eJournals Vox Romanica 60/1

Vox Romanica
vox
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2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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2001
601 Kristol De Stefani

«Intavulare». Tavole di canzonieri romanzi/Tables de chansonniers romans, serie 1: Canzonieri provenzali, fasc. 1: Biblioteca Apostolica Vaticana A (Vat. lat. 5232), F (Chig. L.IV.106), L (Vat. lat. 3206), O (Vat. lat. 3208), H (Vat. lat. 3207), ed. Antonella Lombardi/ Maria Careri, Città del Vaticano (Biblioteca Apostolica Vaticana) 1998, xv +376 p. (Studi e Testi 387); serie 2: Chansonniers français, fasc. 1: a (B.A.V., Reg. lat. 1490), b (B.A.V., Reg. lat. 1522), A (Arras, Bibliothèque Municipale 657), ed. Madeleine Tyssens, Città del Vaticano (Biblioteca Apostolica Vaticana) 1998, v + 196 p. (Studi e Testi 388); serie 2: Chansonniers français, fasc. 2: H (Modena, Biblioteca Estense), Za (Bibliothèque Métropolitaine de Zagreb), ed. Lucilla Spetia, Liège (Université de Liège) 1997, vii + 144 p. (Documenta et Instrumenta 2); serie 2: Chansonniers français, fasc. 3: C (Bern, Burgerbibliothek 389), ed. Paola Moreno, Liège (Université de Liège) 1999, x + 148 p. (Documenta et Instrumenta 3)

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2001
Paola  Allegretti
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(xvi) zeigt die fehlende Vertrautheit mit den theoretischen Aspekten des Themas. In allen Gesamtdarstellungen zur Phraseologie 1 (z. B. innerhalb der Romanistik [Ziffer 24]: Harald Thun, Probleme der Phraseologie. Untersuchungen zur wiederholten Rede mit Beispielen aus dem Französischen, Italienischen, Spanischen und Rumänischen, Tübingen 1978: Kap. iv. 2.3) haben verbale Periphrasen ihren Platz; das wäre doch Argument genug! Obwohl ein großer Teil der aufgeführten Titel sensibel kommentiert ist, scheint Lengert nicht in die Problematik des Bereichs eindringen zu wollen, sondern bleibt kompilatorisch. Möglich und für (potenzielle) Phraseologen hilfreich wäre auch eine inhaltliche Anordnung der Arbeiten 2 nach Punkten wie z. B. «Abgrenzung des Objektbereichs» und «Terminologie»; Lengert weist sogar darauf hin, daß diese zentralen Probleme in der Literatur kontrovers diskutiert werden (xvs.). Sinnvollerweise legt er sich selbst auf keine Definition fest sondern erklärt: «Der Phraselogiebegriff ist möglichst weit formuliert worden, um einen umfassenden Literaturzugang zu ermöglichen» (xvi). In der Tat, umfassend ist das Werk zweifelsohne geworden - eine längst überfällige und in Zukunft unverzichtbare Arbeitsbasis für phraseologische Studien zu romanischen Sprachen. Martina Nicklaus ★ «Intavulare». Tavole di canzonieri romanzi/ Tables de chansonniers romans, serie 1: Canzonieri provenzali, fasc. 1: Biblioteca Apostolica Vaticana A (Vat. lat. 5232), F (Chig. L . IV .106), L (Vat. lat. 3206), O (Vat. lat. 3208), H (Vat. lat. 3207), ed. Antonella Lombardi/ Maria Careri, Città del Vaticano (Biblioteca Apostolica Vaticana) 1998, xv + 376 p. (Studi e Testi 387); serie 2: Chansonniers français, fasc. 1: a (B.A.V., Reg. lat. 1490), b (B.A.V., Reg. lat. 1522), A (Arras, Bibliothèque Municipale 657), ed. Madeleine Tyssens, Città del Vaticano (Biblioteca Apostolica Vaticana) 1998, v + 196 p. (Studi e Testi 388); serie 2: Chansonniers français, fasc. 2: H (Modena, Biblioteca Estense), Z a (Bibliothèque Métropolitaine de Zagreb), ed. Lucilla Spetia, Liège (Université de Liège) 1997, vii + 144 p. (Documenta et Instrumenta 2); serie 2: Chansonniers français, fasc. 3: C (Bern, Burgerbibliothek 389), ed. Paola Moreno, Liège (Université de Liège) 1999, x + 148 p. (Documenta et Instrumenta 3) Anna Ferrari annunciò nel Convegno di Messina (1991) della Società Italiana di Filologia Romanza, intitolato La filologia romanza e i codici, il progetto di pubblicazione integrale delle tavole dei canzonieri della «prima lirica romanza». A distanza di pochi anni, sono già disponibili quattro volumi di uno strumento importante, la cui consultazione diventerà imprescindibile per tutti gli addetti ai lavori. La presente recensione vuole apportare, ben consapevole delle caratteristiche e dei limiti del «genere» a cui appartiene, qualche concreta collaborazione «ad un lavoro apparentemente arido e ingrato, ma in realtà appassionante come ben sa chi si è occupato di canzonieri e della loro struttura; ad un lavoro apparentemente meccanico, ma in realtà profondamente ‹critico› ed impegnativo» (Anna Ferrari, Introduzione, vol. 1/ 1: xv). «Intavulare» si presenta strutturato in quattro sezioni: 1. Canzonieri provenzali, 2. Canzonieri francesi, 3. Canzonieri italiani, 4. Canzonieri galego-portoghesi. Un’unica collezione, 261 Besprechungen - Comptes rendus 1 Für weitere bibliographische Hinweise zur Darstellung von verbalen Periphrasen cf. Martina Nicklaus, Gatta ci cova! Phraseologismen im Italienischen, Herne 1999: 211-14 N 11-15. 2 So angelegt ist z. B. Klaus Dieter Pilz’ Biliographie (Phraseologie. Redensartenforschung, Stuttgart 1981); hier findet sich sogar ein Sachregister. Eine bessere inhaltliche Durchdringung muß allerdings auf Kosten des Umfangs gehen. Pilz’ Bibliographie paßt daher auch in ein schmales Bändchen von 147 Seiten. che uscirà presso più sedi editoriali: dopo i primi due volumi su canzonieri provenzali e francesi nella serie della Biblioteca Vaticana Studi e Testi (nel prosieguo, vol. 1/ 1 e vol. 2/ 1), si delinea una specificazione per le singole sezioni linguistiche. La serie provenzale proseguirà per i tipi dei «Subsidia al Corpus des Troubadours» della modenese Mucchi, sotto la diretta coordinazione di Anna Ferrari, responsabile dell’intero progetto di ricerca. La serie francese presenta già due nuovi volumi nella collana Documenta et Instrumenta della Facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università di Liège (vol. 2/ 2 e vol. 2/ 3), che continuerà a pubblicarla con la coordinazione di Madeleine Tyssens. La cura dei singoli codici è affidata a studiosi riconosciuti e a più giovani collaboratori: lo staff internazionale si accorda a perfezione con il «quadro panromanzo» (A. Roncaglia, Presentazione, vol. 1/ 1: viii) della ricerca, ed anche con le peregrinazioni antiche dei canzonieri. Lo stesso tipo di lavoro, al di là dei pur meritori Berichte e indici pubblicati, negli anni 1860, dall’Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen, recupera, fin dal titolo, le matrici più globalmente europee dell’Umanesimo. Appunto «intavulare», secondo il lessico e il costume di studiosi come Carteromaco o Colocci (Anna Ferrari, Introduzione, vol. 1/ 1: ix): copiare le tavole antiche e redigerne di nuove, cioè esaminare criticamente i canzonieri in base all’organizzazione del contenuto, fornendo per ciascuno