Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
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2005
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Kristol De StefaniLouis de Saussure, Temps et pertinence. Éléments de pragmatique cognitive du temps, Bruxelles (Duculot – De Boeck) 2003, 321 p. (Champs linguistiques)
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2005
Marco Fasciolo
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Forschungsansätze bei der Erstellung einer neuen Typologie sprachrhythmischer Konturbildung unumgänglich sind, um dem Anspruch auf eine universell gültige Rhythmusbeschreibung von Sprache gerecht werden zu können. Karin Ewert ★ Louis de Saussure, Temps et pertinence. Éléments de pragmatique cognitive du temps, Bruxelles (Duculot - De Boeck) 2003, 321 p. (Champs linguistiques) Il libro di Louis de Saussure ha due pregi non indifferenti: affronta un argomento fondamentale (la costruzione delle relazioni temporali nel discorso), lo fa con un rigore scientifico tale da investire di valore conoscitivo i suoi stessi limiti. La table de matières, «wittgensteinianamente» ordinata e posposta all’indice analitico, presenta la struttura simmetrica del lavoro. Al denso avant-propos, dove è fissato il retroterra filosofico, segue una première partie che esibisce, storicamente e criticamente, lo stato dell’arte delle principali scuole di pragmatica: queste ultime sono raggruppate in due correnti, les approches référentielles (dagli studi di Port Royal, al classico Hans Reichenbach, alla semantica formale e aspettuale della Segmented Discourse Representation Theory (SDRT) e Dynamic Aspect Trees (DAT)) e les approches psychologiques, rispetto alle quali viene isolata e focalizzata, grazie ad una sintetica ri-costruzione, la teoria della pertinenza. È alla deuxième partie che resta quindi affidata l’autentica pars construens dell’opera, suggellata in redditio da una conclusione aperta. Alle pagine immediatamente seguenti invece, è affidato il compito di esporre quelli che ritengo essere i nodi centrali, a volte problematici e sempre fecondi, del lavoro di Louis de Saussure. I termini di Temps et pertinence (d’ora in poi TeP) si giocano sulle due interpretazioni possibili della chiusa del terzo paragrafo dell’avant-propos: le discours est comme un doigt qui pointe sur des objets; le destinataire, pour comprendre l’intention du locuteur, ne doit pas regarder le doigt, mais l’objet désigné (18). Una prima interpretazione, teoreticamente corretta e filologicamente infedele, consiste nel declinare la parola «discours» nei due livelli di complessità che possono assumere i significati (sintagmi nominali e frasi o enunciati 1 ) e nel riconoscerne la relazione di indicazione 2 intrattenuta nei confronti della Bedeutung (declinata rispettivamente come referente o messaggio 3 ). Due le conseguenze più immediate di questa lettura: l’affermazione della tesi dell’indipendenza logica tra significato e riferimento, cosicché il progetto di calcolare i messaggi (o gli insiemi di messaggi 4 ) che possono essere indicati da un enunciato risulterebbe 230 Besprechungen - Comptes rendus 1 Utilizzo qui i due termini in maniera intercambiabile, perché questa distinzione non è necessaria al nostro discorso. 2 Nel senso della deissi ad oculos di K. Bühler, degli Anzeichen di E. Husserl o degli «indici» di C. S. S. Peirce. 3 In effetti, secondo la dottrina di G. Frege sono Bedeutungen esclusivamente gli oggetti indicati da un sintagma nominale e i valori di verità indicati dalle frasi, ma non i messaggi in quanto tali. Tuttavia questa distinzione non è rilevante per il nostro discorso. 4 Mi riferisco al progetto di TeP, esposto nella maniera più esplicita nel primo paragrafo del primo capitolo della seconda parte: «une signification en type peut conduire à des sens très divers en token. Il faut donc disposer d’une logique apte à gérer le contexte pour en rendre compte. Les choses gagnent à être vues ainsi: les entités traitées par le destinataire donnent lieu à des ensembles de possibilités, voire des ensembles d’ensembles (et ainsi de suite) de possibilités interprétatives, et le analogo a quello di prevedere gli oggetti che possono essere indicati da un dito; il decadimento dei privilegi attribuiti alla nozione ibrida di «significato letterale» con il suo conseguente confino