Italienisch
ita
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/61
2013
3569
Fesenmeier Föcking Krefeld OttPersistenze e variazione a Napoli (con una indagine sul campo)
61
2013
Nicola De Blasi
ita35690075
75 N I C O L A D E B L AS I Persistenze e variazione a Napoli (con una indagine sul campo) 1. La prospettiva storica per l’osservazione sincronica L’attuale situazione linguistica di Napoli si può illustrare a partire da una constatazione in prospettiva storica. La città, come prevedibile per ogni centro urbano, presenta da diversi punti di vista elementi di conservazione ed elementi di innovazione. Il più evidente elemento di conservazione si coglie sul piano spaziale: la zona che attualmente coincide con il centro antico di Napoli, attraversato da tre strade parallele (via san Biagio dei librai, via Tribunali, via Anticaglia), occupa il medesimo spazio urbano in cui sorgeva la città antica. I segni di permanenza sono la manifestazione tangibile di ininterrotta continuità abitativa e di durata storica: anche considerando i cambiamenti intervenuti nel tempo e la stratificazione dei livelli stradali, è evidente che la città di oggi, almeno in una sua parte, è la stessa città antica, che non è conservata in spazi a parte, ma è rimasta inglobata (e in parte riconoscibile) nella città che si è modificata nei secoli. Come sottolinea Aldo Rossi, l’identità di un luogo urbano si fonda non solo sulla conservazione dei monumenti, ma anche sulla persistenza della pianta e dei tracciati stradali. 1 A Napoli tali persistenze si rilevano anche attraverso indizi toponomastici: il nome di via Anticaglia allude per esempio alla presenza, un tempo molto più evidente, di costruzioni antiche: oggi ciò vale per il teatro romano, da alcuni secoli coperto da edifici, ma almeno in parte ancora visibile, e per le colonne del Tempio di Castore e Polluce che in piazza San Gaetano adornano la facciata di San Paolo Maggiore. I segni della città antica, insomma, ‹vivono› nella città attuale, di cui fanno parte, come elementi architettonici tuttora funzionali. La stessa cosa può dirsi, a maggior ragione, per gli edifici religiosi e per i castelli di epoca medievale. Nella continuità del locus si notano anche elementi di persistenza e di continuità linguistica. Proprio il parametro della continuità abitativa permette inoltre di sottolineare, già a prima vista, un elemento di variazione all’interno della città: alcune zone, infatti, sono abitate ininterrottamente da più di venti secoli, mentre altre sono state popolate in modo significativo negli ultimi secoli o, in qualche caso, negli ultimi decenni. In questo lavoro si intende appunto sottolineare che la città è al suo interno differenziata e che vi si riscontrano diversi gradi di conservazione del 2_IH_Italienisch_69.indd 75 2_IH_Italienisch_69.indd 75 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 76 Persistenze e variazione a Napoli Nicola De Blasi dialetto, che peraltro è molto presente nell’uso: in una situazione complessiva di conservazione, è possibile che il dialetto in alcuni quartieri sia più usato che altrove, prevedibilmente anche in rapporto al diverso profilo sociolinguistico dei parlanti e, in una certa misura, alla loro provenienza. Del resto proprio in rapporto alla provenienza degli abitanti e alle vicende demografiche della città è forse possibile interpretare sia la buona conservazione del dialetto nell’uso, sia il fatto che a Napoli non tutti parlino abitualmente il napoletano. 2 La conservazione del dialetto è pobabilmente da collegare, almeno in parte, alla stabilità degli abitanti 3 e all’identità dei luoghi, che per l’età moderna risalta con piena evidenza. In particolare è da sottolineare che la città nei secoli XVI-XIX ha subito un ampliamento molto ridotto. Un’idea di tale stabilità topografica si ricava dal confronto tra due immagini: la prima, che è del 1566, è la cosiddetta Pianta di Lafréry; la seconda è una pianta pubblicata nella Guida Baedeker del 1887. Figura 1: Pianta di Napoli incisa da Etienne Dupérac, edita da Antoine Lafréry (1566). Nonostante la diversa angolazione delle immagini, è evidente che l’area urbanizzata nella seconda metà del secolo XVI, coincide sostanzialmente con la 2_IH_Italienisch_69.indd 76 2_IH_Italienisch_69.indd 76 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 77 Nicola De Blasi Persistenze e variazione a Napoli città della fine del secolo XIX. Nel Cinquecento infatti Napoli assume una forma rimasta stabile per tre secoli: proprio nel 1566 è completata la realizzazione delle mura (visibili nella pianta di Lafréry) volute dal Viceré don Pedro de Toledo, che prima della metà del secolo aveva fatto edificare i Quartieri Spagnoli. Nella pianta dell’Ottocento si notano i pochi ampliamenti dell’area urbana: nella zona dell’attuale piazza Carlo III nel Settecento era sorto l’Albergo dei Poveri (indicato sulla pianta), mentre nell’area costiera occidentale, nella zona di Chiaia, si infittiscono le aree edificate. Figura 2: Pianta di Napoli (1887), inserita in Karl Baedecker, Italie. Manuel du Voyageur, Paris - Leipzig, 1887 In uno spazio stabile si modifica sensibilmente il numero degli abitanti: nel 1547 erano 212.000, 4 nel 1606 «un censimento effettuato per poter procedere alla