di essi una Descrizione (nella serie 1) ovvero Description et histoire (nella serie 2); Bibliografia; i. Indice dei componimenti o i. Index des pièces; ii. Indice sommario degli autori o ii. Index sommaire des trouvères; iii. Indice alfabetico degli autori o iii. Index alphabétique des trouvères; iv. Indice incipitario alfabetico o iv. Index alphabétique des incipit; v. Indice delle vidas e delle razos (solo nella serie 1). Secondo tale impianto vengono forniti, nei volumi che qui si recensiscono, gli indici di cinque canzonieri provenzali: A (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 5232), F (Chig. l.iv.106), L (Vat. lat. 3206), O (Vat. lat. 3208) a cura di Antonella Lombardi (vol. 1/ 1: 15-292), H (Vat. lat. 3207) a cura di Maria Careri (vol. 1/ 1: 293-372), e di sei canzonieri francesi: a (Reg. lat. 1490), b (Reg. lat. 1522), A (Arras, Bibliothèque Municipale, 657) a cura di Madeleine Tyssens (vol. 2/ 1), H (Modena, Biblioteca Estense, α .R.4.4.), Z a (Zagreb, Biblioteca Metropolitana, MR 92) a cura di Lucilla Spetia (vol. 2/ 2), C (Bern, Burgerbibliothek, 389) a cura di Paola Moreno (vol. 2/ 3). È da sapere che il canzoniere provenzale A (vol. 1/ 1: 33-56) e i canzonieri francesi a (vol. 2/ 1: 45-64) e H (vol. 2/ 2: 71-73) sono già provvisti di una tavola antica, la cui edizione diplomatico-interpretativa (e riproduzione fotografica) viene pubblicata in i. Indice dei componimenti, con una serie di informazioni supplementari che la adeguano alle caratteristiche scientificamente informative delle altre tavole della collezione. Si tratta della numerazione progressiva dei testi 1 e del riscontro con quanto effettivamente presente nel codice, come cioè varii la trascrizione dell’incipit (ma non della rubrica attributiva per le canzoni in serie, bisogna in questo caso rifarsi a ii. Indice sommario degli autori, dove però non compaiono le coordinate BdT o Linker/ RS del testo cui tale rubrica si riferisce), quali testi siano assenti o lacunosi nell’antologia, fin dall’inizio o per guasti sopravvenuti, e quali invece non figurino nella tavola, perché tralasciati o posteriori. Tali tavole antiche sono sempre relegate in una sezione codicologicamente distinta dall’antologia vera e propria, un fascicoletto autonomo che funziona con il rimando ad una numerazione progressiva (di autori, di testi o di fogli). Apro una piccola parentesi sulle tavole perdute: quale potrebbe essere infatti la funzione della paginazione antica del canzoniere provenzale O (cf. vol. 262 Besprechungen - Comptes rendus 1 Sarebbe stata utile anche la numerazione progressiva degli autori dichiarati dalle rubriche (come accade già in antico anche in qualche canzoniere, cf. canzoniere provenzale E, Paris, B. N., f. fr. 1749), del cui uso si vedrà più avanti qualche applicazione pratica. Si tratta comunque di uno di quei parametri che può essere introdotto a margine da ogni utente che ne abbia bisogno. 1/ 1: 237), o della cartulazione del canzoniere francese C (cf. vol. 2/ 3: 22)? Si potrebbe anche inferire che una tavola fosse presente pure nel canzoniere provenzale L, oggi acefalo, i cui testi sono numerati progressivamente da un correttore coevo. La numerazione è eseguita con grande rilievo (sul margine esterno delle carte, con cifre romane di modulo maiuscolo di strofa, contornate da rettangolo), e non viene applicata alle seconde occorrenze di quattro testi, forniti di un rinvio alle prime copie che pur si trovano a distanza notevole (cf. vol. 1/ 1: 188). Tale lavoro di repertorio accompagnato da interventi, tra cui spiccano le trascrizioni di rubriche attributive (cf. vol. 1/ 1: 187), e che, nel caso specifico, non esiste (più? ) nella sinossi a inizio di codice, definisce infatti le due caratteristiche principali di una tavola: testi (con attribuzioni anche concorrenti, come nel canzoniere provenzale C, Paris, B. N., f. fr. 856) ed autori. L’importanza maggiore di questi strumenti antichi risiede nella testimonianza di testi e di nomi altrimenti perduti, nel loro bagaglio di attestazioni uniche. Per ricordare solo le tavole di Colocci, si pensi al caso onomastico, polemicamente famoso, di «Cielo» o «Ciulo dalcamo». Ovviamente, non è presumibilmente questo il valore di tavole redatte ai nostri giorni e l’informazione veicolata dal sistema a tre indici principali di «Intavulare» è più articolata: semplici accorgimenti tipografici nei numeri, rispettivamente della BdT e di Linker/ RS, apposti a i. Indice dei componimenti indicano se un testo è spurio (corsivo) o inattestato altrove (asterisco). Anche l’indicazione delle carte è intervallata da una simbologia che informa sulla collocazione (e composizione) fascicolare 2 . In questa prospettiva, che potrebbe in futuro arricchirsi di informazioni incrociate complementari (tipo la recensione manoscritta o lo schema metrico di ogni testo), proprio il documento ad attestazione isolata consente il minor numero di incrementi informativi 3 . Uno stesso schema di lettura è dunque applicato ad aree linguistiche differenti, per l’arco cronologico che va dai canzonieri del xiii-xiv secolo fino alle copie cinquecentesche o tardo settecentesche. Questi documenti possono presentare da una parte grande similitudine formale, al di là di lingua e datazione, ad esempio, il canzoniere provenzale M (Paris, B. N., f. fr. 12474) e il canzoniere portoghese B (Lisboa, B. N., Cod. 10991) 4 , dall’altra differenti impostazioni all’interno di un unico dominio linguistico, le ben note tipologie gröberiane: Liederblätter, Liederbücher, Gelegenheitssammlungen, Liedersammlungen variamente ordinate, il disordine interno restando un’etichetta per qualcosa di non ancora analizzato iuxta propria principia (cf. G. Gröber, «Die Liedersammlungen der Troubadors», RSt. 2 [1875- 77]: 377-670). Si tratta, a voler semplificare, di una tradizione di non autografi, nei confronti dei quali l’interesse finora dimostrato dagli addetti ai lavori è stato di recuperare gli aspetti testuali, linguistici e dispositivi che più restassero fedeli a una funzione di copia affidabile e non innovativa dei (singoli) originali perduti. I canzonieri autografi che appartengono ai secoli successivi (dal xiv, con Niccolò de’ Rossi, Petrarca, Sacchetti) si presentano tutti come antologie organizzate di un unico autore. Sembra che dal canzoniere francese a emerga in- 263 Besprechungen - Comptes rendus 2 Come si legge nelle Istruzioni per l’uso «L’indice dei componimenti, consentendo lo studio delle sequenze di autori e testi, del sistema attributivo, e di ogni altro elemento funzionale interno al ms., evidenzia la struttura (e le eventuali anomalie rispetto ad essa) di ciascun canzoniere, facilitando inoltre l’analisi comparativa.» (vol. 1/ 1: 1). 