nella medesima «classe» dei significati etichettati «non-letterali». Ora, la prima conseguenza mi sembra esattamente la negazione del progetto generale all’interno del quale TeP colloca la sua analisi dei tempi verbali; l’altra, invece, prevede il rifiuto della nozione centrale (l’idea di «significato par défaut») di cui il libro si serve per realizzare il suo intento. La seconda interpretazione del passo citato, quella filologicamente corretta e teoreticamente discutibile, emerge considerando la critica legittima che Louis de Saussure (d’ora in poi LdS) muove alle derive anti-realistiche del Cours de linguistique générale: C’est un fait que les expressions linguistiques s’opposent mutuellement, et qu’il existe dans la compétence de tels réseaux d’opposition . . ., mais ces oppositions n’épuisent pas leur sens, et ceci . . . parce qu’elles ont bien une signification qui concerne un concept extra-linguistique et que la valeur est un problème qui opère au niveau de la structuration de la langue. . . . Il faut donc autre chose que la valeur, à savoir la référence (24). È certamente vero che una definizione puramente formale, cioè tale da individuare i vettori lungo i quali un lessema si distingue dagli altri, non abbia alcun valore funzionale fino a quando non si introduca una descrizione sostanziale del concetto; ed è altrettanto vero che tale concetto sia (almeno del caso di elementi naturali) «extra-linguistico», in quanto non è determinato dal sistema dei rapporti di valore, ma derivato dalla struttura dell’esperienza. Tuttavia è falso che tale componente concettuale possa essere definita «referente» (almeno nel senso rigoroso del termine) perché fa parte del codice linguistico: anzi, molto spesso, è il costituente più importante del significato di un lessema. Per usare le categorie di Gottlob Frege, quindi, ci troviamo ancora nel territorio del Sinn e non in quello della Bedeutung. La conseguenza, al livello elementare dei sintagmi nominali, è che un significato non sia articolato in due sezioni, a 1 il concetto (sagomato dai rapporti di valore); b 1 l’istruzione par défaut di individuare gli oggetti che «corrispondono» al concetto, come alcuni passi di TeP inviterebbero a supporre 5 . Parallelamente, la conseguenza al livello più complesso delle frasi è che il significato di un enunciato non sia articolabile in a 2 un nucleo sintattico-semantico sotto-determinato; b 2 una serie istruzioni (ordinate da quella attiva in assenza di contesto fino a quella orientata verso la lettura più «non-letterale») che ne guidino l’interpretazione nei messaggi possibili. In sintesi, mi sembra che il guasto occulto che mina in basso 6 non tanto TeP, quanto il paradigma teorico all’interno del quale cui si colloca, consista semplicemente nella sovrapposizione tra le idee di Sinn e Bedeutung 7 . 231 Besprechungen - Comptes rendus destinataire réalise des séries de choix interprétatifs, en d’autres termes, une procédure. Le destinataire a donc à sa disposition essentiellement des chemins préférés dans la procédure» (170). 5 Mi riferisco ad esempio a TeP (29): «Puisque nous supposons donc aux expressions linguistiques la capacité de référer, la question se pose de l’identification du référent. La réponse varie en fonction des caractéristiques de ce référent. S’il est perceptible dans le contexte d’énonciation, l’identification du référent se fera vraisemblablement par sélection dans l’ensemble des perceptions spatiales.» 6 C. Rebora, Curriculum vitae, Novara 2001: 11. 7 Per questa ragione sarei propenso a considerare TeP come l’esito, forse più raffinato ed accorto, dell’iniziale progetto di semantica steso da Donald Davidson. Al livello dei sintagmi nominali, se a 1 coincide con il significato del lessema, connesso ad un significante per mezzo di una relazione simbolica 8 istituita a-priori, b 1 ne è completamente esterno ed esprime una realizzazione contingente (senza alcun privilegio teorico rispetto alle altre possibili), della relazione di indicazione istituita a-posteriori tra il complesso significante - significato e un referente 9 . Al livello degli enunciati, è vero che la costruzione del significato (cioè a 2 ) può includere sia processi di codifica, sia processi di inferenza e quindi elementi contestuali, ma è falso che esista un continuum che dal significato della frase conduca all’individuazione