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Narr Verlag Tübingen
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2018
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Fesenmeier Föcking Krefeld OttL’Ortis o la corrispondenza amorosa negata
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2018
Ida Caiazza
Literarische Liebeskorrespondenzen und -briefe (von der Klassik bis heute) zeichnen sich durch thematische und stilistische Besonderheiten aus. Vor allem unterscheidet die Intention hinter der Kommunikation den Liebesbrief von anderen Gattungen wie der Lyrik und des Monologs. In Ugo
Foscolos Briefroman Ultime lettere di Jacopo Ortis werden diese archetypischen
Charakteristiken (und besonders die Intention des Verfassers) umgekehrt oder unterminiert, um aufzuzeigen, dass die Beziehung zwischen Jacopo und Teresa in ihrem historischen und moralischen Kontext unmöglich ist.
ita40790045
4 5 I DA C A I A Z Z A L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Archetipi epistolari-amorosi in Foscolo È ampiamente e capillarmente attestato, nella letteratura occidentale, il tema della comunicazione epistolare tra amanti ai quali non sia dato incontrarsi, tema che può talvolta strutturarsi in corrispondenze d’amore, dalle quali possono scaturire esiti narrativi, pienamente attualizzati o latenti Il filone della corrispondenza d’amore ha un carattere decisamente proteiforme: le sue metamorfosi (dalla prosa al verso, dalla lirica al romanzo…) sono favorite - ai due estremi della cellula e dell’organismo - dalla permeabilità della forma-epistola, che si presta a fare da contenitore ai temi più vari, e dalla sua disponibilità a comporsi nelle più diverse articolazioni In conseguenza di tale elasticità, la corrispondenza d’amore pare essere sfuggita ai tentativi di sistemazione critica (fin dalla riflessione cinquecentesca sui canoni), e si è spesso mimetizzata con generi dai caratteri più «forti» e facilmente identificabili, quali la poesia lirico-elegiaca, il libro di lettere del Cinquecento italiano, il romanzo epistolare . 1 Alcune peculiarità, tuttavia (pur osservabili, beninteso, anche nella letteratura d’amore tout court), paiono contraddistinguere la corrispondenza d’amore in sé: indipendentemente dall’epoca, dal luogo e dalla forma letteraria, infatti, in essa taluni elementi di inventio e di elocutio si pongono quali costanti pervasive e ricorrenti, intrinsecamente legate alla situazione topica della comunicazione epistolare tra amanti letterari . 2 Una volta identificate, tali costanti possono essere proficuamente utilizzate come criterio per collocare correttamente e analizzare anche opere che si avvicinano alla forma della corrispondenza d’amore pur non potendosi classificare con tale denominazione . 3 1 Vedi Kany 1937, Versini 1979 Per gli aspetti narrativi citati sopra, vedi anche Gurkin-Altman 1982 2 All’argomento ho dedicato la tesi di dottorato intitolata L’epistolografia amorosa del Cinquecento e del Seicento. Parabola di un genere letterario, discussa presso l’Università di Pisa il 10 luglio 2017 3 Talvolta, i temi ricorrenti della comunicazione epistolare tra amanti sono in grado di attivare un dialogo consapevole tra opere o tra personaggi anche molto distanti tra loro nel tempo e nello spazio, dando luogo in tal modo a una rete o a una genealogia di auctoritates riconosciute come tali, e dunque a una sorta di ‘autocoscienza’ letteraria derivante naturalmente dalla volontà autoriale Sull’argomento è in preparazione un intervento ad hoc 4 6 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza Scopo del presente intervento è di presentare una rapida rassegna di tali costanti erotico-epistolari per metterle a confronto e farle reagire con quelle parti del romanzo foscoliano che ad esse rimandano per consonanza o per contrasto, nel tentativo di illuminarne implicazioni semantiche finora rimaste in ombra La creazione di una finestra di dialogo tra la letteratura epistolare e amorosa e l’Ortis non vuole in alcun modo dimostrare, a questo stadio della ricerca, che la prima sia rispetto al secondo una «fonte» in senso positivistico, filologico e intertestuale; eventualmente si può auspicare una futura linea d’indagine in tal senso, ma per il momento occorre limitarsi a suggerire, procedendo per rimandi tematici e non per precisi riscontri testuali, una lettura che potremmo definire «archetipica» Tale percorso prende le mosse dall’aver osservato che esiste un complesso simbolico relativo alla corrispondenza d’amore, il quale compare, nelle manifestazioni letterarie di quest’ultima, variato e adattato alle specificità della singola opera In altre parole, rimandando per il momento la questione della consapevolezza intertestuale, o degli intenti o delle letture di Foscolo, in questa sede non ci si spingerà oltre il tentativo di osservare il modo in cui la simbologia archetipica della corrispondenza d’amore 4 si declina nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis, e soprattutto il modo in cui tale declinazione contribuisce a creare i significati dell’opera Va da sé che, tra i suddetti motivi archetipici, si selezioneranno quelli effettivamente attivi, ovvero quelli che assumono una rilevanza semantica nell’Ortis; e si tenterà di illustrare fino a che punto il loro trattamento, oltreché la loro semplice presenza, contribuisca a dar forma e collocazione al versante amoroso della vicenda tutta di Jacopo, e dunque a definire e completare il suo significato storico e individuale A tale scopo sarà necessario ragguagliare preliminarmente sullo specifico della lettera e della corrispondenza d’amore, uno specifico che si caratterizza soprattutto in senso comunicativo Topoi erotico-epistolari e valenza comunicativa della lettera d’amore In molti dei testi basati sul connubio tra tema amoroso e comunicazione per lettera, compare infatti una sorta di riflessione meta-epistolare per cui le missive assumono un’importanza ontologica nell’economia della relazione d’amore Per gli amanti, oltre al contenuto delle lettere proprie e dell’altro, importa anche il semplice fatto che esse vengano scritte: la «lettera d’amore è insieme vuota (codificata) ed espressiva (piena della voglia di esprimere il 4 Le costanti tematiche e retoriche della corrispondenza d’amore sono oggetto della ricerca attualmente in corso da parte di chi scrive; si farà riferimento nel corpo del presente intervento soprattutto a quelle di matrice ovidiana, per cui vedi infra 47 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata desiderio): come in un tema musicale, di variato c’è una sola informazione: io penso a lei» La dichiarazione d’amore, quali che siano le sue declinazioni e i suoi pregi retorici, non comunica altro contenuto che l’amore stesso, per cui in definitiva il succo dell’epistola amatoria è: «Non ho niente da dirti, senonché questo niente è a te che lo dico» La sua composizione è motivata da una spinta conativa che ne costituisce l’essenza stessa, senza la quale essa perde la propria identità testuale per diventare altro (monologo interiore, effusione lirica . . .): perché un testo si qualifichi come lettera d’amore, bisogna che abbia lo scopo di «intraprendere con l’altro […] una relazione», di instaurare un «rapporto [tra] due immagini» (quella che il desiderio di ciascun amante si crea dell’altro) . 5 Tale spinta conativa è costitutiva della corrispondenza nel senso che non è accidentale come può essere nella letteratura d’amore in genere (ove i sentimenti non dichiarati sono ampiamente attestati), bensì sostanziale: senza di essa, ovvero in assenza di comunicazione, la corrispondenza non può darsi . 6 L’intento comunicativo è ciò che differenzia la lettera - poniamo - da un componimento poetico in cui la confessione del sentimento resta fine a se stessa oppure risulta al massimo nell’esortazione al componimento stesso a giungere all’amata, ma non in un atto concreto come quello della spedizione (in altre parole: il conato dialogico nella poesia lirica resta implicito, mentre nell’epistola amatoria, in prosa o in versi che sia, viene esplicitato e si traduce in pratica) Ed è per questo motivo, ad esempio, che a mio modo di vedere un testo come l’Elegia di madonna Fiammetta, che pure presenta notevoli punti di contatto con la composizione epistolare, non può essere classificato - ipotesi che pure è stata avanzata e suffragata con argomenti non trascurabili 7 - come lettera tout court Fiammetta indirizza quello che lei stessa chiama «libro» alle donne innamorate, ovvero a un destinatario diverso dall’oggetto del suo amore, e pertanto la sua scrittura non è generata dall’intento di comunicare con Panfilo, o, per riprendere le parole di Barthes, di «intraprendere […] una relazione» con lui: la storia d’amore è già consumata e conclusa, e Fiammetta la rievoca dal passato unicamente a scopo didattico, al massimo come sfogo o per dare un senso al proprio dolore Le lettere scambiate tra amanti possono avere, nella percezione degli amanti stessi, molteplici valenze, che è possibile ricondurre ad alcuni assetti simbolici fondamentali: su questi si basano, nella costruzione semantica di ciascun dialogo epistolare, interpretazioni e variazioni che sono in grado di 5 Barthes 1979, pp 127-128 6 Per questi aspetti vedi Gurkin-Altman 1982 7 Vedi Surdich 1987 4 8 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza rivelare non poco delle peculiarità di una specifica opera rispetto al filone nel cui solco essa si colloca La configurazione comunicativa più semplice dell’epistola amatoria è quella della dichiarazione d’amore, inaugurata dalla variazione ovidiana della vicenda di un’eroina mitologica, Fedra, la quale nelle Epistulae Heroidum dichiara il proprio amore a Ippolito non per il tramite della balia, come accadeva nella tragedia euripidea, ma con una lettera, solo mezzo che consente il compromesso tra amore e pudore: «Dicere quae puduit, scribere iussit amor» . 