Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
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2005
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Kristol De StefaniLidia Costamagna/Stefania Giannini (ed.), La fonologia dell’interlingua: principi e metodi di analisi, Milano (Franco Angeli) 2003, 189 p. (Materiali Linguistici Università di Pavia 35)
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2005
Giorgio Bruzzolo
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ma vista eterogenei, ma l’approccio teorico-metodologico dell’autrice ne mette invece in rilievo la comune motivazione essenzialmente testuale, offrendoci in tal modo una visione d’insieme organica e completa di questo complesso settore della lingua. Al volume, corredato di una ricca e aggiornata bibliografia, va fatto quale unico appunto critico la mancanza, certamente non imputabile all’autrice, di un indice analitico che faciliterebbe il reperimento di temi e riferimenti. Laura Sergo ★ Lidia Costamagna/ Stefania Giannini (ed.), La fonologia dell’interlingua: principi e metodi di analisi, Milano (Franco Angeli) 2003, 189 p. (Materiali Linguistici Università di Pavia 35) Lo studio dell’acquisizione delle lingue seconde rappresenta oggi uno dei settori più rilevanti nel panorama della linguistica. Il volume che qui si recensisce presenta teorie e metodi di analisi elaborati nell’ambito della fonologia acquisizionale nel corso dell’ultimo decennio. I contributi di cui consta il volume sono stati presentati al congresso EUROSLA 9 (European Second Language Association Annual Conference, Lund, giugno 1999), in cui si è posta particolare attenzione a due temi di notevole interesse: (1) la possibilità di estendere i risultati ottenuti nell’ambito della comprensione delle strategie acquisizionali utilizzate per l’apprendimento della pronuncia di una lingua seconda alla comprensione delle strategie acquisizionali tout court; (2) l’evoluzione dei rapporti tra le teorie e i metodi di indagine della fonologia della L2 e i risultati della ricerca sull’apprendimento della L1 (nonché dei rapporti con la teoria della grammatica). I saggi raccolti nel volume, preceduti da esaurienti considerazioni introduttive di Stefania Giannini sui modelli teorici e sui metodi di indagine utilizzati dagli autori dei contributi, e da un articolo di John Archibald in cui si discute l’efficacia dell’applicazione dell’Optimality Theory allo studio della fonologia interlinguistica, sono riuniti in due parti. La prima parte è dedicata al livello della percezione nella fonologia dell’interlingua, e vede i contributi di Dawn M. Behne, Peter E. Czigler e Kirk P. H. Sullivan sulla percezione della quantità vocalica dello svedese da parte di apprendenti con l’inglese britannico come L1, di Robert McAllister, James E. Flege e Thorsten Piske sui fattori di condizionamento coinvolti nella comprensione di una L2, e di Henning Wode sul fattore età nell’acquisizione della L2 da parte di bambini in età prescolare. John Archibald, dopo una sintetica esposizione dei principi di base del modello ottimalista, si concentra sul problema del riordinamento (reranking) dei parametri che l’apprendente deve effettuare (modificando l’ordine che essi assumono nella L1) in seguito al contatto con la L2. Ciò che l’autore critica è la mancanza (nel quadro dell’Optimality Theory) di una spiegazione sulla modalità con cui tale ristrutturazione del sistema di restrizioni debba avvenire: «Just by being exposed to a form that cannot be generated by the grammar does not tell the learner what constraints need to be reranked» (37). La proposta di John Archibald è di incorporare nel modello una nozione di acquisizione come processo basato sull’individuazione da parte dell’apprendente di tracce rilevanti per le proprietà di un parametro (cue-based learning); ciò in sostituzione del tradizionale sistema ottimalista di input matching, che l’autore ritiene inservibile in ambito acquisizionale. Dawn M. Behne, Peter E. Czigler e Kirk P. H. Sullivan basano il loro contributo sulla dimostrazione dell’ipotesi della desensibilizzazione percettiva (desensitization hypothesis), secondo cui solo alcuni errori nella percezione dei non-nativi possono essere spiegati come risultato di transfer dalla L1, mentre altri sono riconducibili a preferenze universali, quali l’uso della durata