Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
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Kristol De StefaniCarla Bazzanella, Linguistica e pragmatica del linguaggio. Un’introduzione, Roma-Bari (Laterza) 2005, iii+236 p. (Biblioteca di Cultura Moderna 1176)
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Johanna Miecznikowski
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ristica di univocità del dato terminologico, e insieme la presenza della varietà nella situazione comunicativa «in vivo»; la teoria dovrebbe essere adatta a fornire risposte alle esigenze reali della comunicazione tra specialisti, e soprattutto tra specialisti e altri destinatari, e dovrebbe tener conto dell’appartenenza dei termini al linguaggio naturale, includendoli all’interno del lessico in un sistema che introduca nel paradigma descrittivo tratti cognitivi, semantici e pragmatici. M. Á. Vega Cernuda dedica il proprio studio, Traduzione e terminologia: qualcosa che non va (189-203), ai problemi che il traduttore incontra al momento di utilizzare gli strumenti messi a punto dalla terminologia, ed auspica che la scienza terminologica arrivi ad offrire al traduttore equivalenze esatte fra i concetti e i termini delle lingue messe a confronto, una uniformazione che però non deve favorire l’inglese, ma rispettare lo spirito di ogni lingua. Ancora a problemi legati al rapporto fra neologia e traduzione dedica il suo studio J. G. Palacios, Entre innovación léxica y diccionario de especialidad: el papel del traductor (225-40). Il contributo di J.-F. Sablayrolles, La néologie en français contemporain (205-24) pone l’importanza della neologia come fenomeno da studiare per se stesso ed offre una breve e schematica rassegna sui procedimenti di formazione dei neologismi nel francese contemporaneo, sui settori specialistici più produttivi e sui criteri con cui analizzare il problema della durata della novità fra entrata stabile nella lingua e sparizione. Lo studio di W. Pöckl, La circolazione della terminologia della psicanalisi nelle lingue romanze (241-51) che chiude l’opera, si occupa dei problemi terminologici legati al lessico della psicanalisi, comparando le traduzioni dei termini di Freud nelle varie lingue romanze. In particolare l’autore nota, soprattutto in italiano e spagnolo, una tendenziale duplicazione della terminologia psicanalitica: i due sinonimi, atto mancato e paraprassi in italiano ed acto fallido e parapraxis in spagnolo, sono motivati dalla traduzione rispettivamente del tedesco Fehlleistung e dell’inglese parapraxis, individuando l’origine di questo fenomeno nel passaggio alla supremazia inglese di una scienza psicanalitica nata da radici germanofone. Complessivamente il volume recensito appare come un’opera ricca di spunti, che riflette il forte e crescente interesse dei gruppi di ricerca, come quello udinese, sulle problematiche del metalinguaggio e della terminologia; sicuramente non mancheranno sviluppi ulteriori. Monica Ballerini ★ Carla Bazzanella, Linguistica e pragmatica del linguaggio. Un’introduzione, Roma-Bari (Laterza) 2005, iii + 236 p. (Biblioteca di Cultura Moderna 1176) Il nuovo libro di Carla Bazzanella integra in un unico volume di medie dimensioni un’introduzione agli approcci principali, le nozioni di base e la ricerca recente nell’ambito della pragmatica con un’introduzione sintetica alla linguistica. Si rivolge «principalmente agli studenti dei corsi universitari che intendono affrontare, all’interno di vari percorsi curricolari, lo studio della linguistica in una prospettiva pragmatica» (viii) - un manuale compatto, quindi, che risponde tra l’altro alle esigenze di un insegnamento modulare e interdisciplinare. La materia è esposta in un testo fluido, discorsivo, e pure molto denso, arricchito inoltre di approfondimenti in nota e di numerosi rinvii bibliografici, che «rispondono non solo ad un criterio di correttezza nel riconoscere le varie fonti, ma intendono incoraggiare, il più possibile, la lettura diretta dei testi» (viii). Il testo è accompagnato da un indice analitico che comprende ca. 1300 termini tecnici e denominazioni di lingue. 200 Besprechungen - Comptes rendus Il progetto di una introduzione combinata alla linguistica e alla pragmatica è ambizioso, ma coerente se si intende la pragmatica come prospettiva «relativa . . . ad ogni livello ed aspetto dell’uso della lingua» (102), che mette in evidenza «l’interazione della struttura linguistica con i principi dell’uso linguistico» (102, corsivo di C. B.). Infatti l’attenzione particolare per questo tipo di interazione percorre i dieci capitoli del volume come un filo rosso: nella prima parte, intitolata Le varietà della lingua (3-98), sono sottolineati gli aspetti funzionali, la dipendenza contestuale e l’adattabilità delle strutture linguistiche; inversamente, nella seconda parte (La prospettiva pragmatica, 99-214), la riflessione su (inter)azioni comunicative e processi interpretativi verte anche sulle variegate forme linguistiche coinvolte. Ma vediamo di seguire passo a passo il percorso proposto da Carla Bazzanella. Questo percorso inizia nel capitolo Lingua, lingue e linguaggi con una riflessione su che cos’è la lingua. Avendo precisato che il termine lingua si applica al linguaggio umano e naturale, distinguendolo così da linguaggi animali o artificiali, l’autrice individua una serie di proprietà generali del linguaggio umano, sia strutturali (1.2) che funzionali (1.3). Dopo questa caratterizzazione in termini intensionali, per così dire, si sofferma sull’estensione della categoria lingua (1.4): quante lingue storiche ci sono? Come possono essere