3 Il livello panoramico su tutto un corpus testuale in buona misura oramai delimitato, si rileva anche dall’assenza di quegli Indici alfabetici delle rime, che erano invece l’impostazione principale dei primi repertori della disciplina (RS e BdT). 4 Anche altre antologie (si può ricordare una miscellanea del xvi sec., il ms. Firenze, B. N., Magl. vii.1026, fol. 75v°-79v°), presentano un’impaginazione delle strofi dei testi analoga a quella cui si fa riferimento. Sembra importante trovare un elemento esterno a questa tipologia di mise-en-pages similari in codici colocciani. vece un’evidenza diversa: un troviero, Guillaume d’Amiens, «non seulement aurait exécuté la miniature qui le représente (et peut-être les autres miniatures du chansonnier), mais il aurait eu autorité dans l’atelier et aurait guidé le travail des copistes, de façon à mettre en vedette sa propre production poétique . . . Il reste que si l’aménagement du manuscrit n’est pas le fait de Guillaume, il est le fait d’un admirateur - peut être d’un élève - du Peintre d’Amiens.» (Madeleine Tyssens, vol. 2/ 1: 29s. e cf. p. 32). Il troviero è trasmesso in massima parte solo da questo canzoniere: con una sezione individuale, al venticinquesimo posto su un totale di 32 sezioni dedicate a singoli trovieri, «Willammes d’Amiens li paigniers» (fol. 86r°-87v°, rubrica dell’antologia che figura, con varianti, anche nella tavola antica), di tre testi (numeri 196-198, tra cui due unica) e una miniatura «plus haute que les autres (95 mm au total [ma lo spazio occupato nella specchiatura è sempre di 10 righe]), ses couleurs sont plus éclatantes et la baguette supporte huit grotesques, alors que celles des autres n’en supportent que quatre. La facture des sept miniatures conservées est néanmoins homogène, et elles pourraient donc être toutes d’une même main ou des décorateurs travaillant sous la même direction» (vol. 2/ 1: 28); con una sezione di rondeaux alla fine della sezione consacrata a «motet et roondel», introdotta dalla rubrica, solo nell’antologia, «Rondel Willamme d’Amiens paignour» (270-79, tra cui sette unica, fol. 117r°-119v°); con il terzo e ultimo dit, ad attestazione unica, nella sezione ad essi consacrata, non registrata nella tavola, «Willammes d’Amiens li paignerres» Amours mout as bele venue (298, fol. 130v°-131v°); e con la seconda copia, interrotta, nello spazio in bianco prima delle «partures» (300, fol. 133v°), del primo testo della sezione lirica di fol. 86r° (RS 2) privo di rubrica e di iniziale. L’impressione del grande rilievo che il troviero assumerebbe nel canzoniere è, come ricorda Tyssens, di F. Gennrich («Guillaume d’Amiens», in: id. (ed.), Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Kassel/ Basel 1956: col. 1087-89), per il quale si appoggia soprattutto sulle caratteristiche della miniatura. La curatrice, prudentemente, avanza sensatissime obiezioni a questa ipotesi: intervengono nella copia le mani dei copisti 2 e 3, la miniatura, unica di tutto il canzoniere ad essere stata eseguita su una colonna b, «ne montre pas un peintre de vignette travaillant sur un manuscrit, mais un peintre en pied et peignant un écu» (vol. 2/ 1: 30), e la copia dei testi non è esente da errori evidenti. Un altro elemento, non ricordato al proposito (cf. vol. 2/ 1: 27), va collocato in questo contesto: la maiuscola di 196, primo testo della sezione canzoni dell’autore, è l’unica capitale non eseguita nella tavola, fol. 2v° (cf. vol. 2/ 1: 54 e Planche IV p. 200). Davvero la posizione conclusiva, dei testi nel fascicolo xiv, dei rondeaux nel fascicolo xix, del dit rispetto alla sezione ad essi dedicata, e della copia interrotta di RS 2 sull’ultima carta restante del fascicolo xxi, testimonia la ricerca di un rilievo, perseguito «comme une sorte de signature» (vol. 2/ 1: 29)? Non sono piuttosto indizi valevoli, altrettanto persuasivamente, di un arrivo tardo della produzione di un autore contemporaneo nell’atelier, con un corpus articolato in più generi (e generi più attuali)? L’interpretazione poi del significato degli ultimi testi 5 , quando siano anche quelli cronologicamente più recenti, è comunque anche altrove legata a una promozione, addirittura fattivamente concreta, del ruolo dei rispettivi autori nel canzoniere, si pensi all’«Amico di Dante» nel canzoniere italiano V (Città del Vaticano, B.A.V., Vat. lat. 3793). Solo la più ampia raccolta di tale casistica potrà inquadrare meglio ipotesi normalmente lasciate all’adesione liberamente professata dagli studiosi. L’insieme degli indici di «Intavulare» non funziona al meglio con tutti i tipi di ordinamento dei testi che si riscontrano nei canzonieri. L’indice, la cui applicazione è già conte- 264 Besprechungen - Comptes rendus 5 L’ultimo trovatore (50) della sezione antologica del canzoniere provenzale A è, ad esempio, «Bertolomeus Gorgis» (fol. 172r°-174v°, cf. vol. 1/ 1: 48), con vida e sette testi, quattro dei quali in unica attestazione, i soli testi della sezione canzoni inattestati altrove; testimonianza (non rilevata, mi sembra) congruente con la localizzazione più accreditata dello scriptorium. stata nel corpus che appare ora a stampa, è ii. Indice sommario degli autori: « . . . sintetizza quanto analiticamente fornito nel primo Indice, registrando la successione degli autori nel ms. nonché la consistenza quantitativa e qualitativa (genere) della/ e serie di testi attribuiti dal ms. a ciascuno di essi. Si tratta in sostanza di un ‹sommario› dell’Indice precedente [i. Indice dei componimenti], volto a fornire una più immediata e globale visione dei dati.» (vol. 1/ 1: 1). Il canzoniere francese C raggruppa i testi secondo l’iniziale dell’incipit, ma non presenta accorpati, all’interno di queste sezioni, i componimenti di ogni singolo autore «on s’est donc borné à relever les chansons d’un même trouvère, ou les pièces appartenant à un même genre, qui étaient contiguës ou du moins très rapprochées à l’intérieur d’une liste alphabétique» (Paola Moreno, vol. 2/ 3: 42) 6 . Ci si domanda se invece di un indice che registra, quando ciò accade, quanti componimenti vicini con una stessa lettera incipitaria un autore possieda (che non è la caratteristica perseguita dal redattore di C), non sia più proficuo in tale fattispecie un indice che, assegnando una numerazione distinta ad ogni singola sezione alfabetica, registri e confronti i ranghi interni per tutti i testi di ogni autore. Un lavoro siffatto, appunto con la «trascrizione in pura diplomatica delle rubriche, attributive ed altre . . . consente il confronto - non solo a livello strutturale, ma anche per quanto riguarda la forma e la scansione dei nomi - delle diverse maniere rubricatorie, che a loro volta rispecchiano in filigrana organizzazione e varietà di fonti delle raccolte.» (vol. 1/ 1: 2). Ad ogni tipo di