eJournals Italienisch 36/71

Italienisch
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Narr Verlag Tübingen
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2014
3671 Fesenmeier Föcking Krefeld Ott

L'argomentazione verosimile in Storia della Colonna infame di Alessandro Manzoni

61
2014
Gianluca Cinelli
ita36710040
4 0 gI a N Luca cI N e L L I L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame di alessandro Manzoni* Manzoni trova il soggetto di Storia della colonna infame già elaborato nelle storie Milanesi del Seicento e poi nelle successive interpretazioni del processo fino alle Osservazioni sulla tortura di Verri, 1 ma nonostante ciò avverte il problema del «verosimile», come si evince dall’introduzione alla prima redazione, dove l’autore avanza una difesa auto-ironica al sospetto «di aver scritto un romanzo e non ‹una storia vera di quel tempo›» 2 La storia del processo agli untori subisce una profonda riorganizzazione testuale durante la lunga gestazione da appendice storica al Fermo e Lucia a testo gradualmente autonomo e complementare al romanzo nelle due versioni successive in cui, come è noto, l’impostazione storico-saggistica tende a prevalere su quella romanzesco-narrativa . 3 Manzoni non persegue la storia come mera narrazione di ciò che è stato 4 e usa le fonti e i documenti (in buona parte già usati da Verri) non soltanto allo scopo di stabilire una verità attraverso la presentazione di prove, 5 bensì allo scopo di condurre una riflessione morale Ciò che suscita in Manzoni un tormentoso interesse attorno al processo agli untori non è la vicenda in sé, bensì il fatto che in essa si possono cogliere «le vere ragioni dell’ingiustizia, che sono nelle passioni perverse degli uomini, sempre possibili, sotto qualsiasi regime», il che fa dell’operazione storiografica manzoniana un gesto etico 6 contro cui le accuse di anacronismo paiono infondate . 7 Infatti Manzoni non pratica la storia come scienza antiquaria e erudita bensì come una forma di antropologia, vedendo nel passato una struttura che si ripete attraverso le epoche del mondo, cioè la generazione del male nella subordinazione della ragione alle passioni Partendo da questo orizzonte d’attesa, si può riconoscere in Storia della colonna infame un testo che riassume e porta alle estreme conseguenze tutti gli argomenti fondamentali del pensiero e della poetica dell’autore Con Storia della colonna infame la letteratura è chiamata a cercare le condizioni dell’ingiustizia nella storia spazzolando «contropelo» le fonti e la stessa tradizione delle interpretazioni che tramandano il processo, 8 di penetrarne il cuore morale Storia della colonna infame, benché vada contro il romanzo pur restandone un pezzo, 9 nel suo progressivo emanciparsi da esso non rappresenta «la postuma appendice documentaria di un romanziere sopravvissuto a se stesso, bensì una sua nuova prova narrativa» 10 e al termine di questo percorso di graduale emancipazione c’è l’approdo a una letteratura che si nutre di realtà e che alla realtà ambisce a ritornare come strumento etico di trasformazione dei rapporti fra gli uomini, 11 una letteratura liberata dal vincolo dell’invenzione e che persegue 2_IH_Italienisch_71.indd 40 14.05.14 18: 22 41 Gianluca Cinelli L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame finalità tradizionalmente bandite come extra-letterarie quali l’utile, l’educazione etica, o il piacere della critica Il rapporto fra la retorica del «vero positivo» e quella del «verosimile» consiste non tanto nella natura della materia, quanto nella «unità d’azione», con la quale «non si vuol indicare certo la rappresentazione di un fatto semplice e isolato, ma la rappresentazione di un seguito di avvenimenti legati tra loro», 12 e quindi un’unità niente affatto arbitraria bensì insita «nella natura stessa della nostra intelligenza» . 13 Manzoni sostiene che «per separare alcuni fatti particolari dalla catena generale della storia, e presentarli isolati, bisogna che l’autore sia spinto, sia diretto, da una ragione; bisogna che questa ragione sia insita nei fatti stessi», 14 e tuttavia resta consapevole del rischio di cadere nell’equivoco di cogliere l’unità già nella realtà: «Ma esiste realmente tale unità nella natura dei fatti storici? Non vi esiste in maniera assoluta, perché nel mondo morale, come nel mondo fisico, ogni esistenza è a contatto con altre esistenze; ma vi esiste in maniera approssimativa […] Che cosa fa dunque il poeta? Trasceglie, nella storia, alcuni avvenimenti interessanti e drammatici, i quali siano così profondamente legati l’uno all’altro, e lo siano così debolmente con ciò che li ha preceduti e seguiti, che la mente, vivamente colpita dal loro reciproco rapporto, si compiaccia a considerarli uno spettacolo unitario, e vivamente si applichi a cogliere tutta l’estensione, tutta la profondità del rapporto che li unisce, a individuare il più nettamente possibile le leggi di causa e di effetto che li governano .» 15 Manzoni considera il lavoro dello storico e del poeta uguali dal punto di vista formale: «ricondurre a un punto di vista unitario, e come in virtù di un’unica intuizione, molti fatti separati dalle condizioni del tempo e dello spazio, scartando gli altri fatti che ad essi sono collegati soltanto per coincidenze accidentali» per il primo; trascegliere, «nella storia, alcuni avvenimenti interessanti e drammatici, i quali siano così profondamente legati l’uno all’altro, e lo siano così debolmente con ciò che li ha preceduti e seguiti, che la mente, vivamente colpita dal loro reciproco rapporto, si compiaccia a considerarli uno spettacolo unitario», per il secondo L’azione unitaria è propriamente «l’insieme e la successione di tutti i fatti rappresentati», 16 ovvero quel che Ricoeur chiama mythos in Temps et récit . 17 Se sul piano formale, quindi, la narrazione storica e quella poetica si fondano sull’unità d’azione, ciò che le distingue è la materia, alla quale l’elaborazione retorica è strettamente connessa In Del romanzo storico la riflessione sul rapporto fra vero e verosimile si impernia non più soltanto sul problema estetico dell’unità di azione 2_IH_Italienisch_71.indd 41 14.05.14 18: 22 42 L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame Gianluca Cinelli del racconto, ma sul problema logico dell’«assentimento» della ragione alla verità esposta in un determinato racconto È con questo argomento che Manzoni separa nettamente storia e poesia, perché alle due forme espressive fa corrispondere due tipi distinti di assentimento, quello storico e quello poetico Il primo consiste in un «assentimento sui generis, esclusivo, incomunicabile, che si dà alle cose apprese come cose di fatto», il secondo è quello «ugualmente sui generis, esclusivo, incomunicabile, che si dà alle cose apprese come meramente verosimili» . 