eJournals Vox Romanica 62/1

Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/121
2003
621 Kristol De Stefani

Maria Grazia Fiori, Dizionario Tiranese. Miscellanea – Segni del passato. Con prefazione Viaggio nelle memorie (introduzione all’etnografia tiranese) di Remo Bracchi, Villa di Tirano (Tipografia Poletti) 2000, 498 p.

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2003
F.  Spieß
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240 Besprechungen - Comptes rendus li e geografiche diverse, hanno contribuito ad arricchire la comune memoria storica della lingua. Mettere a fuoco le interconnessioni, i prestiti e gli apporti reciproci determinatisi in questa complessa realtà, costituisce un fascinoso percorso tra esperienze insospettate. Anche per noi parlanti del nuovo secolo che siamo spesso imprigionati nel presente senza potere agevolmente renderci conto di come molte delle nostre frasi fatte si radicassero in un mondo lontano ma vissuto in misura quanto mai intensa da chi ci ha preceduti. Avere contribuito a fornircene così illuminanti chiavi di lettura è senz’altro il merito principale da ascrivere al libro di Lurati che si raccomanda anche per la ricchissima bibliografia plurilingue. M. Fantuzzi H Maria Grazia Fiori, Dizionario Tiranese. Miscellanea - Segni del passato. Con prefazione Viaggio nelle memorie (introduzione all’etnografia tiranese) di Remo Bracchi, Villa di Tirano (Tipografia Poletti) 2000, 498 p. Non sembra dar segno di voler affievolirsi l’intensità con la quale i valtellinesi si dedicano negli ultimi anni allo studio dei dialetti della loro valle. Dopo il poderoso Dizionario Etimologico Grosino di G. Antonioli e R. Bracchi pubblicato nel 1995 dalla Biblioteca comunale e dal Museo del Costume di Grosio e dopo le due opere segnalate in VRom. 59: 262-64, ci troviamo ora di fronte a un nuovo Dizionario Tiranese di notevoli dimensioni. A prima vista l’elaborazione di un secondo dizionario tiranese dopo soli due anni dall’apparizione dell’analoga opera di A. Pola e D. Tozzi potrebbe sembrare un compito non prioritario. Un rapido confronto fra i due lavori dimostra però in modo lampante che la notevole diversità fra esse giustifica ampiamente anche la pubblicazione della seconda. Già la differenza fra le dimensioni della parte dedicata specificamente al dizionario vero e proprio nelle due opere salta agli occhi. Se in quella di Pola e Tozzi (P) essa occupa 157 p., in quella di Maria Grazia Fiori (F) ne comprende ben 379. Parecchie sono le cause di questa differenza. P si concentra anzitutto sulle peculiarità del lessico tiranese, mentre F registra, sempre considerandoli però nello specifico ambiente culturale tiranese, anche vocaboli che sono varianti fonetiche di voci italiane o che sono ampiamente diffusi nel territorio lombardo. Tiene inoltre conto di nomi propri, toponimi e dei cosiddetti scutüm, i soprannomi delle famiglie. Nomi propri, toponimi e anche molti altri termini non sono d’altronde semplicemente elencati, ma resi vivi da ampie spiegazioni enciclopediche. Del fiume Ada si menziona ad es. la grande rettifica del corso d’acqua avvenuta nel 1830 e se ne descrive il percorso precedente. Sotto il lemma Adalberto si accenna fra l’altro al fatto che a S. Adalberto era dedicata la prima chiesa di Tirano danneggiata a più riprese e indi travolta definitivamente da una frana. Sotto aqui sono citate le disposizioni degli antichi statuti concernenti l’uso delle acque.Alla voce bètula si ricorda che a Tirano nel Seicento esistevano due osterie e si citano le disposizioni del 1606 che regolavano la loro gestione. Oltre al termine generico büi ‘fontana’ si dedicano trattazioni particolari al büi vec’, al büi de la bona Lüisa e al büi de Barfíi di ognuno dei quali si descrive la collocazione e la storia. Nello stesso modo il generico cà è seguito dai lemmi specifici Cà bianca, Cà de Camp, Cà de la Gésa, Cà di Gatèi, che ne danno la localizzazione e contengono osservazioni storiche. A proposito di campanil si indicano la data della sua costruzione e elementi leggendari che si riferiscono ad essa. Nel lemma carne(v)àl si ricorda l’uso di bruciare il ‘carnoval vecchio’ la prima domenica di Quaresima. Il toponimo