Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
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2005
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Kristol De StefaniSara Cigada/Silvia Gilardoni/Marinette Matthey (ed.), Comunicare in un ambiente professionale plurilingue/Communicating in professional multilingual environments. Atti del Convegno VALS-ASLA, Lugano, 14-16. 9. 2000, Lugano (Università della Svizzera Italiana) 2001, 351 p.
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Stefania Cavagnoli
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Per ritornare, in conclusione, alla Legge per la tutela delle minoranze linguistiche, il linguista sa bene che vanno bene le grandi petizioni di principi, che vanno bene le grandi campagne di informazione, vanno bene le agevolazioni per gli usi scolastici e mass-mediatici delle lingue minoritarie, vanno bene, in una parola, le leggi di tutela; ma è ingenua utopia credere che, in assenza della trasmissione diretta in sede famigliare, una qualsiasi lingua «minorizzata» possa sperare di risorgere. In una temperie culturale in cui si pensa di risolvere le politiche sociali e demografiche con il «bonus-figli», forse l’unico mezzo per salvare lingue locali e lingue minori dalla scomparsa è che i comuni che si sono autoidentificati come appartenenti ad una minoranza linguistica deliberino dei contributi da destinarsi a quelle famiglie che riescono a condurre dei figlioli dialettofoni almeno fino alle soglie della scuola elementare. Tullio Telmon ★ Sara Cigada/ Silvia Gilardoni/ Marinette Matthey (ed.), Comunicare in un ambiente professionale plurilingue/ Communicating in professional multilingual environments. Atti del Convegno VALS-ASLA, Lugano, 14-16. 9. 2000, Lugano (Università della Svizzera Italiana) 2001, 351 p. Il convegno dell’Associazione svizzera di linguistica applicata, svoltosi a Lugano dal 14 al 16 settembre 2000 presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università della Svizzera italiana, ha focalizzato l’attenzione su una tematica centrale negli studi sulla comunicazione, una tematica legata alla quotidianità di molti professionisti, che comunicano in lingue diverse, in più lingue, in diversi contesti. La tematica ha incontrato l’interesse di molti partecipanti afferenti a diverse discipline. Il convegno è stata una proficua occasione di incontro per studiosi di linguistica generale, di linguistica applicata, di professionisti in un ambiente, quello svizzero, plurilingue per definizione. La partecipazione di ricercatori e studiosi con focus diversi ha creato qualche problema di uniformità nella programmazione del volume, problema riconosciuto dalle curatrici, che lo hanno evidenziato nella prefazione: la mancanza di uniformazione si ritrova sia nella differenziazione presente per gli ambienti professionali considerati, sia per i tipi di corpora analizzati, ancora per i metodi di analisi applicati. Ciò ha portato ad una difficoltà di raggruppamento dei contributi a seconda dei contenuti: per questo motivo, la scelta delle curatrici è caduta sulla suddivisione in due blocchi, quello delle sessioni plenarie e quello delle sessioni parallele, a tema. Nonostante la pluralità di indirizzi e la differenziazione, che hanno reso particolarmente stimolante il convegno e arricchito il volume, alcune problematiche comuni possono essere ben individuate. Si tratta del resto di tematiche fondamentali nella comunicazione professionale plurilingue, come quella riguardante l’alternanza di codice, la scelta della lingua nell’interazione, l’uso dell’inglese come lingua franca, le minoranze linguistiche e le strategie traduttive. I 24 contributi, nell’ottica di una comunicazione plurilingue, sono redatti in diverse lingue (tedesco, italiano, francese e inglese) e preceduti da un abstract scritto in un’altra lingua. Nella prima sezione, l’attenzione è puntata sulla competenza internazionale plurilingue, sia dal punto di vista dell’ibridità (se ne parla in modo dettagliato nel contributo di Sarangi, Interactional hybridity in professional gatekeeping encounters 47), sia dal punto di vista della molteplicità nell’unità (ne discute Müller, Vielfalt in der Einheit: Code shifting in fran- 286 Besprechungen - Comptes rendus zösischen und spanischen Gesprächen 25). Di valorizzazione di risorse linguistiche scrive Labrie (Mondialisation et valorisation des ressources linquistiques: stratégies locales ou globales? 