18 O si crede nel «vero» o si crede nel «verosimile», e se «conoscere è credere» 19 allora i due piani logici non possono essere mescolati se non con la conseguenza perniciosa di ingannare Manzoni legittima la pretesa di verità tanto della storia quanto dell’invenzione, perché l’effetto dell’arte è in ogni caso assoluto se riposa sul riconoscimento di una «incorruttibile entità» dell’oggetto artistico, una vera e propria «aura» Di conseguenza la verità appartiene tanto alla storia, cioè al «vero positivo», quanto alla poesia, cioè al verosimile, e ciò in virtù di un assentimento logico che non ammette antinomie o ambiguità: o la ragione assentisce «storicamente» credendo che gli oggetti che conosce siano «cose di fatto», oppure assentisce poeticamente, credendo che gli oggetti che conosce siano «cose meramente verosimili», possibili È vera quindi quella narrazione che «proponendosi un fine sensato, adopra i mezzi più adatti a ottenerlo fin dove si può», e quindi si impegna a fornire una cognizione «non perfetta, ma effettiva» dei fatti del passato, anche là dove non può procedere se non per via di congettura . 20 In relazione alla forma del narrare, ciò non significa che la storia apparirà diversa dal racconto romanzesco, più analitica, o meno indulgente alle immagini fantasiose e metaforiche, ma piuttosto che i due racconti, formalmente identici, costituiranno il corpo dell’enunciazione, con le sue regole di stile e esecuzione, in modo assoluto e autonomo Una narrazione storica potrà essere al presente e includere un gran numero di metafore, e non per questo cessare di essere espressione di un «vero positivo» Allo stesso modo un romanzo potrà essere narrato al passato remoto con lunghe esposizioni di fatti e di contesti, e non per questo sarà meno romanzesco Ciò che Manzoni invoca è il discernimento delle due logiche narrative, non delle forme: se la narrazione ha come oggetto il «vero positivo», allora il verosimile, l’immaginato, potrà entrarvi solo in forma di digressione, come congettura, supposizione, sospensione tecnica e esplicita del discorso da parte del narratore per introdurre un’ipotesi di lavoro Allo stesso modo, se la narrazione ha come oggetto il verosimile, allora il «vero positivo» potrà entrarvi solo come digressione, annunciato e proposto come corpo separato, appendice, come nei capitoli storici del romanzo che dispiacquero proprio questa loro separatezza a Goethe Nel discorso storico, quindi, la presenza del verosimile è ammessa solo come mezzo di argomentazione: 2_IH_Italienisch_71.indd 42 14.05.14 18: 22 4 3 Gianluca Cinelli L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame «Non sarà fuor di proposito l’osservare che, anche del verosimile la storia si può qualche volta servire, e senza inconveniente, perché lo fa nella buona maniera, cioè esponendolo nella sua forma propria, e distinguendolo così dal reale E lo può fare senza che ne sia offesa l’unità del racconto, per la ragione semplicissima che quel verosimile non entra a farne parte È proposto, motivato, discusso, non raccontato al pari del positivo, e insieme col positivo, come nel romanzo storico E non c’è nemmeno pericolo che ne rimanga offesa l’unità del componimento, poiché qual legame più naturale, qual più naturale continuità, per così dire, di quella che si trova tra la cognizione e l’induzione? » 21 Manzoni espone un’estetica della narrazione referenziale (storica) fondata sull’assentimento logico alla positività dei fatti esposti, di conseguenza il verosimile come argomentazione di una verità possibile ma non necessaria si presta come strumento nelle mani dello storico là dove questi si trova nell’impossibilità di esporre con forza di evidenza i fatti: «Quando la mente riceve la notizia d’un positivo che ecciti vivamente la sua attenzione, ma una notizia tronca e mancante di parti o essenziali, o importanti, è inclinata naturalmente a rivolgersi a cose ideali che abbiano con quel positivo, e una relazione generale di compossibilità, e una relazione speciale o di causa, o d’effetto, o di mezzo, o di modo, o d’importante concomitanza, che ci hanno dovuta avere le cose reali di cui non è rimasta la traccia È una parte della miseria dell’uomo il non poter conoscere se non qualcosa di ciò che è stato, anche nel suo piccolo mondo; ed è una parte della sua nobiltà e della sua forza il poter congetturare al di là di quello che può sapere La storia, quando ricorre al verosimile, non fa altro che secondare o eccitare una tale tendenza Smette allora, per un momento, di raccontare, perché il racconto non è, in quel caso, l’istrumento bono, e adopra in vece quell’ dell’induzione: e in questa maniera, facendo ciò che è richiesto dalla diversa ragione delle cose, viene anche a fare ciò che conviene al suo novo intento Infatti, per poter riconoscere quella relazione tra il positivo raccontato e il verosimile proposto, è appunto una condizione necessaria, che questi compariscano distinti .» 22 Per Manzoni il momento della congettura, che in termini retorici si caratterizza come uno scarto critico-digressivo dal racconto, è una deviazione del 2_IH_Italienisch_71.indd 43 14.05.14 18: 22 4 4 L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame Gianluca Cinelli ragionamento che in modo circolare tenta di connettere premesse e conclusioni, o cause ed effetti, che non sono immediatamente evidenti Tuttavia la congettura prevede una pre-comprensione, un’anticipazione interpretativa di ciò che si intuisce, date certe premesse, essere un possibile sviluppo con certe possibili conseguenze Lo storico deve quindi saper «scegliere», «scartare», «accozzare», «confrontare», «dedurre» e «indurre» . 23 Come giustamente rilevò Vigorelli nel 1942, lo scopo che Manzoni si prefissava con la doppia lunga rielaborazione del romanzo da un lato e della «pétite histoire» dall’altro era il raggiungimento di un «equilibrio, in termini goethiani, tra verità e poesia; l’attrito in lui tra storia e romanzo, era l’aspetto letterario del suo dissidio», 24 conflitto prima di tutto morale e religioso sul problema della salvezza nella storia umana . *** L’oggetto di Storia della colonna infame è il processo appreso dagli atti della difesa del Padilla e da pochi altri documenti sparsi, e il suo svolgimento costituisce il vero e proprio corpo del racconto Tutto il racconto deve essere recepito con “assentimento storico”, poiché tutto ciò che vi è narrato trova corrispondenza referenziale nei documenti Il racconto storico è dominato dal passato remoto e organizzato da un narratore che, abbandonando l’onniscienza del romanzo, segna un confine preciso fra positivo e verosimile: solo ciò che è conoscibile positivamente entra a far parte del discorso storico, il resto è immaginazione che può essere al limite impiegata per congetturare cause, nessi o effetti I pensieri dei personaggi, il contenuto delle loro coscienze, i conflitti psicologici non costituiscono alcunché di positivo, cionondimeno concorrono alla costruzione dell’argomento storico poiché costituiscono il mezzo linguistico e retorico per l’inferenza e l’interpretazione dei nessi che collegano i fatti, che giustificano la selezione e combinazione che ne fa lo storico, in una parola l’«interessante» Per esempio, il narratore si domanda come poterono i giudici non vedere le inverisimiglianze del racconto della testimone-accusatrice Caterina Rosa, la quale «potrebb’esser benissimo che […] avesse parlato d’una penna da lei vista davvero in mano dello sconosciuto; e ognuno indovina troppo facilmente qual altra cosa poté esser da lei battezzata per vasetto; ché, in una mente che non vedeva che unzioni, una penna doveva avere una relazione più immediata e più stretta con un vasetto, che con un calamaio .» 