Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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1992
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Kristol De StefaniGIOVAN BATTISTA PELLEGRINI, La genesi del retoromanzo (o ladino), Tübingen (Niemeyer) 1991, 71 p. (Beih.ZRPh. 238)
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1992
Ricarda Liver
vox5110271
Besprechungen - Comptes rendus 263 Hermeneutik (151-193, zu Reaktionen auf Tschernobyl in spanischen Zeitungen); Werner Forner, Fachübergreifende Fachsprachenvermittlung (194-217, die Methodik im Kurs, wo er fachsprachenstilistische Fertigkeiten einübt); Dieter Seelbach, Erkennung von Relationen bei der maschinellen Fachtextanalyse (218-263, wie Lexikoneinträge formuliert wurden, um maschinelles Übersetzen von französischen Wetterberichten zu ermöglichen); Horst Wagner, LEXECON - Lexeminventar der französischen Wirtschaftssprache (264-285, eine Datenbank für Übersetzer). Andere Arbeiten behandeln mit traditionellen Methoden nicht-literarische Texte: Peter Koch, Fachsprache, Liste und Schriftlichkeit in einem Kaufmannsbrief aus dem Duecento (15-60, mit Photographien); Günter Holtus, Zur Sprache venezianischer Seeversicherungstexte des 15. Jahrhunderts (61-79); Robert Kaehlbrandt, Condillacs «Art d'Ecrire» und «Le commerce et le gouvernement» (80-90). Daß die Romanistik in der Fachsprachen-Forschung vertreten sein muß, liegt auf der Hand. Dies nicht nur wegen der «gesellschaftlichen Relevanz» (7) dieser neuen Philologie mit Bezug auf «lebenspraktische Sachfelder» (etwa «die Schaffung eines europäischen Bewußtseins»? ). Die Probleme der Lesbarkeit von Fachtexten, der maschinellen Übersetzung und der Übersetzung im Allgemeinen sind nicht auf Einzelsprachen beschränkt; es wäre aber schade, wenn nicht auch romanische Sprachen in der Erarbeitung allgemeiner Theorien und angewandter Methoden beigezogen würden. Der vorliegende Band zeigt, daß dies zumindestens von Seiten deutschsprachiger Sprachwissenschaftler nicht zu befürchten ist. C. Wittlin * WILHELM PoETTERS, Begriff und Struktur der Novelle. Linguistische Betrachtungen zu Boccaccios «Falken», Tübingen (Niemeyer), 1991, 216 p. Nella scia dei suoi lavori (1987) sul Canzoniere de! Petrarca, il Pötters continua una riflessione iniziata nel 1981 con una tesi (non pubblicata) sul Boccaccio, proponendo una lettura immanente de! nono racconto della quinta giornata de! Decameron, la famosa novella di Federigo degli Alberighi. Intende offrire una descrizione linguistica e letteraria ehe rispetti la specificita de! racconto e i principi estetici, d'origine medievale, a cui si ispira il Boccaccio. Punto di partenza e l'importanza ben conosciuta del caso, della fortuna nel capolavoro de! Boccaccio. Sfruttando le indicazioni contenute nel Proemio, il Pötters vede nella novella boccaccesca la narrazione di una «unerwartete Begebenheit» (39: avvenimento inatteso). Questa poetica della sorpresa, dell'attesa delusa conduce il critico ad una prima definizione della novella: La struttura della novella consiste nella relazione tra due proposizioni, la quale corrisponde in abstracto alla struttura sintattica della proposizione concessiva. (p. 49: traduzione nostra) La lettura della novella V.9 e un'illustrazione sistematica del come trasporre la «funktionale Satzanalyse auf die Textebene» (60): l'intento e di descrivere il racconto con mezzi linguistici adeguati (per i presupposti teorici, cf. p. 60-71). Nella struttura-base della novella il Pötters riconosce una struttura di carattere concessivo (benche Federigo abbia invano cercato di farsi amare da Giovanna, la donna lo sposa), ehe viene completata da una struttura causale (perche l'uccisione de! falcone le fa capire la grandezza d'animo di Federigo). Sono due strutture sintattiche la cui importanza, all'interno de! racconto, viene analizzata p. 53-59 [ma e veramente concessivo il mentre ehe dell'unita 31 (28)? ]. Sono le 264 Besprechungen - Comptes rendus strutture ehe determinano anche il modo di