8 Lo spunto ovidiano sarà ampiamente còlto dai professionisti dell’epistolografia amorosa del Rinascimento italiano, i quali proporranno all’acquisto intere raccolte di esempi epistolari, unici possibili rimedi alla tradizionale afasia che colpisce l’innamorato quando si trova dinanzi all’oggetto del proprio sentimento, in grado di dare agio a una verbalizzazione meglio articolata di emozioni altrimenti inesprimibili: «Chi molto ama molto teme, e da questo timore avviene che spesse volte dinanzi alla cosa amata si perde l’animo, la voce e le parole, e si resta quasi fredda pietra, muto e insensibile Perciò, a consolazione de’ poveri innamorati è stata ritrovata questa dolce comodità dello scrivere, con la quale si esprimono tutti i più secreti pensieri del cuore assai meglio che a bocca non può farsi .» 9 A titolo di esempio delle molte variazioni attestate sul tema della confessione epistolare, si può citare, in ambito poetico, il salut 10 di Arnaut de Maruelh Bona dompna, pros ez onrada, in cui il poeta, proprio come la Fedra ovidiana, non osando confessare il proprio amore (“occasione” convenzionale della composizione dei salut), decide di scriverne, ma poi non ha il coraggio di consegnare la lettera alla donna, né personalmente né per il tramite di un messaggero, per cui decide di lasciarla nel caminetto, nella speranza che lei la trovi e decida di leggerla fino in fondo . 11 Concezione opposta della scrittura rispetto alla parola è invece quella di Eloisa, che assegna alla corrispondenza, quale sostituto della frequenta- 8 Ovid ., Her ., IV, 10 Meccanismo analogo agisce nella prima coppia delle Heroides doppie, quelle di Paride ed Elena (Her ., XVI e XVII) Vedi sotto per approfondimenti sul ruolo delle Heroides nella letteratura epistolare 9 Aldrovandi 1600, p 175 10 Il salut d’amour è una composizione franco-provenzale consistente in una lettera d’amore in versi, su cui vedi Wilson-Poe 2006 11 Mareuil 1961, pp 143-144, vv 13-35 4 9 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata zione di persona, assieme al compito di instaurare l’unica possibile comunicazione tra amanti, anche quello di frenarla e contenerla: «[…] Ho deciso di porre un freno, come tu volevi, al libero sfogo del mio dolore Mi sono imposta di mantenere il silenzio, almeno quando ti scrivo, su tutti quegli argomenti che mi sarebbe difficile, anzi impossibile evitare parlando Se c’è qualcosa che sfugge al nostro controllo, è proprio il cuore, e tu sai che al cuore non si comanda, ma si ubbidisce soltanto Così, quando si è sotto gli stimoli delle sue passioni, nessuno è in grado di rintuzzarne gli impulsi improvvisi o impedire che balzino fuori, traducendosi rapidamente in atti e diffondendosi ancora più in fretta per mezzo delle parole, che sono la più spontanea espressione delle passioni dell’anima, giacché, come è scritto, ‘è la pienezza del cuore che fa parlare la bocca’ Frenerò dunque la mia mano e le impedirò di scrivere, se vedrò che si tratta di cose tali che, parlandone, non sarei in grado di controllare la mia lingua E volesse il cielo che il mio cuore sofferente mi ubbidisse come mi ubbidisce la destra mentre scrivo! » 12 In secondo luogo, le lettere in quanto oggetto sono viste come «reliquie» dell’amato o dell’amata, al pari degli altri «oggetti metonimici» della rassegna barthiana Per gli amanti lontani, la presenza delle lettere, come quella del ritratto o di qualsiasi cosa che ricordi l’assente, è un surrogato della sua corporeità Talvolta, tale continuità tra il corpo dell’amato e le sue lettere può giungere a configurazioni estreme e dar luogo a interessanti risemantizzazioni, come accade ad esempio nella Cárcel de amor, romanzo (anche) epistolare dell’iberico Diego de San Pedro, del 1492 . 13 I protagonisti della Cárcel, Leriano e Laureola, dopo molte peripezie, sono separati definitivamente; dopo l’irrevocabile addio di Laureola, Leriano si ammala per il dolore, e in punto di morte si pone come ultimo cruccio il destino della propria corrispondenza amorosa, che è tutto quanto gli resta della donna: distruggerla significherebbe offendere lei e il proprio amore, mentre conservarla affidandola a qualcuno comporterebbe un pericolo eccessivo Prende allora un bicchiere d’acqua, vi immerge le carte strappate in mille pezzi, e 12 Abelardo 2003, pp 159-160 La citazione scritturale è tratta da Mt 12, 34 e non 2, 34, come sostenuto dal commento al testo di Abelardo 2003, p 160, nota 3 13 Per i romanzi iberici in cui le corrispondenze d’amore hanno un importante ruolo anche narrativo, si rimanda a Kany 1937, pp 36-37, 40-47, e Versini 1979, pp 13-18 50 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza così le inghiotte: essendo le lettere emanazione diretta del corpo e dell’anima dell’amata, inghiottirle è un tentativo estremo di unirsi a lei, una sorta di ancestrale rito funebre con cui si assorbe l’energia vitale in questo caso non del nemico ucciso o del congiunto trapassato, bensì della propria metà strappata via Rispetto agli altri oggetti metonimici, tuttavia, le lettere hanno qualcosa in più, in quanto testimoniano la volontà dell’amante di entrare in contatto con l’altro, come espresso molto chiaramente da Eloisa per il tramite di una citazione senecana, e successivamente mettendo a confronto due momenti diversi della sua relazione con Abelardo proprio in base al metro del contatto epistolare: «Quanto sia bello ricevere lettere degli amici lontani, ce lo conferma con un esempio personale anche Seneca che scrivendo all’amico Lucilio a un certo punto dice: ‘Mi scrivi spesso, e io te ne sono grato Così mi vieni a trovare nell’unico modo che ti è possibile: ogni volta che ricevo una tua lettera, mi sembra di essere ancora con te E se i ritratti degli amici lontani ci sono cari, perché ce li ricordano e ci consolano della loro lontananza, anche se è un povero conforto, quanto piacere possono farci le lettere, che ci portano la vera voce di un amico lontano! ’ 14 Finché mi sarà negata la gioia della tua presenza, fammi avere almeno la dolce tua immagine attraverso le parole di una lettera: le parole a te non costano molto! […] Pensa come sei ingiusto se, nonostante quel che ho fatto per te, adesso mi trascuri, anzi quasi dimentichi che esisto! […] Un tempo, quando mi cercavi per soddisfare le tue turpi voglie, mi venivi a visitare spessissimo con i tuoi scritti, e con le tue poesie mettevi il nome della tua Eloisa sulle labbra di tutti .» 15 Il plus della lettera rispetto al ritratto o alla ciocca di capelli non è tanto il suo contenuto, quanto la volontà di annullare la distanza, volontà testimoniata dal semplice atto di intraprendere la scrittura, abbinata al valore esplicito di dichiarazione dei propri sentimenti . 16 Ciò che conta non è tanto la 14 Abelardo 2003, pp 84-85 La citazione è Sen ., Ep ad Luc ., 40, 1 15 Abelardo 2003, pp 92-94 16 Anche la frustrazione di Petrarca davanti al ritratto muto di Laura (per cui vedi sotto, nota 54) non deriva dal desiderio del poeta di sentirsi dire qualcosa in particolare, ma da quello, estremamente significativo nella sua semplicità, di avere da Laura una risposta, ovvero della possibilità di una comunicazione 51 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata descrizione delle proprie emozioni e desideri o il racconto di come questi si riverberano nella vita interiore dello scrivente, ma l’espressione (ineluttabilmente codificata) di un sentimento che per esistere non necessita di sostanziarsi di concetti, come sostiene un’auctoritas amorosa del calibro di Pietro Bembo, proprio in una corrispondenza d’amore reale poi confluita in un’opera di letteratura: «Poiché le nemiche d’ogni bene, […] invidia e sospezione, gli usati nostri ragionamenti ci tolgono, se voi alle volte d’alcuna vostra lettera mi farete degno, darete soave refrigerio al mio fuoco Né dico io già che voi lunghe lettere mi tessiate, perciò che due parole, che in loro di vostra mano mi si dimostrino, a me basteranno elleno assai Perciò che tutte quelle cose, delle quali voi empiere potreste molti fogli, io leggerò non di meno nel bianco della carta […] come se elle ad una ad una partitamente scritte vi fossero Il che fa tuttavia che io altresì non mi distendo guari con questa penna ora come io potrei, perciò che […] senza dubbio voi qui dietro molti miei pensieri leggerete .» 