escluso che possa venir soppresso. L’ottica integrativa proposta da Uhmann (1997), punta proprio su una stretta interazione fra categorie grammaticali e categorie conversazionali <?page no="196"?> 178 Funzioni discorsive e conversazionali ed io aggiungo che, per adempiere a funzioni pragmatiche conversazionali, a livello intrae transfrastico, le regole sintattiche valide per la ‘dimensione frase’, vengono probabilmente estese alla ‘dimensione periodo’, o alla ‘dimensione testo’. Uhmann (1997) dal canto suo non parte dal preconcetto che: […] beim konkreten Sprechen ein völlig anderer Bereich sprachlichen Wissens aktiviert wird als bei der Beurteilung der Wohlgeformtheit kontextfreier Sätze, sondern dass in beiden Fällen (wenn auch vielleicht mit unterschiedlichen Gewichtungen) sowohl das im engeren Sinn grammatische als auch das auf die Interaktion bezogene Wissenssystem aktiv ist, und dass es deswegen auch in beiden Fällen regelhafte Bezüge zwischen diesen Wissenssystemen gibt. (Uhmann 1997, 173) Ed io ritengo che una dimostrazione di quanto valgano le regole grammaticali anche nell’ambito della conversazione, sia proprio il costrutto-eco, che nella disposizione dei sintagmi, nella centralità di B quale elemento concatenante delle due frasi, rispecchia la variazione sintattica all’interno della variazione discorsiva, compendiando anche i due principi di serializzazione, quello verso destra e quello verso sinistra, così come il ‘progressivo’ e il ‘regressivo’ sviluppo del Nuovo (dell’informazione maggiormente rilevante), indirizzato sia verso destra che verso sinistra: il Focus infatti si concentra, come abbiamo visto, proprio là dove queste due tendenze si incontrano: all’apice del picco intonativo. 6.4 Pivot / Drehpunkt Le ultime riflessioni sono un ideale ponte alla considerazione, più volte preannunciata, del Pivot: il cardine del costrutto-eco e di altri costrutti della lingua parlata, che costituisce il nodo di collegamento e il nucleo di queste costruzioni: in ottica sintattica, in ottica fonologica e come vediamo adesso, in ottica funzionale-pragmatica. Sogar Apokoinu-Konstruktionen, die von den üblichen grammatischen Regeln abweichen, sind an Wohlgeformtheitsbedingungen gebunden und als sinnvolle Ressource analysierbar. Vgl. dazu noch einmal: 167 N: un das ist: LANGweilig find ich das 168 I: mhm FIND ich auch Wie bereits oben dargelegt, zeigt die Platzierung des Rezeptionssignals durch I, dass I sich an einem syntaktisch möglichen Satz orientiert. In (8) bildet das kursiv gesetzte Element den Drehpunkt, an dem die Sprecherin das Element, <?page no="197"?> 179 Pivot / Drehpunkt 36 Vedi Rath 1979, 224. das bis dahin als Element der zuerst begonnenen Konstruktion gehört werden kann, in eine neue Konstruktion eingebunden fortsetzt. Das Drehelement verschmilzt beide Konstruktionen; die Sprecherin scheint sich mitten im Satz umentschieden zu haben. Dennoch bilden beide verschmolzenen Konstruktionen jeweils syntaktisch mögliche Sätze, die mit Hilfe der Prosodie zu einer einzigen Turnkonstruktionseinheit integriert werden. (Selting 1995b, 321; il corsivo è mio) Anche Rath (1979), pur differenziando anacoluti dalle altre costruzioni del tipo eco o apo koinou sulla base di una deficienza funzionale, cioè quella della correzione/ riparazione, riconosce questa prerogativa di una struttura “a perno”: Es finden sich Anakoluthe, die nicht in unmittelbarem Zusammenhang mit Korrekturen stehen. Diese müssen als genuine Ausdrucksformen der mündlichen Kommunikation verstanden werden. Es handelt sich im wesentlichen um “Kontaminationen” und “Drehsätze”. Es handelt sich dabei um die systematischste Form des Anakoluths […]. (Rath 1979, 223) Le riflessioni di Rath, nel loro insieme, non combaciano del tutto con le nostre, d’altronde, in questa sede, sarebbe inopportuno soffermarci sui particolari dei suoi commenti, che ci appaiono più di ordine psicolinguistico che strettamente funzionale o sintattico, 36 perciò ci volgiamo piuttosto ad osservare nuovamente l’esempio (LANGweilig) più sopra, riguardo al quale Selting osserva che, analogicamente all’analisi di Franck (1985, 244) sulle “double-bind sentence structures”: “[…] die Sprecherin zugleich eine Bewertung vornehmen und diese Bewertung relativieren will” (Selting 1995b, 321). Non si può fare a meno di obiettare però che la funzione di Bewertung viene realizzata dalla focussazione, che può essere prosodica o sintattica della parola langweilig, mentre la constatazione che ne segua una relativizzazione, è dettata dal contenuto semantico lessicale del sintagma find ich das. Abbiamo dunque sicuramente una strategia focalizzante dell’informazione veicolata dal lessema langweilig, ma la riparazione non avviene esclusivamente o primariamente grazie ad uno stratagemma sintattico, bensì al valore semantico, inerente al significato veicolato dal lessico. Tengo a sottolineare ciò, perché mi sembra importante non soltanto individuare tutte le funzioni alle quali si può adempiere sfruttando al massimo la combinazione sintattica di due frasi, come nel costrutto-eco o Pivot che sia, ma anche quanto sia utile stabilire una gerarchia di funziona- <?page no="198"?> 180 Funzioni discorsive e conversazionali lità, in base alla esclusività della tecnica strutturale, sintattico-fonologica, in priorità al significato lessicale delle parole usate; riconoscere e suddividere dunque le funzioni secondarie sì, ma sempre in relazione alla strategia sintattica realizzata dal tipo di costrutto. È importante tener saldo il fatto che nella nostra costruzione-eco il sintagma C può essere semanticamente identico (sempre che esista una identità semantica, sinonimicità) o anche soltanto approssimativamente uguale, e ciò non implica alcun cambiamento di funzione in ottica sintattico-pragmatica. What looks like mistakes or flaws in natural language use can, on closer inspection, turn out to provide elegant ways of coping with the manifold complexities and contradictory constraints that speakers have to meet in the specific context of an utterance. (Franck 1985, 244) Proprio così: ciò che appare in qualità di errore e difetto nell’uso delle lingue, può apparire, dopo accurata analisi, la strategia più adatta, a rendere e a limitare la molteplice complessità, e i vincoli contraddittori, che il parlante deve conciliare in specifici contesti enunciativi. Per riassumere brevemente: nel corso di questo sesto capitolo abbiamo potuto constatare che anche il costrutto-eco, come Scheutz (1992) ha potuto verificare per il costrutto-Pivot, adempie sostanzialmente a tre funzioni di tipo pragmatico-conversazionale: Scheutz (1992) zeigt genauer, dass auch für solche Apokoinu-Konstruktionen Wohlgeformtheitsbedingungen bestehen. Jene funktionale Analyse gelangt zu drei konversationellen Funktionstypen: Apokoinu als Kohärenzsignal, als Reparaturprozedur und als Fokussierungsstrategie. (Selting 1995b, 321; il corsivo è mio) Di queste tre funzioni va riconosciuta quella di focussazione del sintagma B come principale e più esplicitamente sintattica, mentre le altre due funzioni vengono realizzate in una dimensione più ampia, direi a livello testuale, anche grazie alla scelta mirata del lessico, l’uso del quale ci permette di correggere o riprendere un concetto espresso antecedentemente. 6.5 Sommario Innanzitutto desidero sottolineare come la presente analisi, a livello metodologico, sia e voglia essere un compendio ed una sintesi delle due principali linee e procedure metodologiche vigenti nel campo disciplinare della <?page no="199"?> 181 Sommario 37 Per differenze tra le due principali discipline e procedure metodologiche di analisi di tipo pragmatico, vedi Levinson 1993, 289ss. 38 Vedi Searle 1976. 39 Massimo esponente negli anni 70/ 80 Schegloff. 40 Cfr. Popper 1995, 225 riguardo alla questione “ob und wann induktive Schlüsse berechtigt sind”, cioè quello che si definisce il ‘problema dell’induzione’. pragmatica: 37 da un lato, l’analisi del discorso (AD), con la classica ‘analisi del testo’ e la ‘teoria degli atti linguistici’ 38 , e dall’altro lato, l’analisi della conversazione (AC) 39 . Nella AD, il primo presupposto è di ritenere che la conversazione sia un tipo particolare di discorso e dato che anche la teoria, in quanto insieme di regole e norme, viene presupposta, le categorie analitiche appaiono create ad hoc. Tale disciplina si avvale prevalentemente del metodo deduttivo: prima le regole, il generale dunque e poi il particolare. Nella AC, d’altro canto, il metodo adottato è quello rigorosamente empirico di affrontare i dati evitando la costruzione di una teoria prematura: un metodo induttivo, dunque. Esso consiste infatti nel procedimento logico, contrapposto alla deduzione, per cui, dalla constatazione di fatti particolari, si perviene ad affermazioni o formulazioni generali: ricerca di schemi ricorrenti, e risalita dal particolare al generale. Le categorie analitiche della AD rischiano di essere create ad hoc, mentre quelle della AC, sono quelle reali della locuzione. In considerazione di tutto ciò, si direbbe che in un primissimo e breve passo ci siamo mossi partendo dal generale, dalle regole, e dalla teoria della quale disponevamo (cioè dalla retorica e dalla grammatica, per mantenere una terminologia anche ‘storicamente’ appropriata), all’empiricità dei fatti linguistici di realizzazione orale spontanea - come se la conversazione fosse un particolare tipo di discorso - ricalcando orme di ricerca di tipo tradizionale, in un’ottica diacronica. In un secondo cammino direzionalmente inverso (effettivo lavoro di analisi linguistica dal 3. capitolo in poi), ci siamo mossi dal parlato, dalla constatazione dei fatti empirici a nostra disposizione fino all’attuale presa di coscienza delle funzioni alle quali tutte queste caratteristiche concorrono ad adempiere: ci siamo mossi alla ricerca di schemi ricorrenti dunque, nella tensione finale di ottenere una, se pur ristretta, teoria di regole generali 40 . Nel concentrarci sulle funzioni del costrutto-eco, quale strategia discorsiva adatta ad adempiere a diverse funzioni (oltre a quella primaria di focussare B), abbiamo potuto constatare il punto d’incontro delle due diverse tendenze d’analisi: cioè, come sia considerevole il fatto che, anche <?page no="200"?> 182 Funzioni discorsive e conversazionali nella retorica, la questione dello scarto, esattamente come in sintassi, ponga il vero e proprio problema della descrizione della variazione, o meglio della descrizione e della funzione di ogni tipo di marcatezza, nella tensione finale di definire le vere e proprie restrizioni che sottostanno alla realizzazione di ogni struttura sintattica, in funzione pragmatica. <?page no="201"?> 1 Vedi Berruto (1996 [ 1 1987], 27-42). 7. Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico La drammatica divergenza tra norma e uso […] sembra in gran parte dovuta al conflitto tra la prima e meccanismi di semplificazione e/ o naturalezza che emergono soprattutto nel parlato, non a causa di incertezza della norma, […] ma a dispetto, per così dire, di un pieno possesso di essa. (Alfonzetti 2002, 27) 7.1 Continuità tra passato e presente: effettivo cambio di marca variazionale? Per quanto riguarda il costrutto-eco e il suo collocamento sul continuum 1 delle varietà dell’italiano stupisce innanzitutto il constatare documenti appartenenti a tradizioni discorsive molto diverse le une dalle altre. Il nostro approccio al costrutto è avvenuto, in origine, attraverso le occorrenze, realizzate in maniera del tutto spontanea da parlanti di ceto culturale medio-basso, in situazioni del tutto informali. Soltanto in un secondo tempo, risalendo alla ricerca di altre testimonianze linguistiche antecedenti, ci siamo imbattuti in campioni diversissimi fra loro: accanto ad esempi tratti dal parlato tedesco contemporaneo, si può scoprire l’applicazione dei costrutti Pivot, Apo koinou ed eco anche nella letteratura e, per quanto riguarda quella italiana, in Verga, in Capuana, in Grazia Maria Deledda ecc… Numerose sono anche le occorrenze nella commedia di Goldoni Le Baruffe Chiozzotte ( 1 1774) e nelle testimonianze apportate da Spitzer ( 1 1918) dallo spoglio delle lettere dei prigionieri della Grande Guerra; persino i Sonetti di Belli, scritti nell’ottocento, ne contengono campioni. Come si può constatare, una vera gamma di diverse tradizioni discorsive fa uso di tali costrutti e le testimonianze potrebbero essere, nell’ambito dei documenti scritti, senz’altro molto più numerose. Ma essendo oggetto della nostra analisi il costrutto-eco in particolare, eliminiamo, innanzitutto, dal nostro spettro di considerazione varietistico il costrutto Apo koinou dell’epica medioevale tedesca, che in effetti differisce dal costrutto-eco <?page no="202"?> 184 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico 2 Vedi quadro sinottico di categorizzazione dei costrutti Pivot, nel secondo capitolo. 3 ”Così il chioggiotto del Goldoni si presenta come una parlata a sé, come una variante della lingua popolare veneziana […].” Scarpa 1982, 107. 