mettere in rapporto gli elementi della novella nella rubrica (71) una giustificazione questa per il tipo di analisi proposto dal critico? Col sesto capitolo il Pötters affronta il problema della frase nella novella e parte, a ragione, dalla segmentazione del testo in 45 unita (elenco alla p. 90), proposta dal Boccaccio stesso nel Codex Hamilton 90 (trascrizione p. 2 4-2 9 ) coll'uso ehe fa della maiuscola. Lo schema a p.104 riassume i risultati dell'indagine: a) la morte del falcone (unita 26) si trova al centro (matematico) della parte centrale de! racconto (unita 7-45); b) ad ogni unita ehe precede il centro, corrisponde un'unita (nella stessa posizione rispetto al centro) ehe segue. Questa specolarita («spiegelbildliche Anordnung») non convince de! tutto: i criteri per stabilire, da! punto di vista de! contenuto, rapporti d'opposizione/ parallelismo tra due unita, non sono coerenti. Possono variare da un gruppo d'unita all'altro. L'importanza del numero 7 nella struttura interna del racconto permette al Pötters di riconoscere nella novella V.9 un principio fondamentale dell'estetica medievale: ! 'ideale dell'aequalitas numerosa (106), garante migliore dell'armonia secondo Sant'Agostino. La prosa del Boccaccio e una prosa metrica, la quale cerca di attuare nella prosa i procedimenti tipici della lirica: la funzione della frase, elemento ritmico del testo, corrisponde a quella del metro nella poesia. Caso o intenzione? II Pötters prevede un certo scetticismo da parte della critica universitaria. Come far capire loro ehe la creazione artistica sia anche (112) un lavoro di ragioniere ehe conta le frasi o i versi? Una prima risposta la da, ricordando ehe la narratrice (Filomena) afferma aver sentito raccontare Ja novella da Coppo di Borghese, uomo ehe sa «ragionare ... con ordine». Quest'osservazione di carattere metapoetico puo essere un indizio, non sara certo una prova: in quaJe senso va capita la parola ordine? II Pötters Ja interpreta neJ senso di un'armonia matematica: nei capitoli 9 e 10 propone un'analisi delle novelle II.4 e VI.6, seguita da un'analisi delle quattro prime novelle del Decameron. Queste Jetture gli consentono di confermare i risultati ottenuti, anche se la novella di ser Ciappelletto, piu complessa, pone evidenti problemi. II critico vede nel primo racconto della raccolta una ars poetica immanente dove si combinano i due principi, fondamentali per iJ Decameron, della specolarita e della circolarita (illustrata dalla parte centrale, la falsa confessione dell'usuraio). Nello schema a p. 1 6 6 coJpisce tuttavia il numero elevato di unita per Je quaJi il Pötters non ha stabilito rapporti di parallelismo/ opposizione: la specolarita non sembra perfetta. Con iJ suo libro Wilhelm Pötters si oppone decisamente alla critica ehe, basandosi sull'importanza delle intertestualita nel Decameron, sottolinea Ja varieta strutturaJe delle novelle: sotto Je «cento novelle, o favole o parabole o istorie» (Proemio) si nasconde, secondo lui, un modello unico ehe con figurativita sempre diverse realizza ! 'ideale dell'aequalitas numerosa. Non crediamo pero ehe i due tipi di analisi si escludano: scoprire nel Decameron una varieta di modelli o una sola matrice per tutti i racconti, dipende essenziaJmente dal livello d'astrazione dell'anaJisi. Tre osservazioni pero: a) il Boccaccio, si sa, sfrutta esperienze narrative anteriori (i fabliaux francesi, il Novellino, gli exempla, ecc.) e determina in gran parte Je esperienze narrative posteriori (dal Sacchetti al Bandello). Sarebbe interessante (in un futuro studio) vedere fin a ehe punto il modello de! Pötters permette di descrivere altre raeeolte o di distinguere Ja novella da altri tipi di «raeeonti brevi». b) in un lavoro ehe propone una definizione della novella deeameroniana, sarebbe da augurarsi una diseussione delle proposte di Claude Cazale-Berard, Strategie du Jeu narratif: Le Decameron, une poetique du recit (Paris 1 985), ehe il Pötters non sembra eonoseere. Nello SNT (sehema narrativo tipo), eo! quale