9); in questa prima sezione sembrano essere messi bene in evidenza i temi centrali della comunicazione professionale plurilingue, descritti e analizzati secondo visioni diverse. Decisivo, in questa prima parte, il contributo di E. Weigand, che si occupa di Competenza internazionale plurilingue (87), perché, con la sua analisi approfondita, tocca molte delle tematiche legate alla situazione della comunicazione plurilingue, sia personale che professionale. Sulla base di questo contributo si cercherà, in questa recensione, di focalizzare alcune delle questioni fondamentali nella relazione professionale plurilingue. Il punto di partenza del contributo è un chiarimento terminologico sulla competenza in atto, che si basa sulla concezione che il linguaggio sia costituito dall’integrazione di mezzi comunicativi diversi, «che vengono contemporaneamente utilizzati per realizzare scopi comunicativi, cioè dialogici» (87); per questo motivo, l’elemento della probabilità, legato a quello della differenziazione dei singoli parlanti, determina lo svolgimento del dialogo che, se plurilingue, prevede una competenza linguistica non solo legata alla madrelingua. L’interazione è sempre «una negoziazione delle posizioni». L’interazione plurilingue presuppone, oltre alla volontà di conoscenza delle posizioni dell’altro, della cultura e della lingua che egli rappresenta, la disponibilità e la possibilità di mettersi in gioco, di rinegoziare le proprie posizioni. Un ruolo determinante, nell’interazione plurilingue, svolgono le tipologie di interazione: la tipologia di testi paralleli e la tipologia di mescolanze di diverse lingue. La prima tipologia esprime lo stesso contenuto con testi paralleli e presuppone quindi una competenza molto alta nella/ nelle altre lingue, la seconda invece presuppone una competenza differenziata, nell’uso delle lingue. Questa seconda tipologia corrisponde maggiormente alla realtà comunicativa professionale, in cui gli attori della comunicazione hanno esperienze linguistiche diverse, esigenze differenziate e conoscenza di una determinata disciplina, conoscenza in parte condivisa con l’interlocutore, che porta spesso ad un uso misto delle due lingue. Questo continuo code switching non disturba la conversazione, ma è la realizzazione di strategie comunicative efficienti. Secondo Weigand «comunicazione in ambiente professionale significa interazione in aree specifiche per scopi definiti . . . sono gli scopi e i bisogni a definire i giochi d’azione e a darci la chiave d’analisi» (93). Nel volume, il tema dell’interazione, scritta o parlata, è ricorrente nella maggior parte dei contributi, ponendo l’attenzione anche alle implicazioni legali, e quindi alla necessità di formazione, non solo linguistica e culturale, di interpreti e traduttori, ma anche di personale abituato ad agire in situazioni professionali plurilingui. Dai contributi emerge poi la dimensione della comunicazione plurilingue all’interno di un paese, e non solo, come si pensa di primo acchito, fra paesi e società estere. La situazione dell’ospedale, dell’istituto universitario o formativo, di ambienti professionali gestiti da stranieri, dell’Unione europea sono solo alcune rappresentazioni. Nella nostra società, la comunicazione è ormai da tempo plurilingue, e naturalmente lo è anche quella professionale. Nel volume non si dimentica il tema delle lingue minoritarie, da sempre inserite in un mondo professionale plurilingue, in cui però spesso emerge il rischio di un uso limitato della lingua più debole. Per esempio nei contributi di Schweigkofler (« . . . und da fühl ich immer so ein Manko» 277), e di Elle (Mehrsprachige Arbeitswelt und Erhalt und Förderung einer Kleinsprache 153) si individuano le regole comunicative in esperienze professionali, regole fissate e regole d’uso; entrambi i contributi si occupano di situazioni di lingue minoritarie: nel primo caso l’obiettivo è quello della creazione di un profilo professionale nuovo, quello