eJournals Vox Romanica 55/1

Vox Romanica
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0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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1996
551 Kristol De Stefani

ANONIMO GENOVESE, Rime e ritmi latini. Edizione critica a cura diJEAN NrcoLAS, Bologna (Commissione per i Testi di Lingua), 1994, CCXVI + 631 p. (Collezione di apere inedite o rare 149)

121
1996
P. Gresti
vox5510273
Besprechungen - Comptes rendus 273 risulta da un indice incompleto del manoscritto ehe provvidamente il falsificatore estrasse, in un secondo tempo, dal suo magico cilindro: «e cosl la bella scoperta dantesca del Casini andava a farsi benedire» (50) senza contare ehe lo studioso era stato, nel 1881, tra i negatori dell'esistenza di Dante da Maiano, in relazione alla presunta falsificazione del libro VII della Giuntina di rime antiche de! 1527 (si veda il quarto capitolo del libro di Gorni). Con l'edizione completa del 1903 l'attacco del falsario, sempre alla rieerea di quel consenso definitivo, ehe non arrivo mai, da parte de! mondo scientifico, si concentra sia sulla critica storica, «ehe nella testa de! Lamma fa tutt'uno con la filologia testuale su base lachmanniana» (113), sia su Miehele Barbi, non a caso da sempre sospettoso nei riguardi de! «codice Bardera». «II falso si cela ... in ogni testo antico a larga diffusione. II falso, duole dire, e nella nostra tradizione, e in noi» chiosa Guglielmo Gorni (91), e in effetti quello raccontato dall'illustre studioso non e certo l'unico caso di falso rintraeciabile nello svolgersi della letteratura italiana. Si coneedera, dungue, a mo' di conclusione, l'accenno a un episodio recente. Di Sordello da Goito e nota ad ogni studioso la feconda produzione poetica in lingua provenzale: e una clamorosa, ma ahime falsa, acguisizione delle italiche lettere l'attivita anche in lingua di sl (un poco credibile toscano venetizzato) de! famoso trovatore, ehe si sarebbe servito di codesto idioma per celebrare con immagini ehe testimonierebbero poeticamente il c6te a luci rosse de! mantovano il suo, probabilmente altrettanto falso, amore per Cunizza da Romano, sorella dei signori di Treviso, Ezzelino e Alberico. Di questo idillio padano parlano un'inattendibile vida provenzale del trovatore e la cronaca di Rolandino da Padova, nonche, poi, molti posteri: una versione del leggendario amore e fornita, ad es., da Bonamonte Aliprandi (1415 circa) al guale si deve l'invenzione di «una Beatrice da Romano innamorata pazza di Sordello e poi sua sposa. Questa Beatrice, o Bice, ha un posto importante nei testi» ehe si vogliono scritti dal Nostro. Dunque, le poesie sono posteriori all'Aliprandi, ed anzi uno dei maggiori paleografi italiani, Armando Petrucci, «ha espresso addirittura il sospetto ehe le pergamene siano un falso dell'Ottocento» (queste informazioni e le citazioni sono tratte dall'articolo di Cesare Segre comparso sul «Corriere della Sera» del 29 gennaio 1996, in attesa de! saggio di Francesco Filippo Minetti su «Medioevo romanzo»). L'onore della filologia italiana resta, questa volta, illibato, ma l'ignoto e ormai perento falsario sara forse ugualmente soddisfatto per essere riuscito a gabbare con la complicita del pur avvertito libraio (cf. l'articolo di Segre) l'incauto (a non dir altro) direttore d'una Biblioteca Statale italiana, ehe, per l'occasione de! felice guanto clamoroso acquisto, s'e fatto non solo promotore d'una mostra bibliografica (6-22 dicembre 