canzoniere, un «sommario» corrispondente. Si segnala poi un altro dettaglio, nei preliminari della Descrizione del manoscritto, che andrà inserito nel questionario dei rilievi da fare. La descrizione di come nei canzonieri viene scritto un verso omette infatti l’annotazione che i singoli versi sono tutti caratterizzati dall’iniziale maiuscola: nel canzoniere provenzale A (vol. 1/ 1: 21 «I versi sono scritti di seguito, come prosa, con a capo per ogni strofe e la fine di verso è segnalata da un punto metrico.»), nel canzoniere provenzale F (vol. 1/ 1: 118: « . . . i versi sono trascritti uno sotto l’altro; i capoversi sono toccati di rosso [salvo che al fascicolo composto dai ff. 47-55] e in fine verso si trova il punto metrico.»), nel canzoniere provenzale H (vol. 1/ 1: 296: « . . . i versi sono copiati di seguito e divisi da punti metrici . . . »), nel canzoniere francese H (vol. 2/ 2: 27: « . . . à l’intérieur de ces strophes, les vers sont copiés l’un après l’autre comme de la prose, séparés seulement par les point métrique.»), nel canzoniere francese Z a , dove la maiuscola è meno rigidamente adottata vol. 2/ 2: 103: « . . . pièces copieés comme de la prose, sans espace entre l’une et l’autre; vers séparés par des points.» 7 ). Il fenomeno è invece correttamente segnalato per il canzoniere provenzale L (vol. 1/ 1: 186) e per il canzoniere provenzale O (vol. 1/ 1: 237s.). L’omissione merita di essere rettificata: la maiuscola a inizio di verso è infatti una marca «lirica» aulica, adottata ad esempio sistematicamente nelle trascrizioni delle opere latine e dei testi romanzi omometrici, o tendenzialmente tali (parametro precocemente «monumentale» anche per codici di piccolo formato e senza ornamentazione: cf. il Roland di Oxford, Digby 23, o il Poema de mio Cid di Madrid, Códice de 265 Besprechungen - Comptes rendus 6 Nonostante questa dichiarazione, i raggruppamenti proposti sono anche a cavallo di due lettere alfabetiche diverse, cf. vol. 2/ 3: 83 i numeri 442-44. 7 La descrizione tralascia di indicare, qui come nell’altro intervento dell’editrice sul canzoniere (Lucilla Spetia, «Il ms. MR 92 della Biblioteca metropolitana di Zagabria visto da vicino», in: S. Guida/ F. Latella (ed.), La filologia romanza e i codici, vol. 1, Messina 1993: 235-72, 255: « . . . il testo scritto a mo’ di prosa, senza alcuna distinzione tra un componimento e l’altro . . . »), che la scrittura a piena pagina dei testi, continua sulla riga, prevede sempre un accapo per ogni strofa, indicata sul margine sinistro, fuori lo specchio di scrittura, da una maiuscola su tre righe, dello stesso modulo della maiuscola di componimento. Al colpo d’occhio niente indica quindi la presenza, nella pagina, di un nuovo testo, né righe bianche, né una maiuscola di modulo maggiore, né entrelacs che arrivino sui margini superiore od inferiore: solo la consecuzione ravvicinata tra maiuscole, quando il testo precedente termina su uno o più envois. Per Abat). Tale margine poetico sinistro, che per i testi lirici strofici è indicato a partire da quelli provenzali (e i due canzonieri francesi sopra ricordati sono infatti contigui alla trasmissione orientale della lirica occitanica), è durato ben al di là della scomparsa del punto metrico al margine destro, occupato dall’ortografia grammaticale delle pause. Può essere interessante osservarne l’applicazione ad alcuni tipi metrici, come ad esempio al sonetto, dove è normale solo dal Cinquecento inoltrato; per la cultura grafica del far poesia gli autografi degli autori italiani testimoniano la maiuscola imperante, che resiste nelle nozioni elementari fino alla Grande Guerra, anche dopo d’Annunzio che infrange tale norma. La sopravvivenza tipografica recupera l’aulicità originaria, presso Gallimard o Ricciardi 8 . È interessante infatti rintracciare come si delineino concretamente alcune caratteristiche che poi diventeranno formali, o famose, per il «genere» canzoniere. In sostanza la diacronia e la casistica tipologica di soluzioni che hanno avuto seguito anche in autori che esulano dai confini cronologici dell’inventario di «Intavulare»: l’idea romanza di antologia lirica quale viene forgiata da compilatori-copisti e autori. Prendiamo ad esempio il testo religioso e mariano come explicit di un’antologia, il caso ben noto di Petrarca, Vergine bella, che di sol vestita (Rvf 366) 9 . Nel canzoniere francese a, dopo pastourelles, motet et roondel e prima del fascicolo con i dit e dei fascicoli di partures, si trova il fascicolo dei fol. 120r°-127v°: «Le cahier xx (15 chansons à la Vierge) s’ouvrait par une miniature aujourd’hui découpée; il s’achève par une strophe de motet anonyme qui occupe toute la dernière colonne du cahier, dont l’incipit est repris à la Table, mais dont les portées sont demeurées vides» (Madeleine Tyssens, vol. 2/ 1: 21). Secondo la rubrica generale della tavola (che dà i singoli testi adespoti), «Che sont chançons de Nostre Dame» (testi 280-295), mentre nel canzoniere questa rubrica manca (forse per l’asportazione della miniatura), ma vi sono alcune rubriche attributive (cf. vol. 2/ 1: 58s.). Lavorando con le informazioni dei quattro indici ricostruisco che la collocazione a chiusura dell’antologia rispecchia anche le caratteristiche ricapitolative del suo assembramento interno. I primi due testi 280 Glorieuse vierge pucele (RS 611) e 281 Dame des cieus (RS 1353), con musica, attribuiti nel canzoniere a «Maistre Willaumes li Viniers», appartengono ad un troviero la cui sezione è nella parte antologica al dodicesimo posto; i testi 282 Mere au roi omnipotent (RS 713) e 283 Oiiés seignour pereceus par oiseuses (RS 1020a), ad attestazione unica e con musica, sono attribuiti a «Maistre Ricars de Fournival», tredicesimo troviero; il testo adesposto che segue 284 Mere au roi poissant (RS 353), e il testo 285 Qi bien aime a tart oublie (RS 1188), con musica, attribuito a «Mounios», quattordice- 266 Besprechungen - Comptes rendus 8 Come disposizione invece inconsueta bisognerebbe segnalare che nel canzoniere francese b le strofi dei testi, 66 jeux-partis, sono scritte di seguito, e completare con questo elemento la descrizione: «Les débuts de chaque pièce est marqué par de grandes initiales bleues sur entrelacs rouges ou rouges sur entrelacs bleus. Les débuts des strophes sont marqués par de petites initiales alternativement rouges et bleues» (vol. 2/ 1: 158). Gli unici accapo sono quelli di ogni nuovo jeu-parti e le due colonne della pagina, compattamente piene di scrittura, trasmettono l’impressione di un trattato in prosa, distinto per paragrafi e commi. 