ella deserive Ja struttura-base delle novelle, Besprechungen - Comptes rendus 265 le funzioni di «perturbazione» e «trasformazione» implicano la presenza dell'inatteso (della concessione, per parlare eo! Pötters) e della causalita: al livello figurativo dei racconti corrispondono alle possibilita, per l'individuo, di reagire di fronte agli interventi della fortuna o de! caso. c) ci si puo chiedere in ehe modo una futura lettura de! Decameron possa sfruttare Je interessanti proposte de! Pötters. L'alto livello d'astrazione raggiunto nel suo rigoroso libro segna anche i limiti del lavoro, almeno in quanto alla sua utilita per un'analisi letteraria. Un esempio: nell'ultimo racconto de! Decameron, il marchese di Saluzzo ha, rispetto alla moglie, la funzione ehe e quella della fortuna in altre novelle. II concetto della fortuna qui non rinvia a un mondo trascendentale: gli alti e i bassi nella vita di Griselda· dipendono da un fare puramente umano. Una tale «umanizzazione» della fortuna essenziale nella novella non trova evidentemente posto nel modello (troppo astratto) de! Pötters. E fin a ehe punto questo suo modello permettera di mettere in luce le differenze tra la versione della storia di Griselda offerta dal Boccaccio e quella offerta da! Petrarca (Seniles XVII/ 3)? ... J.-C. Mühlethaler * W. DAHMEN/ 0. GsELL/ G. HoLTus/ J KRAMERIM. METZELTIN/ 0. WrNKELMANN (ed.), Zum Stand der Kodifizierung romanischer Kleinsprachen. Romanistisches Kolloquium V, Tübingen (Narr) 1991, 410 p. Der vorliegende Band enthält 21 Beiträge zum Thema «Kodifizierung romanischer Kleinsprachen»: 16 davon sind Sprachen der europäischen Romania gewidmet, 5 den romanisch basierten Kreolsprachen der «Neuen Romania». Es sei vorweggenommen, daß der Band in hohem Maße informativ und somit nützlich ist: wer ist schon gleichermaßen orientiert über das Aromunische, das Aranesische, das Papiamentu, um nur einige der behandelten Sprachen zu nennen? Das Vorwort der Herausgeber (V-XIII) und die Einleitung von Otto Gsell (XV-XXIX) heben allgemeine Aspekte hervor, die sich, trotz unterschiedlichen Verhältnissen im Einzelnen, in vielen Fällen abzeichnen: - Sprachen, die nach einer Kodifizierung streben, stehen meistens vor der Alternative «Anlehnung oder Abgrenzung» gegenüber (einer oder mehreren) Dachsprachen, von denen sie sich zu lösen versuchen (Beispiele: Sardisch / Italienisch, Korsisch / Französisch und Italienisch, Kreol von Guinea-Bissau / Portugiesisch). Die Lösungen erfolgen von Fall zu Fall verschieden. Im großen Ganzen scheinen eher pragmatisch als rein linguistisch gesteuerte Entscheide erfolgversprechend. - Die Orthographie steht vielfach im Vordergrund der Diskussion. Obschon Phonologie, Morphosyntax und Lexik für die linguistische Erfassung einer Sprache ungleich wichtiger sind als die Modalitäten der Verschriftung, kommt der orthographischen Normierung in der Praxis eine erstrangige Bedeutung zu. Das hängt damit zusammen, daß die Orthographie einen eminent symbolischen Charakter hat. Politische und kulturelle Positionen spielen bei der Bevorzugung der verschiedenen Orthographiesysteme eine entscheidende Rolle. Die Lösungen bewegen sich im Einzelnen zwischen den Polen einer phonologischen Graphie (1 : 1 Relation Phonem : Graphem) und einer etymologischen Graphie, wobei praktische Erwägungen oft zu Kompromißvorschlägen führen (z. B. im Korsischen, p. 152-156, im Neuaragonesischen, p. 201-208, im Kreolischen der Seyschellen, p. 381-388). - Ein dritter Aspekt, der meiner Meinung nach viel stärker betont werden müßte, als das in der Einleitung (XVI) und in einzelnen Beiträgen der Fall ist, betrifft die Einstellung der Sprecher einer Kleinsprache gegenüber der eigenen Sprache. Wo bei der Mehrheit der Sprecher die Kompetenz in der eigenen Sprache schlecht und die Wertschätzung dieser Sprache gering sind die Überlebenschancen minim. 