1995), ma anche ardimentoso ed accidentato esegeta dei miracolosamente ritrovati reperti italiani del maggior trovatore in lingua d'oc ehe la Penisola abbia mai tenuto a battesimo. P. Gresti * ANONIMO GENOVESE, Rime e ritmi latini. Edizione critica a cura diJEAN NrcoLAS, Bologna (Commissione per i Testi di Lingua), 1994, ccxvr + 631 p. (Collezione di apere inedite o rare 149) La ricca raccolta poetica rubricata modernamente sotto il nome dell'Anonimo Genovese, collocabile tra la fine del xm e l'inizio de! xrv secolo, e il risultato di un'operazione culturale importante, nell'ambito della letteratura dell'Italia settentrionale: «la legittimazione de! genovese quale lingua di poesia» 1. L'edizione del Nicolas, frutto di molti anni di 1 Cf. CoRRADO BOLOGNA, «Poesia de! Centro e de! Nord», in: Storia della letteratura italiana, diretta da ENRICO MALATO, vol. 1: Dalle Origini a Dante, Roma 1995: 405-525; cf. 417s. 274 Besprechungen - Comptes rendus lavoro, arriva ora a sostituire quella precedente, a cura di Luciana Cocito (ehe era, oltretutto, priva delle poesie in latino) 2 . Dopo la Premessa, Ia Bibliografia e I'Indice delle abbreviazioni e segni convenzionali, il volume si articola in una lunga Introduzione (xxxr-ccxvr) ehe precede i testi in volgare (3- 477) e in latino (481-532). Gli Indici e glossarf (535-631) chiudono il libro. In questa sede non si faranno ehe minime osservazioni a questa voluminosa edizione. Nell'Introduzione il Nicolas esamina innanzitutto il ms. (xxxm-ux), il cosiddetto «codice Molfino», scoperto nel 1820 dall'avvocato Matteo Molfino, donato al Comune di Genova nel 1882, ed ora all'Archivio di Stato della stessa citta. 11 codice, ehe, lacunoso in piu punti, e praticamente l'unico testimone dell'opera dell'Anonimo Genovese, contiene 182 componimenti (35 latini e 147 volgari), dei quali si possono considerare integri la quasi totalita dei ritmi latini (33) e 113 poesie in volgare. Tre tabelle riassuntive (l'indice del ms., le due numerazioni recenti e il catalogo completo) permettono di avere immediatamente sotto gli occhi la situazione materiale del codice Molfino: in particolare la terza tabella, divisa in sette colonne, presenta il numero de! quaderno, il numero della carta all'interno de! quaderno, il numero della carta nella situazione attuale de! codice, la facciata della carta, la colonna della facciata, il numero de! componimento e, infine, i versi de! componimento. Preliminarmente si puo dire ehe il Nicolas sembra usare i termini «foglio» e «carta» con lo stesso significato, generando qualche confusione: nella stessa legenda della tabella si distingue tra «N ° della carta de! quaderno» (seconda colonna) e «N ° de! foglio» (terza colonna); nella tabella si parla, ad es., di «Lacuna di 5 fogli», ma a p. LX si computano «35 carte perse». Inoltre, il confronto con la stessa analisi effettuata dalla precedente curatrice dell'opera dell'Anonimo fa nascere qualche dubbio 3 . 11 codice Molfino e costituito di due parti, dovute a due copisti; i fascicoli totali secondo L. Cocito sarebbero 14, di cui 12 formanti la prima sezione e solo due (gli unici due superstiti) la seconda. Anche il Nicolas afferma ehe alla seconda mano dobbiamo gli ultimi due quaderni (cf. p. xxxv), ma in totale egli computa 15 fascicoli: di fatto, a separare la prima dalla seconda parte del codice c'e, nell'analisi dell'ultimo editore, il fascicolo 13 ° , il quale, pero, consterebbe, a giudicare dalla tabella III (cf. p. xLvr), di sole tre carte, contro le otto ehe normalmente formano i fascicoli del codice Molfino. 