dell’insegnante di seconda lingua nella scuola dell’infanzia, considerando il problema dell’identità di gruppo come fattore decisivo per la disponibilità alla collaborazione con l’al- 287 Besprechungen - Comptes rendus tro, base di ogni collaborazione in situazioni di lingue minoritarie. Nel secondo caso si tratta di un’analisi della situazione in territorio bilingue, sorbo-tedesco, e di quali siano le condizioni necessarie per avvicinarsi a, se non per realizzare, gli obiettivi posti in politica e in politica linguistica per la rivitalizzazione della lingua sorba anche in ambito professionale. Anche il contributo di Clau Solèr (Sprachwahl in bilingualen Kleingemeinschaften 295) sottolinea il tema della presenza, nella comunicazione professionale, di una lingua nazionale, ma di piccole dimensioni rispetto alle altre lingue nazionali parlate e usate in Svizzera. Il suo contributo affronta la tematica nell’ottica della variazione diamesica, legata alla dimensione scritta o orale, con l’utilizzo principalmente del tedesco per la prima e del romancio per la seconda. Nella seconda sezione, un’altra tematica che riunisce diversi contributi è quella della comunicazione in ambito formativo, scolastico, universitario o nelle agenzie formative. I contributi di Gilardoni (La comunicazione plurilingue fra docenti in alcune istituzioni formative 163), Lavric (Qui parle quelle langue avec qui? Sociogramme linguistique d’un institut de langues 195), Veronesi (Riunioni di lavoro nel contesto plurilingue altoatesino: tra comunicazione «internazionale», comunicazione «intergruppo» e regole di default 303), Wetzel-Kranz (Mehrsprachige fachsprachliche Kommunikation am Beispiel der trinationalen Ingenieurausbildung in Mechatronik 325) analizzano situazioni comunicative, spesso con approcci di analisi conversazionale, focalizzando l’attenzione sul cambiamento di codice e sulle sue motivazioni, spesso legate alla «felicità della comunicazione» (citando E. Rigotti/ A. Rocci, «Sens - non sens - contresens. Tentative d’une définition explicative», Studies in Communication Science 1 (2001): 45-80), a strategie comunicative volte alla collaborazione, ma anche legate alla natura stessa del parlante bilingue, alle sue identità; decisiva sembra essere, in alcune occasioni, la libertà di scelta. Il parlante plurilingue, in situazioni comunicative personali o professionali, può permettersi di scegliere, di cambiare codice, di scegliere la parola adatta all’evento comunicativo. I fattori di scelta sono spesso legati al prestigio, alla naturalezza, al desiderio di collaborare con l’interlocutore e, non ultimo, al desiderio di esercitarsi in un’altra lingua. Il contributo di Miecznikowski/ Mondada (Comment construit-on des objets de savoir dans des réunions de recherche plurilingues? 217) analizza la costruzione del sapere in gruppi di ricerca, sottolineando le differenze a seconda della composizione e dell’argomento, ma sempre nell’ottica di una competenza interazionale, e quindi interculturale, che permette, per esempio, di utilizzare la propria o altre lingue, a piacere, come vero lavoro di gruppo, come entità che collabora anche dal punto di vista linguistico e soprattutto interculturale. Affinché ciò sia possibile, si deve apprendere e costruire una vera «grammaire-pour-l’interaction». Un ulteriore raggruppamento di contributi può essere legato alla tematica dell’economia, sia nell’ottica dell’attività di impresa e di contatti con i clienti, sia in quella della formazione economica. I contributi di Cigada/ Vanacore-Carulli (L’uso delle lingue nella creazione di relazioni di fiducia: il caso dei prodotti finanziari di largo consumo in Svizzera e in Italia 121), Häuptli (Globalisation and the Tower of Babel. Case study: English as the tool for cross-cultural communication in a global corporation 181), Probst (Der kulturelle Filter in Wirtschaftstexten multinationaler Unternehmen: Englisch-Deutsch-Französisch 263), si riferiscono al primo ambito, e analizzano, con metodologie interdisciplinari, differenze culturali e di impresa; il secondo contributo si sofferma sull’inglese lingua franca nell’ambito della comunicazione interculturale all’interno di una multinazionale operante in Svizzera. Nel contributo di Probst si confrontano traduzioni dello stesso testo in più lingue, e si giunge a dire che le versioni rappresentate dai testi nella lingua di arrivo sono filtrate culturalmente, soprattutto a livello interpersonale, dimensione meno marcata rispetto al testo di partenza. 