Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
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2006
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Kristol De StefaniSergio Bozzola,Tra Cinque e Seicento.Tradizione e anticlassicismo nella sintassi della prosa letteraria italiana, Firenze (Olschki) 2004, viii +167 p. (Biblioteca dell’Archivium Romanicum 319)
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2006
Gabriele Bucchi
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der aber durchaus berechtigt ist. Allerdings fragt man sich, ob das methodisch und methodologisch Wesentliche nicht bereits geleistet ist, so dass nunmehr eher die philologische Seite übrig bleibt in Verifizierung oder Falsifizierung des Ansatzes von Vf. Die Edition des Textes selbst ist sehr sorgfältig durchgeführt und markiert die (wenigen) notwendigen Kürzelauflösungen durch Kursivierung. Abschließend kann festgehalten werden, dass Vf. generell sehr vorsichtig argumentiert, da oftmals hinreichende empirische Untersuchungen fehlen, bzw. eine zu schmale Untersuchungsbasis repräsentieren. Die Arbeit zeigt einen souveränen Umgang mit dem sprachwissenschaftlichen Beschreibungsinstrumentarium. En passant wird mit Topoi der traditionellen Interpretation bzw. Einschätzung aufgeräumt, etwa der Einschätzung der Nutzung von AcI und Gerundium als latinisierend und damit stilistisch hoch konnotiert. Für Porcacchi sind es im italienischen Text einfach «Sparformen», durch die redundante Informationen ausgeblendet werden, und damit stehen diese Konstruktionen tatsächlich im Dienste einer eher umgangssprachlichen Ausdrucksökonomie. Positiv zu vermerken ist auch, dass die Interpunktion ernst genommen wird, wenn etwa insbesondere das Semikolon in einer Funktion für die syntaktisch-semantische sowie die topikale Struktur einer Äußerungseinheit interpretiert wird. Die Arbeit bietet somit erstmals wohl eine so umfassende Darstellung zur zeitgenössischen Funktion der Interpunktion. Es finden sich nur wenige Versehen in der Arbeit, wie etwa p. 119: als Verbalperiphrase wird geführt andare a + gerundio, illustriert wird nur andare + gerundio; p. 121: wo mit einem ungewöhnlichen Anapherbegriff umgegangen wird; eher geht es hier wohl um formale Reihenbildung. Ferner werden Textsortenmerkmale in der Beschreibung gelegentlich etwas überstrapaziert, etwa p. 175 wenn die mehrfache Wiederaufnahme durch quello als Indiz einer analytischen Betrachtung des Gegenstandes und seiner Funktionen gesehen wird. Insgesamt gesehen stellt die Arbeit, einschließlich der sorgfältigen Teiledition, ein gelungenes Beispiel editionsgeschichtlicher Ausrichtung dar. Edeltraud Werner ★ Sergio Bozzola, Tra Cinque e Seicento. Tradizione e anticlassicismo nella sintassi della prosa letteraria italiana, Firenze (Olschki) 2004, viii + 167 p. (Biblioteca dell’Archivium Romanicum 319) Il volume è suddiviso in cinque capitoli che corrispondono (con l’eccezione del primo, inedito) ad altrettanti saggi, qui per l’occasione integrati e aggiornati, apparsi in rivista tra il 1998 e il 2000. Movendo dalle ricerche già avviate da altri studiosi a partire dagli anni Sessanta nel campo della sintassi letteraria italiana (Mortara Garavelli, Durante) l’autore esplora alcuni fenomeni ricorrenti nella prosa tra Cinque e Seicento sulla base di un corpus di autori (una trentina) che va dal Bembo a Daniello Bartoli. La prospettiva dell’analisi formale di Bozzola è per così dire oppositiva; nel senso che essa individua nella sintassi letteraria del periodo preso in esame due linee ben distinte: quella «classica» promossa dal Bembo e costruita sul modello boccacciano, ripulito e irrigidito, e quella definita «anticlassica» che ad essa si oppone. Come ricorda l’autore nell’introduzione al volume, infatti, «l’intenzione che muove questi sondaggi non è quella di delineare i tratti distintivi di uno schieramento, ma solo quella di misurare la consistenza di stilemi e figure estranei al paradigma bembiano» (VII). Se è infatti sulla base del modello di sintassi additato dal letterato veneziano nelle Prose della volgar lingua (a stampa nel 1525) e praticato già negli Asolani (1505) che si possono