9 Da una vasta bibliografia segnalo i lemmi più attinenti con il prosieguo: V. Bertolucci, Morfologie del testo medievale, Bologna 1989; G. Gorni, «Petrarca Virgini. Lettura della canzone ccclxvi Vergine Bella», Atti e Memorie dell’Accademia Patavina di Scienze, Lettere ed Arti 99 (1986s.): 201- 18; M. Perugi, «Lanfranco Cigala nell’epilogo dei Rerum vulgarium fragmenta», SM 32 (1991): 833- 41, e «Numerologia Mariana in due antecedenti del Petrarca: il canzoniere di Guiraut Riquier e la canzone a Maria di Lanfranco Cigala», Anticomoderno 4 (1999): 25-43; R. Antonelli, «Bifrontismo, pentimento e forma-canzoniere», in: G. Peron (ed.), La palinodia, Padova 1992: 35-49; Paola Allegretti, «Il geistliches Lied come marca terminale nel canzoniere provenzale C», SM 33 (1992): 721-35 e la recensione a Peire Gaucelm de Béziers, Poesie. Edizione critica a cura di A. Radaelli, Firenze 1997, VRom. 57 (1998): 344-49. simo troviero, sono ravvicinati anche nei canzonieri XP; i testi 286 Ains qe mi cant aient definement (RS 654, unica attestazione), 285 Vierge pucele roiaus (RS 388) e 288 Chanter woel de la vierge (RS 1999, unica attestazione), con musica, sono attribuiti a «Maistre Jakes li Viniers», diciassettesimo troviero; il testo senza musica ad attestazione unica 289 De haut lieu muet le cançon qe je cant (RS 304) è attribuito ancora a «Mounios», quattordicesimo troviero; il testo con musica 290 Mere au douc roi de cui vient toute joie (RS 1743, unica attestazione) è adespoto; segue con musica 291 Douce vierge roïne nete et pure (RS 2113) attribuito a «Pierot de Niele» che è autore dei jeux-partis 322, 326 e 329; il testo adespoto con musica 292 Glorieuse vierge Marie (RS 1180), è attribuito altrove ad Adam de la Halle che in a è il quindicesimo troviero; i due unica 293 Puis qe jou sui de l’amourouse loi (RS 1662) e 294 Om me reprent d’amours qi me maistrie (RS 1176) sono attribuiti a «Willaumes de Bethune» che a trasmette solo qui. Segue, senza musica 295 Douce dame par amours (RS 2029a). Dunque prima gli autori dell’antologia lirica in una serie spezzata in due da 289, che però è senza musica, ma in successione progressiva (12, 13, 14 e 17 da una parte, e 14 e 15 dall’altra 10 ), poi un autore dalla sezione dei jeux-partis, un autore inattestato altrove, infine un motet pieux. Il vario intrecciarsi di attestazioni uniche, nove in tutto 11 , fa emergere un assemblaggio d’atelier, una chiusura dell’antologia con un numero di canzoni, 15, che risulta (preterintenzionalmente? ) connotato: Quinze joyes, oppure i Quindici segni del Giudizio. Anche nella sezione francese del canzoniere provenzale D, il canzoniere francese H, di respiro ridotto e costituito dalla giustapposizione di tre «Gelegenheitssammlungen, selon la définition adoptée par Gröber pour les recueils provençaux, réalisées par des jongleurs pour leurs performances» (Lucilla Spetia, vol. 2/ 2: 62), gli ultimi due testi: 62 e 63 (fol. 230v°) Douce dame de Paradis (RS 1580) e Bien emploie son cuer et son corage (RS 23, in attestazione unica) 12 sono a carattere religioso. Un caso a parte è costituito dal canzoniere francese C in cui «chaque série de chansons débute par une ou plusieurs compositions religieuses, qu’il s’agisse de chansons à la Vierge, de chansons à sujet plus généralement religieux, de chansons de croisade ou de contrafacta religieux sur des modèles profanes. Les sections A B D I L Q R T 13 présentent aussi des chansons pieuses à la fin» (Paola Moreno, vol. 2/ 3: 26). Un «introitum et exitum custodiat Dominus» (Ps 120,8) che ha comportato, mi sembra, in C anche la dislocazione a ridosso di questa doppia marginatura di pastorelle e jeux-partis: tutti quei generi che, cf. il canzoniere francese a, sono normalmente raccolti in sezioni contigue, distinte da quella antologica e terminali. L’ottica comparatistica è l’offerta indiscutibilmente di grande pregio di questo progetto: se dà un senso più certo ad aspetti concordi, fornisce qualche elemento anche per fenome- 267 Besprechungen - Comptes rendus 10 Se consideriamo tali testi dal rispetto metrico e melodico, visto che la tipologia del contrafactum è quasi d’obbligo per i testi religiosi segue che: 282 (RS 713) è collegato con Moniot (RS 739) in a al numero 98 (con musica); 283 (RS 1020a) con a 23 (RS 1125); 285 (RS 1188) nel canzoniere francese a ha melodia differente dagli altri testimoni (che invece rimandano sempre a Moniot, RS 1135, a 97); 287 (RS 388) per cui RS rimanda ad uno schema metrico del trovatore Raimon Jordan, è parallelo ad un altro contrafactum religioso: il secondo testo, sotto «A», del canzoniere francese C (RS 1459); 290 (RS 1743) è collegato a Perrin d’Angecourt (troviero 28, RS 1692) in a, con musica, al numero 217; 293 (RS 1662) è collegato ad Adam de la Halle (troviero 15, RS 1661) in a, con musica, al numero 122; 294 (RS 1176) è collegato a Jehan le Petit (troviero 19, RS 1175), canzone con musica in a rubricata «couronnee» al numero 142. 11 Anche per RS 1020a (283) va inserito l’asteristico di testo ad attestazione unica in vol. 2/ 1: 58 e vol. 2/ 1: 96. 12 Anche la prima parte del canzoniere, che l’editrice indica come H1 (fol. 217r°-227r°) termina su un canto di crociata (RS 1125). 13 Spiace dover integrare questa informazione: anche le serie alfabetiche di F e N terminano con canzoni di crociata. ni meno trasparenti? Ad esempio per le due caratteristiche che sembrano relegabili a ogni canzoniere preso per sé stesso: i testi a testimonianza unica e quelli copiati due volte 14 . Sempre la stessa ottica consente la ricerca di una formulazione corretta per le domande possibili. Esistono alcune caratteristiche che si possono considerare specifiche di ciascun canzoniere? La risposta sembra ovvia: la lingua, la scelta di testi, il corredo iconografico. Dove snidare la lingua del copista? Quali miniature privilegiare 15 ? Ma veniamo all’ultima prova: si può leggere un repertorio di indici per sé stesso? È lettura senz’altro proficua e interessante, posto che senza la strumentazione fornita da «Intavulare» i canzonieri restano opachi e la decifrazione secondo parametri utili oltremodo faticosa. Se è consentito esprimere un’adesione senza riserve è al lavoro sul canzoniere provenzale H di Maria Careri (vol. 1/ 1), che fornisce in maniera sinottica e agevole i materiali critici della sua monografia Il canzoniere provenzale H (Vat. lat. 3207). Struttura, contenuto e fonti, Modena 1990. L’osservazione supplementare che vorrei proporre per il canzoniere provenzale A, riguarda un parametro da inserire nella categoria del «conditionnement spatial des textes» proposta da F. Zufferey (Recherches linguistiques sur les chansonniers provençaux, Genève 1987). In questo codice «iniziali riccamente miniate, sempre precedute dalla vida scritta in rosso (o dallo spazio ad essa destinato e rimasto poi vuoto), segnalano la prima comparsa nel canzoniere dei principali trovatori» (Antonella Lombardi, vol.1/ 