del messaggio (cioè b 2 ) perché il primo appartiene all’ambito del Sinn e il secondo (che presuppone il primo) all’ambito della Bedeutung 10 . Ebbene, nella negazione dell’ultima osservazione consiste esattamente il presupposto della messa a punto d’una procedura prospettata nell’introduzione della deuxième partie di TeP: Une procédure est donc une marche à suivre «mise à plat». De plus, c’est une marche à suivre dont le destinataire se sert pour construire, pas à pas, le contexte et l’interprétation ultime de l’énoncé. (165) Addentrandosi nei dettagli di quella che si è etichettata «pars construens» occorre, innanzitutto e in maniera generale, rilevare come la simmetria complessivamente esibita dalla table des matières sembri dissolversi, almeno formalmente, al livello dei capitoli: ai tre della première partie si oppongono infatti i quattro della deuxième partie, l’ultimo dei quali però con funzione di sintesi della procedura di inferenza costruita passo a passo nei precedenti. Per quanto riguarda il primo capitolo, devono essere senz’altro segnalate due idee 11 . La prima consiste in una re-interpretazione della controversa nozione reichenbachiana di «momento di riferimento» (R): Nous prenons donc position pour un R abstrait, cognitivement et représentationnellement motivé, et non par un R discursif. (176) In altre parole: Si R est donc pour nous un point, on peut le concevoir . . . comme une projection du point S, qui sert à repérer les rapport temporel non pas dans le présent de l’énonciation comme S, mais par rapport à un point antérieur ou ultérieur sur la ligne du temps. (176) Più precisamente, ci sono tre argomenti (intuitivo, per absurdum e per auctoritas) che inducono LdS a rifiutare la classica identificazione tra R ed un qualsiasi avverbio temporale: in primo luogo, R potrebbe non coincidere con l’intera portata del suddetto avverbio, ma solo con un certo intervallo o con un punto preciso; in secondo luogo, nell’esempio seguente, Quella notte là, Pierre lasciò la casa senza far rumore, attraversò il giardino, scalò il muro e corse fino al luogo dei cospiratori (176, traduzione mia) sarebbe impossibile giustificare l’inferenza di una successione temporale dei quattro processi in gioco (escludendo quindi un’interpretazione di contemporaneità); in terzo luogo, 232 Besprechungen - Comptes rendus 8 Nel senso di simbolo teorizzato ad esempio da C. S. S. Peirce. 9 I significati (di sintagmi nominali o frasi) sono sì regole, schemi, procedure, ma non per riferirsi a qualcosa, quanto per pensare (esprimere o costruire) concetti: è quindi meno scorretto affermare che un significato sia (o coincida con) un concetto, piuttosto che affermare che si riferisca ad un concetto. 10 Questa idea si trova espressa ed esplorata in tutte le sue implicazioni in: Prandi, M. 2004: The building blocks of meaning, Amsterdam, cap. II. 11 Sono esposte, rispettivamente, ai paragrafi §1.2 e 1.3. en s’autorisant un recadrage des positions de Benveniste dans un cadre reichenbachien, on a vu qu’on pouvait considérer que selon ce point de vue, R est un avatar ou une projection de S, ce qui en fait un «point abstrait» (176) In sintesi, si profila allora un’interessante distinzione tra l’autentico punto R e il «periodo di restrizione» (Quella notte là, nell’esempio precedente), esplicitato o inferito, all’interno del quale si collocherebbe R 12 . La seconda idea è invece espressa nella seguente intenzione: dissocier clairement la tradition sémantico-aspectuelle, qui fournit une classification ontologique, et la méthode de représentation des procès. Qui est elle-même partiellement indépendante de l’ontologie des procès eux-mêmes. Un procès a ceci de particulier qu’il peut être représenté de deux manières fondamentales: perfective et imperfective. Le choix de privilégier l’aspect verbal pour l’ordre temporel, et de considérer que l’aspect lexical n’entre pas en ligne de compte pour ce calcul, est assez provocateur . . . Pourtant, il y a tout lieu de croire que tel est le fait. . . . La référence temporelle n’est donc pas calculée directement sur la base des propriétés intrinsèques des verbes. (182-83) In altri termini, ad una forma verbale vengono attribuite due azioni connesse in sede di interpretazione, ma teoreticamente distinte: - l’imposizione di un determinato profilo aspettuale sull’aspetto «naturale» di un processo radicato nel sistema di conoscenze a lungo termine condiviso indipendentemente dalla lingua; - l’apporto (tramite codifica o inferenza par défaut) di informazioni propriamente temporali a partire dall’aspetto imposto dal verbo. Il secondo ed il terzo capitolo della deuxième partie descrivono e ordinano i fattori in gioco nel sotto-sistema dedicato al tempo incluso nella procedura, generale e programmatica, che dovrebbe condurre dal significato di un enunciato (o una sequenza) al messaggio: la procédure, par la simple vertu de son organisation, doit elle-même rendre compte des tests effectués pendant le processus interprétatif, certains intervenant plus tôt, d’autres plus tard, certains dispensant de rechercher d’autres facteurs, etc. C’est donc l’organisation elle-même des instructions de la procédure qui doit rendre compte du fait qu’un connecteur sera, d’une certaine manière, plus contraignant sur l’ordre temporel qu’un temps verbal . . . Ce sera la combinaison de la procédure générale avec les sous-procédures . . . qui rendra compte de cette hiérarchie de forces. (193) La struttura del secondo capitolo è la seguente: - un paragrafo (§2.1), che può essere idealmente scomposto in - una prima parte (§2.1.1 e 2.1.2), dove si distinguono i connettivi 13 non intrinsecamente temporali (che possono eventualmente ricevere un arricchimento inferenziale) come i ‘causali’ 14 per questo, dunque, poiché, allora e la congiunzione e 15 ; 233 Besprechungen - Comptes rendus 12 Tutto questo, naturalmente, suggerisce un confronto (che trascende i limiti di un semplice compte rendu) tra le posizioni dell’autore di TeP e quelle di P. M. Bertinetto 1986: Tempo, aspetto e azione nel verbo italiano, Firenze, ad es. p. 40-52. Mi limito a segnalare come, per Bertinetto, ogni qualvolta il momento di riferimento (R) coincida con il momento dell’avvenimento (E) svolga la funzione di «localizzatore temporale» e come R, in quanto tale, sia incompatibile con il passato semplice costituendo proprio la differenza rispetto al piuccheperfetto. 13 «Espressioni procedurali», secondo la terminologia adottata da LdS: si tratta di espressioni linguistiche il cui contenuto non ha un carattere «sostanziale» (come ad esempio un nome comune), ma consiste semplicemente in un’istruzione per connettere processi. 14 Confermando quindi indirettamente che (come del resto era chiaro già ad Aristotele) non sempre la causa precede l’effetto temporalmente. 15 Rimando allo studio di e condotto da A. Ferrari 1998: «Un’(altra) ipotesi sul significato del connettivo ‘e’», SILTA 2: 275-307. - una seconda parte (§2.1.3), che isola invece i connettivi (durante, dopo che, in seguito, poi) che codificano un nesso temporale indipendentemente dalle relazioni concettuali previste dal sistema di conoscenze a lungo termine; - un paragrafo (§2.2), che tenta di delineare una tipologia delle diverse conoscenze a lungo termine attive nel «contesto» e in grado di guidare l’interpretazione di un ordine temporale; - un sottoparagrafo (§2.3) che chiude il capitolo come una sorta di appendice, con osservazioni sulla subordinazione. Al di là della tripartizione che sub. §2.1.3 distingue «complementi di restrizione temporale» (Quella notte là, nel 1978), «complementi di durata» (il cui prototipo è durante) e «connettori» (con un tentativo di definizione della «semantica» di in seguito e poi), e al di là dell’incontestabile riconoscimento della priorità delle ultime due categorie nell’imporre un determinato ordine temporale, le relazioni trattate sub. §2.2, riguardo alle quali una nota chiarisce che c’est la connaissance encyclopédique des procès tels qu’ils se déroulent dans le monde (et dans les interactions sociales) qui force l’appel à des relations conceptuelles (204 N10) meritano una breve precisazione. Classificate in base alla loro intuitiva emergenza in giustapposizioni non rinforzate da alcun connettore, e con un gusto forse più da «logico» che da «uomo comune» come converrebbe invece allo studio del linguaggio naturale 16 , le relazioni concettuali possono essere pensate nei termini di un insieme di regole distinte e precise (secondo la proposta un po’ semplicistica della SDRT), oppure propendendo per una loro unificazione, dal sapore vagamente kantiano, tentata in effetti da LdS 17 . In ogni caso, se queste regole possono essere