Italienisch
ita
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Narr Verlag Tübingen
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2015
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Fesenmeier Föcking Krefeld OttOsservazioni sull’«Alfabeto Aquilano»
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2015
Francesco Avolio
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50 FrA N C e S C o AVoL io osservazioni sull’«Alfabeto Aquilano» Se è vero che la dialettologia non può non essere anche sociolinguistica e che, proprio per questo, non può non essere attenta a tutti i parametri della variazione - cioè non può non essere anche varietistica - è certamente altrettanto vero che la disciplina, nel corso della sua lunga storia, da una parte ha spesso enfatizzato la fase puramente descrittiva della ricerca, dall’altra ha non di rado utilizzato a questo scopo dati percettivi, classificazioni, pregiudizi e stereotipi forniti dai parlanti, associandoli, talvolta, alle proprie rappresentazioni senza ricorrere a criteri espliciti Uno dei difetti che possiamo imputare a questa o a quella ricerca dialettologica, senza voler fare per forza di ogni erba un fascio, è allora proprio quello di aver chiarito solo parzialmente i parametri di valutazione e di distinzione che venivano di volta in volta adottati Ciò è particolarmente evidente nel caso del problema, che non cessa di essere attuale, della classificazione dei dialetti d’Italia . 1 Un terreno interessante per mettere alla prova un atteggiamento più aperto ed elastico, da parte del dialettologo, nei confronti dei rapporti tra variazione dialettale e percezione è fornito da un caso recente di autorappresentazione linguistica, che chiama in gioco anche le tante problematiche che accompagnano l’uso di grafie spontanee o semi-spontanee: si tratta dell’Alfabeto Aquilano, un manifesto (o una locandina) realizzato alcuni anni fa da un gruppo di giovani riuniti sotto il simbolo L’A 2 e che negli ultimi anni, all’Aquila, si può trovare affisso piuttosto spesso in locali pubblici, negozi, bacheche (perfino, per qualche tempo, nel nostro dipartimento) Esso si inquadra in una serie di dinamiche più ampie che si stanno registrando successivamente al grave terremoto del 6 aprile 2009, il quale, tra le molte sue conseguenze, ne ha avuta anche una non del tutto prevedibile: una vera e propria ripresa del dialetto e il suo dilagare nella pubblicità, nei blog e nei social network, nella musica giovanile e, per l’appunto, in una lunga e a volte divertente serie di gadget (tra cui si colloca il nostro manifesto) . 3 Essendo venuti a mancare o essendo stati gravemente danneggiati i beni «oggettuali» della comunità (le strade, i luoghi, le case ecc .), ci si è aggrappati al bene «inoggettuale» per eccellenza, il dialetto, 4 che ha rapidamente recuperato spazi di comunicazione, diventando così una sorta di bandiera di un’«aquilanità» in pericolo Questo manifesto, allora, non è soltanto - come tante altre iniziative - un omaggio affettuoso al dialetto aquilano, l’aquilanu, com’è stato correttamente definito dai suoi anonimi estensori, 5 ma è anche la spia di alcune tendenze oggi in atto nel complesso rapporto dialetto-lingua 2_IH_Italienisch_74.indd 50 16.11.15 07: 55 51 Francesco Avolio Osservazioni sull’«Alfabeto Aquilano» Diamo dunque uno sguardo a questo alfabeto, che rappresenta appunto un caso di grafia, se non proprio «spontanea», quanto meno non troppo programmata e pianificata: possiamo dividere, in prima istanza, le caselle che lo compongono in tre gruppi a) Il primo è il gruppo delle caselle classificabili come in tutto e per tutto italiane, quelle che non hanno problemi di identificazione e di riconoscibilità per chi aquilano non è 1) È questo, ad esempio, il caso della casella D, Duomo: tutte le città hanno un duomo, e ovviamente anche L’Aquila; ma il Duomo qui è citato soprattutto perché la sua piazza rappresentava, prima del sisma, uno dei più importati luoghi di ritrovo cittadini, fino a dar vita all’espressione a capo piazza, cioè ‘sul lato nord della piazza stessa’ Comunque, nulla di strano o di particolare per chi non sia dell’Aquila 2) Abbiamo poi la T di Transumanza, un fatto storico-culturale ed economico ben noto e che, tramite i pastori e le greggi, ha legato l’Abruzzo ad altre aree (Puglia, agro romano) per secoli e secoli, fino al Novecento inoltrato . 