eJournals Vox Romanica 65/1

Vox Romanica
vox
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2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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2006
651 Kristol De Stefani

La gestione del disaccordo nelle discussioni scientifiche: dinamiche conversazionali e co-costruzione del sapere

121
2006
Johanna  Miecznikowski
vox6510025
La gestione del disaccordo nelle discussioni scientifiche: dinamiche conversazionali e co-costruzione del sapere 1 La polemica scientifica, che si manifesta nello scritto in una serie di generi discorsivi, dallo scambio di saggi polemici, o di lettere, al resoconto nella stampa di divulgazione scientifica, ha destato da sempre l’interesse della storiografia e della sociologia della scienza. Invece la gestione del disaccordo relativo a questioni scientifiche che ha luogo nell’interazione faccia a faccia tra studiosi è un fenomeno meno studiato. Eppure, il disaccordo si manifesta anche nel contesto dell’interazione faccia a faccia, e fa sorgere una serie di domande: - Quale importanza ha il disaccordo in questo contesto? È minimizzato, come conseguenza di una generale «preferenza per l’accordo» (Sacks 1987) e dell’orientamento verso uno scopo collaborativo comune che caratterizza il lavoro di ricerca in molti casi? O si manifesta invece frequentemente e apertamente, dando luogo eventualmente a scambi polemici (Dascal 1998), nei quali il confronto tra opinioni diverse è centrale? - Quali procedure i ricercatori impiegano per gestire il disaccordo? - E infine, se adottiamo una prospettiva etnometodologica e costruttivista sulla «fabbricazione» del sapere (Knorr-Cetina 1981), come diversi modi, più o meno conflittuali, di gestire il disaccordo configurano i risultati del lavoro di ricerca in quanto attività professionale? Senza voler esaurire l’argomento, cercherò nel seguito di dare qualche elemento di risposta a queste domande, basandomi su un corpus di riunioni di lavoro e di convegni in medicina e in varie discipline nell’ambito delle scienze umane. 1 Voglio ringraziare Carla Bazzanella per i suoi commenti rispetto a una prima versione di questo contributo. Mi preme, inoltre, ringraziare per le loro osservazioni preziose i partecipanti all’incontro di analisi dei dati organizzato a Bologna il 15 marzo 2006, e i partecipanti alla conferenza che tenni a Bolzano l’8 maggio 2006. Naturalmente la responsabilità per eventuali errori e inesattezze è solamente mia. Vox Romanica 65 (2006): 25-49 Johanna Miecznikowski 1. Punti di partenza 1.1 La (co-)costruzione del sapere In una prospettiva etnometodologica, le conoscenze scientifiche sono viste come un sapere paragonabile ad altri tipi di sapere condiviso all’interno di una società. Si considerano come costruite e ricostruite tramite pratiche sociali e tecnologiche contestualizzate. Nel quadro della sociologia della scienza, queste attività pratiche sono state studiate in ottiche diverse, dal micro(scopico) al macro(scopico). Studi in chiave conversazionalista come quello di Garfinkel et al. (1981), Lynch (1985) si sono focalizzati sull’emergenza progressiva delle conoscenze nell’interazione verbale tra ricercatori, analizzando anche il modo in cui i ricercatori, parlando, manipolano apparecchi e immagini. Studi come quelli etnografici di Latour/ Woolgar (1979) o Knorr-Cetina (1981), ma anche p. es. Berg (1992) sulla presa di decisioni terapeutiche, hanno adottato un’ottica più macroscopica, che include fra l’altro anche l’analisi delle strutture istituzionali nelle quali si svolge il lavoro degli scienziati. L’orizzonte analitico è ampliato ulteriormente in lavori come quelli di Callon (1986), Akrich et al. (1988) o, per dare un esempio recente, Remondet (2004) sulle pratiche legate alla terapia genica. In un dialogo con l’epistemologia, la storia della scienza e l’analisi dei testi scientifici e di divulgazione (p. es. Ouellet 1984, Myers 1990, Jacobi 1994, Brown 2000), questi lavori si interessano alle condizioni di possibilità e di successo delle innovazioni scientifiche anche al di là del laboratorio; analizzano fra l’altro le trasformazioni che subisce un’idea, una descrizione, una denominazione ecc. (un oggetto di sapere) secondo i suoi molteplici usi e riformulazioni in vari tipi di contesto, p. es. nella stampa specialistica e non, nelle sue applicazioni mediche o industriali o nel processo legislativo. Anche se la metodologia degli studi menzionati varia, essi convergono sull’osservazione che lo status di un oggetto di sapere come fatto non dipende solo dalle sue proprietà intrinseche e dai paradigmi di ricerca dominanti (cf. Kuhn 1977); spesso la fattualità di una idea o descrizione non è evidente nel momento in cui gli attori ne costruiscono la sua «scoperta», ma, al contrario, un fatto - sia il suo contenuto che il suo status di fattualità come elemento del sapere condiviso di una comunità - si costruisce progressivamente e interattivamente. Questo filone di ricerca fa apparire inoltre che le pratiche messe in atto in questo processo sono sempre multifunzionali: si tratta di (etno)metodi che non servono solo a costruire il sapere scientifico, ma si inseriscono in molteplici logiche di azione, e diventano così il locus di una interdipendenza stretta tra il mondo delle conoscenze e la realtà sociale. 26 La gestione del disaccordo nelle discussioni scientifiche 1.2 Osservare le interazioni tra ricercatori in gruppi di ricerca interuniversitari Le interazioni faccia a faccia tra ricercatori sono un momento importante nel processo di costruzione delle conoscenze. In un progetto di ricerca realizzato all’Università di Basilea 2 , ci si è proposti di documentare e analizzare tali interazioni, focalizzandoci sul lavoro collaborativo di gruppi di ricerca interuniversitari nella regione del Reno Superiore (cf. Mondada 2005). Si sono raccolti diversi tipi di dati. In primo luogo sono state registrate riunioni di lavoro di quattro gruppi, e convegni organizzati da questi gruppi; le registrazioni trascritte costituiscono un corpus di ca. 690’000 parole grafiche. Questi dati sono stati completati dalla raccolta di vari tipi di scritti, p. es. appunti preparatori, lucidi e atti di convegno. Le interazioni documentate hanno un grado di formalità relativamente alto e in parte contengono ampie parti monologiche, tratto caratteristico anche di altri tipi di interazione in ambito accademico (cf. p. es. Anderson/ Ciliberti 2002). Per molti versi sono però paragonabili a riunioni di lavoro non accademiche (cf. p. es. Lenz 1989, Bargiela-Chiappini/ Harris 1997: 205-25, Müller 1997). Considererò discussioni scientifiche le parti conversazionali delle riunioni di lavoro e dei convegni, rapportando l’aggettivo scientifico allo scopo globale degli incontri. Le discussioni del corpus sono state analizzate usando i metodi dell’analisi conversazionale, e badando anche al dettaglio linguistico del discorso-in-interazione, come per esempio le catene anaforiche, le categorizzazioni (cf. Sacks 1972, Bonu et al. 1994) e generalizzazioni, l’uso dei pronomi personali e delle costruzioni impersonali, gli enunciati metacomunicativi (cf. anche Franceschini 1998), le modalizzazioni o il code-switching. I fenomeni a questi diversi livelli di analisi sono componenti di procedure discorsive e interazionali più complesse, ricorrenti, pertinenti per la costruzione interattiva delle conoscenze scientifiche. Si è analizzata in particolare la gestione interattiva dei topic come oggetti discorsivi (objets de discours, cf. Mondada 1995) introdotti, arricchiti e trasformati interattivamente, oggetti che diventano così componenti del sapere condiviso dei partecipanti ovvero oggetti di sapere. 