distribuzione del pane segnalò 267.973 abitanti», 5 mentre nel 1871 la città contava circa 448.000 abitanti. A fine Ottocento, dunque, i cittadini vivono in una forte concentrazione abitativa, in cui diversi ceti sociali sono a stretto contatto negli stessi edifici. In questo contesto, come in altre grandi città dell’epoca moderna, l’ambiente abitativo tipico è il cosiddetto «palazzo microcosmo», in cui, pur in diversi piani e con spazi e comodità non uguali, si trovano in una situazione di contiguità abitanti di varia condizione sociale, 2_IH_Italienisch_69.indd 77 2_IH_Italienisch_69.indd 77 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 78 Persistenze e variazione a Napoli Nicola De Blasi economica e culturale. Dalla fine dell’Ottocento in poi, con gli interventi urbanistici del Risanamento e la costruzione di strade più ampie nel centro della città (via Depretis, corso Umberto, piazza Bovio ecc.), si è invece determinato lo spostamento di abitanti in zone di edificazione più recente. Nel corso del Novecento, con l’aggregazione nel 1927 di una serie di comuni limitrofi e con il sorgere successivo di nuove periferie, si è maggiormente intensificata la dislocazione degli abitanti in zone diversificate, alcune periferiche, altre residenziali. (l’attuale ampiezza della città si può vedere nella Figura 3). Per effetto del rinnovamento urbanistico, la città cambia aspetto e probabilmente gli stessi abitanti la percepiscono in modo diverso; un ricordo di Benedetto Croce, che si riferisce agli anni successivi alla guerra del 1915- 18, dà l’idea di quanto la città apparisse «alterata nella sua fisionomia»: «Quando ero ministro, nel ’20, essendo venuto una domenica a Napoli, nell’uscire da una tornata dell’Accademia Pontaniana proposi a un amico di accompagnarmi in una passeggiata da piazza Dante a piazza san Ferdinando, per via Toledo, perché avremmo fatto l’esperienza che nessuno mi avrebbe riconosciuto e nessuno mi avrebbe salutato. Così infatti accadde, laddove, negli anni precedenti alla guerra, a ogni passo si salutavano conoscenti ed amici e ci si soffermava a brevi scambi di parole». 6 Negli anni Venti Napoli non è più la piccola e concentrata città in cui è facile imbattersi in conoscenti con cui si condividono abitudini sociali e percorsi. Ciò almeno in parte dipende dall’ampliamento della città e dalle accentuate differenze tra una zona e l’altra. Già nel 1902 del resto un articolo della Domenica del Corriere sottolineava che Napoli dava l’idea di due città sovrapposte: «Alla Napoli d’un tempo con le sue feste, le sue credenze e le sue passioni s’è sovrapposta, a così dire, un’altra città che i forestieri prediligono, piena di comodi alberghi e di villini, ma quella schiettamente popolare è rimasta tal quale». 7 Un certo dualismo nell’area urbana risaltava, alla fine degli anni Cinquanta, in un saggio di Emilio Luongo e Antonio Oliva che descrivevano alcune zone come «isole»: «Come già si è osservato, accanto a una struttura urbana di tipo moderno, un’altra ne sopravvive, enormemente arretrata. Un 2_IH_Italienisch_69.indd 78 2_IH_Italienisch_69.indd 78 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 79 Nicola De Blasi Persistenze e variazione a Napoli dualismo analogo è riscontrabile in tutte le metropoli, ma a Napoli il fenomeno assume un carattere particolare: invece che in periferia, la parte depressa è situata prevalentemente nella zona centrale della pianta cittadina, corrispondente ai quartieri più antichi». 8 Questi due accenni sottolineano già a sufficienza la vocazione conservativa di alcuni quartieri del centro; a questi si sono aggiunte nel tempo le nuove periferie, mentre verso altri quartieri residenziali si è indirizzata l’immigrazione giunta a Napoli dalle province nel corso del Novecento e in particolare tra gli anni Cinquanta e Settanta (quando la città raggiunse un picco demografico di circa 1.200.000 abitanti). La presenza di una consistente percentuale di abitanti appartenenti da generazioni a famiglie napoletane ha forse meglio favorito in alcune zone una più evidente conservazione del napoletano come varietà corrente della comunicazione familiare e ambientale. In questo quadro, d’altro canto, anche coloro che non parlavano il napoletano come lingua materna hanno elaborato un’immagine positiva del napoletano, in particolar modo in rapporto alla sua larga presenza nella comunicazione artistica (canzone, teatro, poesia); ciò del resto è confermato dal largo successo e dall’enorme popolarità di attori, autori, cantanti di primo piano, molto noti anche al di fuori di Napoli (da Eduardo De Filippo a Massimo Troisi, da Salvatore Di Giacomo a Sergio Bruni e ad altri ancora in attività), ma anche dalla popolarità locale di artisti che trovano in ambito cittadino notevole e meritato successo (riecheggiato da emittenti televisive e radiofoniche locali). La maggiore conservatività di alcune zone cittadine è probabilmente una delle caratteristiche che permisero a Pier Paolo Pasolini di formulare questa sua riflessione: «Io so questo: che i napoletani oggi sono una grande tribù, che anziché vivere nel deserto o nella savana, come i Tuareg o i Beja, vive nel ventre di una grande città di mare. Questa tribù ha deciso - in quanto tale, senza rispondere delle proprie