25 E ancora, quando si domanda come si possa passare da un sospetto alla certezza di un crimine in assenza di indizi e prove, non può che congetturare, 2_IH_Italienisch_71.indd 44 14.05.14 18: 22 4 5 Gianluca Cinelli L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame immaginare uno stato psicologico collettivo, un’atmosfera di paura che acceca le menti: «Il sospetto e l’esasperazione, quando non siano frenati dalla ragione e dalla carità, hanno la trista virtù di far prendere per colpevoli degli sventurati, sui più vani indizi e sulle più avventate affermazioni […] L’essere il primo che trovavan lì nelle vicinanze; l’essere sconosciuto, e non dar di sé un conto soddisfacente: cosa doppiamente difficile quando chi risponde è spaventato, e furiosi quelli che interrogano; l’essere indicato da una donna che poteva essere una Caterina Rosa […] .» 26 Tutto ciò, immagina il narratore, crea assassini là dove la paura vuol vederli, e i giudici, nient’affatto scellerati o ignoranti, seguono coi loro ragionamenti contraddittori nel solco scavato da quelle passioni: «E non paia strano di vedere un tribunale farsi seguace ed emulo d’una o due donnicciole; giacché, quando s’è per la strada della passione, è naturale che i più ciechi guidino Non paia strano il veder uomini i quali non dovevan essere, anzi non eran certamente di quelli che vogliono il male per il male, vederli, dico, violare così apertamente e crudelmente ogni diritto; giacché il credere ingiustamente, è strada a ingiustamente operare, fin dove l’ingiusta persuasione possa condurre […] .» 27 Il verosimile subentra in ogni momento in cui non è possibile conoscere positivamente le premesse o i passi intermedi di una situazione o di un ragionamento, 28 come quello che porta Guglielmo Piazza a calunniare l’innocente Giangiacomo Mora per ottenere l’impunità offertagli dal tribunale: «quello che passò in quell’abboccamento, nessuno lo sa, ognuno se l’immagina a un di presso […] Non pare però punto probabile che il Piazza abbia chiesto lui l’impunità […] ed è ben più credibile, che, per fargli fare quel primo, così strano e orribile passo, per tirarlo a calunniare sé e altri, l’auditore gliel’abbia offerta .» 29 La retorica della congettura sostituisce qui la retorica dell’onniscienza del romanzo: «Ma chi può immaginarsi i combattimenti di quell’animo, a cui la memoria così recente de’ tormenti avrà fatto sentire a vicenda il 2_IH_Italienisch_71.indd 45 14.05.14 18: 22 4 6 L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame Gianluca Cinelli terror di soffrirli di nuovo, e l’orrore di farli soffrire! A cui la speranza di fuggire una morte spaventosa, non si presentava che accompagnata con lo spavento di cagionarla a un altro innocente! Giacché non poteva credere che fossero per abbandonare una preda, senza averne prima acquistata un’altra almeno, che volessero finire senza una condanna .» 30 A differenza del romanzo, dove la coscienza dei personaggi è un libro aperto per il narratore onnisciente, 31 qui essa rimane impervia e buia, un mistero in cui il narratore non può penetrare con passo sicuro . 32 E se la coscienza degli imputati è un enigma, ancor più impenetrabile resta la coscienza dei giudici, nella quale solo Dio può affondare lo sguardo con certezza e capire, discernere: 33 «cosa facevano, trovandosi a tal punto, de’ giudici ai quali la passione non avesse pervertita, offuscata, istupidita la coscienza? Si spaventavano d’essere andati (foss’anche senza colpa) tanto avanti; si consolavano di non essere almeno andati fino all’ultimo, all’irreparabile affatto; si fermavano sull’inciampo fortunato che gli aveva trattenuti dal precipizio .» 34 I personaggi di Storia della colonna infame «sono dati tutti con una tecnica rapida, di fuga […] Ma in questa loro vita scattante, bruciata, i personaggi avanzano un loro intrigo; basta cedere un po’ alla immaginazione, tirare il sipario, scatenare dove il Manzoni interrompeva .» 35 Ma ad una consapevole distinzione fra retorica del «vero positivo» e del verosimile Manzoni approda solo dopo una lunga elaborazione del testo attraverso tre stesure Nell’Appendice storica su la colonna infame (1823/ 24) l’essere stato e il poter essere stato costituiscono un unico coerente piano narrativo in cui non si aprono fessure: «Il Piazza rispose di non saperlo; o fosse che veramente egli occupato nel tristo uficio di far trasportare morti e malati, e sfuggito da ogni persona non avesse udito nulla, o che lo sventurato vedendosi così preso in diffidenza, e diffidando egli ben più ragionevolmente di cui si trovava in mano, stimasse prudenza e accortezza tenersi al largo, mostrarsi, come si dice delle cento miglia, star lontano da ogni cosa che avesse relazione con quel supposto delitto, di cui si voleva farlo riuscir reo Ma il giudice riprese che una tale ignoranza era inverisimile .» 36 2_IH_Italienisch_71.indd 46 14.05.14 18: 22 47 Gianluca Cinelli L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame Ancora più evidente appare la contiguità fra i due registri del «vero positivo» e del verosimile nel passo sul ritorno di Piazza in prigione dopo la tortura: «Ritornato alla carcere, col senso ancor vivo, colla fatigazione dei tormenti sofferti, e coll’angoscia dei tormenti che gli preparava l’instancabile crudeltà d’un giudice che voleva da lui una confessione, destituito d’ogni soccorso, e d’ogni speranza, come un viaggiatore smarrito nei deserti dell’Africa, e caduto in un branco di fiere; ridotto a desiderare come una lieta ventura la morte, quale ella è, non condita dai dolori che gli uomini sanno dare all’uomo, e non potendo nutrire nemmeno una tale speranza, lo sciagurato fu posto ad un altro genere di prova .» 37 Il verosimile rimpiazza la causa mancante nel ragionamento causale: il possibile non ulteriormente verificabile, cioè la coscienza dei giudici e degli imputati, determina il corso del processo, la disgrazia degli innocenti e la catena di orrori Sovente il tempo verbale futuro è la spia del «salto» retorico dalla certezza alla probabilità: «questa circostanza sarà tornata alla mente del Piazza sconvolta e agitata»; 38 «non è tollerabile, non è lecito immaginare che cosa avranno sentito quegli uomini su quel carro»; 39 «a che porta avrà battuto in che angolo si sarà nascosta la progenie del pubblico nemico […]? » 40 Nell’Appendice storica il verosimile prepara da un lato le condizioni per innestare la riflessione morale sul discorso storico, andando a ipotizzare cause là dove non se ne possono addurre, cioè nei fatti di coscienza; 41 dall’altro trasforma la retorica romanzesca in un discorso storico senza causare lacerazioni vistose Così la storia si svolge in un mondo popolato di comparse colte dal narratore in pose e azioni di colore romanzesco, quando gli sbirri “mormoravano fra loro che quella era veramente una fucina di veleni” gettando occhiate di «furore, di minaccia, di scherno» al povero barbiere calunniato Mora; 42 oppure quando fra gli imputati Piazza e Mora, messi a confronto, si consuma «un duello feroce e miserabile tra la paura perversa, e l’innocenza indegnata», 43 perché le loro vite stavano nelle mani dei giudici «come un passere nelle mani d’un ragazzaccio ineducato e scioperato» . 