27 2 Si tratta di del progetto n. 1214-051022.97 del Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, intitolato La construction interactive du discours scientifique en situation plurilingue, diretto da Lorenza Mondada al Romanisches Seminar dell’Università di Basilea e svolto nel 2001, a cui hanno collaborato, oltre alla direttrice, Katja Müller, Christa Pieth, Elwys De Stefani, l’autrice ed altre persone coinvolte nel lavoro di trascrizione. Johanna Miecznikowski 1.3 La gestione del disaccordo a proposito di oggetti di sapere: uno di più compiti paralleli Come in ogni interazione, la gestione interattiva dei topic si intreccia con i compiti legati alla gestione interattiva dello sviluppo sequenziale dell’interazione in corso, dai modi di alternare i turni alla realizzazione di coppie adiacenti, fino alla generazione negoziata di strutture sequenziali complesse come quelle di una riunione intera o persino di un convegno di più giorni. Nel contesto specifico sotto analisi, sono pertinenti, inoltre, compiti interazionali come la pianificazione di attività future, la gestione dell’intercomprensione, in situazione plurilingue e non (cf. p. es. De Stefani et al. 2000, Miecznikowski/ Mondada 2001a, Miecznikowski 2005: 65-84, 223- 50), o anche la definizione di appartenenze disciplinari, culturali ecc. dei partecipanti e lo sviluppo di una identità di gruppo (cf. p. es. Mondada 2002, Miecznikowski i. c. s. a). In questo contesto, la gestione del disaccordo può essere visto come un altro compito interazionale assolto in parallelo. Come vedremo, in quanto al livello referenziale si ha accordo o disaccordo a proposito di determinati topic (più o meno complessi) e la gestione del disaccordo è strettamente interrelata con la gestione dei topic. In quanto segue, discuterò prima le procedure che permettono ai partecipanti di raggiungere un accordo (2.1), e accennerò agli effetti che queste procedure hanno sull’elaborazione del sapere (2.2). In un secondo tempo (3.), mi concentrerò sul disaccordo, per porre la domanda, in particolare, delle differenze tra modi più o meno conflittuali di gestirlo, e analizzerò in questa prospettiva un brano di una discussione con grado di conflittualità relativamente alto (3.3). 2. Mettersi d’accordo Nelle interazioni del corpus, osserviamo un orientamento forte degli interagenti verso l’elaborazione di un sapere condiviso, in due sensi: da un lato, loro mettono in comune conoscenze individuali distribuite in modo asimmetrico, in un processo che si può definire di apprendimento mutuo. Dall’altro lato, si tratta per loro di condividere valutazioni e punti di vista su determinati oggetti di sapere, ed è quest’ultimo tipo di condivisione, il quale si manifesta nel raggiungimento di accordi, che ci interessa particolarmente in questa sede. 2.1 Mettersi d’accordo su una versione di un oggetto di sapere: sequenze esplorative o di negoziazione Il raggiungimento di accordi a proposito di oggetti discorsivi si realizza tipicamente sotto forma di sequenze che possiamo chiamare esplorative, o anche di negoziazione, e che comportano tre fasi: 28 La gestione del disaccordo nelle discussioni scientifiche - una prima fase nella quale si pone un problema a proposito di un oggetto di sapere più o meno complesso; - una seconda fase durante la quale i parlanti esplorano insieme diverse soluzioni al problema, che corrispondono a diverse versioni dell’oggetto discorsivo in quanto oggetto di sapere e possono comportare l’introduzione di altri topic legati in qualche modo al problema posto; - una terza fase in cui i partecipanti si mettono d’accordo su una soluzione, selezionando anche una versione determinata dell’oggetto di sapere trattato. Il consenso finale può essere espresso in modo più o meno esplicito e conclude la sequenza, permettendo ai partecipanti di passare alla prossima fase della loro interazione. Questo tipo di sequenza è una componente convenzionalizzata di generi discorsivi come la discussione dopo una presentazione, che consiste spesso in una serie di problemi sollevati e trattati a proposito di elementi della presentazione. Un altro esempio è la redazione collettiva di documenti, cioè una situazione nella quale più persone lavorano su un testo, per esempio correggendo insieme una bozza o scrivendo insieme appunti su un lucido; in questo tipo di contesto, i partecipanti si mettono d’accordo su una serie di problemi di formulazione, trattandoli uno dopo l’altro (cf. Krafft/ Dausendschön-Gay 1999, Miecznikowski/ Mondada 2001b). In questi casi, le sequenze esplorative o di negoziazione fanno parte dell’attività principale in corso. In altri casi invece hanno il carattere di riparazioni, nel senso dell’analisi conversazionale, cioè rimediano a problemi non prevedibili che sorgono nel corso dell’interazione, ostacolando la sua progressione. Siccome queste sequenze interrompono una attività che sarà ripresa dopo la loro conclusione, vanno descritte come sequenze laterali 3 . Vorrei esemplificare quanto introdotto qui sopra appunto con una sequenza di riparazione; le riparazioni sono infatti particolarmente istruttive perché illustrano il fatto che l’elaborazione del sapere ha luogo anche ad un micro-livello, grazie a procedure che, benché metodiche, sfuggono di solito alla nostra attenzione. Il contesto dell’esempio è una discussione durante una riunione di un gruppo interdisciplinare di specialisti che lavorano sull’impero ottomano 4 . La discussione segue una relazione sul regno dei mamelucchi in Egitto fatta dalla parlante TO. La sequenza comincia con una domanda rivolta a TO da un ascoltatore, PO: 29 3 Cf. Miecznikowski (2005) per una analisi di sequenze esplorative (di tipo riparatorio e non) in cui vengono problematizzate singole unità lessicali, e per una discussione della letteratura dedicata ad argomenti affini (p. 43-56). 4 Una prima analisi dell’esempio è proposta in Miecznikowski (2005: 91-93). Johanna Miecznikowski Esempio 1a 5 1} POL .. and fInally\ . ((ride)) the 2} last question i want to put . all them together\ . 3} coptophone . i: remember i asked the lecturer months ago 4} . to whAt extent\ . egypt was . could be considered .. an 5} arab country . and: 6} [ under the mameluks ((rapide)) i did not find an& 7} TOI [mhm 8} POL ANswer/ . or perhaps haven’t understood it . euh what was 9} the proportion of the coptophone . population 10} TOI alors 11} POL was it large/ . or ((68 righe omesse)) Questa domanda è seguita da un brano di discussione non riportato qui, che concerne essenzialmente l’esatta percentuale dei coptofoni nell’Egitto governato dai mamelucchi. TO, la relatrice, torna poi alla parte iniziale della domanda, alle righe 12-13 («about the arab cOUntry»). La parlante comincia a dare una risposta, però si ferma per problematizzare prima un elemento della domanda; cioè inizia una riparazione della domanda, rimandando la risposta a più tardi: Esempio 1b 12} TOI euh about 13} the arab cOUntry . euh: i don’t think . euhm .. egypt was 14} an ARAB country . what does it mean . euh . even NOW . if 15} you ask a coptic person . you ask him . are you an arab 16} POL mhm mhm mhm 17} TOI euh iin arabic raeuh the . word arab/ 18} POL mhm 19} TOI means euh badu euh means [euh 20} X,Y [xxxxxx oui 21} TOI xxx . from the desert . nonot means euh arabophone .. 