11 Nicolas non segnala qui alcuna mancanza di carte, ne accenna all'irregolarita de! quaderno, ma dalla lettura delle tabelle I e II sembrerebbe emergere, effettivamente, una lacuna nella seconda meta de! fascicolo 4. 11 faseieolo 13 ° finisee eon il v. 198 de! eomponimento n ° 138: da! cappello alle note della poesia (397) si desume ehe cio ehe rimane della carta e lasciato bianco, mentre Je ultime 5 colonne sono perdute. Con il v. 199 dell'edizione, dunque, comineia il quaderno 14 ° , senza lacune apparenti nel testo, quindi si presume ehe le carte eadute de! faseicolo 13 ° siano rimaste bianehe. E pur vero, pero, ehe chiudendosi con il v. 198 un pensiero, e aprendosene con il v. 199 un altro, ehe non e di necessita eonseguente il poeta sta, infatti, enumerando le qualita di Genova -, non si puo neppure escludere la perdita di qualche parte di testo. All'inizio del quaderno 5 ° il Nieolas segnala la caduta di cinque earte: in realta dovrebbero manearne solo quattro, visto ehe le carte restanti sono quattro (e cf., in effetti, L. Cocito); il quaderno 15 ° presenterebbe una lacuna finale di una carta, ma Je earte presenti sono solo sei, cosa ehe farebbe presupporre la maneanza di un'altra carta oltre a quella segnalata. 2 ANONIMO GENOVESE, Poesie. Edizione critica, introduzione, commento e glossario a cura di LucrANA CocITo, Roma 1970. 3 Cf. op.cit. N4 alle p. lüs. E superfluo precisare ehe le osservazioni ehe seguono scaturiscono solo dalla lettura dei risultati di un'indagine sul campo ehe, evidentemente, il recensore non ha rifatto. 4 L. Cocito parla di «qualche foglio disponibile» alla fine de! dodicesimo fascicolo (cf. p. 10). Besprechungen - Comptes rendus 275 Tra gli errori tipografici andra, invece, parzialmente inserita la descrizione del quaderno 9 ° (sempre reJativamente alla tabella m): infatti vi si segnala la caduta di sei carte centrali, ma ! 'ultima carta e indicata dal numero 7, ehe andra corretto in 8, altrimenti si dovrebbe ipotizzare la caduta di cinque carte all'interno del fascicolo e di una carta alla fine: il ehe non e, come si desume <lalle tabelle r e II (e cf. ancora Ja descrizione di L. Cocito). II componimento piu lungo e il n. 14 in volgare, ehe non ha meno di 713 versi (ma e lacunoso e incompleto), meutre il piu breve e il n. 110 in vo! gare, di appena tre versi. II Nicolas suddivide i testi in volgare, ai quali dedica, com'e de! resto ovvio, maggior cura, in «reJigiosi», «d'attuaJita» e «morali». I primi sono quelli ehe «commentano o parafrasano un episodio bibJico, riportano una tappa della vita della Chiesa, raccontano un episodio della vita d'un santo o riproducono una preghiera» (Lxu); i componimenti, invece, d'attua- Jita trattano vari argomenti storici, quali Ja lotta tra cristiani e infedeli, il conflitto tra Genova e Venezia, le Jotte intestine, i rapporti tra Chiesa e politica ecc.; infine, i componimenti morali «mirano spesso . . . a insegnare, a edificare il lettore, ma devono il loro punto di partenza ai costumi, all'osservazione, anzi talvolta al semplice buon senso» (xcrx). Forse si sarebbe potuto sottolineare il fatto ehe ! 