44 Il verosimile permette a Manzoni di presentare la vicenda degli untori ancora come un momento del gran romanzo del Seicento, e di far tralucere dalla storia una riflessione morale che la mera esposizione dei fatti non permetterebbe e non giustificherebbe Perciò nell’Appendice storica il romanzesco è ancora praticato, come dimostra anche il fatto che Manzoni, a differenza di Verri, non usa il termine «romanzo» per indicare in modo spregiativo la macchina di invenzioni, menzogne e inverosimiglianze che caratterizzarono il processo, e preferisce «la variante meno tecnica ‹favola›, ‹fola›, ‹fantasia› . 45 Il termine 2_IH_Italienisch_71.indd 47 14.05.14 18: 22 4 8 L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame Gianluca Cinelli ‹romanzo›, nota Tellini, tornerà invece proprio in funzione polemica in Storia della colonna infame «proprio nel senso comparativo di un genere verisimile contraddetto dalle inverismiglianze delle circostanze reali .» 46 Coerentemente con la tesi esposta nel 1821 nella lettera a M Chauvet, il verosimile assolve principalmente la funzione di integrare la storia e di risalire ai moventi morali dei suoi eventi e di ritrovare la vicenda degli umili: «non se ne sa nulla; nessuna memoria ci fu trasmessa di quella stirpe pur degna di tanta pietà .» 47 Il verosimile e il positivo, al quale il narratore sa di dovere attenersi, 48 sono così i due poli di una tensione che nel 1823 ancora si sviluppa all’interno di una retorica romanzesca da cui Manzoni cerca di emancipare il discorso storico come forma di argomentazione distinta e autonoma La prima redazione di Storia della colonna infame (1827-1833) ricalca l’Appendice storica ma con alcune differenze Anzitutto sono modificate alcune espressioni di «ornato» quali «tese egli tosto il miserabil arco del suo intelletto», 49 che diventa «aguzzò egli tosto il miserabile ingegno»; 50 o come «egli era stanco, scorato; ma gli esaminatori, erano ardenti, animati, alacri, come cani al fiuto della selvaggina», 51 che scompare del tutto nella nuova versione Un altro caso di vistoso rimaneggiamento si trova là dove Manzoni ipotizza un conflitto interiore nella coscienza di Mora esortato a denunciare i suoi complici, conflitto che il narratore non osa restituire come una realtà positiva Manzoni, nel revisionare il passo, non solo lo alleggerisce ma lo spoglia dell’enfasi oratoria del vocativo con il quale nell’Appendice storica si rivolgeva direttamente a Dio: «Dio immortale! Voi, che sebbene nei vostri tesori di giustizia e di misericordia abbiate retribuzioni sovrabbondanti, misure colme di compenso per ogni possibile iniquità, per ogni possibile patimento, pure alle iniquitàe ai patimenti assegnate quaggiù un limite di cui la ragione è nota soltanto alla vostra sapienza, Voi non avete permesso che quei giudici trovassero inverisimile questa risposta dell’infelice Se l’avessero trovata! Se per aver una risposta contraria avessero ricorso allo spediente del dolore! Voi solo potete sapere che cosa avrebbe potuto far dire a quell’uomo il dolore già divenuto arbitrio della sua volontà, e della sua lingua! » 52 Il passo diventa nella prima redazione di Storia della colonna infame: «Dio non permise che i giudici trovassero inverisimile questa risposta Se l’avessero trovata; se per ottenere la risposta contraria avessero ricorso allo spediente del dolore, Dio sa che cosa avrebbe potuto far dire a quell’uomo il dolore, già divenuto arbitro della 2_IH_Italienisch_71.indd 48 14.05.14 18: 22 4 9 Gianluca Cinelli L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame sua volontà e della sua lingua! Dio sa, se non lo avrebbe strascinato fino a cercare nella sua casa, nel suo letto stesso dei complici, dei compagni pel patibolo! » 53 La revisione testuale si limita alla levigazione e all’alleggerimento della forma, che gradualmente perde l’enfasi oratoria e diventa più sobria, pur con minime variazioni di colore o di espressione Ugualmente si può dire del taglio operato sulle pagine relative al processo di Pietro da Saragozza, che nell’Appendice storica sono cariche di pathos oratorio: «Sventurati voi! Il potere di tormentare, lo avete; ma non quello di ritrattare i tormenti […] Ma voi Signori, tanto privilegiati, ai quali fu dato di porre gli occhj in faccia a quel Don Pietro di Saragozza che nessuno aveva mai veduto […] diteci, di grazia, com’è fatto quest’uomo […] Fermatevi per amor del cielo! L’uomo che voi volete alzar colla corda, è il Don Pietro di Saragozza del Mora […] Orbene, quando troverete l’uomo grande e magro colla barba nera, che porti quel nome, farete di lui quello che stimerete a proposito; frattanto non mi tenete su la corda questo .» 54 Se nella prima redazione di Storia della colonna infame la funzione del verosimile rimane quella di completare il non detto, di rimpiazzare quei nessi causali mancanti nelle fonti con altri verosimili immaginati, altro accade invece in Storia della colonna infame (1840-1842) I due registri appaiono qui nettamente separati e distinti, là dove la vera e propria narrazione espone il «vero positivo» e il verosimile è puntualmente individuato da un cambio di registro discorsivo, mediante l’uso dei verbi o di connettori logici dubitativi e ottativi Fin dall’introduzione dei personaggi, si vedono gli effetti di questa retorica: «c’era alla finestra d’una casa della strada medesima un’altra spettatrice, chiamata Ottavia Bono; la quale, non si saprebbe dire se concepisse lo stesso pazzo sospetto alla prima e da sé, o solamente quando l’altra ebbe messo il campo a rumore»; oppure, ipotizzando il gesto di Piazza di sfregar le mani sul muro: «fu probabilmente per pulirsi le dita macchiate d’inchiostro, giacché pare che scrivesse davvero .» 55 Molti passi analoghi sono inseriti ex novo nel corso di una radicale riscrittura dell’opera, mentre in alcune parti del testo la retorica del verosimile è del tutto assente (capitoli II e VII), ove l’argomentazione è tecnica e richiama in forma di citazione fonti o nozioni storiche e giuridiche Infine, cresce il numero delle citazioni dirette dagli atti del processo, che se da un lato conferisce al testo un tono più spiccatamente dialogico, dall’altro assume nel testo funzione di discorso «positivo» . 56 2_IH_Italienisch_71.indd 49 14.05.14 18: 22 50 L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame Gianluca Cinelli Poche ma significative sono invece le concordanze con la redazione precedente Il primo è il tentativo di immaginare il conflitto di coscienza di Piazza davanti alla chimera dell’impunità, che nel 1840 si alleggerisce e assume un tono di certezza che in precedenza non aveva: «Chi può immaginare i combattimenti di quell’animo a cui la memoria dei tormenti avrà fatto sentire a vicenda quanto sarebbe doloroso di subirli di nuovo, quanto orribile di farli subire altrui! Chi può indovinare l’angoscia dell’uomo che vittima odiata e incompatita d’una furia cieca, inesorabile, e arbitro nello stesso tempo del destino di chi gli fosse piaciuto, avrà ripassate nella sua mente le persone di sua conoscenza per risolversi se, e chi doveva far vittima in sua vece! Quante volte avrà esitato, quante volte assolvendo uno, condannando l’altro, avrà mutata una scelta la quale non poteva essere che atroce; quante volte avrà determinato di tutto patire! Vinse finalmente la carne, e il tentato riposo nel pensiero di far soffrire ad un altro ciò ch’egli non poteva soffrire Una circostanza indifferente fu verisimilmente quella che determinò il Piazza nella scelta della vittima .» 