eJournals Vox Romanica 65/1

Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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2006
651 Kristol De Stefani

Giovanni Bianchini/Remo Bracchi, Dizionario etimologico dei dialetti della Val Tartano, Sondrio (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca) 2003, ciii +1565 p.

121
2006
Federico  Spiess
vox6510178
toli (121-56), è l’unico dedicato a un solo autore. Qui Bozzola pone in luce, rifacendosi agli studi della Mortara Garavelli, la carica innovativa e sperimentale, aliena da ogni concinnitas stabilita a priori, della prosa del gesuita ferrarese nella quale vengono isolati alcuni fenomeni sintattici particolarmente frequenti (sintassi nominale, ellissi, forte tendenza oppositiva). L’esempio ciceroniano caro al Bembo lascia qui il posto a quello tacitiano ma, come Bozzola ricorda, non tanto per la brevitas quanto per la tendenza ad isolare gruppi sintatticamente omogenei. Pur dedicato al solo Bartoli anche questo capitolo s’inquadra però nella prospettiva generale che governa tutto il libro: un’analisi trasversale che prediliga una «stilistica dei paradigmi» (VIII) più che il tradizionale ritratto dei singoli scrittori e del loro stile. Anche se, come ricorda l’autore, non è possibile circoscrivere, come invece si può fare e si è fatto per la poesia, una tradizione ben distinta per la prosa italiana «essendo mancati il riferimento ad un modello riconosciuto dai più, rispetto al quale misurare eventualmente scarti e reazioni polemiche» (V), il libro di Bozzola costituisce, con la sua ricca ma mai sovrabbondante esemplificazione e con l’acuta analisi che l’accompagna, un importante punto di riferimento per gli studi a venire sulla sintassi letteraria italiana. Gabriele Bucchi ★ Giovanni Bianchini/ Remo Bracchi, Dizionario etimologico dei dialetti della Val Tartano, Sondrio (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca) 2003, ciii + 1565 p. Ci troviamo di fronte a un ulteriore importante elemento del mosaico rappresentante il lessico della Valtellina che l’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca, raccogliendo pietruzza dopo pietruzza, sta componendo. A giusta ragione M. Pfister afferma nella presentazione dell’opera che la sua sezione etimologica costituisce il miglior commento etimologico di un dizionario dialettale. Come già responsabile di un’opera lessicografica oserei anzi affermare che gli autori si sono qua e là lasciati tentare di oltrepassare i limiti strettamente necessari per spiegare l’origine e l’evoluzione di una voce e di aggiungere riflessioni certamente interessanti, ma che difficilmente un consultatore del volume cercherà in quel contesto. Altrettanto oltre il limite dello strettamente necessario gli autori si sono spinti nella scelta dei lemmi trattati. Italianismi puri e semplici, sicuramente non penetrati nel lessico quotidiano vivo della comunità locale quali beatificaziùu non contribuiscono sicuramente a caratterizzare il patrimonio lessicale di una valle. Questi due appunti fatti al nostro dizionario dimostrano però comunque la scrupolosità e precisione, con la quale gli autori hanno perseguito la volontà di dare un’immagine completa della situazione linguistica odierna dei due comuni di Tartano e di Campo. Il Profilo dei dialetti della Val Tartano, col quale R. Bracchi introduce il volume, dà in sole 26 p. una descrizione completa dei dialetti della valle, descrizione che getta