4 Serianni 1985, 62: ”Vero è che da tempo la critica più accorta ha messo in guardia da una lettura dei Sonetti come puro ‘monumento’, obiettivo e fedele, ‘di quello che oggi è la plebe di Roma’, costruito con le ‘frasi del Romano quali dalla bocca del romano escono tuttodì, senza ornamento, senza alterazione veruna […]’. Cit. Belli, 2006, Introduzione, pagg. CLXXXI e CLXXXII, sub Serianni. nella caratteristica primaria, più volte sottolineata, di contenere due proposizioni invece che una sola 2 . Di conseguenza constatiamo che le testimonianze del codice mediale scritto fanno parte di testi tipici per essere una trasposizione concettuale della lingua parlata dal codice mediale fonico a quello grafico. D’altro canto, in Goldoni 3 e in Belli 4 , invece che una trasposizione mediale, si osserva un tentativo, una volontà di mimesi del parlato, al di là del fatto che il tentativo sia fedele specchio della realtà linguistica o meno. Anche le lettere dei prigionieri di guerra fanno senz’altro parte di uno scritto più scritto-parlato che scritto-scritto, per dirla con Nencioni (1976). Dunque, il fatto che di primo acchito stupisce, è che un’espressione, riconosciuta unanimamente da qualunque informante italiano come unicamente realizzabile nell’ambito della lingua parlata informale e trascurata, la si riscontri anche nell’età della retorica classica; tali costruzioni saranno state probabilmente impiegate nell’ambito dell’espressione orale, ad alto livello, con funzioni di tipo persuasivo e discorsivo, e di conseguenza avranno ricevuto una categorizzazione di tipo tassonomico, sotto un aspetto più che altro ‘stilistico’, per quanto questo termine abbia a mio parere un significato molto vago. Troppo spesso infatti in linguistica viene usato questo termine per designare in effetti tutto ciò che ‘si potrebbe esprimere in altra maniera’, tutto ciò che non deriva necessariamente dall’impiego di una struttura linguistica determinata dalla norma. Ben sappiamo che l’assenza di opzionalità e scelta è in realtà estremamente limitata in ogni lingua storica, soprattutto se consideriamo la vasta gamma di varietà esistenti al di là dello standard scritto e della sua rigidità normativa. Nella variatezza di espressioni linguistiche, è indiscutibile l’importanza che giuoca l’appropriatezza della varietà o del registro d’uso, in quanto affiatamento delle caratteristiche esterne situazionali e dei tratti linguistici specifici assegnati alle diverse varietà; si tratta pertanto di definire il modo di valutazione di quelle che sono le deviazioni dalla norma, non tanto diversamente da quello che fu considerato nella retorica ‘lo scarto’. <?page no="203"?> 185 Continuità tra passato e presente 5 Nell’accezione di “ottenimento di un funzionale rapporto di proporzionalità o parità” vs. adeguamento, “il conseguimento di un conveniente rapporto di parità o proporzionalità ed anche di funzionalità”. Devoto/ Oli 2000-2001, 32. 6 Prendiamo per un attimo in considerazione questa possibilità, consci che di per sé sia assurdo parlare di cambiamento varietistico in ottica diacronica, visto che una suddivisione e differenziazione variazionale può avvenire soltanto sincronicamente. 7 Citazione sub Alfonzetti 2002. In realtà anche ciò che viene definito ‘stilistico’, acquista spesso il significato di ‘estetico’, implicando una valutazione soggettiva di per sé inopportuna, là dove si tratta in sostanza esclusivamente di una adeguazione 5 di realizzazione linguistica in ottica funzionale e contestuale. I campioni di documenti scritti di cui disponiamo, appartenenti a tradizioni discorsive ‘istituzionalizzate’, risalgono tutti a tempi ben lontani, e dato che il tentativo fatto, sporadicamente e per nulla esaustivo, di trovare costrutti-eco in letteratura contemporanea siciliana, si è mostrato vano, ci chiediamo: è lecito trarre da tali dati l’impressione che si sia verificato, nel corso del tempo, un cambiamento di marca variazionale mediale tra lo scritto e l’orale? 6 . Il nostro principale corpus, consiste in registrazioni di parlato spontaneo, caratterizzato da un italiano che si potrebbe definire in ogni caso ‘informale’, ‘familiare’, ‘nuovo standard’, senza che ci addentriamo per ora in altre varietà d’ordine diastratico, eventualmente basso; da qui la considerazione che “il nuovo standard non è una creazione recente” (Alfonzetti 2002, 14), ma “ha radici plurisecolari e assai robuste ed estese” (Sabatini 1990, 217) e che infatti, come già ampiamente riconosciuto e documentato, molti dei tratti che lo caratterizzano non sono il frutto di tendenze innovative, bensì fenomeni riscontrabili già nell’italiano antico, in seguito banditi dallo scritto e “confinati ai margini della ‘buona lingua’” (Nencioni 1976, 15). 7 Il cambio di marca variazionale dunque, al quale abbiamo accennato più sopra, potrebbe pertanto consistere nella frequenza d’uso di costruzioni del tipo Pivot, e in particolare del costrutto-eco, in un primo tempo ristretto all’ambito dell’orale retorico, poi all’ambito delle tradizioni discorsive letterarie di poesia e prosa medioevali, e nei tempi odierni, in forme più flessibili, del parlato spontaneo. Se in un primo tempo, in retorica e in letteratura, tali costrutti furono descritti e documentati, tanto da renderli normativamente accettati, nel parlato spontaneo del nostro tempo li ritroviamo presenti nell’uso comune, anche se più flessibili e adattabili alle necessità e alle funzioni sia discorsive, che interazionali. <?page no="204"?> 186 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico 8 Per dimensione diamesica vedi Mioni 1983, 508: “[…] differenze del ‘mezzo’ usato per comunicare (per le quali si potrebbe usare il neologismo ‘dimensione diamesica’”). 9 Per concezione: formale/ informale e rappresentazione grafica vedi Akinnaso 1985, 329 ; per immediatezza/ distanza comunicativa vedi Koch/ Oesterreicher 1985 e 1990. L’impressione che l’uso a livello mediale sia differente, non è poi del tutto corretta: si è portati a pensare invece che i costrutti-eco vennero probabilmente sempre realizzati nel parlato, e anche al mercato (come affermò già Dumarsais nel Settecento), anche se, soltanto le forme più ordinatamente strutturate e soprattutto le forme scritte in una determinata tradizione discorsiva o genere letterario, furono rilevate nell’ambito della descrizione linguistica ed impiegate nelle opere letterarie con scopi estetici; e ciò soprattutto nel caso di composizioni di tipo ritmico, alle quali date costruzioni si prestano più che altre, grazie alla loro evidente parallelità strutturale. Vada inoltre aggiunto che, per una scientifica analisi nel campo variazionale e l’eventuale affermazione di un cambiamento a livello di marca mediale parlato/ scritto nel tempo, dovremmo usufruire di molti più dati su ogni asse sincronico relativo ai documenti in nostro possesso. Non è detto infatti che, e mi ripeto appositamente, contemporaneamente alla realizzazione di costrutti-Pivot nei generi letterari, perciò delle costruzioni-apo koinou, e dei costrutti-eco, non venissero realizzati tali costrutti anche nel parlato familiare, spontaneo, informale o formale che fosse. Finora mi sono limitata appositamente a riflessioni di tipo diamesico 8 , riferendomi a caratteristiche di tipo prettamente mediale, anticipando riflessioni di tipo concettuale 9 , sulle quali ci soffermeremo approfonditamente più oltre. 7.2 Problemi di delimitazione e caratterizzazione delle varietà Premessa pertanto l’impossibilità di operare una collocazione dei costrutti a livello mediale scritto/ orale e potendoci in effetti basare esclusivamente sui nostri corpora di realizzazione di italiano parlato spontaneo, in situazione del tutto informale e con parlanti di livello di istruzione medio-bassa, dobbiamo ora dedicarci al tentativo di un adeguato collocamento di tale fenomeno linguistico, all’interno del completo e complesso quadro varietistico dell’italiano. Il problema consiste nella constatazione che lungo tutti gli assi di variazione abbiamo costantemente a che fare con zone di sovrapposizione, e che pertanto una netta delimitazione di spazi variazionali è di per sé irrealizzabile. <?page no="205"?> 187 Problemi di delimitazione e caratterizzazione delle varietà 10 Sul concetto di ‘tradizione discorsiva’ vedi Oesterreicher 1997. 11 Termine coniato da Mioni 1983, 508, criticabilissimo però, in quanto il prefisso d’origine greca dia-, nelle sua primaria accezione di ‘attraverso’, implica una pluralità che non è data nella dicotomia mediale del canale scritto/ orale. Vedi a proposito Krefeld 2004, 147. Possiamo comunque interpretare l’intento di Mioni in relazione ad un’ulteriore accezione del prefisso, quello di ‘diversità’; in questo caso il termine potrebbe essere considerato più appropriato. Per traduzione e diversificate accezioni del prefisso dia-, vedi: Devoto/ Oli 2000-2001, 614; DELI (2001, 455); Schenkl (Vocabolario greco - italiano) 1897, 191. 12 Per una più sistematica storia dei modelli e delle concezioni di varietà linguistica vedi Wunderli 2005, 65ss. 13 Cfr. Koch/ Oesterreicher 1990, 14ss. Il secondo problema sarà il considerare la difficoltà, soprattutto per quanto riguarda la lingua parlata, di tracciare netti confini tra fatti diastratici e diafasici e distinguere quindi con chiarezza “ciò che è popolare da ciò che è meramente informale e colloquiale” (Lepschy 1989, 30). Non per ultimo e terzo problema sarà il tenere sempre presente: la possibile ‘risalita’ di strutture sintattico-funzionali dal parlato, come per esempio dalla retorica, non soltanto quale varietà ‘formale’ bensì anche ‘informale’ (se ci avvaliamo della citazione di Dumarsais nel Settecento, secondo la quale “si fa più retorica al mercato che nelle Accademie”), a generi letterari; e viceversa, la ‘ridiscesa’ all’ambito del parlato spontaneo, perciò del tutto informale, come attestato dai corpora a nostra disposizione 10 . La questione che ci poniamo dunque è: il costrutto-eco è un costrutto marcato pragmaticamente? E con ‘marcato pragmaticamente’ intendiamo in uso soltanto ed esclusivamente in situazioni (diafasicamente), in luoghi (diatopicamente), per conto di parlanti (diastraticamente) caratterizzabili come al di fuori di una dimensione ‘normale’, ‘standard’. E non va dimenticata la dimensione diamesica 11 , consistente nell’opposizione scritto/ parlato, dimensione che Coseriu fa rientrare nel dominio diafasico 12 e che Koch ed Oesterreicher (1990) considerano in maniera innovativa; essi infatti differenziano: da un lato il livello concettuale-universale di diversi gradi di formalità/ informalità (sovrastante ad ogni altro livello di varietà contingente alla realtà storica di ogni singola lingua) e dall’altro lato il livello prettamente mediale scritto/ orale, a sua volta pertinente sia a livello universale come mezzo di comunicazione, sia a livello di singola lingua storica. 13 <?page no="206"?> 188 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico 14 Materiali di tesi di laurea non pubblicate. 15 Chiara anche la tendenza in Goldoni, nelle Baruffe Chiozzotte, a parodiare un italiano popolare. 7.3 Problematica delimitazione variazionale all’interno dell’italiano parlato Lo scopo che ci prefiggiamo in questo paragrafo è quello di considerare una possibile appartenenza dell’uso del costrutto-eco ad una delle varietà di tipo diastratico dell’italiano. Come abbiamo già accennato in apertura del secondo paragrafo di questo capitolo, una delle difficoltà maggiori che ci si presentano è quella di designare e distinguere con nettezza una varietà dall’altra, e non soltanto per il fatto che gli spazi di sovrapposizione sono numerosi, bensì anche e soprattutto per il fatto che necessitiamo di tratti caratteristici, principalmente morfosintattici, in base ai quali poter descrivere scientificamente le diversità tra esse sussistenti. Ogni varietà va dunque ‘marcata’ da tratti esclusivi e peculiari, esigenza pretenziosa ma altrettanto necessaria per un serio progetto di disegno dello spazio variazionale di ogni lingua storica. 7.3.1 Italiano colloquiale o italiano popolare? Questa prima questione si pone irrimediabilmente per il semplice fatto che gli esempi da noi documentati, le registrazioni di Carmelo dunque e la maggior parte delle altre in nostro possesso, le registrazioni perciò di Rende e Hanel 14 , anch’esse elicitate da registrazioni di parlato spontaneo ‘dal vivo’, mostrano tratti di italiano del tutto informale, in parte dialettale e per lo più di italiano che si definirebbe ‘popolare’ 15 . Inoltre, il parere del tutto spontaneo di informanti, ai quali è stato chiesto se conoscano e usino tale costrutto, è stato discriminativo, cioè relegato ad un uso della lingua non accetto dalla norma, e tipico di forme dialettali e popolari, appunto. Ma quale distinzione vige in realtà tra l’italiano colloquiale e l’italiano popolare? Alfonzetti ci suggerisce in prima linea di considerare la differenza in base alle caratteristiche del tipo di variazione come segue: In linea generale, essa appare chiara dal punto di vista della caratterizzazione esterna, cioè della loro assegnazione ai diversi assi di variazione: il primo è infatti una varietà diafasica, cioè il registro informale dei parlanti colti, identificabile quindi in base a parametri situazionali, mentre il secondo è una varietà diastratica, correlata primariamente a parametri sociali. (Alfonzetti 2002, 15) <?page no="207"?> 189 Problematica delimitazione variazionale 16 Cfr. Alfonzetti 2002, 20ss. E Berruto, giustamente sottolinea: […] sembra difficile da sostenere che l’italiano popolare sia un registro dell’italiano, che per definizione dovrebbe alternare nello stesso parlante con altre varietà a seconda della situazione comunicativa o di circostanze più ampie. (Berruto 1996, 110-11) E così mette in risalto la problematicità di assegnare all’italiano popolare uno status di parità nei confronti delle altre varietà. Un problema dunque che consiste, da un lato, nella determinazione delle varietà dal lato concettuale, considerate perciò nella loro opzionalità, nel loro uso, nella loro posizione nell’architettura della lingua; e dall’altro lato, nella loro caratterizzazione interna, grazie ai così detti tratti demarcativi prettamente morfosintattici. Ed è proprio fra i tratti morfosintattici assegnati di solito alle diverse varietà diatopiche di italiano popolare, che vanno annoverati anche vari tipi di anacoluti, nei quali scorgiamo una chiara corrispondenza dei nostri costrutti in genere 16 e del costrutto-eco in particolare. Come criterio saliente per la caratterizzazione del parlato popolare, mi sembra indovinato quello suggerito da Alfonzetti nel modo seguente: Che cosa un parlante colto non dice mai o quasi mai se non autocorreggendosi, anche nei registri parlati più informali o trascurati? […] La ricerca tenterà di individuare di quali violazioni un parlante colto non si ‘macchierebbe’ mai o quasi mai. (Alfonzetti 2002, 21) Bruni (1996) apre inoltre uno scorcio di tipo diacronico di grande interesse alla problematica dettata dalla realtà dell’italiano popolare, indicando una sottostante tendenza linguistica, che si mostra con, e, in rapporto al concretizzarsi della norma: Considerato sul tempo lungo, e messo in rapporto con i fenomeni riscontrabili nel latino volgare […] il problema dell’italiano popolare può essere posto nei termini di una costante linguistica, certo non immutabile e caratterizzata dal mobile rapporto con la norma, con la codificazione grammaticale: e s’intende che la crisi o almeno l’allentamento della norma lascia affiorare alla superficie quegli esiti linguistici “popolari” che esistono, e ugualmente si riescono a scoprire, nelle fasi di maggior diffusione della norma nella comunità. (Bruni 1996, 212; il corsivo è mio) Si parla dunque di ‘allentamento’, un concetto ripreso inoltre da Alfonzetti (2002, 19) che sottolinea giustamente il fatto che proprio questo “allenta- <?page no="208"?