57 Diventa in Storia della colonna infame: «Ma chi può immaginarsi i combattimenti di quell’animo, a cui la memoria così recente de’ tormenti avrà fatto sentire a vicenda il terror di soffrirli di nuovo, e l’orrore di farli soffrire! a cui la speranza di fuggire una morte spaventosa, non si presentava che accompagnata con lo spavento di cagionarla a un altro innocente! giacché non poteva credere che fossero per abbandonare una preda, senza averne acquistata un’altra almeno, che volessero finire senza una condanna .» 58 Il narratore non trasforma, usando l’imperfetto «non poteva credere», la congettura in asseverazione, non tanto con l’intento di fare di Piazza un personaggio da romanzo, quanto per porre in evidenza la malafede dei giudici, così smaccata che «non poté» non apparire tale agli stessi imputati Il verosimile implica così, come intuiva Tellini, l’insorgenza di un nuovo contenuto implicito, quel conflitto morale che sempre di più invade il campo della storia apparendo come la sua vera tensione e principio dinamico . 59 L’altro passo riguarda la coscienza di Mora in una pausa fra le torture: 2_IH_Italienisch_71.indd 50 14.05.14 18: 22 51 Gianluca Cinelli L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame «In quelle ore, direm noi di riposo? , risorse nell’animo dell’infelice il dolore, il rancore, il pentimento dell’aver tradita la propria innocenza, risorse l’immagine d’un orrendo supplizio, risorse, chi può dubitarne? , l’immagine ineffabilmente dolorosa della moglie, dei figliuoletti, il desiderio angoscioso, la speranza confusa di vivere per essi, con essi, di riabbracciarli; e l’infelie credette di esser risoluto a sofferire nuovi tormenti, più tosto che tutto perdere, e sul patibolo .» 60 Questo passo in cui sopravviveva la retorica è romanzesca, non sopravvive alla revisione e non lo si ritrova più in Storia della colonna infame: «ma in quell’ore (direm noi di riposo? ) il sentimento dell’innocenza, l’orror del supplizio, il pensiero della moglie, de’ figli, avevan forse data al povero Mora la speranza d’esser più forte contro nuovi tormenti .» 61 La funzione del verosimile sembra così trasformarsi da supporto alla storia in fondamento dell’argomentazione che sempre più Manzoni va conducendo contro i giudici Il testo muta così il colore romanzesco con quello oratorio-giudiziario, mantenendo, o forse anche acquistando, verve narrativa e polemica Esemplare in tal senso è il passo del primo interrogatorio di Mora, il quale si accusa sotto tortura di un delitto che i giudici non gli hanno imputato, cioè aver preparato l’unto pestifero e di averlo consegnato a Piazza di sua spontanea volontà: «Ora è la difficoltà d’ammettere un fatto stranissimo, che ci sforza quasi a fare una supposizione atroce, in aggiunta di tante atrocità evidenti Ci troviam, dico, tra il credere che il Mora s’accusasse, senza esserne interrogato, d’un delitto orribile, che non aveva commesso, che doveva procacciargli una morte spaventosa, e il congetturar che coloro, mentre riconoscevan col fatto di non aveva un titolo sufficiente di tormentarlo per fargli confessar quel delitto, profittassero della tortura datagli con un altro pretesto, per cavargli di bocca una tal confessione Veda il lettore quel che gli pare di dover scegliere .» 62 La congettura, esposta nel registro dell’ironia, chiama in causa il lettore, che dovrà dirimire da sé l’enigma e decidere in coscienza e con logica coerenza quale delle due «atroci» tesi sia plausibile Il primo argomento cade in contraddizione perché «nessuno è tenuto ad accusarsi da sé», quindi resta la seconda ipotesi della malafede dei giudici Ecco come la «congettura» apre il campo non più a un’interpretazione storica là dove la fonte è mancante, ma a tutt’altro discorso volto a interrogare la tenuta morale della posizione dei giudici, realizzando quel salto di cui si accorse chiaramente Sciascia confron- 2_IH_Italienisch_71.indd 51 14.05.14 18: 22 52 L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame Gianluca Cinelli tando le Osservazioni sulla tortura, in cui «Verri guarda all’oscurità dei tempi e alle tremende istituzioni», e Storia della colonna infame, dove invece Manzoni guarda «alle responsabilità individuali» . 63 Nel testo si moltiplicano i luoghi dove il narratore si intromette nella narrazione del processo per ragionare sugli snodi dell’azione e sulle cause di certi suoi sviluppi, talora tornando a usare la retorica del romanzesco: «Altera [Piazza] le circostanze materiali del fatto, quanto è necessario per accomodarlo alla favola; ma gli lascia il suo colore; e alcune delle parole che riferisce, eran probabilmente quelle ch’eran corse davvero tra loro Parole dette in conseguenza d’un concerto già preso, a proposito d’un preservativo, le dà per dette all’intento di proporre di punto in bianco un avvelenamento, almen tanto pazzo quanto atroce .» 64 Manzoni parafrasa e commenta le parole di Piazza, estratte dagli atti del processo, con cui rendeva conto dei suoi commerci con il barbiere Mora, limitati all’acquisto di un unguento protettivo contro il contagio (Piazza era commissario di sanità e pertanto esposto alla malattia) che il barbiere aveva prodotto illegalmente I giudici, però, vedendo in quell’unguento il possibile corpo del reato, estorsero la confessione a Piazza con le torture e le illazioni finché quello inventò la storia del complotto per diffondere la pestilenza dietro promessa di denaro: «l’infelice inventava così a stento […] che non si saprebbe indovinare se quella promessa di danari sia stata immaginata da lui […] o se gli fosse stata suggerita da un’interrogazion dell’auditore, in quel tenebroso abboccamento .» 65 Non diverso è il modo in cui Manzoni presenta il caso dell’altro imputato principale, Mora, che dopo aver ritrattato due volte la confessione estorta sotto tortura, e infine avendola ratificata per sottrarsi ai tormenti, affermò di aver fabbricato l’unguento (stavolta non il pestifero, ma quello curativo, a cui i giudici hanno infine inspiegabilmente volto l’attenzione) solo per guadagnarci del denaro: «Che sappia mi, quanto a me, non ho altro fine . Che sappia mi! Chi, se non lui poteva sapere cosa fosse passato nel suo interno? Eppure quelle così strane parole erano adattate alla circostanza: lo sventurato non avrebbe potuto trovarne altre che significassero meglio a che segno aveva, in quel momento, abdicato, per dir così, sé medesimo, e acconsentiva a affermare, a negare, a sapere quello soltanto, e tutto quello che fosse piaciuto a coloro che disponevan della tortura .» 