Vox Romanica
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2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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Kristol De StefaniBiblioteca agiografica italiana (BAI). Repertorio di testi e manoscritti, secoli XIII-XV a cura di Jacques Dalarun, Lino Leonardi e di Maria Teresa Dinale, Beatrice Fedi, Giovanna Frosini et al. Prefazione di Claudio Leonardi, André Vauchez, 2 vol., Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2003, ix + 297 e x + 734 p. + un fascicolo con CD-ROM (Archivio romanzo 4)
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M. Danzi
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das italiano togato erweist sich als konservativ. Interessant für die Beurteilung von esso ist die nur partielle Opposition zu egli: Da esso durchaus auch auf menschliche Referenten Bezug nehmen kann, erweist sich die Opposition anders als gemeinhin vermutet also auf die Referenz beschränkt (persönlich (egli) vs. unpersönlich (esso)). Die komplexe Bildung von Ortsadverbien in den alpinlombardischen Varietäten der Schweiz ist das Thema des Beitrages von Federico Spiess, der jedoch die Motivation für die Komplexität in dem Wunsch nach Präzision im sprachlichen Ausdruck gegeben sieht («Pleonasmus und Expressivität bei Ortsadverbien in den Dialekten der italienischen Schweiz», 315-21). Trotz der auffälligen geophysiologischen Bedingungen ist aber gerade diese Besonderheit in angrenzenden Idiomen nicht gegeben, die weniger expressiv, aber deshalb nicht notwendigerweise weniger präzise im Ausdruck sind. Der abschließende Beitrag von Lotte Zörner ist der lautlichen Untersuchung frankoprovenzalischer Varietäten im Piemont (Orco- und Soanatal) gewidmet («Das Frankoprovenzalische des Orco-Tals, ein ‹français retardé›? », 323-34). Ausgehend von der Frage Schmids, ob das Frankoprovenzalische ein in der Entwicklung verlangsamtes Französisch sei, hebt die Autorin hervor, dass zwar die untersuchten Varietäten sehr wohl konservative Züge besitzen, aber auch originell innovativ sind, was etwa in der Auflösung der Nexus bestehend aus s + Konsonant zu sehen ist (z. B. mittels Palatalisierung: fraxinu *frásnu [fra u]). Abschließend lässt sich zu dem vorliegenden Band sagen, dass die wenn auch z. T. sehr heterogenen Artikel einen interessanten Überblick über Thematiken erlauben, die den Geehrten in seinen Schriften und in der Konzeption des Rumantsch Grischun und Ladin Dolomitan beschäftigt haben, aber auch Projektbeschreibungen und Rückblenden einbinden. Somit werden Fragestellungen in den Vordergrund gerückt, die Minderheitensprachen im Allgemeinen betreffen, zu denen z. T. detailorientierte Analysen gegeben werden. Gerade in der Auseinandersetzung mit Schmid wichtigen Themenkreisen wird die Anteilnahme an seinem romanistischen Schaffen besonders deutlich. S. Heinemann ★ Biblioteca agiografica italiana (BAI). Repertorio di testi e manoscritti, secoli XIII-XV a cura di Jacques Dalarun, Lino Leonardi e di Maria Teresa Dinale, Beatrice Fedi, Giovanna Frosini et al. Prefazione di Claudio Leonardi, André Vauchez, 2 vol., Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2003, ix + 297 e x + 734 p. + un fascicolo con CD-ROM (Archivio romanzo 4) In splendida veste tipografica esce, dopo dieci anni di lavoro, la Biblioteca agiografica italiana, massiccio e nuovo censimento di manoscritti e stampe a carattere agiografico, dunque di fonti scritte dedicate ai santi, diretto da Lino Leonardi, Jacques Delarun e condotto a buon esito da una larga équipe di collaboratori: Maria Teresa Dinale, Beatrice Fedi e Giovanna Frosini, che hanno allestito la maggior parte dei dossiers (e condividono la curatela) e Luchina Branciani, Patrizia Frosini, Paolo Mariani, Silvia Nocentini, Domenico Cinalli, Raffaella Pelosini, Fabio Zinelli, Myriam Chopin e Tommaso di Carpegna, che hanno collaborato in modo fondamentale al censimento, proceduto sotto la consulenza di Claudio Leonardi e Antonella Degli Innocenti. L’impresa si inserisce in una linea di ricerca sulla letteratura italiana medievale che ha dato esiti di grande importanza come i quattro volumi de I canzonieri della lirica italiana delle Origini, curati da Lino Leonardi nel 2001 (un progetto che si estenderà all’inventariazione dei codici d’epoca stilnovistica fino a Dante e oltre) ed è il risultato della