> 190 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico 17 La stessa questione acquista un’ottica prettamente universalistica in Schegloff 1979, 261-286, nella ‘sua’ Syntax for Conversation. 18 Vedi in Mackey 1978, 691-695, l’elaborazione di sei differenze interlinguistiche, sulla base delle quali si può predire il grado di intelligibilità fra due lingue, due idiomi (o due varietà della stessa lingua, aggiungo io). Molto brevemente eccone i punti salienti: «a) Différences dans la langue (ou code) et dans le discours; b) Différence statique et différence dynamique; c) Combinaison et conversion de différences; d) Différence analytique et différence intégrale; e) Différence sémantique et différence formelle; f) Mesure directe et mesure indirecte» (Mackey 1978, 691-694). mento della norma”, sotto forma anche di avvicinamento al parlato, non può, a sua volta, non modificare la descrizione dell’italiano popolare, spostandone, se necessario, i confini con varietà limitrofe del repertorio, quali soprattutto l’italiano colloquiale e anche forse l’italiano dell’uso medio. 7.3.2 Italiano parlato e italiano standard scritto: due differenti grammatiche? Alfonzetti (2002) ci offre inoltre lo spunto per la considerazione del terzo problema accennato all’inizio del secondo paragrafo di questo capitolo: l’eventuale ‘risalita’ di strutture sintattiche in uso nel parlato informale a quello scritto e formale, dal mercato alla retorica per esempio, e l’eventuale ‘ridiscesa’ degli stessi tratti, da un uso formale ad un uso informale, come per esempio dall’uso in retorica-letteratura all’uso nel parlato spontaneo, popolare o dialettale che sia. A questo proposito la questione principale sembra convertire nella domanda, se l’italiano parlato e l’italiano standard scritto, si avvalgano in effetti di due differenti grammatiche e di conseguenza: “Che vuol veramente dire un’altra grammatica? ” (Berruto 1985, 120). 17 La questione è per tanto stabilire quanta diversità sia necessaria per far sì che si debba parlare di due grammatiche separate. Si potrebbero naturalmente sollevare spinosi problemi di accavallamento: da un lato con la problematicità della distanza tra sistemi linguistici 18 e dall’altro con la commensurabilità fra grammatiche di varietà della stessa lingua, di cui abbonda la bibliografia di scuola variazionistica. Berruto (1985, 121) liquida la questione con una affermazione da lui stesso definita “semplicistica” ma funzionale: “perché si parli di un’altra grammatica, occorre una radicale diversità, nel nucleo per così dire e non nei margini” di essa. La derivazione della grammatica di una varietà dalla grammatica di un’altra varietà, nel nostro caso da quella della varietà ‘stan- <?page no="209"?> 191 Problematica delimitazione variazionale 19 Cfr. Mioni 1983. 20 Intendo per tale, non senza voluta circolarità, all’incirca l’italiano descritto nelle grammatiche. 21 Per caratteri considerati come caratteri dell’italiano contemporaneo (Berruto 1985) parlato o colloquiale o dell’uso medio o anche ‘comune’, desidero menzionare a questo proposito anche il lavoro di Durante (1994 [ 1 1981], 268-277), dove quali schemi sintattici che hanno notevole frequenza nel parlato vengono apportati l’imperfetto di cortesia [es: ti volevo dire … (invece di ‘vorrei’)] e l’infinito in funzione tematica (es: cambiare non si cambia) (Durante 1994, 274). dard’, dovrebbe essere dunque “complicata” e “costosa”, e dovrebbe richiedere perciò la riformulazione di interi settori della grammatica o per lo meno di interi blocchi di regole. 19 Un problema riguarda inoltre il confine della nozione di grammatica, e il raggio di fenomeni pertinenti per definirlo. Di che cosa si deve occupare una grammatica? Nonostante infatti le forti tendenze, da Labov alla Textlinguistik, ad allargare sempre più il campo di cui si deve occupare la grammatica, comprendendovi non solo fonologia, morfologia e sintassi, ma anche semantica lessicale e frasale, così come l’organizzazione testuale e discorsiva, le regole di interazione verbale e la pragmatica, io mi atterrò, con Berruto: […] ad una nozione più ristretta, e anche di common sense, di ‘grammatica’, intendendo per tale grosso modo, l’insieme di regole descriventi il funzionamento e la strutturazione dei fatti latu sensu morfosintattici di una lingua […] con qualche escursione su caratteri che interessano più spiccatamente la sintassi superiore e la testualità. (Berruto 1985, 121) Dalla vaga definizione di quelli che sono i limiti e i compiti di una grammatica, già di per sé evidentemente difficile da definire, deriva l’aggravarsi della questione, se l’italiano parlato abbia davvero un’altra grammatica, non riconducibile a quella della lingua italiana standard scritta 20 : ovvero se si tratti di varianti della stessa grammatica di base. Il problema, come abbiamo visto ‘spinoso’, consiste nella distinzione fra standard, non-standard, e sub-standard. Un criterio di comodo è senz’altro il riferimento alla varietà standard come punto di valutazione primario per giudicare differenze e peculiarità del parlato 21 . In tale maniera si possono ascrivere date peculiarità alla sezione non-standard dei fenomeni dell’italiano, all’interno della sua gamma di variazione. Ma la mia tendenza, combaciando con quella di Berruto (1985, 122ss.), è chiaramente più radicale: rinuncerei infatti volentieri all’identificazione preventiva di standard, nel senso di ‘ammesso e codificato dalle grammatiche’, e descriverei e tratterei innanzitutto ‘alla pari’ tutti i dati rilevati, <?page no="210"?> 192 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico 22 ”Alcuni tipi di anacoluto sono infatti legati ai meccanismi della topicalizzazione” (Berruto 1985, 130). “L’effetto anacolutico è dato dal convergere in un’unica costruzione sintattica di due distinte pianificazioni sul proseguire della narrazione attorno al nucleo […]”. (Berruto 1985, 131). La parentela di questi fenomeni è ovvia, da un lato con i meccanismi di topicalizzazione e con l’opposizione di struttura soggetto-predicato vs. topic-comment (vedi Li/ Thompson 1976), dall’altro con fatti riguardanti conflitti e cambiamenti di progettazione del discorso, specie a livello di quella che si suol chiamare ‘micro-pianificazione’. Questi ultimi in quanto tali non saranno però propriamente pertinenti in chiave morfosintattica, seppur ben importanti per la strutturazione del parlato da altri punti di vista (vedi per es., sul tedesco parlato Weiss 1975). negli usi parlati come in quelli scritti, relativizzando pertanto la nozione ‘standard’ e confrontando soltanto in un secondo tempo, per un completo quadro varietistico e sommario, la relazione dei singoli fenomeni linguistici con quelli ritenuti standard normativamente, come criterio di mero paragone. Nel tentativo di delimitare le due presunte grammatiche dell’italiano parlato e dell’italiano standard, Berruto prende proprio in considerazione una serie di costrutti anacolutici e topicalizzanti, affermando che: Per vari costrutti noti rientranti solitamente sotto l’etichetta di topicalizzazione 22 risulta agire il principio di messa in evidenza del centro d’interesse o focus empatico del parlante, attraverso ordini marcati e riprese clitiche, (peraltro nel parlato non obbligatorie) sulla sinistra della frase. Vorrei inoltre segnalare la particolare importanza che pare avere la distinzione fra ‘Centro’ e ‘Periferia’ dell’interesse comunicativo del parlante nel produrre un enunciato; categoria che è in parziale sovrapposizione con le nozioni solitamente impiegate al proposito di Dato/ Nuovo e di Tema/ Rema (Topic/ Comment), ma che non è riducibile ad esse, anzi costituisce a mio vedere una nuova, diversa, dimensione di funzionamento pragmatico del language in use, che va necessariamente invocata per dar bene conto di alcuni fenomeni tra i più caratterizzanti della sintassi del parlato, e che porta ancora una volta al principio della sintassi egocentrica come uno di quelli che ne governano l’organizzazione discorsiva. (Berruto 1985, 130; il corsivo è mio) Questo passaggio, necessario in tutta la sua lunghezza, ci fa tornare con la mente alla già considerata problematicità di suddivisione del costrutto a livello informativo-pragmatico tra ‘Focus e Presupposition’; ma contemporaneamente, con il “principio di sintassi egocentrica”, apre uno scorcio a livello prettamente sintattico, affiancandosi alla nostra tesi di esistenza di una categoria di costrutti-Pivot, quale macrocategoria d’ordine sintatticopragmatico del parlato in generale. Berruto (1985, 132) parla a questo proposito di “contaminazione di costrutti”: termine, ne conviene lui stesso, di per sé molto generico, che viene qui proposto come categoria approssi- <?page no="211"?> 193 Un termine da ridefinire: Pivot 23 Cfr. anche Berruto 1990, 21, dove tra l’altro prende in considerazione il fenomeno di semplificazione e afferma: “[…] la semplificazione non è che uno dei processi che agiscono nel mutamento linguistico e nel rapporto fra lingue e varietà della stessa lingua, e spesso la sua manifestazione è secondaria rispetto a quelle della ristrutturazione e dell’interferenza o trasferenza”. 24 Su ‘fenomeni sintattici di contaminazione e costruzioni a raddoppiamento’ vedi Koch/ Oesterreicher 2001, 596 e Sornicola 1981, 30. 25 A proposito di una sintassi che Berruto definisce “con tutta evidenza una sintassi fortemente segmentata”, Berruto 1985, 133 cita anche i lavori di Spitzer all’inizio degli anni venti, come primi lavori riguardanti ellissi e brachilogie nel parlato. Vedi Beccaria 1996, 119: “Brachilogia: Figura di pensiero per sottrazione di elementi del discorso. È una forma di ellissi, in cui si verifica la soppressione di alcuni costituenti della frase necessari alla comunicazione. Va però considerato che l’omissione riguarda sovente parti che si possono agevolmente integrare alla luce del contesto”. mativa, in attesa di migliori sotto-categorizzazioni e di analisi più fini, delle quali il presente lavoro si vanta, modestamente, di essere un esempio. Con Berruto (1985, 132) ritengo comunque indubbio che la fusione di costrutti 23 o moduli, che non sia “un semplice inciampo dell’esecuzione”, (e come tale in oltre modo renitente per sua stessa natura a tentativi tassonomici e di conseguenza poco o nulla significativo per la morfosintassi), possa raggiungere un certo grado di stabilità e ricorrenza, divenendo un tratto specifico nel e del parlato. 24 Un ulteriore interessante rilevamento di Berruto consiste nel soffermarsi sulla tendenza alla grammaticalizzazione di tali costrutti. Egli enumera tre casi del tutto morfosintattici, che fanno parte di costrutti che possono essere connessi con la ‘problematica dei cambiamenti di progettazione’ o della ‘ridotta gittata della pianificazione’ sulla quale non possiamo soffermarci, senza pensare proprio alla stessa motivazione che sembra stare a monte di funzioni e strategie di correzione, come già veduto nel sesto capitolo. Berruto (1985, 132) cita nella sua lista degli oralismi tali costrutti, perché gli appaiono ormai “abbondantemente grammaticalizzati, e non più semplice frutto casuale di incroci di schemi strutturali”. 25 7.4 Un termine da ridefinire: Pivot Nel corso del presente lavoro abbiamo fatto ricorso più volte all’uso del termine ‘Pivot’ la cui ridefinizione è stata da me rimandata appositamente, con l’intento di lasciar maturare nel lettore una sana intuitiva concezione delle possibili accezioni (o di rinforzo delle proprie), e poter ad esse proporre la mia personale interpretazione, conscia che ogni pre-definizione, riducendo i rischi di critica, influenza però in modo decisivo il lettore, <?page no="212"?