Vox Romanica
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0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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Kristol De StefaniMarco Infurna (ed.), La Storia del San Gradale.Volgarizzamento toscano dell’Estoire del Saint Graal, Padova (Antenore) 1999, xxxix + 243 p. (Scrittori italiani commentati 5)
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P. Gresti
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Marco Infurna (ed.), La Storia del San Gradale. Volgarizzamento toscano dell’Estoire del Saint Graal, Padova (Antenore) 1999, xxxix + 243 p. (Scrittori italiani commentati 5) Durante il terzo decennio del xiii secolo un chierico decise di raccontare in prosa francese la traslatio del sacro Graal - la coppa usata da Gesù durante l’ultima cena, poi diventata scrigno, grazie a Giuseppe d’Arimatea, del sangue del Cristo crocefisso - dalla Gerusalemme ancora romana all’Inghilterra di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Di questa Estoire del Saint Graal è qui presentata una traduzione in lingua di sì, trasmessa da un manoscritto dell’inizio del xiv secolo conservato all’Archivio di Stato di Firenze (Miscellanea Repubblicana, busta xx, n. 4), lacunoso e mutilo; « . . . i dati linguistici e codicologici permettono di attribuire il volgarizzamento a un fiorentino all’opera nei primi anni del Trecento» (xv). Nella prassi traduttoria l’anonimo fiorentino non si discosta dalla consueta passività linguistica che caratterizza le versioni dalla lingua d’oïl in italiano, e tuttavia «colpisce l’oltranza con cui egli ricalca l’originale, operando più da traslitteratore che da traduttore» (xvii). La passività del traduttore, comunque, non sembrerebbe essere il frutto della sua ignoranza, bensì una scelta deliberata, visto che egli «pur con qualche fraintendimento e qualche svista . . . offre un’ottima versione dell’Estoire, dimostrando un atteggiamento di grande consapevolezza e rigore» (xviii). E forse l’adesione totale alla lingua dell’originale potrebbe trovare la sua ragione d’essere nella natura stessa dell’opera tradotta. Un certo spazio Infurna dedica all’anonimia dell’opera (xxi-xxiv), e non poteva essere diversamente. È sempre colto da un leggero stupore, infatti, il lettore moderno che s’affacci sul vuoto di memoria che certe rubriche medievali splendidamente esibiscono: e l’anonimato, elargitoci con abbondanza variabile, potrebbe arrivare a darci fastidio, e ci spinge di fatto - non senza una certa quota di ragione - a soddisfare la nostra curiosità, a spiare che cosa si racconta al di là della cortina di fumo che nasconde alla vista i connotati anagrafici dell’artista. La cultura del «copyright», o, peggio, della griffe obbliga lo studioso a compiere almeno un tentativo di violenza sul silenzio di chi ha tralasciato, qualche volta volontariamente, di abbinare il proprio nome all’opera compiuta. Nel nostro caso, come in molti altri (ci scapperebbe da dire: per fortuna), le probabilità d’identificazione sono troppo scarse perché si possa approdare a una qualche soluzione, e l’anonimato del traduttore fa giusto pendant con quello dell’autore dell’Estoire. Soppesando con cautela alcune spie linguistiche e culturali, Infurna riesce a collocare in modo convincente il traduttore del San Gradale nell’ambiente vicino a Giovanni Villani, e questo «rende ancora più nitida l’immagine del mercante toscano pronto a impegnare la competenza linguistica acquisita con i commerci in una attività letteraria che consente alla sua cerchia di condividere l’evasione - e, nel caso specifico della Storia del San Gradale, l’edificazione - offerta dalle seducenti prose cavalleresche francesi, sorta di talismano per la conquista di una civiltà» (xxiii-xxiv). E forse l’anonimo traduttore apparteneva a una confraternità, o ne era simpatizzante, vista «la scelta di tradurre il romanzo meno arturiano dell’intera tradizione cortese, da cima a fondo devotamente impegnato nell’esaltazione della cavalleria celeste, ascetica e misticheggiante, contro quella terrena, vana e peccaminosa» (xvi). Ineludibile, quando sotto i ferri filologici cade una traduzione, ci punge la brama - come studiosi e come lettori - di mettere gli occhi e le mani sul manoscritto che il traduttore aveva materialmente sul suo leggìo; ma poiché tale voglia è destinata, quasi sempre, a restare inevasa, l’ambizione è quella di riuscire almeno a capire a quale tradizione questo esemplare facesse capo. Nel caso del San Gradale viene dimostrata da Infurna la «parentela con i testimoni del gruppo α e di un ramo del gruppo » (xxvi) del romanzo francese. In ogni caso «l’esame della tradizione manoscritta unitamente al tipo di errori del testo induce a ritenere che il traduttore avesse a disposizione un esemplare molto corretto del romanzo» (xxx). 