Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
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Kristol De StefaniAngela Ferrari, Le ragioni del testo. Aspetti morfosintattici e interpuntivi dell’italiano contemporaneo, Firenze (Accademia della Crusca) 2003, 301 p. (Studi di grammatica italiana)
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Laura Sergo
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mientos lexicogenéticos en los ámbitos técnicos y científicos. Aun cuando existen, sin duda, estudios específicos sobre este campo, suele ser bastante habitual en estudios generales de formación de palabras hacer mención al ámbito científico-técnico simplemente de pasada para señalar que puede presentar ciertas particularidades - que normalmente ni se señalan - y, especialmente, para advertir sin mayores precisiones que determinados procedimientos, o determinados formantes derivativos - especialmente de origen grecolatino -, o ciertos esquemas lexicogenéticos pueden presentar aquí una productividad diversa en relación con el lenguaje común no técnico. Frente a ello, en esta obra se da una bien estructurada presentación de las características más notables de la formación de palabras en tres grandes campos: la química (580-85), la medicina (585-91) y la botánica y zoología (591-97). 11. Formazione delle parole nell’onomastica (599-610). El breve capítulo que cierra la obra se centra en la presentación descriptiva de diversos procedimientos de formación de palabras en tres campos de la onomástica, alguno de los cuales no contaba hasta la fecha con una tipología basada en los procesos morfológicos utilizados ya que habitualmente los estudios de estos ámbitos suelen hacerse, sea desde una perspectiva histórica, sea basándose en tipologías conceptuales: antroponimia (601-07), toponimia (607-09) y la denominada econimia - formación de nombres de empresas y de productos comerciales (609-10). En suma, y por encima de posibles discrepancias en algunos de los análisis propuestos, no cabe duda de que nos encontramos ante una obra muy bien elaborada, coherente y homogénea en su presentación y estructuración, así como riquísima en datos, ejemplos e interpretaciones. Su valor no radica únicamente en su propias dimensiones - cuantitativas y cualitativas - sino en su seguro asentamiento como obra de referencia inexcusable para todos aquellos que quieran trabajar en el futuro en la morfología derivativa y composicional del italiano. David Serrano-Dolader ★ Angela Ferrari, Le ragioni del testo. Aspetti morfosintattici e interpuntivi dell’italiano contemporaneo, Firenze (Accademia della Crusca) 2003, 301 p. (Studi di grammatica italiana) Oggetto dell’indagine svolta da Angela Ferrari ed esposta nel presente volume sono alcune configurazioni linguistiche marcate, le quali, anche se di uso frequente sia nel parlato che nello scritto, non corrispondono alle strutture-modello della lingua ed anzi sono viste con una certa diffidenza dalla norma (226). Si tratta in particolare delle strutture sintattiche unitarie spezzate dal punto, delle costruzioni sintatticamente marcate (p. es. con dislocazione a sinistra) e degli enunciati nominali. Scopo dello studio è l’individuazione dell’insieme delle funzioni semantico-pragmatiche che caratterizza tali strutture, che ne spiega la potenzialità e le restrizioni d’uso. Pur restando l’accento principale sullo scritto, una tematica di questo genere non può prescindere dal riferimento al parlato, sul quale si incentrano alcuni capitoli. Di ciò tiene conto la scelta degli esempi analizzati, tratti per quanto riguarda il parlato essenzialmente dal Corpus di italiano parlato raccolto da Emanuela Cresti (2000) 1 , mentre per lo scritto l’autrice si serve di testi caratterizzati da un registro medio-alto, quali articoli di quotidiani e settimanali, saggistica di genere umanistico e giuridico nonché di alcuni esempi letterari. Il volume è articolato in quattro sezioni. Nella prima sezione introduttiva (17-54) vengono sviluppati i concetti e gli strumenti teorico-metodologici che serviranno alle analisi dei 270 Besprechungen - Comptes rendus 1 E. Cresti, Corpus italiano di parlato I, II, Firenze 2000. fenomeni morfosintattici e