possibili mutazioni coatte - di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quella che chiamiamo la storia, o altrimenti la modernità. [...] La vecchia tribù dei napoletani, nei suoi vichi, nelle sue piazzette nere o rosa, continua come se nulla fosse successo, a fare i suoi gesti, a lanciare le sue esclamazioni, a dare nelle sue escandescenze, a compiere le proprie guappesche prepotenze, a servire, a comandare, a lamentarsi, a ridere, a gridare, a sfottere; nel frattem- 2_IH_Italienisch_69.indd 79 2_IH_Italienisch_69.indd 79 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 8 0 Persistenze e variazione a Napoli Nicola De Blasi po, e per trasferimenti imposti in altri quartieri (per esempio il quartiere Traiano) o per il diffondersi di un certo irrisorio benessere (era fatale! ), tale tribù sta diventando altra. Finché i veri napoletani ci saranno, ci saranno, quando non ci saranno più, saranno altri (non saranno dei napoletani trasformati). I napoletani hanno deciso di estinguersi, restando fino all’ultimo napoletani, cioè irripetibili, irriducibili e incorruttibili». 9 A distanza di oltre quarant’anni si può pensare che le due prospettive opposte (conservazione incorrotta e trasformazione radicale) si siano tra loro combinate, ed è possibile che negli usi linguistici. e nelle abitudini comunicative si riconoscano i riflessi di una certa dinamica storica. 2. Prospettiva diatopica e indagine sul campo La buona vitalità del dialetto è tuttora un elemento (positivo) che si presenta agli occhi (o per meglio dire alle orecchie) degli osservatori. Sembra tuttavia necessario non fermarsi a una prima constatazione, anche per non cadere nella prospettiva semplificata di chi mostra di non credere a un’articolazione interna della realtà linguistica di Napoli. 10 L’osservazione diretta, i dati dei censimenti e la storia urbana hanno già permesso di ipotizzare che Napoli sia una «metropoli dialettale», in cui si notano quartieri caratterizzati da condizioni più favorevoli per la conservazione del dialetto e altri maggiormente segnati da innovazione linguistica. 11 Il legame tra le caratteristiche dei luoghi urbani e le loro valenze latamente culturali (quindi anche linguistiche, in una prospettiva areale riferita alla città) può essere peraltro affermato anche in sintonia con quanto scrive Aldo Rossi, secondo cui «per una determinata città si può stabilire una classificazione delle strade», che si caratterizzano anche in rapporto agli «scambi che vi si effettuano, gli scambi culturali a pari titolo di quelli commerciali». 12 Pertanto non stupisce che alcune condizioni abbiano favorito, sia pure con diversa intensità, anche la conservazione del dialetto, come se si fosse determinata, in una specialissima riserva naturalistica e ambientale, una sorta di tutela spontanea da parte dei parlanti. In un’epoca in cui si prospettano e talvolta si attuano spese ingenti per la conservazione e la difesa dei dialetti (che secondo alcuni dovrebbero anche essere proposti o «imposti» nella scuola o per legge 13 ) si deve forse ammettere che la più efficace forma di tutela dei dialetti è affidata all’iniziativa e alle scelte dei parlanti nella comunicazione corrente e quotidiana (sulla quale poco inciderebbero esplicite norme legislative o pressioni didattiche). 2_IH_Italienisch_69.indd 80 2_IH_Italienisch_69.indd 80 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 81 Nicola De Blasi Persistenze e variazione a Napoli L’ipotesi formulata in passato in merito alla variazione degli usi linguistici tra i quartieri della città può ora essere verificata grazie ai dati offerti da un’inchiesta sul campo, di cui si forniscono qui i primi risultati. Figura 3. Perimetro urbano attuale (la città ottocentesca comprendeva i quartieri nn. 1-12). Nell’anno accademico 2006-2007, nell’ambito del corso di Linguistica italiana (del corso di laurea specialistica in Filologia moderna, presso l’Università di Napoli «Federico II»), ho proposto come esercitazione lo svolgimento di una ricerca sul campo in alcuni quartieri di Napoli. 14 L’indagine prevedeva la somministrazione di un questionario articolato in 20 domande sugli usi linguistici; per ogni domanda si chiedeva di indicare la varietà usata dal parlante; le soluzioni proposte come risposta si distribuivano in una serie che andava dall’uso esclusivo del dialetto all’uso esclusivo dell’italiano: a) sempre il dialetto b) più il dialetto che l’italiano c) sia il dialetto, che l’italiano d) più l’italiano che il dialetto e) sempre l’italiano. Questo è l’elenco delle venti domande: 1. Lei ricorda di aver usato, prima di andare a scuola (fino ai 5-6 anni) a) sempre il dialetto b) più il dialetto che l’italiano c) sia il dialetto, che l’italiano d) più l’italiano che il dialetto e) sempre l’italiano? 2_IH_Italienisch_69.indd 81 2_IH_Italienisch_69.indd 81 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 82 Persistenze e variazione a Napoli Nicola De Blasi 2. I suoi genitori parlano (o parlavano) tra loro a), b), c), d), e)? 3. I suoi insegnanti delle scuole materne ed elementari parlavano (o parlano) con gli alunni usando a), b), c), d), e)? 4. I suoi insegnanti delle scuole medie e superiori parlavano (o parlano) con gli alunni usando a), b), c), d), e)? 