22} so . even now if you ask a coptic person are you arab/ he 23} says . i’m arab/ . and i have a friend/ . euh she was euh 30 5 Sono state adottate le seguenti convenzioni di trascrizione: [ ] segmento sovrapposto . .. ... pause brevi, medie, lunghe ( 2 sec.) (2s) durata di pausa in secondi xxx brano non compreso ( 2 sec.) / \ intonazione ascendente/ : allungamento vocalico discendente parinterruzione & continuazione del turno attraverso un = continuazione rapida ritorno a capo (il va) trascrizione incerta (h) aspirazione exTRA sillaba in maiuscole: accento wIrklichvocale maiuscola: accento melodico dinamico delimitazione dei fenomeni tra (( )) ((ride)) commento, fenomeni non trascritti N. N. nome {. . .} parte del turno omessa La gestione del disaccordo nelle discussioni scientifiche 24} . euh student in berkeley . and she says . ii . i 25} thought i was an . arabic person WHEN i was in the states 26} .. but before i was not an arab\ . because in berkeley . 27} i was with . iraki persons and . so on/ . and we we spoke 28} togeth- . together\ . [but 29} POL [no i mean arabophone/ of course 30} when i use [xxxxxxxxxxxxxxxxxx my question] was& 31} TOI [no euh: : : no they were cop-] 32} POL &arabophone . to what extent . egypt was arabophone at 33} the time of the mameluks\ . And\ 34} TOI the administration was [arab . bic 35} POL [no . language linguistically\ 36} TOI linguistically euh .. i think it was not/ . euh . for 37} instance in the country . the peasants were not 38} arabophones/ 39} POL mhm . [but 40} TOI [that’sthat’s sure/ 41} POL in the city in cairo = 42} TOI = in in cairo .. euhm: . in the administration/ . euh even 43} the coptic . personnel was .. was arabophone\ because . 44} all was written in arabic\ . not in turkish hein/ never 45} in turkish\ Il problema che TO solleva è l’interpretazione della domanda, una condizione essenziale per poter dare una risposta adatta. Questo problema è legato al senso della parola arab, parola messa in evidenza prosodicamente («ARAB», r. 14) e poi individuata anche esplicitamente come segno linguistico («the . word arab/ », r. 17). Tematizzando la parola arab come segno linguistico, TO evoca e comincia a sviluppare un oggetto di sapere che trascende l’interpretazione della domanda posta da PO. Segue (in terza posizione) un turno riparatorio complesso, che configura il turno precedente di TO (in seconda posizione) come manifestazione di un fraintendimento (cf. Hinnenkamp 1998, Bazzanella/ Damiano 1999, Galatolo 1999) e propone una auto-riparazione dell’elemento problematico (il turno in prima posizione): PO reagisce prima alla problematizzazione della parola arab, rifiutando («no», r. 29) una delle interpretazioni proposte da TO e esplicitando il suo modo di usare la parola («I mean arabophone when i use xxx», r. 29-30), e poi reagisce alla problematizzazione della sua domanda, riformulandola (r. 32-33). TO ratifica questa riparazione: tramite una autocorrezione (r. 34) manifesta di aver capito la disambiguazione di arab nel senso di ‘arabofono’; e manifesta una seconda volta la sua comprensione e il suo accordo rispetto a questa disambiguazione, ripetendo l’elemento «linguistically» aggiunto da PO (r. 35). Notiamo che TO ha iniziato a rispondere alla domanda di PO sin dai primi indizi per una autoriparazione da parte di PO (cf. i due tentativi alle righe 31 e 34); però è solo dopo la complezione e la ratifica di questa autoriparazione che TO può sviluppare la sua risposta. Per riassumere: in questa sequenza i parlanti risolvono un problema, la corretta comprensione della domanda di PO, e durante questo processo emergono an- 31 Johanna Miecznikowski che diverse versioni di un oggetto di sapere che trascende questo problema: il significato e le condizioni di uso della parola arab. Rispetto a quest’ultimo aspetto del problema osserviamo, facendo attenzione alle correzioni e riformulazioni, che i parlanti man mano si mettono d’accordo sul fatto che fra più usi possibili della parola arab l’uso che ha fatto PO nella sua domanda, cioè quello nel senso di ‘arabofono’, non è la scelta migliore. Questo accordo, non dichiarato esplicitamente, conferma indirettamente le componenti semantiche della parola arab messe in evidenza da TO, componenti come «from the desert» (r. 21), che concernono l’origine della persona categorizzata tramite l’aggettivo piuttosto che la lingua che parla. 2.2 Stabilizzazione di oggetti di sapere Quali effetti può avere un accordo raggiunto sul piano dell’elaborazione del sapere? Si può concettualizzare l’effetto di un accordo raggiunto come stabilizzante, a più o meno a lungo termine, nel senso che una versione su cui i parlanti sono d’accordo potrà essere ripresa e costituire il punto di partenza di riflessioni ulteriori, allorché versioni alternative dello stesso oggetto di sapere spariranno dal palcoscenico dell’interazione. Questo effetto di stabilizzazione è legato al fatto che ogni accordo implica prese di decisione da parte degli interagenti sul loro comportamento futuro - in molti casi, anche se queste decisioni non sono esplicitate, gli interagenti preferiscono non «venire indietro» per riconsiderare e sviluppare una opinione, una descrizione, un termine diversi dalla versione su cui hanno raggiunto un accordo. Così nella discussione dalla quale è estratto l’esempio 1, dopo la conclusione della sequenza di riparazione a proposito di arab la polisemia di questa parola è un fatto stabilito, e la possibilità di usarla semplicemente nel senso di ‘arabofono’ sembra limitata; un indizio che va in questa direzione è che quando è usata la radice arabin questo senso (in inglese o francese, che sono le due lingue parlate in questa discussione), è sempre in una parola composta o altrimenti disambiguata. In molti casi, le conseguenze di tali prese di decisione più o meno implicite trascendono le interazioni faccia-a-faccia del gruppo di partecipanti coinvolti. Gli oggetti di sapere elaborati sono ripresi in discorsi futuri, messi in circolazione sotto forma scritta, eventualmente applicati e «tradotti» (Callon 1986) in vari modi in attività pratiche e tecnologiche. I testi redatti collettivamente menzionati sopra (cf. 2.1) sono un esempio di una tale stabilizzazione a più lungo termine. Ma sulla base del corpus raccolto si può anche dimostrare, per esempio, che gli accordi raggiunti interattivamente lasciano tracce negli atti di un convegno. In effetti, i contributi agli atti sono spesso cambiati rispetto alle versioni presentate durante il convegno, in funzione appunto delle problematizzazioni che hanno avuto luogo nelle discussioni (cf. p. es. Miecznikowski i. c. s. b). 32 La gestione del disaccordo nelle discussioni scientifiche 3. La gestione del disaccordo 3.1 Generalità Definiremo il disaccordo come l’espressione di una posizione argomentativa in contrasto con un’altra posizione, le due posizioni essendo associate a parlanti diversi. A livello conversazionale, il disaccordo (come anche l’accordo) è un fenomeno che si costruisce interattivamente, in stretto rapporto con la gestione del rapporto interpersonale tra gli interagenti, e che si sviluppa nel tempo. Gli aspetti interattivi e sequenziali del disaccordo sono centrali nella ricerca svolta nell’ambito dell’analisi conversazionale e dell’etnografia della comunicazione a proposito delle interazioni conflittuali in diversi contesti sociali (cf. i volumi curati rispettivamente da Grimshaw 1990 e Kallmeyer 1996, ma anche Fele 1991, Kotthoff 1993, Nothdurft 1997, Schröder 1997, Dascal 1998, Di Luzio 1998, Monzoni 2004, e, per una rassegna recente della letteratura anglofona al proposito, Leung 2002). Questo tipo di ricerca mette in evidenza una serie di caratteristiche del disaccordo che sono pertinenti anche per il nostro contesto delle interazioni tra ricercatori: - Il