> 194 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico 26 Il campione del nostro corpus: Carmelo III., 00: 35: 25 ‘con la macchina ci vuole, quando passi lo stesso giorno, 20 euro ci vuole lo stesso giorno’ è il più anacolutico, bensì A - B sia completa, nonostante sia spezzata da un inciso. creando conclusioni e deduzioni ad hoc: situazione mai auspicabile nel campo della ricerca scientifica. Il principio di sintassi egocentrica in Berruto, al quale abbiamo fatto riferimento più sopra, sembra infatti corrispondere, nella sua basilare concezione, alla procedura d’origine psicolinguistico-sintattica, da noi denominata Pivot, anche se mi sembra molto più consono usare il termine ‘concentrica’, in quanto non una grammatica che pone se stessa al centro di un campo d’interessi, per esempio, (egocentrica), bensì una grammatica che pone l’informazione più saliente al centro del costrutto. Nel quarto capitolo abbiamo già considerato questa categoria pragmatica del Pivot, in un ottica più sintattica, in quanto considerata, sì in relazione al Topic e perciò a livello di informazione frasale, ma in uno scorcio di sintattica aderenza alla frase nucleare, perciò in una veste di grandezza interna al nucleo frasale, d’ordine non soltanto pragmatico. Se teniamo presente la figura di delimitazione delle costruzioni incontrate nel corso del lavoro (figura 2 pag. 36), salterà subito all’attenzione il fatto che la categoria Pivot contenga quasi esclusivamente costruzioni della lingua parlata, della quale abbiamo apportato esempi sia in lingua tedesca che in quella italiana: nel tedesco parlato constatiamo anche parecchi costrutti con A - B incompleta, caratteristica non presente nei corpora di lingua italiana a nostra disposizione 26 . L’esclusiva prerogativa delle costruzioni così denominate Pivot, è dunque quella di essere costrutti della lingua parlata, dei quali si sottolinea, con tale denominazione, il loro “collegamento a principi genuinamente psicolinguistici” (Berruto 1985, 133). Dal carattere egocentrico della “sintassi parlata” (Berruto 1985, 133) sembrano derivare due aspetti costitutivi ed essenziali del parlato, trattati analiticamente da Chafe (1979): la frammentazione e il coinvolgimento (o accentuazione emotiva); il primo, esterno e riferito al prodotto, il secondo, interno e riferito al processo della produzione verbale. “In effetti la frammentazione, o meglio molti casi e tipi di frammentazione, non sono dovuti ad altro che alla verbalizzazione dei soli costituenti ritenuti psichicamente salienti dal parlante, che privilegia totalmente la sua semantica, a scapito della sintassi” (Berruto 1985, 133); una concezione di Pivot dunque, in quanto ‘cardinalità’ non tanto sintattica quanto piuttosto psicolinguisticoperformativa, con riferimento al suddetto “collegamento a principi genui- <?page no="213"?> 195 Tentativo di collocazione del costrutto-eco 27 Per una dettagliata discussione a riguardo vedi Dovicchi-Heintzen 2004, 38ss. namente psicolinguistici” anche in relazione all’”organizzazione della memoria e al flusso del pensiero” (Berruto 1985, 133). Se osserviamo bene la funzione di tali segmenti Pivot, ci accorgiamo che questa macrocategoria, sia di costruzioni del parlato, che di singoli elementi realizzati all’interno della frase, prende forma spesso in quei segnali demarcativi di cui parla Bazzanella (1995, 225-257). 27 Alla lista di caratteri che sono stati trattati come tipici o chiaramente emergenti nel parlato, e più genericamente segnalati come tratti della lingua d’uso, dell’italiano colloquiale o simili (Berruto 1985, 122) anche Berruto annovera Gliederungssignale o demarcativi, tra i quali dice, quale dispositivo d’apertura e chiusura del discorso, d’altissima frequenza d’uso (Berruto 1985, 134). Come vediamo nei seguenti esempi di Carmelo, l’uso di disciamo acquista lo status di apertura e chiusura del tema, dell’enunciato, eventualmente del turno, pur non essendo un vero e proprio demarcativo, spesso desemantizzato nel suo uso. Qui constatiamo una ‘cornice da citazione’ vera e propria: (216) disciamo è normale disciamo [Carmelo I., 00: 53: 20] (217) disciamo campagnolo lo stesso significato disciamo [Carmelo III., 00: 32: 55] 7.5 Tentativo di collocazione del costrutto-eco nella gamma variazionistica dell’italiano contemporaneo Ed eccoci giunti al punto cruciale: a quale/ i varietà linguistica/ he, di tipo diafasico, diastratico, diatopico, possiamo annoverare il costrutto-eco? Il materiale a nostra disposizione, sul quale abbiamo svolto la presente analisi linguistica, è indiscutibilmente eterogeneo per quanto concerne la sua appartenenza a varietà linguistiche diverse. Da un lato abbiamo fatto uso di esempi in lingua tedesca moderna e medioevale, di scritto e di orale, per poter determinare, in ottica tipologica, l’appartenenza del costruttoeco ad una classe di costrutti molto più ampia, e valida a livello universale, quella dei costrutti-Pivot; dall’altro lato, per quanto concerne l’italiano, abbiamo potuto usufruire di documenti di lingua parlata spontanea in dialetto e in italiano, ma anche di lingua scritta, di riproduzione dell’immediatezza dell’orale, attraverso la trascrizione, sia concettuale che mediale, <?page no="214"?> 196 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico 28 Per l’esattezza la commedia Le Baruffe Chiozzotte risale all’anno 1774. in una delle Commedie di Carlo Goldoni, risalente dunque al Settecento 28 . Queste proficue fonti di documenti ci inducono a prendere in considerazione l’eventuale adeguatezza di una suddivisione d’osservazione variazionale: un’ottica di tipo sincronico e un’ottica di tipo diacronico. Considerando l’asse temporale come una linea orizzontale, sulla quale andranno a collocarsi i diversi tipi di documenti nelle loro diverse varietà, si potrà rilevare soltanto una variazione a livello universale, nelle dimensioni di immediatezza e distanza concettuale e di scritto/ orale a livello meramente mediale. Purtroppo non sarà possibile effettuare una vera e propria rilevazione del tipo di varietà nei confronti delle altre varietà linguistiche, copresenti nello spazio varietistico dell’italiano, in quel dato periodo: cioè in uno spacco di tempo posizionato su un’asse verticale, nella sua puntualità; la mancanza di documentazione ‘parallela’ sincronicamente, ne costituisce la causa. 7.5.1 Punto di vista sincronico Tentiamo dunque di posizionare il costrutto-eco nella gamma delle varietà dell’italiano di oggi. Che esso sia un fenomeno sintattico-testuale tipico dell’italiano parlato è fuori di dubbio: resta la questione, in quale varietà di italiano parlato si fa uso, oggi, di tale costrutto. Lo si riscontra nella parlata popolare, dunque di carattere diastratico basso, così come in parlate dialettali o semi dialettali, varietà di tipo diatopico dunque? E, in questo caso, di quali dialetti abbiamo esempi documentabili? Il fatto che tale costrutto sia tipico del parlato, non mostra forse già di per sé una notevole affinità con i dialetti che godono, soltanto eccezionalmente, di trascrizione e di trasposizione allo status mediale grafico? A monte di ciò sta la più profonda questione di come si interseca la variazione parlato/ scritto con la variazione sociale e con quella diafasica, la cui risposta esigerebbe una documentazione assai più ampia di quella della quale disponiamo, anche perché le dimensioni di variazione sono di solito strettamente intersecate. Si può tuttavia esprimere un’opinione, e qui mi unisco al parere di Berruto (1985, 140), il quale afferma che, costruzioni contaminate sintatticamente, simili a quella da noi presa in esame, si deb- <?page no="215"?> 197 Tentativo di collocazione del costrutto-eco 29 Da tener presente comunque la frequenza d’uso delle costruzioni-Pivot in generale, e pertanto anche dei costrutti-eco, non soltanto nel parlato regionale e dialettale italiano, bensì in altre parlate regionali e in dialetti del tedesco, come per esempio in quello della Slesia, sul quale viene svolto uno studio proprio su tali costruzioni all’università dell’Illinois, e nel tedesco-austriaco, di cui abbiamo numerosi esempi in Scheutz 2005. Ciò non stupisce, dato che “non è neanche escluso che certe varietà siano più affini a varietà di altre lingue storiche […]” (Krefeld 2007, 63). 30 Belli, poeta dialettale romanesco; nacque a Roma nel 1791 e vi morì nel 1863. In dialetto trasteverino scrisse 2269 Sonetti, dei quali 2000 tra il 1830 e il 1838. bano ritenere specifiche del parlato in generale, e se alcune volte una tale costruzione sembra apparire più sovente nel parlato popolare, sarà per la minore distanza che quest’ultimo presenta rispetto al parlato comune. Inoltre abbiamo potuto constatare, dai nostri materiali, che tali costruzioni possono comparire anche nello scritto, nella misura in cui testi scritti riportino, riproducano o si ispirino direttamente al parlato conversazionale, come in Goldoni e nelle lettere dei prigionieri della Grande Guerra, considerate da Spitzer. Anche testi di origine dialettale, come i sonetti di Belli per esempio, fanno uso di tali costruzioni, sfruttandone appieno le caratteristiche d’ordine ritmico e il parallelismo fonologico della ripresa periferica; ma per poter dire con certezza se il costrutto-eco sia un fenomeno prettamente dialettale, e in quali dialetti venga usato con discreta regolarità, avremmo bisogno di un corpus molto più ampio. Possiamo comunque affermare che, dati gli esempi in nostro possesso, il costrutto-eco, rivelando indiscutibilmente una ‘contaminazione di costrutti’ e perciò caratteristiche quasi esclusive della lingua parlata, si presta molto bene ad essere usato in parlate dialettali: varietà con vistosa tendenza alla realizzazione esclusivamente fonica. Per quanto riguarda la dimensione diatopica 29 , vorrei apportare un’ulteriore riflessione: nonostante sia certa la realizzazione di tale costrutto nel dialetto veneto (Goldoni) e in quello romanesco (Belli) 30 , e probabilmente anche in altre parlate regionali, mi sembra fuori di dubbio il fatto che esso venga realizzato con maggiore frequenza nel dialetto estremomeridionale, calabrese e siciliano. Sostengo questa tesi in base alla prerogativa sintattica del siciliano, documentata in Rossitto (1976, 174), di anteporre spesso il complemento oggetto al verbo reggente: Molto spesso, analogamente a quanto avviene nel dialetto, nell’italiano di Sicilia non solo il soggetto ma anche il nome del predicato è anteposto al verbo essere, il quale viene così a trovarsi in posizione finale della frase: Già sposata sei? La tua tesi finita è? <?page no="216"?> 198 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico 31 È comprensibile che tali esempi non siano presenti nel mio corpus, per il semplice fatto che la situazione discorsiva con Carmelo non dava motivo a tali illocuzioni da parte sua nei miei confronti. Anche il complemento oggetto viene spesso anteposto al verbo che lo regge: Carriera hai fatto? Un sacco ne ha prese! Come si vede si tratta di un uso sintattico che si manifesta soprattutto in proposizioni interrogative dirette o esclamative. (Rossitto 1976, 174) Inoltre Rossitto (1976) ci conferma quanto corrisponda alla realtà linguistica la dichiarazione di Carmelo, il nostro principale informante, che i costrutti-eco si realizzano anche in proposizioni interrogative ed esclamative. 31 Del resto sul verbo in posizione finale, con riferimento al principio indogermanico e latino, già Rohlfs (1954, 208-209) scrisse: Nur in Sizilien scheint sich das alte Stellungsprinzip in gewissen Fällen bis heute erhalten zu haben. […]’ veru è? […] a frevi aju […] malatu sugnu […]. Aus Noto cuntintari m’hai […] aus Baucina (prov. Palermo) finiri aju, cantari avemu […]. (Rohlfs 1954, 208-209) Non possiamo tralasciare però di considerare la variazione di tipo diafasico: abbiamo a che fare davvero con l’italiano popolare, con un italiano trascurato, con un ‘errore’ che un parlante colto non farebbe mai senza ‘tornare sui suoi passi’ e correggersi, per usare il criterio suggerito adeguatamente da Alfonzetti (2002)? Senz’altro no: l’annotazione a mano di un caso di costrutto-eco ascoltato di persona nel discorso ufficiale televisivo della moglie del Presidente della Repubblica Italiana, la Signora Napolitano, non può esserne certo un’inconfutabile prova, bensì un indizio da non sottovalutare. Se la Retorica Antica rilevò con attenzione e particolareggiata precisione, se pur a livello globale, tale costrutto, ci è lecito ritenere che esso venisse impiegato in discorsi di una certa ufficialità e formalità e che non fosse da relegare tra veri e propri ‘errori’, tipici di un parlato trascurato o da incolti. Un’osservazione va ancora fatta per quanto riguarda la frequenza dell’uso di un simile costrutto da parte di un unico parlante. Nel caso di Carmelo abbiamo in effetti constatato un’altissima frequenza d’uso di costrutti-eco, e pur non volendoci minimamente addentrare in considerazioni che potrebbero sfociare nella psicolinguistica, e ciò non sarebbe di nostra competenza, pensiamo di poter affermare che, l’uso eccessivo di un <?page no="217"?> 199 Tentativo di collocazione del costrutto-eco 32 Goldoni 1993, 69. costrutto tipico del parlato spontaneo, fa detrarre conseguenze sulla gamma, forse davvero limitata, di strategie funzionali che si hanno a disposizione. Ciò non deve ma può essere indizio di povertà di strumenti linguistici, di inopia dunque, con il conseguente (e forse erroneo) presumerne l’appartenenza ad una varietà diastratica bassa, di italiano popolare o per lo meno trascurato. Nell’osservazione dello spazio varietistico dell’italiano di oggi, possiamo dunque affermare che il costrutto-eco, essendo un costrutto che rivela indiscutibili caratteristiche tipiche e direi esclusive, dell’italiano parlato, anzi del parlato in generale, andrebbe posizionato in ogni tipo di varietà che si presti ad essere realizzata anche oralmente. L’interessante è appunto come, in questo caso, la gamma di varietà esistenti tra formale/ informale, popolare/ aulico, dialetto/ lingua standard, ecc… non giuochino alcun ruolo rilevante: sembra, per la precisione, che siano i due poli opposti, quello dell’immediatezza e quello della distanza discorsiva, i due privilegiati estremi di maggior uso del costrutto. Il costrutto-eco può in effetti essere usato in ogni tipo di discorso e non sembra stigmatizzare il parlante quale incolto. 7.5.2 Punto di vista diacronico La prospettiva diacronica qui impostata è giustificata dal fatto che la continuità d’uso di tale costruzione, la sua tradizione orale, dalla retorica antica fino ad oggi, non sia probabilmente mai stata interrotta. In effetti, proprio di quella destrezza mimetica data da una vasta competenza di varietà linguistiche, fa uso Goldoni nella sua commedia Le Baruffe Chiozzotte. Egli sceglie un tale costrutto, come quello eco, per caratterizzare un linguaggio da lui definito ‘popolare’ (stigmatizzando inoltre chi ne fa uso come membro del ‘popolo-basso’, per usare le parole di Goldoni stesso 32 ), con una costruzione ritmico-sintattica estremamente adatta alla realizzazione di un genere letterario come quello della commedia. Il fondo del linguaggio di quella città è Veneziano; ma la gente bassa principalmente ha de’ termini particolari, ed una maniera di pronunziare assai differente. […] Ma io non intendo qui voler dare una grammatica Chiozzotta: accenno qualche cosa della differenza che passa fra questa pronunzia e la Veneziana, <?page no="218"?