definite «pragmatiche» perché distinte dalla codificazione (ad esempio in collaborazione o in alternativa ad essa in casi, rispettivamente, di arricchimento inferenziale o inferenze «ponte»), a ben guardare non hanno nulla di contingente: esse costituiscono un autentico paradigma, il sistema di presupposti a-priori in cui consiste la nostra ontologia condivisa, e posseggono perciò una natura fondamentalmente «grammaticale»: quella di una grammatica di concetti parallela alla grammatica della lingua. Ne deriva che la proposta di classificazione compiuta sub. §2.2 della deuxième partie di TeP, nonché l’individuazione del loro ruolo nell’inferenza temporale (precisamente, subordinato sia ai connettori, sia ai tempi verbali) rappresenti un primo tentativo di articolare l’inconsistente nozione di «contesto» separando i dati situazionali (che entrano in gioco nei fenomeni di disambiguazione, di selezione tra inferenze sollecitate ed ammesse, fino ad alcuni casi di arricchimento inferenziale) dalle strutture concettuali di lunga durata indipendenti da ogni atto di parola (che invece entrano in gioco nei casi più tipici di arricchimento inferenziale e in alcuni casi di inferenze ponte) 18 . 234 Besprechungen - Comptes rendus 16 A parte le relazioni codificate dal lessico come uccidere → morire (che vengono etichettate «causali necessarie»), in ordine di forza decrescente troviamo, L’aereo è al suolo. I passeggeri discendono (relazioni etichettate «necessarie stereotipiche»), Il battello fa naufragio. I passeggeri annegano (relazioni etichettate «non necessarie causali»), Mangio al ristorante. Pago il conto (relazioni etichettate «non necessarie stereotipiche»), dove però occorre notare che il funzionamento della relazione concettuale (cioè la sua presupposizione in quanto struttura a-priori) è identico in tutti e tre gli esempi. 17 Cf. «ces relations . . . sont dérivées sur la base de quelques règles subsumantes, comme mouvement cause mouvement qui trouvent une correspondance dans des éléments conceptuels attachés aux prédicats en présence. De la sorte, les relations conceptuelles . . . sont des implicitations que le destinataire considère ou non comme relevant de l’intention informative du locuteur. Les conditions de leur construction sont donc essentiellement contextuelles» (213). 18 Prandi 2004, cap. II. Riducendo all’osso il risultato delle considerazioni svolte nel secondo capitolo sul ruolo dei connettori e delle relazioni concettuali, si è concluso (in maniera certo non sorprendente) che la sintassi e la semantica di un dopo che, ad esempio, possa imporre un ordine temporale indipendentemente dai contenuti in gioco Dopo che i passeggeri sono scesi, l’aereo è atterrato e che, viceversa, in una semplice giustapposizione, prevalga la relazione concettuale saliente: I passeggeri sono scesi. L’aereo è atterrato Il terzo capitolo si propone allora di analizzare il contributo dei tempi verbali al calcolo dell’ordine temporale, collocandoli in una posizione gerarchica inferiore rispetto ai connettori, ma superiore rispetto alle relazioni concettuali. La struttura del terzo capitolo può essere rappresentata come segue: - il §3.1, dove si descrivono il passato semplice, il passato composto, l’imperfetto e il piuccheperfetto; - il §3.2, dove si descrivono le istruzioni relative all’ordine derivato dalla combinazione dei tempi; - i §3.3 e 3.4, che concludono con brevi note sugli usi interpretativi (discorso indiretto) e gli enunciati iniziali. Ci soffermeremo in questa sede sul §3.1 e precisamente sulle considerazioni relative alla definizione del passato semplice 19 : potremo quindi trarre alcune conclusioni generali relative al problema dell’ordinamento degli enunciati (trattato sub. §3.2). 