disaccordo si esprime a diversi livelli della conversazione - dal verbale al nonverbale, ma anche p. es. nella gestione più o meno competitiva dei turni, dei topic e della sequenza interazionale stessa. - La sua espressione può essere più o meno intensa, e l’attribuzione delle posizioni argomentative a due parlanti diversi può essere più o meno chiara. In questo senso si tratta di un fenomeno graduale. - A livello argomentativo, l’espressione del disaccordo comporta spesso la costruzione di prospettive (cf. Keim 1996, Kallmeyer 2002), cioè le posizioni argomentative specifiche che si oppongono sono associate ad atteggiamenti e ad insiemi di conoscenze di sfondo più generali. - Infine, è importante notare che il disaccordo nell’interazione può essere gestito più o meno rapidamente. In molti casi, gli interagenti lo risolvono, come problema, negoziando un accordo nel corso di pochi turni. In altri casi, invece, il disaccordo persiste, e si sviluppa allora una interazione conflittuale, con possibile intensificazione del conflitto. Anche sul piano dello sviluppo sequenziale del disaccordo c’è quindi gradualità: una interazione nel suo insieme può essere più o meno conflittuale. 3.2 Il disaccordo nelle discussioni scientifiche Nel contesto della collaborazione in gruppi di ricerca, in cui l’accordo da raggiungere nella conversazione è una preoccupazione costante dei parlanti e costituisce uno stadio importante nel processo di elaborazione e di consolidamento delle co- 33 Johanna Miecznikowski noscenze, qual’è l’importanza del disaccordo? Osserviamo interazioni conflittuali in questo contesto, e quali sono gli effetti sull’elaborazione del sapere? Per captare le manifestazioni del disaccordo nelle discussioni scientifiche, è utile riprendere lo schema sequenziale molto generale della sequenza esplorativa o di negoziazione. Il disaccordo si manifesta infatti fondamentalmente in sequenze di quel tipo, come un modo possibile di comparare e di valutare diverse versioni di un oggetto di sapere e diverse soluzioni a un problema. Occorre sottolineare che si tratta solo di un tipo possibile di confronto. C’è disaccordo solo quando diverse versioni di un oggetto di sapere sono costruite come posizioni argomentative contrapposte e attribuite a parlanti diversi. Ciò non è necessariamente il caso: frequentemente i parlanti si mettono d’accordo senza essersi opposti l’uno all’altro prima. La riparazione a proposito di arab analizzata prima può essere vista come un caso al limite tra l’esplorazione consensuale e il confronto con dissenso. Da un lato, l’iniziazione di riparazione di TO ha un potenziale critico, poiché: - TO decostruisce una categoria introdotta da PO, «arab contry» («what does it mean», r. 14) 6 . - Usando una negazione («not means», 21), TO oppone due posizioni argomentative relative all’interpretazione della parola arab e ne rifiuta una; per default, l’interpretazione negata può essere attribuita all’interlocutore (e lui reagirà in questo senso alle r. 29-33). - Come sfondo della valutazione negativa di una delle due posizioni, TO costruisce una prospettiva che è quella dell’esperto e conoscitore della cultura sotto esame (rinvio alla lingua araba con citazione di traduzioni in arabo, rinvio a testimonianze di persone coinvolte), che per default funziona come autocategorizzazione della parlante, una attribuzione che è favorita dal suo ruolo come relatrice e implica la categorizzazione dell’interlocutore come meno esperto. Dall’altro lato: - Nel turno di TO né l’attribuzione della posizione rifiutata all’interlocutore, né le categorizzazioni degli interagenti sono esplicite. - Come abbiamo visto, PO, dopo aver chiarito il senso della sua domanda, non insiste sul suo uso della parola arab, ma si auto-corregge, dimostrando il suo accordo con l’interlocutrice. - PO non costruisce una prospettiva opposta a quella di TO; non sorge una divergenza di prospettive. - Dopo la risoluzione, relativamente rapida, del problema posto da TO, la sequenza domanda-risposta iniziata da PO è compiuta, e si ha quindi alta collaboratività per quanto riguarda la gestione della sequenza interazionale. 34 6 Nel corpus, la problematizzazione di elementi del codice linguistico, che come tali di solito fanno parte delle conoscenze di sfondo condivise, concorre spesso a esprimere un atteggiamento critico verso il discorso dell’interlocutore (cf. Miecznikowski 2005: 85-106 e 153-90). La gestione del disaccordo nelle discussioni scientifiche Si tratta di uno dei tanti casi limite, essendo appunto il disaccordo un fenomeno graduale. Quando c’è chiaramente disaccordo, nel corpus, riscontriamo una serie di fenomeni tipici delle interazioni conflittuali, tanto più evidenti quanto è maggiore la conflittualità dell’interazione a tutti i livelli. Vorrei mettere in evidenza due tipi di fenomeni che considero particolarmente pertinenti per l’elaborazione del sapere scientifico. Un primo fenomeno concerne la costruzione di prospettive, nelle quali si inseriscono le posizioni argomentative difese. Abbiamo visto sopra l’esempio di una messa in prospettiva legata ad una categorizzazione come esperto in una determinata materia. Nelle discussioni scientifiche, i ricercatori ricorrono spesso a categorizzazioni di questo tipo, anche a categorizzazioni in termini disciplinari, come nell’esempio seguente: Esempio 2 1 MA du liest . wittgenstein 2 auf ne total interessante weise ich les ihn halt 3 als linguistin 4 UL ja [. ganz anders 5 MA [xxxxxxxxxxxxx es ist total interessant = 6 UL = ja 7 MA ähm . ich weiss nicht ob . ob du damit einverstanden wärst ich 8 habe .. wittgenstein auch . vom vom linguistischen ansatz her 9 von seiner sprachphilosophie her . immer als eine 10 morphogeNEse gelesen\ . (den frühen und) späteren 11 wittgenstein\ (also nicht) als GEgensatz In questo brano, una parlante, MA, rivolge un commento alla parlante UL, a proposito di una relazione su Wittgenstein che UL ha presentato prima. Il commento di MA è in lieve disaccordo con la relazione di UL, o potenzialmente in disaccordo, come ci fa capire l’enunciato metacomunicativo «ich weiss nicht ob du damit einverstanden wärst» (r. 7). MA oppone una sua lettura dell’opera wittgensteiniana a quella di UL, e le due parlanti co-costruiscono la differenza tra le due letture categorizzandole in termini disciplinari. Una interpretazione si integra in una prospettiva da «linguista» («als linguistin», r. 3), mentre l’altra per default si integra in una prospettiva da non linguista. Se la categoria di «linguista» è proposta da MA (r. 3), l’esistenza di una differenza pertinente tra le due prospettive è immediatamente confermato da UL («ja . ganz anders», r. 4). Il fatto di accompagnare una obiezione con una autocategorizzazione in termini disciplinari è una strategia ricorrente (cf. Miecznikowski i. c. s. a); serve fra altro ad evitare di contestare a livello fattuale ciò che ha detto l’interlocutore. Qui però vorrei sottolineare meno la dimensione della cortesia e piuttosto il fatto che l’oggetto di sapere discusso - qui il rapporto tra il primo e il secondo Wittgenstein - è trasformato grazie a questa strategia. Tramite categorie come «als linguistin», «vom linguistischen ansatz her» (r. 8), «von seiner sprachphilosophie her» (r. 9), 35 Johanna Miecznikowski MA attiva insiemi di conoscenze di sfondo con cui mettere in rapporto l’oggetto discusso; e quest’atto di contestualizzazione, riconosciuto come pertinente da ambedue le parlanti, non lascia intatto l’oggetto, ma lo trasforma e arricchisce. Il secondo fenomeno che voglio mettere in evidenza è il potenziale perturbatore del