> 200 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico 33 Vedi Beccaria 2006, 354. perché ciò ha formato nella rappresentazione una parte di quel giocoso che ha fatto piacer moltissimo la Commedia. (“L’autore a chi legge” in: Le Baruffe Chiozzotte [1762], Goldoni 1993, 74) Per quanto riguarda i dialetti dunque, si potrebbe obiettare che il corpus fornitoci da Goldoni con le numerosissime occorrenze di costrutto-eco nelle ‘Baruffe’, dimostrerebbe che una enorme frequenza d’uso sia da registrare anche nel Veneto, o per lo meno a Chioggia. Ma questa tesi non sembra sostenibile: innanzitutto per il fatto che Goldoni ha voluto operare una ‘stereotipizzazione’ del dialetto di Chioggia - dato che il Chioggiotto è per Goldoni un dialetto del Veneziano - attraverso un costrutto ritmico adeguato alla recitazione sul palcoscenico, come Totò del resto 33 , ed inoltre perché a detta di una informante chioggiotta, che non conosceva per nulla tale costrutto, se esso viene usato, ciò avviene a Venezia e sporadicamente. Infatti osserva Hecker: Aber gerade das ‘Chioggiotto’ der Baruffe, das ja nicht für die Bewohner von Chioggia, sondern für das venezianische Publikum bestimmt war, ist keine “imitazione esatta” des wirklichen Dialekts, sondern nur eine (allerdings sehr geglückte) ‘parlata’ d’invenzione, potremmo definir(la) intuitiva”. (Hecker 1985, 404) Noto soltanto brevemente che Goldoni parla anche di ‘cantilena’, così come si definisce l’andamento dell’intonazione in genovese e in altri dialetti particolarmente ‘musicali’: egli riconosce dunque anche la rilevanza del fattore fonologico-intonativo e ne fa un perfetto uso mimetico. Nel seguente passo ne sottolinea invece la sintassi, come segue: L’orditura sintattica del parlato popolare delle Baruffe sfrutta più ampiamente gli estremi di connotazione del parlato popolare veneziano in genere delle commedie goldoniane, insistendo sulle figure che, complessivamente, potremmo definire di ripetizione, [e] particolarmente sulla cosiddetta iterazione a “cornice” (stilema “affettivo”, caratterizzante, secondo Spitzer, la prosa del Verga dei Malavoglia e di Mastro Don Gesualdo), una ripetizione in posizione finale del verbo iniziale o del primo elemento della proposizione (x…x): Le pare, co buò respetto, lengue de manzo, le pare; o addirittura allungata a un intero enunciato: No me voggio cavare gnente, no me voggio cavare […]. (Introduzione di G. Strehler in Goldoni 1993, 68-69) <?page no="219"?> 201 Tentativo di collocazione del costrutto-eco 34 Rimando ad una corrispondenza elettronica con il Prof. Albano Leoni dell’Università di Napoli, il quale “citava a braccio”, per usare le sue stesse parole, il costrutto-eco nella forma di “Facemo bucia, Pippo mio facemo” in un Sonetto del Belli (naturalmente senza coordinate e per questo, data la vastissima quantità di sonetti, restatomi fino ad oggi introvabile). Osserviamo un esempio tratto dalla commedia: (218) m’ho da maridare mi, m’ho da maridare [Goldoni Atto I., n. 1, pag.81] al quale Goldoni aggiunge il commento: “Questa ripetizione viziosa è comune al popolo basso”(Goldoni 1993, 81). Qui è evidente che si tratta di una combinazione di costrutto-eco, m’ho da maridare mi, e cioè di una ‘costruzione a cornice’, più una semplice ripetizione, m’ho da maridare, mostrando quanto Goldoni abbia saputo differenziare e sfruttare appieno, in piena coscienza linguistica, le risorse sintattiche e fonologiche, in un gioco di ritmi e cantilene, ideale a raggiungere gli scopi che si prefigge un commediografo: Come, dunque, l’iterazione “a cornice” si mostra, nella singola battuta, quale unità base della caratterizzazione popolare del linguaggio, così figure di ripetizione più complesse, tra battuta e battuta, strutturano una vera e propria funzione ritmico-espressiva del parlato […]. (Introduzione di G. Strehler in Goldoni 1993, 69; il corsivo è mio) Tale risorsa linguistica, caratterizzante l’alto livello d’istruzione di Goldoni, perciò la funzione metalinguistica del costrutto-eco, viene confermata da Beccaria riguardo al romanesco: Con la lingua giocano i comici. Totò l’ha fatto in modo mirabile. Nei suoi film si possono cogliere le figure retoriche più complicate. Totò sfruttava in modo esilarante gli elementi distintivi del parlato. Tipico l’effetto eco, che si riscontra a volte in lingua o nei dialetti quando uno stesso enunciato viene concluso con la ripetizione della sua parte iniziale, spesso spezzata, un fenomeno ancora corrente nel romanesco; lo si chiama “foderamento” o “frase foderata” oppure “frase a eco”, rom. “si t’acchiappo, sitta”, che Totò riprende in “mi ci costringi mici”, “il babbo non si frega non si”. (Beccaria 2006, 354) E questo ci riporta ai Sonetti del Belli, dove, a detta di Albano Leoni 34 il costrutto-eco venne più volte impiegato. Come già sottolineato più sopra, un’osservazione variazionale in dimensione cronologica è di per sé impossibile, per questo ci soffermiamo, con uno sguardo al passato, nel periodo del Settecento con Goldoni, ad un’osservazione di tipo sincronico, all’interno della realtà linguisticovariazionale veneta, nel periodo contemporaneo a Goldoni. <?page no="220"?> 202 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico 35 Infatti come ben esprime egli stesso, non va dimenticato che “ [a riguardo di] nozioni elementari […] Il caso particolare di ‘lingua’, a priori non sembra essere uno dei più Sulle differenze tra linguaggio popolare e/ o aulico, tra chioggiotto e veneziano, con riferimento al linguaggio di Isidoro “in contrappunto col dialetto popolano” leggiamo: Nelle Baruffe […] ci troviamo di fronte a un dialetto, sia pure un dialetto “alto” che spesso sconfina nell’italiano. Il motivo è presto detto. […] La Repubblica Veneta considerava, per certi rispetti, il suo dialetto come una vera e propria lingua nazionale. E l’uso del veneziano aulico, intessuto di italianismi e latinismi, era ancora solidamente radicato nella pratica del foro veneto, talora anche come lingua scritta, oltre che orale. (Scarpa 1982, 145-146) In una accurata ricerca di costrutti-eco, nelle battute di Isidoro, constatiamo infatti una totale mancanza di tali costruzioni, nella durata di tutta la commedia. Goldoni opera dunque con indubbia determinazione, attraverso l’uso di tale costrutto, una differenziazione sociale, facendone un uso distintivo, per non dire discriminativo, a livello sociale, come fosse un caratteristico tratto linguistico di una varietà diafasica bassa. Naturalmente, va tenuto ben presente il significato che avevano per Goldoni certi termini linguistici, come ‘linguaggio’ o ‘dialetto’: La parola “linguaggio”, coi suoi sinonimi, indica sempre in Goldoni la parlata, il discorrere naturale e vivo, la lingua come spontaneità: una realtà topografica, psicologica e sociale prima che storica, o storica solo in quanto patrimonio vivente, ma sempre fuori della tradizione letteraria. (Folena 1983, 92) Così come: Perciò il termine “dialetto” nell’accezione usuale è inadeguato a esprimere l’esperienza linguistica veneziana del Goldoni: noi siamo abituati a concepire storicamente il dialetto in opposizione qualitativa alla lingua; mentre il Goldoni è del tutto estraneo al rapporto dialettico fra lingua letteraria e dialetto. Il dialetto non è per lui, se non residualmente, termine deformante di confronto, e la lingua è in posizione complementare al dialetto, come realtà media contigua e solo quantitativamente più estesa e intelligibile. (Folena 1983, 93) A riguardo scrive Krefeld (2005): […] denn Goldoni handhabt das Venezianische durchaus nicht im Bewusstsein des Dialektsprechers oder -dichters, der sich damit begnügt, eine mehr oder weniger kleine kommunikative Nische zu besetzen, sondern er schreibt in der Überzeugung, sich einer autonomen Sprache, nicht einer relationalen Varietät 35 zu bedienen. (Krefeld 2005, 155) <?page no="221"?> 203 Ha dunque l’italiano parlato una propria grammatica? complicati: una ‘lingua’ è un’unità classificatoria autonoma al contrario di ‘dialetto’ che è invece un’unità relazionale e sottoposta. Qualsiasi dialetto si concepisce in rapporto a qualche lingua” (Krefeld 2004, 19). Come esprime Eufe (2006), vi si può riconoscere un tentativo, una Anstrengung, nell’avvicinarsi il più possibile al popolo, anche e soprattutto mediante un linguaggio appropriato alle loro abitudini espressive: Um den Zuschauern ein positives Theatererlebnis zu verschaffen, bemüht sich Goldoni um eine getreue Schilderung der Figuren, damit deren erheiternde Wiedererkennung allen möglich sei. (Eufe 2006, 122) Ma nonostante ciò, le espressioni da lui adottate, tipiche o meno di una determinata varietà diatopica o diastratica che sia, sono sempre frutto di una scelta dettata a riprodurre un linguaggio caricaturale e mimetico. 7.6 Ha dunque l’italiano parlato una propria grammatica? Più sopra, in questo capitolo, ci siamo posti la domanda: “Ha l’italiano parlato una propria grammatica, sensibilmente diversa dalla grammatica tout court” (Berruto 1985, 144)? È lecito porsi questo quesito in relazione al costrutto-eco, proprio per il fatto che l’analisi fin qui svolta, e soprattutto quella sulla variazione, ci ha dimostrato che il costrutto-eco trova applicazione, si può dire esclusivamente, nel parlato: sia esso caratterizzato da immediatezza concettuale o informalità come il parlato spontaneo, più o meno popolare, regionale, dialettale o standard, più o meno pianificato, sia esso caratterizzato concettualmente da distanza comunicativa o formalità, come nell’ applicazione in retorica, dove la pianificazione è totale, dove l’uso della lingua nelle sue costruzioni e strutture potrebbe essere definito aulico. Pertanto, fenomeno linguistico che, se si trova nello scritto, è soltanto con funzione mimetica di lingua parlata; un fenomeno dunque esemplare, per porsi la domanda se davvero esista una grammatica ‘diversa’ da quella normativa e valida soltanto per la lingua scritta. Sulla base della nostra analisi a livello sintattico, si può ben affermare che le regole di distribuzione delle due singole frasi che compongono il costrutto-eco, non sono intrinsecamente differenti né radicalmente autonome rispetto a quelle di un costrutto standard della lingua scritta. Esse si pongono all’interno del quadro di riferimento disegnato dalle regole di topologia degli elementi all’interno della frase di tipo normativo, aumen- <?page no="222"?> 204 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico 36 Vedi Mair/ Sallager 1979. 37 Vedi Oesterreicher 1997. tando però la libertà d’iniziativa di chi parla rispetto a chi scrive: la possibilità di ‘combinazione’ di due differenti strutture sintattiche. Si tratta in altri termini […] di regole più allentate e rilassate, e più estese; il parlato allarga le possibilità offerte dal sistema grammaticale, pur restando entro i limiti imposti delle linee fondamentali secondo cui si definiscono i parametri che caratterizzano un determinato sistema linguistico, nel caso l’italiano. Certamente poi non sono regole ‘primitive’, come certi potrebbero presumere, rispetto all’alta elaborazione del cosiddetto sistema ‘noetico’ 36 […]. Inoltre, come c’era da aspettarsi, la gran parte dei tratti della morfosintassi del parlato discendono da quelli che sono veri e propri caratteri universali del parlare, della produzione orale, e sono perciò del tutto analoghi ai tratti dell’ordre oral di altre lingue. (Berruto 1985, 145; il corsivo è mio) Ecco infatti l’estensione alla quale mi riferivo con il termine ‘combinazione’ e la continua relazione a regole universali, vigenti in ogni grammatica del parlato di ogni lingua 37 . In accordo a Berruto (1985) ritengo proprio in questo caso necessario sottolineare piuttosto la derivazione dello scritto dal parlato e di conseguenza di riconoscere in ogni grammatica una trascrittura di ordine descrittivo e spesso anche prescrittivo, postuma ai fenomeni linguistici. È forse meglio affermare che lo scritto standard ‘deriva’ dal parlato, ponendo restrizioni, irrigidendo e complicando, integrando […] una grammatica più ampia, agile e maneggevole; e la cosa è molto probabilmente documentabile in diacronia. (Berruto 1985, 145; il corsivo è mio) Di conseguenza all’irrigidimento e alla complessità dello scritto, dovremmo constatare allora un allentamento ed una semplificazione in tale costrutto; ciò sarebbe però difficile da dimostrare, data la complessità della regola sintattico-fonologico-pragmatica, che si dovrebbe formulare per la sua realizzazione. 7.7 Un caso di ristandardizzazione? Per tirare brevemente le fila possiamo sostenere che, il costrutto-eco sia una strategia funzionale impiegata nel parlato spontaneo e non pianificato, adottata probabilmente con più alta frequenza da parlanti con grado di istruzione discretamente basso; oppure invece, con mirato impiego, in <?page no="223"?> 205 Un caso di ristandardizzazione? 38 Vedi Alfonzetti 2002, 18. 39 Vedi Alfonzetti 2002, 19 e Bruni 1996, 212, già citato supra, riguardo all’italiano popolare. situazioni di massima formalità, con grande pianificazione, e con funzione metalinguistica di tipo retorico, da parlanti di alto grado culturale. Questi due estremi a livello di varietà diafasica indiziano a prendere in considerazione una possibile adeguatezza di esplicazione del fenomeno, con un parallelo a quello della ristandardizzazione. Mentre Berruto (1996, 114-115), come già visto a riguardo della variazione diacronica, parla di una “evidente” rigrammaticalizzazione, Berretta (1988, 762-774) a sua volta parla di una presumibile “ristandardizzazione” 38 e, fra l’altro, della più fondata ipotesi che invece di “semplificazione” del parlato, l’italiano popolare sia un caso di riprese di fenomeni dall’italiano antico e panromanzo. 