5. I suoi compagni di scuola parlavano (o parlano) tra loro usando a), b), c), d), e)? 6. Lei parla con i suoi fratelli e sorelle usando a), b), c), d), e)? 7. Lei parla con il suo partner usando a), b), c), d), e)? 8. Lei parla con i suoi genitori usando a), b), c), d), e)? 9. Lei parla con i suoi nonni usando a), b), c), d), e)? 10. Lei parla con i suoi figli usando a), b), c), d), e)? 11. Lei parla con i figli dei suoi figli usando a), b), c), d), e)? 12. Lei parla con i suoi amici più intimi usando a), b), c), d), e)? 13. Lei parla con i suoi colleghi di lavoro usando a), b), c), d), e)? 14. Lei parla con i commercianti del suo quartiere usando a), b), c), d), e)? 15. Lei parla con il suo datore di lavoro usando a), b), c), d), e)? 16. Lei parla con i suoi dipendenti usando a), b), c), d), e)? 17. Lei parla con uno sconosciuto nell’autobus usando a), b), c), d), e)? 18. Lei parla con un operatore al telefono usando a), b), c), d), e)? 19. Lei parla con i suoi vicini di casa usando a), b), c), d), e)? 20. Lei parla con l’impiegato delle poste o della banca usando a), b), c), d), e)? Il questionario comprendeva infine un punto 21, in cui il rilevatore, con le stesse modalità previste per le risposte degli intervistati, annotava se l’interlocutore aveva usato il dialetto o l’italiano. L’indagine è stata condotta in otto diversi quartieri: Montecalvario, Secondigliano, San Lorenzo, Porto, Chiaia, San Giuseppe, Arenella, Vomero. Tra questi quartieri, San Lorenzo si trova nel centro antico, cioè nella zona della città già popolata in età romana (è il n. 9 nella Figura 3); Porto (n. 12), San Giuseppe (n. 3), Montecalvario (n. 4, corrispondente in parte alla zona dei cosiddetti Quartieri Spagnoli), Chiaia (n. 2) sono quartieri del centro storico (si tratta cioè di zone popolatesi progressivamente tra il Medioevo e l’età moderna); il Vomero (n. 13) e l’Arenella (n. 14) sono quartieri collinari; Secondigliano (n. 25) è l’ampliamento di un comune un tempo autonomo, aggregato alla città nel 1927. In totale sono state intervistate 595 persone. Nei quartieri raggiunti con l’indagine, secondo il censimento del 2001, risiedevano circa 300.000 abitanti. Al riguardo si deve precisare che per alcuni quartieri non è stato possibile raggiungere la quota di cento intervistati; sembra tuttavia che i dati 2_IH_Italienisch_69.indd 82 2_IH_Italienisch_69.indd 82 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 8 3 Nicola De Blasi Persistenze e variazione a Napoli ottenuti conservino ugualmente un valore indicativo. Nella tabella n. 1 si segnala la consistenza del campione per le diverse aree, la distribuzione degli intervistati e il loro livello di istruzione (Titolo di Licenza elementare o nessun titolo di studio, Titolo di licenza media, Diploma, Laurea): Montec Secon S. Lor. Porto Chiaia S. Gius. Aren Vomero Totale % Elem 35 9 9 10 10 15 12 4 104 17,48 Medie 37 8 27 12 16 43 27 43 213 35,63 Dipl 24 2 35 7 17 34 35 31 185 31,09 Laurea 4 2 4 4 23 8 26 22 93 15,80 Totale 100 21 75 33 66 100 100 100 595 100 Tabella n. 1 Le interviste sono state proposte a persone incontrate in strada o nei locali commerciali delle diverse zone. I parlanti intervistati quindi non rappresentano un campione nel vero senso della parola, poiché non sono stati selezionati in rapporto a parametri statistici noti, ma le informazioni ottenute sembrano comunque di un certo interesse, poiché l’obiettivo dell’indagine è quello di ricevere indicazioni su eventuali differenze tra i quartieri considerati. Dal momento che tutte le interviste sono state condotte con criteri identici, è possibile tener conto, in modo comparativo, delle differenze che si delineano attraverso le risposte date dai parlanti. Inoltre è da chiarire che sono stati intervistati volta per volta solo i parlanti residenti nel quartiere in cui si svolgeva l’intervista o in qualche caso stabilmente presenti in esso per motivi di lavoro (è il caso dei commercianti intervistati). Nel gruppo degli intervistati, che pure è differenziato al suo interno, le percentuali relative al livello di istruzione sono in parte diverse dalle percentuali che si rilevano in ambito cittadino e su scala nazionale, come si vede dalla Tabella n. 2. Titolo di studio Intervistati Napoli 2001 Italia 2001 Elementari o senza titolo 17,48% 35,61% 33,20% Medie 35,63% 29,22% 31,70% Diploma 31,09% 24,40% 27,20% Laurea 15,80% 10,78% 7,9% Tabella n. 2 2_IH_Italienisch_69.indd 83 2_IH_Italienisch_69.indd 83 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 8 4 Persistenze e variazione a Napoli Nicola De Blasi Le differenze più vistose riguardano i parlanti dotati di licenza elementare o privi di titolo di studio. Pertanto si deve considerare che gli orientamenti attribuibili (alla luce delle interviste) ai parlanti con basso livello di istruzione, probabilmente non riguarderebbero in città il 17% circa degli abitanti, ma una percentuale doppia di cittadini. Un’ultima precisazione riguarda il rapporto tra le dichiarazioni degli intervistati e i loro usi linguistici nelle effettive interazioni comunicative. Questo problema si pone per tutte le inchieste affidate all’autovalutazione dei parlanti; in questo caso è però significativo il fatto che i parlanti abbiano avuto la possibilità di indicare anche