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2017
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Fesenmeier Föcking Krefeld OttCantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana
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2017
Roberto Sottile
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6 9 6 9 R O B E R TO S OTT I L E Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana 1. Dialetto e canzone: aspetti generali Al fenomeno di ‘rivalutazione’ del dialetto, che Sobrero (2003: 2) ha chiamato «sdoganamento» e al quale si è assistito in Italia a partire dagli anni Novanta, ha contribuito anche l’allentamento della sua censura nello stesso momento in cui il compimento del processo di italofonia permetteva ormai di instaurare un rapporto non più conflittuale con il codice della tradizione: «un motto dell’Italia alle soglie del terzo Millennio sembra essere ‘ora che sappiamo parlare italiano, possiamo anche (ri)parlare dialetto’» (Berruto 2002: 48) Nell’ambito di questo nuovo assetto sociolinguistico va inquadrato anche il proliferare, sempre a partire dagli anni Novanta, della canzone dialettale Ma in Italia la scelta musicale del dialetto comincia ad affermarsi già a cavallo tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta (S’at ven in meint, di Pierangelo Bertoli, è del 1978, Creuza de ma, di Fabrizio De André, è del 1984) . 1 D’altra parte, al di là di queste ‘prove’ cantautorali, già negli anni Sessanta le esperienze dei canzonieri popolari avevano contribuito a legittimare la canzone in dialetto con il recupero e la riproposizione di testi e musiche della tradizione popolare mediante il coinvolgimento di interpreti appartenenti al mondo culturale che a quella tradizione faceva capo Con il fenomeno dei canzonieri popolari, che - sotto spinte talvolta ideologiche talaltra di ricerca musicale colta - determinarono la riscoperta cosciente dei repertori musicali popolari delle diverse tradizioni regionali, il dialetto si ‘acclimata’, dunque, nella canzone Ma è vero che solo a partire dagli anni Novanta - che, sul piano del ‘consumo’ della musica, coincidono con la riproposizione in chiave locale dei generi rap e reggae d’Oltreoceano - la produzione musicale dialettale si struttura più compiutamente lasciando anche rilevare al suo interno la presenza di due linee principali, una «endolinguistica» e un’altra «extralinguistica» (cfr Coveri 1996: 21) La prima orienta all’uso del dialetto in quanto codice che offre soluzioni metriche e ritmiche più ampie dell’italiano e che, con le sue particolarità fonetiche, sintattiche e lessicali, evoca nel pubblico una realtà più familiare e meno istituzionalizzata La linea «extralinguistica» si dirige invece verso un approccio ideologico al dialetto per il quale al codice locale viene attribuito, soprattutto nell’ambito della cultura hip hop, un valore simbolico/ ideologico che ne fa il ‘segno’ della ‘protesta’ politica e culturale Così, con i suoi forti Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana Roberto Sottile 70 connotati di «controcultura», il dialetto si fa linguaggio di «una musica che si pone in alternativa a quella istituzionale» (Scrausi 1996: 298) Un caso emblematico, in questo senso, è rappresentato dai 99 Posse per i quali, secondo Arno Scholz, il dialetto assume «una funzione simbolica quale codice della protesta contro le istituzioni ufficiali» (Scholz 1998: 233) Ma, d’altra parte, nella canzone dialettale più recente sembra potersi ravvisare anche una certa tendenza ad attribuire al dialetto il valore simbolico di ‘dispositivo identitario’ Gli anni Novanta, e ancora di più gli anni Zero, sono quelli nel corso dei quali si comincia a percepire il senso di straniamento e di alienazione dovuto alla globalizzazione Così il dialetto nelle canzoni, quale codice profondamente legato ai luoghi e al loro sentimento, ben si presta a simboleggiare e rimarcare il ritorno alle radici: «Credo che si possa trovare una possibile risposta a questa nuova tendenza [l’uso del dialetto nella canzone] nella rivalutazione e ricerca delle proprie radici, attraverso un linguaggio più antico dell’italiano stesso, un linguaggio che in qualche modo ne è l’antenato È innegabile che il suono di queste lingue neoromanze (che noi chiamiamo dialetti) ci sveli i tesori più profondi della nostra civiltà e della nostra cultura, rendendo la realtà delle differenze culturali regionali italiane un arricchimento» Queste