Italienisch
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Narr Verlag Tübingen
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2013
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Fesenmeier Föcking Krefeld OttMonica Biasiolo: Giaime Pintor und die deutsche Kultur. Auf der Suche nach komplementären Stimmen. Heidelberg: Universitätsverlag Winter 2010, pp. 586, € 93,50
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2013
Erminio Morenghi
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132 Buchbesprechungen Monica Biasiolo: Giaime Pintor und die deutsche Kultur. Auf der Suche nach komplementären Stimmen . Heidelberg: Universitätsverlag Winter 2010, pp. 586, € 93,50 Si offre all’attenzione degli italianisti, dei germanisti e dei cultori di questioni tedesche un volume corposo, articolato in dieci capitoli («Forschungsanlage zur Rezeption eines antifaschistischen Intellektuellen: Schriften pro und contra Giaime Pintor»; «Una vocazione intellettuale»; «Begegnung durch die Übersetzung»; «Pintor als Hermetiker: Eine widersprüchliche Identität»; «Zwei Anthologien für Bompiani: Germanica und Teatro tedesco»; «Zwei Jahre bei Einaudi»; «Zwischen Deutschland, America und Sizilien»; «Treffpunkt Weimar: Literatur und Politik»; «Synthese der Konstanten») e quarantotto sottocapitoli unitamente a una brillante introduzione, a un’appendice articolata e a un ricco apparato illustrativo-bibliografico che la giovane studiosa Monica Biasiolo dell’Università di Erlangen-Nürnberg dedica a Giaime Pintor (1919-1943) e al suo intenso rapporto con la cultura tedesca, a una delle figure più controverse e sfaccettate dell’intellighenzia italiana del Ventennio. Le fitte pagine di questo studio presentano elementi nuovi che arricchiscono la portata del profilo intellettuale e umano di Pintor sulla scorta di informazioni inedite, di analisi testuali e comparative accattivanti che ineriscono sia l’ambito extra-testuale sia quello letterario tout court. Il volume si apre con una messa a punto ragionata della recezione dell’opera poliedrica di Pintor alla luce degli scritti dei suoi sostenitori e detrattori di ambito italiano, appartenenti prevalentemente al mondo della sinistra, che per un verso ha salutato il giovane autore come antifascista, comunista, eroe della Resistenza e modello di un’intera generazione (già definita dallo stesso Pintor «perduta che ha visto infranto le sue carriere»), ma che per un altro ha puntato il dito sul fatto che il giovane intellettuale abbia goduto di buon entrature politiche nell’élite culturale del Ventennio. Del resto lo sguardo acuto di Pintor rivolto ai contesti della cultura ufficiale italiana dominati ancora dall’estetismo dannunziano, dal magistero storicista di Croce, dalla figura numinosa di Papini fondatore instancabile di molte riviste (tra l’altro Leonardo, Il Regno, La voce, Lacerba), dall’ermetismo, ha colto non pochi limiti del provincialismo italiano autarchico collegato con i cosiddetti paesi alleati dell’Asse. La conoscenza delle lingue europee soprattutto del francese e del tedesco, quest’ultima appresa in parte da autodidatta, gli permetterà di accedere direttamente alle opere di carattere letterario e filosofico, di varcare i confini di un’Italia fascista che celebrava i fasti del suo consolidamento interno e della sua alleanza con la Germania nazista. La maturazione della coscienza politica di Pintor come pure la sua critica, non 2_IH_Italienisch_69.indd 132 2_IH_Italienisch_69.indd 132 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 13 3 Buchbesprechungen sempre cauta rispetto alle disposizioni della censura ufficiale di regime, rivolta ai totalitarismi di destra con i suoi apparati ideologici avviene attraverso la riflessione su concetti cardine del pensiero europeo come, ad esempio, quello di romanticismo, caro alla tradizione culturale tedesca (Pintor ha letto o tradotto eminenti autori quali i fratelli