Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/121
2006
651
Kristol De StefaniGiovanni Rovere, Capitoli di linguistica giuridica. Ricerche su corpora elettronici, Alessandria (Edizioni dell’Orso) 2005, 263 p. (Studi linguistici e retorici 9)
121
2006
Jacqueline Visconti
vox6510193
Bereich folgendermaßen dargestellt werden: scolarità - sesso - occupazione - età/ generazione scolastica - provenienza. Die Schulbildung bleibt demgemäß also die wichtigste Determinante für eine korrekte Orthographie, und zwar insbesondere bezüglich der beiden Extreme, d. h. sehr geringe Ausbildung ist in dieser Hinsicht kaum kompensierbar und liefert entsprechend schlechte schriftliche Ergebnisse, wohingegen sehr gute Schulbildung in jedem Fall für die in diesem Vergleich fehlerfreisten Texte verantwortlich ist. Innerhalb dieses Kontinuums ist jedoch einige Variation möglich, beeinflusst durch die oben genannten Faktoren in der angeführten Gewichtung. Die unbestreitbare Leistung dieser klar gegliederten Arbeit besteht unzweifelhaft in der Hervorhebung der zugrundeliegenden Prozesse, die zu den zum Teil schon bekannten Abweichungen in den Texten der semicolti führen, wie sie es selbst treffend beschreibt: «La ricchezza del nostro corpus ha permesso di mettere a nudo le tracce di meccanismi della scrittura popolare quale risultato di un processo scrittorio da un lato e quale espressione di una competenza acquisita secondo un determinato percorso dall’altro lato.» (289) Problematisch ist dabei allerdings die gerade für spezielle Aussagen zu dünne empirische Grundlage, die nicht mehr als statistisch relevant angesehen werden kann, wobei natürlich der Umfang des Korpus immer im Rahmen der Realisierbarkeit einer solchen Studie bleiben muss. Roger Schöntag ★ Giovanni Rovere, Capitoli di linguistica giuridica. Ricerche su corpora elettronici, Alessandria (Edizioni dell’Orso) 2005, 263 p. (Studi linguistici e retorici 9) Non molti, ma pregiati, i lavori prodotti negli ultimi due decenni da linguisti sul complesso universo del linguaggio giuridico. I Capitoli di linguistica giuridica, per il taglio microlinguistico dell’indagine, si pone a fondamentale complemento di lavori di filosofia del diritto, come quello di U. Scarpelli e P. Di Lucia, Il linguaggio del diritto, Milano 1994, che si concentrano su fenomeni di modalità e atti linguistici, e costituisce un naturale approfondimento di temi e problemi posti nel mirabile quadro introduttivo offerto da Mortara Garavelli, Le parole e la giustizia. Divagazioni grammaticali e retoriche su testi giuridici italiani, Torino 2001. I dati provengono da un corpus elettronico comprendente massime, sentenze, note, monografie e articoli di giurisprudenza costituzionale e civile, penale, amministrativa, comunitaria e straniera. L’analisi tocca tutti i livelli: dal piano della variazione grafica (Cap. 1), a fenomeni di morfosintassi quali l’uso dell’articolo (Cap. 2), dei pronomi (Cap. 3), della costruzione da + infinito (Cap. 4), del suffisso -ità (Cap. 5), la posizione dell’aggettivo nei sintagmi tecnici (Cap. 6), la distribuzione dell’avverbiale strumentale (Cap. 7), per poi estendersi ai livelli testuale e lessicale, con lo studio delle funzioni di connettivi (Cap. 8) e verbi (Cap. 9 e 10). Fin dalle Premesse metodologiche emerge la portata innovativa del lavoro: ogni fenomeno è indagato partendo da attestazioni reali, con un continuo confronto tra dati provenienti dai corpora giornalistico e giuridico che permette di individuare con finezza e rigore sia le condizioni che governano l’uso di determinati fatti linguistici in diverse varietà dell’italiano sia i tratti distintivi dell’uso di tali costrutti all’interno dei testi giuridici. Quando pertinente, l’analisi è estesa ad altre varietà, come l’italiano parlato nell’individuazione delle caratteristiche stilistiche di altrettanto correlativo (23), o un corpus di manuali di genetica per la valutazione della posizione dell’avverbiale strumentale (129), con cenni alla diacronia (66, 114, 143-55). I risultati integrano e talora superano per valore esplicativo le descri- 193 Besprechungen - Comptes rendus zioni offerte da grammatiche e studi dell’italiano contemporaneo, con un contributo che interessa gli ambiti linguistico e