39 Per poter parlare di variazione diacronica dovremmo dimostrare che, mentre in tempi antichi il costrutto-eco era una costruzione retoricamente e diciamo pure ‘grammaticalmente’ riconosciuta, degna di uno status addirittura prestigioso per via del secolare riconoscimento in retorica, dunque ‘normativizzata’, ai tempi odierni essa sia relegata ad usi subcategorizzati ai costrutti-Pivot, alle volte pseudo-anacolutici, rientranti in una nicchia della sintassi, che lotta per essere riconosciuta, studiata, considerata, messa alla stessa stregua della sintassi dello scritto: la vera ed unica sintassi, a parere di molti. Partendo un po’ più ‘a monte’ e considerando con Koch/ Oesterreicher (2001, 591) l’eventualità di un changement de marques variationnelles, per quanto riguarda il passaggio da “immédiat” a “distance” vediamo nuovamente sottolineato quanto esso sia frequente, come per esempio nel caso della forma verbale amavo, al posto di amava, tipica del toscano parlato, che, soprattutto sotto l’influsso del Manzoni, penetra definitivamente nella norma prescrittiva (Koch/ Oesterreicher 2001, 591): uno spostamento dunque, dal parlato allo scritto. Ma come ben sappiamo i cambiamenti di marca variazionale non consistono soltanto in processi unidirezionali ed è proprio nel corso della riorganizzazione del dominio della lingua parlata, della ristandardizzazione, che si osserva il passaggio di numerosi tratti linguistici dal dominio riservato alla distanza, a quello riservato all’immediatezza, come potrebbe essere nel caso del costrutto-eco; in uso dapprima, prevalentemente, nel dominio della formalità, della retorica, del monologo ed oggi soprattutto in uso nelle forme più informali, pseudodialettali, dialogiche. <?page no="224"?> 206 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico 40 Non dimentichiamo il criterio suggerito da Alfonzetti, interessante per la sua pregnanza, per contraddistinguere la varietà di italiano popolare: “Che cosa un parlante colto non dice mai o quasi mai se non autocorreggendosi, anche nei registri parlati più informali e trascurati? ”; cioè verificare “di quali violazioni un parlante colto non si macchierebbe mai o quasi mai” (Alfonzetti 2002, 21). Il costrutto-eco potrebbe essere una ‘cartina al tornasole’? Anche il fatto che possa esserci una certa interruzione di continuità nel riconoscimento di queste costruzioni come normativamente accettate (impressione che deriva oggi dal giudizio negativo e discriminante della maggior parte degli informanti riguardo al suo uso, come facente parte di una varietà diastratica bassa), non stupirebbe più di tanto; certi cambiamenti innovativi infatti, non vengono sempre accettati dalle norme che si susseguono nel tempo, come nel caso del latino pre-classico, che riconosceva prescrittivi tratti linguistici che il latino classico rifiutò e che poi ricomparvero nel latino volgare: innovazioni dunque adottate in un latino tardo, ma rifiutate dal conservatorismo classico, per portare un esempio di Koch/ Oesterreicher (2001, 591). Tale riflessione ci viene suggerita dal fatto che l’uso del verbo-eco quale strategia dell’immediatezza comunicativa, come sempre caratterizzata da una situazione dialogica in senso lato, si contrapponga ad un uso altrettanto funzionale e strategico in una distanza comunicativa, quella retorica appunto, che tende per contro ad una attitudine essenzialmente monologica, anche in presenza di un potenziale interlocutore (Koch/ Oesterreicher 2001, 592), come nel caso del discorso della moglie del Presidente della Repubblica, alla televisione. Va tenuto dunque conto del “processo di ristandardizzazione e rinormativizzazione dell’italiano e l’avvicinamento tra scritto e parlato che esso comporta” (Alfonzetti 2002, 19). Il costrutto-Pivot non si può certo annoverare fra l’insieme dei tratti che possono ritenersi esclusivi e quindi dotati di un forte potere diagnostico per la caratterizzazione di una specifica varietà di tipo diastratico, e per farlo sarebbe naturalmente necessario un confronto fra corpora ampi e rappresentativi di parlato, prodotti da parlanti con alto e basso grado di istruzione, in situazioni formali ed informali, dialogiche e monologiche: “unico modo per convalidare l’effettivo potere caratterizzante dei tratti che dovrebbero costituire/ contrassegnare” (Berruto 1996, 116) una varietà diastraticamente bassa di italiano parlato nei confronti del parlato colto. 40 Possiamo però osare un’interpretazione di esso, quale tratto annoverabile fra quelli che, nello scorrere del tempo, abbiano subìto un processo tale, da motivare una ristandardizzazione. <?page no="225"?> 207 Un caso di ristandardizzazione? 41 Cfr. Sornicola 1981, 64-65, in riferimento alla relativa e al che polivalente. 42 Non dimentichiamo che: “merita attenzione un aspetto del rapporto tra lingua della poesia e lingua comune; il costante influsso esercitato dalla prima sulla seconda, influsso comparabile per intensità a quello del latino, e durato, come quello del latino, fino a oggi” (Castellani 2000, 463). 43 N.B. la differenza tra i due processi di scritturalizzazione e graficazione: “Diese tiefgreifende und umfassende Umgestaltung (la Verschriftlichung) ist von der rein medialen ‘Verschriftung’ zu unterscheiden” (Krefeld 2007, 81; la parentesi è mia). 7.7.1 Dinamismo nelle tradizioni discorsive L’analisi diacronica del parlato, riportando la situazione attuale sull’asse temporale, consente di inquadrare la struttura non-standard dei costruttieco come l’ “intervallo di un andamento” 41 (Sornicola 1981, 64-65). Si tratterebbe cioè di uno di quei fenomeni che “presentano singolari convergenze transdialettali (querliegende Phänomene), fra livelli di italiano parlato, italiano popolare e livelli letterari, fra stadi attuali di lingua e stadi arcaici” (Sornicola 1981, 64-65; la parentesi è mia). Nel caso del nostro fenomeno, il background storico degli usi moderni è stato riconosciuto da tempo e ciò ha consentito di effettuare la saldatura fra certi usi irregolari di costruzioni-Pivot, il costrutto-apo koinou o il costrutto-eco della retorica classica e il costrutto-eco del parlato odierno 42 . Teniamo presente che le tradizioni discorsive non sono caratterizzate soltanto dal loro profilo concezionale, bensì anche dal loro profilo mediale, il quale in linea di massima è indipendente dal loro profilo concezionale (Koch/ Oesterreicher 2001, 602). Naturalmente un cambiamento mediale ad hoc, la lettura ad alta voce di un discorso grafico o la trascrizione di un discorso fonico, restano “sporadiche trasposizioni di codici” (transcodage) 43 e questo tipo di cambio non implica un cambiamento essenziale di una trascrizione discorsiva data. D’altro lato però, non appena il cambiamento mediale si istituzionalizza, si forma una tradizione discorsiva nuova: indiscutibilmente i processi di cambiamento concezionale e mediale rappresentano una risorsa essenziale del dinamismo caratteristico delle tradizioni discorsive (Koch/ Oesterreicher 2001, 602). Si potrebbe parlare dunque non tanto di ‘punto di vista diacronico’, bensì di ‘rilevanza di aspetti diacronici’ che inducono a notare una volta di più, la variabilità e il dinamismo delle tradizioni discorsive. Proprio sull’esempio del costrutto-eco infatti constatiamo un fenomeno che, nella Retorica Classica fu considerato una costruzione del tutto adatta a monologhi ad alto grado di pianificazione, del tutto formali, condotti esclusiva- <?page no="226"?> 208 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico 44 Costrutti sintattici nei quali la concordanza non segue il soggetto letterale, o meglio grammaticale, bensì il soggetto logico. Si ha ad esempio un verbo plurale in dipendenza di un soggetto singolare. Es: “Gran parte degli spettatori se ne andarono prima della fine” (Ceppellini 1999, 491). 45 Altri fenomeni in Patota 1990 e Palermo 1997. mente da parlanti colti, dunque d’alto livello diastratico, in forma mediale fonica, ma concettualmente di ‘distanza comunicativa’, e dall’altro lato, un costrutto in uso oggi quasi esclusivamente nel parlato informale e spontaneo, certamente familiare, spesso poco curato, forse addirittura indice di scarsa istruzione dell’emittente, per lo meno se usato con alta frequenza. Nel nostro caso, sembra dunque trattarsi di un fenomeno appartenente ad un insieme di fenomeni già conosciuti in italiano, non necessariamente marcati diatopicamente, ma per tendenza naturale, ad esso molto vicini. Tali fenomeni, presenti fino ad oggi nel dominio dell’immediatezza, fin da molto tempo prima della standardizzazione, mostrano, con il dominio della distanza, un rapporto da sempre problematico: si tratta dei fenomeni di dislocazione, del ‘che polivalente’ al posto del relativo declinato, delle constructiones ad sensum, 44 di costruzioni ipotetiche del tipo se lo sapevo non venivo, dell’uso di lui/ lei/ loro nella funzione di soggetto, e del tipo averci. D’Achille (1990), in uno studio longitudinale su di un corpus suddiviso in tre gruppi, secondo il criterio della maggiore o minore vicinanza al parlato o allo scritto, secondo perciò un parametro di immediatezza/ distanza discorsiva, ha analizzato i fenomeni in cinque trance temporali: cinque periodi fra il 960 e il 1783. Nei primi secoli la frequenza di tali fenomeni aumenta in tutte e tre i gruppi (vicino al parlato - medio - vicino allo scritto) in maniera pressoché uguale, il che mostra la compatibilità di tali fenomeni con il dominio della distanza, della formalità concettuale. Dal periodo poi della grammaticalizzazione normativa, istituzionalizzata nel Sedicesimo Secolo (1525 Grammatica Bembo), la frequenza dei suddetti fenomeni, diminuisce vistosamente per quanto riguarda l’uso della distanza, cosa che non si verifica per nulla negli altri due gruppi. 45 Premessa e concessa la pertinenza del costrutto-eco alla sintassi vera e propria (cioè premessa l’appartenenza di tale fenomeno, nonostante la sua transfrasticità, al dominio della grammatica, nella sua ingenua accezione di ‘insieme di regole che determinano la buona formazione di frasi’, piuttosto che a quello della linguistica testuale), potremmo proporre la seguente interpretazione: così come i fenomeni sopra elencati, oggi appartenenti al repertorio dell’italiano dell’uso medio o del neostandard, anche il costrutto-eco da noi studiato sembra incorporare un caso di ‘verpaßte <?page no="227"?> 209 Sommario Chance’ di ristandardizzazione, soprattutto se si intende la Retorica non soltanto una tradizione discorsiva, bensì anche uno strumento di ‘normativizzazione’ sintattica. 7.8 Sommario Avvalendoci di un corpus di registrazioni dal vivo, ci siamo trovati a dover fare i conti con una serie di problematiche intrinseche alla sua disposizione sull’asse di variazione diafasica: innanzitutto la questione dell’appartenenza dell’uso del costrutto-eco all’italiano colloquiale o all’italiano popolare, in considerazione dei criteri che possono venir stabiliti come validi per una delimitazione scientifica delle due varietà: ne deriva inevitabilmente la questione se, alla base dell’italiano parlato e dell’italiano standard scritto, vigano due grammatiche sostanzialmente differenti fra loro. Inoltre, ci si è voluti soffermare su un termine già ricorrente nel corso di questo lavoro, di per sé vago, per l’infinitesimale uso che ne viene fatto in linguistica: Pivot. Nel paragrafo 7.5 è stato proposto poi un collocamento del costruttoeco all’interno dello spazio delle varietà dell’italiano, in considerazione delle problematiche precedentemente discusse, in una doppia ottica: quella sincronica e quella diacronica. In quest’ultima ottica più che una vera e propria collocazione di tipo variazionale, abbiamo rilevato degli aspetti diacronici, consapevoli che sarebbe inconcepibile una comparazione a livello variazionale su un asse che non sia di per sé sincronico; non usufruiamo infatti di un quadro completo dello spazio variazionale in sincronia di un determinato momento del passato, data la mancanza di una varietà scelta come costante termine relazionale, come criterio comparativo, come variabile fissa, per determinare di conseguenza la variante in atto. Dal punto di vista sincronico abbiamo problematicizzato un tentativo di collocamento all’interno di ogni tipo di varietà: diafasica, diastratica e diatopica, considerando a priori la dimensione della distanza e della immediatezza comunicativa, precedentemente considerate. Nella proposta di posizionamento viene sottolineata ripetutamente la difficoltà di inserimento, per una tale contaminazione di costrutti, all’interno della dimensione diastratica: abbiamo a che fare con l’italiano popolare o con il neostandard? In considerazione infine del dinamismo delle tradizioni discorsive, proponiamo di riconoscere nel costrutto-eco un caso di auspicabile ristan- <?page no="228"?> 210 Collocazione del costrutto-eco sul continuum varietistico dardizzazione, per il fatto che tale costruzione, ricca nei tempi antichi di un indiscutibile prestigio, conferitole dalla descrizione, se pur tassonomica e in ottica discorsivo-testuale, della retorica classica (e usata nel corso dei secoli a caratterizzare tradizioni discorsive mimesiche del parlato ma di realizzazione mediale scritta), nel suo uso odierno, caratterizzato da cantilene dialettali e da un’enorme funzionalità discorsiva di tipo testuale e conversazionale, possa essere annoverata tra i fenomeni dell’italiano neostandard, per i quali una disconosciuta appartenenza alla grammatica normativa può soltanto essere interpretata come una perduta possibilità di ristandardizzazione. <?page no="229"?