Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/121
2003
621
Kristol De StefaniCarlo Pulsoni, Repertorio delle attribuzioni discordanti nelle lirica trobadorica, Modena (Mucchi) 2001, viii + 508 p.
121
2003
P. Gresti
vox6210320
320 Besprechungen - Comptes rendus scientifique qui le guidait. Nous comprenons mieux les choses aujourd’hui. Mais si nous avons vu avec amertume comment la science était mise par nos voisins au service des passions les moins désintéressées, nous ne songerons pas à les imiter. Nous ne saurions pas mêler la haine à l’érudition et le pharisaïsme à la critique 6 . Bei Gröber ist der Fall besonders krass: präsentiert er einerseits im Grundriss die Romanistik als eine Disziplin im Dienste der Völkerverständigung, so arbeitet er andererseits, fast zur selben Zeit, an einem Aphorismenbändchen, in welchem er die übelsten nationalen Vorurteile zementiert . . . 7 U. Bähler H Carlo Pulsoni, Repertorio delle attribuzioni discordanti nelle lirica trobadorica, Modena (Mucchi) 2001, viii + 508 p. Con questo ponderoso e meritorio volume, che apre la nuova serie degli Studi, testi e manuali, nonché quella dei Subsidia al Corpus des troubadours, Carlo Pulsoni si propone di repertoriare «con una schedatura realmente ‘neutra’» (8) tutti quei casi in cui i canzonieri che trasmettono la lirica trobadorica esibiscono delle divergenze attributive. Il lavoro è imponente, visto che «su quasi 2600 componimenti che costituiscono il corpus poetico provenzale, un quindici per cento circa presenta attestazioni plurime» (1). È un peccato, però, che non vengano presi in considerazione anche gli episodi in cui si affrontano attribuzione vs anonimato, quell’opposizione cioè che viene schematizzata con la formula x vs 0. Può suscitare una certa sorpresa la pubblicazione di questo Repertorio esclusivamente in forma di volume, vista la presenza oramai invasiva dei cosiddetti supporti informatici sulle nostre scrivanie. Chi scrive in verità non ha una passione aprioristica nei confronti delle nuove tecnologie: sarebbe però stolto negarne l’indubbia utilità, soprattutto per quanto riguarda i repertorî, nelle loro varie tipologie. Così anche la consultazione del materiale qui presentato sarebbe senz’altro più ricca se potesse essere (almeno) accompagnata da cd-rom. Comunque sia, la necessità di un repertorio che schedasse, basandosi «unicamente sulle rubriche dei codici» (8), i casi di paternità dubbia nella lirica provenzale, è evidente, giacché l’aggiornamento del Grundriss zur Geschichte der provenzalischen Literatur di K. Bartsch (1872), compiuto da A. Pillet e H. Carstens nella Bibliographie der Trobadors (1933), del resto più che encomiabile, non ha mutato di molto il panorama in fatto di attribuzioni: quando si presentano paternità plurime per un testo, il Bartsch si affida alla maggioranza dei manoscritti relatori di quel certo componimento, ovvero alla testimonianza del codice siglato A. Già per aver colmato questa lacuna il Repertorio di cui qui si discorre merita il superlativo utilissimo di cui è stato recentemente fregiato 1 . Come sottolinea Pulsoni, «nella maggioranza dei casi (68 % circa) il problema attributivo si limita a due soli autori» (9); relativamente poche sono le attribuzioni a tre o quattro autori; pochissime quelle a cinque, sei, sette trovatori differenti. Il componimento che vanta il maggior numero di assegnazioni è Longa sazon ai estat vas amor (BdT 276.1), contesa da ben nove poeti. Nell’Introduzione Pulsoni propone delle ipotesi per cercare d’individuare le cause che possono aver determinato la diffrazione attributiva nei canzonieri provenzali: pur senza, mi 6 «A nos lecteurs», Revue critique d’histoire et de littérature, 1872, 1er semestre, p. 2. 7 G. Gröber, Wahrnehmungen und Gedanken (1875-1910), Strassburg s. d. 1 Si veda la Presentazione di F. Brugnolo al volume A. Barbieri/ A. Favero/ F. Gambino, L’eclissi dell’artefice. Sondaggi sull’anonimato nei canzonieri medievali romanzi, Alessandria 2002: 8. 