17 A distanza di secoli, in un’area geografica e in un contesto letterario del tutto diversi, un autore come John Keats rivela, con la ripresa (non importa quanto consapevole) del valore metonimico e insieme di testimonianza della volontà di relazione delle lettere, il carattere archetipico di istanze, immagini e movenze che si rivelano dunque come in qualche modo connaturate alla forma testuale di epistola amatoria assunta dalla comunicazione differita tra amanti: «Chiedi a te stessa, amore mio, se non sei crudele per avermi irretito così, per aver distrutto così la mia libertà Confessalo nella lettera che devi scrivermi immediatamente e di’ tutto ciò che puoi per consolarmi - falla ricca come un filtro di papaveri per inebriarmi - scrivi le parole più tenere e baciale, che io possa almeno posare le mie labbra dove furono le tue Quanto a me, io non so come esprimere la mia adorazione per tanta bellezza: voglio una parola più luminosa di luminosa, più bella di bella […] Se si verificasse il peggio, ti amerò ancora - ma 17 Bembo 1987-1993, vol I, p 41 (lettera n 48) Si tratta della corrispondenza con Maria Savorgnan, che costituisce uno dei nuclei principali dell’epistolario amoroso bembiano 52 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza quale odio avrò per altri! Alcuni versi letti l’altro giorno mi risuonano di continuo nelle orecchie: Vedere quegli occhi a me più cari dei miei lanciare favori ad altri e quelle dolci labbra (prodighe di nettare immortale) teneramente premute su labbra altrui - pensa, pensa Francesca, che maledizione oltre ogni dire! » 18 La lettera d’amore - che sia finalizzata a una prima dichiarazione tesa a instaurare un nuovo legame o a una iterazione dell’affermazione del sentimento funzionale al prosieguo della relazione - è dunque intrinsecamente caratterizzata dal suo scopo precipuo, che è comunicativo e pragmatico, al quale le dimensioni dello sfogo, dell’espressività, dell’effusione lirica, pur presenti, risultano comunque subordinate Da tale valenza pragmatica insita nella nostra tipologia testuale, risultano caricati semanticamente anche alcuni degli stilemi tipici delle lettere amorose (intesi come elementi di ornatus ma anche di inventio): vedremo come presentarsi in un certo modo, selezionare alcuni argomenti piuttosto che altri e simili sono atteggiamenti finalizzati alla strategia persuasiva di chi scrive, che spera di provocare una reazione pratica in chi riceverà la missiva Primo fra tutti il vezzo delle donne abbandonate dagli amanti di descrivere se stesse secondo i moduli tipici della relicta mulier di ascendenza catulliana ed elegiaca La relicta, che irrompe sulla scena letteraria con le ovidiane Epistulae Heroidum, 19 presa da un dolore incontrollabile, ha i 18 Keats 2016, pp 19-20 I versi, come specificato ivi, p 21, nota 3, sono tratti «dal Duca di Milano, I, 3 di Philip Massinger, di cui Keats dà una versione leggermente diversa» In assenza di indicazioni sul traduttore dei versi, deduco che siano stati tradotti, al pari del testo epistolare di Keats, da Eleonora Carantini Nella citazione trovano riscontro anche temi tipici della letteratura amorosa (in particolare di quella erotico-epistolare) - quali la perdita della libertà individuale di chi si apre all’amore, l’ineffabilità del sentimento, lo scambio di versi e citazioni letterarie (qui echeggianti un pilastro della lirica amorosa quale l’Ode alla gelosia di saffiana e catulliana memoria) - che per ragioni di economia espositiva non analizzo in dettaglio, ma la cui permanenza è altrettanto significativa che quella dei topoi della relicta mulier e della scribentis imago di cui mi occupo più sotto 19 Per un’introduzione generale e rimandi bibliografici, vedi Rosati 2005, a cui rimando anche per gli antecedenti ovidiani A proposito della questione degli antecedenti, basta qui ricordare come essi costituiscano non più di uno spunto per la creazione ovidiana della relicta mulier e della scribentis imago (per cui vedi più sotto): è con il sulmonese, infatti, che il modulo dell’eroina abbandonata (oltre a porsi come sistematizzante rispetto a una raccolta interamente costruita attorno ad esso) acquista una valenza 53 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata capelli sciolti, le vesti scomposte, è bagnata di lacrime e trema dalla paura; 20 si trascura perché non ha nessuno per cui farsi bella; 21 non le resta altro da fare che convivere con la propria solitudine 22 e il proprio dolore, avendo il pianto ininterrotto come unica possibile consolazione, 23 abbandonandosi a sfoghi incontrollati, 24 e arrivando talvolta a desiderare la morte, sentita come unico possibile sollievo . 25 Nel tentativo di trovare un rimedio, le eroine pensano continuamente all’assente, parlano di lui e dei propri sentimenti, 26 tornano nei luoghi frequentati assieme all’amato, 27 attendono la notte per poterlo sognare, 28 si consolano con il suo ritratto 29 o con qualunque cosa gli appartenga o abbia toccato, 30 chiedono notizie, 31 richiamano alla memoria gli incontri passati 32 e il suo fascino . 33 L’archetipo della relicta che scrive al suo amato lontano si rivelerà molto produttivo anche al livello dell’inventio: ampiamente attestato nell’ambito del ‘libro di lettere amorose’ del Cinquecento e del Seicento, 34 sarà inoltre, ad esempio, lo spunto per la composizione di un’epistola in terzine che Niccolò da Correggio finge composta dalla moglie mentre lui si trova in carcere . 35 Lo stesso meccanismo di commistione tra archetipo letterario e circostanze autobiografiche avrebbe poi generato, nel 1512, una lettera in terzine, indirizzata da Vittoria Colonna al paradigmatica e assurge al rango di archetipo nel senso sopra esemplificato Ciò accade anche grazie all’enorme fortuna di cui le Heroides godettero soprattutto a partire dal Rinascimento (pur non essendo cadute nell’oblio nel corso del Medioevo), che si traduce in termini di edizioni, traduzioni, imitazioni, per cui vedi soprattuto Stella-Galbiati 2011 20 Ovid ., Her ., X, 137-139 21 Ovid ., Her ., XV, 73-77 22 Ovid ., Her ., XIII, 103-108 23 Ovid ., Her ., VIII, 61-64 24 Ovid ., Her ., XV, 113-122 25 Ovid ., Her ., XIII, 25-28 26 Ovid ., Her ., XIX, 15-20, 33-54 27 Ovid ., Her ., XV, 143-150 28 Ovid ., Her ., XV, 122-134, e Ovid ., Her ., XIX, 55-65 29 Ovid ., Her ., XIII, 151-158 30 Ovid ., Her ., XIX, 31-32 31 Ovid ., Her ., XIX, 29-30 All’inverso, un amante uomo delle coppie di epistole cerca di stare vicino alle persone che hanno contatti con l’amata (Aconzio e Cidippe, Ovid ., Her ., XX, 129-134) 32 Ovid ., Her ., XV, 43-50 33 Ovid ., Her ., XII, 11-12 34 Sull’epistolografia, in particolare amorosa, cinquecentesca, vedi Quondam 1981 35 Longhi 1989, p 395 Gli altri testi legati all’episodio autobiografico della cattura del poeta da parte dei veneziani nel 1482 durante la guerra di Ferrara sono due lettere in distici elegiaci, in latino, composte da Tebaldeo, che si fingono scambiate tra due amanti, una puella Beatrix, e lo stesso Niccolò 5 4 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza marito in guerra, ove il modulo della relicta mulier è esplorato con movenze esplicitamente ovidiane ed eroidi . 36 Il ruolo dell’abbandonata è interpretato di preferenza da autrici o personaggi femminili, ma non è una loro esclusiva: sarà infatti assunto anche dall’autorialità e dalla psicologia maschili, come si può osservare ad esempio in una delle Amorose di Girolamo Parabosco in cui, pur nelle parole di un uomo costretto ad allontanarsi temporaneamente dalla sua diletta, compaiono elementi tipici della situazione ‘eroide’, con un interessante gioco di sovrapposizione di punti di vista Nella parte iniziale, infatti, il mittente rimprovera se stesso per l’allontanamento e per il ritardo, in modo simile dunque a quello in cui le eroine ovidiane e le epistolografe in genere fanno con i rispettivi destinatari La prospettiva, qui, è quella ‘normale’, per quanto assunta nel discorso maschile: è come se l’amante si guardasse con gli occhi dell’amata lasciata sola Nel prosieguo del testo, invece, la prospettiva si rovescia, poiché l’amante passa a recitare il ruolo che di norma è quello dell’eroina abbandonata, che trascorre tutto il giorno tra pianti e sospiri, e la notte in preda agli incubi . 37 Altro topos tra i più produttivi è quello della scribentis imago, pure di ascendenza ovidiana, e abbondantemente ripreso nelle corrispondenze amorose: 38 il (più spesso la) mittente dipinge la propria immagine nel momento in cui sta vergando i caratteri che il destinatario leggerà in futuro - la penna in mano e la carta davanti a sé 39 - e vi associa riferimenti alla concretezza della pratica epistolare: la mano tremante che regge lo stilo, scossa dal dolore, produce una grafia incerta e talvolta illeggibile, 40 le lacrime piovono sul foglio cancellando i caratteri e lasciandovi macchie 36 Vittoria Colonna, Pistola de la illustrissima Signora Marchesa di Pescara nella rotta di Ravenna La lettera fu composta nel 1512, ma comparve a stampa solo nel 1536, in appendice a Fabrizio Luna, Vocabulario, Napoli 1536 Vedi Vecce 1993, pp 12-34 per il testo, l’analisi, l’approfondimento dei debiti ovidiani Per il tema dell’epistola eroide, in letteratura e in musica, si rimanda a Stella-Galbiati 2011 37 Parabosco 1545, cc 9v-10r 38 Rosati 2005, pp 12-13 Il topos, già in Cic ., Ad fam ., 14 .3,1 (con l’importante differenza che le lacrime che bagnano la missiva sono del destinatario che legge) si riscontra, tra altri possibili esempi, nell’epistolografia e nel romanzo alessandrino (Alcifrone - Filostrato - Aristeneto 2005, pp 388-391, e p 390 n 235), nel salut d’amour (vedi, per un riscontro in Bernart de Ventadorn, Wilson-Poe 2006, pp 319-321), oltre che nell’epistolografia amorosa cinque e seicentesca, sulla quale è in preparazione un intervento da parte di chi scrive 39 Ovid ., Her ., XI, 3-4 40 Ovid ., Her ., X, 140 . 55 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata d’inchiostro, 41 nei casi più estremi la mano libera dalla penna impugna un’arma, e sulla carta colano addirittura gocce di sangue . 42 Tali luoghi sono attratti - si diceva - dalla valenza pragmatica insita nella tipologia testuale della lettera d’amore in quanto non fungono da stilemi ornamentali, ma costituiscono l’arsenale retorico indispensabile alla strategia persuasiva della relicta: per risvegliare un amore sopito o reso pigro dalla lontananza o dalle numerose distrazioni concesse agli uomini (non alle donne, secondo il luogo tradizionale, già euripideo e poi tanto importante nell’occasione compositiva del Decamerone); per stimolare il senso dell’onore e della giustizia di un amante o del coniuge chiamato a salvare una donna inerme; talvolta per spingere l’amato a fornirle l’unica cura possibile della sua malattia d’amore, ovvero il contraccambio di un sentimento dichiarato per la prima volta, l’epistolografa, con le sole armi della carta e della penna, creando vivide immagini della propria sofferenza, della prostrazione e talvolta delle condizioni estreme in cui versa, spera di commuoverlo e di suscitare la sua com-passione, e dunque, in fin dei conti, di spingerlo a fare qualcosa, che sia rispondere alla lettera, tornare a lei, acconsentire a vivere una relazione La vocazione comunicativa e pragmatica dell’epistola amatoria sfocia talvolta in una configurazione narrativa della corrispondenza: come nelle Relazioni pericolose, la trama può essere costruita dalle lettere, se esse agiscono quali strumenti non solo di colloquio, ma anche di azione . 