6 È divertente, però, e anche istruttivo, notare come essa sia stata reinterpretata: il disegno, infatti, non riproduce la transumanza tradizionale, ma delle persone, simpaticamente rappresentate da pecore, nell’atto di prendere il sole in uno dei tanti paesi del litorale abruzzese, evocato da costruzioni alte e moderne (nonché anonime) Una sorta di strizzatina d’occhio, che allude sia ai terremotati aquilani dislocati a lungo negli alberghi della costa adriatica, sia alla diffusa abitudine di andare a trascorrere le vacanze al mare in quella zona, amministrativamente in provincia di Teramo (Silvi, Pineto, Roseto, Alba adriatica ecc .) 3) Infine, c’è la Z di Zafferano, un prodotto tipico, forse anzi la «tipicità» aquilana per eccellenza, ma ben noto anche altrove Se infatti attecchisce in poche zone d’Italia, tra cui la Piana di Navelli (una ventina di chilometri a est dell’Aquila, in direzione di Popoli e Sulmona), neppure questo è un richiamo problematico per chi non sia del posto b) Veniamo ora al secondo gruppo, quello delle caselle ancora italiane, ma relative a situazioni, ambienti e prodotti locali che un non aquilano non può facilmente (ri)conoscere Qui troviamo varie lettere, che passiamo in rassegna brevemente 1) C’è innanzitutto il caso molto particolare dell’Arrosticino, esempio evidente di innovazione della tradizione alimentare, che ha anche risvolti linguistici Gli arrosticini - spiedini fatti con cubetti di carne di ovino adulto o di castrato, misti a pezzettini di grasso, per renderne la carne più morbida - sono infatti originari del versante pescarese del Gran Sasso (Villa Celiera, 2_IH_Italienisch_74.indd 51 16.11.15 07: 55 52 Osservazioni sull’«Alfabeto Aquilano» Francesco Avolio Vestea, Civitella Casanova ecc .) e i loro nomi dialettali sono abbastanza diversi da quello italiano, peraltro recente ( rrustèllə , rrustòllə , rrusticciòllə , rrusticìjə e così via: Ernesto Giammarco ne aveva fatto a suo tempo una buona elencazione nel Dizionario Abruzzese e Molisano) In seguito al loro grande successo, nell’ultimo trentennio si sono diffusi dapprima in tutta la regione e poi anche fuori dei suoi confini, a Roma, nelle Marche e perfino più lontano (ovviamente si tratta spesso di una produzione industriale o semiindustriale, con carni di varia e incerta provenienza) Gli aquilani li considerano ormai un piatto proprio, alla stregua della ben più antica pecora alla cottora (vedi oltre), anche se, ancora negli anni Ottanta, questa piena identificazione con la tradizione gastronomica locale e regionale non era visibile Non è un caso, quindi, che l’arrosticino venga ricordato nella variante italiana, anziché con una denominazione dialettale che semplicemente non esiste 2) la lettera B è rappresentata da Boss, una delle cantine storiche dell’Aquila, oggi anche enoteca, ritrovo di giovani e anziani nell’arco della giornata per un bicchiere di vino, una chiacchiera, uno spuntino (famosi i panini con la frittata fatti con la pizza bianca locale) È stato anche uno dei primissimi locali a riaprire dopo il terremoto, insieme all’antico Caffè Nurzia - quest’ultimo ha sede da sempre nella piazza del Duomo già ricordata -, dando a questa riapertura, ovviamente, anche una valenza simbolica Il nostro manifesto ci mostra pure un disegnino che riproduce una delle sale, quella con il bancone della mescita 3) La C ci propone la Cicolana, una salsiccia o salamella stagionata di suino, che si chiama così perché originaria del Cicolano, ossia l’alta valle del fiume Salto, situata già sul versante tirrenico dell’Appennino, appartenuta per secoli al Regno di Napoli e agli Abruzzi e poi aggregata nel 1927, con altre zone (Amatrice, Leonessa, Cittaducale), alla neocostituita provincia laziale di Rieti Oltre che con L’Aquila, la valle ha mantenuto successivamente rapporti piuttosto stretti anche con Avezzano, e ad entrambe le città è ora rapidamente collegata dall’autostrada A24-A25 Il coronimo Cicolano è una continuazione, tramite suffisso aggettivale, dell’antico etnico aequicoli , cioè un ramo periferico del popolo degli Aequi, stanziato nelle aree più interne e montuose e l’unico, forse, salvatosi dai massacri romani contro gli Aequi stessi . 