per la categorizzazione delle vocali. Nell’articolo, partendo 274 Besprechungen - Comptes rendus dall’assunto che l’inglese britannico (L1 degli apprendenti) fa prevalentemente uso di distinzioni vocaliche qualitative e non quantitative (come emerge da uno studio di Bohn 1995), mentre lo svedese (L2) si serve primariamente di distinzioni quantitative, si mostra come gli apprendenti ricorrano a categorie percettive universali (quali la durata vocalica) abbandonando strategie di categorizzazione di cui normalmente si servono nella percezione della L1 (qualità vocalica). McAllister, James E. Flege e T. Piske, dopo un’interessante estensione del concetto di «accento straniero» dall’ambito della produzione a quello della percezione («perceptual foreign accent», ossia la difficoltà che gli adulti incontrano nel percepire contrasti fonetici non funzionali nella loro L1), si occupano di verificare la feature hypothesis, in base alla quale i tratti della L2 non coinvolti in alcuna opposizione fonologica nella L1 presentano maggiori difficoltà acquisizionali (sia nella percezione sia nella produzione). Apprendenti estoni, inglesi e spagnoli sono monitorati durante l’apprendimento della percezione della durata vocalica dello svedese. Ne risulta che, se da una parte il sistema di opposizioni della L1 può influenzare la percezione delle opposizioni della L2, dall’altra intervengono importanti condizionamenti esterni, quali l’età dell’apprendente, la durata della permanenza nel paese ospite e la quantità d’uso della L2. Henning Wode, all’interno del quadro teorico della Universal Theory of Language Acquisition (UTA) e della Perception-Based Phonology (PBP), si concentra sull’osservazione di un campione di apprendenti di età inferiore o pari ai tre anni, dimostrando come già in questa fase di acquisizione agiscano gli stessi meccanismi (comprensione fonologica) e fenomeni (transfer) presenti negli apprendenti di età maggiore. L’articolo di Henning Wode mira così a colmare un gap nella letteratura sull’acquisizione di L2: attraverso lo studio di un gruppo di bambini bilingui (con L1 tedesco, L2 inglese) in età prescolare, l’autore giunge alla conclusione che «there are no major differences in L2 phonological acquisition between preschoolers and non-preschoolers» (87). La seconda parte del volume è dedicata al livello della produzione nella fonologia interlinguistica, e vede i contributi di Lidia Costamagna sull’influenza di parametri psico-attitudinali nell’acquisizione delle affricate italiane da parte di apprendenti con L1 spagnolo, tedesco, portoghese e francese, di Niclas Abrahamsson sul ruolo delle restrizioni universali (parametri di marcatezza) nella produzione di code consonantiche in fine di parola (con soggetti cinesi che apprendono lo svedese), e di Raffaele De Rosa e Stephan Schmid sulle realizzazioni fonetiche e ortografiche delle ostruenti italiane da parte di adolescenti di famiglia italiana residenti nella Svizzera tedesca. Lidia Costamagna analizza dettagliatamente l’influenza di parametri psico-emotivi (ansia e grado di estroversione) e psico-comportamentali (attitudine al comando o alla dipendenza) sull’acquisizione, considerando inoltre le relazioni di tali parametri con il variare delle condizioni situazionali (elicitazione di dati spontanei, test formali etc.). Tra i risultati più interessanti, la correlazione del fattore ansietà con la corretta produzione delle affricate italiane (scelte appositamente per l’intrinseca difficoltà che ne caratterizza l’acquisizione) all’interno di test formali, in netto contrasto con quanto avviene nei casi di elicitazione spontanea. Niclas Abrahamsson si concentra sull’influsso dei parametri universali di marcatezza sulla produzione delle code sillabiche, evidenziando come a una maggiore lunghezza (ossia marcatezza) della coda corrisponda una maggiore probabilità di errore nella produzione (tramite processi di semplificazione). L’autore ottiene inoltre conferma empirica (sempre tramite il conteggio degli errori) degli assunti sulla posizionalità dei segmenti della Universal Canonical Syllable Structure (UCSS: Hooper 1976), ma non manca di sottolineare come, in molti casi, fattori legati alla struttura della L1 intervengano pesantemente nella produzione della L2: si veda, per esempio, l’alta percentuale di errori nella produzione di code monoconsonantiche (in quanto tali teoricamente non problematiche) in r o l da parte degli apprendenti cinesi (la cui lingua non oppone distintivamente le due liquide). Raffaele De Rosa e Stephan Schmid si occupano di 275 Besprechungen - Comptes rendus un interessantissimo caso di bilinguismo caratterizzato da una situazione sociolinguistica peculiare: una «diglossia duplice» (169), ossia quella dell’ambiente familiare dei soggetti (italiano standard + un dialetto italiano meridionale) e quella del Paese in cui i soggetti risiedono (tedesco standard + tedesco svizzero). Le quattro varietà di cui gli informanti dispongono permettono a Raffaele De Rosa e Stephan Schmid di condurre un’attenta analisi del modo in cui i tratti di tensione e sonorità (diversamente distribuiti nei quattro sistemi fonologici) si correlano (interferendo l’uno con l’altro) nell’output. A questo proposito si veda l’accostamento del risultato dell’applicazione delle regole allofoniche presenti nelle varietà dell’italiano (centro-)meridionale che illustrano la divaricazione dei tratti di tensione e sonorità con quanto avviene nel tedesco svizzero, varietà che non sfrutta il contrasto di sonorità ma solo quello di tensione (166-68). L’utilizzo di dati empirici sia orali sia scritti consente, inoltre, un’accurata analisi dei fenomeni di geminazione e degeminazione, di sonorizzazione e desonorizzazione, e di affricazione e deaffricazione. Per concludere, il volume fornisce certamente vari e notevoli spunti agli specialisti dell’acquisizione delle lingue seconde, sia che si occupino di fonologia, sia che si concentrino sugli altri livelli dell’analisi linguistica (ricordiamo che uno degli obiettivi dell’EURO- SLA 9, di cui al primo paragrafo della presente recensione, è proprio l’allargamento dei risultati ottenuti nell’ambito della comprensione delle strategie acquisizionali utilizzate per l’apprendimento della pronuncia di una lingua seconda alla comprensione delle strategie acquisizionali tout court). Da non trascurare è inoltre il rilievo che gli articoli contenuti in questo testo assumono anche per chi si occupa dell’apprendimento delle lingue prime, settore costantemente tenuto in considerazione dagli autori dei contributi. Infine, i sempre chiari e precisi riferimenti teorici illustrati negli articoli rendono piacevole e stimolante la lettura di questo volume per chi si interessa di linguistica e vuole tenersi aggiornato sui più recenti sviluppi della ricerca del settore. Giorgio Bruzzolo ★ Silvia Dal Negro/ Piera Molinelli (ed.), Comunicare nella torre di Babele. Repertori plurilingui in Italia oggi, Roma (Carocci) 2002, 160 p. (Lingue e letterature 23) Varietà e molteplicità: di lingue, di situazioni sociolinguistiche, di approcci, di problemi, di soluzioni. Ecco, probabilmente, la cifra caratterizzante di questo volume curato da S. Dal Negro e P. Molinelli, costituito da una raccolta di saggi ruotanti intorno a problemi di plurilinguismo e di rapporti fra codici. Varietà e molteplicità che tuttavia non sono sinonimi di disordine, o mescolanza: una prima uniformità formale, se vogliamo, è data dal fatto che gli autori sono tutti, a vario titolo, legati all’Università di Bergamo, che molti appartengono ad una nuova generazione di ricercatori di sociolinguistica, e che tutti basano le proprie affermazioni su ricerche sul campo condotte di prima mano - poi, anche se non è mai affermato esplicitamente, un sano funzionalismo percorre la metodologia di tutti i saggi presentati. Una prima chiave di lettura del volume è proposta dalle curatrici proprio in apertura: i saggi vogliono «indagare alcuni aspetti dell’interazione tra individui che parlano lingue diverse che condividono solo in parte» (corsivo mio). Bene: è il «solo in parte», ritengo, il minimo comune multiplo delle situazioni di contatto fra lingue che qui vengono studiate, in una prospettiva comune che parte dall’analisi di singoli atti comunicativi per arrivare a (tentativi di) generalizzazione e comprensione di dinamiche a livello sociale. Racchiusi, per così dire, fra parti metodologiche o di riconsiderazione teorica redatte dalle curatrici, stanno infatti gli studi condotti dai giovani ricercatori bergamaschi, che, dall’immigrazione sudamericana a quella ghanese, dai repertori sovraccarichi delle valli alpine all’interazione sco- 276 Besprechungen - Comptes rendus