43 Non è questo il caso dell’Ortis, che si configura (salvo un punto ricco di implicazioni semantiche, di cui più sotto) come romanzo epistolare ‘statico’ o ‘passivo’, in cui cioè la dimensione diacronica e narrativa emerge non attraverso lettere che abbiano un impatto sugli avvenimenti, ma dal racconto degli stessi in esse contenuto: come nella Pamela di Richardson, la storia è vissuta al di fuori della scrittura, la quale si limita a veicolare a un confidente il racconto di fatti che da essa non possono subire alcuna influenza . 44 La declinazione peculiarmente ortisiana dei topoi epistolari-amorosi avviene prevalentemente secondo due dinamiche, che potremmo denominare ‘deviazione’ e ‘rovesciamento’ Pur profondamente diverse, si tratta, come 41 Ovid ., Her ., III, 3, XV, 97-98, XV, 97-98 42 Ovid ., Her ., XI, rispettivamente 3 e 1-2 43 È il caso, per limitarci ad esempi antichi e rinascimentali, delle Heroides doppie (per cui vedi Rosati 2005 e relativi rimandi bibliografici), della Historia de duobus amantibus di Enea Silvio Piccolomini, delle Lettere amorose di Alvise Pasqualigo (per cui vedi Caiazza 2014) Per ragguagli teorici e analisi morfologiche sui testi scaturenti dal legame tra narrativa ed epistolarità vedi Rousset 1962, Jost 1969 44 Per questi aspetti vedi Jost 1969 e Gurkin-Altman 1982, in particolare il capitolo On confidence and confidants, pp 47-86 56 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza vedremo, di due forme di negazione del sentimento d’amore; non di rimozione, bensì di una ammissione (che ha il sapore della resa dopo una lotta strenua e disperata) a cui segue la negazione dell’attuazione: la stessa consapevolezza del proprio desiderio e della sua impossibilità è ciò che conferisce alla vicenda ortisiana (almeno nel suo coté amoroso) le tinte della tragedia Topoi ‘rovesciati’ nell’Ortis La dinamica del rovesciamento riguarda motivi tipici ma non esclusivi delle opere strutturalmente basate sull’intreccio di modalità epistolare e contenuto amoroso, ovvero quei motivi che si collegano alla letteratura d’amore tout court, e insieme hanno un’importanza particolare nelle corrispondenze amorose Il più noto è senz’altro quello della lettura condivisa tra gli amanti, che talvolta è premonitrice dello sbocciare del sentimento prima ancora che i soggetti stessi se ne rendano conto Se, al di fuori della letteratura epistolare, è superfluo citare l’archetipo dantesco (oppure, volendo fare un’incursione in epoche più recenti, la declinazione post-moderna offerta dal calviniano Se una notte d’inverno un viaggiatore), si potranno forse ricordare alcuni tra i numerosi casi di amanti che intraprendono una comunicazione epistolare proprio grazie ad una lettura È questo il caso di Eloisa, la quale, essendole «per puro caso […] capitata fra le mani la lettera pietosa e compassionevole che» Abelardo ha scritto «ad un amico», 45 ovvero la Historia calamitatum, segue l’impulso di inviargli la prima delle sue missive inaugurando così la corrispondenza e sollecitando la risposta: «In nome di Cristo, noi, sue e tue serve, ti scongiuriamo di degnarti di tenerci informate, almeno per lettera, delle tempeste che ancora ti investono […] E, grazie a Dio, tu puoi ancora darci questa gioia: nessuno ti proibisce di scriverci, nulla te lo impedisce e, mi auguro, non sarà certo la tua pigrizia la causa di un eventuale ritardo» . 46 Movenze analoghe si riscontrano nel medievale Livre du voir-dit di Guillaume de Machaut, nel quale la giovane Péronne decide di scrivere a colui che diverrà il suo amante a seguito dell’ascolto dei suoi versi, 47 e nelle seicentesche Lettere d’Ansaldo Cebà scritte a Sara Copia, ove la giovane e colta ebrea Sara Copio Sullam scrive all’attempato chierico genovese dopo aver letto il suo poema eroico sulla vicenda biblica della regina Ester . 48 Ebbene, nell’Ortis, la lettura più significativa che Jacopo e 45 Abelardo 2003, p 83 46 Abelardo 2003, pp 84-85 47 Machaut 1998 48 Cebà 1623 . 57 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Teresa condividono è un passo del Socrates Mainomenos di Christoph Martin Wieland 49 sull’amore stroncato dalla morte, passo che ovviamente rimanda al destino di morte che attende Jacopo; tale lettura non suscita l’amore né i baci, come più sovente accade in letteratura, ma genera un viluppo di mani e lacrime più luttuoso che erotico: «[…] Le tolsi di mano il libro e aprendolo a caso, lessi: ‘La tenera Gliceria lasciò su queste mie labbra l’estremo sospiro Con Gliceria ho perduto tutto quello ch’io poteva mai perdere La sua fossa è il solo palmo di terra ch’io degni di chiamar mio Niuno, fuori di me, ne sa il luogo L’ho coperta di folti rosaj i quali fioriscono come un giorno fioriva il suo volto, e diffondono la fragranza soave che spirava il suo seno Ogni anno nel mese delle rose io visito il sacro boschetto Siedo su quel cumulo di terra che serba le sue ossa; colgo una rosa, e - sto meditando: Tal tu fiorivi un dì! E sfoglio quella rosa, e la sparpaglio - e mi rammento quel dolce sogno de’ nostri amori O mia Gliceria, ove sei tu? una lagrima cade su l’erba che spunta su la sepoltura e appaga l’ombra amorosa’ Tacqui - Perché non leggete? diss’ella sospirando e guardandomi Io rileggeva: e tornando a proferir nuovamente: Tal tu fiorivi un dì! la mia voce fu soffocata; una lagrima di Teresa grondò su la mia mano che stringeva la sua .» 50 Altra costante delle relazioni amorose non solo epistolari è lo scambio di oggetti «metonimici»: 51 un qualsiasi oggetto che sia stato a contatto con la persona amata (come il guanto di Laura per Petrarca), 52 una parte del suo corpo (come la tipicissima ciocca di capelli), 53 un’immagine che ne riproduca 49 Sulle relazioni di Foscolo con il Socrates vedi Gigante 2009, e relativi rimandi bibliografici 50 Foscolo 2015, pp 58-59 51 Secondo l’efficace definizione di Barthes 1979, p 146 52 RVF 199, vv 9-12: «Candido leggiadretto et caro guanto, / che copria netto avorio et fresche rose, / chi vide al mondo mai sì dolci spoglie? / Così avess’io del bel velo altrettanto! » 53 Un esempio tra i molti possibili è quello dei vari andirivieni di cui è protagonista una ciocca di capelli della coautrice delle Lettere Amorose di Alvise Pasqualigo ([Pasqualigo] 1564), sulle quali vedi Caiazza 2014 La «trecciuola» ([Pasqualigo] 1564, c 43r), oggetto metonimico in quanto parte del corpo di Vittoria, come tale è donata ad Alvise; questi la tiene presso di sé per qualche tempo, e di conseguenza essa perde il suo valore metonimico originario e ne acquista uno secondario, derivante dal fatto di essere stata a 5 8 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza le fattezze (ad esempio il ritratto, ancora, di Laura), 54 una coppa che, in un contesto pubblico, trasporta un bacio dall’uno all’altra 55 acquistano per l’amante il valore di sostituto della presenza dell’altro, impossibile nella realtà Farsi ritrarre per poi donare il dipinto o la scultura all’amato o all’amata, correre il rischio di essere intercettati facendogli o facendole recapitare oggetti di poca o nessuna utilità pratica, tenerli continuamente presso di sé senza mai separarsene né di giorno né di notte, sono gesti di grande rilievo nell’economia di un rapporto d’amore vissuto nella clandestinità o in assenza di occasioni atte a incontrarsi, in quanto forniscono all’altro l’unica testimonianza attuabile dei propri sentimenti, a parte l’affermazione degli stessi: la loro portata simbolica sta tutta nella valenza comunicativa che assumono, ovvero non nei gesti in sé, ma in ciò che essi sono in grado di veicolare e far percepire al destinatario o alla destinataria Neanche Jacopo e Teresa sono immuni da tali dinamiche Jacopo vede Teresa per la prima volta proprio mentre lei è «seduta miniando il proprio ritratto»; 56 in una delle ultime lettere a Lorenzo, dopo le nozze di Teresa con Odoardo e poco tempo prima di risolversi al suicidio, Jacopo rivolge un accorato appello al ritratto che ha il triplice valore di riprodurre le fattezze dell’amata, di essere stato prodotto dalle sue mani e bagnato dalle sue lacrime mentre lei stessa lo poneva sul petto di lui: «[…] O divina immagine dell’amica mia! o ultimo dono prezioso ch’io contemplo, e che m’infonde più vigore, e mi narra tutta la storia de’ nostri amori! Tu stavi facendo questo ritratto il primo dì ch’io ti vidi: ripassano ad uno ad uno dinanzi a me contatto con lui, e dunque Vittoria la riceve nuovamente non in restituzione ma in dono: «[Alvise a Vittoria] Ecco la trecciuola de’ vostri capelli, la quale vi priego che, veduta, mi torniate […] [Vittoria ad Alvise] Io ho veduto la trecciuola de’ miei capelli chiusa nel metallo di che voi siete divenuto, la qual trecciuola, se in quel tempo che vi è stata appresso non avesse preso qualità da voi, l’avrei riputata indegna di tal luogo, ch’ora per tal cagione la reputo meritevole Ve la chiesi solo per tenerla una notte meco in letto e baciarla invece di voi, come questa notte più di mille volte ho fatto» ([Pasqualigo] 1564, c 43r) 54 In RVF 78, 9-14, l’immagine di Laura è motivo di consolazione per il poeta, ma anche di frustrazione, poiché è una presenza muta: «Ma poi ch’i’ vengo a ragionar co ·llei / benignamente assai par che m’ascolte, / se risponder savesse a’ detti miei / Pigmalïon, quanto lodar ti dei / de l’imagine tua, se mille volte / n’avesti quel ch’i’ sol una vorrei» L’ovvio riferimento è al mito di Pigmalione, che vide la statua di cui era innamorato trasformarsi in donna in carne e ossa (Ovid ., Metam 10, 243-297) 55 Come nell’epistolografo ellenistico Filostrato, per cui vedi l’introduzione di Conca e Zanetto a Alcifrone - Filostrato - Aristeneto 2005, pp 29-35 56 Foscolo 2015 p 16 . 