7 4) La F è la lettera della Fontana Luminosa, brutta fontana di epoca fascista che però sorge in un punto strategico della città, là dove il corso finisce e c’è lo slargo sul cui lato destro si estende il Parco del Castello (oggi arricchito dal nuovo, piccolo e colorato auditorium di Renzo Piano, struttura provvisoria destinata però ad essere smontata fra qualche mese), altro luogo di ritrovo e di passeggio degli aquilani 5) La G di Genziana ricorda uno dei liquori più diffusi e apprezzati della zona In pratica, ogni famiglia dell’Aquila e dintorni produce la «sua» 2_IH_Italienisch_74.indd 52 16.11.15 07: 55 53 Francesco Avolio Osservazioni sull’«Alfabeto Aquilano» genziana, servendosi appunto di questa pianta, molto comune in montagna: il colore è simile all’ambra, il gusto molto forte e amaro È un ottimo digestivo, servito in genere alla fine dei pranzi domenicali o delle cene con amici . 6) La M di Mammut si riferisce al suggestivo scheletro di Mammuthus meridionalis ritrovato a Scoppito, negli immediati dintorni dell’Aquila, nel 1954, ed esposto nel Museo Nazionale d’Abruzzo, che prima del sisma aveva sede nel castello aquilano, il cosiddetto Forte Spagnolo (simbolo della città, ma anche dell’inizio del suo declino, essendo stato ultimato nel 1532 grazie a una salatissima taglia annuale imposta dagli spagnoli agli aquilani per punirli delle loro ribellioni) Lo scheletro, presso che completo, è ora sottoposto a un lungo e delicato intervento di restauro 7) La P di Pecora alla Cottora ci riporta al confine col mondo dialettofono, e in particolare a un caratteristico piatto «povero», con cui i pastori transumanti abruzzesi cucinavano la pecora adulta (in genere gli animali vecchi, feriti o azzoppati): la carne viene fatta bollire per ore, fin quasi a sciogliersi, in un grosso paiolo di rame (la cottóra appunto) riempito di acqua e di varie erbe e odori (cipolla, rosmarino, timo, alloro ecc .), stando attenti a schiumare di tanto in tanto il composto Alla fine si ottiene anche un brodo che viene versato su fette di pane 8) La R di Rattafìa (e non Rattafià, secondo la dizione più comune) è il nome di un altro liquore, questa volta dal gusto dolce, tuttora molto popolare nella zona: la variante abruzzese - a differenza, ad esempio, di quella piemontese - è fatta con amarene, zucchero e vino rosso, in genere Montepulciano d’Abruzzo 9) La S di Sant’Agnese si riferisce alla nota (per gli aquilani) associazione cittadina della maldicenza, che tiene la sua riunione ogni anno il 21 gennaio (giorno appunto di Sant’Agnese, a cui era dedicato il luogo, subito fuori le mura cittadine, dove, secondo una delle leggende locali, le male lingue erano solite riunirsi) Quest’associazione - che continua una tradizione di pettegolezzi piuttosto antica, ma non facilmente databile e ricostruibile - fa ovviamente molto parlare di sé, come si può immaginare, ed ha continuato imperterrita le sua attività anche dopo il terremoto, tramite l’organizzazione del convegno annuale Pianeta maldicenza, con tanto di elezione delle cariche sociali c) Passiamo infine alle caselle stricto sensu dialettali, che sono parecchie 1) Alla lettera E troviamo Essoquissu, scritto univerbato, un’espressione ancora oggi molto diffusa, con leggero valore ironico e anche dispregiativo, che potrebbe essere resa ricorrendo al romanesco arièccolo; è infatti presso che intraducibile alla lettera in italiano, sarebbe un ‘costì (èsso) codesto (quissu)’ cioè, più alla lontana, ‘(ri)eccolo qui’ Accanto all’avverbio èsso 2_IH_Italienisch_74.indd 53 16.11.15 07: 55 5 4 Osservazioni sull’«Alfabeto Aquilano» Francesco Avolio ‘costì’ - che forma con ècco ‘qui’ e lòco ‘lì’ una tripartizione presso che in tutto analoga a quella toscana (proprio come quissu forma con quistu ‘questo’ e quiju ‘quello’ una tripartizione equivalente a ‘questo, codesto e quello’) - c’è da notare il mantenimento di un tratto fonetico tipico delle varietà mediane e, in parte, anche dell’aquilano cittadino: la distinzione tra -o e -u latine originarie (quissu < (ec)cum ˇipsu(m), forma regolarmente metafonetica, e èsso da *epsum, con -o per influsso di l ˇ oco) . 