collabora- 280 Besprechungen - Comptes rendus zione fra l’École Française de Rome e la Fondazione Ezio Franceschini, due istituzioni i cui nomi non richiedono nota di sorta. Certo quattro generazioni dividono la più giovane Fondazione Ezio Franceschini (1987) dall’EFR (tale a partire dal 1875): ma i medievisti, storici e letterati, sanno cosa la Fondazione ha prodotto in questa diversa anzianità di servizio e di ricerca a servizio del Medioevo, fra studi, convegni, edizioni di testi, collane create e riviste edite (ricordo qui solo per la prossimità d’argomento la rivista «Hagiographica» nata nel 1994 e i suoi «quaderni» attivi dal 2000), ecc., e ciò che ancora è in progetto; senza dire delle biblioteche acquisite, con cui la Fondazione alimenta il suo patrimonio librario medievale e romanzo, come quella - credo ultima in ordine di entrata - di Gianfranco Contini. È questo il primo repertorio di testi volgari italiani, editi e inediti compresi fino al 1500, consacrati ai Santi: una costellazione di 548 nomi, documentati da 1776 testi (di cui 1104 manoscritti), in prosa e meno in poesia, censiti sull’arco di tre secoli. Considerata la mancanza in Italia di un ente come il francese «Institut de Recherche et d’Histoire des Textes» cui sia affidata l’inventariazione e l’edizione dei testi medievali e, dunque, l’assenza di un programma unitario nella pubblicazione delle fonti e la loro inevitabile dispersione in sedi editoriali molto diverse, spesso regionali e locali, l’impresa appare notevolissima e i criteri scelti per realizzarla non d’ordine solo «esterno». Le biblioteche censite appaiono intanto in numero di 161, delle quali 29 straniere (contando la Biblioteca Vaticana), comprendenti tutte le principali biblioteche europee, ma nessuna svizzera. Le sedi messe maggiormente a profitto per i testi sono, nell’ordine, Firenze (schede 129-616), Venezia (1033-84), Oxford (750-94) e Milano (650-92). La cesura posta al 1500 coincide con un discrimine ormai generalmente accettato nella storia del libro a stampa. Il modello dell’operazione è invece frutto di un’opzione, che i curatori indicano nella Bibliotheca agiografica latina antiquae et mediae aetatis della «Société des Bollandistes» di Bruxelles (1898-1901 e seguenti per i supplementi), principale strumento per quest’ambito di ricerca, se pur esclusivamente latino. Non mancavano sul tema dei santi strumenti di lavoro anche recenti, con i 14 volumi della Bibliotheca sanctorum (1961-87), la tesi di André Vauchez su La sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen Age (1981) e il più recente Grande libro dei santi. Dizionario enciclopedico, curato da Claudio Leonardi in 3 volumi (1998) e altri studi. Ciò che mancava era un’impresa che fotografasse, attraverso il censimento dei materiali, la diffusione e la varietà del tema agiografico nella tradizione in volgare, avvertito, come fanno i curatori, che «non sono i santi a dover essere italiani, e a rigore nemmeno gli agiografi, ma sono i testi agiografici» (5). Costatazione che - si capisce - apre le porte al vasto fenomeno delle traduzioni, dei volgarizzamenti, degli «adattamenti», ecc., che le schede si sforzano di segnalare ogni volta che ne sia stato possibile il riconoscimento. Il primo problema affrontato dai curatori è consistito nella definizione dei testi presi in conto come «agiografici», relativi cioè alla vita e al culto di un santo, che rispondono in genere a una tipologia relativamente fissa (natività, vita, passione, miracoli, canonizzazione, ecc.) e nell’eliminazione di altri, come per es. le raccolte di exempla, le sacre rappresentazioni e in parte le laudi, che o sfuggivano a quei criteri o erano già state oggetto di inventariazioni esaustive per l’area italiana.Anche sono qui escluse, ad eccezione di casi particolari, le opere stesse del santo o quella larga letteratura fatta di rivelazioni, profezie, meditazioni. La BAI, che sotto tutti i rispetti si affianca dunque ai Volgarizzamenti biblici alla cui pubblicazione si lavora alla Fondazione, è stata pensata fin dall’inizio come un archivio informatico. Un CD-ROM accompagna la versione cartacea, con la conseguenza di ampliare considerevolmente le potenzialità di ricerca, soprattutto attraverso la terza modalità di interrogazione che permette di incrociare i dati dei quattro archivi in cui l’opera si struttura (l’archivio