disaccordo sul piano tematico. Nelle discussioni scientifiche come in altri contesti, un segno possibile di conflittualità è la gestione competitiva dei topic (cf. Mondada 1995), caratterizzata dal fatto che i parlanti tendono a non riprendere e a non sviluppare i temi introdotti dagli interlocutori, che «non si parla della stessa cosa». Questa tendenza ha una varietà di effetti sull’elaborazione del sapere. Anzitutto, ha un effetto di destabilizzazione (Miecznikowski 2005: 169-90) relativo a oggetti di sapere che non vengono ripresi come topic, o sono ripresi in modo unilaterale da un solo parlante. Questi oggetti sono destabilizzati perché la loro rilevanza conversazionale stessa, la loro esistenza nell’universo discorsivo sviluppato interattivamente, è messa in crisi. Inoltre, quando in una sequenza esplorativa gli interagenti gestiscono i topic in modo poco cooperativo, succede che i topic si moltiplicano, e che i parlanti perdono di vista, almeno momentaneamente, il problema inizialmente posto. Questo tipo di andamento tematico mi sembra pertinente per lo sviluppo del sapere nella misura in cui richiede dai partecipanti uno sforzo supplementare per ristabilire la coerenza del loro discorso comune, localmente poco coesivo. Nel corpus, le interazioni ad alto grado di conflittualità sono abbastanza rare, poiché il disaccordo si manifesta tipicamente nel quadro di sequenze di negoziazione relativamente brevi (3-10 turni). Però sono presenti, e sono casi in cui lo schema della sequenza esplorativa è espanso, o persino abbandonato per dare luogo a scambi di repliche che - in contrasto con scambi come quello nell’esempio 1 - non sono finalizzati al raggiungimento rapido di un accordo come chiusura della sequenza. Nella sezione seguente, illustrerò questo modo conflittuale di discutere analizzando un brano di una discussione tra storici. Nell’analisi, mi focalizzerò in primo luogo sugli aspetti sequenziali, sulla costruzione di prospettive e sull’andamento tematico, e mi chiederò quali effetti la gestione conflittuale dell’interazione a questi livelli ha sullo sviluppo delle conoscenze. 3.3 «Mi vado a fare la mia storia da un’altra parte»: analisi di un caso 3.3.1 Introduzione Il brano è estratto da una discussione durante un convegno su grandi personaggi della storia romana antica, organizzato da un gruppo di storici e di filologi. La discussione ha luogo dopo una serie di presentazioni, alla fine della seconda mattinata del convegno. Accanto a tre membri del gruppo - Dumoulin (DUM), Gaudard (GAU) e Mühl (MÜH) - partecipano anche tre ricercatori invitati dal grup- 36 La gestione del disaccordo nelle discussioni scientifiche po per l’occasione specifica del convegno: Sauvin (SAU), Carlino (CAR) e Villaume (VIL), che ha l’incarico di chairman. Una delle relazioni è stata fatta da Sauvin a proposito di una serie di re di Roma, cioè personaggi importanti dell’età più antica della storia romana. Il brano trascritto è preceduto da una domanda che Dumoulin rivolge a Sauvin a proposito di una distinzione analitica che lui ha fatto nell’interpretazione delle fonti sui re di Roma. La domanda posta da Dumoulin è se questa distinzione può essere applicata anche nello studio di altri personaggi romani, meno antichi. Il brano analizzato inizia con la conclusione della risposta data da Sauvin a Dumoulin. Per migliore leggibilità, suddividerò questo brano in una serie di estratti (esempi 3a-3k), facendo seguire ogni estratto da un commento analitico (3.3.2). L’analisi sarà riassunta e discussa nella sezione 3.3.3. 3.3.2 Analisi Esempio 3a - L’inizio della sequenza 1348} SAU {. . .} . hh donc à mon AVIS la 1349} distinction n’est pas ... n’est pas opératoire pour c- 1350} pour euh: les = les grands héros de la république que (je 1351} me trompe peut-être)/ hein parce que .. hh mhm ce que je 1352} pense maintenant xxxxx\ . dans un mois . si je travaille 1353} sur nu[ma ((risate)) (je verrai les choses autrement/ ) 1354} DUM [sur numa ((ride)) 1355} DUM euh je vous remercie ((a bassa voce)) 1356} CAR non vedo però perché metodologicamente c’è una 1357} differenza\ 1358} SAU xxx 1359} CAR cioè una volta accettato il principio\ . fino a fabio pittore/ . 1360} è tutto uguale\ .. cioè non c’è veramente nessun motivo 1361} .. se me lo spiegate xxx capire perché io . devo 1362} comportarmi in un modo per l’età reale . per l’età regia 1363} e in un altro modo per l’età repubblicAna Alla domanda di Dumoulin concernente una determinata distinzione analitica fatta nella relazione di Sauvin, quest’ultimo risponde che è utile fare questa distinzione per l’età regia, ma possibilmente non per l’età repubblicana (cf., nella conclusione della risposta qui sopra, r. 1348-50). Questa risposta è ratificata da Dumoulin (r. 1355), cosicché la sequenza, che è una sequenza domanda-risposta diadica (ascoltatrice-relatore), tipica per una discussione dopo una relazione, è conclusa, e la continuazione più probabile è una prossima domanda rivolta a uno dei relatori, eventualmente preparato da un intervento del direttore della discussione. A questo punto, però, interviene un altro parlante, Carlino, con una obiezione («non vedo però perché . . . », r. 1356). L’obiezione è rivolta non a un relatore, ma, tramite l’uso della 2 a persona del plurale (r. 1361), almeno ad ambedue i parlanti precedenti, divergendo quindi dalla struttura di partecipazione vigente nella discussione finora. A parte la negazione iniziale e il carattere fortemente marcato 37 Johanna Miecznikowski della mossa a livello sequenziale, il probabile disaccordo si manifesta in un uso frequente delle marche della prima e seconda persona, che rende esplicita la noncoincidenza interlocutiva fondamentale del discorso (cf. Authier-Revuz 1995), cioè la non-coincidenza tra il punto di vista del parlante e quello dell’interlocutore. Il problema che Carlino pone è come comportarsi metodologicamente («comportarmi», r. 62) rispetto a diverse epoche della storia romana. Si tratta essenzialmente del modo in cui lo storico tratta le fonti disponibili su ogni epoca. Secondo Carlino, Fabio Pittore, grande storiografo romano che scrive attorno al 200 a. C., segna un cambiamento qualitativo nel modo di riportare gli eventi storici (r. 1359), mentre fra «l’età regia» (r. 1362; copre il periodo dal 753 al 510 a. C.) e «l’età repubblicana» (r. 1363; copre il periodo dal 510-27 a. C.) non ci sono differenze notevoli («è tutto uguale», r. 1360). Sauvin al contrario aveva affermato che c’era una differenza altrettanto significativa tra le fonti disponibili sull’età regia e quelle disponibili sull’età repubblicana nel suo insieme. I turni precedenti di Sauvin, non riportati qui, suggeriscono che le fonti repubblicane, già anteriori a Fabio Pittore, possano essere trattate come fonti storiche, allorché quelle dell’età regia debbano essere analizzate piuttosto con metodi filologici (fra i quali la «distinzione» analitica tematizzata da Dumoulin nella sua domanda che precede il nostro estratto). Esempio 3b - Una impasse 1364} SAU mais je ne: je . la simple différence [c’est que 1365} CAR [pe- 1366} SAU à partir de la république/ on EST dans .. d’une façon 1367} plus solide dans le l’histoire 1368} CAR Eh perché\ 1369} gruppo ((risate)) 1370} SAU parce que . on se rapproche écoutez ((plus haut)) 1371} lorsque fabius pictor lui il écrit envers deux-cent\ ça va/ 1372} . bon\ . [lorsque 1373} groupe [((risate)) 1374} CAR e prima di allOra . è tutto uguale\ 1375} SAU NON 1376} GAU non 1377} SAU NON je n’ai pas dit ça/ ((ride)) 1378} (3.5s) Anche se Carlino esprime abbastanza apertamente il suo