59 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata tutti que‘ giorni che furono i più affannosi e i più cari della mia vita E tu l’hai consecrato questo ritratto attaccandolo bagnato del tuo pianto al mio petto - e così attaccato al mio petto verrà con me nel sepolcro .» 57 A distanza di pochi giorni, infatti, il ritratto sarà ciò che in punto di morte occuperà i suoi estremi pensieri, secondo il racconto di Lorenzo: «Gli pendeva da collo il ritratto di Teresa tutto nero di sangue, se non che era alquanto polito nel mezzo; e le labbra insanguinate di Jacopo fanno congetturare ch’ei nell’agonia baciasse la immagine della sua amica» . 58 Oltre al suo valore simbolico implicito, la valenza comunicativa dello scambio del ritratto è pienamente attiva nell’Ortis ed esplicitata nelle lettere scambiate tra gli amanti . 59 Jacopo chiede a Lorenzo di procurargli il ritratto di Teresa quale estrema consolazione: «Vuoi tu versare sul cuore dell’amico tuo qualche stilla di balsamo? Fa che Teresa ti dia il suo ritratto»; 60 informato da Lorenzo che lei lo aveva mandato alla madre prima che la richiesta fosse formulata, avanza il sospetto che l’amico abbia fatto in modo che non gli fosse recapitato per non esacerbare il suo dolore con un qualcosa che gli ricordasse costantemente una donna irraggiungibile: «Il suo ritratto l’aveva mandato a sua madre prima ch’io lo chiedessi? - tu me ne accerti, ed io credo; ma guardati che per tentare di risanarmi tu non congiurassi a contendermi l’unico balsamo alle mie viscere lacerate» . 61 La stessa Teresa, in una lettera in cui annuncia che non potrà più scrivere, apprestandosi a sposare Odoardo, risponde seccamente alla richiesta di Jacopo riguardo al ritratto, rimandandone il dono a un momento futuro non meglio specificato: «Avrete il mio ritratto quando potrò» . 62 57 Foscolo 2015, p 170 Poco prima, Jacopo aveva narrato a Lorenzo l’addio a Teresa, durante il quale la donna gli aveva consegnato il ritratto secondo le modalità descritte nell’apostrofe al ritratto stesso (ivi, p 166) 58 Foscolo 2015, pp 182-183 Nel comunicare al suo amico le ultime volontà, in un biglietto del 25 marzo 1799 (Foscolo 2015, p 179), Jacopo chiede a proposito del ritratto: «che sia sotterrato col mio cadavere» I commenti chiariscono che il tema del ritratto è attestato in termini molto simili a quelli del romanzo anche nelle lettere foscoliane a Isabella Roncioni del 1801 Per i rapporti tra l’epistolario amoroso di Foscolo e l’Ortis, vedi almeno De Liso 2010 e Risso 2016 59 Il romanzo è costituito dalle lettere scritte da Jacopo Ortis a Lorenzo Alderani; in queste sono citati stralci delle conversazioni epistolari di Jacopo e Teresa 60 Foscolo 2015, p 115 61 Ivi, pp 118-119 62 Ivi, p 119 6 0 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza Per l’orizzonte di valori che emerge dal romanzo, compatibile con i tempi e del tutto opposto a quello di matrice medievale per cui l’amore è per definizione extraconiugale, una volta pronunciato il giuramento nuziale di Teresa, l’amore tra i due non può più esistere se non nell’aldilà: «Amo immensamente Teresa; ma non la moglie d’Odoardo», 63 scrive Jacopo a Lorenzo, e Teresa, in procinto di convolare a nozze, a Jacopo: «Io non potrò più confessare d’amarvi, fuorché davanti a Dio solo» . 64 Dopo il matrimonio, parallelamente al dono, da parte di Teresa, del ritratto che Jacopo bacerà in punto di morte, in un episodio raccontato nella prosa di raccordo di Lorenzo, Foscolo opera un’interessantissima risemantizzazione del cliché dello scambio di doni Lo scambio riguarda banalità come un disegno di Teresa che ritrae Jacopo, versi danteschi e ciocche di capelli; avviene tuttavia in una modalità del tutto peculiare, che spoglia i gesti della loro valenza comunicativa nel senso della testimonianza del sentimento, e anzi li trasforma in gesti di addio, segni premonitori di morte imminente Il punto di partenza dell’episodio è un «chiaroscuro» in cui Teresa aveva rappresentato «la prospettiva del laghetto de‘ cinque fonti, e […] l’amico suo che sdrajato su l’erba contempla il tramontare del Sole», 65 apponendovi come epigrafe il verso dantesco relativo a Catone Uticense «Libertà va cercando ch’è sì cara» (Pg, I, 71) Il quadretto era stato mandato in dono alla madre di Jacopo, con la richiesta di non rivelarne l’autrice Il giorno in cui Jacopo, prima di suicidarsi, si reca a portare l’estremo saluto alla madre, notato il disegno, e compreso che era di Teresa, lo estrae dalla cornice per completare la citazione dantesca con il suo prosieguo, «Come sa chi per lei vita rifiuta», con ovvio riferimento al gesto che era in procinto di compiere e alle sue motivazioni politiche Nascosta nella cornice, «trova una lunga treccia di capelli che Teresa, alcuni giorni prima delle sue nozze, s’era tagliati senza che veruno il sapesse, e ripostili nella cornice in guisa che non traspirassero ad occhio vivente» . 66 Trovata la treccia, e intuito forse più o meno distintamente il senso di quanto compiuto da Teresa, «l’Ortis a que‘ capelli congiunge, quando li vede, una ciocca de‘ suoi e gli annoda insieme col nastro nero che portava attaccato all’oriuolo» . 67 Il taglio dei capelli non è operato da Teresa per dare qualcosa di sé al suo diletto; compiuto il giorno prima delle nozze, pare porsi anzi come una sorta di sinistro rito di monacazione e di addio all’amore e quindi alla vita, seguito dalla simbolica sepoltura nella 63 Ivi, p 146 64 Ivi, p 119 65 Ivi, p 173 66 Ivi, p 173 67 Ivi, p 173 . 61 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata bara della cornice La ‘risposta’ di Jacopo, sottolineata dal «nodo nero» 68 con cui lega le due ciocche, è un assenso al suicidio simbolico e condiviso, speculare alla rinuncia al suicidio reale a cui inizialmente avrebbe voluto persuadere Teresa . 69 I gesti dei due sono quelli secolarmente compiuti dagli amanti, e ad essi è affidato il compito di veicolare un messaggio definitivo, conclusivo, in quanto collocati in due momenti di grande pregnanza, ovvero a ridosso delle nozze di Teresa e del suicidio di Jacopo Il fatto che essi vengano compiuti separatamente, in assenza di condivisione, praticamente all’insaputa l’uno dell’altro, toglie loro il valore asseverativo che tradizionalmente hanno, li rende muti e senza scopo, espressivi ma non comunicativi, se non sul piano della trascendenza Epistolarità amorosa ‘deviata’ nelle Ultime Lettere Il meccanismo della deviazione riguarda più direttamente la dinamica dello scambio epistolare in quanto elemento strutturante rispetto al rapporto d’amore tra i personaggi e all’opera letteraria che lo delinea, e in particolare la valenza comunicativa della corrispondenza d’amore vista sopra Nell’Ortis si riscontrano alcuni dei topoi più tipici della letteratura epistolare-amorosa; la loro collocazione in lettere non indirizzate a Teresa, oppure nella prosa di raccordo che si finge scritta dal confidente di Jacopo, espunge tuttavia l’impatto pragmatico da cui sono caratterizzati nelle corrispondenze e li depotenzia quanto a valenza comunicativa: non essendo condivisi materialmente con Teresa (alla quale si rivolgono invece spiritualmente, nella maggior parte dei casi), non richiedono, né tantomeno possono sperare di generare in lei, alcuna reazione di compassione o altro La notazione, afferente al modello della scribentis imago, della lacrima che cancella lo scritto, 70 ad esempio, si trova nel Frammento della storia di Lauretta - un’amica protagonista di una storia d’amore dalla tragica conclusione - che 68 Ivi, p 174 69 Infatti Jacopo confessa a Lorenzo: «Scrissi alla giovine misera che io me ne andava ad aspettarla in un altro mondo, e che non tardasse a raggiungermi, e l’ammaestrava del come e del quando e dell’ora - Ma poi non forse la compassione, non la vergogna, né il rimorso, né Iddio - bensì l’idea che non è più la vergine di due mesi fa, e che è donna contaminata dalle braccia d’un altro, ha incominciato a farmi pentire di sì atroce disegno» (Ivi, p 175) 70 La notazione è contestualizzata in un punto in cui Jacopo si rivolge idealmente a Lauretta servendosi della seconda persona Significativamente, essa emerge nel momento in cui il pensiero passa dai sentimenti fraterni per Lauretta a quelli amorosi per Teresa: «Io ti sarò padre, fratello - ma, il mio cuore - se tu vedessi il mio cuore! - una lacrima bagna la carta e cancella ciò che vado scrivendo» (Foscolo 2015, p 70) 62 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza Jacopo sostiene di aver scritto per mostrare «in quella sfortunata creatura […] a Teresa uno specchio della fatale infelicità dell’amore» Inizialmente pensato e composto per Teresa, il frammento viene poi deviato a Lorenzo, con questa motivazione: «In cambio di narrare di Lauretta, ho parlato di me […] - però non mi pare di lasciar leggere questi tre o quattro fogli a Teresa: le farei più male che bene» . 