Santi, quello dei Testi, la Bibliografia e i Manoscritti). Si possono in tal modo ottenere dati per esempio sul numero di testi appartenenti ad una determinata epoca (poniamo quelli duecenteschi, qui abbastanza rari), sulla loro area linguistica (per es. veneta, 281 Besprechungen - Comptes rendus emiliana, lombarda, ecc.) o ancora sulla bibliografia relativa a un genere particolare di testo, ecc. Appare evidente, dunque, la sua ricca potenzialità di applicazione, per altro illustrata con grande chiarezza nel fascicolo che accompagna il CD-ROM. Nel primo volume, insieme all’Introduzione firmata da Jacques Dalarun e Lino Leonardi - vivace «mode d’emploi», ma altrettanto acuta riflessione sulle occasioni di ricerca che ora la Biblioteca rende possibile -, si segnalano le peculiarità dell’opera rispetto all’illustre modello bollandista 1 , senza nasconderne i limiti che sono quelli di uno strumento operativo a carattere erudito («la funzione stessa degli strumenti di erudizione consiste appunto nell’alimentare le ricerche che li rendano col tempo parzialmente obsoleti», 18). Segue un elenco dei testi censiti, presenti in sigla e organizzato per luoghi e biblioteche (33-200) e una serie di indici: della bibliografia, degli incipit dei testi, degli «autori e dei traduttori», dei copisti e dei possessori. Anche senza impiegare il CD-ROM, semplicemente scorrendo gli indici si ricavano subito elementi di interesse più generale. La notevole presenza, per esempio, nell’indice dei possessori, di un pubblico femminile per questi testi, con la presenza di preziosi codici miniati (un braidense per Bona di Savoia, moglie di Galeazzo Maria Sforza con il testo di Barlaam e Josafat coronato da 60 miniature di scuola lombarda o anche le Vite dei santi padri di un ms. parigino dono a Ippolita Sforza per le nozze con Alfonso d’Aragona) 2 o di altrettanto notevoli manoscritti relativi a possessori che possono appartenere a un ceto nobiliare e a volte esserne i diretti committenti, come la marchesa Caterina Pallavicino per un codice delle Vite di santi padri dei primi anni settanta del Quattrocento (un codice analogo, appartenente agli stessi anni, possiede anche la duchessa di Termoli Giovannella Caracciolo), o più semplicemente buone mogli di borghesi, donne di casa e naturalmente religiose e suore. Così, la Pallavicino o la Caracciolo formano una composita costellazione in cui può rientrare per es. Violante Bentivoglio, che possiede una Vita di Caterina Vigri autografa di Sabadino degli Arienti in un codice della Palatina di Parma (vol. II, 149-50), l’oscura moglie di Francesco Aghinetti o una non meglio nota «Monna Lionarda», oltre a varie monache o suore. Non conta qui tanto il (pur importante) carattere inedito o addirittura ignoto delle testimonianze (la BAI riunisce in genere i suoi materiali sulla base di altri cataloghi a stampa), importa il fatto che da una tale vasta indicizzazione si possano ora intravedere per la prima volta una rete e un pubblico per questi testi. Un discorso analogo può a maggior ragione essere fatto per i nomi che compaiono riuniti nell’indice dei copisti e dei possessori. Anche qui, in gran parte, testi, possessori e menanti erano noti perché registrati in cataloghi a stampa, ma vederli ora indicizzati insieme in un repertorio agiografico di questa ampiezza dà informazioni nuove sugli ambiti di circolazione. Così, accanto a possessori di alto statuto culturale come Giano Parrasio, Jacopo Corbinelli, Achille Stazio, Diego Hurtado de Mendoza, Celso Cittadini, forse lo stesso Aldo Manuzio (scheda 832), e financo (a un diverso livello) un Giovani Mazzuoli detto lo Stradino, ecc., si incontrano figure di più basso livello come il saponaio Antonio di Guido Berti (scheda 471) o, come pare ovvio in questo ambito di testi, confraternite e conventi. Sul fronte dei copisti attivi, mi paiono notevoli i nomi di Amaretto Mannelli, il cui figlio copia il famoso Decameron laurenziano, Giovanni Gherardo da Prato, Bartolomeo Paganelli, identificabile credo col poeta latino vicino a Boiardo (schede 447 e 42) e Bernardo Machiavelli, per un codice riccardiano che datato al 1460 probabilmente è da riportare al padre di Niccolò (scheda 535). Due zibaldoni, per altro ben noti, come quelli del fiorentino Giovanni d’Antonio 282 Besprechungen - Comptes rendus 1 Sostanzialmente l’esclusione di testi su Gesù e Maria (che avrebbe recato «una massa di testi difficilmente definibili» (3), l’allungamento di incipit e explicit, dovuto alla peculiarità di testi volgari in genere meno compatti dei latini e l’assenza di controllo dei codici registrati, che sono elencati e descritti sulla base delle fonti cui si rinvia. 