8 2) In Gnienti ‘niente’, che forma una «strana» casella gnin aggiunta alla g di Genziana, è da notare la rappresentazione con gni-, anziché con gn-, della nasale palatale, probabilmente per sottolineare una pronuncia fortemente palatalizzata 3) Nella casella I abbiamo un Issù ‘lui’, con tanto di accento (sbagliato): potremmo infatti quasi leggere issù Una simile trascrizione ricorda quelle fatte da Paul Scheuermeier per l’AIS in diverse località della zona (Rieti, Leonessa, Genzano di Sassa, vicino all’Aquila ecc .); lo studioso, infatti, annotava in certi casi (soprattutto quando c’era il possessivo enclitico) una sorta di accento secondario sulla vocale finale . 9 Ovviamente, gli estensori del nostro alfabeto nulla sanno di Scheuermeier e dell’AIS, ma si può comunque pensare all’intenzione di rimarcare la presenza di -u (< ˇipsu(m)), dal momento che nella pronuncia reale tale suono può, almeno all’Aquila, indebolirsi spesso in -o (isso) e, talvolta, in allegroformen, fino a ə (iss ə ) . 10 4) Jamo, con j, dal lat eamus ‘andiamo’, è una delle esortazioni più frequenti, non solo all’Aquila, ma in tutto il Centro-Sud (cfr, il nap jammə ‘id ’) . 5) Saltando la casella N, che offre un’esclamazione facilmente comprensibile (che all’Aquila e altrove assume anche il significato di ‘accidenti, perbacco’), Offreghete è riportato sotto la O e non sotto la F, come se fosse un sintagma unico Traducibile anch’esso con ‘caspita’, ‘accipicchia’ ecc ., ha in realtà diverse sfumature, dalla meraviglia «positiva» allo stupore davanti a un fatto negativo, fino, più di rado, all’incoraggiamento, nel senso di ‘forza, dai’ Deriva da un frégate, soggetto poi ad armonia vocalica La o-, comunque non obbligatoria (ma è sempre difficile trovare parole che inizino per o-…), funge da rafforzativo 6) Alla lettera Q (altra lettera «difficile», ma non in questo caso) c’è un Quatrà! , di cui è stata riprodotta in basso anche la variante non apocopata Quatrano, che vuol dire ‘ragazzo’ È un’altra delle parole «bandiera» dell’aquilano: dialetti anche molto vicini usano infatti altri sinonimi, da bardascio (particolarmente diffuso in Umbria e nelle Marche) a vajjóne (già in alcune frazioni aquilane, spesso usato anche come richiamo), da monéllu (Rieti e dintorni, Sabina) a cìtulu, cìturu (Leonessano, Teramano, che però spesso significa anche ‘bambino’) ecc ., mentre varianti come quatralə , quatrarə , 2_IH_Italienisch_74.indd 54 16.11.15 07: 55 55 Francesco Avolio Osservazioni sull’«Alfabeto Aquilano» cotraru e simili si ritrovano anche, a tratti, più a Sud, dall’Abruzzo chietino fino alla Calabria . 11 Una «leggenda metropolitana» piuttosto diffusa vuole che sia un ispanismo, da cuatro años, etimologia anche foneticamente impossibile (la nasale palatale non si perde così facilmente) Restano però sul tappeto varie ipotesi, tra cui quella da un lat volgare quadrum, pl quadra, sinonimo di frustum ‘pezzo, pezzetto’, o, anche, da *quadralis, *quadranus (erede del classico quadrans) ‘del valore di una quarta parte’ e quindi ‘ragazzo piccolo’, o ancora da quadrarius ‘quadrato, robusto’ È possibile che ciascuna delle varianti meridionali oggi attestate possa continuare una di queste specifiche basi latine, ma non si può escludere, comunque, neppure una connessione o un incrocio con il longobardo wahtari ‘guardiano’, che in italiano ha dato (s) guattero . 