parole di Carmen Consoli (cfr Sottile 2013: 182) sembrano ben spiegare non soltanto una delle ragioni principali per la quale molti artisti si affacciano al dialetto, ma anche la tendenza, diffusissima, a riprendere nelle canzoni elementi della cultura locale-tradizionale Si tratta di una condizione per la quale il riuso artistico del dialetto si fa contemporaneamente riscoperta delle radici e valorizzazione delle realtà locali, spesso in connessione con la ripresa di alcuni moduli della cultura popolare, come nel caso, per esempio, dei salentini Sud Sound System (cfr Grimaldi 2006) La canzone in dialetto, sia che usi il codice locale in funzione ‘poetica’ (funzione «lirico-espressiva»), sia che lo usi come linguaggio di una nuova canzone di protesta e di denuncia, o come simbolo del ritorno alle radici (funzione «simbolico-ideologica») (cfr Coveri 2012, Sottile 2013), sembra rappresentare, in effetti, una formidabile occasione per ‘comunicare’ (per ‘raccontare’ o per ‘lanciare messaggi’) attingendo a un serbatoio di immagini, pratiche, valori, denominazioni di cose di un universo culturale ormai in declino (l’universo della cultura tradizionale-dialettale, appunto) Un mondo che, avendo perso il ‘valore uso’ di buona parte dei suoi contrassegni culturali, viene recuperato nel suo ‘valore segno’, mediante il consapevole riuso artistico del suo codice espressivo, della sua lingua e della sua 71 Roberto Sottile Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana 71 cultura Questo ‘effetto trascinamento’ (il dialetto che si usa nella canzone trascina con sé il mondo culturale di riferimento di quel codice), che sembra essere uno degli elementi più interessanti della canzone dialettale degli ultimi anni, è già ben evidente in Pino Daniele: nel comporre la canzone «Bella ’mbriana», che dà il titolo all’album del 1982, l’autore napoletano aveva attinto al bagaglio della cultura dialettale-popolare riprendendo, come nota Avolio (2015: 63), «un’antica tradizione, e in particolare a una delle tante presenze magiche che popola(va)no le dimore e i villaggi dell’Italia meridionale (e non solo) Un po’ fata e un po’ angelo del focolare, creatura misteriosa, ma benevola, la bbèlla ’mbrian ə abita stabilmente all’interno di una casa, ponendola sotto la sua protezione» Un altro caso importante è rappresentato da «Mattanza» dei Kunsertu (Fannan), brano nel quale viene evocata la pratica tradizionale della mattanza, la cattura e la cruenta uccisione del tonno, quale metafora delle stragi di mafia del 1992 (l’assassinio dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino) Sembra, dunque, che per gli artisti contemporanei il dialetto usato nelle canzoni possa pervenire a un significativo potenziamento della sua carica espressiva e comunicativa quando e se richiama esplicitamente il suo ‘bagaglio culturale’ e il suo ambito semiotico di riferimento Così molte canzoni dialettali degli ultimi anni appaiono sempre più spesso costruite mediante la rielaborazione consapevole di materiale ‘etnodialettale’ che si sostanzia anche nella ripresa di filastrocche popolari, di nomi tradizionali di luoghi connessi al ‘mondo di ieri’, di frasi ed espressioni comuni tratte dal patrimonio dialettale collettivo, di elementi, non solo linguistici ma anche musicali, fortemente connessi all’universo tradizionale che attraverso le canzoni vengono riattualizzati nella contemporaneità (cfr par 2) È importante, inoltre, considerare che in molti casi la ‘ripresa’ del materiale tradizionale si risolve nella riproposta della musica tradizionalepopolare In questo senso la Sicilia presenta un quadro variegato di artisti che propongono contemporaneamente musica popolare e canzone dialettale d’autore Ma, indubbiamente, l’odierna ricchezza di produzioni musicali in dialetto siciliano va riconnessa all’incidenza della figura di Rosa Balistreri (1927-1990) che rappresenta il punto di riferimento del ‘cantautorato’ dialettale in Sicilia Questa cantante, vicina a Ignazio Buttitta - che per lei scrisse diverse canzoni - e che cantò anche assieme a Dario Fo, costituisce e incarna il modello di ‘cantante dialettale’ al quale tanti autori di oggi si richiamano per motivare il proprio ‘impegno’ artistico Pur non essendo autrice della maggior parte delle canzoni che interpreta, riprese dalla tradizione orale o scritte da autori più o meno celebri, Rosa Balistreri riuscì con il suo stile e la sua forza espressiva a darvi un’impronta