sociolinguistico. Dimensione lessicale, grammaticale e stilistica si intrecciano nel determinare i contesti d’uso dei diversi fenomeni nel linguaggio giuridico. Il grado di tecnicità e il grado di lessicalizzazione delle costruzioni, ad esempio, sono individuati quali parametri esplicativi nella selezione dell’articolo zero, fenomeno in cui linguaggio giuridico e lingua comune differiscono qualitativamente e quantitativamente: locuzioni preposizionali con alto grado di lessicalizzazione, come in epigrafe o in motivazione, manifestano una forte tendenza all’articolo zero (39), mentre in sintagmi nominali poco o non tecnici la variante senza articolo è marcata sul piano del registro (sorge dubbio vs sorge un/ il dubbio) (48). Fondamentale nello spiegare la selezione dell’articolo zero, che ha tra le sue funzioni quella di togliere al sintagma nominale la sua referenzialità, è la maggior frequenza nei testi giuridici rispetto alla comunicazione non tecnica di sintagmi nominali «concettuali» - quindi una motivazione semantica: si veda come l’articolo zero favorisca l’interpretazione astratta rispetto a quella concreta quando il sintagma accetti entrambe le letture («è imprenditore artigiano colui che . . . »; «colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa») (50). La motivazione stilistica, in particolare la «ricerca di un effetto di ‹impreziosimento›, o comunque di letterarietà, da ricondurre al carattere conservatore del linguaggio giuridico» (65), avrebbe invece un ruolo preponderante negli usi pronominali. Se lo spoglio diacronico (Foro 1950-91) rivela come l’«italiano togato» - inteso come «lingua dei tribunali» (cf. 56), abbia ridotto nell’ambito del sistema pronominale di terza persona le marche di registri superiori a quello formale, esso «non sembra [tuttavia] partecipare in misura rilevante ai processi di ristrutturazione dell’italiano neostandard» (71). Si veda, a illustrazione, la diffusione dell’anteposizione di loro clitico rispetto ad un participio o, meno frequentemente, una forma verbale («la presunzione di colpa che loro incombe»), l’uso della serie aggettivale esso/ essa con funzione anaforica (« . . . lo scopo perseguito da esse organizzazioni») (65), la quasi totale assenza di lui, lei, loro soggetto rispetto alla frequenza di essa e, in misura minore, esso, come mezzo di riferimento a termini tecnici o a istituzioni, associazioni, enti giuridici o persone identificate mediante il ruolo svolto («la vigente normativa in tema di rettifica costituisce un fattore di salvaguardia delle libertà individuali poiché essa contribuisce indubbiamente alla migliore realizzazione dei valori costituzionali»; «La Corte dei conti è legittimata a sollevare questioni di costituzionalità delle leggi che essa deve applicare») (56- 57). Anche in questo caso, come mostrano i due esempi precedenti, si evidenzia la presenza di motivazioni funzionali, quali il ruolo dell’anafora pronominale nel sottolineare la rilevanza concettuale e lo statuto di composito tecnico dell’antecedente (66). Motivazioni semantiche e pragmatiche soggiacciono all’uso dell’infinitiva con da, che, come strumento di resa dell’impersonalità («un accertamento da svolgere di volta in volta») e mezzo di espressione della modalità deontica (in tre quarti delle occorrenze: «il personale da porre in prepensionamento»), «si rivela particolarmente adatto per la rappresentazione concisa e compatta di circostanze e fatti complessi e delle connessioni logiche ad essi sottese» (85). L’occorrenza con -si, tipica in costruzioni appositive con basso grado di focalizzazione, è connessa a sequenze che forniscono informazioni di validità autonoma, in cui i dati esposti tendono ad assumere carattere astratto, come nell’esempio: « . . . da ritenersi sempre esclusa quando si tratti di norme regolanti l’attività socio-professionale» (sulla enclisi del -si retto da un infinito modale, cf. M. Garavelli 2001: 156-61). La necessità di disporre di termini di massima astrattezza (cf. M. Garavelli 2001: 171-76), e quindi il grado di tecnicità, intervengono nella produttività dei processi derivativi con il suffisso -ità, cui è riconosciuta, nel caso di neologismi quali irreclamabilità, infrazionabilità, giustiziabilità, una vera e propria «funzione