soluzione intermedie, senza dover dichiarare in modo drastico la propensione verso il dialetto o verso l’italiano. Inoltre assume una funzione «correttiva» o di verifica l’osservazione da parte dell’intervistatore. Più in generale va poi considerato che le risposte ottenute rappresentano non solo una dichiarazione su un uso effettivo, ma anche la manifestazione di un’intenzione, connessa a una certa percezione da parte dei parlanti. Del resto, a parità di incertezza nella valutazione delle risposte, ciò che conta di più è la possibilità di stabilire confronti tra le diverse zone della città. Per una prima osservazione dei dati offerti dalle interviste si considerano qui solo le risposte alla domanda n. 12 (relativa alla conversazione con amici) e alla domanda n. 20 (interazione con un impiegato in un ufficio). Da queste risposte si possono avere informazioni in prospettiva diafasica, poiché le due domande si riferiscono a una comunicazione informale e a un’altra più formale. I dati relativi alla domanda n. 12 sono sintetizzati nella Tabella n. 3. Mcalv Vomero Arenella Second S.Loren S.Gius Porto Chiaia Totale Dialetto 42 28 9 14 26 33 10 5 167 Più Dial 15 6 5 2 12 5 6 0 51 Dial/ Ital 23 18 22 - 23 29 13 26 154 Più Ital 3 17 30 2 5 13 2 21 93 Italiano 13 29 33 3 9 19 2 13 121 non risp 4 2 1 - 1 0 1 9 100 100 100 21 75 100 33 66 595 Tabella n.3. Risposte alla domanda n. 12: conversazione con amici 2_IH_Italienisch_69.indd 84 2_IH_Italienisch_69.indd 84 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 85 Nicola De Blasi Persistenze e variazione a Napoli Nella conversazione tra amici l’uso esclusivo del dialetto è in alcuni quartieri molto più diffuso dell’uso esclusivo dell’italiano, anche se sono molto numerose le soluzioni miste. La scelta a favore del dialetto o segnata da prevalente uso del dialetto è molto evidente nei quartieri di Montecalvario, San Lorenzo, Secondigliano, Porto; anche nel quartiere San Giuseppe è prevalente l’uso del dialetto. Nei quartieri di Chiaia e Arenella invece prevale l’uso dell’italiano; nel quartiere Vomero si nota una situazione di sostanziale parità tra scelta esclusivamente dialettale e uso esclusivo dell’italiano (ma nel complesso l’italiano prevale se si considerano le risposte di tipo misto). Le risposte date alla domanda n. 20 sono presentate nella Tabella n. 4. Mcalv Vomero Arenella Second S.Loren S.Gius Porto Chiaia Totale Dialetto 1 3 1 2 2 2 0 11 Più Dial 8 2 2 1 1 1 0 15 Dial/ Ital 12 5 2 - 1 1 1 2 24 Più Ital 26 3 4 1 1 1 4 40 Italiano 51 86 91 17 73 90 29 55 492 non risp 2 1 - - 5 5 13 100 100 100 21 75 100 33 66 595 Tabella n. 4. Risposte alla domanda n. 20: interazione in un ufficio (poste o banca) Per le interazioni negli uffici prevale in tutti i quartieri l’orientamento verso l’italiano, che evidentemente rientra di fatto nel repertorio di quasi tutti i parlanti interpellati; anche coloro che usano solo il dialetto nella comunicazione informale e spontanea passerebbero in caso di necessità all’italiano: con gli amici parlerebbero in dialetto 167 persone, ma negli uffici pubblici solo 11 intervistati parlerebbero esclusivamente in dialetto. Tale dato non è sorprendente se rapportato al livello di istruzione. Come per il resto d’Italia, tuttavia, anche per Napoli c’è da domandarsi quanto nei singoli parlanti sia compiuta e articolata la competenza della lingua italiana, ma questo tema non è al centro della presente indagine. In una situazione di diffuso bilinguismo, in cui incidono molto la variabile diafasica e quella diatopica, si profila anche una tendenziale diversificazione in rapporto al livello di istruzione: in ogni quartiere, infatti, la presenza dell’italiano è maggiore negli usi dei parlanti in possesso di laurea o di 2_IH_Italienisch_69.indd 85 2_IH_Italienisch_69.indd 85 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 86 Persistenze e variazione a Napoli Nicola De Blasi diploma di scuola superiore secondaria di seconda grado. Una più consistente presenza del dialetto nell’uso si manifesta invece nei parlanti in possesso del solo titolo di licenza elementare (o privi di titolo di studio). Nelle tabelle che seguono (nn. 5-6) si riportano soltanto le risposte date dai parlanti in possesso di licenza elementare e di quelli in possesso di laurea alle domande n. 8, 10, 12, che riguardano il modo di parlare con i genitori, con i figli e con gli amici. 15 Con una diversificazione forse prevedibile, si nota che la variabile relativa all’istruzione si incrocia con quella di quartiere: nel quartiere Chiaia, per esempio, nessun laureato userebbe soltanto o prevalentemente il dialetto parlando con i figli; nello stesso quartiere però anche i parlanti dotati della sola licenza elementare escludono con i figli e con i genitori l’uso del solo dialetto. S. Lorenzo Elem / Lau Secondigl. Elem / Lau Arenella Elem / Lau Vomero Elem / Lau S. Giuseppe Elem / Lau Montecalv. Elem / Lau Chiaia Elem / Lau Porto Elem / Lau 8 Dial 8 2 8 6 1 4 8 1 31 2 6 Più Dial 1 2 1 1 1 1 Dial/ Ital 1 2 5 6 2 1 1 4 2 1 Più Ital 1 1 8 2 1 2 1 2 2 2 Italiano 1 1 1 11 14 1 3 1 1 2 16 1 8 n r 1 3 1 1 2 3 1 1 10 Dial 3 5 3 1 1 4 1 13 3 Più Dial 2 2 4 Dial/ Ital 1 1 1 3 2 Più Ital 2 1 2 1 1 2 1 Italiano 2 2 1 5 11 2 11 2 3 5 1 4 14 2 2 10 n r 1 2 1 2 14 11 4 3 