interpuntivi proposte nelle sezioni successive. Questa prima sezione è dedicata essenzialmente alle organizzazioni tematica e logico-argomentativa del testo, cioè alle relazioni tra le diverse unità che lo costituiscono. Le relazioni vengono analizzate prevalentemente a livello di capoverso. Tali unità, gerarchicamente ordinate, alle quali si applicano le connessioni, vengono definite Unità Comunicative 2 , Unità Informative e Proposizioni semantiche. L’Unità Comunicativa (23-28) è caratterizzata da una funzione illocutiva basata sul suo contenuto semantico-pragmatico in particolare nel caso della componente rematica. A livello cognitivo tale unità svolge una funzione fondamentale nell’organizzazione del testo: riprendendo i concetti di énonciation e mémoire discorsive ou savoir partagé studiati da Berrendonner (1990: 25s.) 3 , l’autrice definisce l’Unità Comunicativa «unità linguistica minimale capace di operare autonomamente trasformazioni all’interno della Memoria Discorsiva» (25), dove Memoria Discorsiva va inteso come l’insieme di rappresentazioni mentali di referenti elaborati dagli interlocutori nel corso della costruzione del testo. L’Unità Comunicativa è costituita a sua volta da Unità Informative (28-47) cioè Tema, Rema 4 , Appendice, Inciso e Introduttore Locutivo. Accanto al Tema e al Rema, al quale l’autrice attribuisce il ruolo di Unità Informativa centrale, le altre Unità Informative esercitano una funzione collaterale: l’Appendice accompagna facoltativamente Tema o Rema, ne integra i contenuti e costituisce un aiuto all’interpretazione esplicitando inferenze senza influire sulla struttura logico-argomentativa del testo. I contenuti dell’Inciso non sono invece integrati in quello del capoverso, introducono in forma metacomunicativa informazioni provenienti da un locutore esterno rispetto al testo costituendo quindi un elemento di polifonia. Gli Introduttori Locutivi contengono frequentemente connettivi avverbiali che indicano la funzione logico-argomentativa dell’Unità Comunicativa da essi introdotta. Le Proposizioni Semantiche - cioè le più piccole unità del testo - sono definite dall’autrice, nella prospettiva logico-semantica, come «rappresentazioni mentali di stati di cose» (47). La seconda sezione del volume (57-132) è dedicata all’analisi, condotta in base alle premesse teorico-metodologiche fissate nella prima parte, degli impieghi sintattici, semantici e testuali della punteggiatura e in particolare del punto fermo e della virgola, oggetto di diverse importanti ricerche compiute negli ultimi anni dall’autrice stessa 5 . Per quanto riguarda il punto fermo (57-78) viene presa in esame la sua funzione principale, vale a dire quella di segnalare il confine di Unità Comunicativa. Sono inoltre analizzati i casi in cui il punto spezza un’unità sintattica coesa creando un confine di Unità Comunicativa non previsto dalla semantica del testo. Effetto della frammentazione sintattica (61s.) è sostanzialmente una tensione tra sintassi e testualità che modifica la struttura logico-argomentativa del periodo alterando il rapporto gerarchico tra le unità che lo costituiscono. L’uso di tale «punto anomalo» (Giovanardi 1998: 93s.) 6 porta quindi alla valorizzazione delle unità e a una dinamizzazione comunicativa dell’informazione. Il significato del punto fermo viene colto a 271 Besprechungen - Comptes rendus 2 Le denominazioni di unità testuali (Unità Informativa, Tema, ecc.) sono scritte con la maiuscola in conformità a quanto proposto dall’autrice. 3 A. Berrendonner, «Pour une macrosyntaxe», TL 21 (1990): 25-36. 4 Per quanto riguarda le Unità Informative del parlato l’autrice usa, seguendo Cresti (2000), i termini Topic e Comment. 5 Cf. A. Ferrari, «Quando il punto spezza la sintassi», Nuova Secondaria 15/ 1 (1997): 47-56; A. Ferrari, «La frammentazione nominale della sintassi», VRom. 60 (2001): 51-68; A. Ferrari/ A. Auchlin, «Le point: un signe de ponctualisation», CLF 17 (1995): 35-56. 