terminologizzante» (97). La varietà e frequenza di nomi deaggettivali formati con il suffisso -ità è ricondotta a categorie omogenee a se- 194 Besprechungen - Comptes rendus conda delle basi aggettivali di derivazione (-ico, -oso, -ale, -ivo, ecc.); la classe più produttiva, per la rilevanza disciplinare delle categorie «permesso» e «discrezionalità», è quella dei derivati da base aggettivale in -bile: ostensibilità, promovibilità, recedibilità (91-96). Anche nella posizione dell’aggettivo si individua un rapporto con il grado di lessicalizzazione del sintagma tecnico, secondo un continuum che spazia da sintagmi con ordine fisso dei costituenti e tendenza all’abbreviazione o alla univerbazione, come pubblico ministero o manomorta, a sintagmi con ordine fisso ma confine interno, come buona fede, a sintagmi con aggettivi biposizionali, come valutazione discrezionale vs discrezionale valutazione (111-12). Nel caso di pubblico ministero, ad esempio, l’aggettivo passa da una posizione prevalentemente postnominale ad una quasi esclusivamente prenominale con l’avanzare del processo di lessicalizzazione (113). La correlazione tra grado di astrattezza (fattore semantico) e posizione dell’aggettivo (cf. servizio pubblico vs pubblico servizio; amministrazione pubblica vs pubblica amministrazione, ecc.) traspare inoltre dal confronto tra corpus giornalistico e legislativo (118); secondaria sarebbe invece la funzione di marca di registro, pur evidente in alcuni casi (avversaria pretesa 114-15). L’importanza del parametro semantico è confermata dai dati distribuzionali: la concretizzazione risultante dall’aggiunta di un complemento restrittivo - aggiunta che nella lingua comune porterebbe all’anteposizione dell’aggettivo, comporta nel corpus giuridico la posposizione, come in: interesse pubblico alla conoscenza (122). Un confronto interessante tra lingua comune e linguaggio giuridico, anche in relazione ad altri tipi di ordine marcato (127-29), traspare dai dati su frequenza e posizione degli avverbiali strumentali. Dimensioni tecnica e stilistica si intrecciano quali fattori condizionanti la tendenza all’occorrenza in posizione preverbale di tali avverbiali nel corpus giuridico, che uno spoglio di manuali di genetica smentisce sia da ricondursi ad un principio di strutturazione tipico della comunicazione tecnica in generale (129). Il confronto tra sentenze e testi normativi, in cui agiscono principi esplicativi diversi (cf. M. Garavelli 2001: 168-70), richiama all’esigenza di diversificare l’analisi secondo tipi testuali. Il tema della natura composita del corpus giuridico considerato ritorna nell’analisi delle valenze d’uso di mezzi di coesione lessicali quali connettivi e aggettivi anaforici, come rivela, ad esempio, l’alta ricorrenza di elementi cataforici in atti giuridici, rari invece nelle sentenze, o di espliciti rimandi logodeittici nei codici (140-41). La frequenza e le modalità di impiego di connettivi quali infatti, invero, in tal modo, al riguardo, sono ricondotti a esigenze di natura tecnica, quali riflessi linguistici di un’esposizione resa elaborata dalla «complessità dei fatti, [dal]la loro disamina analitica e [dal] livello al quale si dibatte la causa» (139), accanto alla presenza costante di marche di registro in connettivi quali benanco, tampoco, o aggettivi anaforici come il latinismo prefato (141-42). L’analisi è ampliata in prospettiva diacronica, con un confronto tra l’articolazione testuale delle sentenze dal 1880 al 2002 (143-55). Emerge un profilo di riduzione delle marche appartenenti a registri oltre il formale, anche se «la tendenza all’abbandono dei tratti letterari tradizionali nel passaggio dall’italiano standard all’italiano neostandard finisce, di riflesso, per dare ulteriore rilievo alla conservatività del linguaggio giuridico» (154). Concludono il lavoro due capitoli dedicati alle valenze verbali, ricchi di implicazioni teoriche: la nota tesi della perdita di rilevanza del verbo nella comunicazione tecnica è rivalutata alla luce dell’analisi di un verbo comune, agire, che annovera tra i suoi quadri argomentali usi esclusivamente giuridici. L’ipotesi è che tale tesi si applichi in misura diversa ad «ambiti settoriali e testi in cui la descrizione in chiave tecnica di azioni