66 2_IH_Italienisch_71.indd 52 14.05.14 18: 22 53 Gianluca Cinelli L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame Dall’altro capo di questa affannosa ricerca di un appiglio logico per capire l’origine dell’ingiustizia sta la posizione tenuta dai giudici, contesi fra il desiderio di trovare dei colpevoli con ogni mezzo e la necessità di aggiustare insieme le storie contraddittorie narrate dagli imputati Dopo l’interrogatorio di Mora, infatti, i giudici si ritrovarono con due versioni discordanti: «Avevan trascurati, che dico? schivati, esclusi tutti i mezzi, che potevan condurre alla scoperta della verità: delle due contrarie conclusioni che potevan risultare dalla ricerca, n’avevan voluta una, e adoprato, prima un mezzo, poi un altro, per ottenerla a qualsiasi costo: potevan pretendere di trovarci quella soddisfazione che può dar la verità sinceramente cercata? Spegnere il lume è un mezzo opportunissimo per non veder la cosa che non piace, ma non per veder quella che si desidera .» 67 La congettura quindi non solo supplisce alle lacune del documento storico ma imbastisce, celato nella domanda retorica, un argomento morale contro i giudici, che non erano degli «scellerati di professione» 68 bensì dei colti magistrati, i quali si accanirono, pur senza prove, a sostenere l’evidenza di un delitto immaginato: «Così lo sciagurato cercava di supplir col numero delle vittime alla mancanza delle prove Ma coloro che l’avevano interrogato, potevano non accorgersi che quell’aggiungere era una prova di più che non aveva che rispondere? Eran loro che gli avevan chiesto delle circostanze che rendessero verisimile il fatto; e chi propone la difficoltà, non si può dir che non la veda Quelle nuove denunzie in aria, o que’ tentativi di denunzie volevan dire apertamente: voi altri pretendete ch’io vi renda chiaro un fatto; come è possibile, se il fatto non è? Ma, in ultimo, quel che vi preme è d’aver delle persone da condannare: persone ve ne do; a voi tocca a cavarne quel che vi bisogna Con qualcheduno vi riuscirà: v’è pur riuscito con me .» 69 Manzoni, per immaginare l’irritazione disperata di Piazza messo alle strette fra la minaccia della tortura da un lato e la speranza di tirarsene fuori denunciando a caso dall’altro, si affida al discorso indiretto libero e lascia che sia la coscienza del personaggio a parlare per un momento Così, in mancanza di una prova definitiva che dimostri o che ci fu delitto o che questo fu fabbricato arbitrariamente dai giudici (benché la lettera citata dall’autore, menzionante l’offerta di impunità a Piazza in cambio 2_IH_Italienisch_71.indd 53 14.05.14 18: 22 5 4 L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame Gianluca Cinelli di delazioni, sia un indizio grave contro i magistrati), Manzoni costruisce la sua tesi morale: «Nel processo son riferiti discorsi di carcerieri, di birri e di carcerati per altri delitti, messi in compagnia di quegl’infelici, per cavar loro qualcosa di bocca È quindi più che probabile che abbiano, con uno di questi mezzi, fatto dire al commissario, che la sua salvezza poteva dipendere dalle prove che desse della sua amicizia col Mora; e che lo sciagurato, per non dir che non n’aveva, sia ricorso a quel partito, al quale non avrebbe mai pensato da sé .» 70 Storia della colonna infame conferma la tendenza già manifesta nelle due redazioni precedenti a impiegare in modo distinto le due forme retoriche del «vero positivo» e del «verosimile», come argomentazioni complementari tese entrambe a ricostruire un fatto del passato integrando conoscenza positiva e congettura dei nessi causali oscuri o mancanti, così da favorire nel lettore l’assentimento storico Tale tendenza si realizza per passi intermedi e con continue ibridazioni delle forme argomentative, perciò la vicenda editoriale di Storia della colonna infame rappresenta ben più che una parentesi accessoria della poetica di Manzoni Al contrario essa rappresenta un momento importante nell’elaborazione di un’idea della letteratura capace di realizzare forme di argomentazione complesse in cui la logica, l’immaginazione, l’oratoria e la riflessione convivono sotto il segno della dialettica etica Storia della colonna infame è un banco di prova di questa letteratura poiché alle sue spalle non esiste una tradizione di genere, non c’è una regola o un modello a cui ispirarsi, ma solo forme disperse di narrazione in cui il problema morale viene trasfigurato ora nel verosimile, ora nell’esposizione storica e cronachistica, oppure discusso in forma teorica nei trattati di filosofia Quello che nel 1823 era ancora un testo aderente al romanzo, maturando parallelamente alle riflessioni esposte nel discorso Del romanzo storico (1829-1845), diventa un testo autonomo allorché trova la sua chiave espressiva originale fuori e dentro la letteratura e la storia nel medesimo tempo: «le pagine hanno perduto il loro carattere di cronaca aperta […] ed hanno assunto, dopo una riscrittura integrale che ha investito l’intero impianto della materia, un tono più sconsolato e più acutamente pessimistico […] Non è più l’appendice di un’altra storia, ma un’opera rispetto ad essa diversa, condotta secondo una mutata concezione letteraria e storiografica .» 71 2_IH_Italienisch_71.indd 54 14.05.14 18: 22 55 Gianluca Cinelli L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame Nel 1842 Storia della colonna infame esce non più come appendice al romanzo ma come «termine inquieto di confronto» 72 e come sua vitale conclusione su un nuovo terreno della letteratura come discorso tout-court morale, 73 come acutamente fece notare Sciascia nell’introduzione scritta all’opera nel 1981: «I Promessi sposi […] è come un fiume che scorre alla foce, in tutto il suo percorso segnato dalla mappa della fede: già segnato e ora percorso Ma la Storia della Colonna Infame ne è la deviazione imprevista, l’ingorgo, il punto malsicuro del fondo e delle rive La ragione per cui Manzoni espunge dal romanzo la Storia non è soltanto tecnica […] La ragione è che sui documenti del processo, sull’analisi e le postille di Verri, Manzoni entrò, per dirla banalmente, in crisi La forma, che non era soltanto forma, e cioè il romanzo storico, il componimento misto di storia e d’invenzione, gli sarà apparsa inadeguata e precaria; e la materia dissonante al corso del romanzo, non regolabile da esso, sfuggente, incerta, disperata .» 74 La vicenda editoriale di Storia della colonna infame si svolge parallelamente a quella del romanzo e, soprattutto, ritiene giustamente Sciascia (corroborato dagli studi filologici), a quella dello scritto Del romanzo storico, in cui Manzoni condusse alle estreme conseguenze logiche la sua riflessione estetica sul problema della rappresentazione storica e delle rispettive forme retoriche della storia e della poesia L’esito di questa riflessione è la raggiunta e definitiva autonomia formale di Storia della colonna infame che, pur restando pubblicata accanto al romanzo, 75 ne rappresenta non un membro amputato ma un superamento verso una concezione della letteratura ampia e intesa non tanto come sistema di forme storicamente codificate quanto come organismo di forme in evoluzione in modo coerente con la continua riproposizione del problema morale abstract . Der Aufsatz analysiert die rhetorische Strategie, die Manzoni in Storia della colonna infame anwendet, um den historischen Diskurs in Richtung einer moralischen Kritik zu entwickeln Laut Manzonis Literaturtheorie soll Dichtung die Geschichte erzählen, damit die moralischen Ursachen des Geschehens erkannt