321 Besprechungen - Comptes rendus pare, esibire novità di rilievo, queste pagine sono un’agile mise au point, un utile campo-base per ulteriori future escursioni sul tema. Si parte dalle rubriche dei manoscritti: negli antecedenti dei canzonieri che sono giunti fino a noi, esse dovevano essere, in molti casi, abbreviate, e questo spiega il motivo per cui molti componimenti che presentano attribuzioni plurime «coinvolgono trovatori con lo stesso nome . . . oppure con lo stesso luogo di provenienza» (13). Altra constatazione è che nella maggior parte dei casi i trovatori che compartecipano alla discrasia attributiva sono coevi, e a volte hanno scambiato tra loro tenzoni, o hanno frequentato le medesime corti: sono cioè in vario modo assimilabili. Le «ragioni codicologiche» e le «ragioni contenutistiche e analogiche» (14) sono le due categorie-guida del ragionamento di Pulsoni. Tra le prime un posto di spicco occupa, cela va de soi, la nota tendenza dei compilatori dei canzonieri a servirsi di varie fonti: questo provoca inevitabilmente, oltre alla nota frammentazione variantistica, testimoniata dalla varia lectio, una possibile pluralità attributiva. In questi casi il copista sceglie generalmente uno tra i due (o più) autori che le fonti gli presentano; altrimenti (come nel ms. H) può ‘filologicamente’ annotare le differenze, oppure, nel dubbio, abbandonare il testo all’anonimato. «Presentano spesso paternità alternative» quei «componimenti che si aprono con un incipit differente rispetto a quello ‘canonico’» (17): in effetti una buona percentuale dei componimenti che iniziano con strofe successive alla prima presentano «anche un autore differente rispetto al resto della tradizione» (ibidem). Ma anche la posizione di un componimento all’interno del corpus di un certo trovatore può essere all’origine di abbagli attributivi. Pulsoni ha elaborato a questo proposito le categorie di «errore seriativo progressivo» e «errore seriativo regressivo»: il primo si ha quando «i primi componimenti di una sezione risultano attribuiti al trovatore della sezione precedente» (18), il secondo, all’opposto, quando si trovano componimenti che chiudono una sezione e che sono attribuiti al poeta cui appartengono i testi di quella seguente. Se poi succede che i trovatori contigui appartengano l’uno alla categoria dei cosiddetti «maggiori», l’altro a quella dei cosiddetti «minori», càpita spesso che il secondo venga defraudato di qualche componimento a favore del primo. Ma si registra anche il comportamento contrario, soprattutto quando il minore è un giullare: allora colui che è mero esecutore di una canzone viene emancipato al rango di autore. A questo proposito pare un po’ ingenua la nota 59 di p. 21, ove si assimila questa particolarità della lirica trobadorica alla prassi del pubblico moderno che tende ad attribuire una canzonetta a colui che la esegue, e che spesso non è l’autore né del testo né della musica. Ma lirica trobadorica e musica leggera restano, a mio parere, due entità difficilmente commensurabili: nonostante le recenti (e per me assai discutibili) affermazioni di C. Giunta, Versi a un destinatario, Bologna 2002: 24-26. Analoga a queste tipologie è quella della «assenza d’autore», che si attua quando un trovatore non compare in una silloge pur essendo presente nella sua fonte (ciò può accadere ad esempio se la rubrica attributiva dell’antecedente è difficilmente decifrabile): in questo caso i componimenti del ghost-troubadour vengono attribuiti ad altri. Anche l’usanza di inviare componimenti poetici a un collega può determinare un cambio d’attribuzione, giacché il destinatario può diventare l’autore (che è quanto accade anche nella lirica italiana: si pensi alla cavalcantiana Fresca rosa novella attribuita in alcuni codici a Dante, al quale la ballata è dedicata). Alle «ragioni contenutistiche e analogiche» appartengono invece soprattutto quei casi di attestazioni plurime dovute alle analogie di contenuto e di forma, nonché alla prassi di riusare schemi metrici e/ o melodici particolari o molto famosi. Sono assai utili, e frutto di un lavoro accurato, le descrizioni dei codici che partecipano, in un modo o nell’altro, dei problemi attributivi (29-110). Le schede sono generalmente precise, e si chiudono sempre con l’indice degli autori: si dovrà aggiungere Uc Brunenc agli autori del ms. P (77), e togliere lo stesso trovatore dall’indice di LibMich (110). 