occupa una posizione centrale» (158). Cambierebbe, inoltre, rispetto alla lingua comune, il criterio definitorio degli argomenti del verbo, definiti in base all’«importanza referenziale» (162) e non all’intensità della dipendenza valenziale: la distinzione tra argomenti (obbligatori e facoltativi) e aggiuntivi non sarebbe, cioè, fondata su criteri linguistici, come nella lingua comune, ma 195 Besprechungen - Comptes rendus si baserebbe sui fattori che la disciplina fissa come costitutivi dell’azione espressa dal verbo. L’analisi puntualizza infine la questione dei criteri di identificazione del lessico tecnico, e, in particolare, della «monoreferenzialità», tratto definitorio non sempre rispettato nell’uso, discusso in relazione alla distinzione tra termini tecnici a livello di sistema e a livello testuale (163). Lo studio dei contesti valenziali e extravalenziali di un gruppo di verbi interessanti sul piano diafasico, in quanto probabili portatori o di valori tecnici o di marche di registro (abdicare, acclarare, addivenire, adire, adombrare, offerire, affrancare, alienare, appalesarsi, appellare, argomentare, avocare, azionare), permette un produttivo confronto tra la documentazione lessicografica e le attestazioni del corpus. Se la ricchezza dei dati e la capillarità dell’analisi permettono di giungere ad una descrizione fine delle funzioni e del grado di tecnicità dei verbi, esse rivelano al contempo come funzione tecnica e valore stilistico non costituiscano alternative assolute e come il modello fondato sull’opposizione tra tecnicismo e marca di registro appaia «troppo semplice per una adeguata comprensione dei profili sintattici, semantici e pragmatici dei verbi giuridici» (239). Come nell’osservazione precedente, è l’autore stesso a puntualizzare aspetti problematici o parzialmente irrisolti dell’analisi: l’esigenza di limitare la «dispersività» dei dati ottenuti con gli strumenti della linguistica dei corpora; il problema dell’individuazione del livello linguistico «non-marcato» quale parametro di riferimento per la formulazione di ipotesi; l’istanza di differenziare l’analisi in riferimento ai diversi tipi testuali in modo più esplicito di quanto non sia fatto. Oltre a questi spunti per ulteriori ricerche, Capitoli di linguistica giuridica offre un punto di partenza imprescindibile per ogni indagine di tipo comparativo: l’analisi contrastiva, e la traduzione, basate sul confronto di come le stesse esigenze tecniche e comunicative si realizzino con mezzi linguistici diversi in lingue diverse (come la preferenza dell’inglese giuridico per la ripetizione lessicale rispetto alla ripresa anaforica - cf. G. Garzone, «Tradurre la convenzione internazionale», in: L. Schena et al. (ed.), Traduttori e giuristi a confronto, Bologna 2002: 61s.), hanno quale prerequisito descrizioni, come questa, minuziose sul piano qualitativo e quantitativo, sempre volte a passare dal livello della descrizione a quello, insidioso ma affascinante, dell’esplicazione. Jacqueline Visconti ★ Giovanni Adamo/ Valeria Della Valle, Innovazione lessicale e terminologie specialistiche, Firenze (L. S. Olschki) 2003, xii + 258 p. Il volume Innovazione lessicale e terminologie specialistiche, a cura di G. Adamo e V. Della Valle, raccoglie gli studi presentati all’omonimo convegno internazionale che si è tenuto a Roma nel giugno del 2002 presso l’Accademia dei Lincei. I contributi pubblicati sono quindici (1-251), preceduti dall’Introduzione (vii-viii) e dall’Indirizzo di saluto di I. Baldelli e di B. Osio (x-xii) e seguiti dall’indice dei nomi (253-58). Il convegno rappresenta un’ulteriore testimonianza dell’interesse manifestato negli ultimi decenni in ambito internazionale per la normazione terminologica, per lo studio delle formazioni neologiche e per la trattazione informatizzata dei materiali lessicali che ha portato ad una nuova forma di lessicografia, quella dei corpora e delle banche dati, in cui un universo aperto a modificazioni e aggiornamenti sostituisce il mondo chiuso dei dizionari cartacei. L’interesse di questa opera risiede nell’aver riunito insieme lessicografia e terminologia specialistica e nell’aver illustrato un’articolata produzione di materiali e di repertori che of- 196 Besprechungen - Comptes rendus