2 Rispettivamente Braidense AC XI 37 e BnF, Rés. 1516 IV, descritti nel vol. II, schede 683 e 829. Scarlatti o del milanese Bartolomeo Sacchella (oggi all’Ambrosiana e alla Braidense di Milano), sono qui registrati per il loro apporto di testi agiografici (schede 672 e 685). Ma non sono che esempi di uno sfruttamento «diverso» che questo strumento ora permette. Ritornando al centro del problema, nessuno dubita dell’impatto e dell’importanza di una tradizione agiografica volgare in un’Italia che, per restare ai primi secoli, annovera accanto alla vitalità della predicazione, della produzione connessa alla figura di Francesco d’Assisi, di una raccolta come la Legenda aurea o delle Vite del Cavalca, scrittori come Caterina da Siena, Giovanni Colombini, Feo Belcari e generi letterari come il poemetto, la lauda, il cantare d’argomento sacro, ecc. Una radiografia di questa varia produzione, sub specie agiographiae (e i nomi fatti escono tutti dall’indice degli autori), è dunque per più versi, sul versante letterario come su quello storico-artistico, fondamentale: si pensi ancora alla fortuna romanza di Sant’Alessio e al Ritmo italiano a lui dedicato (1218), con cui si fa coincidere la nascita della letteratura agiografica in Italia. La BAI offre da questo punto di vista una ricchissima informazione fin nell’organizzazione delle schede, dove prendendo dal secondo volume che organizza la materia per ordine alfabetico di nomi, si trova accanto ad una prima scheda col nome del santo e il titolo dell’opera, la sua qualifica (evangelista, martire, papa, patriarca, vescovo, priore, ecc.), la data presunta o certa, eventuali varianti note del nome, l’appartenenza eventuale a un ordine, nonché il rinvio alle principali fonti, che per i testi in prosa è spesso, con altri strumenti, la Bibliotheca Hagiographica Latina (BHL) e per quelli in poesia sono più frequentemente le edizioni del testo e gli studi. Per gli uni e gli altri si trovano le indicazioni dei cataloghi di stampati (IGI, Gesamtkatalog, ecc.) o di repertori forniti da vari studiosi in ambiti particolari (Delcorno, Cioni, ecc.). Un numero, posto accanto alla sigla del nome, avverte di quanti testi si troveranno sotto quel nome. Alla scheda sul santo fanno seguito quelle sui testi ad esso relativi, disposti secondo momenti riconoscibili della tipologia agiografica (Natività, Vita, Passione, Transito, ecc.), e corredati da titolo, datazione, indicazione della varietà del volgare, e una serie del riferimenti che vanno dall’indicazioni delle edizioni di riferimento a quella della loro natura eventualmente inedita (tali sono 234 testi per 220 santi). Cade qui un’osservazione relativa, ancora una volta, a uno dei tanti fatti che ora questo strumento permette di osservare. A scorrere l’indice dei nomi, con l’attenzione portata al numero di testi volgari per autore, si vede facilmente che sui più di 500 santi solo 26 beneficiano di un numero di testi uguale o superiore a 10 (la gran maggioranza naviga fra 1 e 4 con prevalenza di numeri bassi). E si tratta spesso di figure fra le meno «canoniche» (pensando ai canoni di Trento) e invece più popolari. Diciamo che accanto a Francesco (con un massimo di 27 testi) e agli evangelisti (ma solo Giovanni ha più di 10 testi), compaiono figure come Agata di Catania, Agatone di Scete, i leggendari Barlaam e Josafat, Cristoforo, Patrizio, ecc. O, a scendere sotto i 10 testi di riferimento, personaggi altrettanto leggendari come Brendano, Tundal o Vergogna, o figure che la Chiesa non ha mai tenuto in odore di santità come Jacopone da Todi, scomunicato, imprigionato da un Bonifacio VIII (del quale sappiamo cosa lo Spirituale rigorista pensasse) o ancora un fra Michele Minorita, bruciato a Firenze come eretico nel 1389. Qui la scelta del limite cronologico più «neutro» individuato dalla data del 1500, invece che dell’altro pensabile, ma indubbiamente più orientato e «culturale», costituito dagli orientamenti usciti da Trento, pare particolarmente felice nel dar conto, insieme, di una varietà non ancora passata al setaccio della spiritualità tridentina come del rilievo che hanno le (in tal modo isolate) testimonianze incunabole, che si rivelano a volte il solo testimone di un testo 3 . 