disaccordo, simultaneamente offre ai suoi interlocutori la possibilità di interpretare il suo turno come una richiesta di dare una spiegazione («se me lo spiegate», r. 1361). Sauvin reagisce a questa offerta, con un turno (r. 1364-67) che può essere visto come spiegazione, l’ambizione chiarificatrice essendo sottolineata in modo alquanto polemico dall’aggettivo «simple» (r. 1364). Se si tratta di una spiegazione, non fa però altro che confermare il disaccordo con Carlino. Quest’ultimo non la accetta (r. 1368), e non accetta neanche il tentativo da parte di Sauvin di svilupparla ulteriormente: interrompe un turno di Sauvin che con ogni probabilità sarebbe stato relativamente 38 La gestione del disaccordo nelle discussioni scientifiche lungo (r. 1370-72), riaffermando la posizione difesa già prima («e prima di allOra . è tutto uguale», r. 1374). Dopo la reazione dispreferita di Carlino (la non-accettazione della spiegazione) e la manifestazione della sua non-cooperatività a livello della gestione dei turni, l’interazione è giunta a una specie di impasse che si esprime in una serie di obiezioni (r. 1375-77) e in una pausa lunga (r. 1378). Esempio 3c - La storia orale della Sicilia, i fasti 1379} CAR siamo semprecioè non vedo differenze\ quequesto 1380} onestamente\ . xxx il problema di lontananza = 1381} SAU = oui/ = 1382} CAR = allora certe [cose più lonpiù lontane- 1383} SAU [distance et . oui (de) distance 1384} CAR [ma/ . io posso dimostrare che nella storia orale .& 1385} SAU [et 1386} CAR &della sicilia/ . in unl’arrivo di garibaldi e l’arrivo 1387} dei normanni\ . è vicinissimo\ .. cioè non . questo non 1388} euh . come dire non è un motivo sufficiEnte\ 1389} GAU les les fastes introduisent une différence\ 1390} CAR eh/ 1391} GAU les fastes introduisent une différence\ 1392} CAR sì ma i fAsti sono liste di nomi\ 1393} GAU [oui/ 1394} CAR [non snon sono dei fatti\ . cioè io io sto 1395} radicalizzando il vostro problema\= 1396} GAU = oui = oui = oui = oui ((lungo brano di discussione omesso)) Dopo che Carlino ha riaperto lo scambio con un’affermazione rafforzata («onestamente», r. 1380) della sua posizione, il disaccordo ora persiste, e l’andamento tematico si accelera. Sia Carlino che Gaudard introducono ognuno un nuovo argomento, argomenti legati rispettivamente al topic della storia orale della Sicilia (r. 1384-88) e a quello dei fasti (r. 1391). Aggiungiamo che i fasti sono una prima forma di calendario romano, da situare a una data anteriore a Fabio Pittore e perciò costituenti un argomento contro la posizione di Carlino. Nessuno di questi topic viene sviluppato dall’interlocutore rispettivo, e Carlino ne introduce invece uno nuovo: la coppia di nozioni opposte «nomi» (r. 1392) vs. «fatti» (r. 1394). Notiamo inoltre che Carlino continua a mettere in scena due enunciatori, io vs. voi, attribuendo tra l’altro alla parte opposta il «problema» da risolvere («io sto radicalizzando il vostro problema»). Segue un lungo brano di discussione omesso nella trascrizione, nel quale Sauvin e Carlino sviluppano le loro posizioni, approfondendo alcuni dei topic introdotti prima, in particolare «il problema di lontananza» (cf. r. 1380) e la storia orale della Sicilia. Sauvin introduce un altro argomento, quello del grado variabile di complessità interna dei testi storiografici, e Carlino fa un primo rinvio interdiscorsivo - seguiranno altri rinvii analoghi - raccontando come con altri colleghi ha già discusso problemi simili. 39 Johanna Miecznikowski Esempio 3d - Noi archeologi vs. voi storici della letteratura 16} CAR {. . .} ecco . e . posso . posso garantirvi che 17} c’è . si è avvertito un rischio\ . quando . euh euh 18} emilio gabba ha scritto . non esiste più la grande 19} roma dei tarquini\ .. perchè insotuttè tutto f-= 20} XX = mhm = 21} CAR = è tutto racconto\ . no/ .. eh . allora a questo pUnto 22} è apparso davanti agnagli nostri occhi chiara . 23} l’idea che NOI . archeologi ci faremo . una nostra 24} storia archeologica di rOma . voi farete la vostra 25} storia letteraria che possono avere nulla a che fare . 26} l’una con l’altra/ . con un grave nocumento secondo me 27} . per gli uni e per gli altri\ . ma il rischio è 28} quello\ . cioè se uno non si mette di fronte alla 29} necessità di ancorare i fatti . e chi è . benissimo\ . 30} la domanda che ho fatto xx come mai .. si mettono certe 31} cose (a) servio tullio e noae non a un altro\ . non 32} mi si è rispOsto\ . difatt(o) . ma ((aigu)) Nel contesto di quel racconto, Carlino riprende l’opposizione tra «io» e «voi», per costruire due prospettive divergenti (caratterizzate da due visioni della storia romana che «possono avere nulla a che fare l’una con l’altra», r. 26) che trascendono le posizioni espresse dai parlanti fisicamente co-presenti. La prospettiva dell’«io» è integrata in un «NOI», accentuato (r. 23), ed è categorizzata come archeologica («archeologi» r. 23, «storia archeologica di roma», r. 24). La prospettiva della parte opposta invece è «letteraria» («voi farete la vostra storia letteraria», r. 25). A parte queste categorie disciplinari, per differenziare le due prospettive Carlino ricorre un’altra volta alla parola fatti («ancorare o no i fatti», r. 29). Questa parola sta diventando una parola chiave della sua argomentazione 7 - tanto più che già in una discussione del giorno precedente Carlino si era auto-definito «archeologo ... legato più .. ai fatti che . ai sentimenti\». In questo contesto, introduce, come esempio, un nuovo topic, cioè la domanda della fattualità dell’attribuzione di «certe cose» al re Servio Tullio (r. 30-31). Alla costruzione di due prospettive opposte contribuisce, inoltre, un rinvio intertestuale agli scritti di Emilio Gabba, uno storico specializzato sulle fasi più antiche della storia di Roma. Da un lato questo storico, grazie al suo scetticismo verso fonti storiografiche romane importanti (r. 18-21), funziona come figura chiave dello schieramento opposto. Dall’altro lato, Carlino ricorda una divergenza di prospettive preesistente, fornendo così un quadro di interpretazione dell’interazione in corso e generalizzando il problema trattato. In questo quadro, pronuncia anche una forte valutazione negativa di ciò che considera una conseguenza dell’atteggiamento della parte opposta («rischio», r. 17, 27, «grande nocumento» r. 26). 40 7 Cf. Nothdurft (1996) per un’analisi in chiave conversazionale delle funzioni retoriche e argomentative di tali Schlüsselwörter. La gestione del disaccordo nelle discussioni scientifiche Esempio 3e - «tout historien est prêt à le reconnaître» 33} MÜH j’ai essayé de répondre/ 34} ((risate)) 35} CAR no/ non mi hanon mi ha risposto caro mio\ . non mi ha 36} risposto\ 37} MÜH mon[sieur xxxxxx je voulais- . je voulais xxx clair/ ] 38} VIL? [monsieur carje m’excuse xxxxxxxx j’aimerais-] 39} MÜH je crois que que l’objet . tout dépend de l’objet/ de 40} ce qu’on rechErche ((26 righe omesse)) 67} . euh: et et je crois que c’c’est là 68} qu’il faut pas entrer en conflit/ . euh je je pense 69} que sur les périodes sur lesquels on n’a pratiquement 70} pas de textes contemporains/ c’est essentiellement 71} l’archéologie/ qui effectivement prend la parole\ . et 72} ça c’est normal/ . euh: : et je crois que . tout 73} historien est prêt à le reconnaître/ . euh: : une une 74} étude historique sur les premiers siècles de rome/ 75} c’est d’abord une étude archéologique/ . euh La domanda posta da Carlino a proposito di Servio Tullio rinvia a una discussione che ha avuto luogo in una fase precedente del convegno, un rinvio interdiscorsivo che sottolinea ancora il carattere generale del problema