12 7) La casella SC, con una significativa i minuscola in aggiunta, è appositamente dedicata alla sibilante palatale, esito normale di s davanti a -i tonica e a j in area mediana e nell’area meridionale ad essa più vicina ( camišə ‘camicia’, vašə ‘bacio’ ecc .; più avanti, alla casella V, troviamo cusci’ ‘così’) Sci! Scisci’! Scineeee è il modo locale di dire ‘sì’, ed è interessante osservare come questa particella olofrastica possa spesso diventare anche una manifestazione di insofferenza (caso in cui acquista, come altrove, il -ne epitetico) 8) La casella della S vera e propria è rappresentata da Stengo ‘n piazza ‘sto in piazza’, in cui ritroviamo un luogo che è stato già citato, la piazza del duomo, appunto Stengo è la variante locale per ‘sto’, minoritaria in area mediana (dove prevalgono staio e sto), ma molto diffusa nelle aree meridionali limitrofe, dall’Abruzzo al Molise e alla Puglia, anche in varianti come stinghə , stiénghə ecc . 13 9) ue’, mbe’? ! , chiamati a rappresentare la U con l’appoggio di che’ dici? , sono interiezioni associate all’immagine della cornetta di un vecchio telefono È un modo simpatico per evocare l’inizio di una conversazione fra persone magari di una certa età, che fanno frequente ricorso ad esse, forse più dei giovani, quando parlano in dialetto 10) Infine, in Vabbona ‘va bene’ si ritrova invece uno dei più tipici saluti di congedo, uno dei modi con cui spesso ci si accomiata Lo integra remanemo cusci’ ‘rimaniamo così’, cioè ‘faremo così come abbiamo detto’ Le ultime quattro caselle, variamente combinate, potrebbero costituire i frammenti di una reale conversazione in dialetto nel centro della città Conclusa la nostra carrellata, che cosa ricavare da questo spaccato dialettale (e non solo), piuttosto ampio e differenziato? Discettare se il nostro manifesto rappresenti il «vero» dialetto oppure no, come pure è stato fatto, in una sede come questa non interessa molto, per le ragioni che abbiamo già ricordato 2_IH_Italienisch_74.indd 55 16.11.15 07: 55 56 Osservazioni sull’«Alfabeto Aquilano» Francesco Avolio all’inizio Quello che si può oggettivamente notare è un grado abbastanza alto di fedeltà alla lingua parlata nelle caselle dialettali: non quindi all’aquilano della tradizione letteraria, e segnatamente teatrale e poetica (che pure esiste e che svolge una sua funzione abbastanza precisa), ma al dialetto di uso quotidiano, con molte delle sue oscillazioni In altri termini, il documento ci rivela una capacità a tratti notevole non solo di percezione, ma anche di (auto) rappresentazione di fatti linguistici più o meno spontanei, nei limiti imposti da una grafia che resta, in sostanza, quella ufficiale della lingua Schematizzando un po’, e lasciando da parte le voci caratteristiche che abbiamo già commentato prima, possiamo distinguere tra: a) tratti dialettali in tutto o in parte mantenuti: - una distinzione piuttosto accurata tra -o e -u in essoquissu, issù, jamo,‘ngulu, ma non in quatrano, che, nelle varianti dialettali parlate in città, è diffuso almeno quanto quatranu, se non più; - la palatalizzazione della s davanti a i in cusci’ e sci, ma non quella in posizione preconsonantica (stengo); - il raddoppiamento fonosintattico in offreghete; in vabbona è comunque rilevante la comparsa della doppia b in seguito all’univerbazione; il tratto è invece assente in che dici? - la forma verbale stengo ‘sto’; - il morfema -emo, che qui si trova in remanemo ‘rimaniamo’, dov’è originario, ma che nel dialetto è stato esteso anche ai verbi della I (sonémo ‘suoniamo’) e della III coniugazione (dormémo ‘dormiamo’) b) tratti parzialmente o totalmente neutralizzati: riduzione delle vocali postoniche: pecora anziché pèchera, che pure è più comune (talvolta all’Aquila si può arrivare alla centralizzazione, come in bàmbəla ‘bambola’, tràppəla ‘trappola’ 14 ); lenizione postnasale: assente in gnienti, stengo ‘n piazza, Sant’Agnese (grafia che però coincide con l’italiano), ma presente in ‘ngulu! ; retroflessione della -rnei nessi con t- (quatrano, a volte pronunciato quatřano ) 15 ; questo tratto, però, oltre a dipendere da variabili diastraticodiafasiche che lo rendono irregolare