322 Besprechungen - Comptes rendus Problematica è l’analisi di un gruppo di componimenti, e relative attribuzioni, trasmessi dal codice della Marciana, V 2 . A p. 89 Pulsoni elenca 21 casi in cui gli estensori della BdT, Pillet e Carstens, avrebbero frainteso le intenzioni attributive del compilatore del codice marciano. Prendiamo in considerazione il gruppo di 11 componimenti che secondo Pulsoni il compilatore di V - che ha l’abitudine di trascrivere la rubrica con il nome dell’autore solo in testa alla sezione senza ripeterla all’inizio di ciascun componimento - avrebbe inteso attribuire a Gausbert de Poicibot, e che invece nella BdT sono distribuiti variamente. Il primo testo della lista è Coindas razos e novellas plazens di Uc Brunenc (BdT 450.3), l’unica del trovatore rouergate trasmessa da V (f. 105r°). Pur pensando che il copista del codice abbia voluto annoverare questo e i dieci testi seguenti nel corpus di Gausbert, Pulsoni puntualizza in nota: «Va comunque notato che la canzone 30,9 è preceduta da uno spazio analogo a quello che viene solitamente lasciato quando si verifica un cambio di sezione. Non si può pertanto escludere che l’insieme di questi testi sia adespoto (da 30,9 a 370,10)» (89, N198). Ora, la canzone 30.9, cioè Bel m’es lo dous temps di Arnaut de Maruelh, che è la terza del gruppo, non è preceduta da alcuno spazio, e neppure quella che precede, cioè Tot en aital esperanza di Guiraut de Salaignac (249.5). È invece preceduta da ampio spazio bianco (seconda metà del f. 104v° e prima metà del 105r°), questa sì, la citata canzone di Uc Brunenc: l’anonimato è dunque (molto) probabile da questo testo in avanti. Se la mia interpretazione è corretta saranno pertanto da correggere tutte le schede relative a quei componimenti. Anzi, le schede relative a Uc Brunenc, a 30.9, a 47.4, a 234.4, a 366.7, a 370.3, a 370.4, a 370.14, sarebbero da eliminare, visto che l’unica attribuzione alternativa (quella di V) verrebbe a cadere: quelli citati sarebbero cioè casi tutt’al più di x vs 0, che il Repertorio non prende però in considerazione. Inoltre: l’ultimo testo della lista, BdT 370.10 (Perdigon, Mais no·m cug que sos gais), attribuita a Gausbert de Poicibot dal compilatore di V, secondo Pulsoni, considerata probabilmente anonima dallo stesso scrivano secondo me, è a testimonianza unica, e viene invece normalmente considerata di Perdigon 3 ; c’è dunque un problema attributivo evidente, una discrepanza tra le rubriche antiche e la moderna speculazione filologica che non viene però affrontata e descritta da alcuna scheda nel Repertorio, giusta le direttive di base che lo informano. La descrizione dei manoscritti è seguita dal corpus degli autori privi di scheda nella BdT (111-19). Una più cauta interpretazione delle rubriche dei canzonieri, infatti, evita le assimilazioni, a volte forse un po’ troppo frettolose, della BdT: così, ad es., non è detto che Peire Guillem de Luzerna e Peire Guillem senz’altra specificazione siano la stessa persona, o che Gausbert sia da identificare ipso facto con Gausbert de Poicibot. Troppo prudente, forse, l’aggiunta di Reimon Rascas, giacché Reimon - come del resto sospetta lo stesso Pulsoni - è quasi senz’altro un errore per Bermon, commesso dal copista di a 1 . Alla stessa stregua si sarebbe dovuto distinguere tra Peire de Blai (M) e Peire de Brau (C tav ), per En est son far chansonet’ai noelha (BdT 328.1). Le p. 121-30 sono occupate dalle istruzioni per l’uso del Repertorio. Quindi viene il Repertorio vero e proprio, diviso in Repertorio per manoscritti (133-312) e Repertorio per trovatori (315-449). Chiudono il volume degli Addenda (451-59), l’Indice dei Repertori (463- 83), con tutti i testi trattati in ordine alfabetico, la Bibliografia (485-505), dalla quale mancano curiosamente due articoli recenti: G. Tavani, «Capfinida per bordos: Peire de Blai e la sua chansoneta novelha (BdT 328,1)», Critica del Testo 2/ 2 (1999): 555-64, e P. Gresti, «La canzone (BdT 328.1)», ZRPh. 116/ 2 (2000): 237-59, che pure si occupano di un testo duplicemente attribuito. 