Schlegel, von Arnim, Tieck con una puntata a Kleist di per sé eterodosso) cercando di liberarlo da quel pathos che costituisce «il più grave peso morto che l’Europa intellettuale si trascina» (p. 107). I miti romantici rappresentano per lui «gli idoli a cui sacrifica la parte più corrotta d’Europa« (p. 107), alludendo senza giri di parole soprattutto al Nazionalsocialismo. È dal riconoscimento della decadenza che è derivata da una certa accezione di romanticismo, in particolare quella che fa leva sull’attaccamento al suolo patrio, al sangue e alla razza - si ricordi la Blut-und-Boden-Literatur - che Pintor recupera la Dea Ragione di Robespierre, ossia le istanze illuministiche rivoluzionarie e nel contempo quelle risorgimentali. L’interesse di Pintor per la componente morale e politica lo orienteranno verso la lettura di Jünger, Remarque, Wiechert, nelle cui opere la guerra e le dinamiche del potere militarista dittatoriale costituiscono non solo lo sfondo, ma pure i temi centrali, su cui si incentra la narrazione. Nelle sue recensioni ai romanzi di questi autori, Pintor ne coglierà in modo disincantato i pregi e i limiti scegliendo come criterio di giudizio critico l’autenticità esistenziale presente in tali lavori libera dalla roboante e vuota retorica declinata secondo i dettami della propaganda di regime. Ma la critica alla cosiddetta «lingua dei barbari» (usando un’espressione di Erika Mann), avviene in Pintor nella tensione «zwischen zwei unterschiedlichen Bedeutungslinien (eine Bedeutungsebene zeichnet das literaturkritische Bild, die andere dagegen verweist auf jene Elemente, die von der Zensur als bedrohlich betrachtet, jedoch dabei unsichtbar bleiben sollten) fühlbar ist, die die Meta-Ebene seiner Literaturkritik aufdeckt» (p. 117). È questa la chiave ermeneutica adeguata per interpretare il tenore della sua saggistica e delle sue recensioni (apparse nelle riviste Letteratura, Oggi, Roma fascista, La nuova Europa, Primato, Aretusa), della fervida collaborazione biennale presso la casa editrice Einaudi (cfr. p. 307-378), dei progetti editoriali per la Bompiani che porteranno alla pubblicazione delle due antologie Germanica (1942) e Teatro tedesco (uscita postuma nel 1946), nonché le sue traduzioni dal tedesco delle poesie di Rilke, Hofmannsthal, Trakl e delle opere in prosa di E. Jünger, K. Kerst, H. Hesse, G. Britting, P. Alverdes. Il viaggio intellettuale di Pintor attraversa la Germania letteraria nazista («La Germania di oggi perpetua la retorica dell’uomo inattuale», p. 391), di cui recensisce il volume Deutsche Dichter unserer Zeit (1939) curato da H. Gerstner e K. Schworm, alcune opere di E. Jünger e di E. Wiechert e il romanzo Die Geächteten di E. von Salomon, tocca l’America 2_IH_Italienisch_69.indd 133 2_IH_Italienisch_69.indd 133 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 13 4 Buchbesprechungen filtrata attraverso la lezione di Pavese e di Vittorini (cfr. p. 379 - 415) e salutata come «Der Neue Kontinent […] im Hinblick auf die Entwicklung der Menschheit» e in qualità di «Katalysator» (p. 392), cui si aggiunge la Sicilia evocata dalla forza descrittiva della scrittura di Vittorini in Conversazione in Sicilia che «ha un valore assoluto di allegoria, unica allegoria possibile del sentimento, discorso in cui gli uomini e le cose portano i segni a noi familiari e tuttavia sono sempre molto remoti oltre i limiti della cronaca» (p. 397). Ma il ruolo centrale all’interno dei percorsi intellettuali del germanista Pintor spetta alla traduzione, al compito del traduttore che è quello di «sich kritisch mit dem Text auseinanderzusetzen, anstatt diesen unreflektiert zu imitieren» (p. 129), offrendo a se stesso e ai lettori l’opportunità di incontrare nuove opere e nuovi autori. Pintor fu un enfant prodige dell’arte del tradurre. Vi si dedicò appena appresi i primi rudimenti della lingua tedesca, la cui conoscenza egli perfezionerà nel corso degli anni