1: 21). Rispetto alla rubrica assegnata a questo primo testo si osservano poi due soluzioni: « . . . in presenza di vida si registra in inizio serie un comportamento attributivo oscillante: solitamente il nome con cui si apre la vida funge da rubrica attributiva per il primo testo, con o senza spazio bianco tra la fine della vida e il primo incipit. Talvolta però una rubrica attributiva vera e propria precede il testo, dopo la vida, che in qualche modo già la conteneva.» (vol. 1/ 1: 22). Orbene, si rileva che lo spazio nella colonna di 38 righe destinato a ospitare la vida è di 17 righe: i primi testi dei trovatori vengono copiati, con l’inchiostro nero, a partire dalla riga successiva della specchiatura, con un colonnino di sette righe che lascia lo spazio per la miniatura della lettera incipitaria. È quasi ovvio che l’impiego di inchiostri colorati, per rubriche, vidas e miniature debba coincidere con fasi successive del lavoro nell’atelier, quello che importa è che, ad esempio, le rubriche «superflue» per il primo testo siano rilevabili quando lo spazio in bianco tra la vida e il primo testo è troppo grande per formule di trapasso del tipo: «Et aqui son escriutas delas soas canssos» (cf. vol. 1/ 1: Fig. 14 e Fig. 15). C’è quindi tutta una tipologia formulare (con estensione di sei o sette parole o poco più) negli explicit di vidas che può essere messa sul carico dei singoli atelier, e ci saranno, del pari, responsabilità 268 Besprechungen - Comptes rendus 14 Cf. Anna Ferrari, «Le chansonnier et son double», in: Madeleine Tyssens (ed.), Lyrique romane médiévale: la tradition des chansonniers. Actes du Colloque de Liège, Liège 1991: 303-27 e G. Brunetti, «Il testo riflesso: appunti per la definizione e l’interpretazione del doppio nei canzonieri provenzali», in: S. Guida/ F. Latella (ed.) 1993: 609-28. 15 L’autoritratto del miniatore all’opera non è un inedito, potrei ricordare quello di «frater Rufillus» miniatore nel xii sec. di un Passionario proveniente dall’abazia di Weissenau (Cologny, Bibliotheca Bodmeriana, cod. Bodmer 127, fol. 244r°): non si tratta della prima miniatura del codice, ma di una «R» incipitaria e il nome è comunque inserito nel disegno a tratto sottile. Per il canzoniere francese a andrebbe forse valorizzato il dettaglio del «peintre en pied et peignant un écu» (Madeleine Tyssens vol. 2/ 1: 30), dal momento che è proprio lo scudo che la miniatura di a assegna a Gace Brulé (fol. 18r°, quarto troviero), che ha consentito a H. Petersen Dyggve (Gace Brulé trouvère champenois. Édition des chansons et étude historique, Helsinki 1951) di capire il «Brulé» del suo autore: un Guillaume dunque pittore di scudi, o avvertito del valore araldico dei nomi. Se un criterio analogo si applicasse però al canzoniere provenzale H e alle sue «otto piccole miniature rappresentanti trobairitz» (vol. 1/ 1: 298), associate a testi a trasmissione unica, si potrebbe pensare a un manufatto femminile. nell’accorciamento o nella promozione delle redazioni brevi di tali testi introduttivi, vidas e razos. Anche la delimitazione della tradizione a determinati settori della recensione occitanica (con canzonieri come R, Paris, B. N., f. fr. 22543, o E, Paris, B. N., f. fr. 1749, che trasmettono testi altrimenti estesi), dipende in buona misura dal tipo di «impaginazione» redazionale prevista: in settori a parte, o invece, più classicamente, come singoli accessus ad auctorem. Le premesse e le ragioni tecnicamente redazionali di tali innovazioni (minimamente significanti, è vero), che il canzoniere provenzale A giustifica con l’assoluta pulitezza e preziosità del manufatto, non sono disinteressanti nell’ottica del «quadro panromanzo»: penso all’analogo comportamento del copista di Ch (Città del Vaticano, B. A. V., Chig. l.viii.305) con le formule di trapasso interpolate prima dei testi lirici nella Vita nova di Dante Alighieri (fol. 13r°-33v°) 16 . Vorrei aggiungere una postilla anche ai canzonieri francesi H e Z a , che riguarda la disposizione dei testi, anonimi nel secondo e posti i primi 49 dal primo sotto la rubrica «Moniez d’Arraz» (a fol. 217r° e sulla tavola) con una numerazione progressiva che è in uso nella sezione provenzale per i testi di ogni singolo trovatore (cf. Lucilla Spetia, vol. 2/ 2: 41). L’intreccio tra le canzoni riconducibili ad uno stesso autore presenta intervalli tendenzialmente costanti: in Z a (il totale è di 25 testi), Gace Brulé ai numeri 3 (RS 787), 8 (RS 1754), 11 (RS 1102), 19 (RS 306) e 22s. (RS 1795 e 653), Roi de Navarre 9 (RS 1476), 15-18 (RS 733, 1596, 757, 1476) e 20s. (RS 1811 e 273). Nel canzoniere francese H il fenomeno mi sembra più evidente nella sezione H1 (49 su 63 testi in tutto, cf. vol. 2/ 2: 37): Moniot d’Arras 1 (RS 1135), 5 (RS 94), 9 (RS 1087), 14 (RS 490), 21 (RS 739); Gace Brulé 18 (RS 787), 23 (RS 1590), 31 (RS 1578), 34 (RS 562), 42-43 (RS 1754 e 1102). Si tratta di un’organizzazione da raccolta «réalisée par des jongleurs pour leurs performances» (cf. vol. 2/ 2: 62)? E cioè di una scaletta da spettacolo, secondo cui intervallare i testi di uno stesso autore, per ricerca di varietà? L’ultimo volume (vol. 2/ 3) dà conto del canzoniere francese C (Bern) 17 e consente di affrontare un argomento che potrebbe sembrare polemico, ma che invece non è che strettamente referenziale: le tavole, e addirittura il sistema di indici incrociati (i., ii., iii.), possono omettere e tacere? E quale tipo di informazioni si possono così perdere? Il canzoniere francese C trasmette, sotto le rispettive lettere alfabetiche incipitarie, i seguenti testi con rubrica attributiva vergata dalla mano 3 (cf. vol. 2/ 3: 25): 175 «Li rois Amaris de Creons» Fine amor claime en moi par eritaige (RS 26), 248 «Amaris de Creonne» Kault foillissent li boscaige (RS 14), 290 «Li sirez Amaris de Creonne» Lonc tens ai servi en bailence (RS 207), 430 «Mesires Amauris de Creone» Quant je plux voi felon rire (RS 1503). L’unico nome che figuri in iii. Index alphabétique des trouvères è Maurice de Craon (cf. vol. 2/ 3: 105). Maurice de Craon, pur essendo disponibile in Linker (cf. vol. 2/ 3: 43 N, dove mancano i testi 248 e 290), non è Amauri de Craon. Il primo nome compare infatti per la canzone RS 26 nella sola rubrica a testo (e non nella tavola antica, cf. vol. 2/ 1: 47) nel canzoniere francese a «mesires Meurisses de Craon» e nel canzoniere francese K (mentre N ha la stessa attribuzione di C, MXPR dànno Pierre de Craon, OU adespoti) e per la canzone RS 1387 in MT (KNX Gace Brulé, PVLOU adespoti). La tradizione manoscritta presenta quindi un unico punto di contatto tra i due, RS 26: l’indice iii. di C amplia indebitamente il corpus di 269 Besprechungen - Comptes rendus 16 Cf. G. Gorni, «Lacune e interpolazione», La filologia testuale e le scienze umane. Atti dei Convegni Lincei 111 (1994): 189-211 e « Divisioni e formule introduttive delle poesie nella Vita nova», Studi testuali 4 (1996): 57-66. 