266 Besprechungen - Comptes rendus Bevor wir auf ein paar ausgewählte Beiträge näher eingehen, seien an dieser Stelle einige generelle Bemerkungen zu Inhalt und Präsentation des Bandes vorweggenommen. Zunächst einmal vermißt man eine Definition des Begriffs «Kodifizierung». In den meisten Beiträgen geht es (ohne daß dies je ausdrücklich festgehalten würde) um eine bewußte, geplante Standardisierung von Kleinsprachen, um die gezielte Herstellung einer verbindlichen Sprachnorm. Daneben begegnet in einigen Beiträgen eine zweite Bedeutung des Terminus «Kodifizierung», nämlich «Herausbildung einer Sprachnorm ohne bewußte Steuerung». Das gilt vor allem für den Fall des Franko-Italienischen im Mittelalter (G. Holtus, p. 105-118). Der Autor kommt zum Schluß: «Die Kodifizierung der franko-italienischen Kunstsprache ist letzten Endes in den Anfängen, in isolierten Versuchen und Bemühungen einzelner Autoren und Schreiber steckengeblieben. Erst mit der Expansion des Toskanischen setzt auch für die italienische Literatursprache ein deutlicher Kodifizierungsprozeß ein» (117). Auch die beiden Beiträge zum Ladino als Sakralsprache der Spaniolen (J. Kramer, p. 267-283) und zur Orthographie des Judenspanischen (G. Bossong, p. 285-309) haben mit Kodifizierung in der zweiten Bedeutung zu tun. Sie fallen insofern, wie der Beitrag zum Franko-Italienischen, aus dem thematischen Rahmen des Bandes, wenn sie auch hochinteressant sind. Während diese inhaltliche Heterogenität «kolloquiumsbedingt» sein mag, hätten technische Unstimmigkeiten bei der Redaktion des Bandes behoben werden können. Die Bibliographien am Schluß der Artikel sind nach verschiedenen Systemen gestaltet, je nach den Gewohnheiten des jeweiligen Autors (zum Teil sind sie sogar in die Fußnoten integriert, so bei Kremnitz und Kramer). Im Beitrag von J. Born zum Asturischen (217-236) werden Autorennamen, teils auch Titel, in Versalien gedruckt, was sonst nie der Fall ist 1. Typographisch präsentiert sich der Band dagegen sehr schön. Abschließend einige Bemerkungen zu ausgewählten Beiträgen. Erwin Diekmann schildert «Probleme und Aspekte von Kodifizierungsbemühungen des Bündnerromanischen und Bericht über eine Umfrage zur Rezeption und Akzeptanz des Rumantsch grischun als gesamtbündnerromanische Schriftsprache» (69-104). Nach einer Einleitung über die Entwicklung der regionalen Schriftsprachen in Romanisch Bünden und frühere Versuche zur Schaffung einer Einheitssprache, in der er sich auf Billigmeier und Arquint stützt 2 (69-76), stellt Diekmann die neue Standardsprache «Rumantsch Grischun» vor (76-78), um dann im Hauptteil seiner Ausführungen die Resultate einer von ihm selbst durchgeführten Umfrage zusammenzufassen, die die Haltung der Rätoromanen zum «Rumantsch Grischun» erforschen sollte. Wenn auch die Resultate im Gesamten optimistisch stimmen (eine deutliche Mehrheit der Befragten stellt sich positiv zum Versuch der neuen Einheitssprache), so kann sich doch der mit bündnerischen Verhältnissen vertraute Leser einer gewissen Skepsis nicht erwehren. Wenn man p. 78 liest, es sei der Lia Rumantscha gelungen, «das Rumantsch Grischun binnen kurzer Zeit im Sprachgebiet bekannt zu machen und zu verankern», so fragt man sich, was diese Metapher im Klartext beinhaltet. Daß als Kontaktpersonen Leute ausgewählt wurden, die zu den Kulturträgern gehören (79), beeinflußt natürlich die Resultate der Umfrage a priori in Richtung zustimmender Ant- 1 Wie brauchbar die Indices am Schluß des Bandes sind (Sachindex p. 391-398, Wortindex p. 399-410), würde erst eine intensive Beschäftigung damit erweisen. Eine Stichprobe ergibt z.B., daß unter dem Eintrag «Sprachrenaissance» nur ein einziger Verweis steht (auf p. 119, das Sardische betreffend), während doch in mehreren Beiträgen der (etwas fragwürdige) Begriff «Renaissance» für das Wiedererwachen des Selbstbewußtseins gewisser Sprachgemeinschaften verwendet wird, so p. 73 für das Bündnerromanische, p. 139 und 142 für das Korsische. 2 R.H. BrLLIGMEIER, Land und Volk der Rätoromanen, Frauenfeld 1983, J. C. ARQUINT, «Stationen der Standardisierung», in: Die viersprachige Schweiz, ed. R. ScHLAEPFER, Zürich/ Köln 1982, p. 273-300.