und diskutiert werden können Trotzdem glaubte Manzoni auch, dass eine Vermischung von Dichtung und Geschichte gefährlich sei, da der Leser nicht in der Lage sei, das Wahre vom Wahrscheinlichen zu unterscheiden Vom Standpunkt des Rationalismus aus sei solch ein Widerspruch 2_IH_Italienisch_71.indd 55 14.05.14 18: 22 56 L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame Gianluca Cinelli inakzeptabel Deshalb entschied sich Manzoni, theoretisch die zwei Ebenen des Darstellens, nämlich Geschichte und Dichtung, zu trennen und den historischen Roman negativ zu beurteilen In Storia della colonna infame kann man sehen, wie Manzoni die Rhetorik des Wahrscheinlichen als Rhetorik der Vermutung benutzt, wodurch der Schriftsteller den moralischen Gehalt der Tatsachen erahnen und Geschichte moralisch interpretieren kann Note * Questo lavoro è stato realizzato con il sostegno della Alexander-von-Humboldt-Stiftung 1 Il libro di Preto Epidemia, paura e politica nell’Italia moderna fornisce un’interessante ricostruzione del retroscena delle fonti documentarie manzoniane per Storia della colonna infame, aggiungendovi anche un riflessione sulla ricezione del processo in epoca illuministica e successiva (nel capitolo «La ‹colonna infame› dall’illuminismo ai nostri giorni», pp . 104-117) 2 Carla Riccardi, Il «reale» e il «possibile», p . 120 3 Antonia Mazza, in «La prima ‹Colonna infame›», commenta attraverso un’analisi filologica il denso lavorio retorico e espressivo che emenda dalla seconda redazione il colore romanzesco (pp . 122-124) e le fa acquisire spessore storico-morale con l’accrescimento delle parti di commento (p . 125), mentre perde potenza la penetrazione psicologica dei personaggi e delle situazioni (pp . 125-127) . Su questa diminuzione dell’intensità retoriconarrativa, però, dissentiamo . Giuseppe Farinelli, in «Per una rilettura critica della ‹Storia della colonna infame›», sostiene che nell’Appendice gioca ancora un ruolo essenziale la narrazione come integrazione del vero (p . 24), mentre in Storia la funzione retorica del commento fagocita la narrazione, e che in questa radicalizzazione dello stile razionale, apodittico e polemico consiste perlopiù la revisione (p . 26) 4 Si tratta della definizione classica della storia data da Aristotele, Poetica, p . 21, 1451b, alla quale Manzoni stesso si attiene in altre circostanze, là dove sostiene che la storia in quanto intelligenza dei fatti deve essere affiancata dalla poesia come intelligenza delle cause morali dei fatti . Tuttavia non assumeremo questa chiave di lettura tradizionale ma superata, e intendiamo il campo della storia a partire dalla descrizione fattane da Paul Ricoeur: «l’histoire n’a pas pour ambition de faire revivre, mais de re-composer, de re-constituer, c’est-à-dire de composer, de constituer un enchaînement rétrospectif L’objectivité de l’histoire consiste précisément dans ce renoncement à coïncider, à revivre, dans cette ambition d’élaborer des enchaînements de faits au niveau d’une intelligence historienne .» Paul Ricoeur, «Objectivité et subjectivité en histoire», p . 26 5 Un esempio è nella utilizzazione della lettera del 28 giugno 1630 scritta dal capitano di giustizia al governatore di Milano Ambrogio Spinola, la quale documenta che furono i giudici stessi, irregolarmente e non ufficialmente bensì fuori della sede dell’interrogatorio, a offrire a Guglielmo Piazza l’impunità a condizione che facesse il nome di altri complici Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame, p . 69 6 Giorgio Barberi Squarotti, «Il male nella storia», pp . 43-44 7 Giuseppe Farinelli, «Per una rilettura critica della ‹Storia della colonna infame›», p . 33 8 L’espressione di Benjamin in «Tesi di filosofia della storia», p . 79, esplica l’atto ermeneutico come un superare l’apparenza superficiale delle forme per spingersi fino a rinvenirne le condizioni di possibilità . «Spazzolate contropelo», le fonti e le narrazioni storiche rivelano ciò che non è esplicito o che è volutamente taciuto 2_IH_Italienisch_71.indd 56 14.05.14 18: 22 57 Gianluca Cinelli L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame 9 Giovanni Macchia, «Nascita e morte della digressione: da Fermo e Lucia alla Storia della colonna infame», pp . 25-26 e 52 10 Gino Tellini, la chiama con espressione non molto felice «letteratura narrativa», in Manzoni, p . 13 11 Ivi, p . 14 12 Alessandro Manzoni, «Lettera a Monsieur Chauvet sull’unità di tempo e di luogo nella tragedia», p . 61 13 Ivi, p . 62 14 Ivi, p . 63 15 Ibid 16 Ibid 17 Se la concatenazione degli episodi è causale secondo verosimiglianza o necessità, di lì sgorga il senso della narrazione: «il tipo di universalità che l’intrigo comporta deriva dal suo stesso ordine, viene di qui anche la sua completezza e la sua totalità», afferma Ricoeur, e «la connessione interna, in quanto tale, è l’abbozzo dell’universalizzazione Sarebbe un aspetto della mimesis aver di mira nel mythos non la sua natura di favola quanto la sua coerenza Il suo ‘fare’ sarebbe quindi immediatamente un ‘fare’ universalizzante […] Comporre l’intrigo vuol già dire far nascere l’intelligibile dall’accidentale, l’universale dal singolare o il verosimile dall’episodico » Paul Ricoeur, Tempo e racconto, vol 1, p 73 18 Alessandro Manzoni, «Del romanzo storico e, in genere, de’ componimenti misti di storia e d’invenzione», op . cit ., p . 206 19 Ivi, p . 199 20 Ibid 21 Ivi, p . 213 22 Ivi, pp . 213-214 23 Ivi, p . 217 24 Giancarlo Vigorelli, «Grazia e delirio», p . xiii 25 Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame, op . cit ., p . 19 . Corsivo d’enfasi mio 26 Ivi, pp . 21-22 27 Ivi, p . 65 28 Ivi, p . 73 . Cfr . Carla Riccardi, Il «reale» e il «possibile», p . 174 29 Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame, op . cit ., p . 75 . Corsivo d’enfasi mio 30 Ivi, p . 76 31 Il discorso poetico in generale (anche se Manzoni espone la sua teoria estetica nel 1820 riferendosi esplicitamente al dramma) «deve calare la storia all’interno degli uomini, restituendo la voce al sentimento e a ciò che accade nel cuore dei protagonisti . Il drammaturgo [il poeta], in altre parole, deve sondare l’interiorità della storia iscrivendo la coscienza degli uomini dentro il movimento storico . […] Al drammaturgo [al poeta] tocca di illustrare la voce interna della storia […] . È la voce della coscienza, che rimane nascosta nell’apparente impassibilità dei documenti […]» . Ezio Raimondi, «La ferita del passato . Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame», p . 76 32 Pupino afferma, al contrario, che la persistenza del romanzesco consista proprio nella «ostinata tentazione di analizzare in profondità la coscienza dei personaggi» (Angelo Pupino, «Il vero solo è bello», p . 102) . Tuttavia ci sembra di dover dissentire da questa interpretazione proprio vedendo che l’analisi psicologica in Storia della colonna infame non produce mai dei veri e propri personaggi ma solo le condizioni per distillare dalle vicende dei protagonisti una sintesi della condizione umana, su cui si concentra la critica morale di Manzoni . 2_IH_Italienisch_71.indd 57 14.05.14 18: 22 5 8 L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame Gianluca Cinelli 33 Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame, op . cit ., pp . 