e non sempre percepibile, mostra delle difficoltà quasi insormontabili nella sua resa grafica Sarebbe possibile qualche altra osservazione, ma forse possiamo avviarci a concludere, introducendo una breve postilla di tipo diacronico che parte, però, da una notazione sincronica: questo alfabeto - o meglio il dialetto che esso rappresenta e sintetizza - è utilizzato anche dai ragazzi del contado dialettologicamente meridionale dell’area, che inizia già nel territorio comunale dell’Aquila (Monticchio, Onna, S Gregorio) per poi estendersi verso Sulmona e l’altopiano delle Rocche Qui non ci sono molti dei tratti che 2_IH_Italienisch_74.indd 56 16.11.15 07: 55 57 Francesco Avolio Osservazioni sull’«Alfabeto Aquilano» abbiamo visto, in particolare la conservazione delle vocali finali e la distinzione tra -o e -u, sostituite dalle vocali centralizzate (ə ) 16 Eppure, soprattutto dopo il terremoto, anche i ragazzi che vengono da queste zone - e che quindi ci aspetteremmo che non ricorrano a un simile modo di rappresentare per iscritto il proprio dialetto - hanno adottato, nei social network e in tanti altri casi, una grafia presso che identica a quella del nostro alfabeto, cioè, in buona sostanza, l’aquilano cittadino di tipo quasi del tutto mediano . 17 Si tratta di una percezione condizionata dalla rappresentazione dominante (quella «aquilana») o di una rappresentazione frutto di una errata percezione? L’alternativa forse non è così netta, soprattutto perché si tratta spesso di una concatenazione di cose, di un circolo (che non importa definire «vizioso» o in altri modi) Si può invece osservare che certamente esiste, ed è ovviamente esistita anche in passato, una rappresentazione grafica non «fedele» di una certa varietà linguistica E qui veniamo all’aspetto diacronico: uno dei temi forse meno approfonditi nell’ambito degli studi di storia della lingua è il fatto che - a partire da una certa epoca, più o meno dal Quattrocento - il territorio dell’Italia linguisticamente mediana, la stessa a cui appartiene la città dell’Aquila, comincia a restringersi sia a nord (Marche, Umbria settentrionale) che a sud (Abruzzo costiero e interno, Molise, Lazio meridionale) . 18 Questo restringimento viene spiegato, piuttosto sbrigativamente, in vari modi, tra cui un cambio di lingua che avrebbe interessato l’area, ma di cui restano del tutto sconosciute le cause storiche (ben note, invece, nel caso, paradigmatico, di Roma) . 19 Almeno qualcuna delle reali motivazioni di questo strano cambio che sembra quasi «piovuto dal cielo» può essere ritrovata in dinamiche che proprio l’uso del nostro alfabeto contribuisce a rivelarci e, in parte, a chiarire: in sintesi, una scripta di tipo mediano si sarebbe probabilmente estesa, fra XII e XIII secolo, anche ad aree linguisticamente diverse, a nord come a sud, e sarebbe stata adoperata in vari modi, non dissimili da quelli testimoniati oggi nella sezione meridionale del contado aquilano, soprattutto in ambiti religiosi e monastici, del resto per definizione plurilingui (è difficile, infatti, immaginare che i monaci di Montecassino o di altre abbazie fossero sempre tutti indigeni) . 20 Quando poi questo modello grafico è andato in crisi, soprattutto per il graduale avvento di quello toscano, ed è stato col tempo abbandonato, le dinamiche di questo abbandono ci danno oggi, a posteriori, l’impressione di un restringimento o riduzione geolinguistica dell’area e, di conseguenza, di un cambio di lingua che però sarebbe solo apparente . 