10 3 4 9 4 2 12 Dial 7 1 7 1 5 2 2 11 25 1 4 Più Dial 1 1 4 1 1 1 Dial/ Ital 1 1 1 2 2 1 3 1 1 3 1 7 3 5 1 Più Ital 1 4 9 1 5 2 2 1 1 13 2 Italiano 1 1 1 14 12 1 5 1 1 1 7 12 n r 1 1 1 Tabella n. 5 - Risposte, con distribuzione per quartiere, alle domande nn. 8 (genitori), 10 (figli), 12 (amici) in rapporto al titolo di studio 2_IH_Italienisch_69.indd 86 2_IH_Italienisch_69.indd 86 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 87 Nicola De Blasi Persistenze e variazione a Napoli Licenza Elementare Laurea 8 A Solo dialetto 71 6 8 B Più dialetto che italiano 5 2 8 C Dialetto e italiano 9 16 8 D Più italiano che dialetto 5 17 8 E Solo italiano 6 47 8 Non rispondono 8 5 10 A Solo dialetto 32 2 10 B Più dialetto che italiano 8 10 C Dialetto e italiano 8 10 D Più italiano che dialetto 9 1 10 E Solo italiano 22 45 10 Non rispondono 25 45 12 A Solo dialetto 62 4 12 B Più dialetto che italiano 7 2 12 C Dialetto e italiano 21 12 12 D Più italiano che dialetto 8 33 12 E Solo italiano 4 41 12 Non rispondono 2 1 Tabella n. 6. Totali delle risposte alle domande nn. 8, 10, 12 per titolo di studio Per chi conosce la realtà napoletana gli esiti del questionario risultano forse abbastanza prevedibili (e di fatto corrispondono in sostanza a quelli già ipotizzati); tuttavia non si può negare che l’apporto di dati numerici sia significativo. L’indagine tra l’altro mette in luce, più di quanto non sia accaduto finora, una situazione di permeabilità tra napoletano e italiano, dal momento che i medesimi parlanti mostrano di poter passare da una varietà all’altra (anche se permangono quote di dialettofoni o di italofoni esclusivi). Sul versante della diffusione dell’italiano appare quindi sostanzialmente confermata l’idea di Tullio De Mauro che sottolinea come ormai l’italiano sia alla portata dei parlanti indipendentemete dal livello di istruzione. Tale elemento rappresenta una novità rispetto alla situazione italiana della fine dell’Ottocento: 2_IH_Italienisch_69.indd 87 2_IH_Italienisch_69.indd 87 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 8 8 Persistenze e variazione a Napoli Nicola De Blasi «L’uso dell’italiano era riservato, Roma e Firenze a parte, a chi aveva un livello relativamente alto di istruzione. Oggi invece la metà circa della popolazione che dichiara di parlare italiano è dotata della sola licenza elementare e all’uso della lingua comune si affacciano anche persone sfornite di ogni titolo. Al progresso della diffusione dell’uso dell’italiano non ha corrisposto e non corrisponde un pari aumento di livelli di scolarità. È un fatto nuovo nella nostra storia linguistica: l’italiano è usato attivamente ben aldilà dei confini della fascia dotata dell’istruzione postelementare più elevata». 16 Come già si è accennato, però, un livello medio o elevato di scolarizzazione non garantisce un buon possesso della lingua: «Non sempre i livelli formali di scolarità coincidono con buoni livelli del possesso della lingua». 17 I due aspetti evidenziati da De Mauro forse non sono tra loro in contrasto; vale a dire che in caso di necessità quasi tutti i parlanti sono in grado di usare (con modalità diversificate) l’italiano, ma evidentemente molti parlanti per la comunicazione spontanea e informale preferiscono forme più immediate che possono coincidere con il dialetto. Tale preferenza per il dialetto risalta senz’altro a Napoli soprattutto, come si è detto, in rapporto ad alcuni elementi variabili (diatopici, diafasici, diastratici). In relazione a quanto anticipato a proposito della vicenda storica di Napoli è possibile insomma che tra gli elementi che favoriscono la buona conservazione del dialetto vada considerato rilevante il radicamento abitativo, con la conseguente tenuta di un tessuto comunicativo all’interno dei diversi ambienti sociali. 4. Elementi di novità nello spazio urbano In un quadro di differenziazione tra quartieri che non sfugge all’osservazione e alla valutazione di chi conosce la città, si è inserita negli ultimi decenni, come un nuovo elemento di diversificazione, la presenza di numerosi immigrati (ormai oltre 30.000). Pertanto gli immigrati raggiungono ora in città una percentuale del 3% sul totale dei residenti. A queste cifre va poi aggiunto il numero dei migranti non censiti. La localizzazione dei «nuovi napoletani» nello spazio urbano ha un’immediata rilevanza linguistica, perché si determinano nuovi contatti tra l’italiano, il napoletano e le altre lingue. In particolare in città risulta evidente la presenza di gruppi che tendono a concentrarsi in alcune zone. Mentre i numerosi lavoratori provenienti dall’Ucraina tendono in genere a risiedere presso il luogo di lavoro, poiché per loro prevalgono gli impegni cosiddetti 2_IH_Italienisch_69.indd 88 2_IH_Italienisch_69.indd 88 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 8 9 Nicola De Blasi Persistenze e variazione a Napoli notte e giorno, i migranti che provengono dallo Sri-Lanka (attualmente stimabili in almeno 6 -7000 presenze) risiedono di preferenza in alcune zone del centro storico. La presenza srilankese si nota in particolare in alcune strade (per esempio via Francesco Saverio Correra), come del resto dimostra il recente film Into Paradiso di Paola Randi (2010), che è ambientato proprio nella zona del