71 Ancora, la descrizione di Jacopo e Teresa nel momento più cupo della loro sofferenza d’amore (sicuramente influenzata dalla nascente sensibilità romantica e tinta di tragedia) reca con sé l’eco o quantomeno rivela una consonanza forse inconsapevole con la relicta di matrice elegiaca o comunque con l’afflitta d’amore; trovandosi però nelle righe indirizzate da «Lorenzo a chi legge», 72 l’indugiare, anche piuttosto insistito, sui sintomi fisici della sofferenza non si può ricondurre alla strategia comunicativa e persuasiva tipica delle o degli epistolografi amorosi della letteratura, ma resta confinato alla dimensione della effusio animi, non in laetitia bensì in dolore: «[Jacopo] dimagrato, sparuto, con gli occhi incavati, ma spalancati e pensosi, la voce cupa, i passi tardi, andava per lo più inferrajuolato, senza cappello, e con le chiome giù per la faccia; vegliava le notti intere girando per le campagne, e il giorno fu spesso veduto dormire sotto qualche albero […] [Teresa] diventò solitaria, non parlava quasi mai, leggeva sempre trascurava e il disegno e la sua arpa, e il suo abbigliamento, e fu spesso sorpresa dai famigliari con le lacrime agli occhi Scansava la compagnia delle giovinette sue amiche […]; e dileguandosi a tutti e alla sua sorellina, sedeva molte ore ne‘ luoghi più appartati del suo giardino .» 73 71 Ivi, p 66 72 Ivi, p 94 73 Ivi, pp 94-95 Tra parentesi quadre esplicitazioni mie Fra i topoi amorosi ed eroticoepistolari qui non analizzati dettagliatamente, ma pure interessati dalla dinamica della deviazione o del rovesciamento, al pari di quelli della relicta mulier e della scribentis imago, possiamo annoverare la confessione del peccato di idolatria commesso da chi troppo ama un essere umano («Ecco, o Lorenzo, fuor delle mie labbra il delitto per cui Dio ha ritirato il suo sguardo da me Non l’ho mai adorato come adoro Teresa - Bestemmia! Pari a Dio colei che sarà a un soffio scheletro e nulla? Vedi l’uomo umiliato Dovrò dunque io anteporre Teresa a Dio? […] Dio mi diventa incomprensibile; e Teresa mi sta sempre davanti», ivi, p 99) L’accusa alla donna crudele degli amanti che minacciano il suicidio è invece rovesciata: «No, cara giovine; non sei tu cagione della mia morte Tutte le mie passioni disperate, […] tutto insomma da più tempo era scritto» (ivi, p 169) Vedi anche più avanti, nella citazione da Foscolo 2015 di cui alla nota 76, altri richiami al paradigma della relicta, inseriti in una lettera indirizzata idealmente a Teresa, concretamente a Lorenzo 6 3 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata In merito all’atto della scrittura epistolare (si è visto quanto può essere significativo in se stesso nell’economia di una relazione d’amore), la repressione dell’impulso che condurrebbe ad esso, impulso che, lungi dall’essere rimosso, è portato al livello della coscienza e negato con un atto di volontà derivante da un comando della ragione, va di pari passo con la repressione della gestualità dell’amore e del trasporto erotico: «Non ho osato no, non ho osato - Io poteva abbracciarla e stringerla qui, a questo cuore La ho veduta addormentata […] Giacea il suo bel corpo abbandonato sopra un sofà […] Le sue vesti mi lasciavano trasparire i contorni di quelle angeliche forme; e l’anima mia le contemplava e - che posso più dirti? tutto il furore e l’estasi dell’amore mi avevano infiammato e rapito fuori di me Io toccava come un divoto e le sue vesti e le sue chiome odorose e il mazzetto di mammole ch’essa aveva in mezzo al suo seno - sì sì, sotto questa mano diventata sacra ho sentito palpitare il suo cuore Io respirava gli aneliti della sua bocca socchiusa - io stava per succhiare tutta la voluttà di quelle labbra celesti - un suo bacio! e avrei benedette le lagrime che da tanto tempo bevo per lei - ma allora allora io la ho sentita sospirare fra il sonno: mi sono arretrato, respinto quasi da una mano divina .» 74 Jacopo, infatti, spesso e volentieri rivolge la sua prosa a Teresa, servendosi della seconda persona e atteggiandosi a perfetto epistolografo d’amore; tuttavia, tali brani sono contenuti in lettere indirizzate al suo confidente, e pertanto non raggiungeranno mai realmente la loro destinataria d’elezione: l’impulso alla scrittura, ovvero all’unico possibile contatto con Teresa, soprattutto nei momenti in cui i due sono lontani fisicamente, è sublimato e deviato negli scritti inviati a Lorenzo In un punto cruciale della storia, ovvero il giorno successivo alla partenza di Jacopo coincidente con la separazione definitiva, tra la sera e la notte, mentre scrive a Lorenzo e ancora combatte contro l’idea del suicidio, così irrompe, a più riprese, il richiamo irresistibile al ‘tu’ di Teresa, e si svolge ampiamente sostanziandosi di richiami alla topica erotico-epistolare, impressionanti per il numero e la concentrazione in così poche righe, nonché per la precisione della rispondenza all’archetipo ovidiano della relicta: 74 Foscolo 2015, pp 74-75 6 4 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza «Né un bacio? né addio? - bensì le tue lagrime mi seguiranno nella mia sepoltura . 75 […] E io ho avuto cuore di abbandonarla? anzi ti ho abbandonata, o Teresa, in uno stato più deplorabile del mio Chi sarà tuo consolatore? e tremerai al solo mio nome poiché t’ho fatto vedere io - io primo, io unico sull’aurora della tua vita, le tempeste e le tenebre della sventura; e tu, o giovinetta, non sei ancora sì forte né da tollerare né da fuggire la vita […] E se gli spasimi […] fossero offerte accolte dal Cielo, ah! tu non saresti così infelice, ed io benedirei tutti i miei tormenti Frattanto nella mia disperazione mortale chi sa in che pericoli tu sei! né io posso difenderti, né rasciugare il tuo pianto, né raccogliere nel mio petto i tuoi secreti, né partecipare delle tue afflizioni; non so né dove fuggo, né come ti lascio, né quando potrò più rivederti .» 76 Deviare a Lorenzo ciò che anelerebbe scrivere a Teresa, è ancora una strada percorribile per Jacopo: ha il vantaggio psicologico di consentire lo sfogo (oltre che quello ‘tecnico’ di fornire un pretesto alla narrazione), senza il pericolo di innescare una comunicazione troppo pericolosa Un’altra potenziale confidente epistolare sarebbe Lauretta, l’amica sfortunata che impazzisce e poi muore d’amore con la quale Jacopo ha una notevole affinità di sentire e di vissuto, le cui sventure sono raccontate nel frammento sopra citato La vicenda di Lauretta è, secondo le parole stesse di Foscolo, «spec- 75 Si può notare, en passant, che nella topica della relicta il momento dell’addio è ampiamente codificato, e ad esso viene attribuita una notevole importanza nella significazione del rapporto d’amore Ne esiste, a partire dal paradigma ovidiano, una sorta di ‘ricetta’ costituita da alcuni elementi imprescindibili quali le lacrime, i baci, gli indugi, le promesse di fedeltà, l’anticipazione del ritorno, la promessa di ritornare entro una certa data (per cui vedi Ovid ., Her, II, 3-6, 91-100, V, 41-52, VI, 57-64) L’assenza di alcuni di questi elementi è causa sovente di amarezza e rimpianto (Her ., II, 25-26, VII, 9), così come il mancato addio tout court (Her ., XIII, 7-18, XV, 101-106), che è poi ciò di cui si querela Jacopo 76 Significativa la scelta del concetto di abbandono: Jacopo si è fatto da parte per non contrastare la volontà del padre di Teresa di maritarla con il più solido Odoardo, non per sua scelta Ciononostante, qui lui colpevolizza se stesso con argomenti molto simili a quelli con cui le relictae tentano di impressionare i fedifraghi che le abbandonano incuranti della loro sofferenza e dei pericoli dai quali, lasciate sole magari in luoghi selvaggi, si troveranno attanagliate (fa scuola in tal senso la vicenda di Arianna, attestata non solo nell’interpretazione ovidiana, ma anche in Catullo e nell’immaginario musicale rinascimentale - celeberrimo il monteverdiano Lamento di Arianna) Il meccanismo dell’assunzione dei moduli ‘eroidi’ nella coscienza maschile è analogo a quello sopra notato in Parabosco (vedi nota 37) . 6 5 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata chio della fatale infelicità dell’amore», per cui l’identificazione di Jacoponarratore della lacrimevole storia dell’amica con Jacopo protagonista della propria personale tragedia si consuma appunto nell’atto stesso di raccontare: «In cambio di parlare di Lauretta, ho parlato di me» . 77 E sono proprio tale specularità e tale identificazione - marcate testualmente anche da un’occorrenza della scribentis imago - che rendono impraticabile, al contrario di quanto accade con Lorenzo, la scrittura a Lauretta, creando una sorta di blocco comunicativo: «Lauretta ha lasciato alla terra le sue infelicità […] Spesso mi sono accinto a scriverle M’è caduta la penna, e ho bagnato la carta di lagrime: temeva non mi raccontasse de ’ nuovi martirj, e mi destasse nel cuore una corda la cui vibrazione non sarebbe cessata sì tosto Pur troppo! Noi sfuggiamo d’intendere i mali de ’ nostri amici; le loro miserie ci sono gravi, e il nostro orgoglio sdegna di porgere il conforto delle parole, sì caro agli infelici, quando non si può unire un soccorso vero e reale .» 