anche grazie all’insegnamento della filologa e germanista Olga Gogala di Leesthal. La sua attività traduttiva avverrà sotto la costellazione di Rilke (Sonetti a Orfeo), Hofmannsthal (Il pazzo e la morte), Trakl (Al ragazzo Elis, Hohenburg, Canto serale, In primavera), le cui composizioni poetiche verranno rese in versione italiana sulla scorta di un registro linguistico ermetico, antiretorico, personale che saprà offrire le parole e le espressioni più efficaci ed equivalenti nella difficile negoziazione tra il testo di partenza e quello di arrivo. Il piano critico della prassi traduttiva di Pintor non è mai disgiunto da quello metacritico che intende liberare la lingua italiana (veicolo della traduzione) dalla retorica di regime, dall’accademisno ottocentesco, dal dannunzianesimo estetizzante. L’impegno del traduttore diviene quindi anche un impegno sociale e politico sia pure sul versante linguistico e letterario. Nella prassi traduttiva delle poesie egli rispetta la rima e il ritmo che gli garantiscono la necessaria musicalità e l’adeguato slancio poetico, per cui egli non punta tanto alla riproduzione esatta dei versi ma a «ein möglichst genaues Äquivalent des eigentlichen Klangs des Gedichtes zu bilden» (p. 469). La pagina letteraria nelle sue diverse articolazioni quanto al genere ha rappresentato per Pintor il laboratorio più idoneo per affrontare criticamente le aporie del suo tempo, è stata una sorta di resistenza interiore attiva volta a denunciare i cliché obsoleti della propaganda ideologica dei totalitarismi di destra, le censure e il vuoto, roboante e macabro trionfalismo di regime, la sua è stata una resistenza intellettuale aristocratica, raffinata che ha dovuto fare i conti con l’illetterarietà dei capi, con la loro delirante e demagogica sete di potere. La consapevolezza di Pintor dello stretto rapporto che intercorre tra letteratura e politica, lo aiutò senza dubbio ad affrancarsi sempre di più dall’entourage culturale del cosiddetto fascismo militante e ad aderire agli ideali del movimento della Resistenza in stretto contatto con gli Alleati (cfr. 2_IH_Italienisch_69.indd 134 2_IH_Italienisch_69.indd 134 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05 135 Buchbesprechungen p. 445- 466), in nome dei quali perderà la vita il 1° dicembre 1943 a Castelnuovo al Volturno nel corso di un’azione partigiana sulla via per Roma. Tale nesso problematico trova un momento di profonda riflessione in occasione del suo invito a presenziare nell’ottobre 1942 in compagnia dell’amico Elio Vittorini al Congresso degli scrittori tedeschi nella Weimar nazista addobbata a dovere per quell’evento cruciale. Le simpatie filonaziste che gli sono state attribuite sono ben presto fugate dal rendiconto a dir poco azzardato, se si considera lo sguardo attento della censura fascista in quegli anni, che egli diede del simposio, cui prese parte come invitato esterno, rendiconto titolato Scrittori a Weimar che scrisse per la rivista Primato e che apparve solo nel 1950 in Sangue d’Europa con il titolo modificato in Il mondo offeso. Biasiolo ricostruisce con dovizia di particolari, talvolta inediti in Italia, quell’importante appuntamento intellettuale e in particolare lo stato d’animo e le impressioni che Pintor ne ebbe soprattutto relativamente all’ultimo giorno in cui Goebbels tenne un solenne discorso di chiusura toccando tutti i più importanti cliché della propaganda ufficiale nazista. Il volume di Monica Biasiolo è, in buona sostanza, avvincente, davvero ricco di stimoli, di spunti di riflessione, di informazioni inedite, di analisi testuali puntuali che ricompongono con un piglio critico maturo, nonostante la giovane età della studiosa, la figura poliedrica e controversa di Giaime Pintor che il fratello Luigi ebbe a definire in un’intervista, «non tanto inquadrabile». Erminio Morenghi 2_IH_Italienisch_69.indd 135 2_IH_Italienisch_69.indd 135 23.04.13 16: 05 23.04.13 16: 05