88 34 Ivi, p . 105 35 Giancarlo Vigorelli, «Grazia e delirio», op . cit ., p . xx 36 Alessandro Manzoni, «Appendice storica su la colonna infame», op .cit ., p . 233 37 Ibid 38 Ibid 39 Ivi, p . 253 40 Ivi, p . 254 41 «Manzoni non vuole spiegare ciò che è accaduto con un criterio di tipo storicistico […] perché è convinto che in un evento storico bisogna considerare anche il ‹possibile›» . Ezio Raimondi, «La ferita del passato . Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame», op . cit ., p . 80 42 Alessandro Manzoni, «Appendice storica su la colonna infame», op . cit ., p . 236 . 43 Ivi, p . 241 44 Ivi, p . 243 45 Gino Tellini, Manzoni, p . 66 46 Ibid 47 Alessandro Manzoni, «Appendice storica su la colonna infame», op . cit ., p . 255 48 Congetturando sulle intenzioni del Senato di fronte allo scacco rappresentato dall’inesistenza dell’accusato Pietro da Saragozza e dall’impossibilità di trattare Padilla alla stregua degli altri imputati, il narratore si arresta e dice: «ma noi stiamo al positivo, udiamo che cosa ha deciso il Senato: e quando non emerga nulla, sia sbandito in perpetuo», ivi, p . 267 49 Ivi, p . 238 50 Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame . Prima redazione, p . 170 51 Alessandro Manzoni, «Appendice storica su la colonna infame», op . cit ., p . 248 52 Ivi, pp . 250-251 . 53 Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame . Prima redazione, op . cit ., p . 183 54 Alessandro Manzoni, «Appendice storica su la colonna infame», op . cit ., pp . 267-269 . 55 Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame, op . cit ., pp . 14-15 . Corsivo d’enfasi mio 56 In base a questa caratteristica stilistica Negri inventò per Storia della colonna infame la famosa definizione di «romanzo-inchiesta»: «l’analisi interiore scava di continuo nei motivi e negli impulsi che stanno dietro le parole . Lo scrittore, in questo che potrebbe vedersi come il primo nostro romanzo-inchiesta, la storia di un crimine giudiziario, nulla deve inventare . I personaggi preesistono . Così gli ambienti e i dialoghi, verbalizzati .» Renzo Negri, «Il romanzo-inchiesta del Manzoni», p . 29 57 Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame . Prima redazione, op . cit ., p . 166 . 58 Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame, op . cit ., p . 76 59 Gino Tellini, Manzoni, op . cit ., p . 73 . 60 Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame . Prima redazione, op . cit ., pp . 176-177 61 Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame, op . cit ., pp . 108-109 . Corsivo d’enfasi mio 62 Ivi, pp . 103-104 63 Leonardo Sciascia, «Introduzione», p . xxvi 64 Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame, op . cit ., p . 78 65 Ivi, p . 79 . Corsivo d’enfasi mio 2_IH_Italienisch_71.indd 58 14.05.14 18: 22 59 Gianluca Cinelli L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame 66 Ivi, p . 110 67 Ivi, p . 93 68 Ivi, p . 6 69 Ivi, p . 94 70 Ivi, p . 98 71 Gino Tellini, Manzoni, op . cit ., p . 60 72 Ivi, p . 61 73 Giovanni Macchia, Manzoni e la via del romanzo, p . 130 74 Leonardo Sciascia, «Introduzione», op . cit ., p . xxxii 75 Manzoni concepì Storia e ne autorizzò la stampa sempre e solo come appendice al romanzo . Renzo Negri, «Il romanzo-inchiesta del Manzoni», op . cit ., p . 16 Bibliografia Aristotele: Poetica, 7a ed . Bari-Roma: Laterza 2009 Barberi Squarotti, Giorgio: «Il male nella storia», in: Attualità della «Storia della colonna infame» . Atti del Congresso Manzoniano 15-16 giugno 1985 - Boario terme, a cura di Giancarlo Vigorelli, Azzate: Otto/ Novecento 1987, pp . 33-54 Benjamin, Walter: «Tesi di filosofia della storia», in: Angelus novus, 8a ed ., Torino: Einaudi 2004, pp . 75-86 Farinelli, Giuseppe: «Per una rilettura critica della ‹Storia della colonna infame›», in: Dal Manzoni alla Scapigliatura, Milano: Istituto di Propaganda Libraria 1991, pp . 7-90 Macchia, Giovanni: Manzoni e la via del romanzo . Milano: Adelphi 1994 Macchia, Giovanni: «Nascita e morte della digressione: da Fermo e Lucia alla Storia della colonna infame», in: Tra Don Giovanni e Don Rodrigo . Scenari secenteschi, 2a ed ., Milano: Adelphi 1989, pp . 19-56 Manzoni, Alessandro: «Appendice storica su la Colonna infame [1823-1824]», in: Storia della colonna infame . Vol . 12 dell’edizione nazionale ed europea delle opere di Alessandro Manzoni, Milano: Centro Studi Manzoniani 2002, pp . 229-292 Manzoni, Alessandro: «Del romanzo storico e, in genere, de’ componimenti misti di storia e d’invenzione», in: Scritti di teoria letteraria, Milano: Rizzoli 1981, pp . 193-282 Manzoni, Alessandro: «Lettera a Monsieur Chauvet sull’unità di tempo e di luogo nella tragedia [1820]», in: Scritti di teoria letteraria, Milano: Rizzoli 1981, pp . 59-153 Manzoni, Alessandro: Storia della colonna infame, in: Storia della colonna infame Vol . 12 dell’edizione nazionale ed europea delle opere di Alessandro Manzoni, Milano: Centro Nazionale Studi Manzoniani 2002, pp . 1-160 Manzoni, Alessandro: Storia della colonna infame . Prima redazione (1827-1833), in: Storia della colonna infame . Vol . 12 dell’edizione nazionale ed europea delle opere di Alessandro Manzoni, Milano: Centro Nazionale Studi Manzoniani 2002, pp . 161-227 Mazza, Antonia: «La prima ‹Colonna infame›», in: Studi sulle redazioni de «I promessi sposi», Milano: Edizioni Paoline 1968, pp . 121-128 (1962) Negri, Renzo: «Il romanzo-inchiesta del Manzoni», in: Italianistica, 1, 1 (1972), pp . 14-42 2_IH_Italienisch_71.indd 59 14.05.14 18: 22 6 0 L’argomentazione verosimile in Storia della colonna infame Gianluca Cinelli Preto, Paolo: «La ‹colonna infame› dall’illuminismo ai nostri giorni», in: Epidemia, paura e politica nell’Italia moderna, Bari-Roma: Laterza 1987, pp . 104-117 Pupino, Angelo: «Il vero solo è bello» . Manzoni tra retorica e logica . Bologna: Il Mulino 1982 Raimondi, Ezio: «La ferita del passato . Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame», in: Letteratura e identità nazionale, Milano: Bruno Mondadori 2000, pp . 67-123 Raimondi, Ezio: «I promessi sposi e la ricerca della giustizia», in: Modern Language Notes, 83, 1, The Italian Issue (January 1968), pp . 1-15 Riccardi, Carla: Il «reale» e il «possibile» . Dal «Carmagnola» alla «Colonna infame» Firenze: Le Monnier 1990 Ricoeur, Paul: «Objectivité et subjectivité en histoire», in: Histoire et vérité, 3ème ed ., Paris: Seuil 1964 (1955), pp . 23-44 Ricoeur, Paul: Tempo e racconto, 3 voll . Milano: Jaca Books 1986 Scalia, Gianni: «Alcune domande sotto forma di risposta», in: Alessandro Manzoni, La Colonna Infame, Bologna: Cappelli 1973, pp . 123-142 Sciascia, Leonardo: «Introduzione», in: Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame, 2a ed ., Milano: Bompiani 1990, pp . xxiii-xxxiv (già «Quel che è sembrato vero e importante alla coscienza», in: Alessandro Manzoni e altri, La colonna infame, Bologna: Cappelli 1973, pp . 9-22) Tellini, Gino: Manzoni . La storia e il romanzo . Roma: Salerno 1979 Vigorelli, Giancarlo: «Grazia e delirio [1942]», in: Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame, 2a ed ., Milano: Bompiani 1990, pp . xi-xxii 2_IH_Italienisch_71.indd 60 14.05.14 18: 22