nel contempo nuova luce e nuove ombre sul vecchio problema posto dalla presenza simultanea di elementi lombardi occidentali e lombardi orientali nella bassa Valtellina. È infatti Campo più lontano dal territorio bergamasco che paradossalmente presenta un maggior numero di elementi orientali, mentre Tartano che confina direttamente con la provincia di Bergamo si avvicina maggiormente al modello occidentale. È sicuramente positivo il fatto che nella parte etimologica si attribuisce il giusto valore alle opere lessicografiche della Svizzera italiana spesso trascurate in pubblicazioni italiane. 178 Besprechungen - Comptes rendus Anche pubblicazioni recenti quali il Vocabolario di Fabio Beffa, Bellinzona 1998 1 , vengono prese regolarmente in considerazione. Ciò nondimeno mi permetto in seguito di sollevare alcune osservazioni concernenti le voci trattate nelle prime 500 pagine dell’opera con l’intento di completarla, considerandola da un’altra prospettiva. - Aquasantìi (21). Il suffisso qui non ha valore strumentale, ma equivale a ‘recipiente di’ 2 . - Arcubalénu (22). Per la diffusione di termini indicanti l’arcobaleno cf. F. Spiess 3 . - Arivedèss (24). Data la diffusione quasi paneuropea dell’espressione non si capisce perché si dovrebbe nel nostro caso trattare di un calco del ted. Aufwiedersehen. - Az(z)àal (34). La presenza di -ze di -ldimostra la provenienza della voce dal veneziano. Cf. le forme breg. cèl, posch. asciàl che presentano forme più vicine alle norme fonetiche locali. - Bacàñ (36).Anche nella Sv.It. il termine è attestato con il significato di ‘contadino facoltoso’ nello stesso ambiente dei muratori stagionali. Data la diffusione in tutta l’Italia settentrionale della voce, la sua importazione in Valtellina dalla Sv.It. appare poco probabile. - Barba 2 (58). Colpisce il fatto che dopo la chiara presa di posizione di Rosanna Zeli 4 si persista a difendere la derivazione poco convincente di barba‚ zio ‘da barba‚ peli del mento’. - Barlaf`ü(ü)ss (61). Per la base espressiva barl - sono da consultare oltre alla voce barlòca in VSI 2: 204, Spiess 1981 5 . - Befàna (71). Manca un accenno alla forma breg. bavanìa (cf. VSI 2, 1: 293). - Belà (73). Nelle forme tic. berà la -rè l’esito rotacizzato normale di -l-, soltanto le forme mesolc. con -rpotrebbero esser attribuite all’influsso di una base prelat. *berr. - Bèle (74). Non è da considerare un lemma indipendente, dato che si tratta semplicemente di bell e (cf. VSI 2, 1: 328-29). - Beltrök, beltrüca (76). Per motivi semantici appare difficile un accostamento a sv.it. baltròca (VSI 2, 1: 113). - Bergnìk (81). Piuttosto che barll’elemento espressivo sarà in questo caso borgncome in sv.it. bargnòra (VSI 2, 1: 195). - Bergnòcul (82). Cf. sv.it. borgnòcch (LSI 1: 400). Che si tratti di un derivato in -occolo di una base prelat. borgnè stato riconosciuto da K. Jaberg 1982 6 . - Beröff (83). Per la spiegazione etimologica cf. Spiess 1982 7 . - Beròolt (83). Il rimando a VSI è da correggere in 2, 1: 378 anziché 2, 1: 279. - Bes’ci`öl (84). Il significato è da confrontare con quello di ‘maiale’ delle forme lev. cit. in VSI 2, 1: 395. - Bicòca (90). Per l’origine e l’area di diffusione cf. Spiess 1981: 43-45 8 . - Biligà (92). L’incontro con ted. willig sembra poco probabile, data la sua presenza a Brusino-Arsizio, località lontana da zone di influssi tedeschi. 179 Besprechungen - Comptes rendus 1 F. Beffa, Vocabolario fraseologico del dialetto di Airolo, Bellinzona 1998. 