78 Se, nella coscienza del nostro epistolografo, confidarsi con Lorenzo rende possibile uno sfogo senza pericoli, mentre rivolgersi a Lauretta comporterebbe il rischio del rinnovarsi della sofferenza, Jacopo sa benissimo che scrivere a Teresa avrebbe ben altre conseguenze, vale a dire il potere di spingere il piano concreto della vita oltre l’idealità, dando spazio alla speranza di realizzare la potenzialità del desiderio Fin dagli albori della letteratura erotico-epistolare, gli amanti istintivamente comprendono che addirittura il semplice gesto di accettare una lettera, invece di rimandarla sdegnosamente indietro senza neanche aprirla, significa implicitamente cedere all’amore E anche Jacopo fa notare a Teresa: «Di te non ho se non l’unica lettera che mi scrivesti quando io era in Padova […] Da quella tua lettera comincia la storia dell’amor nostro e non mi abbandonerà mai» 79 La lettera di Teresa non è riportata, ma considerando il temperamento della fanciulla, si sarà trattato di un testo innocente; comunque, indipendentemente da ciò, la scintilla responsabile dell’incendio non è il contenuto della missiva, bensì il valore simbolico della sua semplice esistenza, che da sola testimonia la volontà di creare un contatto Ci sono infine, nell’Ortis, due lettere di Jacopo a Teresa integralmente riportate, e per noi di straordinaria importanza per tirare le fila del nostro 77 Foscolo 2015, p 66 78 Ivi, p 85 79 Ivi, p 104 66 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza discorso sugli archetipi erotico-epistolari La seconda e ultima in ordine cronologico si finge scritta con molte interruzioni negli ultimi giorni di vita del suicida in pectore: iniziata prima del congedo dalla madre e dalla stessa Teresa, è terminata praticamente in punto di morte In una sorta di testamento lasciato a Lorenzo, Jacopo gli chiede: «Nel cassettino del mio scrittoio […] c’è una lettera per Teresa; […] ti prego di riporla fra le sue mani tu stesso», 80 per cui dobbiamo supporre che essa sia stata effettivamente recapitata e letta, ovviamente in un momento successivo alla morte di Jacopo È proprio questa circostanza cronologica che ne rende possibile la consegna, in quanto neutralizza la portata comunicativa che avrebbe avuto se Jacopo fosse stato ancora in vita Ed è proprio per questo che il moribondo si autorizza ad abbinare ai temi della consolatio, al testamento spirituale, all’esame di coscienza preparatorio del trapasso, anche le movenze dell’amatoria Soltanto la morte rende possibile un amore che altrimenti verrebbe contaminato dal peccato e di conseguenza decadrebbe dalla condizione di sentimento puro ed elevato, e in definitiva si estinguerebbe: «Io sento in me stesso che agli estremi mali non resta che la colpa o la morte», afferma Jacopo, e specifica: «La mia mano non trema nell’armarsi del ferro liberatore, poiché abbandono la vita mentre tu m’ami, mentre sono ancora degno di te, e degno del tuo pianto, ed io posso sacrificarmi a me solo ed alla tua virtù No; allora non ti sarà colpa l’amarmi» . 81 Nell’appressarsi del gesto estremo, che purificherà l’amore non consacrato dal matrimonio, Jacopo non si sente più colpevole se indulge nella dolcezza del proprio sentimento (e si abbandona talvolta ai topoi prima confinati nelle lettere deviate), trasfigurata nella morte (imminente in relazione a chi scrive, avvenuta in relazione a chi leggerà) o comunque neutralizzata della sua carica peccaminosa nella collocazione in un passato ormai irrecuperabile: «Ho veduto in te sola il ristoro di tutti i miei mali; ed osai lusingarmi; e poiché per una irresistibile forza tu mi hai amato, il mio cuore ti ha creduta tutta sua; tu mi hai amato, e tu m’ami - ed ora che ti perdo, ora chiamo in ajuto la morte . 82 […] Tu no, vera amica di questo sfortunato, tu non avrai cuore mai di obliarmi Rileggi sempre queste mie ultime parole ch’io posso dire di scriverti col sangue del mio cuore . 83 80 Ivi, p 176 81 Ivi, rispettivamente p 177 e p 176 82 Ivi, p 169 83 Ivi, p 170 67 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ho amato! tu stesso [Dio], tu mi hai presentata la felicità; tu l’hai abbellita de ’ raggi della infinita tua luce; tu mi hai creato un cuore capace di sentirla e di amarla; ma dopo mille speranze ho perduto tutto! » 84 In questa sorta di testamento, inoltre, le disposizioni in merito alla corrispondenza tra Jacopo e Teresa (la quale, a differenza del ritratto, non sarà sotterrata con il cadavere di lui) le riservano un destino del tutto diverso, per certi versi opposto, rispetto a quello per così dire iper-metonimizzante che abbiamo visto più sopra nella Cárcel de amor Mentre nel romanzo iberico il moribondo ingloba in se stesso i fogli, portando alle estreme conseguenze il loro valore di ‘reliquia’ dell’amata, l’Ortis li spoglia completamente di tale valenza facendone un’attestazione documentaria dell’innocenza propria e di Teresa: «Da lui [Lorenzo] tuo padre avrà le tue lettere, e tu pure gli darai le mie: saranno testimonio della santità del nostro amore» . 85 La prima delle due missive a Teresa integralmente riportate è invece una lettera amorosa in piena regola È in parte sovrapponibile a quella scritta in articulo mortis in quanto è sostanzialmente una lettera di addio, motivata tuttavia dall’imminenza non della dipartita, bensì della fuga da Venezia (il suicidio non è ancora meditato a un livello cosciente, anche se balena già alla mente di un Ortis stanco di patire e bisognoso di riposo) Pur trattandosi di una separazione, è decisamente meno definitiva dell’altra, per cui non suscita il sentimento di purificazione che, a distanza di qualche mese, pacificherà Jacopo riconciliando la sua parte innamorata e in odore di idolatria con quella integra, religiosa e patriottica La stesura della missiva è forse innescata da un’esigenza di compensazione: Lorenzo, nella prosa connettiva che la introduce, spiega infatti che Jacopo, convinto dagli amici e dalla madre a lasciare Venezia, si era recato da Teresa per accomiatarsi, ma aveva trovato in casa soltanto la sorellina, Isabella Con evidente dinamica di sostituzione dell’assente, «se la strinse al petto, la baciò più volte e la bagnò di lagrime» . 86 Non avendo potuto fare altrettanto con Teresa, Jacopo si risolve (può forse inferire il lettore) a scriverle: le confessa senza più 84 Ivi, p 177 Tra parentesi quadre, esplicitazione mia 85 Ivi, p 169 Tra parentesi quadre, esplicitazione mia La disposizione è confermata nella missiva testamentaria a Lorenzo: «Queste [carte le] darai tutte al suo padre» (ivi, p 176) 86 Ivi, p 102 Baciare una persona cara all’oggetto del proprio amore è tipico dell’innamorato letterario (nonché ampiamente attestato in ambito erotico-epistolare) e rimanda al meccanismo della metonimia descritto da Barthes a proposito degli oggettifeticcio 6 8 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza alcuna riserva il suo amore con un brano che, forse non a caso, lussureggia di topoi erotico-epistolari: «[…] La mia mente è sepolta nel solo pensiero di amarti sempre e di piangerti Ma sarà obbligo mio di non più scriverti, né di mai più rivederti se non se quando sarò certissimo di lasciarti quieta davvero Oggi t’ho cercata invano per dirti addio Abbiti almeno, o Teresa, queste ultime righe ch’io bagno, tu ’l vedi, d’amarissime lagrime Mandami in qualunque tempo, in qualunque luogo il tuo ritratto Se l’amicizia, se l’amore - o la compassione e la gratitudine ti parlano ancora per questo sconsolato, non negarmi il ristoro che addolcirà tutti i miei patimenti […] Io, nelle ore fantastiche del mio dolore e delle mie passioni, nojato di tutto il mondo, diffidente di tutti, camminando sopra la terra come di locanda in locanda, e drizzando volontariamente i miei passi verso la sepoltura […] io mi conforterò intanto baciando dì e notte l’immagine tua […] Perdonami, mia Teresa - ohimè, io mi credeva più forte! - scrivo male e di un carattere appena leggibile; ma ho l’anima lacerata, e il pianto sugli occhi .» 87 Dopo essere stata composta, la sera precedente la partenza, la lettera viene affidata a un ortolano perché la recapiti alla destinataria Tuttavia il giorno seguente, durante il viaggio, Jacopo ha un subitaneo ripensamento, per cui interpella il padre di Teresa perché intercetti la lettera e ne blocchi il percorso: «All’ortolano di casa mia ho raccomandato jer sera una lettera da recapitarsi alla Signorina; - e bench’io l’abbia scritta quand’io già m’era saldamente deliberato a questo partito d’allontanarmi, temo a ogni modo d’avere versato sovra quel foglio tanta afflizione da contristare quella innocente A lei dunque, signor mio, non rincresca di farsi mandare quella lettera dall’ortolano; e gli fo‘ [sic] dire che la fidi se non a lei solo La serbi così sigillata o la bruci Ma perché alla sua figliuola riescirebbe amarissimo ch’io mi partissi senza lasciarle un addio, e tutto jeri non mi fu dato mai di vederla - ecco qui annesso un polizzino pur sigillato […] .» 88 87 Ivi, pp 103-104 88 Ivi, p 105 . 6 9 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata L’unica lettera pienamente amatoria che Jacopo abbia mai avuto il coraggio di scrivere e inviare, viene così bloccata, il che produce una sorta di aborto epistolare (che un anglofono implicherebbe nella polisemia del verbo to not deliver) e contestualmente genera un assetto da romanzo epistolare dinamico, soppiantando dunque la tipologia statica, che è quella preponderante nell’Ortis: 89 sono le lettere, infatti, che agiscono e creano la trama (un’azione, beninteso, in negativo, atta a sventare e non a coadiuvare), non limitandosi a raccontare ciò che accade con il pretesto del colloquio a distanza tra confidenti Lo sconfinamento nell’epistola amatoria e nel romanzo epistolare dinamico è marcato da una temporanea uscita di senno del protagonista (deducibile implicitamente dal ritorno del senno stesso notato da Lorenzo), da un vacillare di quella ragione che è la guida rivendicata del suo pensare e del suo agire e forse si può interpretare anche come messaggio profondo, non avulso da una finalità civile e didattica, dell’opera nel suo insieme: «Il signore T*** mi fe [sic] recapitare la lettera per Teresa (che ho riportato dianzi) a sigillo inviolato; - né tardò a dare a sua figlia il polizzino. L’ebbi sott’occhio; era di poche righe; e d’uomo che per allora pareva tornato in sé» . 