17 Si segnala qui che la «Planche vii: ff. 200v-201r» (vol. 2/ 3: 145) cui si rimanda da p. 28 N59 per mostrare l’inglobamento del testo 429 in quello 428 (che è quindi il solo a figurare sotto la corretta lettera incipitaria), non è pertinente con la dimostrazione: sarebbe infatti necessaria la riproduzione dei fol. 201v°-202r°. Maurice, già considerato supposito, con un bagaglio di spurie. La cancellazione della rubrica di C (che non è però limitata a questo solo canzoniere) risale in certo modo al lavoro di A. Långfors, Les chansons attribueés aux seigneurs de Craon, Helsinki 1917, che discutendo ogni singolo caso, promuoveva per tutto il corpus incrociato a questi nomi la sola paternità di Pierre de Craon. Ma basterebbe ricordare come si esprimeva sul problema già H. Petersen Dyggve, Gace Brulé trouvère champenois. Édition des chansons et étude historique, Helsinki 1951: 66-71, che si riporterà qui ampiamente perché si tratta di bibliografia irreperibile presso vol. 2/ 3: «il ne reste pas de chanson composée par Amauri de Craon parmi les chansons des trouvères parvenues jusqu’à nous et munies d’un nom d’auteur, c’est pourquoi M. Långfors propose de rayer son nom de la liste des trouvères. Supposé que les conclusions de M. Långfors soient exactes et qu’il n’existe plus de chansons qu’on pourrait attribuer à Amauri de Craon, on se demande, d’autre part, s’il ne serait pas admissible de penser que les copistes, qui ont mis son nom dans les rubriques, ne se seraient trompés que in casu et que sa qualification de trouvère serait juste» (op.cit.: 67). Le presenze del nome, ricorda Petersen Dyggve, assommano alle quattro attribuzioni di C (quella per RS 26 è attestata anche da N, fol. 122), al destinatario della canzone di Brulé RS 773 (testimoniata dal solo O, fol. 90r° dove è questione semplicemente di «Amauri»), e al destinatario di RS 1406, che per l’appunto è tràdita da C, a fol. 47v°, penultimo testo della lettera «C» (107, cf. vol. 2/ 3: 52). Il nostro canzoniere è l’unico a conservare la lezione ritenuta originaria dagli editori (A. Jeanroy/ A. Långfors, Chansons satiriques et bachiques du XIIIe siècle, Paris 1921: 133: «Le nom d’Amauri de Craon, qui figure au dernier couplet de C, mais a disparu dans K, est probablement primitif.») nella forma v. 21s. «Chanson, vai t’en a Creons sens resort: / Di Esmarit k’il ne se desconfort» (l’altro testimone, K, p. 407, legge «vai t’en Anjou []/ Au conte di»). Petersen Dyggve dissocerebbe quest’ultimo Amauri da quello delle restanti occorrenze, collocandolo più tardi del primo, e vedrebbe nei due rispettivamente Amauri i, che un documento rivela maggiore nel 1209, e Amauri ii, signore di Craon dal 1250 al 1270. Resta che di un dossier così rilevantemente a carico di C in vol. 2/ 3 non resta alcuna traccia 18 . Se si perdono informazioni onomastiche, che cosa può accadere a proposito degli incipit? Sembra che non manchino precauzioni a questo riguardo, cf. iv. Index alphabétique des incipit: «Quand la leçon manuscrite de l’incipit diffère de celle qui est enregistrée dans Lkr au point de rendre difficile, ou même impossible, l’identification immédiate, le renvoi (cf.) à l’énoncé de Linker apparaît entre parenthèses après l’incipit du manuscrit (et vice versa).» (vol. 2/ 3: 13). Il fenomeno non è però registrato sistematicamente. Si indicano solo 14 casi nell’Index alphabétique des incipit (vol. 2/ 3: 125-37), mentre l’innovazione del solo C a carico delle aperture incipitarie è ben più estesa. Trattandosi di un canzoniere che dispone l’antologia proprio a partire dalla prima lettera dell’incipit, non è chi non veda la rilevanza dell’operazione, ben al di là del reperimento di un singolo testo nella bibliografia Linker (vol. 2/ 3: 12-13), desultoriamente facilitato all’utente. Esaminiamo i dati per una lettera incipitaria, senza che la strumentazione delle tavole, che tacciono, fornisca valido aiuto. Sui 25 incipit della lettera «O» (numeri d’ordine 359-83, fol. 167r°-177v°), ben 12 testi sono trasmessi solo da C. Ecco i dati per i casi dove invece il confronto con altri testimoni è possibile: 363 On dist c’amors est douce chose (RS 1937, con U, «L’on dit q’amors est dolce chose»), 368 Or voi lou douls tens repairier (RS 1302, con U, «Quant voi lou douz»), 376 Ou douls tens et en bone houre (RS 1011 «En dous»), 379 Or vient esteis ke retentist la bruelle (RS 1006 270 Besprechungen - Comptes rendus 18 A intricare ancor di più i fili onomastici la rubrica di RS 26 specifica «li rois Amaris de Creon» (fol. 78r°): i due re di Gerusalemme (Amauri i, re dal 1162 al 1173, e Amauri ii di Lusignan, re dal 1198 al 1205), non appartengono a tale casato. «Biaus m’est estez que»), 381 Or veul chanson et faire et comencier (RS 1267 «Chançon m’estuet et»), 382 Ou tens ke voi noix remise (RS 1638 «Quant je voi la noif»). Il problema delinea una situazione interessante perché tali lectiones singulares infoltiscono un gruppo di testi ad attestazione unica con identica apertura: 364 Or chanterai com hom desespereis (RS 921), 365 Or m’est bel dou tens d’avri (RS 1031), 369 Or vuel chanteir et soulaicier (RS 1313), 370 Or voi yver defenir (RS 1394), 373 On ne se doit desespereir (RS 846), 374 Or ai amors servit tout mon vivant (RS 372), 375 Ou pertir de la froidure (RS 2101), 377 Or seux lies del dous termine (RS 1386), 380 Or ai bien d’amors apersu (RS 2052), 383 Ou tens ke voi flors venir (RS 1480). L’integrazione, almeno mentale, delle aperture possibili che queste formule ripetute in serie sottendono è significativa almeno nel caso di RS 1386 Or seux lies del dous termine, canzone à refrain di tre strofi confezionata con tessere rudelliane (cf. L. Formisano, «Un legs français de Jaufre Rudel», RLaR 86 [1982]: 29-50), perché consente il recupero degli stilemi incipitari memorabili del modello provenzale: Bels m’est l’estius e·l temps floritz (BdT 262,1), Quan lo rius de la fontana (BdT 262,5), Quan lo rossignols el foillos (BdT 262,6). Dallo sforzo, senz’altro notevole, di impinguare un’iniziale alfabetica statisticamente esigua, anche se con formule non illustri («Or» seguito da predicato verbale senza negazione è attacco da testo dialogato), discendono anche considerazioni supplementari. Anche per la serie della lettera «R» ci sono due successioni di testo ad unica attestazione e di un altro, il cui incipit è stato riscritto: 453 Renbadir et moneir joie (RS 1739) e 454 Rire vuel et esjoir (RS 1407, con MO, «Des or me vueill esjoir»), come 455 Renovellemens d’esteit (RS 440) e 457 Renoveleir vuel la bella en chantant (RS 319, con KNXP, «Plaindre m’estuet de la bele en