2 F. Spiess, «Di alcuni suffissi nei dialetti della Svizzera italiana», in: Problemi linguistici nel mondo alpino, Napoli 1983: 122. 3 F. Spiess, «I nomi dell’arcobaleno e le aree lessicali nella Svizzera italiana», in: Aree lessicali, Pisa 1976: 273-78. 4 VRom. 44 (1985): 87-104. 5 F. Spiess, «Teoria e pratica nel lavoro quotidiano del dialettologo», in: Atti del Convegno dei dialetti lombardi fra l’Adda e il Ticino, Milano 1981: 31-33. 6 K. Jaberg, «Die bernoccolo-Gruppe», in: RH 75, Bern 1982: 121. 7 F. Spiess, «Über die Abgrenzung scheinbar zusammengehöriger Worteinheiten», in: Festschrift für Johannes Hubschmid zum 65. Geburtstag, Bern 1982: 480-82. 8 Cf. N5. - Birlu (94). Manca un rimando a VSI 2, 1: 484. - Bracà (105). L’origine massaliota sembra confermata dall’area di diffusione della voce (VSI 2, 2: 864). - Bradèla (105). Sarebbe utile un rimando a bardèla (VSI 2, 1: 182). - Brènta (110). La derivazione da *vittulinare proposta da H. Meier appare, se non del tutto esclusa, almeno poco probabile (VSI 2, 2: 931). - Briga (112). Cf. anche sv.it. brega (VSI 2, 2: 914). - Brina (113). È un italianismo recente, come dimostrano per Grosio e Tirano brüìna (Antonioli-Bracchi 1955 9 ; M. G. Fiori 2000 10 e la situazione della Sv.It. (VSI 2, 2: 956)). - Brunzèer (119). È da confrontare col sinonimo svizz. it. bronzee (VSI 2, 2: 1020). - Buciàrda (125). Se nell’it. il termine appare soltanto nel 1955, è da supporre che nei dial. lomb. la voce è penetrata in periodo anteriore direttamente dal francese. - Bùcul (125). Le forme bokri, brokol, brokui citate in VSI 2, 2: 563 sembrano indicare una penetrazione molto antica del termine nei dialetti. - Bunamàa (134). L’etimo bona mane proposto in VSI 2, 2: 672 può apparire una soluzione «meno spontanea», è però la più convincente se si tien conto di tutti gli elementi esposti da Rosanna Zeli al l. c. - Bunanima (134). Sarebbe opportuno un rimando a breg. bramör VSI 2, 2: 880. - Burelà, Burlà (138, 139). Per il sorgere delle due forme si veda VSI 2: 719. - Camósc (168). La cit. VRom (1968) 27: 280 è errata; cf. però Spiess 1997 11 . - Canarö` z (172). La derivazione da canalis è respinta con validi motivi in VSI 3: 382. Si tratta di canna con l’infisso -are il riflesso del suffisso -oceu. - Caravana (188). Per dàa lüü l’ha fac la so caravàna, cf. la locuzione analoga nel dialetto della Collina d’Oro (VSI 4: 33). - Carnasc (194). La -rsi deve a una dissimilazione di -dn- -rnin un precedente *cadnasc (cf. Spiess 1968 12 ). - Cascà (199). Col significato di ‘cadere’ è un italianismo. - Cascià (201). Colpisce lo spazio minimo che è concesso al significato di ‘germogliare’ che è da considerare specifico dei dialetti lomb. (cf. VSI 4: 243). - Catì(i)f (209). Manca un accenno a Haerle 1955 13 . - Cepé (221). Lascia molto perplessi l’etimo it. eccipere. È infatti difficile immaginarsi che un termine strettamente limitato alla terminologia giuridica, ignoto a gran parte dei parlanti dell’ambiente dialettale possa penetrare nelle parlate locali. Nella Sv.it. il rarissimo l’a miga cipì può alternarsi con un ben più frequente l’a gnanch fai un cip; per cui il vero etimo è incontestabilmente l’onomatopeico cip, imitativo del verso degli uccelli, cf. i poiöö i cipiss «i pulcini pigolano». Valgono qui le stesse considerazioni che giustificano a p. 473 il rifiuto dell’etimo inanis per gnànera. - Cetriöl (223). È, di fronte all’indigeno cücümer (264), un italianismo recentissimo che non meritava di esser citato. - Chilonscé (224). Fa parte con giosòt, giosùra (464) dei tipici avverbi locali composti lombardi, per i quali cf. Spiess 2001 14 . 