90 Un’intermittenza del cuore, verrebbe da dire, con un esito non molto dissimile da quello prodotto dall’incantesimo sotto il cui influsso Jacopo e Teresa vivono il loro unico vero incontro d’amore Si tratta di un incontro fortuito, non programmato, avvenuto non in luoghi consueti bensì in un boschetto di pini dei colli Euganei, sito petrarchesco per eccellenza (evocato nel dialogo degli amanti come teatro dello struggimento d’amore del poeta): «Anche jer sera tornandomi dalla montagna, mi posai stanco sotto que ’ pini; anche jer sera io invocava Teresa - Udii un calpestio fra gli alberi; e mi parea d’intendere bisbigliare alcune voci Mi sembrò poi di vedere Teresa con sua sorella - sbigottitesi a prima vista fuggivano Io le chiamai per nome, e la Isabellina raffigurandomi, mi si gittò addosso con mille baci» . 91 L’inizio dell’incontro è sottolineato dalla comparsa di tre elementi dalla forte carica simbolica connotata in senso erotico, che segnano come il passaggio a un’altra dimensione, ovvero la sorgente d’acqua, che nell’immaginario mitologico (ben presente in epoca di classicismo) è dimora delle ninfe, il pianeta Venere e la luna: «Teresa s’appoggiò al mio braccio, e noi passeggiamo taciturni lungo la riva del fiumicello sino al lago de’ cinque fonti E là ci siamo quasi di consenso fermati a mirar l’astro di Venere che ci lam- 89 Vedi Jost 1969 di cui sopra, e alla nota 44 90 Foscolo 2015, p 105 La prosa di raccordo, a differenza dei testi epistolari, è in corsivo nella stampa 91 Ivi, p 79 70 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza peggiava sugli occhi […] Teresa sedea sotto il gelso ed io […] le recitava le odi di Saffo - sorgeva la Luna» . 92 Sotto i raggi di Venere e di Selene, Jacopo e Teresa evadono dalla realtà e si ritrovano in una dimensione di sogno e di paradiso, nella quale è dato loro esprimere e vivere il loro sentimento, e che viene descritta da Foscolo con amplissimo ricorso al riferimento letterario - dantesco, greco, petrarchesco: 93 «Teresa giacea sotto il gelso - ma e che posso dirti che non sia tutto racchiuso in queste parole? Vi amo A queste parole tutto ciò ch’io vedeva mi sembrava un riso dell’universo: io mirava con occhi di riconoscenza il cielo, e mi parea ch’egli si spalancasse per accoglierci! […] Sì; ho baciato Teresa; […] e tutte le cose s’abbellivano allo splendore della Luna che era tutta piena della luce infinita della Divinità Gli elementi e gli esseri esultavano nella gioja di due cuori ebbri di amore - ho baciata e ribaciata quella mano - e Teresa mi abbracciava tutta tremante, e trasfondea i suoi sospiri nella mia bocca, e il suo cuore palpitava su questo petto: mirandomi co‘ suoi grandi occhi languenti, mi baciava, e le sue labbra umide, socchiuse mormoravano sulle mie .» 94 L’incontro si conclude, e dunque l’incantesimo si dissolve, con la scomparsa degli stessi elementi che avevano segnato il limen in entrata: «Addio, diss’ella, e rivolgendosi dopo pochi passi, - addio Io rimasi estatico: avrei baciate l’orme de‘ suoi piedi: pendeva un suo braccio, e i suoi capelli rilucenti al raggio della Luna svolazzavano mollemente: ma poi, appena appena il lungo viale e la fosca ombra degli alberi mi concedevano di travedere le ondeggianti sue vesti che da lontano ancor biancheggiavano; e poiché l’ebbi perduta, tendeva l’orecchio sperando di udir la sua voce - E partendo, mi volsi con le braccia aperte, quasi per consolarmi, all’astro di Venere: era anch’esso sparito .» 95 92 Ivi, pp 79-80 Il commento di Giovanna Ioli chiarisce che il legame tra la fonte e le ninfe era esplicitato nella terza lettera dell’edizione 1798 dell’Ortis L’irrompere del soprannaturale in testi letterari è spesso sottolineato dal cambiamento di luogo e dalla comparsa di elementi magici o simbolici, come si legge in Orlando 2017 93 Vedi Favaro 2010 per l’importanza della reminiscenza petrarchesca nella costruzione dell’incontro d’amore 94 Foscolo 2015, p 81 95 Ivi, p 82 . 71 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata L’esito della magia è una sorta di trasumanazione: «Dopo quel bacio, io son fatto divino», 96 afferma Jacopo, e da tale comunione con la divinità scaturisce un sentimento di armonia con il creato perfettamente antitetico a quello di espulsione comunemente legato all’immaginario leopardiano, ma abbondantemente attestato anche nell’introspezione ortisiana . 97 Tuttavia, i riflessi lunari sui capelli di Teresa inghiottiti dalle minacciose ombre degli alberi e il pianeta Venere tramontato portano via con sé anche le «idee […] più alte e ridenti», l’«aspetto più gaio», il «cuore più compassionevole» e le gioiose visioni in cui Jacopo si abbandona «delirando deliziosamente»: dopo appena qualche giorno, deve tristemente arrendersi a constatare che «il tempo vola, e la notte lo strappa da quel soggiorno di paradiso» (la trasumanazione è descritta il 14 e il 15 maggio, il ripiombare nell’angosciosa realtà il 21 dello stesso mese) . 98 È quantomeno singolare - e, nel segno di tale plausibile chiusura del cerchio, si conclude - che l’unica epistola amatoria e l’unico incontro d’amore attestati nell’Ortis siano accomunati da coincidenze strutturali e di ornatus che parrebbero condurre a una sinergia interpretativa In entrambi i casi siamo davanti a un’interruzione della realtà causata dall’irrompere di una dimensione altra, imponderabile e incontrollabile da parte della ragione umana: un intervallum non insaniae ma sanitatis produce la lettera, un incantesimo della dea dell’amore produce l’incontro; la prima è neutralizzata da un atto di volontà di Jacopo, il secondo dall’eclissarsi della divinità che marca l’inevitabile scioglimento dell’incantesimo e il ritorno al mondo sensibile, per cui nessuna delle due circostanze si affranca dal carattere di eccezionalità né riesce ad avere un impatto duraturo ed effettivo sulla vicenda; la prima è connotata letterariamente nel senso dell’epistolarità amorosa, il secondo nel senso del trionfo della tradizione amorosa soprattutto petrarchesca È come se attraverso due squarci (la follia e il numinoso) nella caligine di bassezza morale che avvolge la realtà umana e storica del tempo di Foscolo (che è poi ciò che rende impossibile il realizzarsi dell’amore in vita) emergesse la visione di una Civitas Dei 99 che anelerebbe a tradursi in civitas hominum, ma resta invece bloccata dalla constatazione della sua inattualità in un mondo che, sia sul piano individuale sia su quello collettivo, non lascia 96 Ibidem 97 Vedi ivi, pp 83-84 98 Ivi, pp 82-84 99 La dimensione biblica ed evangelica è presente e pregnante nell’Ortis, soprattutto nella parte finale, che prepara il suicidio, nonché nelle letture foscoliane Sull’argomento vedi Terzoli 1988 72 L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Ida Caiazza al giusto e al magnanimo, per l’affermazione della propria stessa esistenza, altra strada che il suicidio Abstract Literarische Liebeskorrespondenzen und -briefe (von der Klassik bis heute) zeichnen sich durch thematische und stilistische Besonderheiten aus Vor allem unterscheidet die Intention hinter der Kommunikation den Liebesbrief von anderen Gattungen wie der Lyrik und des Monologs In Ugo Foscolos Briefroman Ultime lettere di Jacopo Ortis werden diese archetypischen Charakteristiken (und besonders die Intention des Verfassers) umgekehrt oder unterminiert, um aufzuzeigen, dass die Beziehung zwischen Jacopo und Teresa in ihrem historischen und moralischen Kontext unmöglich ist Summary. Literary love letters and correspondences (from Classical to Modern times) are characterized by specific thematic and stylistic features; most importantly, the communicative aim distinguishes the love letter from other genres such as the lyric and the monologue In the epistolary novel Ultime lettere di Jacopo Ortis by Ugo Foscolo, these ‘archetypical’ features (and the communicative aim in particular) are reversed or subverted to convey the idea that the love relationship between Jacopo and Teresa is impossible in their historical and moral context Bibliografia Abelardo: Storia delle mie disgrazie Lettere d’amore di Abelardo ed Eloisa, Milano: Garzanti,2003 Alcifrone - Filostrato - Aristeneto: Lettere d’amore, a cura di Fabrizio Conca e Giuseppe Zanetto, Milano: Rizzoli 2005 Aldrovandi, Matteo: Lettere amorose […], nuovamente aggiontovi alquante lettere di diuersi auttori nel fine, in Trivigi, appresso Fabritio Zanetti, 1600 Barthes, Roland: Frammenti di un discorso amoroso, Torino: Einaudi 1979 Bembo, Pietro: Lettere, a cura di Ernesto Travi, Bologna: Commissione per i testi di lingua, 4 voll ., 1987-1993 Caiazza, Ida C .: «Alvise Pasqualigo e il suo romanzo epistolare, le Lettere amorose, dalla ‘relazione’ alla ‘corrispondenza’», in: Italianistica, XLIII, 2014, 1, pp 77-106 Lettere d’Ansaldo Cebà scritte a Sara Copia […], in Genova, per Giuseppe Pavoni, 1623 De Liso, Daniela D .: «‘Così potess’io, mia dolce amica, mostrarti, scrivendoti, tutta la mia anima’ Foscolo tra le ‘Lettere d’amore’ e l’‘Ortis’», in: Critica letteraria, 2010, 4, pp 689-708 73 Ida Caiazza L’Ortis o la corrispondenza amorosa negata Favaro, Francesca: «Fra loca e loci petrarcheschi: l’incontro d’amore nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis», in: Studi italiani, 2010, 2, pp 53-68 Foscolo, Ugo: Ultime lettere di Jacopo Ortis, Torino: Einaudi 2015 Gigante, Claudio: «Jacopo e Diogene Appunti su Foscolo e Wieland», in: Filologia e critica, 2009, 2, pp 206-233 Gurkin-Altman, Janet: Epistolarity. 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Retorica e modelli di comunicazione epistolare: per un indice di libri di lettere del Cinquecento, a cura di Amedeo Quondam, Roma: Bulzoni 1981, pp 13-156 Risso, Roberto: «‘Questo mestiere di soffrire’ Foscolo, il Carteggio Arese, l’Ortis e la via al romanzo», in: Critica letteraria, 2016, 3, pp 435-461 Rosati, Gianpiero: «Epistola elegiaca e lamento femminile», [introduzione a] Ovidio, Lettere di eroine, a cura di Gianpiero Rosati, Milano: Rizzoli 2005, pp 5-46 Rousset, Jean: «Une forme litteraire: le roman par lettres», in: Id ., Forme et signification. 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