Castelàsc dà luogo fra l’altro a una descrizione delle fortificazioni che circondavano e difendevano Tirano. Nella trattazione di voca- 241 Besprechungen - Comptes rendus boli indicanti cibi tipici della valle si descrivono le ricette per ammanirli e si precisano le circostanze nelle quali venivano di preferenza preparati. Il dizionario preso nel suo insieme diventa in tal modo una vera e propria enciclopedia della vita tiranese, tanto più che R. Bracchi sotto il titolo Viaggio nelle memorie lo introduce magistralmente con una raccolta di locuzioni e proverbi che prende in considerazione tutti i settori della vita, introduzione che meriterebbe una recensione a parte. È d’altronde proprio la prefazione di R. Bracchi che ci dimostra che nemmeno un secondo dizionario basta per presentare nella sua globalità il tesoro lessicale tiranese. Mancano ad es. nello stesso dizionario di F i termini citati nella prefazione sulàstru, sbàra, musinà, vernigamént, murdîgia, sturnégia, gàina, galòria, galàc’, vermigùn, griéri, grilerìa, niascià, staladìsc, scagazà, petadìna, medegòz, strafüsàri, lèrgna, spuntadüra, scrünegà, tulòc’, urbéra, ciaùn, parüch, mach, patùna, maiastùpa e l’elenco non pretende di essere esaustivo. Sono d’altronde da rilevare divergenze fra forme date nella prefazione e forme presenti nel dizionario, quali curnagìn - curnigìn, scigàmbula - scigàmùla, gabùs - gabüüs. Un confronto diretto fra i due dizionari rivela da un lato differenze di significato per la stessa voce, e dall’altro una lunghissima serie di lemmi presenti nell’uno e mancanti nell’altro. Per il primo caso citiamo ad es. mìgula F ‘cosa da poco’, P ‘briciola, caccola del naso’; menafrècc F ‘persona tenuta in poca considerazione, persona indifferente a tutto quello che succede’, P ‘disfattista, uno che si scoraggia, indolente’; mèla F ‘coltello (ricurvo) a serramanico’, P ‘falcetto’; müdà F ‘emigrare, cambiare residenza, avviarsi verso gli alpeggi’, P ‘travasare il vino, trasferirsi col bestiame dal piano alla montagna o vicecersa’; fa nèt F ‘impoverire, andare in miseria’, P ‘sperperare, pulire, spazzare’; müga F ‘gelone’, P ‘formicolio ai piedi’; pià F ‘accendere’, P ‘pungere’; regnà F ‘comandare’, P ‘produrre’; regundà F (tr.) ‘mettere a posto’, P (rifl.) ‘decidersi’; sparàgn F ‘risparmio’, P ‘avaro’; taròz F ‘antico tradizionale piatto tiranese’, P ‘individuo maldestro, miscuglio, pietanza valtellinese’. Talvolta capita che di due termini omonimi F ne registra l’uno e P l’altro come per es. F pas (agg.) ‘appassito’, P pas (escl.) ‘e a dire’, o F trüch ‘trucco, imbroglio’, P trüch ‘mazzaranga per battere il selciato, attrezzo per pigiare l’uva nei tini’. In altri casi i due dizionari registrano con lo stesso significato forme assai diverse: F remùndula, P remùndi (pl.) ‘strisce d‘erba difficilmente falciabili ai margini d’un prato’; F in tòldera, P in titòldera ‘a zonzo’. Potrebbe trattarsi di un errore di stampa nell’uno o nell’altro dei due testi nel caso di F a titòta, P a titòla ‘a cavalcioni’. Innumerevoli sono i termini anche tipicamente locali presenti in uno dei due dizionari e tralasciati nell’altro. Nel solo settore alfabetico MI - MU F elenca ad es. i lemmi mancanti in P mezèna ‘metà animale tagliato lungo la spina dorsale’, mignìn ‘infiorescenza del salice’, mignògna ‘complimento, sdolcinatura’, müf ‘pino mugo’, müga ‘gelone’, muntùn ‘grande mucchio di fieno’, muntunà ‘ammucchiare il fieno’, murtòri ‘luogo triste’, muschiröla ‘armadietto per conservare alimenti’, musìn ‘moscerino’, must ‘mosto’, mentre P viceversa registra minüdèi ‘briciole di pasta fresca usate per fare una minestra’, mògul ‘tonto, scapolo’, mòmul ‘deretano’, muncèch ‘sporco’, mundulùn ‘vestito trasandato’, mustùs ‘morbido’, mütria ‘muso lungo’. Da questo breve elenco sembra risultare per F un maggior interesse per elementi concreti, per P una maggior sensibilità per elementi espressivi. Questa impressione viene però confermata solo parzialmente dal gruppo alfabetico TA -TI. Mancano così in F tarlüch “persona di nessun conto”, taròt ‘miscuglio’, tégia ‘piccola costruzione seminterrata dove sugli alpeggi si conserva il latte’, terséri ‘travi orizzontali del tetto’, tésa ‘lunga bevuta, misura