283 Besprechungen - Comptes rendus 3 È il caso del poemetto in terzine del veronese Giorgio Sommariva sulla passione di Sebastiano da Porto Buffolé, tradito da una stampa del 1480 oggi sopravvissuta alla Marciana di Venezia (vol. II, 639-40). Esistono accanto a singoli nomi di santi anche importanti costellazioni storico-culturali di testi che hanno posto particolari problemi d’inventariazione. Nella grande fortuna di opere come la Legenda aurea di Iacopo da Varazze o del Libro dei Dialoghi di Gregorio Magno, i curatori sono stati confrontati alla difficoltà di riconoscere le varie versioni del testo volgarizzato, nonché la varietà linguistica in cui si iscrive. Così per la sola Legenda aurea, sulla quale gli studi sotto questo profilo non sono numerosi (a frutto son qui messi particolarmente quelli di Marucci e di Mariani dedicati ai volgarizzamenti del testo), abbiamo ora il riconoscimento di ben undici versioni del testo: 6 toscane, di cui 5 inedite che si aggiungono a quella edita male dal Levasti nel 1924-26 4 , 2 venete (di cui una inedita), una genovese, una proveniente dall’Italia mediana (inedita) e l’ultima definibile come veneta/ toscana, attestata dall’incunabolo curato da Nicolò Manerbi, e stampato da Nicolò Jenson nel 1475 a Venezia: un testimone a stampa sovente messo a frutto dai curatori. Soprattutto nei testi in prosa, una delle maggiori difficoltà affrontate e spesso coraggiosamente superate dai curatori è stata la compresenza di versioni simili per contenuto e forma, ma riconosciute come unità testuali indipendenti. O, viceversa, di quei casi in cui il riconoscimento di differenze imputabili alla responsabilità dei copisti, e dunque alla «trasmissione» materiale del testo, ha permesso di concludere invece per un unico testo a fronte di una pluralità di testimonianze. Qui, come nelle notizie attributive dei testi e in molte altre ricche informazioni che ora la BAI ci fornisce, l’opera dei curatori è andata ben oltre il semplice inventario di testi e ha richiesto - come si può intuire anche da quanto precede - molte qualità di eccellenza nei ricercatori. Fra esse una non comune capacità di controllo e di gerarchizzazione dei materiali riuniti, un abito storico-linguistico nell’affrontarne le descrizioni e le datazioni, infine la competenza di un’intera équipe nel restituirci per la prima volta storia e vicende della diffusione di una così vasta e varia produzione in volgare, sul duplice fronte della tradizione manoscritta e a stampa. M. Danzi ★ Lorenzo Renzi/ Alvise Andreose, Manuale di linguistica e filologia romanza, Bologna (Il Mulino) 2003, 306 p. La riforma universitaria in Italia ha stimolato negli ultimi anni la pubblicazione di nuovi manuali, destinati ad una didattica «per moduli», che - rispetto ai corsi universitari tradizionali - porta a concentrare nel tempo la proposta agli studenti di conoscenze disciplinari. Di qui la necessità di una seria selezione dei temi da affrontare, e di una loro presentazione essenziale. Anche il volume di Renzi e Andreose si colloca in questo nuovo filone di pubblicazioni, riproponendo come versione sintetica (e per questo assai densa) un testo che Lorenzo Renzi aveva precedentemente già pubblicato e riedito 1 . Rispetto alle versioni precedenti, il nuovo volume si caratterizza per essere più agile, poiché sono state eliminate circa 140 pagine e diversi capitoli sono stati ridotti a paragrafi 2 , ma nello stesso tempo più fitto, dovendo presentare concetti assai articolati in poco spazio. Inevitabilmente il manuale, dato il quadro ampio che traccia, con spostamenti nel tempo, nello spazio, tra varie discipline (linguistica, sociolinguistica, dialettologia, filologia, storia della lingua, storia della 284 Besprechungen - Comptes rendus 4 Che i curatori hanno dunque costantemente ricontrollato sul codice di base, il Ricardiano 1254. 1 Renzi, L. 1975: Introduzione alla filologia romanza, Bologna; Renzi, L. (in collaborazione con G. Salvi) 1985: Nuova introduzione alla filologia romanza, Bologna. 2 Nel nuovo volume è stato eliminato il IX capitolo dell’edizione precedente, dedicato alla semantica, e il XIV capitolo «Scampoli dal latino e dal romanzo».