chantant»). E per quella della lettera «T» troviamo il testo ad attestazione unica 504 Tres bone amor ki en joie me tient (RS 1248) e al numero 506 Tres grans amors me travaille et confont (RS 1915, con U, «Con cest amor me traveille et confont»); RS 1248 è testo che compare in C due volte, quindi con due incipit diversi (di più non si può dire: l’attestazione solo in questo canzoniere, con attribuzione concorde, anche graficamente, tutte e due le volte a «Guios de Provins», autorizza la curatrice a non esaminare neppure il caso cf. 32: «Les pièces C279 et C504, enfin, présentent elles aussi des divergences qui ne sont pas que graphiques, mais dans ce cas il nous est impossible de comparer les deux versions avec d’autres, puisque nous ne retrouvons pas cette pièce ailleurs»). L’incipit sotto la lettera «L» è 279 La bone amor ki en joie me tient ed è preceduto da quello, anonimo ed anch’esso in unica attestazione, 278 La bone amor a cui seux atendans (RS 261). La prima cosa da sottolineare è che, dove il confronto è possibile, non si registrano innovazioni di pari estensione nell’interno dei testi, e che la sistematicità non dà adito all’ipotesi di guasti casuali. Si tratterebbe quindi di un modello in cui non erano eseguite le capitali incipitarie? Un modello ovviamente non organizzato alfabeticamente, visti i fuori posto dei rabberciamenti. Ma può bastare l’assenza di una lettera per riorganizzare un intero sintagma, non è meno oneroso rintegrare una semplice capitale? Le coppie contigue poi avrebbero aperture entrambe supplite dal compilatore di C, e non modellizzate l’una sull’altra (l’innovazione del testo pluriattestato sull’apertura sintagmatica del testo a tradizione unica). Bisognerà poi evidenziare la marca linguistica del paio 382 e 383 «Ou tens»: si riesamini la divergenza tra C e K per il v. 22 di RS 1406, «Au», se non vado errata, non compare mai negli attacchi di C: cf. 12 A dous tens d’esteit (RS 445, unica attestazione), 17 A renovel . . . (RS 437), 18 A tens . . . (RS 344), 36 A douls tens . . . (RS 2008), 48 A novel tens (RS 1619), cui andranno affiancate, dalla serie ricordata più sopra, 375 Ou pertir . . . (RS 2101, unica attestazione), 376 Ou douls tens (RS 1011 apertura inattestata). Anche le uniche rubriche apposte dal copista 1, ai testi di Jaque de Cambrai (cf. vol. 2/ 3: 28) recano l’indicazione del contrafactum con la formula «ou chant» (cf. 186, 200, 244, 269, 314, 359). Ma qual è la disposizione stratigrafica di tale identikit? 271 Besprechungen - Comptes rendus La domanda rimanda a quella sovraordinata: come è ordinato il canzoniere francese C? Il problema è alquanto complesso, e questa non è la sede per uno studio linguistico. Vorrei però richiamare l’attenzione su due parametri che vanno evidenziati all’interno di ogni singola sequenza alfabetica, quello della distribuzione dei testi ad attestazione unica (indicati dall’editrice con un asterisco), e quello della distribuzione dei testi appartenenti (e spesso rubricati) ai generi liminari cui si faceva cenno a proposito delle marche religiose di chiusura. Per una prima indicazione mi sembra significativo allegare almeno il regesto della distribuzione degli unica. Lettera «A» su un totale di 51 testi è in unicum il numero 12; lettera «B» su un totale di 28 (il testo ventinovesimo è copiato accorpato al precedente, ed è con altra iniziale alfabetica) i numeri 17 (secondo il numero d’ordine: 68), 18 (69), 20 (71), 26 (77), 27 (78); lettera «C» su un totale di 28: 12 (92), 15 (95), 19 (99), 28 (108); lettera «D» su un totale di 36: 14 (122), 18 (126), 23 (131), 36 (144); lettera «E» su un totale di 25: 6 (150), 9 (153), 20 (164), 21 (165), 23 (167), 25 (169); lettera «F» su un totale di 16: 15 (184); lettera «G» su un totale di 14: 1 (186), 2 (187), 4 (189), 13 (198), 14 (199); lettera «H» su un totale di 14: 1 (200), 3 (202), 11 (210), 12 (211); lettera «J» su un totale di 30: 2 (215), 7 (220), 14 (227), 26 (239); lettera «K» su un totale di 25: 1 (244), 4 (247), 10 (253), 11 (254), 20 (263), 25 (268); lettera «L» su un totale di 45: 1 (269), 4 (272), 5 (273), 10 (278), 11 (279), 17 (285), 19 (287), 20 (288), 334 (302), 37 (305), 40 (308), 45 (313); lettera «M» su un totale di 27: 11 (324), 17 (330), 21 (334), 24 (337), 27 (340); lettera «N» su un totale di 18: 3 (343), 9 (349), 10 (350); lettera «O» su un totale di 25: 1 (359), 2 (360), 6 (364), 7 (365), 11 (369), 12 (370), 15 (373), 16 (374), 17 (375), 19 (377), 22 (380), 25 (383); lettera «P» su un totale di 29: 1 (384), 8 (391), 9 (392), 15 (398), 24 (407), 27 (410); lettera «Q» su un totale di 30 (un testo interno 429 è accorpato al precedente e non entra nel computo del totale, perché con altra iniziale alfabetica): 14 (426), 24 (437), 27 (440); lettera «R» su un totale di 17: 1 (444), 10 (453), 12 (455), 17 (460); lettera «S» su un totale di 22: 3 (463), 10 (470), 19 (479), 21 (481), 22 (482); lettera «T» su un totale di 32: 22 (504), 23 (505), 30 (512), 32 (514); lettera «V» su un totale di 10: 3 (517), 9 (523), 10 (524). Messa da parte la questione dei testi religiosi, già acclarata dall’editrice e che riguarda gli unica che aprono o che chiudono le singole serie alfabetiche, che senso dare a queste fasce parallele di collocazione? Se il grande numero di unica sparsi non consente di trovare delle sequenze sovrapponibili in modo costante con altri testimoni, potrà però servire, secondo il disegno della sua distribuzione a resecare dei moduli iteranti: le posizioni costanti all’interno delle singole lettere alfabetiche, da coordinare con i dati recensionali e linguistici. L’intersezione dei repertori moderni con gli elementi reali di un canzoniere può dunque portare alla perdita di dati. Lo schema dell’indice, con le sue griglie derivate dai repertori, diventa un filtro anche in presenza di istruzioni per l’uso. Se si riducesse la questione a parametri astratti, sembra evidente che la riuscita migliore di indici moderni così concepiti, cioè la conservazione del massimo di elementi del canzoniere «originale», si otterrebbe nel caso di un canzoniere «raccolta ordinata», privo però di tavola antica (fattispecie, ad esempio, del canzoniere provenzale E, Paris, B. N., f. fr. 1749, o del canzoniere italiano Ch, Città del Vaticano, B. A. V., Chig. l.viii.305). Dove la funzione di repertoriare i testi e gli autori è stata già svolta in antico, il sommario moderno, che pure arroga a sé la diretta discendenza da quei modelli, trova lo spazio solo per realizzarsi in maniera deficitaria. La non coincidenza tra la riproduzione e il suo oggetto è comunque un paradosso scientifico acclarato in più domini, non uno scandalo della pigrizia. L’importante è esserne bene edotti. Paola Allegretti ★ 272 Besprechungen - Comptes rendus