21 Insomma, il nostro alfabeto ci porta anche abbastanza lontano dai temi di varietistica strettamente contemporanea da cui siamo partiti e di cui stavamo parlando Ma, in fondo, a ben guardare, anche questo è uno dei motivi del fascino dei nostri studi 2_IH_Italienisch_74.indd 57 16.11.15 07: 55 5 8 Osservazioni sull’«Alfabeto Aquilano» Francesco Avolio Abstract Nur scheinbar andekdotischer Ausgangspunkt des Beitrags ist ein ungewöhnliches Plakat, das in L’Aquila nach dem Erdbeben, das am 6 April 2009 die Stadt schwer erschüttert hatte, gemacht wurde Dieses Plakat mit dem Titel Alfabeto aquilano besteht aus 25 Kästchen, die den Buchstaben (oder Buchstabengruppen) des Alfabets entsprechen Viele dieser Kästchen (genau gesagt: zehn) sind sozusagen Fenster, die interessante Einblicke einerseits in den Stadtdialekt und andererseits in seine Wahrnehmung durch eine bestimmte Sprechergruppe (junge Leute mit Studienabschluss) vermitteln So offenbart sich auf metasprachlicher Ebene der Wunsch, die Traditionen der Heimat wieder zu entdecken und neu zu bewerten und auf objektsprachlicher Ebene eine Transkription, die man als «halb-spontan» bezeichnen könnte Die Analyse des Autors zeigt, dass der Dialekt des täglichen Gebrauchs zu Grunde liegt und nicht seine literarische Variante - die auch leicht fassbar gewesen wäre; es werden nämlich im Alfabet einige häufige sprachliche Besonderheiten herausgearbeitet (wie die Unterscheidung des finalen -o und -u, die Palatalisierung des s vor i, die phono-syntaktische Längung von Konsonanten), und andere, die nur sporadisch vorkommen (die postnasale Lenisierung); dagegen fehlt die Zentralisierung der Nachtonvokale) Der Dialekt-Typ, den das Alfabeto in verdichteter Form präsentiert, hat jedenfalls auch außerhalb L’Aquilas Anklang gefunden, vor allem in dem Teil der Gemeinde, der schon zur südlichen Dialektzone gehört und sich durch den Ausgleich der diversen vocali atone in ə charakterisiert, aber auch in den Nachbargemeinden des mittleren Aterno-Tals und der Ebene von Navelli Hier rekurrieren die Jugendlichen, die immer mehr auch in den social networks im Dialekt schreiben, außerdem auf das Aquilanische des mittelitalienischen Typs, nach Prinzipien, die teilweise den historischen Schreibvarianten dieser Gegend zwischen dem 13 und dem 14 Jahrhundert ähneln und bei der Verschriftung der mittelitalienischen Graphie ähneln, die in diversen Kontexten, wie etwa der klösterlichen Schrift, ebenfalls nicht alle lokalen Varietäten repräsentierte Note 1 Cfr . Avolio 2009a: 37 2 Gli stessi, sul loro sito (www .elleapostrofoa .com), si autodefiniscono così: «un gruppo di ra-gazze e ragazzi della città dell’Aquila che desidera valorizzare e promuovere gadget, attività ed eventi legati al proprio territorio e alla propria cultura, con ironia, innovazione e creatività» 3 Chi volesse documentarsi più a fondo su tali dinamiche, tuttora in atto, può senz’altro consultare Giammaria 2010 e 2013 4 Adotto qui la distinzione terminologica proposta in Cirese 2002, meno diffusa, ma sicuramente più precisa di quella, ormai invalsa nell’uso, tra beni «materiali» e «immateriali»: 2_IH_Italienisch_74.indd 58 16.11.15 07: 55 59 Francesco Avolio Osservazioni sull’«Alfabeto Aquilano» in sintesi, «oggettuale» è ciò che dura nel tempo (ad es . la parola scritta), «inoggettuale» o «volatile» ciò che non dura (come la parola «detta») 5 Con articolo neutro non palatalizzato, usato per tutti i sostantivi e aggettivi non pluralizzabili (lo in posizione anteconsonantica ≠ ju, articolo maschile usato per i count names, come in ju vitéjju, -o ‘il vitello’) . Sul genere neutro in Abruzzo e nel Mezzogiorno cfr . Rohlfs 1966-69, §§ 419, 420, 449, 456, Avolio 1996, Avolio 2002: 589-591 6 Un importante punto di riferimento sulla transumanza e i suoi vari aspetti storicoeconomici, sociali, artistici e letterari è il volume collettivo Biondi et alii 2007-2008, con ampia bibliografia 7 Cfr . DT, s . v . Cicolano, e Avolio 2010: 216-217 8 Cfr . Avolio 2002: 580-581 e 585 9 Come in marìdemù ‘mio marito’ a Rieti, P . 624, marìdimù a Leonessa, P . 615 e a Norcia, P . 576 ecc .; cfr . AIS, c . 72 10 Cfr . le note 12 e 14 11 Cfr . AIS, c . 45 12 Ringrazio l’amico Gianmario Raimondi per avermi segnalato questa seconda ipotesi . Da ricordare che la parola si trova anche nel De vulgari eloquentia, ad esemplificare i volgari dell’Apulia, nella frase Bòlzera che chiangesse lo quatraro ‘vorrei che il ragazzo piangesse’ (DVE, I, XII), in cui Dante concentra una serie di tratti tipici del Mezzogiorno (dal condizionale derivato dal piuccheperfetto latino allo sviluppo fonetico pl- > / kj-/ ) 13 Cfr . AIS, c . 