> Conclusioni Dal lavoro ivi svolto, consegue una mia personale presa di posizione nei riguardi di questo costrutto, da me denominato ‘eco’ grazie alla sua percettiva caratteristica di ‘cantilena ecocizzante’: si tratta innanzitutto di un costrutto, il cui status va situato alla pari dei costrutti di dislocazione e di anteposizione, dunque strategie sintattiche da annoverare tra i fenomeni sintattici marcati della lingua italiana, che hanno la prerogativa di focalizzare (e di conseguenza anche di topicalizzare) parte dell’informazione, arricchendola di maggiore prominenza informativa. Il costrutto-eco è composto da tre parti, racchiuse in un tutt’uno in maniera prosodica: esso viene infatti percepito olisticamente grazie all’uniformità della curva intonativa che gli si sovrappone. Io sostengo che questa costruzione vada ad aggiungersi, come strategia alternativa, alla costruzione dell’anteposizione. Cinque (1977) sostiene a ragion veduta che la frase del tipo ‘La mela ho mangiato’ (una dislocazione a sinistra senza ripresa clitica) sia accettabile soltanto con un picco intonativo del tipo: ‘la MEla ho mangiato’. Risponde infatti al vero che il picco intonativo renda accettabile tale costruzione, ma non che questa accentuazione sia l’unica possibile restrizione del costrutto. Considerato che: l’anteposizione è una costruzione marcata sintatticamente, in cui viene invertito l’ordine canonico (sintattico e/ o pragmatico) degli elementi della frase, propongo una completa regola per la realizzazione dell’anteposizione, la quale sia in grado di evidenziarne entrambe le restrizioni. Essa potrebbe essere formulata in tale maniera: L’ anteposizione in lingua italiana è accettabile nei due casi seguenti: a) o si pone un picco intonativo sull’informazione focalizzata, cosicché l’elemento anteposto viene messo in Focus contrastivo (in Focus ristretto) b) o si pone davanti all’elemento anteposto, dunque al Focus, la stringa che segue ad esso. Quest’ultima strategia (b), veicolata appunto dal costrutto-eco, farà in modo che il Focus possa essere anche di tipo ‘allargato’: un Focus la cui prosodica accentuazione non è più conditio sine qua non. <?page no="230"?> 212 Conclusioni Esempi [tutti da me costruiti]: (I) ho preso gli appunti [canonica] (II) *gli appunti ho preso [inaccettabile] (III) gli aPPUnti ho preso [accettabile, dato il ripido picco intonativo su appunti: Focus contrastivo] Costrutti-eco: (IV) ho preso gli aPPUnti ho preso (V) ho preso GLI APPUNTI ho preso [accettabile grazie al costrutto-eco, nonostante in (V) il Focus non sia contrastivo] Presumo che, dopo un’accurata ed esaustiva analisi intonativa (motivata dal riscontro nel nostro corpus di una discreta frequenza di monotonia di intonazione), giungeremmo a verificare che il costrutto-eco, proprio grazie alla disposizione dei sintagmi A - B - C, rende possibile focussare B, senza che sia necessaria un’ulteriore marcatezza prosodico-fonologica. In questo caso sarebbe accettabile anche: (VI) ho preso gli appunti ho preso [constructed] È evidente pertanto, che la realizzazione del costrutto-eco dia motivo di presumere una più spiccata tendenza a veicolare marcatezza per mezzo di strumenti sintattici, piuttosto che per mezzo di strumenti prosodici. In ottica genetico-sintattica, il costrutto-eco va posto all’interno della macrocategoria delle costruzioni-Pivot: costruzioni che pongono al centro dell’enunciato l’informazione da recepire in maniera saliente. Ecco perché dal vago termine di ripetizione, si è giunti a designare la macrocategoria d’appartenenza del costrutto-eco, con un termine che mi appare più appropriato e linguisticamente scientifico: cardinalità. In un’ottica variazionistica, sembra trattarsi peraltro di un costrutto da annoverare fra i costrutti del tipo: ‘che polivalente’, dislocazione a sinistra, ecc…; quelle costruzioni del parlato spontaneo, le quali, a giudicare dalla grammatica prescrittiva, hanno ben poco a che fare con l’espressione orale più colta e più curata della lingua di colui che è istruito. Ma questo costrutto, come il ‘che polivalente’ del resto, gode di una prestigiosa storia all’interno della Retorica Antica, della Poesia e della Letteratura, e ciò motiva la proposta di considerare la sua emarginazione, <?page no="231"?> 213 Conclusioni una conseguenza della ‘perduta possibilità di ristandardizzazione’ all’interno della lingua italiana. Così tante pagine e così tanti anni di ricerca per definire una così specifica costruzione del parlato: percepibile con difficoltà, subdola nella realizzazione delle molteplici funzioni, mimetizzata al massimo nel contesto di un’enunciazione spontanea, summa summarum, un fenomeno linguistico ‘minuto’. Ma concluderò lasciando la parola a un grande linguista: To anyone who finds that grammar is a worthless finishing with trifles, I would reply that life consists of little things, the important matter is to see them largely. (Jespersen 1933, 10) <?page no="232"?> Bibliografia Alfonzetti, G. (2002): La relativa non-standard. Italiano popolare o italiano parlato? , Palermo. Altmann, H. (1988): Intonationsforschungen, Tübingen. Akinnaso, F.N. (1985): “On the Similarities between Spoken and Written Language”, in: Language and Speech 28, 323-360. Antinucci, F./ Cinque, G. 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(Berruto 1985, 120) Elicitazione da materiali vari Il corpus da me costruito consiste in diverse parti, delle quali la seguente è stata elicitata da materiale di parlato spontaneo di parlanti provenienti dalla Sicilia e dalla Calabria (con un livello d’istruzione scolastica corrispondente circa alla III. Media), registrato da studentesse per scopi di ricerca scientifica e in possesso dell’Istituto di Romanistica dell’Università LMU di Monaco di Baviera, Prof. Dr. Thomas Krefeld: 1 Ogni occorrenza porta il simbolo D (Dovicchi) e il numero di rilevamento. Elicitazione corpus Dovicchi dal corpus Hanel 30 occorrenze D 1 I 1 Riga 2 già c’ho difficoltà quando c’è qualcuno già c’ho difficoltà D 2 I 3 " 105 discende dall’Etna fino al mare discende D 3 I 3 " 186 sono duemila chilometri sono D 4 I 3 " 313 sc’avevo otto anni sc’avevo D 5 I 3 " 350 direi sembre sisciliano direi D 6 I 3 " 367 digono che lo parlo ancora abbastanza bene digono D 7 I 3 " 432 avevo intenzione di fargli imbarare tutte e due le lingue avevo D 8 I 3 " 482 viene pagato dal consolato d’Italia viene pagato D 9 I 3 " 586 quelle c’hanno tutto un altro dialetto c’hanno D 10 I 4 " 20 ce ne sono tante ce ne sono D 11 I 4 " 110 è la mano è <?page no="243"?> 225 Elicitazione da materiali vari D 12 I 4 " 147 stai sempre sporco stai D 13 I 5 " 180 penso nemmeno cucinare penso D 14 I 5 " 369 si chiama Novoli si chiama D 15 I 5 " 382 compii sì sedici anni compii D 16 I 5 " 400 dice restate qua dice D 17 I 5 " 403 era pesante era D 18 I 5 " 415 digo al giorno d’oggi digo D 19 I 5 " 479 è un problema è D 20 I 5 " 489 capisce sicuramente di più capisce D 21 I 5 " 493 non parlavo nemmeno ‘na parola tedesco non parlavo D 22 I 5 " 504 digo però digo D 23 I 5 " 542 digo francese era lo stesso digo D 24 I 6 " 295 mi dà fastidio mi dà D 25 I 6 " 297 era molto importante era D 26 I 6 " 323 non capivo un cavolo non capivo D 27 I 7 " 264 che ci sono più italiani o tedeschi che ci sono D 28 I 7 " 500 c’è ancora Massimo Ranieri c’è ancora D 29 I 8 " 242 hanno gli amici hanno D 0 I 3 " 435 mia moglie non lo parla lo capisce però non tanto lo parla mia moglie Elicitazione corpus Dovicchi dal corpus Salminger 20 occorrenze D 30 Carmelo 1 minuti 4: 20 si n’esci i chiù si n’esci D 31 Carmelo 2 " 4: 30 facciamo cinquantamila persone facciamo D 32 Carmelo 3 " 7: 06 c’era na zia ca ‘na viria avi cinc’anni ca na viria (non segmentabile) D 33 Carmelo 4 " 7: 20 scindia a settimana scorsa scindia D 34 Carmelo 5 " 12: 59 ti piasci tuttu l’insiemi ti piasci D 35 Carmelo 6 " 13: 04 ti piasci tuttu ti piasci D 36 Carmelo 7 " 13: 17 rimpiangi i momenti rimpiangi D 37 Carmelo 8 " 16: 14 fannu a bas’ i carni fannu D 38 Carmelo 9 " 19: 19 fannu puru l’ogghiu fannu D 39 Carmelo 10 " 21: 39 non c’è nienti non c’è D 40 Carmelo 11 " 26: 03 nu capisciu tuttu quantu nu capisciu D 41 Carmelo 12 " 30: 30 parlu l’italianu parlu D 42 Carmelo 13 " 31: 07 sunnu sulu i vecchi sunnu D 43 Carmelo 14 " 40: 30 po dormiri supra po dormiri D 44 Carmelo 15 " 41: 14 magiamu presto magiamu D 45 Carmelo 16 " 42: 10 cuminci prestu cuminci D 46 Carmelo 17 " 42: 45 si fannu sempri i tri si fannu <?page no="244"?> 226 Corpora D 47 Carmelo 18 " 46: 45 u Milan c’era …c’era u Milan (esempio contrastivo) D 48 Carmelo 19 " 48: 55 faci puru u cuoco faci D 49 Carmelo 20 " 49: 10 viaggiavumu aniti viaggiavumu Altre poche occorrenze sono state testualmente trascritte, perché ascoltate a viva voce in situazioni occasionali. Tre occorrenze sono state realizzate da un parlante di provenienza siciliana, di livello d’istruzione accademica (studio di Ingegneria al Politecnico di Torino) e ‘trapiantato’ nella capitale piemontese da 40 anni: (D 50) l’altra volta abbiamo mangiato pesce l’altra volta (D 51) ce l’ha detto dopo ce l’ha detto (D 52) voleva le sigarette voleva Questo informante fa uso continuo del costrutto-eco, come del resto l’informante Carmelo, ma non è stato disposto ad interviste. Un’unica occorrenza, per altro di singnificativa importanza, è stata ascoltata ad una trasmissione politico-culturale emessa dalla RAI, ed è stata realizzata dalla Sig.ra Napolitano, moglie del Presidente della Repubblica Italiana e persona di grande cultura, in un discorso del tutto formale: (D 53) bisogna risolvere i problemi del paese bisogna Una occorrenza è stata realizzata nell’ambito di una vendita televisiva di un canale privato, da un parlante presumibilmente dell’Italia del Nord (D 54) loro hanno un debole hanno Due occorrenze sono state realizzate da un ragazzino di bassissimo livello sociale e culturale, durante un’intervista televisiva, proveniente dal Centro- Sud (D 55) A Torbé mi volevano tutti bene a Torbé (D 56) Ero 14 anni, 14 anni ero N.B. tale occorrenza (D 56), a differenza del tipico costrutto-eco A - B - C, è molto interessante perché presenta la realizzazione di entrambe le frasi complete A - B - B - A. <?page no="245"?> 227 Elicitazione da materiali vari Esempi di costrutti-eco, tratti da documenti scritti In una corrispondenza elettronica in data 7. ottobre 2002, il Prof. Federico Albano Leoni mi scriveva “circa l’origine del costrutto […] io non ho elementi. Mi limito a dirle, citando a braccio, che in un sonetto di Belli (poeta romanesco della prima metà dell’ottocento) si legge: (D 57) Facemo bucia, Pippo mio, facemo” Inoltre ho elicitato da Serianni 1985, 66 in “Per un profilo fonologico del romanesco belliano”: (D 58) a mmé me pare a mmé (Sonetto 1171) Ho potuto inoltre elicitare soltanto i seguenti due campioni da: Cresti, E. (2000): Corpus di italiano parlato (D 59) dice / / ragazzi / dice pag 55 (D 60) che non me lo ricordo / / nemmeno / / non me lo ricordo pag. 200 <?page no="246"?> Corpus 2 Dovicchi Elicitazione da registrazioni Carmelo Le seguenti costruzioni, elicitate da quattro registrazioni effettuate personalmente in colloqui di circa 180 minuti di durata con Carmelo, un cuoco italiano, proprietario di un ristorante italiano a Monaco di Baviera, proveniente da Bagnara Calabra, sono state da me contrassegnate, nello svolgimento del lavoro, dalla sigla ‘Carmelo’, dal numero romano corrispondente alla registrazione e dalle coordinate di tempo in minuti e secondi, per permettere di poterle collocare ed eventualmente ascoltare. Inoltre, senza alcuna pretesa d’esaustività e di sistematicità, ho apportato tra parentesi quadre alcuni commenti personali, che lascio, perché ritengo possano essere orientativi anche per il lettore (per esempio R = semplice ripetizione, non costrutto-eco). I. Registrazione Carmelo Dicembre 2005 75 occorrenze ca. 00: 03: 15 a parlare il mio italiano tendo più a parlare 00: 04: 05 sono in buoni rapporti sono 00: 04: 20 mendia du voti mendia 00: 04: 48 sugnu chiù grandi sugnu 00: 05: 00 avemo i varchi (le barche) avemo 00: 05: 20 nu pucu mu manca nu pucu 00: 06: 40 ero capitaneria u portu ero 00: 08: 10 [non sufficientemente decifrabile] 00: 08: 25 lavorai a anno lavorai 00: 15: 00 c’ha scuola cucina italiana c’ha 00: 16: 00 ? (forse contrasto) siamo molti amici siamo 00: 16: 10 ci vediamo sempre - sempre ci vediamo 00: 16: 18 hanno un ristorante hanno 00: 16: 26 ? (forse uguale intonazione) cerco di inseguire le orme sue diciamo 00: 17: 36 lavorai sei anni con lui lavorai 00: 20: 40 c’è poco movimento in giro c’è 00: 21: 19 c’è sempre quello che vien a mangiare - il ritardatario c’è sempre 00: 21: 30 qua è bello qua 00: 22: 05 a zona è bella a zona 00: 22: 25 io abito a Holzkirchen abito io [a specchio] 00: 22: 40 tanto vicino non è tanto vicino <?page no="247"?> 229 Elicitazione da registrazioni Carmelo 00: 22: 50 io abitai sempre kà abitai, a Holzkirchen 00: 23: 10/ 15 ? a macchina 00: 23: 30 lavorai due settimane nella Ninfenburgerstrasse lavorai 00: 23: 40 R era un casino proprio era un casino 00: 29: 45 ? cerca parcheggio; un nu trova mai parcheggio 00: 24: 15 è due anni che dicemmo a kà è due anni 00: 24: 55 R qui si sta bene, qui si sta bene 00: 25: 05 qui sono tre soci sono qui 00: 27: 55 quando c’è la possibilità vadu spessu vadu 00: 28: 15 c’ho mia sorella piccolina che c’ha nove anni, c’ho io 00: 28: 25 ? ? sugnu solu dico io 00: 29: 45 me vai perché me piace a mia me piace 00: 34: 15 al nord se va a convivere se va 00: 36: 40 sono di meno sono (2 volte) 00: 37: 50 sono il più grande sugnu 00: 38: 20 non tocca più a mmia; tocca più agli altri fratelli, diciamo (molto) 00: 38: 42 iu secundu a a scuola iu 00: 38: 50 lavura a Mmelanu lavura 00: 40: 50 tanto io non credo che, sì, in cucina più che sui libri, pensavo io 00: 41: 05 ? feci anche i camerieri in cucina feci un po’ de tutto 00: 42: 40 ? perché è cara, la vita è cara 00: 45: 10 la famiglia può dire tanto tanto tanto, la famiglia [io lo interrompo e lui chiude con la ripetizione] 00: 47: 10 adesso io tutto mangio qui [stessa intonazione? verbo posticipato? ] 00: 47: 49 [pausa per arrosto] 00: 50: 16 loro fanno così fanno 00: 50: 22 ce sté più guadagno ce sté 00: 53: 15 settanta quasi credo, settanta ci sono 00: 53: 20 diciamo è normale diciamo 00: 53: 33 ? ei a ja, invece, tutto c’è a ja 00: 53: 48 ci sono quasi cento posti ci sono 00: 55: 48 venne Sgarbi venne pure 00: 56: 02 venne quando fecero la Pinacoteca nuova apposta venne 00: 57: 20 ? a bbarru all’impiedi 00: 58: 54 fanno la selezione fanno 00: 59: 26 ? lì ci sono tanti tanti clienti fissi …lì 01: 00: 56 (R semantica) all’Osteria c’è un unico portafoglio, un’unica cassa 01: 01: 16 cinque? dividono per cinque fanno 01: 06: 22 chiudemo 24, 25 e 1. gennaio chiudemo a kà 01: 06: 43 all’Osteria, che si chiude 5 gg. all’Osteria, si chiudi 01: 08: 54 ti sei giocato la giornata ti sei giocato 01: 09: 03 la Spagna l’ho girata tantissimo l’ho girata <?page no="248"?