'Anonimo Genovese sfrutta una certa vivacita d'ispirazione ehe gli permette di staccare alcuni componimenti di registro giullaresco (ad esempio i contrasti) dalla produzione piu seria. Pur nella consapevolezza ehe «non si puo dare de! genovese antico una descrizione fonologica precisa» (cxu), il Nicolas, sulla scorta anche di quanti lo hanno preceduto (G. Flechia, E. G. Parodi, G. Contini, L. Cocito), tenta una serie di congetture circa Ja pronuncia della lingua parlata dall'Anonimo Genovese, seguendo, in particolare, tre direttrici: 1. Je rime (in base alle quali si suppone, ad es., l'esistenza, anche in antico, di tre serie di o toniche - [u], [ö] e [6]); 2. Ja grafia (ehe fa ipotizzare, ad es., la pronuncia palatale di car < CLARUS, scritto infatti anche piar, contro quella velare di car < CARus; 3. il confronto con iJ genovese moderno (ehe farebbe pensare, ad es., anche per la lingua antica, all'esistenza di una «n apicale»). Per quanto riguarda la metrica, innanzi tutto la scelta di utilizzare Ja notazione, per es., 8p / 80 per indicare, rispettivamente, un ottonario piano e uno tronco, ancorche lecita, non pare essere la piu economica, se non altro perche non trova riscontro, a nostra conoscenza, nei piu importanti repertori e studi metrici riguardanti la lirica italiana. Data la presenza di non poche parole ossitone in rima, si sarebbe potuto, forse, optare per la cosiddetta «notazione alla francese» ehe non ci sembra inopportuna per descrivere metricamente un'opera in volgare italiano stabilendo l'equivalenza 6 = settenario (ultimo accento sulla sesta sillaba), 7 = ottonario (ultimo accento sulla settima sillaba) ecc., segnalando con un apice il verso piano: 6' = settenario piano (versa di sette sillabe effettive), 7' = ottonario piano (verso di otto sillabe effettive) ecc. II Nicolas studia nell'Introduzione «a titolo di modello esemplare, il componimento 74, Ja cui dimensione (64 versi) e vicina alla lunghezza media (77 versi) dei componimenti della raccolta» (ccn): piuttosto dubbia, ci pare, a questo proposito, l'interpretazione del v. 5, «a soi discipoli preicando», come un verso di nove sillabe: le sillabe sembrerebbero 10 (si dovrebbe usare Ja notazione lOp o 9'), dal momento ehe preicando ci sembra difficilmente computabile come trisillabo (< PREDI- CANDO, con Ja normale caduta della -dintervocalica, cf. p. CLVI, numero 33). Saggia, comunque, la decisione di astenersi «dal ricorrere a considerazioni riguardanti Ja versificazione per cercare di migliorare le lezioni del cod. » (ccrv), data la complessiva instabilita metrica dell'opera dell'Anonimo Genovese. Passiamo a qualche osservazione particolare. Nella rubrica del componimento 57 viene citato un Luchino Gattilusio, podesta di Savona, mentre il componimento 133, De quodam avaro, e dedicato a un amico, di nome Luchetto: i due personaggi non sembrano sovrapponibili, e, d'altra parte, ne per il primo, ne per il secondo si puo chiamare in causa i1 trovatore genovese Luchetto Gattilusio. II primo, in particolare, sarebbe un suo nipote, 276 Besprechungen - Comptes rendus figlio del fratello Gattino Gattilusio 5 : il Nicolas, pero, non spende alcuna parola di spiegazione. Scendendo un po' piu nel dettaglio de! componimento 133, i primi due versi - «Voi sei Lucheto benastruo, / tar como e' son ...» sono interpretati dal Nicolas come se il poeta volesse qui in qualche modo rivelare il suo nome. Lo studioso, infatti, spiega: «siete Lucheto, come sono io», anziehe «siete benastruo (cioe beato, felice, fortunato) come lo sono io». Ci sembra un'interpretazione assolutamente non condivisibile. L'aggettivo benastruo qui potrebbe assumere il significato anche piu concreto di «agiato», come appunto doveva essere l'Anonimo Genovese: il quale, proprio perche condivide la fortunata posizione economica del giovane amico, sente il diritto-dovere di ammonirlo a non essere avaro. Al v. 49 della stessa canzone, inoltre, non tradurremmo aibi con «abiti», come fa il Nicolas sulla scorta del Flechia, ma piuttosto con «costumi» (in senso, ovviamente, interiore, morale): si tratta in effetti del chiaro provenzalismo aip, aib (si vedano, d'altra parte, gia i v. 30s.: «ehe asai ben acostumao sei / e avei bon proponimento»). l componimenti 8/ 103 e 88/ 135 rappresentano due casi singolari di «doppi» 6 . 