235 Besprechungen - Comptes rendus 19 Riassumo comunque, per completezza, le principali osservazioni di LdS sulla «semantica» degli altri tempi verbali analizzati in TeP. passato composto. Impiego di base: la semantica è semplicemente del tipo E - S con soppressione del punto R che invece compare nel passato semplice. Impiego de l’accompli: come l’impiego di base non presenta alcun R, ma si descrive con un ε , interno ad S, che rappresenta l’inferenza nel presente del passato composto. Impiego dell’anteriorità: come per il passato semplice, è necessario il rilevamento di un punto R. Questo impiego si distinguerebbe dal passato semplice per il fatto che non conferisce alcuna istruzione per défaut di progressione temporale. In sintesi, la procedura per il passato composto è la seguente (237): i) établir la sémantique de base E - S ; ii) rechercher un état résultant; si cette recherche échoue pour des raisons de pertinence, récupérer ou construire un point R tel que E, R - S . imperfetto. Per spiegare unitariamente sia gli usi descrittivi (volti a rappresentare uno stato di cose), sia gli usi interpretativi (ad esempio ipocoristici, autonomi, controfattuali) viene proposta la soluzione seguente (240): le procès à l’imparfait est toujours repéré d’une manière interne; on instancie alors une variable P interne au procès, non saturée, qui constitue sa sémantique fondamentale. Ce point P est une variable abstraite et sous-déterminée; lors de l’interprétation, le destinataire sature cette variable en lui attribuant soit le point R, dans le cas d’un usage descriptif, soit un moment de conscience C, auquel cas nous avons affaire à un usage interprétatif (représentation de pensée, d’un point de vue). C’est donc bien dans un processus d’assignation d’une référence temporelle que le destinataire construit un point de vue. L’istruzione per défaut veicolata dall’imperfetto consisterebbe in una direzionalità nulla; tale istruzione, naturalmente, risulterebbe inibita per ragioni inerenti all’impiego di connettivi o a causa di determinate relazioni concettuali. In primo luogo, LdS isola una componente «semantica» che corrisponde alla classica definizione di Reichenbach 20 : precisamente, «E,R - S», dove il punto R, nell’interpretazione non classica cui si è accennato, è contemporaneo al momento dell’evento (E) ed entrambi sono anteriori rispetto al momento dell’enunciazione (S). In secondo luogo, riproponendo sostanzialmente il paradigma «inferenza sollecitata vs. inferenza ammessa», vengono descritte l’interpretazione par défaut e la controparte attivata in seguito all’annullamento della precedente. In altre parole, l’idea è che: le passé simple délivre une instruction de progression temporelle par défaut, c’est-à-dire une instruction qui s’applique en l’absence de contrainte plus spécifique. . . . l’instruction d’un ordre temporel positif est bloquée lorsque le destinataire dispose de trop peu informations contextuelles (222) ovvero che: le passé simple peut donner lieu à une directionnalité nulle, dans le cas d’encapsulation. Mais l’ordre temporel négatif ne semble pas pouvoir survenir au passé simple avec une relation conceptuelle seule. (223) Ora, se, come nota lo stesso LdS, in una giustapposizione del tipo Francesco sposò Adele. Paolo comprò una casa in campagna (222, traduzione mia) non emerge una chiara relazione temporale, allora la presenza dei due verbi al passato semplice non codifica né sollecita alcuna istruzione di ordine temporale; e questo rende assai precaria la nozione di istruzione par défaut. Non solo, ma l’impossibilità di inferire una regressione temporale (affermata dalla seconda parte della precedente duplice citazione), è soggetta ad evidenti contro-esempi (ancora una volta notati dallo stesso autore). Almeno in italiano, in sequenze come Max si ammalò. Mangiò dei funghi (226, traduzione mia). Max mangiò dei funghi. Si ammalò. può essere inferita esattamente la stessa relazione logica di causa fisica tra il «mangiare i funghi» e «l’ammalarsi» dove la causa è nettamente distinta (così da non poter parlare in modo chiaro di alcuna «incapsulazione»), e sempre temporalmente anteriore all’effetto. In sintesi, mi sembra fuorviante sia affermare che la progressione temporale dipenda dai tempi al passato semplice, sia affermare che mentre nel primo esempio si avrebbe un’inferenza direzionale dal «prima» al «dopo», nel secondo se ne avrebbe una dal «dopo» al «prima»: l’ordine degli enunciati, subordinatamente ad una valutazione dei contenuti in gioco alla luce del sistema di conoscenze a lungo termine che costituiscono la nostra ontologia condivisa, può funzionare come diagramma di una relazione temporale inglobata nella causale con prospettiva oggettiva, cioè dalla causa all’effetto (il secondo esempio), oppure come diagramma di una prospettiva soggettiva, cioè che «risale» dall’effetto alla causa (il primo esempio). Non è che in un esempio il tempo proceda all’indietro e nell’altro proceda in avanti: la direzione temporale è in entrambi i casi una sola perché una sola è la relazione trans-frastica inferita; la differenza consiste semplicemente nella prospettiva con cui il nesso causale viene presentato. 