personalissima, Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana Roberto Sottile 72 creando una sorta di linea di transizione tra la riproposta della musica tradizionale e la moderna canzone d’autore Nell’attuale panorama musicale siciliano il peso e la lezione della Balistreri sono così importanti al punto che molti artisti, non solo si ispirano alla sua musica e al suo stile, ma vantano nel proprio repertorio almeno una canzone a lei dedicata o ripresa dalla sua produzione Tra questi anche Carmen Consoli e Etta Scollo La prima ha contribuito a farne conoscere la figura al grande pubblico e, inoltre, ne ripropone alcuni testi durante i suoi concerti; la seconda, molto nota in Germania, ha realizzato un doppio cddvd dal titolo Canta Rò (per il quale ha ricevuto il ‘Premio RUTH 2007’ e il ‘Premio Rosa Balistreri-Alberto Favara 2008’) dove vengono riproposti diversi brani del repertorio della grande cantante siciliana Questi elementi, che favoriscono la ricchezza di produzioni musicali dialettali, sembrano avere un peso significativo anche sullo specifico approccio al dialetto da parte degli artisti siciliani che, come si è osservato, trovano spesso nell’insieme dei valori della cultura dialettale la base di partenza per la scrittura dei loro testi 2. Dialetto e cultura orale Al di là e in aggiunta al valore metaforico che il materiale etnodialettale ripreso dalla cultura tradizionale può assumere nella composizione delle canzoni (si ricordi il caso di Pino Daniele e dei Kunsertu, richiamato in par 1), la consuetudine di attingere alla tradizione popolare, fosse anche solo per ragioni ‘estetiche’, ricorre costantemente nei testi dialettali siciliani Il brano «Nichi» (Luna Khina), degli Agricantus, si apre, per esempio, con la filastrocca tradizionale «Setti fìmmini e un tarì» Questo testo, strutturato sulle figure retoriche dell’anadiplosi e dell’epifora, nella sua variante agrigentina è accennato anche all’interno della canzone «Napordu» (L’opera dei pupi) della Daniele Treves Band, come sottofondo «parlato» di una parte della canzone in cui vengono ripresi alcuni versi di «Signuruzzu chiuviti chiuviti» (Amore, tu lo sai, la vita è amara) di Rosa Balistreri Un’ulteriore variante della stessa filastrocca era già stata utilizzata nei primissimi anni Novanta - agli albori del rap italiano, si potrebbe dire - nella canzone «Fight da faida» (Verba manent) di Frankie Hi nrg, artista di origini siciliane Ma nell’ambito di questo riuso della cultura orale, resta di grande interesse la rifunzionalizzazione di elementi fraseologici e paremiologici locali presenti nei testi delle canzoni Proverbi e modi di dire sono ampiamente utilizzati dagli autori contemporanei: nella canzone «Lu giru di li vili» (Invisibili eventi) della Dimora del Padrino, un proverbio-filastrocca, che 73 Roberto Sottile Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana 73 funge da ritornello, diventa la metafora dell’immobilismo sociale e politico del Paese: Lùnniri e mmàrtiri e nun ti pàrtiri / mèrcuri e gghiòviri e nun ti mòviri / vènniri pi gghiri sàbbat’a tturnari / ma sta carretta ccà cu si l’av’a ttirari? . 2 Questa tendenza ad attingere alla cultura orale riguarda non soltanto i rapper - il cui ricorso al repertorio fraseologico potrebbe dirsi scontato, considerata la loro particolare «attenzione agli eventi politici, sociali e culturali contemporanei e la dimensione popolare-divulgativa del fenomeno hip-hop» (Accademia degli Scrausi 1996: 346) - ma anche diversi cantautori (cfr Sottile 2013: 154-159) tra i quali spicca Franco Battiato che, per esempio, nell’album Apriti Sesamo, inserisce una canzone che ha per titolo «Caliti junku», tratto dal proverbio càliti iuncu ca passa la china, ‘al più potente ceda il più prudente; così sia, sia fatta la volontà di Dio’ Un tale approccio al dialetto e alla cultura tradizionale non sembrerebbe comunque essere connesso a un uso stereotipato del codice locale, come si potrebbe ritenere in ragione della consuetudine da parte degli artisti di riprendere, da un patrimonio linguistico-culturale condiviso, espressioni ‘pronte all’uso’ Certo, la fraseologia e, ancor di più, la paremiologia rimandano a un uso ‘non vivo’ del dialetto (nessuno oggi parla più per proverbi) Sembra però interessante notare che, in moltissimi casi, gli elementi tradizionali che entrano nelle canzoni tendono a essere rifunzionalizzati consapevolmente per divenire uno ‘strumento d’appoggio’ utile a esprimere il ‘messaggio’ della canzone Un solo esempio tra i tanti possibili: per il brano «Sintiti» (L’opera dei pupi) della Daniele Treves Band, l’autore del testo, Ezio Noto, ha dichiarato che la sua ripresa nel titolo e nelle strofe della forma verbale tradizionale urlata dai vanniatura (i banditori pubblici) per aprire le loro declamazioni, serve a farne un «vannìu [grido] moderno di denuncia sociale [all’interno di una canzone] che tratta temi legati all’ecologia, al rispetto dell’ambiente, alla fratellanza dei popoli» (Sottile 2013: 201) Al tempo stesso, il testo della canzone si caratterizza per la presenza di numerosi modi di dire tradizionali il cui comune significato è volto a «sottolineare l’inutilità e il carattere paradossale delle azioni dell’uomo, quando esse non sono rispettose del suo ambiente e dei suoi simili» (ibidem) 3. Dialetto, toponimi, odonimi e identità di luogo Al di là del riuso del patrimonio culturale di tradizione orale, il ricorso da parte degli artisti al materiale offerto dalla cultura dialettale-tradizionale si sostanzia anche nell’abbondante impiego di elementi toponimici Si tratta di una pratica che trova un esempio emblematico nella canzone «Trazzeri» (Trazzeri), dei Fratelli Mancuso: il brano è formato da due blocchi, di otto versi ciascuno, entrambi costituiti da toponimi dialettali delle campagne di Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana Roberto Sottile 74 Sutera (paese in provincia di Caltanissetta) disposti in modo tale che, dal punto di vista metrico, si alternano costantemente un verso di 13 sillabe, con un accento in punta, e un verso di dieci sillabe: Cacciuni Chiacca Serpenti Pizzi Rancisìa Turretta Sciacca Pontecapi ḍḍ u Aquartu Mìnnula Graciciuppu Crucifìa Palermitanu Bi ḍḍ uvidili […] Questo insistere sui luoghi, seppur, spesso, con la ripresa di forme toponimiche ormai desuete, conferisce a buona parte della canzone dialettale di oggi una forte connotazione geografica che si fa tutt’uno con la tensione verso la (micro)località, tensione evidente già nella stessa scelta linguistica di segno dialettale (l’opzione dialettale è di per sé una scelta pro loco) Il richiamo ai luoghi, tanto ricorrente nella canzone dialettale odierna, sembra assumere due distinte funzioni: 1) quella di riferimento al setting fisico in cui si sviluppa la ‘storia raccontata’ e 2) quella di marca identitaria Nel primo caso i luoghi, e i toponimi che li evocano, diventano il semplice sfondo fisicogeografico di ciò che ‘si narra’ nel testo Un esempio, in questo senso, potrebbe essere il brano «Supramari» (Santu Lubbiranti), presentato così durante un’esibizione: «In Sicilia, a Milazzo, da sempre esiste un quartiere, ed in questo quartiere una strada, a due passi da questa strada, proprio a ridosso del castello e a picco sul mare, una grotta Grotta Pulifemu la chiamano, perché pare che un tempo in questa grotta, chissà, forse sospeso tra storia e leggenda, vivesse un terribile ciclope .» 3 Qui il toponimo Grotta Pulifemu serve a georeferenziare il tema della canzone che, assieme alle altre del cd nel quale è contenuta, ha la caratteristica di riproporre in forma musicale una storia/ leggenda sentita raccontare in uno dei 14 centri della Valle del Mela, nel messinese, tra quelli prescelti come ‘luoghi di ambientazione’ dei 14 brani dell’intero album Accanto a questi casi, si registrano anche diversi esempi di canzoni nelle quali il luogo diventa invece il fine stesso della composizione artistica Certamente l’una o l’altra funzione, quella semplice di décor (funzione, comunque, raramente oleografica), o quella più complessa volta a esprimere l’identità geografico-culturale dell’autore, sembrano richiamare un elemento importante della più recente scrittura dialettale: in sostanza, il revival del 75 Roberto Sottile Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana 75 dialetto, codice locale saldamente ancorato a una dimensione fisico-geografica ‘ristretta’ e ben circoscrivibile, sembra giustificarsi, o spiegarsi, anche con un certo bisogno di riprecisare, ripensare e proporre lo spazio locale come potente antidoto alla ‘distopia’ dello spazio globale Di conseguenza la ricerca della località - che, come abbiamo osservato, linguisticamente è simboleggiata e attuata attraverso la scelta dialettale - ha bisogno di rinforzarsi o, se si vuole, ha bisogno di completarsi con il costante riferimento ai luoghi, allo spazio del dialetto scelto e usato per comporre i testi Così