6 C. Giovanardi, «Interpunzione e testualità. Fenomeni innovativi dell’italiano in confronto con altre lingue europee», in: S. Vanvolsem et al. (ed.), L’italiano oltre frontiera, vol. 1, Firenze 1998: 89- 107. livello cognitivo nel senso della dimensione periodica proposta da Grobet (2001) 7 : tramite il punto il lettore viene invitato a fare una pausa cognitiva ricapitolando ciò che è stato elaborato fino alla sua comparsa. Nel parlato la funzione di indicare lo svolgimento della costruzione e dell’interpretazione del testo è propria alla prosodia. Si tratta di un parallelismo funzionale che non comporta però altri tipi di corrispondenza (76). Più complesso si presenta il caso della virgola (79-144), il cui uso e la cui distribuzione sono regolati dalla costante interazione di criteri sintattici e formali con elementi testuali. Dopo aver individuato usi sintattici e restrizioni - disambiguazione, esclusione della virgola tra i sintagmi del nucleo sintattico della frase, uso nelle enumerazioni e coordinazioni asindetiche, facoltatività in presenza di congiunzioni coordinanti (79-86) -, l’autrice passa all’individuazione di fattori di tipo formale-procedurale che possono influenzare l’uso della virgola, ossia la pesantezza fonosintattica dei costituenti (87s.), la messa in scena delle gerarchie sintattiche (91s.) e la variatio interpuntiva (95s.). Segue un’approfondita analisi corredata da numerosi esempi degli usi testuali della virgola sia nell’articolazione del capoverso in Unità Comunicative, e in presenza di connettivi pragmatici (101s.), che soprattutto del suo contributo alla costituzione e alla strutturazione di Unità Informative, in particolare alla creazione di un doppio Fuoco Informativo all’interno del Rema (106-19), alla presentazione di un contenuto come Appendice informativa (119-28) e alla distinzione di un contenuto semantico con valore tematico nell’ambito di stili personali (128-31). Sulla base degli sviluppi più recenti di alcuni tipi di scrittura creativa, e anche giornalistica, l’autrice avanza l’ipotesi che a determinare l’uso della virgola non siano tanto i criteri sintattici quanto piuttosto quelli formali e testuali (141) contrassegnati entrambi da facoltatività. Il peso maggiore attribuito agli aspetti testuali della virgola permette inoltre di comprendere in maniera più soddisfacente le relazioni tra la virgola stessa e la prosodia. Anche tra virgola e intonazione esiste quindi un’analogia di funzioni in quanto entrambe sono in grado di creare Unità Informative; di tale corrispondenza l’autrice sottolinea tuttavia il carattere più rilevante rispetto a quanto è stato osservato nel caso del punto fermo. Nella terza parte del volume (145-233) Angela Ferrari analizza le costruzioni sintatticamente marcate a sinistra e il loro impiego nel parlato e nello scritto. Tali costrutti sono definiti come «quell’insieme di costruzioni superficialmente caratterizzate dalla presenza di un costituente preverbale non soggettuale che sia: o integrato nel predicato verbale seguente, o integrabile semanticamente in esso attraverso una relazione di coreferenza con uno dei costituenti connessi con il predicato centrale seguente» (152). L’autrice individua tre tipi di costrutti: anteposizione sintattica, dislocazione e tema sospeso di cui discute i legami tra i singoli elementi e le peculiarità informative che ne derivano. Propria dell’elemento marcato a sinistra è in generale la funzione di presentare un referente come Tema Semantico testualmente saliente. Le costruzioni marcate a sinistra e in particolare la dislocazione e il tema sospeso vengono ritenute tipiche del parlato (171-91) - anche se i dati statistici ne relativizzano la dimensione. Dall’analisi effettuata dall’autrice risulta che l’andamento intonativo dei costrutti marcati a sinistra permette di associarli ad uno dei tre tipi sopra citati: sono cioè osservabili relazioni o convergenze tra sintassi e configurazione intonativo-informativa in quanto un legame debole tra elemento marcato a sinistra e base del costrutto comporta di solito una frattura intonativo-informativa, come avviene nel caso del tema sospeso, mentre nell’anteposizione l’articolazione intonativa è tendenzialmente assente; la dislocazione infine assume una posizione intermedia pur mostrando una preferenza nei confronti dell’articolazione informativa. Non si può tuttavia parlare, secondo l’autrice, di una corrispondenza biunivoca tra marcatezza a sinistra e schema intonativo- 272 Besprechungen - Comptes rendus 7 A. Grobet, «L’organisation périodique», in: E. Roulet/ L. Filletaz/ A. Grobet, Un modèle et un instrument d’analyse du discours, Berne, etc. 2001: 223-48. informativo (177) in quanto tali schemi sono realizzabili da qualsiasi tipo di costrutto marcato e anche da frasi sintatticamente canoniche. Nello scritto (193-221) la frequenza di frasi marcate a sinistra è in stretta relazione con il tipo di testo: nella prosa media prevale l’anteposizione, mentre più rare sono dislocazione e tema sospeso; nello stile giornalistico o pubblicitario invece tali costrutti trovano frequente impiego grazie al forte dinamismo comunicativo del primo elemento, che diviene Unità indipendente - di tipo comunicativo o informativo - come segnalato anche dalla punteggiatura. Tra gli effetti della marcatezza a sinistra registrabili nello scritto l’autrice individua quello relativo al contrasto tra l’elemento anteposto - che sarà definito più avanti, non più come Tema Semantico o Informativo, ma come «(macro-)Tema discorsivo» (221) - e le altre entità referenziali dell’Universo discorsivo. A questo si aggiungono l’aspetto coesivo e quello cognitivo-interpretativo; e in ciò consiste una delle divergenze fondamentali delle costruzioni marcate a sinistra di parlato e scritto. La terza parte si conclude con un capitolo dedicato ai problemi di norma connessi alla dislocazione e al tema sospeso, fenomeni il cui studio vanta una lunga tradizione già a partire dalle grammatiche del ’500 in poi (223-33). Nella quarta e ultima sezione del volume (235-80) l’autrice si propone di dimostrare come gli enunciati nominali non possano essere considerati moduli esclusivi del parlato - autentico o riportato in forma scritta - e siano invece caratterizzati da peculiarità semantico-informative e testuali che fanno di loro uno strumento importante per la scrittura esperta (235). Non si tratta di costrutti ellittici, bensì di strutture sintattiche che non richiedono necessariamente completamenti del contenuto a partire dal contesto né spiegazioni. Vengono definiti nominali tutti «quegli Enunciati o Unità Comunicative, il cui Comment o Rema non è realizzato da una forma verbale temporalizzata» (237). La distinzione tra questi due tipi di costrutti viene effettuata tramite l’intonazione nel parlato e l’interpunzione nello scritto. L’autrice propone una classificazione degli Enunciati nominali in base alle loro caratteristiche informative e si sofferma in particolare su alcune forme rilevanti dello scritto, cioè l’apposizione grammaticalizzata e la nominalizzazione sintagmatica di cui analizza particolarità semantiche, informative e testuali. L’apposizione grammaticalizzata è costituita «da un sostantivo-testa preceduto da un articolo indeterminativo (o zero) e seguito da una subordinata relativa o da una variante aggettivale di questa» (247); nel caso dell’apposizione sintagmatica si tratta di un sintagma nominale la cui testa, prevalentemente di origine deverbale, può essere accompagnata da elementi che ne saturano le valenze, i modificatori ecc. (257). L’analisi degli Enunciati nominali permette all’autrice di concludere che tali costrutti non costituiscono solo «un’alternativa più economica e meno strutturata dell’Enunciato verbale» (262), ma sono presenti nello scritto e sono indispensabili in particolare nella scrittura esperta. Una frequenza notevolmente più alta rispetto allo scritto è registrata dagli enunciati nominali nel parlato (263-80) la cui funzione è essenzialmente quella «di far progredire il discorso dal punto di vista informativo e logico-argomentativo» (279) tramite illocuzioni e argomentazioni di genere metadiscorsivo quali conferme, riformulazioni, illustrazioni e precisazioni. A conclusione del volume l’autrice vede confermato il ruolo delle ipotesi, formulate nella prima sezione, nel chiarimento di fenomeni e aspetti di parlato e scritto non ancora messi sufficientemente in luce dalla ricerca, e auspica che sulla base dei progressi conseguiti nell’ambito dell’analisi del discorso si possa un giorno realizzare un modello della microorganizzazione del testo scritto (283). Dopo la lettura di questo interessantissimo volume non possiamo che associarci a tale