180 Besprechungen - Comptes rendus 9 G. Antonioli/ R. Bracchi, Dizionario etimologico grosino, Grosio 1995: 234. 10 M. G. Fiori, Dizionario tiranese, Villa di Tirano 2000: 142. 11 F. Spiess, «Grossräumige und kleinräumige etymologische Wörterbücher», in: Italica et Romanica, Tübingen 1997. 12 VRom. (1968) 27: 277. 13 Ph. Haerle, «Captivus - cattivo - chétif», RH (1955) 55: 12-13. 14 F. Spiess, «Pleonasmus und Expressivität bei Ortsadverbien in den Dialekten der italienischen Schweiz», in: Die vielfältige Romania, Trento 2001. - Cinta (233). La -tanziché -c- -ctpuò spiegarsi come dissimilazione secondaria dalla sibilante iniziale. Cf. scingia, 1051. - Còsta (247). Per biancostà cf. anche VSI 2, 1: 423. - Crispìi (255). Cf. traspìn s. v. bösciol (VSI 2, 2: 809). - Cürlu (293). È un’ultima reminiscenza della tortura all’epoca dei landfogti germanofoni il detto ancora in uso alcuni decenni fa fra gli anziani della Collina d’Oro ja ja natürli con sott i cürli «si si naturalmente con sotto gli strumenti della tortura». - Curüda (296). Si tratta di un nomen actionis in -uta; come le analoghe formazioni in -ata (cf. cantada) presentano la forma di participi passati femminili deboli che, come nel caso presente, tendono a travolgere completamente anche le forme originariamente forti. - Cusè (297). Non si tratta di «cosa» + et bensì di «cosa» + est che è un resto della formula di domanda originaria cus è che. - Cusìi (297). Per il secondo significato cf. verz. cossìn ‘coscia di capra conservata salata’ (Lurati/ Pinana 1983 15 ), cossett ‘coscia dell’animale macellato’ (LSI 2: 48). - Cusulina (299). Nell’espressione quaicusulina è di ampia diffusione; cf. ad Airolo quèi cussurina Beffa 1998 16 e a Gravesano quaicossorina Passardi 1994 17 . - Depiö` (312). Cf. a Gravesano un faa da dapiü ‘da prepotente’ Passardi 1994 18 , v. anche LSI 2: 182. - Dinéet, dinfò, dinfugiò, dingiò (333). Cf. chilonscè. - Duméga (344). È anche poschiavino LSI 2: 303. - Epifania (352). Cf. befana. - Erba camuscera (353). Cf. camozera VSI 3: 315. - Fagió (364). Per i verbi «preposizionali» cf. Spiess 1983 19 e 1986 20 . - Ferüda (384). Cf. farüda, Kaeser 1932 21 . - Feruvia (384). Contrariamente a quanto si afferma, ricalca esattamente il modello del ted. Eisenbahn e non quello romanzo di fr. chemin de fer o di grig. rom. viafier. - Föravìa (406). Cf. nel lug. Quadri 1991 22 , Passardi 1994 23 . - Fraca (409). Cf. sfraca Passardi 1994 24 , LSI 2: 538. - Friciàm (416). Cf. Kaeser 1932 25 , Foletti 1982 26 . - Frigula (416). Cf. fregüi Passardi 1994 27 . - Fröc` (417). V. anche frücc Magginetti/ Lurati 1975 28 , Foletti 1982 29 ; cf. in Collina d’Oro la locuzione al var na cica frücia ‘vale una cicca usata, cioè niente’. 181 Besprechungen - Comptes rendus 15 O. Lurati/ I. Pinana, Le parole di una valle, Lugano 1983: 204. 16 Cf. N1: 92. 17 G. Passardi, Parlém dialètt, Lugano 1994: 257. 18 Id.: 101. 19 F. Spiess, «L’unità lessicale composta di verbo e avverbio di luogo nei dialetti veneti» in Linguistica e dialettologia veneta, Tübingen 1983. 20 F. Spiess, «L’unità lessicale composta di verbo e avverbio nei dialetti della Svizzera italiana», Actes du XVII ème Congrès International de Linguistique et Philologie Romane, Aix-en-Provence 1986. 