di lunghezza’, andà a tililàch ‘barcollare, andare tentoni, non saper prendere una decisione’, mentre mancano in P tartaià ‘balbettare’, tartìfula ‘patata’, tascìna ‘specie di cuffia che si mette ai buoi durante il lavoro nei campi’, taulàa ‘fondo della crapena (parte del sottotetto)’, taulàz ‘semplicissimo tavolo su cui si mette la frutta da conservare per l’inverno’, tem- 242 Besprechungen - Comptes rendus pestîna ‘tipo di pasta a chicchi minuti’, tempuràn ‘precoce, che matura presto’, téenc’ ‘nerofumo, fuliggine’, teramàta ‘persona che proviene dal meridione’. Da questi pochi esempi risulta comunque chiaramente che F , anche a prescindere dalla ricchezza delle indicazioni enciclopediche che contiene, costituisce un complemento non solo utile, ma francamente indispensabile di P. A conclusione di questa breve segnalazione non vorrei tralasciare di accennare ad alcuni elementi che dimostrano lo stretto legame che esiste fra i dialetti della Svizzera italiana (e non solo i poschiavini) e quelli della Valtellina. L’antica tradizione della sèra, secondo la quale, quando un forést sposa una ragazza del paese, egli deve versare un tributo ai giovani del luogo è tanto diffusa, che difficilmente essa può esser attribuita a un origine bormina. Dire di un corso d’acqua o di una cascata che è vistì da la fèsta è ampiamente attestato nella Svizzera italiana (cf. per es. per Airolo F. Beffa 1998: 330 1 ). Fa cruseti ‘saltare il pasto, sperare invano’ può esser accostato a fa medài e crosett, usato nel mio dialetto materno della Collina d’Oro per ‘fare con scarso successo sforzi sproporzionati’. Abòt ‘abbastanza, a sufficienza’, corrisponde a abòtt ‘abbastanza, abbondantemente’ attestato in tutto il Grigioni italiano (cf. VSI 1.19). I tedeschismi mas’ciòos ‘lucchetto’, e menegòolt ‘bietola da costa’ riappaiono anche in dialetti ticinesi, il primo ad es. nella forma maslòss a Comologno (B. Candolfi 1985: 217) 2 , il secondo come maniöit ad Airolo (F. Beffa 1998: 178). Molti altri esempi potrebbero essere addotti, ma a voler citarli tutti si supererebbero i limiti di questo breve accenno. Rimane comunque valida la costatazione che il volume qui segnalato merita l’attenzione di una vastissima cerchia di lettori ed in primo luogo di tutti gli studiosi di dialettologia e di tradizioni popolari lombarde. F. Spiess H Antonietta Scarano, Frasi relative e pseudo-relative in italiano. Sintassi, semantica e articolazione dell’informazione, Roma (Bulzoni Editore) 2002, 174 p. Il volume di Antonietta Scarano sulle clausole relative e pseudo-relative dell’italiano è un bell’esempio di quanto possa essere costruttivo e illuminante un approccio delle configurazioni linguistiche che faccia interagire, in modo sistematico e ragionato, sintassi, intonazione, semantica e - utilizzando un sintagma caro a Oswald Ducrot - «pragmatica integrata» 1 . Solo in questo modo è infatti possibile raggiungere quella precisione descrittiva necessaria per poter cogliere la vera peculiarità del costrutto in esame e per poterlo inserire correttamente in un insieme di costruzioni vicine e/ o alternative: insieme la cui identificazione è a sua volta una condizione sine qua non per capirne in modo corretto l’evoluzione storica (dalla sincronia alla diacronia) e in modo non superficiale la funzione testuale (dalla «linguistica della frase» alla linguistica del testo). Lo scopo dello studio consiste nel caratterizzare le forme e i significati delle cosiddette pseudo-relative, all’interno di una più generale ridefinizione del sistema delle strutture re- 1 Fabio Beffa, Vocabolario fraseologico del dialetto di Airolo, Strumenti e documenti per lo studio del passato della Svizzera Italiana, Bellinzona (humilibus consentientes), 1998 2 Cultura popolare e dialetto a Comologno nell’Onsernone, Losone (Associazione Amici di Comologno), 1985 1 La «pragmatica integrata» coglie grosso modo quegli aspetti del significato codificato linguisticamente che non sono trattabili in termini strettamente verocondizionali (aspetto il cui studio pertiene dunque alla semantica); tra gli innumerevoli titoli possibili, cf. ad esempio O. Ducrot 1972: Dire et ne pas dire. Principes de sémantique linguistique, Paris.