11 Nicolas tratta le due coppie alla stessa stregua: include nel corpus dell'Anonimo e numera progressivamente i quattro testi, limitandosi a notare le somiglianze tra i due elementi ehe formano Je singole coppie (cf. LX, Nl). In realta, se e vero ehe 8 e 103 so110 praticame11te identici (il secondo, secondo L. Cocito, p. 466, sarebbe «ripetuto per distrazione de! copista»), l'altra coppia ci sembra ehe, al contrario, possa offrire qualche spunto maggiore di riflessione, perche 11011 ci pare ehe 135 sia, come vuole L. Cocito (cf. p. 542), «una ripetizione, con qualche variante puramente lessicale» di 88; e d'altra parte la constatazione del Nicolas ehe «quasi simile a questa [88] e la poesia 135» (273), con il pendant, a commento di 135, «si veda la poesia 88, poco dissimile da questa» (377), e un espediente un po' troppo sbrigativo per liberasi della faccenda. Per maggiore chiarezza diamo i due testi: 88 In accipiendo uxorem Quattro cosse requer en dever prender moier: zo e saver de chi eJ' e naa; e como el' e acostuma; e Ja persona, dexeiver; e dote, conveneiver; se queste cosse ge comprendi, a nome de De Ja prendi 135 De accipie11do uxorem L'omo chi moier vor piiar de quatro cosse de spiar: la primera e como el'e naa; l'atra e s'el' e ben acostumaa; l'atra e como eJ' e formaa; Ja quarta e de quanto el' e dotaa. Se queste cosse ge comprendi, a Jo nome de De la prendi. E evidente ehe parlare di varianti redazionali puo apparire, nella maggior parte dei casi, ipotesi fin troppo onerosa, e comunque di non faciJe dimostrazione. Ma, prescindendo da altre considerazioni, ci pare ehe Ja diversita, pur se minima, dello schema metrico (88: aabbaacc; 135: aabbbbcc) e Ja non perfetta omogeneita rimica (Ja rima a e -er in 88, -ar in 5 Cf. LuCHETTO GATTILusro, Liriche. Edizione critica con studio introduttivo, traduzioni, note e glossario a cura di MARCO BoNr, Bologna 1957: xxvrns. 6 Si veda sull'argomento, anche se in ambito provenzaJe, ! 'interessante articolo di G. BRu- NETTI, «II testo riflesso: appunti per la definizione e J'interpretazione del doppio nei canzonieri provenzali», in: La filologia romanza e i codici. Atti del Convegno della Societa Italiana di FiloJogia Romanza, Messina 1994: 609-28. La tipoJogia non e ignota, d'altronde, neppure alla lirica italiana delle Origini. Per fare un solo esempio, il sonetto anonimo Meglio val dire cio ch'omo ha 'n talento e trasmesso dal codice Vaticano Lat. 3793 due volte: una a c. 113r, appunto come sonetto anonimo, un'altra a c. 7v, come terza stanza della canzone di RinaJdo d'Aquino Poi li piace, senza pieta alcuna per Ja metrica. Besprechungen - Comptes rendus 277 135), possano offrire in questo easo lo spunto per abbozzare, in modo nemmeno troppo fantasioso, l'idea della doppia redazione. Con il eomponimento 139 l'operazione letteraria dell'Anonimo Genovese riceve, in un eerto senso, un marehio autorevole di qualita. Sulla seia di quanto era gia stato fatto alla corte di Federieo n