desideratum. Angela Ferrari riprende e approfondisce nel suo libro ricerche da lei stessa elaborate e presentate negli ultimi anni in numerosi saggi 8 ; sono temi che potrebbero sembrare a pri- 273 Besprechungen - Comptes rendus 8 Cf. i riferimenti bibliografici del volume. ma vista eterogenei, ma l’approccio teorico-metodologico dell’autrice ne mette invece in rilievo la comune motivazione essenzialmente testuale, offrendoci in tal modo una visione d’insieme organica e completa di questo complesso settore della lingua. Al volume, corredato di una ricca e aggiornata bibliografia, va fatto quale unico appunto critico la mancanza, certamente non imputabile all’autrice, di un indice analitico che faciliterebbe il reperimento di temi e riferimenti. Laura Sergo ★ Lidia Costamagna/ Stefania Giannini (ed.), La fonologia dell’interlingua: principi e metodi di analisi, Milano (Franco Angeli) 2003, 189 p. (Materiali Linguistici Università di Pavia 35) Lo studio dell’acquisizione delle lingue seconde rappresenta oggi uno dei settori più rilevanti nel panorama della linguistica. Il volume che qui si recensisce presenta teorie e metodi di analisi elaborati nell’ambito della fonologia acquisizionale nel corso dell’ultimo decennio. I contributi di cui consta il volume sono stati presentati al congresso EUROSLA 9 (European Second Language Association Annual Conference, Lund, giugno 1999), in cui si è posta particolare attenzione a due temi di notevole interesse: (1) la possibilità di estendere i risultati ottenuti nell’ambito della comprensione delle strategie acquisizionali utilizzate per l’apprendimento della pronuncia di una lingua seconda alla comprensione delle strategie acquisizionali tout court; (2) l’evoluzione dei rapporti tra le teorie e i metodi di indagine della fonologia della L2 e i risultati della ricerca sull’apprendimento della L1 (nonché dei rapporti con la teoria della grammatica). I saggi raccolti nel volume, preceduti da esaurienti considerazioni introduttive di Stefania Giannini sui modelli teorici e sui metodi di indagine utilizzati dagli autori dei contributi, e da un articolo di John Archibald in cui si discute l’efficacia dell’applicazione dell’Optimality Theory allo studio della fonologia interlinguistica, sono riuniti in due parti. La prima parte è dedicata al livello della percezione nella fonologia dell’interlingua, e vede i contributi di Dawn M. Behne, Peter E. Czigler e Kirk P. H. Sullivan sulla percezione della quantità vocalica dello svedese da parte di apprendenti con l’inglese britannico come L1, di Robert McAllister, James E. Flege e Thorsten Piske sui fattori di condizionamento coinvolti nella comprensione di una L2, e di Henning Wode sul fattore età nell’acquisizione della L2 da parte di bambini in età prescolare. John Archibald, dopo una sintetica esposizione dei principi di base del modello ottimalista, si concentra sul problema del riordinamento (reranking) dei parametri che l’apprendente deve effettuare (modificando l’ordine che essi assumono nella L1) in seguito al contatto con la L2. Ciò che l’autore critica è la mancanza (nel quadro dell’Optimality Theory) di una spiegazione sulla modalità con cui tale ristrutturazione del sistema di restrizioni debba avvenire: «Just by being exposed to a form that cannot be generated by the grammar does not tell the learner what constraints need to be reranked» (37). La proposta di John Archibald è di incorporare nel modello una nozione di acquisizione come processo basato sull’individuazione da parte dell’apprendente di tracce rilevanti per le proprietà di un parametro (cue-based learning); ciò in sostituzione del tradizionale sistema ottimalista di input matching, che l’autore ritiene inservibile in ambito acquisizionale. Dawn M. Behne, Peter E. Czigler e Kirk P. H. Sullivan basano il loro contributo sulla dimostrazione dell’ipotesi della desensibilizzazione percettiva (desensitization hypothesis), secondo cui solo alcuni errori nella percezione dei non-nativi possono essere spiegati come risultato di transfer dalla L1, mentre altri sono riconducibili a preferenze universali, quali l’uso della durata per la categorizzazione delle vocali. Nell’articolo, partendo 274 Besprechungen - Comptes rendus