21 H. Kaeser, Die Kastanienkultur und ihre Terminologie in Oberitalien und der Südschweiz, Aarau 1932: 115. 22 G. Quadri, Moralità del Dialetto nella Pieve Capriasca, Locarno 1991: 104. 23 Cf. N13: 123. 24 Id.: 308. 25 Cf. N21: 112. 26 G. Foletti, Campagna luganese, Pregassona 1982: 94. 27 Cf. N17: 126. 28 C. Magginetti/ O. Lurati, Biasca e Pontirone, Basilea 1975: 99. 29 Cf. N26: 97. - Fròta (417). Cf. Passardi 1994 30 e sfròta LSI 2: 564. - Fugiò, fus`ö (420, 433). Cf. Spiess 2001 31 . - Fulscèta (424). Corrisponde a sfulgitt (pl.) ‘scherzetti sleali’ usato nel mio dialetto della Collina d’Oro. - Gabinàt (435). Termine e usanze sono ancora vive nel Poschiavino (LSI 2: 596). - Garibòolt (443). Cf. il sinonimo bellinzonese bregoldìn sorto per metatesi dalla stessa base (VSI 2, 2: 919). - Gis`öl (465). Sulla Collina d’Oro è in uso la variante femminile gesòra per indicare gli oratori delle singole località di fronte a gesa la chiesa parrocchiale. - Gnèk (474). La ricca gamma di significati dati in LSI 2: 733 conferma la difficoltà di tradurre questo aggettivo. - Gnòk, gnök (475). Sembrano semplici varianti fonetiche, come avvalorano anche i significati molto simili di ‘goffo, stupido, che non capisce niente’ e ‘duro di comprendonio’. Non appaiono quindi giustificate le spiegazioni etimologiche diverse. - Gorgul (476). Cf. anche ted. Gurgel di stessa origine. - Grinta (484). Non sarà da collegare con svizz. ted. Grind ‘testa’ con valore spregiativo? cf. Meng 1986 32 . - Grisùu (484). Per nà in dal Canton Grison ‘diventar grigio’ v. anche LSI 2: 785. - Gröf (484). Cf. sgrüvi Foletti 1982 33 , grüvi LSI 2: 797. - Gualìif (487). Cf. LSI 2: 800. - Guastà (488). Attestato con lo stesso significato anche in LSI 2: 805. - Guastadésc (488). È anche di Bondo e Poschiavo (LSI 2: 805). - Guèrscia (489). Ampiamente diffuso anche nella Svizz. It. (LSI 2: 808). Le osservazione elencate non sono state sollevate per sminuire il valore indiscusso e indiscutibile dell’opera qui considerata, ma piuttosto per dimostrare quanto stimolante possa essere la consultazione del nostro dizionario per uno studioso che, dalla prospettiva di un mondo dialettale diverso, ma strettamente imparentato con quello da esso trattato, gli si avvicina con curiosità e massima attenzione. Federico Spiess ★ Ottavio Lurati, In Lombardia e in Ticino. Storia dei nomi di luogo, Firenze (Franco Cesati) 2004, 196 p. (Raccolta di studi di linguistica e letteratura dell’Istituto lombardo di scienze e lettere 6) «Quale la toponomastica vera? Non è tanto quella che praticano i linguisti, bensì quella posseduta dalla gente, quella che la gente vive, così come in larga misura l’hanno vissuta le generazioni passate» (7). Mit dieser Herausforderung an die Linguisten eröffnet Ottavio Lurati sein neuestes Buch, das onomastische Forschung, Sprachgeschichte und etymologische Interpretation geschickt verbindet und mit dem er vor allem methodisch neue Wege beschreibt. Schreibtischetymologien sind dem Verfasser ein Graus; Realproben, der direkte Kontakt mit den Informanten, das Verstehen ihrer Lebenswelt sind die Grundlagen von Lurati’s Feldforschungen. «In due giornate di inchiesta - che, in altre parole, vuol dire di vivo contatto con la gente - si raccolgono molti materiali» (149). 182 Besprechungen - Comptes rendus 30 Cf. N17: 126. 31 Cf. N14: 316. 32 H. Meng, Mundartwörterbuch der Landschaft Baden im Aargau, Baden 1986: 16, 58, 66. 33 Cf. N26: 138.