molti autori dialettali, già impegnati nell’espressione di un’identità di luogo mediante il ricorso al dialetto (codice locale per definizione), non possono fare a meno di richiamare nei propri testi i contesti fisici del loro vissuto Molti testi della canzone dialettale di oggi appaiono quindi costruiti intorno ai luoghi dello spazio fisico, socio-culturale e linguistico dell’artista Ciò è vero soprattutto - ma non solo - per gli artisti appartenenti alla scena rap/ raggae ‘metropolitana’ sicché, per esempio, in un brano dei Combomastas dal titolo «U tagghiamu stu palluni? » (Musica classica) - brano che racconta di un ragazzo palermitano senza prospettive per il futuro - ogni ritornello è costruito sull’elenco dei principali rioni del capoluogo (nella loro forma strettamente dialettale) analogamente a quanto si osserva nella canzone «Sugnu palermitano» (La storia si ripete) nella quale accanto ai nomi di diversi quartieri popolari di Palermo si rileva, nella chiusa del brano, un’elencazione degli etnici dei capoluoghi siciliani In molti casi, nelle canzoni dialettali, le realtà micro-urbane palermitane appaiono non solo come luoghi che vengono evocati per farvi ‘rimbalzare’ l’identità degli artisti, ma anche per marcarne la loro qualità di luoghisimbolo della socialità (specialmente - ma non solo - quella giovanile) In particolare, un ruolo di spicco assumono a Palermo i mercati popolari (che portano il nome dei quartieri sui quali insistono: Ballarò, Vucciria, Borgo Vecchio) Come notano Brucculeri e Giannitrapani (2010: 142), «è innegabile che a Palermo i mercati storici abbiano un valore di socializzazione molto forte e assolvano anche a una funzione simbolica, centrale, peraltro, nella costruzione identitaria della città nel suo complesso» Inoltre, questi luoghi, che di giorno sono semplici mercati (rionali, all’aperto), di notte si trasformano in punti nevralgici della vita notturna giovanile: negozi di frutta e verdura, pescherie e macellerie lasciano spazio a bar e pub che, vendendo bevande alcoliche a basso costo e restando aperti fino a tarda notte, attirano gran parte della popolazione giovanile della città Non sarà quindi un caso che molte canzoni giovanili abbiano come tema o titolo (i nomi di) questi quartieri-mercati-luoghi di ritrovo Così, per esempio, nella canzone mistilingue della Famiglia del Sud dal titolo «Ballarò», il quartiere (il cui nome è qui riproposto nella variante in lingua) si fa simbolo del coacervo di culture Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana Roberto Sottile 76 e di differenti etnie che caratterizzano la millenaria storia sociale e culturale di Palermo: […] Ballarò è una preghiera sui gradini del Santa Chiara Ballarò è una poesia di sfincione* e alokò Salam aleykum, Bondù Kemona ciù Comment ça va? Comu stai? Me frati, comu stai? ** […] *focaccia morbida variamente condita **Come stai? Fratello mio, come stai? Accanto al Ballarò spicca un altro luogo-simbolo di Palermo, la Vucciria, che rappresenta la protagonista di numerosissime canzoni di artisti del capoluogo, in particolare di quelli della scena musicale giovanile La Vucciria, non come mercato storico, ma come luogo di svago notturno, è il titolo e il focus di un brano del cantautore Alessio Bondì (Sfardo) che, in alcune strofe, richiama i modi e i luoghi della movida notturna palermitana: […] Me’ matri nun lu sapi ca mi scassu ri Forst e poi satarìu attipu grillu una sardella, in capu a’ sella in capu ‘nu quintale ‘i gel arrivu isannu in mienzu o’ burdiellu ma me’ matri chi voli capiri, si nun mi viri, ìu cercu l’amuri in mienzu ‘o Garraffaello. […] Mia madre non lo sa che mi ubriaco di Forst e poi saltello come un grillo, una sardella, sulla sella, addosso un quintale di gel arrivo impennando in mezzo alla confusione ma mia madre che vuole capire se non mi vede, io cerco l’amore in mezzo al[la piazza del] Garraffaello Ancora la Vucciria è al centro di un altro brano scritto e cantato dal rapper Tunaman, «Immens’ai frati» (7 Carati), brano nel quale il quartiere è accostato a un altro luogo-simbolo della vita notturna giovanile, Piazza Magione: 77 Roberto Sottile Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana 77 Nuatri ni nni iamu a Maçiune, e picchì? Ccà c’è troppu fet’i rrugnuni, e vabbè. Viri ca muntaru i casse, nnû lato a cchiddu tuttu surato ca mància castrato. Arriv’â Maçiune e cc’è u bbuiddìallu, Foist sbentata e càinni i vitìaddu, fimmini bbìaddi ci nn’è un