cosiddetto Cavone (dove si trova via Correra); il film, portando sullo schermo i nuovi abitanti srilankesi, offre l’efficace e verosimile immagine di una città che cambia. Nel quartiere di San Lorenzo è invece alta la concentrazione di cinesi, che tendono ad abitare nella zona (specialmente nell’area della Duchesca e nei dintorni) in cui svolgono le loro attività commerciali. Un luogo della città in cui, molto più che altrove, si percepisce il cambiamento è piazza Garibaldi, al centro della zona identificata dai napoletani come Ferrovia. A questa zona è dedicato il film Bianco e nero alla Ferrovia (2006) di Antonio Capuano. Le nuove presenze, se da un lato sono indizio di evidenti novità, dall’altro si pongono anche in una linea di continuità rispetto alla precedente storia di Napoli, che in effetti da alcuni secoli è stata sempre percepita come metropoli, cioè come luogo di accoglienza e di incontro per genti di diversa origine (si pensi alle consistenti immigrazioni di cittadini provenienti nei secoli dalle province un tempo appartenenti al Regno di Napoli). Con le caratteristiche di diversificazione interna e come luogo di incontro dialettico e produttivo tra persone, Napoli si avvia a diventare «città metropolitana», in un senso propriamente istituzionale, visto che con le modifiche all’art. 114 della Costituzione si annuncia il nuovo status delle città italiane più grandi: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato [...]». Le città metropolitane nasceranno da un accorpamento delle attuali province: si prospetta quindi, su scala ancora più ampia, una situazione che per Napoli già si è determinata nel 1927, quando furono aggregati a Napoli una serie di comuni prima autonomi (da San Giovanni a Teduccio a Secondigliano). Se tutti i centri della provincia entreranno nella nuova istituzione, Napoli, considerando l’attuale consistenza demografica della sua provincia (3.035.918 abitanti in circa 1100 Kmq.), potrebbe quasi pareggiare il numero di abitanti della città metropolitana di Milano (3.043.501 abitanti in circa 1500 Kmq). Nella città metropolitana si proporranno probabilmente nuove dinamiche di convivenza tra centri demograficamente rilevanti: si pensi che nella provincia di Napoli rientrano città che hanno un numero di abitanti superiore a quello di molti attuali capoluoghi di provincia e di alcuni capoluoghi di regione: è il caso di Acerra (56647 ab.), Afragola (62751 ab.), Casalnuovo 2_IH_Italienisch_69.indd 89 2_IH_Italienisch_69.indd 89 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 9 0 Persistenze e variazione a Napoli Nicola De Blasi (48726 ab.), Castellammare (66087 ab.), Ercolano (53582 ab.), Giugliano (106591 ab.), Marano di Napoli (56568 ab.), Portici (55640 ab.), Pozzuoli (80285 ab.), San Giorgio (45058 ab.), Torre Annunziata (43638 ab.), Torre del Greco 85989 ab.). Tutti questi centri (e altri) hanno finora conservato riconoscibili specificità linguistiche). 18 Sembra difficile che il quadro linguistico possa mutare in modo profondo in tempi brevi, mentre è probabile che, come è accaduto per i quartieri della città attuale, permangano anche nella città metropolitana elementi di connotazione diatopica, che in qualche caso potranno configurarsi come effettive differenze di tipo fonetico, morfologico e lessicale. Questi aspetti, però, qui sono segnalati solo come spunto di riflessione, poiché, com’è noto, non è mai agevole, né produttivo sbilanciarsi in previsioni relative agli usi linguistici del futuro. Abstract. Ausgehend von einer historischen Betrachtung des städtischen Raums Neapel werden in dem vorliegenden Beitrag die Ergebnisse einer Feldforschung präsentiert, die die diatopischen Varietäten des Sprachgebrauchs in Neapel dokumentiert. Note 1 Aldo Rossi, L’architettura della città, a cura di Daniele Vitale, Padova: Clup 1987, p. 50. 2 Nicola De Blasi, «Perché a Napoli non tutti parlano il napoletano? Riflessione sulle implicazioni linguistiche del ruolo di capitale», in: Lo spazio del dialetto in città, a cura di Carla Marcato e Nicola De Blasi, Napoli: Liguori 2006, p. 219 - 235. 3 Per questo aspetto rinvio a Nicola De Blasi, «Vitalità e fortuna del dialetto a Napoli dopo l’Unità», in: Archivio storico per le province napoletane, 130/ 2012, p. 189 - 206. 4 Giovanni Muto, «Le tante città di una capitale: Napoli nella prima età moderna», in: Rivista di storia urbana, 123 / 2009, p. 19 - 54 (p. 32). 5 Giovanni Vitolo/ Leonardo Di Mauro, Breve storia di Napoli, Pisa: Pacini 2006, p. 93. 6 Benedetto Croce, «Salvatore Di Giacomo», in: Nuove pagine sparse, ora in: Filosofia. Poesia. Storia. Pagine tratte da tutte le opere a cura dell’autore, Milano-Napoli: Ricciardi 1951, p. 1128. 7 «La Pasqua di Napoli. Illustrazioni del pittore V. La Bella», in: La domenica del Corriere, 4/ 1902, p. 3 - 4. 8 Emilio Luongo / Antonio Oliva, Napoli come è, Milano: Feltrinelli 1959, p. 60. 9 Pier Paolo Pasolini, «Dichiarazione del 1971», in: Saggi sulla politica e sulla società, Milano: Mondadori,1999, p. 230 - 231. 