da parte degli iniziatori della poesia in volgare di si, infatti, l'Anonimo traduee, ampliandola, una canzone provenzale: si tratta di Quan be me sui appessatz di Falquet de Romans, il eui testo, tratto pero dalla veeehia edizione di Rudolf Zenker (dalla quale il Nieolas mutua anehe la forma errata del nome del trovatore, Folquet, ormai universalmente rifiutata), viene giustamente affiancato a quello genovese, per una immediata verifiea de! lavoro di «traduzione» da parte dell'Anonimo. Seorrendo, infine, il glossario ei sembra di poter eogliere qualche inesattezza. Per es., il lemma aarsnese rinvia a 43, 175, dove in realta e'e la forma eon la -x-, e d'altra parte nel glossario e'e anehe arsnexe (perehe, inoltre, mantenere le due ainiziali? ); lo stesso voeabolo puo apparire anehe nella forma asneise, eome ei insegna sempre il rieeo glossario (da! quale manea, pero, ad es., benastruo): ma a 52, 36, luogo al quale si rinvia, e'e la forma eon la -x- (sono minuzie, sia ben ehiaro, ehe il reeensore pedante segnala solo per dovere di eronaea). Ci sono anehe, a nostro parere ed e problema ehe evidentemente non e ristretto al solo glossario, ma ehe investe l'intera edizione degli eeeessi di «protezionismo» grafieo, nonostante ei si trovi ad operare su testimone unieo: ad es. 1'-he superflua in parole eome chair «eadere», anchora, bancha, tascha, ognunchana, perehe non ha alcun valore fonetieo. Anehe la doppia -cin Tosccanna ei sembra inutile. Manea un ineipitario, ma anehe un indice delle rubriehe poteva tornare utile; inoltre nell'lndice dei nomi propri potevano trovare posto anehe i nomi di persona e di luogo eontenuti nelle didasealie in latino. Maneano anehe, ma e un «vizio» di eollana, i titoli eorrenti, ehe sarebbero stati utili soprattutto per i componimenti molto Junghi. P. Gresti * GrANRENZO P. Cuvw/ CENSIN PrcH (ed.), VIII Rescontr anternassional de· studi an sla lenga e la literatura piemonteisa, Alba (Famija Albeisa) 1994, 390 p.; GIANRENZO P. Cuvro/ DARIO PASERo/ CENSIN PrcH (ed.), x Re'scontr anternassional de· studi an sla lenga e la literatura piemonteisa, Ivrea (Ferraro) 1995, 124 p.; GrANRENZO P. CuvIOIDARIO PASERo/ CENSIN PrcH (ed.), xr Rescontr anternassional de studi an sla lenga e la literatura piemonteisa, Ivrea (Ferraro) s.d., 156 p. Gli ineontri annuali di studio sulla lingua e letteratura piemontese organizzati da G. P. Clivio e da! suo entourage sono ormai diventati un appuntamento primaverile impreseindibilc nel carnet degli studiosi di dialettologia romanza e degli affezionati al dialetto e alla cultura piemontese, e gli atti ehe eontinuano ad apparirne, in bella veste e eon notevole tempismo, rappresentano sempre una lettura molto ghiotta sia per gli uni ehe per gli altri. Segnaliamo stavolta gli atti dell'ottavo Re'scontr (tenutosi ad Alba il 4-5 maggio 1991), un volumone di quasi 400 dense pagine, del deeimo (tenutosi a Quincinetto 1'8-9 maggio 1993) e dell'undieesimo (tenutosi a Quineinetto il 14-15 maggio 1994), due volumi piu smilzi ma ugualmente rieehi di cose. Com'e eonsuetudine dei Rescontr, in ogni volume eontributi sulla lingua si alternano equilibratamente a eontributi sulla letteratura e la eultura; e molti contributi sono seritti in piemontese (otto su quattordiei nell'vm, cinque su otto nel x, tre su undici nell'xr). Di fronte a tanta materia, ei limiteremo qui ovviamente a qualche spigolatura, dall'ottica de! linguista. Alcuni autori eontribuiseono a tutti e tre i volumi. Oltre a S. GIRARDIN, ehe si