buiddìallu. Noi ce ne andiamo alla Magione, e perché? Qui [alla Vuccirìa] c’è troppa puzza di interiora (arrostite), e vabbé Guarda che hanno montato le casse, accanto a quello tutto sudato che mangia il castrato (d’agnello) Arrivo alla Magione e c’è un gran casino, Forst sgasata e carne di vitello, ragazze belle ce n’è un casino Nelle due canzoni (quella di Bondì e quella di Tunaman) i luoghi urbani vengono evocati e descritti con le loro consuetudini a cavallo fra tradizione e modernità E così nella canzone di Tunaman viene presentata la tradizione del cibo di strada - carne o interiora di vitello arrostite («rrugnuni», «castrato», «càinni i vitìaddu») - offerto da venditori ambulanti sempre presenti nei pressi dei luoghi di ritrovo serali Allo stesso tempo, si trovano riferimenti a usanze più recenti, come quella di «muntari i casse», predisporre, cioè, impianti audio all’aperto che diffondono musica ad alto volume Nel brano di Tunaman, come in quello di Bondì, entra poi un altro ‘simbolo’ recente della cultura di strada palermitana, quello di una birra, la Forst, affermatasi dapprima fra i consumatori di più bassa estrazione sociale e in seguito divenuta un vero e proprio brand dei quartieri notturni del centro storico di Palermo La toponomastica, assieme all’odonomastica dialettale, rappresenta, dunque, uno strumento importante per esprimere nelle canzoni la profonda tensione alla località e alla microlocalità Il costante riferimento ai luoghi sembra costituirsi come simbolo della ricerca di un’identità di luogo che trova espressione anche mediante la creazione artistica Ciò sembra vero soprattutto per la città di Palermo, la cui produzione musicale giovanile tende a ribadire in prospettiva glocale la volontà (e la necessità) da parte dei giovani di raccontarsi all’interno della loro città e di raccontare la loro città, con i suoi luoghi e le rispettive dinamiche sociali, con la sua località (anche linguisticamente) ‘localizzata’ e ‘socialmente condivisa’ Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana Roberto Sottile 78 4. Che lingua fa la canzone dialettale siciliana? Sul piano linguistico, le esperienze musicali siciliane possono essere distinte tra quelle che ripropongono il dialetto parlato nella comunità di riferimento dei vari autori, e quelle che tendono invece a un dialetto ‘normalizzato’, coinizzante, depurato dai tratti più marcatamente locali (anzitutto la metafonia o il dittongo incondizionato del vocalismo tonico) in vista della ricerca di una lingua più vicina a quella della tradizione letteraria (cfr Sottile 2014: 489-493) Per la città di Palermo, alla quale si riferiscono buona parte dei brani richiamati in par 3, si può osservare che, di norma, solo gli artisti riconducibili alla cultura hip hop (quelli del filone «simbolico-ideologico») usano il dialetto che ‘si parla’ nella città; di contro, gli artisti del filone «liricoespressivo», ossia i cantautori, raramente o mai cantano in palermitano, privilegiando, invece, un dialetto che trova il proprio modello nella tradizione letteraria . 4 A Palermo, dunque, il dialetto diatopicamente marcato è tipicamente usato dai rapper perché nei loro testi entra costantemente lo spazio vissuto degli autori e non sembra possibile esprimerne le coordinate se non mediante l’uso realistico della lingua effettivamente usata in quello spazio È interessante però notare che oggi il dialetto palermitano (e non un quanto mai ‘distopico’ dialetto siciliano di ascendenza letteraria) viene cantato anche da chi non attribuisce ai propri testi pretese di realismo, né annette al proprio percorso artistico valori simbolico-ideologici Il filone lirico-espressivo, finora caratterizzato da un dialetto sostanzialmente ‘coinizzante-letterario’, sembra oggi attraversare un momento di cedimento verso una lingua diatopicamente marcata All’interno di questo nuovo e recentissimo assetto, il caso più interessante sembra essere quello di Alessio Bondì, giovane cantautore palermitano che canta - come egli stesso dichiara - non in dialetto, non in palermitano, ma nella varietà del quartiere di Tommaso Natale Questo nuovo uso (inedito tra i cantautori palermitani) del dialetto della città - qui, addirittura, percettivamente, del dialetto di uno dei suoi quartieri -, che viene ricondotto dallo stesso artista al favore di cui godono finalmente le varietà locali nella società e nei nuovi media, si scontra, però, con un importante cortocircuito diamesico: la lingua che si legge nei testi contenuti nel booklet del suo cd appare simile a quella della tradizione del cantautorato palermitano, rifatta a sua volta su quella letteraria Ma, ascoltando le canzoni, si osserva invece uno sdoppiamento tra il testo scritto, che oblitera molti tratti marcati (come la dittongazione incondizionata di / e/ e / o/ toniche, la palatalizzazione di rC, la pronuncia [sp] del nesso sf), e quello cantato, che invece riproduce fedelmente i tratti tipici del dialetto del capoluogo . 