288 Besprechungen - Comptes rendus Zanola (L’art de parler en public: structuration rhétorique et stratégies argumentatives dans la communication d’entreprise plurilingue 343) nel suo contributo si occupa della formazione di economisti, ponendo l’accento sugli aspetti del linguaggio non verbale, per verificare il percorso proposto. Quattro sono i contributi difficilmente riconducibili ad altri: quello di Bühring (Interpreting in hospitals 107), che confronta un dialogo mediato dall’interprete con uno non mediato, utilizzando i risultati dell’analisi per proposte di formazione per interpreti, D’Hondt (Multilingual communication between employees of the European Union in Brussels 135), che analizza la comunicazione professionale nell’ambiente plurilingue per eccellenza, mettendo in evidenza le ragioni di tipo sociale che portano a determinate scelte linguistiche, Milani (La lingua di alcuni emigrati italiani in Gran Bretagna: problemi di interferenza 241), che descrive la lingua utilizzata da un gruppo di persone che lavorano nella gastronomia, che si rivela essere una copresenza e, in parte, commistione di codici inglese e italiano, e Niederhauser/ Moos (Einige Bemerkungen zum Workshop. Terminologiedatenbanken als Kommunikationshilfen in der mehrsprachigen Arbeitswelt 257). Quest’ultimo contributo è la sintesi di un workshop, organizzato nel corso del convegno in collaborazione con la Cancelleria federale svizzera, a cui hanno partecipato soprattutto terminologi, con un taglio pratico. In tutto il volume aleggia il tema della lingua inglese come lingua franca, come lingua professionale, lingua che, illusoriamente, dovrebbe permettere di risolvere i problemi comunicativi. Nel contributo di Truchot (La langue au travail. Évolution des pratiques linguistiques dans les entreprises multinationales en Europe 73) si analizza il diverso uso delle lingue all’interno delle multinazionali in senso diacronico, passando da un uso della lingua del paese di riferimento, ad un uso sempre maggiore, anche nell’attività lavorativa quotidiana, dell’inglese o di una lingua forte (la forza della lingua, che considera la lingua come simbolo di potere). Il filo che lega tutti i contributi, seppure, come specificato all’inizio, in una grande varietà di attori e tematiche, competenze e realizzazioni, mi pare possa essere effettivamente il concetto di competenza comunicativa plurilingue come competenza in atto, frutto di interazione e negoziazione fra culture e lingue diverse, con una condivisione di una disciplina di riferimento, nell’ottica di una linguistica della performance, per evitare la divisione fra linguistica teorica e linguistica applicata. Stefania Cavagnoli ★ Friedrich Wolfzettel (ed.), Das Wunderbare in der arthurischen Literatur. Probleme und Perspektiven, Tübingen (Max Niemeyer) 2003, 379 p. Ce volume est le fruit de la rencontre des sections allemande et néerlandaise de la Société internationale arthurienne qui s’est tenue au Château de Rauischholzhausen du 6 au 9 février 2002.Les dix-neuf contributions, qui interrogent des textes aussi bien allemands, anglais, français, néerlandais qu’ibériques, ont été distribuées sous trois grandes rubriques: 1) Phénoménologie, 2) Réception, 3) Fonction et structure du merveilleux. Elles sont précédées d’une introduction de Friedrich Wolfzettel, qui dresse à grands traits un état de la recherche. Manquent, dans cet utile panorama, les importantes études de Christine Ferlampin-Acher, parues après le colloque: Fées, bestes et luitons. Croyances et merveilles, Paris 2002; «Merveilleux et comique», Arthurian Literature XIX (2003) 17-47 et Merveilles et topique merveilleuse dans les romans médiévaux, Paris 2003. Écrire sur le merveilleux médiéval, après les nombreux travaux qui lui ont été consacrés, tient de la gageure. Force est de constater que le défi n’est que partiellement relevé. Les 289 Besprechungen - Comptes rendus