236 Besprechungen - Comptes rendus piuccheperfetto. Il piuccheperfetto viene descritto come una combinazione dei tratti del passato composto e dell’imperfetto. Come il passato composto, ammetterebbe l’implicazione di uno stato risultante ε vero non in S, ma in R (anteriore ad S): per questa ragione si può avere una sorta di analogon al piuccheperfetto dell’impiego «de l’accompli» tipico del passato composto. Come l’imperfetto, ammetterebbe sia usi «descrittivi» sia usi «interpretativi». 20 Ma questa considerazione si applica praticamente a tutte le altre analisi compiute. TeP si propone di osservare l’interazione tra i vincoli sintattico-semantici imposti dai connettori, i tempi verbali e le relazioni concettuali, per quanto riguarda l’inferenza dei rapporti temporali: questa intenzione merita di essere coerentemente approfondita e perseguita conferendo un particolare rilievo allo studio degli esiti incoerenti della combinazione dei precedenti fattori. Per fare questo, e per valorizzare al massimo le intuizioni presenti in TeP, occorre compiere tre mosse. Trapiantare l’intento del libro dal progetto di esibire una procedura che dal significato di una frase conduca ad un messaggio, a quello di descrivere il processo di costruzione di un significato in vista del suo impiego come indice di un messaggio. Abbandonare la nozione di «interpretazione par défaut». Sviluppare le idee sulla duplice funzione dei tempi verbali (imposizione di un determinato profilo aspettuale su un processo vs. codificazione di una relazione temporale tra tale profilo e il momento di enunciazione) e sul sistema di strutture concettuali a-priori che guidano gran parte delle inferenze (interne alla messa a punto del significato) e che permetterebbero finalmente di cominciare ad articolare la (troppo estesa) nozione di «contesto». Marco Fasciolo ★ Liviu Papadima/ Petrea Lindenbauer/ Othmar Kolar (ed.), Der politische Diskurs in Rumänien, Bucure ó ti (Humanitas) 2003, 271 p. Am Institut für Romanistik der Universität Wien wurde das Experiment durchgeführt, im Rahmen des regulären Studiums eine Reihe von rumänischen Diskursen zu untersuchen und diese Ergebnisse als Buch zu konzipieren. Die Idee stammt vom Gastprofessor von der Facultate de Litere in Bukarest, Liviu Papadima. Das Ergebnis liegt nun in Form des Buches Der politische Diskurs in Rumänien vor. Dieses behandelt 14 Texte, Reden und Artikel. Zu jedem dieser Texte findet sich eine kleine Einführung, anschließend wird der eigentliche Text im rumänischen Original wiedergegeben und mit Anmerkungen erklärt. Es folgt jeweils die deutsche Übersetzung; am Schluss jedes Kapitels steht die Analyse des Diskurses. Die Texte umfassen eine Zeitspanne, die von der Entstehung des modernen Staates Rumänien (1848, Proclama ò ia de la Izlaz) über die Zwischenkriegszeit und die kommunistische Diktatur bis zum demokratischen Rumänien nach 1989 reicht (der letzte untersuchte Text stammt von 1998). Der Leser erhält so einen Überblick über die Geschichte Rumäniens von 1848 bis zur Gegenwart. Bei der Auswahl der Texte fällt auf, dass die Zeit der kommunistischen Diktatur, die immerhin fast 50 Jahre lang gedauert hat, mit nur einem Text vertreten ist, wenn auch einem sehr interessanten (die Rechtfertigung Ceau ó escus dafür, dass er 1968 nicht an der Zerschlagung des Prager Frühlings teilgenommen hat). Spielt hier wohl mit, dass man dieses dunkle Kapitel der rumänischen Geschichte möglichst vergessen will, oder gehen die Autoren von der Idee aus, dass diese Diskurse ohnehin immer einem ähnlichen Muster entsprachen? Das Interesse für den Sprachwissenschafter an dem Buch liegt zum einen in den älteren Texten begründet, deren Sprache zum Teil noch vom heutigen Rumänischen abweicht. So kommen in der Proclama ò ia de la Izlaz zahlreiche Neologismen vor, die von den heute hochsprachlich akzeptierten Formen abweichen, z. B. so ò ietate (für neusprachlich societate), tractate (tratate), na ò ie (na ò iune) usw. Der DEX 1 gibt na ò ie noch als veraltete Variante von na ò iu- 237 Besprechungen - Comptes rendus 1 Dic ò ionarul Explicativ al Limbii Române, Bucure ó ti 1996.