5 Si tratta, per altro, di una scissione di cui l’artista mostra di avere piena consapevolezza: 79 Roberto Sottile Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana 79 «In In funn’o mare canto ‘Stai facennu tutti cosi tu’ che pronuncio ‘Stai faciennu tutti cuosi tu’ In Sfardo la parola che dà il titolo alla canzone diventa magicamente ‘Spaiddu’ Potrei citare ogni canzone che ho scritto, dato che la mia pronuncia di ‘nenti’ è ‘niant’’ Il cosiddetto ‘dittongo cantato’ .» Le struggenti ballate di Bondì sono dunque fruibili in un dialetto localmente marcato (finora per la città di Palermo familiare solo al rap e alla canzone comico-parodica, ma non ai cantautori) nel quale diversi colleghi dell’artista hanno in genere intravisto sfumature «caricaturali» o connotazioni «antipoetiche», così da optare per un dialetto riconducibile a quello della tradizione letteraria (cfr nota 4) . 6 Questa nuova ‘libertà’, testimoniata da Bondì, di cantare (e, in parte, di scrivere - vedi nota 5) in palermitano, appare certamente connessa, in primo luogo, allo sdoganamento del dialetto per il quale, a differenza del passato anche recente, nessuna varietà più o meno ‘codificata’ dalla tradizione viene percepita come più adatta, rispetto ad altre, ad essere usata nella scrittura e nell’esecuzione delle canzoni a vocazione lirica Negli ultimi anni, in Sicilia, sdoganamento del dialetto e reazione alla globalizzazione sembrano dunque spingere la lingua delle canzoni verso soluzioni fortemente ancorate ai luoghi e ai microluoghi del vissuto degli artisti Così se dagli anni Ottanta agli anni Zero la produzione cantautorale è apparsa caratterizzata da una lingua (scritta e cantata) distante dalle varietà locali e tendente al dialetto letterario, oggi si osserva in un cantautore come Alessio Bondì un sostanziale abbandono del dialetto coinizzante a favore di un dialetto marcato in diatopia, la cui scelta è ovviamente ‘agevolata’ da una certa competenza attiva del codice Resta comunque da verificare se, negli anni a venire, la via imboccata dal giovane cantautore palermitano sarà percorsa anche da altri artisti siciliani Intanto, è significativo notare che molti testi recenti, dovuti ad autori provenienti da aree dialettali i cui tratti fonetici sono più vistosamente distanti dal dialetto letterario (si consideri per esempio il dittongo incondizionato del capoluogo o il monottongo metafonetico dell’area nisseno-ennese), presentano, tanto nei testi scritti quanto nelle esecuzioni, importanti oscillazioni tra il modello letterario e il modello locale (cfr Sottile 2013: 176-177) Questa forte variabilità (pressoché assente nei cantautori e nei gruppi che hanno cominciato a scrivere e cantare negli anni Ottanta-Novanta - Agricantus, Francesco Giunta, Fratelli Mancuso, Murra) potrebbe essere letta come la spia di un riassestamento della lingua della canzone che sembra tendere sempre più al dialetto locale Ciò all’interno di un nuovo quadro sociale che, tra ricerca delle radici e sentimento dei luoghi, spinge alla scelta di nuove soluzioni linguistiche per Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana Roberto Sottile 8 0 le quali il dialetto (marcato in diatopia), che non è più un «delitto», può ora essere usato «per diritto» (cfr Castiglione 2014: 10-11), come mezzo, cioè, per opporre la dimensione locale alle dinamiche globalizzanti Abstract In den letzten Jahrzehnten floriert in Italien, zeitgleich mit einer allgemein wieder zunehmenden Verbreitung des Dialekts, das dialektale Lied In diesem Szenario ist das Beispiel Sizilien besonders interessant, weil die Künstler hier auf einen reichen Bestand von Bildern, Praktiken, Werten und Bezeichnungen von Sachen zurückgreifen, die die dortige traditionelle und dialektal geprägte Kultur bietet Andererseits ist die Wahl des Dialekts - ein lokaler Code per definitionem - auch Indiz für das Bedürfnis, eine starke regionale Identität auszudrücken Deshalb findet man im dialektalen