circoscrivere i caratteri dello stile «classico» cinquecentesco, più difficile, se 176 Besprechungen - Comptes rendus non addirittura impossibile, risulta compiere la stessa operazione per lo stile dei tanti autori che a quell’illustre esempio dimostrano, ora per indifferenza ora per volontaria polemica, di non adeguarsi. Nel primo capitolo Poesia e prosa nelle «Prose» (1-23) l’autore mette in evidenza come, attraverso i diversi stati del testo delle Prose (manoscritto, princeps, successive edizioni approvate dall’autore), il sistema di citazioni rifletta un crescente interesse da parte del Bembo per la prosa boccacciana ed in particolare attesti un ruolo sempre più centrale attribuito al Decameron. Bozzola dimostra infatti come le citazioni «di rinforzo» aggiunte all’ultima edizione approvata dal Bembo (quella apparsa presso il Torrentino a Firenze nel 1549) indichino chiaramente come il capolavoro del Boccaccio sia divenuto per l’autore delle Prose «il serbatoio delle forme su cui costruire la grammatica, e insieme il testo da cui viene la spinta più corposa alla successiva implementazione e articolazione della stessa . . . » (22). Il secondo capitolo dedicato alla Struttura della frase (25-45) si propone di saggiare nel Tasso dei Dialoghi (oggetto di una precedente monografia dell’autore) l’adeguamento e gli scarti rispetto al modello degli Asolani, che Bozzola giustamente in apertura di saggio definisce «episodio conclusivo più che istitutivo» (25) della prosa cinquecentesca. Concentrandosi su alcuni aspetti essenziali della sintassi (posizione del soggetto e del verbo, frasi con verbo alla fine, inversioni) lo studioso indica nella prosa dei Dialoghi, attraverso un’analisi che tiene conto delle correzioni apportate al testo dal loro autore, la ricerca di un ordo verborum più logico e naturale, con rare inversioni: una direzione che non è forzato definire (pur tenendo conto di alcune contraddizioni: cf. la nota a p. 34) opposta a quella adottata dal Bembo. Alla Sintassi del verbo nel discorso riportato (47-85) è dedicato il terzo capitolo, forse il più denso di tutto il volume. In esso vengono infatti analizzati numerosi esempi di discorso riportato presenti in opere storiografiche di autori quali Guicciardini, Machiavelli, Contarini, Sforza Pallavicino, Sarpi. Qui Bozzola giunge ad alcune considerazioni di ampio respiro (sempre però scaturenti da un’analisi puntuale dei testi), come quando mette a confronto lo stile grigio e neutro dello Sforza Pallavicino con quello appassionato e talvolta infuocato del Sarpi (68-69). Attraverso gli esempi tratti dalla Storia del Concilio di Trento (cf. le pagine sullo slittamento dei piani temporali e soprattutto quelle sulle ibridazioni di discorso indiretto libero e discorso riportato) l’autore illumina la tendenza del Sarpi a far scivolare nel discorso riportato l’espressione del suo pensiero e della sua passione di storico. Il capitolo si conclude sulla costatazione, che ha rilievo non solo stilistico ma anche storico, di una «sostanziale continuità profonda tra la prosa cinquecentesca non boccacciana . . . e quella del secolo successivo, al di sotto della patina costituita dai nuovi artifici del concettismo . . . » (83). Una rottura in questa linea si consuma solo in pieno Settecento (il secolo che si avvierà per la prima volta anche a una riflessione teorica sulla sintassi) come l’autore dimostra brillantemente, mettendo a confronto un esempio di prosa scientifica del Redi, dove la bellurie stilistica è ricercata ancora attraverso una sintassi complessa e fortemente subordinativa, con un passo del Beccaria, in cui invece ogni elemento del testo è perfettamente funzionale alla comunicazione. Un’analisi più dettagliata delle strategie sintattiche che non rientrano nelle categorie della prosa classica e dei suoi caratteri distintivi (simmetria, parallelismi ecc.) è condotta nel capitolo quarto Asimmetria e deviazione (87-119). Qui a essere oggetto dello studio di Bozzola è la prosa machiavelliana. Richiamandosi alle osservazioni del Lisio e agli studi di Fredi Chiappelli, l’autore addita nella prosa del Segretario fiorentino, in quel suo ritmo franto e spezzato, volutamente