10 Da una recensione apparsa tempo fa in rete (in un sito denominato www.ilc.it) con firma di Jean Pier Cavaillé (della école des Hautes études), si direbbe che non tutti siano disposti ad accettare l’idea che una realtà urbana sia differenziata al suo interno dal punto di vista sociolinguistico (in rapporto ad aree più aperte o più chiuse, più conservative o meno conservative). Per inciso si segnala che lo stesso autore della recensione non ritiene accettabile che il napoletano sia definito dialetto, segno che al di fuori dell’ambito degli 2_IH_Italienisch_69.indd 90 2_IH_Italienisch_69.indd 90 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 91 Nicola De Blasi Persistenze e variazione a Napoli studi linguistici permane una certa ostinazione nel ritenere che la qualifica di dialetto sia una qualifica spregiativa. Ciò, a ben guardare, potrebbe forse rivelare una forma particolare di pregiudizio antidialettale, che svelerebbe la propensione a distinguere tra varietà degne di considerazione, meritevoli della qualifica di lingua, e altre, meno degne, per le quali sarebbe adeguata la qualifica di dialetto: com’è noto, però, non è questa la prospettiva di chi studia la storia linguistica italiana. 11 Nicola De Blasi, «Per la storia contemporanea del dialetto nella città di Napoli», in: Lingua e stile, 37/ 2002, p. 123 -157. 12 Aldo Rossi: L’architettura della città, cit., p. 39-40; mio il corsivo nella citazione. 13 Nicola De Blasi: «Dialetti in rete, l’idea di norma e la difesa delle minoranze linguistiche (con il sacrificio delle ‹minimanze›)», in: Dialetti: per parlare e parlarne, a cura di Patrizia Del Puente, Atti del I Convegno internazionale di Dialettologia - Progetto A.L.Ba, Potenza: Ermes 2010, p. 13 -31, 14 All’indagine hanno partecipato Ivana Bruno, Raffaella Buonopane, Claudia D’Aniello, Alexandra Dufeu, Lucrezia Girardi, Ida Grasso, Eva Imperatore, Eleonora Naddeo, Claudio Pisco, Paola Savinelli, Assunta Claudia Scotto di Carlo, Marco Sorrentino, Alessandra Fanelli, Amalia Zaccaro. Ringrazio qui gli studenti che hanno condotto l’indagine sul campo inserita tra le attività del corso. Con il rischio di errori di calcolo e di analisi è anche mia la responsabilità dell’impostazione del questionario, della sistemazione complessiva e dell’interpretazione dei dati. 15 Per le prime due domande, naturalmente, non si dispone delle risposte di tutti gli intervistati poiché non tutti i parlanti hanno figli e alcuni parlanti non hanno più i genitori. 16 Tullio De Mauro, «Saluto iniziale. L’Italia linguistica in cammino nell’età della Repubblica», in: Italia linguistica anno mille Italia linguistica anno Duemila, a cura di Nicoletta Maraschio e Teresa Poggi Salani, Roma: Bulzoni 2003, p. 11-18 (p. 16). 17 Ibidem, p. 18. 18 Edgar Radtke, I dialetti della Campania, Roma: Il calamo 1997; Nicola De Blasi, Profilo linguistico della Campania, Bari-Roma: Laterza 2006. Bibliografia Croce, Benedetto: «Salvatore Di Giacomo», in: Nuove pagine sparse, ora in: Filosofia. Poesia. Storia. Pagine tratte da tutte le opere a cura dell’autore, Milano - Napoli: Ricciardi 1951, p. 1128. De Blasi, Nicola: «Per la storia contemporanea del dialetto nella città di Napoli», in: Lingua e stile, 37/ 2002, p. 123 - 157. De Blasi, Nicola: Profilo linguistico della Campania, Bari-Roma: Laterza 2006. De Blasi, Nicola: «Perché a Napoli non tutti parlano il napoletano? Riflessione sulle implicazioni linguistiche del ruolo di capitale», in: Lo spazio del dialetto in città, a cura di Carla Marcato e Nicola De Blasi, Napoli: Liguori 2006, p. 219 - 235. De Blasi, Nicola: «Dialetti in rete, l’idea di norma e la difesa delle minoranze linguistiche (con il sacrificio delle ‹minimanze›)», in: Dialetti: per parlare e parlarne, a cura di Patrizia Del Puente, Atti del I Convegno internazionale di Dialettologia - Progetto A.L.Ba, Potenza: Ermes 2010, p. 13 - 31. De Blasi, Nicola: «Parlanti in contatto nello spazio urbano di Napoli», in: Lingue in contatto e plurilinguismo nella cultura italiana, a cura di Mirella Pasquarelli Clivio, New York-Ottawa-Toronto: Legas 2011, p. 19 - 46. 2_IH_Italienisch_69.indd 91 2_IH_Italienisch_69.indd 91 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 92 Persistenze e variazione a Napoli Nicola De Blasi De Blasi, Nicola: Storia linguistica di Napoli. Roma: Carocci 2012. De Blasi, Nicola: «Vitalità e fortuna del dialetto a Napoli dopo l’Unità», in: Archivio storico per le province napoletane, 130/ 2012, in stampa. De Mauro, Tullio: «Saluto iniziale. L’Italia linguistica in cammino nell’età della Repubblica», in: Italia linguistica anno mille Italia linguistica anno Duemila, a cura di Nicoletta Maraschio e Teresa Poggi Salani, Roma: Bulzoni 2003, p. 11 - 18. «La Pasqua a Napoli. Illustrazioni del pittore V. La Bella», in: La domenica del Corriere, 4 / 1902, p. 3 - 4. Luongo, Emilio/ Oliva, Antonio: Napoli come è, Milano: Feltrinelli 1959. Muto, Giovanni: «Le tante città di una capitale: Napoli nella prima età moderna», in: Rivista di storia urbana, 123/ 2009, p. 19 - 54. Pasolini, Pier Paolo, «Dichiarazione del 1971», in: Saggi sulla politica e sulla società, Milano: Mondadori 1999, p. 230 - 231. Radtke, Edgar: I dialetti della Campania, Roma: Il calamo 1997. Rossi, Aldo: L’architettura della città, a cura di Daniele Vitale, Padova: Clup 1987. Vitolo, Giovanni/ Di Mauro, Leonardo: Breve storia di Napoli, Pisa: Pacini 2006, p. 93. 2_IH_Italienisch_69.indd 92 2_IH_Italienisch_69.indd 92 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05