> 230 Corpora 01: 09: 33 fisci 6/ 7 anni di scuola a kà, fisci 01: 10: 13 ci ho la parabola ci ho 01: 12: 23 lì no lì 01: 13: 06 15/ 20 gg assieme so sicuri che enniamo son sicuri 01: 15: 20 un litro di birra te la tirano dietro te la tirano 01: 18: 46 io arrivo alle 11: 30/ mezzanotte, arrivo sempre 01: 19: 30 mi voglio svegliare fin verso le dieci voglio dormire 01: 20: 00 mangiamo assieme a Pasqua, a Natale … nei festivi mangiamo assieme 01: 23: 20 la sera, si arrangia la sera (differente parabola intonativa - la sera: focus) 01: 26: 26 sarà pure vendia, sarà 01: 26: 40 rimani lì rimani 01: 27: 00 t’ha sapiri pure vendiri t’ha sapiri 01: 28: 03 (c’è) cioè 10.000 lire cioè 01: 28: 40 una buttiglia vini, una buttiglia vini 6/ 7 cento euro una buttiglia vini 01: 29: 26 quando c’è un menu, 180 euro già un menu 01: 29: 56 mancia 50/ 100 euro lascia solo di mancia 01: 32: 03 ti guardano con gli occhi storti ti guardano II. Registrazione Carmelo 16.01.2006 55 occorrenze ca. 00: 00: 29 non stiamo facendo nemmeno libero non stiamo facendo 00: 00: 53 qui chiudiamo solo il sabato mattina chiudiamo 00: 02: 25 una vota a settimana iemu nui iemu 00: 03: 35 di Genova diciamo provincia di Genova [R] 00: 05: 48 s’accatta sempre s’accatta 00: 06: 23 a cungelamu nui a cungelamu 00: 06: 29 se sa già si sa 00: 06: 37 e 30% è congelatu e 30% 00: 07: 26 tira chiù acqua tira 00: 07: 34 se vede già se vede 00: 07: 36 u sapure se sente già se sente 00: 11: 48 puliscio per esempio a quello pulisco 00: 13: 57 ho dato del mio ho dato 00: 14: 04 capitai cun u bravu cheffi di cucina capitai 00: 15: 14 non è bello diciamo non è bello [R - due curve intonative] 00: 15: 35 i proprietari si lamentano tutti quanti si lamentano 00: 15: 46 già si lavorava di più si lavorava 00: 16: 15 i apriru diesci anni fa i apriru 00: 16: 20 lavoravano da matti lavoravano 00: 16: 30 diesci …. diesci [R - due curve intonative] 00: 16: 47 purtroppo è così purtroppo 00: 18: 58 può guadagnare pure 6000 Euro al mese puote guadagnare <?page no="249"?> 231 Elicitazione da registrazioni Carmelo 00: 19: 08 ne guadagna 20.000 di Euro (stessa intonazione) 00: 19: 16 sò bei soldi sono [dialetto e italiano] 00: 19: 45 manca u venti ? manca 00: 20: 27 si fasceva 15.000/ 12.000 Euro al giorno si fasceva, di cassa 00: 21: 49 ? mi fide anche si mi devo confidare 00: 23: 55 può diventare brutto può poi ………………… poi 00: 24: 06 ci ha una scuola di cuscina ci ha 00: 25: 51 ? sempre gli stessi sono [WO siciliano] 00: 26: 42 u metudu u impari u metudu 00: 28: 29 a patata a destra a virdura a sinistra assiri [stessa intonazione] 00: 33: 16 provi sempre provi 00: 36: 28 è a foglia è 00: 36: 31 si senti di meno si senti 00: 38: 45 quando stavo chi me nonni quando stavo 00: 43: 05 in vita mia mai fatto a bbotte in vita mia 00: 50: 43 sei più avvantaggiato sei 00: 51: 37 normalmente se fasci così normalmente 00: 52: 45 di tutto devi …. di tutto [R] 00: 53: 26 capito così capito 01: 01: 55 è tutto aperto è 01: 02: 24 vado a Affi vado 01: 11: 15 c’erano 20 ricette c’erano 01: 11: 46 l’ho mandato subito indietro l’ho mandato 01: 12: 40 cattava sempre 7 o 8 libri cattava 01: 15: 08 ? ha più di 10.000 libri ha, a casa 01: 16: 34 solo di cucina; altro non legge nemmeno lui, solo di cucina [R] 01: 20: 40 e viria a cà i partiti dell’inter i viria 01: 20: 48 è arrivato Andrea è arrivato 01: 21: 30 pagavo giù pagavo 01: 24: 11 si giocava a calcio si giocava 01: 24: 20 giocavamo lì giocavamo 01: 24: 46 si fasceva a bbotte, un po’ di tutto …. un po’ di tutto si fasceva 01: 25: 43 già il ristorante è aperto il ristorante 01: 26: 47 lo fazzu volentieri u fazzu III. Registrazione Carmelo 15.02.06 55 occorrenze ca. 00: 00: 58 sembrava un’attrice italiana sembrava 00: 01: 05 somiglia alla Venturi somiglia 00: 08: 43 deve diventare ¼ deve diventare 00: 09: 00 si mischia al mascarpone abbiamo detto [stessa curva intonativa] 00: 12: 25 sarebbe fiammifero sarebbe <?page no="250"?> 232 Corpora 00: 12: 50 fai questo lavoro per due vote questo lavoro 00: 13: 54 ti sa d’arancio ti sa 00: 14: 49 deve cucinare ancora deve cucinare 00: 16: 25 rimangono assieme così rimangono 00: 16: 45 rimangono singole rimangono 00: 18: 50 spesso fazzu cussì spesso 00: 26: 25 avia la TV italiana avia 00: 27: 55 preferiscu u film io preferiscu 00: 28: 17 no parioti no parioti [? ] 00: 29: 12 ho lavorato proprio con un torinese; proprio di Torino Torino era 00: 29: 23 un ragazzo che ci ha 20/ 30 anni ci ha 00: 29: 31 andavamo d’accordo andavamo 00: 31: 46 si chiama Carlo Storero si chiama questo 00: 32: 04 come c’è al sud c’è pure al nord c’è 00: 32: 32 si vede subito si vede 00: 32: 55 diciamo campagnolo … lo stesso significato dicemo … 00: 33: 58 sunnu due chilometri e mezzo sunnu 00: 34: 56 ne sunnu passati 15 ne sunnu passati 00: 35: 25 con la macchina ci vuole quando passi lo stesso giorno 20 Euro ci vuole lo stesso iorno 00: 39: 00 faci tanto faci tanto 00: 40: 25 fai subito fai 00: 40: 50 da nui è normale da nui 00: 41: 16 a casa mia si cambia una lavatrice ogni due anni a casa mia 00: 41: 39 ogni giorno sei paia di calzine calzette … ogni giorno 00: 45: 02 a casa en nu fazzu niente in ta casa 00: 47: 47 le prime volte ho buttato un po’ di roba ho buttato 00: 48: 48 lo so lo so che è dura su questo campo è dura [R] 00: 50: 20 invece in casa mia si parla il dialetto si parla 00: 50: 38 con mia sorella al telefono parlo italiano parlo 00: 51: 12 in Spagna siamo andati 4 anni di seguito siamo andati 00: 52: 10 abbiamo girato un po’ tutto abbiamo girato 00: 54: 30 se il cuoco è bravo fai il 6 al lotto fai 00: 56: 42 quasi sempre ho fatto a luglio io 00: 58: 35 l’anno scorso son stato in Liguria son stato l’anno scorso 01: 00: 05 qui non sai parlare la lingua non sei mai te stesso non sei mai (sei sempre un pesce fuor d’acqua) 01: 01: 30 e costava 1200 marchi costava 01: 01: 55 per sbaglio l’ha trovata lì l’ha trovata 01: 02: 05 questa ce l’ha in mezzo però ce l’ha in mezzo però 01: 03: 03 la voglio nuova di zecca deve essere 01: 04: 16 sei stato fortunato sei stato; sei stato molto fortunato 01: 06: 03 dopo un po’ le messe sai dopo un po’ [R] <?page no="251"?> 233 Elicitazione da registrazioni Carmelo 01: 06: 15 la piccola va in chiesa diciamo va 01: 08: 25 qualche tempo fa si è battezzato il figlio del mio amico hanno battezzato 01: 08: 40 lì ci tengo io [? ] 01: 12: 00 però diciamo le fesserie tutti e due le hanno fatte [DS] 01: 18: 53 sì più o meno sì 01: 19: 33 non succede niente non succede 01: 20: 09 lo metti così lo metti 01: 20: 45 se ne viene da sola se ne viene 01: 21: 40 diventa duro diventa 01: 22: 10 olio d’oliva e basta olio d’oliva [R] IV. Registrazione Carmelo 02.03.06 50 occorrenze ca. 00: 00: 20 ieri sera ci siamo divertiti ieri sera 00: 00: 21 ha giocato pure bene ha giocato 00: 00: 24 è stato bello è stato, è stato bello 00: 03: 02 c’è Nesta c’è 00: 03: 58 ha vinto tutto ha vinto 00: 04: 04 c’ha un bel curricolo c’ha 00: 04: 12 solo la parte solo può fare, solo la parte solo 00: 04: 18 lui è bravo [? ] 00: 04: 22 con la Juve ha vinto tutto con la Juve 00: 04: 44 Capello quello che ha vinto tutto con la Juve Capello 00: 06: 10 sì diciamo questo sì [R] 00: 09: 10 lo fai per forza diciamo, è normale, lo fai per forza [R] 00: 10: 05 ho provato un mese ho fatto 00: 10: 12 ero da solo ero 00: 10: 53 gli ho regalato i soldi gli ho regalato 00: 12: 10 abbiamo venduto un’orata in più abbiamo venduto 00: 13: 44 entra sempre dalla cucina per entrare a mangiare [? ] 00: 14: 14 è un buon rapporto diciamo è un buon rapporto 00: 17: 00 va sempre a finire così va sempre a finire così [R] 00: 17: 40 ha acquistato più sicurezza ha acquistato 00: 19: 30 per me è brutto per me 00: 21: 43 lì dovevo andare alle 2 di pomeriggio dovevo andare 00: 23: 05 da noi si dice più uno sa e più uno vale da noi si dice 00: 23: 20 è in America lui adesso, a San Francisco lui è andato 00: 23: 45 si mette d’accordo si mette 00: 24: 05 sono tedeschi sono 00: 24: 28 lui è un tipo che si aggrappa con mano, con (piedi) si fa capire lui 00: 26: 37 lo impara lo stesso lo impara 00: 30: 23 mi corico qui mi corico <?page no="252"?> 234 Corpora 00: 31: 40 parla e scrive tedesco benissimo parla e scrive 00: 41: 50 adesso è diverso adesso 00: 42: 05 son passati 20 anni pure son passati 00: 45: 45 diciamo che quinta (è) il massimo diciamo [è non viene percepito acusticamente nell’analisi con PRAAT] 00: 49: 30 ce ne sono tre ce ne sono 00: 50: 32 una volta mi chiama una volta 00: 50: 45 facevo anch’io quel mestiere lì facevo 00: 58: 38 sembrano cane e gatto sembrano 01: 01: 43 ci vogliono 150 mila euro ci vogliono 01: 02: 10 l’hanno fatta mi sa dalle parti di Genova l’hanno fatta questa qua 01: 02: 20 gli è costato 1 miliardo e 200 milioni di lire [“sono 600 mila euro” dico io] gli è costato 01: 04: 30 Madonna … Grazie … Maria delle Grazie … diciamo si chiama [? ] 01: 08: 09 vendono i pesci vendono 01: 08: 12 adesso ce n’è un decimo adesso ce ne sono di quelle che c’erano una volta 01: 10: 50 dei polpacci … sembra Bengioso sembra 01: 11: 38 è cambiato tantissimo è cambiato 01: 12: 20 mia madre è sarta lei 01: 12: 22 mia madre è sarta mia madre 01: 12: 40 mia madre se deve vendere del pesce però diciamo sotto casa mia; non è che va in giro mia madre <?page no="253"?> Corpus 3 Dovicchi Elicitazione da Le Baruffe Chiozzotte di Goldoni Costruzioni-eco (68 occorrenze), tratte dalla commedia di Carlo Goldoni “Le Baruffe Chiozzotte” (Goldoni 1993). Le occorrenze, da me elicitate, portano il simbolo G (Goldoni) e la numerazione segue l’ordine d’elicitazione in base allo svolgimento della commedia. (G 1) M’ho da maridare mi, m’ho da maridare (pag. 81) (G 2) Ghe vòi contare tutto, ghe vòi contare (88) (G 3) Gh’avemo un puoco de tutto, gh’avemo (92) (G 4) Ghe n’aémo sie, ghe n’aémo (93) (G 5) Vederé, ve digo, vederé (96) (G 6) Damilo a mi, damelo (98) (G 7) ? A casa, te digo. Subito a casa. (98) (G 8) Parlo chizzotto, parlo (100) (G 9) Apeto e’ pesse, apetto (101) (G 10) Tago ben, tago (101) (G 11) Saùdo, Checca, saùdo (101-102) (G 12) E faémo a poenta, faémo (102) (G 13) Lassé parlare i omeni, lassé parlare (102) (G 14) Gnente, via, gnente (103) (G 15) Andemo a casa, andemo (105) (G 16) Sì, andemo, burattaora, andemo (105) (G 17) Se nasse gnente, gnente se nasse (105) (G 18) ‘oggio maccare el muso, ‘e ‘oggio maccare ‘e ‘oggio fàe stàe in letto, ‘e ‘oggio (105) (G 19) Xe segno che la me vol ben, xe segno (106) (G 20) Fazzo quel che voggio, fazzo (107) (G 21) Ghe voggio stare, ghe voggio (107) (G 22) Làsseme stare, làsseme (107) (G 23) No me voggio cavare gnente, no me voggio cavare (107) (G 24) Mi no fazzo gnente a nissun, no fazzo (108) (G 25) ? Va’ drento, te digo, matto; va’ drento (109) (G 26) Ve porto respetto, ve porto (110) (G 27) Làsseme andare, làsseme (110) (G 28) Menelo in casa, menelo (111) (G 29) ? Fradèi, digo, me se volé mazzare, mazzeme, digo (114) (G 30) ? La xe cusì, cugnà, credeteme, la xe cusì (117) <?page no="254"?> 236 Corpora (G 31) Eh, che ho da vardare el mio merlo mi, ho da vardare (119) (G 32) La sarà andata a pianzere, la sarà andata (120) (G 33) V’ho licenzià per colù, v’ho licenzià (122) (G 34) E la voggio cusì, la voggio (122) (G 35) ? Mi so omo, savéu? So omo. E no son un putelo, savéu? (122) (G 36) Lassé che el vaga, lassé (123) (G 37) Gh’ho volesto ben, gh’ho volesto (123) (G 38) Làsseme stare, làsseme (123) (G 39) No voggio gnente, no voggio (123) (G 40) Vàrdete da un desperao, vàrdete (126) (G 41) Mi, ‘à suso no ‘e so mai stao, ‘à suso (127) (G 42) Bisogna andare, bisogna; bisogna andare, muggiere (127) (G 43) Paró ‘Izenzo, siorìa, paró ‘Izenzo (Vicenzo) (131) (G 44) Andemo fuòa, andemo fuòa andemo (133) (G 45) ..che gh’avemo da fare, gh’avemo (133) (G 46) Andé, putta, andé (136) (G 47) ‘Tìssimo sió cogitore, ‘tìssimo (142) (G 48) Sió sì, sió (142) (G 49) ..ho ‘isto paró Toni, ho ‘isto (143) (G 50) ? No xe vero gnente, no xe vero gnente. No semo interessà, no xe vero gnente (145) (G 51) Che le vegna a ca’, che le vegna! (148) (G 52) L’ho dito mi, l’ho dito (150) (G 53) Eh, savemo tutto, savemo (150) (G 54) ? Tasé, tasé, non abbié paura, tasé (150) (G 55) Fazzo quelo che voggio, fazzo (151) (G 56) Parla ben, parla (156) (G 57) ? Lustrissimo, mi no ghe scambio gnente, lustrissimo (159) (G 58) …che a Lucietta ghe voggio ben, che voggio (159) (G 59) …, ghe vorave dire do parole, ghe vorave dire (160) (G 60) ? Vegní qua, mazzeme; so poveromo, mazzeme (162) (G 61) ? Ah, ah! Bravo lustrissimo, bravo. (163) (G 62) La m’ha dito dele parole, la m’ha dito, … (163-164) (G 63) ? Se daremo, se daremo, faremo custión, se daremo (166) (G 64) Lucietta, vien drento, Lucietta! (167) (G 65) ? Arme, fora arme! (nota pausa! ) (171) (G 66) Ve podé tegnire i cento ducati, ve podé tegnire (175) (G 67) Fé vu, parona; parona fé vu, parona (specchio ? ) (175) (G 68) ? Ho sentìo, ho sentìo, lustrissimo, ho sentìo. (180)