trattato. Risponde Mühl, che finora non aveva partecipato. Mühl fa varie mosse finalizzate a una regressione del conflitto: - risponde alla domanda di Carlino (parte omessa nella trascrizione), comportandosi in modo cooperativo a livello sequenziale e topicale; - fa un commento metacomunicativo deontico che mira alla diminuzione del conflitto (r. 68: «il faut pas entrer en conflit», una raccomandazione presentata come presupposta e condivisa grazie al costrutto scisso «c’est là que . . . »); - introduce una categorizzazione in termini disciplinari (r. 73: «tout historien») che almeno potenzialmente è neutra rispetto all’opposizione tra archeologi e storici di orientamento «letterario» e che comunque non riprende quest’ultima categorizzazione proposta da Carlino; - valuta positivamente l’apporto archeologico almeno in una fase della storia romana; - cerca un compromesso, che consiste in una divisione dei compiti tra storici archeologi e storici non-archeologi. Esempio 3f - L’iscrizione di Satricum 76} [euxh xxxx 77} CAR [sì ma . e quando esce poi l’iscrizione di satricum\ 78} . che . ci dà .. ci fa toccare con mano [xxxx\ 79} MÜH [je ne sais 80} pas/ si c’est dans les (res) publicolae\ 81} CAR ah be’ certo tpossiamo [xxx si può\ 82} MÜH [a: : c’est (un-; à) euh c’est 41 Johanna Miecznikowski 83} (un; à) xxx[xxxxxx] 84} CAR [il periodo il] periodo coincide\ 85} ((piccole risate)) Le proposte di Mühl non sono però accettate da Carlino, che, opponendosi («sì ma», r. 77), introduce un nuovo topic, l’iscrizione di Satricum. Questo topic, come già il rinvio agli scritti di Gabba, evoca una polemica preesistente che fa parte delle conoscenze di sfondo dei partecipanti. Si tratta di una iscrizione scavata solo di recente, sulla quale è menzionato un personaggio al quale i partecipanti alla discussione si riferiscono con il nome di Publicola. Questo personaggio per molti storici - e anche per Carlino - corrisponde a un personaggio menzionato in una serie di fonti antiche, e l’iscrizione costituirebbe quindi secondo loro una prova, che si può «toccare con mano» (r. 78) dell’esistenza di quel personaggio. Per altri storici invece, l’iscrizione non prova l’esistenza del personaggio. Mühl dimostra di essere di quest’ultimo avviso, in una breve sequenza di repliche opposte sul piano del contenuto e gestita in modo competitivo per quanto riguarda l’alternanza dei turni. Esempio 3g - «io mi vado a fare la mia storia da un’altra parte» 86} CAR xx publicola è presente à satricum . euh dico . a 87} questo punto/ . cioè dico euh euh . euh euh 88} xxxxxxxxxxxx un altro sistema lo capisco va bene . 89} [però euh non: . come dire . euh . io xxxx me ne vado& 90} [((risate)) 91} CAR &perché mi vado a fare la mia storia\ . [da un’altra& 92} [((risate)) 93} CAR &parte\ nel senso che mmi dispiAce . e non . quello 94} che vi dirò/ oggi/ francamente non vi interessa\ . 95} perché è un racconto di una società che . non ha nulla 96} a che fare con i vostri raccOnti\ 97} ((2s; due persone ridono)) Nonostante il fatto che Mühl non abbia accettato l’iscrizione di Satricum come argomento valido, Carlino continua come se l’avesse fatto, imponendo in modo unilaterale una chiusura della negoziazione su questo topic per riprendere la costruzione di prospettive divergenti. Notiamo, in particolare, - la metafora spaziale dell’allontanamento («mi vado a fare la mia storia\.da un’altra parte\», r. 91, 93), integrata nella messa in scena di una possibile terminazione precoce del dialogo tra l’io e il voi («me ne vado», r. 89), prima ancora che Carlino abbia tenuto la relazione prevista dal programma del convegno («quello che vi dirò/ oggi/ », r. 93, 94); - il riciclaggio di una parola chiave, «racconto», che era stata introdotta da Carlino già prima per caratterizzare la posizione della parte opposta («è tutto racconto», es. 3d, r. 21), e che qui viene usata per ridurre ad absurdum quella posizione (r. 95-96). 42 La gestione del disaccordo nelle discussioni scientifiche Esempio 3h - «un problema epistemologico di base» 98} CAR questo èe no/ ma è una un xxxone serio\ . non è un 99} fatto personale\ . è un fatto proprio di tradizioni di 100} studio\ . euh [il problema epistemologico . di base\ 101} XX [mhm 102} GAU tout à fait/ oui 103} ((qualche risata)) Dopo una pausa di 2 secondi, durante la quale nessuno si appresta a reagire allo scenario proposto da Carlino come ad una minaccia seria, Carlino espande il suo turno con un commento metacomunicativo (r. 98-100) che può essere interpretato come una formulation (Heritage/ Watson 1980) con funzione di riassunto e quindi come una mossa nella direzione di una chiusura della sequenza. Gli altri partecipanti reagiscono manifestando il loro accordo (r. 101, 102), ratificando il contenuto del commento - che pone il problema trattato nel modo più generale possibile e conferma la pertinenza delle categorizzazioni disciplinari fatte durante la discussione - e dimostrando di non voler apportare ulteriori argomenti contrari. Esempio 3i - «les approches peuvent être tout à fait complémentaires» 104} CAR ecco\ 105} ((2s; quelques rires)) 106} SAU et bien onnous avons des approches très différen: tes 107} et les résultats sont très différents xx[xx 108} VIL [mais euh . si 109} je puis me permettre les approches peuvent être 110} [tout à fait complémentaires/ àdans l’ensemble des & 111} CAR [mais oui/ .. je crois/ 112} VIL &périodes = 113} CAR = oui = 114} VIL = d’ailleurs\ [xx ne pas seulement xx . & 115} CAR [oui . tout à fait 116} VIL &et l’archéologie a le 117} [droit de sxxx (dans l’ensemble) ((en riant)) 118} CAR [io cercavo la complementarietÀ appunto\ . questo 119} cercavo\ unaeuh: mi si dice che 120} ((risate)) 121} CAR questo èche è un argomento completamente divErso\ . 122} quindi va be’ Anche Carlino segnala di non voler più riprendere il turno («ecco\», r. 104). A questo punto, più partecipanti fanno delle mosse nella direzione di una conclusione. Sauvin fa anche lui un commento metacomunicativo a carattere riassuntivo (r. 106- 07). Villaume, il direttore della discussione, che aveva fatto un primo tentativo di venire ad una conclusione già molto prima (es. 3e, r. 38), riformula il compromesso proposto da Mühl (r. 108-17), rinforzando la valutazione positiva dell’apporto archeologico alla storiografia («et l’archéologie a le droit de sxxx (dans l’ensem- 43 Johanna Miecznikowski ble)», r. 116-17). Questo compromesso, che si condensa attorno alla parola chiave «complementarietà», trova il consenso di Carlino, che si esprime tra l’altro anche tramite un’adozione della lingua dell’interlocutore («mais oui/ .. je crois/ », r. 111, «oui . tout à fait», r. 115). Esempio 3k - Conclusione della sequenza 123} VIL si je puis me permettre d’essayer [de euh: . recentrer 124} [((risate)) 125} ((risate)) 126} CAR sono . euh una (displaced person) ((ride)) 127} ((risate)) 128} VIL si je: peux me permettre de de quitter . pour le moment 129} . on pourra reprendre ça à une heure . euh le débat sur 130} le . positivis[me . de l’historiographie/ est-ce& 131} GAU [((ride)) 132} VIL &qu’on peut recentrer sur la que[stion euh: qui nous& 133} [((un ou deux rires)) 134} VIL &intéresse plus particulièrement euh ce matin/ Si procede ora alla conclusione della sequenza. Essa è realizzata dal direttore della discussione, che però dà agli altri partecipanti molteplici occasioni di reagire e eventualmente di opporsi - occasioni di cui loro approfittano per dimostrare il loro accordo con ciò che Villaume sta per fare, tramite risate e barzellette, che indicano anche una distensione della situazione sul piano interpersonale. Localmente la conclusione della sequenza sarà definitiva; Villaume la presenta però come provvisoria nel contesto del convegno («quitter . pour le moment . on pourra reprendre ça à une heure», r. 128, 129). 