273 Besprechungen - Comptes rendus La nota linguistica (xxxi-xxxvii) è esaustiva; tuttavia ci sembra che vi avrebbero potuto trovare un comodo posto alcune segnalazioni; come, ad es., quella dei raddoppiamenti fonosintattici estranei al tipo fiorentino: com’è ad esempio il caso, ci pare, di 40/ 5 arderebe ttutti, e di 45/ 2 cominciaro ttutti. Ci sia concesso, allora, di rilevare qualche peccato veniale. Il commento appaga il desiderio - troppe altre volte disatteso - di un’auspicabile snellezza; tuttavia ci pare che avrebbe potuto avere un equilibrio più stabile, giacché la lettura del volgarizzamento accende spesso desideri d’approfondimento che rimangono inappagati, e di fatto si dovrebbe sempre avere sotto mano l’originale - anche se è chiaro che il commento non può farsi carico di tutti i loci communes, soprattutto per una traduzione che, come s’è detto, non tradisce quasi mai l’originale. Facciamo però qualche esempio. I luoghi geografici - ad es. quelli citati nel capitolo 14 - avrebbero forse meritato una nota esplicativa, così come l’appellativo Bloia Bretagna per l’Inghilterra (cf. ad es. 2/ 2, 29/ 2, 87/ 4), perché il fatto che nell’originale francese si trovi Bloie Bretagnie non spiega molto. Ugualmente il lettore - almeno il lettore che scrive queste righe - avrebbe voluto sapere di più su certe dissomiglianze tra traduzione e originale, di cui si dà puntualmente conto nel commento: ad es. a 15/ 3 l’originale galeske ( gallese ) diviene inghilese (lega inghilese); alla fine di 31/ 4, dove si racconta della cattura di Giuseppe d’Arimatea da parte dei Giudei, l’originale evesque Chaÿphas diventa Gonfo (a poco serve l’anodino rinvio, nell’indice dei nomi, da Gonfo a Caifas). I francesismi sono sempre accuratamente dichiarati; forse nel commento si dovrà aggiungere almeno l’aombrerà di 64/ 7 (< fr. aombrer), nonché il sostantivo derivato (a)ombramento di 73 rubrica e 73/ 4. La lettera del testo è sempre puntualmente glossata: né il lessico, dunque, né la sintassi rischia di produrre sconforto nel lettore anche meno avvertito. Tuttavia su qualche singola interpretazione ci permettiamo di non condividere le idee dell’editore. Il divisata della rubrica del capitolo 15, ad es., non vale diversa bensì mostrata , oppure foggiata ; quindi com’era divisata si traduce come si presentava . A 14/ 7 ci pare più semplice interpretare il verbo manda («Ciò ti manda il grande Maestro») con comanda piuttosto che con significa . Non sempre si riesce a comprendere se un intervento sul testo da parte del curatore si appoggi alla testimonianza del romanzo francese; un solo esempio: a 88/ 2 la lezione la luna del ms. viene corretta, per il senso del passo, in l’alba: s’immagina che l’originale abbia questa stessa parola, ma forse poteva valere la pena di spendere qualche parola in proposito. L’Indice glossario (229-39) e l’Indice dei nomi propri (241-43) chiudono il volume. Un tassello importante, dunque, questa edizione del San Gradale curata da Infurna, che consente di gettare uno sguardo più consapevole sull’interessante mondo delle traduzioni in lingua di sì dei romanzi arturiani in lingua d’oïl. P. Gresti ★ Arnulf Stefenelli, Der Wortschatz von Alessandro Manzoni in den Promessi Sposi. Die Erneuerung der italienischen Literatursprache aus dem «uso vivo (fiorentino)», Passau (Rothe) 1996, 166 p. (Passauer Schriften zu Sprache und Literatur 7) Zum spezifisch italienischen Problemkomplex der überregional-nationalen Literatursprachenbildung - der «Questione della Lingua» - liefert Arnulf Stefenelli mit seiner vorliegenden Studie lexikalische und stilistische Aspekte, die auf Untersuchungen von Manzonis mehrfachen Korrekturen zum Wortbestand seines Romans I Promessi Sposi basieren - und zwar auf den Korrekturen zur ersten Revision, der sogenannten «Ventisettana», bis zur Endfassung, der «Quarantana». Diese Endfassung, die durch Mithilfe Florentiner 274 Besprechungen - Comptes rendus