2 Preciso subito che ho effettuato i controlli sul microfilm, non sull’originale. 3 Cf. l’edizione curata da H. J. Chaytor, Paris 1926. 323 Besprechungen - Comptes rendus I due Repertori, entrambi organizzati per ordine alfabetico, sono di agile consultazione, e danno al lettore tutte le informazioni desiderate: il che è qualità primaria per un’opera che, come osserva Anna Ferrari nella Premessa, ha una «primaria funzione di consultazione» (vii). Nelle schede del Repertorio per trovatori sarebbe forse stato opportuno inserire i rinvii alle schede del Repertorio per manoscritti, visto che non sono trascritti gli incipit dei componimenti, ma solo il riferimento al numero della BdT: il che ostacola non di poco il reperimento del testo che si sta cercando. D’altra parte, anche nel Repertorio per manoscritti avrei aggiunto, accanto al numero progressivo di ogni scheda, il rinvio, magari in corpo minore, alle altre schede «gemelle», per facilitarne la ricerca. I sondaggi effettuati, abbastanza numerosi, hanno permesso di constatare l’elevata precisione in un lavoro nel quale, dato il cospicuo numero delle schede inventariate (1005 per ognuna delle due parti del Repertorio), la presenza di alcuni errori sarebbe comunque da considerare fisiologica; dal Repertorio per manoscritti segnalo un paio di inesattezze. Le schede 34 e 901, che si riferiscono a Aquest terminis clars e gens di Guiraut de Bornelh (BdT 242.12), non sono complete: in 34 manca il ms. Q nell’intestazione della scheda, mentre il ms. O manca sia nella colonna di sinistra di 34, sia nella colonna di destra di 901, pur essendo presente nell’intestazione della prima scheda; e infatti, secondo la testimonianza della BdT (ma cf. anche la recente edizione a cura di R. V. Sharman, Cambridge 1989: 104) il ms. O non trasmette questa lirica. Si aggiunga che questa canzone è trasmessa anche dal ms. Sg (f. 66v°-67r°), che però non compare in nessuna delle due fiches del Repertorio di Pulsoni (ma la mancanza è spiegabile: il ms. in questione è fantasma sia nella scheda della BdT, sia nelle edizioni del trovatore). Il secondo caso è analogo: nella colonna di destra della scheda 429 (Anc mais nuls hom no fon apodertaz di Pistoleta, BdT 372.2) manca la menzione del ms. G, nel quale il testo figura anonimo; il codice risulta invece correttamente nell’altra scheda relativa al componimento, la 300. P. Gresti H Paolo Gresti, Il trovatore Uc Brunenc. Edizione critica con commento, glossario e rimario, Tübingen (Niemeyer) 2001, xlviii + 150 p. (Beihefte zur Zeitschrift für romanische Philologie 309) L’edizione critica che qui si recensisce è costruita nel modo seguente: Bibliografia (ix-xxiv), Introduzione che si articola in 1. Notizie biografiche (xxv-xxxiii), 2. Metrica (xxxiii-xl), 3. La tradizione manoscritta (xl-xlviii), e canzoni di cui si presentano partitamente la tradizione (manoscritti, edizioni, schema metrico, ordine delle strofe, esame dei luoghi critici), il testo e il commento: i Ab plazer receup et acuoill (BdT 405,1: 3-23), ii Ara.m nafront li sospir (BdT 405,2: 24-40), iii Coindas razos e novellas plazens (BdT 405,3: 41-55) la cui melodia è riportata nel paragrafo Canzone III . Melodia (130-31), iv Cortesamen mou en mon cor mesclanza (BdT 405,4: 56-77), v Puois l’adrechs temps ven chantan e rizen (BdT 405,7: 78-104), vi Lanquan son li rozier vermeil (BdT 405,6: 105-22). Seguono Appendice: Planh di Daude de Pradas per la morte di Uc Brunenc Ben deu esser solatz marritz (BdT 124,4) (123-29), Rimario (132-35), Index verborum (136-47), Indice degli autori antichi citati nel commento (148-50). Ex professo l’editore affronta il problema della sequenza delle canzoni in un paragrafo intitolato «L’ordine delle canzoni» (§3.2: xliv-xlvi). Se « . . . non sembra agevole stabilire, sulla base della tradizione manoscritta e del contenuto, quale potesse essere l’ordine del canzoniere di Uc in origine, ammesso che l’autore lo abbia in qualche modo voluto organizzare.» (xliv), dove si ammira, come altrove in questo lavoro, la ragionevolissima prudenza, non si dichiara però esplicitamente che l’ordine adottato nell’edizione è di tipo «cro-