3.3.3 Riassunto e discussione Sul piano sequenziale, il brano esaminato inizia con una mossa inaspettata di un parlante, Carlino. Dopo un fallito tentativo da parte di un altro parlante, Sauvin, di definire il problema posto come un problema di intercomprensione, si sviluppa uno scambio protratto di repliche. Benché ci siano segni ripetuti di ridotta cooperatività, i partecipanti chiudono la sequenza tramite un accordo che risulta dallo sforzo congiunto di tutti gli interagenti. Una interpretazione plausibile di questo brano di discussione è quella di una sequenza di negoziazione espansa, o meglio espansa e rimasta parzialmente incompiuta. La conclusione solo provvisoria operata dal chairman è infatti un indizio per il fatto che nella prospettiva dei partecipanti l’accordo trovato non corrisponde a una soluzione interamente soddisfacente dei problemi sollevati. Tali chiusure provvisorie, che proiettano la riapertura del dibattito a un’occasione ulteriore, specificata con più o meno precisione (nel nostro esempio: «à une heure», es. 3k, r. 129), non sono infrequenti nel corpus, specialmente nel caso di interazioni conflittuali. Questo fatto conferma comunque che l’orientamento dei partecipanti verso un accordo soddisfacente è forte; se local- 44 La gestione del disaccordo nelle discussioni scientifiche mente una sequenza può avere il carattere di un duello verbale - come nell’esempio 3 analizzato qui - come modello interpretativo emico prevale quello della negoziazione su quello del confronto polemico. Sul piano tematico, abbiamo visto che la discussione prende origine da un problema specifico, quello di fissare a una data precisa una frontiera tra storiografia romana affidabile e tradizione più o meno letteraria con elementi di finzione. Nel corso della sequenza, questo problema scivola però al secondo piano, ed è invece trattata una serie di topic tiversi, di cui molti quasi solo accennati e non approfonditi interattivamente. Nel corso della discussione emerge che il problema che si sta trattando non è uno specifico problema di descrizione. Per prima cosa, è più generale, poiché riguarda i presupposti teorici del lavoro svolto durante il convegno (un «problema epistemologico di base», es. 3h, r. 100). Per seconda cosa, siccome concerne «tradizioni di studio» (es. 3h, r. 99-100) nelle quali sono coinvolti gli interagenti, si sposta dal livello referenziale al livello interpersonale. Si tratta non solo di risolvere un problema epistemologico, ma di valorizzare i contributi di diverse discipline scientifiche all’impresa storiografica comune, e in particolare di valorizzare il contributo degli archeologi - e fra loro quello di Carlino - a un convegno organizzato da un gruppo di storici e filologi, un convegno che (come si può ricavare dalla trascrizione della prima giornata) fino a questo momento era dominato da relazioni centrate sull’analisi dei testi piuttosto che sulle testimonianze materiali. La ridefinizione in questo senso del problema posto inizialmente è favorita dalla costruzione di prospettive che trascendono le posizioni specifiche difese dai parlanti e che sono collegate a determinate categorizzazioni degli interagenti. In questo processo giocano un ruolo categorizzazioni in termini disciplinari («archeologico» vs. «letterario»), rinvii interdiscorsivi a pubblicazioni specializzate (gli scritti di Emilio Gabba, l’iscrizione di Satricum), rinvii interdiscorsivi a interazioni precedenti alle quali uno o più dei co-presenti hanno partecipato, parole chiave («racconto», «fatti») e figure chiave. Siccome il problema negoziato è localmente perso di vista in favore di molteplici topic, è ridefinito, generalizzato ad alto grado, trasferito al livello interpersonale, e risolto solo parzialmente, grazie a un accordo provvisorio, si può dire senz’altro che in termini di stabilizzazione di oggetti di sapere il risultato di questo brano di discussione è poco sostanzioso. A questo livello di analisi, la discussione esaminata illustra l’effetto fondamentalmente destabilizzante del disaccordo, soprattutto del disaccordo persistente. A un livello di analisi più fine, osserviamo però che l’effetto del disaccordo persistente non è solo genericamente decostruttivo. Allungando la fase di esplorazione di topic diversi e di versioni diverse degli stessi topic, configura questa fase in modo specifico: - Il brano analizzato fa apparire che gli interagenti accettano la parziale mancanza di coesione tematica locale, ma mantengono tuttavia l’obiettivo di un discorso coerente, cercando denominatori comuni e fili rossi nella «giungla» degli argomenti, il che necessita sforzi particolari di astrazione e il ricorso a inferenze. 45 Johanna Miecznikowski - Tali inferenze implicano l’attivazione di conoscenze di sfondo - che in una discussione più consensuale non sarebbero forse state messe in rapporto con i problemi attuali sui quali lavorano i ricercatori. - Grazie al rinvio esplicito a schemi cognitivi, tipi di discorso, modelli interpretativi ecc. che sono trattati come preesistenti e conosciuti, la costruzione di prospettive favorisce l’attivazione di conoscenze di sfondo e la contestualizzazione dei topic trattati. 4. Conclusione In quanto precede, si è riflettuto sulla gestione dell’accordo e del disaccordo come compito interazionale pertinente nel processo di elaborazione delle conoscenze scientifiche nell’interazione tra ricercatori. Si è costatato che - il raggiungimento di accordi è fondamentale per la stabilizzazione di oggetti di sapere; - l’accordo si manifesta fra l’altro come risultato di sequenze esplorative/ di negoziazione che possono essere più o meno consensuali (o conflittuali); - la conflittualità elevata di una sequenza di negoziazione si manifesta nella sua espansione, e eventualmente in una sua chiusura marcata come provvisoria; tali sequenze sono rare nel corpus; - la gestione conflittuale del disaccordo ha una importante componente interpersonale e può comportare la costruzione di prospettive e/ o la gestione competitiva e accelerata dei topic; - come illustra l’analisi dell’esempio 3, in relazione a questi fenomeni i parlanti generalizzano i problemi trattati e li contestualizzano, mettendoli in rapporto con conoscenze di sfondo attivate tramite inferenze e tramite rinvii espliciti; il disaccordo persistente, nonostante i rischi che comporta in particolare a livello interpersonale, diventa così una risorsa cognitiva. Sono quindi emerse differenze tra modi di discutere più o meno conflittuali, sia sul piano della loro organizzazione sequenziale, sia sul piano delle tecniche retoriche e argomentative, che non sono epifenomeni, ma parte integrante delle conoscenze che in una discussione scientifica vengono esplorate e eventualmente stabilizzate come prodotto del lavoro di ricerca. Torino Johanna Miecznikowski 46 La gestione del disaccordo nelle discussioni scientifiche Bibliografia Akrich, M./ Callon, M./ Latour, B. 1988: «A quoi tient le succès des innovations», Annales des mines 11: 4-29 Anderson, L./ Ciliberti, A. 2002: «Monologicità e di(a)logicità nella comunicazione accademica», in: C. Bazzanella (ed.), Sul dialogo. Contesti e forme di interazione verbale, Milano: 137- 52 Authier-Revuz, J. 1995: Ces mots qui ne vont pas de soi. Boucles énonciatives et non-coïncidences du dire, Paris Bargiela-Chiappini, F./ Harris, S. 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