sprezzante delle simmetrie e delle altre «clausole ample o di parole ampollose e magnifiche» (dedicatoria del Principe), un esempio di sintassi costruita in aperta polemica col modello boccacciano; o, per meglio dire, con quello che il Bembo aveva fatto del Boccaccio (il cui stile, come Bozzola dimostra, non è esente da quei fenomeni, come l’anacoluto, ricorrenti in Machiavelli). L’ultimo capitolo, La sintassi nominale di Bar- 177 Besprechungen - Comptes rendus toli (121-56), è l’unico dedicato a un solo autore. Qui Bozzola pone in luce, rifacendosi agli studi della Mortara Garavelli, la carica innovativa e sperimentale, aliena da ogni concinnitas stabilita a priori, della prosa del gesuita ferrarese nella quale vengono isolati alcuni fenomeni sintattici particolarmente frequenti (sintassi nominale, ellissi, forte tendenza oppositiva). L’esempio ciceroniano caro al Bembo lascia qui il posto a quello tacitiano ma, come Bozzola ricorda, non tanto per la brevitas quanto per la tendenza ad isolare gruppi sintatticamente omogenei. Pur dedicato al solo Bartoli anche questo capitolo s’inquadra però nella prospettiva generale che governa tutto il libro: un’analisi trasversale che prediliga una «stilistica dei paradigmi» (VIII) più che il tradizionale ritratto dei singoli scrittori e del loro stile. Anche se, come ricorda l’autore, non è possibile circoscrivere, come invece si può fare e si è fatto per la poesia, una tradizione ben distinta per la prosa italiana «essendo mancati il riferimento ad un modello riconosciuto dai più, rispetto al quale misurare eventualmente scarti e reazioni polemiche» (V), il libro di Bozzola costituisce, con la sua ricca ma mai sovrabbondante esemplificazione e con l’acuta analisi che l’accompagna, un importante punto di riferimento per gli studi a venire sulla sintassi letteraria italiana. Gabriele Bucchi ★ Giovanni Bianchini/ Remo Bracchi, Dizionario etimologico dei dialetti della Val Tartano, Sondrio (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca) 2003, ciii + 1565 p. Ci troviamo di fronte a un ulteriore importante elemento del mosaico rappresentante il lessico della Valtellina che l’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca, raccogliendo pietruzza dopo pietruzza, sta componendo. A giusta ragione M. Pfister afferma nella presentazione dell’opera che la sua sezione etimologica costituisce il miglior commento etimologico di un dizionario dialettale. Come già responsabile di un’opera lessicografica oserei anzi affermare che gli autori si sono qua e là lasciati tentare di oltrepassare i limiti strettamente necessari per spiegare l’origine e l’evoluzione di una voce e di aggiungere riflessioni certamente interessanti, ma che difficilmente un consultatore del volume cercherà in quel contesto. Altrettanto oltre il limite dello strettamente necessario gli autori si sono spinti nella scelta dei lemmi trattati. Italianismi puri e semplici, sicuramente non penetrati nel lessico quotidiano vivo della comunità locale quali beatificaziùu non contribuiscono sicuramente a caratterizzare il patrimonio lessicale di una valle. Questi due appunti fatti al nostro dizionario dimostrano però comunque la scrupolosità e precisione, con la quale gli autori hanno perseguito la volontà di dare un’immagine completa della situazione linguistica odierna dei due comuni di Tartano e di Campo. Il Profilo dei dialetti della Val Tartano, col quale R. Bracchi introduce il volume, dà in sole 26 p. una descrizione completa dei dialetti della valle, descrizione che getta nel contempo nuova luce e nuove ombre sul vecchio problema posto dalla presenza simultanea di elementi lombardi occidentali e lombardi orientali nella bassa Valtellina. È infatti Campo più lontano dal territorio bergamasco che paradossalmente presenta un maggior numero di elementi orientali, mentre Tartano che confina direttamente con la provincia di Bergamo si avvicina maggiormente al modello occidentale. È sicuramente positivo il fatto che nella parte etimologica si attribuisce il giusto valore alle opere lessicografiche della Svizzera italiana spesso trascurate in pubblicazioni italiane. 178 Besprechungen - Comptes rendus