Lied einen häufigen Bezug auf Orte und auf den konkreten kulturellen Raum des spezifischen Dialekts, der in den Liedtexten benutzt wird Diese Anbindung an den Ort wirkt sich auch auf die sprachlichen Entscheidungen des Künstlers aus: In den letzten Jahren scheint der verwendete Dialekt (geschrieben wie gesungen) diatopisch zunehmend stärker markiert und weniger am Modell literarischer Tradition orientiert zu sein Note 1 Terra Mia di Pino Daniele è del 1976 . Ma, in buona parte, la scelta dialettale dell’artista partenopeo va letta, almeno all’inizio, in continuità con la tradizione, di lunga durata e ben definita, della canzone napoletana . Di contro, Bertoli e De André sono artisti la cui produzione in lingua si integra in questo caso con un’apertura al dialetto che potremmo considerare il risultato di una scelta una tantum, piuttosto che sistematica 2 Trad .: Lunedì e martedì non partire / mercoledì e giovedì non ti muovere / venerdì per andare, sabato per ritornare / ma questa carretta qui, chi la deve tirare? / / 3 Cfr . Sottile (2013: 52-53) 4 Si confrontino le parole del cantautore palermitano Francesco Giunta, riportate in Sottile (2014: 491): «Ho cominciato a scrivere molto presto e nei primi anni non mi sono chiesto quale ‘variante dialettale’ usare . È stato ‘spontaneo’ per me iniziare avendo come riferimento p .e . Meli, Martoglio o Tempio . E poi Buttitta, Balistreri (ovvero corpus Favara e Vigo), Busacca» A queste parole fanno eco quelle dell’autore dei Sudd MM quando afferma che nella scrittura dei suoi testi egli usa una lingua tendente più al ‘siciliano’ che al ‘palermitano’ (Ivi: 492) 5 Alcuni tratti del dialetto parlato a Palermo compaiono sporadicamente anche nei testi del booklet, dove si notano significative alternanze nella rappresentazione di alcuni fenomeni: il vocalismo accentato è trascritto ora con le vocali etimologiche, come è tipico della tradizione letteraria, ora col dittongo . Lo stesso vale per la rotacizzazione della dentale 6 Non stupisce che in presenza di una tradizione scrittoria gli autori palermitani la abbiano utilizzata e continuino a utilizzarla come modello per la scrittura dei testi . Ciò che sembra importante è invece il fatto che, in questi casi, anche nella performance - a 81 Roberto Sottile Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana 81 differenza di quanto avviene nelle esecuzioni di Bondì - il dialetto cantato presenta gli stessi tratti del dialetto in cui sono scritti i testi (che sono ovviamente ben distanti da quelli della varietà parlata nella comunità di provenienza degli artisti) Bibliografia Antonelli, G ., 2010: Ma cosa vuoi che sia una canzone. Cinquant’anni di italiano cantato, Bologna: Il Mulino Avolio, F ., 2015: «’O dialètt’ r’’o bblùs . Per un’analisi linguistica delle canzoni di Pino Daniele», in: InVerbis, V, 2, pp . 51-70 Berruto, G ., 2002: «Parlare dialetto in Italia alle soglie del duemila», in: G . Beccaria e C . Marello (a c . di), Scritti per Bice Mortara Garavelli, Alessandria: Edizioni dell’Orso, pp . 33-49 Brucculeri, M .C ./ Giannitrapani, A ., 2010: «3 a .m . Pub e locali notturni», in: G . 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Marcato (a c . di), Le mille vite del dialetto, Padova: Cleup, pp . 489-497 Discografia Agricantus, 2007: Luna Khina, Rai Trade, cd Alessio Bondì, 2015: Sfardo, Malintenti Dischi/ 800A Records, cd Combomastas, 2007: U tagghiamu stu palluni? http: / / youtu .be/ S44DzLn0gek, yt ., video ufficiale (ultimo accesso: 21 settembre 2017) Daniele Treves Band, 2011: L’opera dei pupi, autoproduzione/ Coppola Editore, cd Dimora del Padrino, 2008: Invisibili eventi, Audia Manent, cd Famiglia del Sud, 2009: Ballarò (2009), https: / / www .youtube .com/ watch? v=nPnYv4YELc0, yt, WEB Single (ultimo accesso: 21 settembre 2017) Cantari e Cuntari: tradizione e modernità nella canzone dialettale siciliana Roberto Sottile 82 Francesco Giunta, 2012: Era nicu però mi ricordu, Made in Sicily, cd Franco Battiato, 2012: Apriti Sesamo, Universal, cd Frankie Hi nrg, 1993: Verba manent, RCA, cd Fratelli Mancuso, 2004: Trazzeri, OpenFolk, cd Gente Strana Posse, 2006: La storia si ripete, S .U .D . autoproduzioni, cd Kunsertu, 1994: Fannan, Anagrumba, cd Malanova, 2015: Santu Lubbiranti, Radici Music Records, Cd Pino Daniele, 1982: Bella ’mbriana, EMI, lp Rosa Balisteri, 1972: Amore, tu lo sai, la vita è amara, Cetra, lp Tunaman, Ft . 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