695 14 Cfr . Avolio 2009b: 84 15 Cfr . ivi: 84-85 16 Cfr . Avolio 2002: 580-581, e, per maggiori dettagli anche sulle varietà intermedie e le interferenze tra i due gruppi, Avolio 2009b: §§ 1 e 6-8 17 Ad esempio, una diciottenne di Sant’Eusanio Forconese ha scritto in un post così ce ne jemo tutti a ju mare ‘così ce ne andiamo tutti al mare’, frase sostanzialmente aquilana, quando la pronuncia locale sarebbe cušì së në jémë tutt’ a jju marë; mentre un diciassettenne del vicino paese di Poggio Picenze si è lasciato andare a un guarda qnt è bejju ‘guarda quanto è bello’, la cui u finale è sconosciuta al dialetto locale, per lo meno in quel particolare contesto fonotattico (cfr . Passacantando 2012: 172-173) 18 Su ciò si sofferma, opportunamente, Vignuzzi 1994: 329-333 19 Per una ricognizione più ampia su questo genere di problematiche, mi permetto di rinviare ad Avolio 2013: 110-113 e passim 20 Cfr ., su questo, Martino 1991: 75-76; si veda anche Giammaria 2012 21 Cfr . Avolio 2013: 124-126 Bibliografia AIS = Jaberg, Karl/ Jud, Jakob: Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz 8 voll ., Zofingen: Ringer 1928-40 Avolio, Francesco: «Il ‹neutro di materia› nei dialetti centro-meridionali: fonti, dati recenti, problemi aperti», in: Contributi di filologia dell’Italia mediana, n . X/ 1996, p . 291-337 Avolio, Francesco: «L’Abruzzo», in: Dialetti italiani: storia, struttura, uso, a cura di Gianrenzo P . Clivio et alii, Torino: Utet 2002, p . 568-607 Avolio, Francesco: Lingue e dialetti d’Italia . Roma: Carocci 2009 (2009a) 2_IH_Italienisch_74.indd 59 16.11.15 07: 55 6 0 Osservazioni sull’«Alfabeto Aquilano» Francesco Avolio Avolio, Francesco: Tra Abruzzo e Sabina. Contatti e reazioni linguistiche sui ‹confini› dialettali nel contado aquilano . Alessandria: Edizioni dell’Orso 2009 (2009b) Avolio, Francesco: «Vitalità e sopravvivenza di etnici e toponimi dell’Italia antica in area centro-meridionale: preliminari per una proposta di classificazione», in: AION. Annali del Dipartimento di Studi del Mondo Classico e del Mediterraneo Antico, Sezione linguistica, Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, n . 32/ 2010, p . 205-227 Avolio, Francesco: «Dialetti moderni e volgari antichi: appunti sulle dinamiche linguistiche dell’Italia centro-meridionale», in: Bollettino del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, 24/ 2013, p . 109-130 Biondi, Liliana et alii (a cura di): Tratturi e transumanza. Arte e cultura . L’Aquila: Edizione Arkhè - Associazione Deltensemble 2007-2008 Cirese, Alberto Mario: «I musei demologici: considerazioni di ieri e di oggi», in: Il patrimonio museale antropologico. 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Dinamiche antiche e moderni problemi nell’Abruzzo aquilano mediano», in: Scrittura, dialetto e oralità, a cura di Gianna Marcato, Padova: Cleup 2012, p . 165-170 Giammaria, Teresa: «La ‹ripresa› del dialetto all’Aquila e nei dintorni dopo il terremoto del 6 aprile 2009», in: Lingua e dialetto tra l’Italia centrale e l’Italia meridionale. I dialetti della media valle del Liri e delle zone limitrofe, a cura di Francesco Avolio, Roccasecca: Arte Stampa editore - Comune di Colfelice (Fr) 2013, p . 151-162 Martino, Paolo: L’‹area Lausberg›. Isolamento e arcaicità . Roma: Il Calamo 1991 Passacantando, Laura: «Scrivere in dialetto nell’Abruzzo aquilano meridionale», in: Scrittura, dialetto e oralità, a cura di Gianna Marcato, Padova: Cleup 2012, p . 171-181 Rohlfs, Gerhard: Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, 3 voll Torino: Einaudi 1966-1969 Vignuzzi, Ugo: «Il volgare nell’Italia mediana», in: Storia della lingua italiana, a cura di Luca Serianni e Pietro Trifone, vol . III, Le altre lingue . Torino: Einaudi 1994, p . 329-372 2_IH_Italienisch_74.indd 60 16.11.15 07: 55 61 Francesco Avolio Osservazioni sull’«Alfabeto Aquilano» Appendice L’Alfabeto Aquilano (http: / / www .elleapostrofoa .com/ portfolio/ lalfabeto-aquilano/ ) 2_IH_Italienisch_74.indd 61 16.11.15 07: 55