classificate - secondo il loro numero di parlanti, il loro uso in varie situazioni di diglossia, oppure secondo criteri areali, genealogici e tipologici? Notiamo che l’ultimo aspetto è discusso in qualche dettaglio; in particolare, presentando i principi di una classificazione tipologica sintattica (SVO vs. SOV), l’autrice accenna al fatto che in molte lingue - come p. es. l’italiano - l’ordine delle parole è variabile, e introduce il concetto di marcatezza per trattare questa variabilità in una prospettiva tipologica. Il secondo capitolo, Le dimensioni di variazione, sposta il focus dalle lingue ai loro sottosistemi, descrivibili secondo le dimensioni di variazione diacronica (2.2), diatopica (2.3), diafasica (2.4), diastratica (2.5) e diamesica (2.6). In corrispondenza alla prospettiva pragmatica scelta, la variazione è concepita non come dipendenza delle forme linguistiche da fattori esterni determinanti, ma come componente della competenza comunicativa dei parlanti, permettendo loro l’adattamento delle scelte linguistiche alla situazione d’uso. Nel terzo capitolo, Discreto e continuo, l’autrice prende distanza dalla lingua come oggetto di studio per soffermarsi sulle operazioni che permettono di cogliere analiticamente quest’oggetto, suddividendo i fenomeni osservati in categorie e classificandoli. Sottolinea che si categorizza sia quanto nella lingua è intrinsecamente discreto (p. es. i fonemi) che quanto è continuo (p. es. la sostanza fonica). Ricorda inoltre che la categorizzazione, prima ancora di essere uno strumento dell’indagine scientifica della lingua, è un’attività cognitiva di base, che appare per esempio nello stesso fenomeno linguistico della lessicalizzazione («È il nostro modo, fin da bambini, per comprendere ed organizzare il mondo esterno, e poi via via le entità astratte ed i concetti, in base alle nostre capacità cognitive», 45). Questo breve momento di distacco riflessivo prepara il lettore-studente ad affrontare il capitolo quarto sui «livelli della lingua», che lo familiarizza con il modo in cui la linguistica analizza la lingua come sistema, distinguendo livelli e unità: dalla fonetica e fonologia (4.2) alla morfologia (4.3), la sintassi (4.4), il lessico e la semantica (4.5), e oltre la frase (4.6). Le ultime due sezioni contengono vari accenni alla dimensione pragmatica delle unità e costruzioni linguistiche, p. es. alle funzioni e condizioni della creazione lessicale o alle funzioni testuali della sintassi e della prosodia. Non a caso il capitolo si chiude con una sezione dedicata alla Grammatica «emergente» (4.6.4), «intesa come un processo continuo di strutturazione e di risistematizzazione, che si adatta costantemente all’uso» (87), tematica che sarà approfondita nella seconda parte del volume. La visione d’insieme della linguistica proposta nella prima parte del manuale si conclude con un breve capitolo metodologico, Gli strumenti d’analisi. Ci ricorda che le analisi del 201 Besprechungen - Comptes rendus fenomeno lingua presentate prima sono il frutto di una ricerca di tipo scientifico. Questa ricerca si distingue da altri tipi di discorso sulla lingua per il suo scopo descrittivo e esplicativo (piuttosto che prescrittivo), da raggiungere grazie a una serie di metodi empirici e di ragionamenti sia deduttivi che induttivi, in «uno scambio proficuo tra teoria e dati» (94). L’autrice insiste poi sul fatto che la disciplina scientifica così definita in modo generale è un campo eterogeneo. Le prospettive teoriche e i metodi usati sono vari, fra l’altro perché la linguistica accoglie concetti e metodi usati da altre discipline con le quali condivide l’oggetto di studio; un’interdisciplinarità «inevitabile» (98), accresciuta ancora negli ultimi anni, secondo l’autrice, nel quadro delle scienze cognitive. Se l’organizzazione della prima parte del volume è essenzialmente sistematica, nella seconda parte domina invece una prospettiva storica: tranne nel capitolo 2, i fenomeni studiati dalla pragmatica e le teorie sviluppate a proposito di essi sono presentati nel contesto di scuole di pensiero storicamente situate. Il primo capitolo, oltre a proporre la già menzionata definizione prospettica della pragmatica (1.1), passa in rassegna le direzioni di ricerca, formatesi nella prima metà del Novecento, che hanno portato avanti la riflessione sul rapporto tra lingua e uso e hanno così influito sulla nascita della pragmatica come nuovo campo disciplinare (1.2). L’autrice comincia da una brevissima storia della linguistica sincronica novecentesca, dallo strutturalismo e funzionalismo alla grammatica generativa e alla linguistica testuale. In questo quadro, riprende concetti di base, come quello di funzione o la dicotomia competenza/ esecuzione, che riflettono vari modi in cui la linguistica ha affrontato la questione dell’uso della lingua. Passa poi agli apporti non meno importanti della filosofia, della psicologia e della sociologia, abbozzando una pluralità di prospettive disciplinari, relative a scopi e tematiche centrali diverse. Il secondo capitolo (Contesto e deissi) definisce (2.1) e approfondisce una nozione pragmatica di base, quella di contesto. Da un punto di vista linguistico (2.2), l’importanza del contesto appare nel fenomeno universale della deissi, che appunto «codifica le relazioni tra lingua e contesto nelle sue varie componenti: chi parla, con chi, collocando oggetti ed eventi nello spazio, nel tempo o nel discorso stesso» (125). L’autrice distingue tra deissi personale, spaziale, temporale, del discorso/ testuale e sociale, tipi che presenta in dettaglio, mettendoli anche in rapporto con fenomeni affini. Così per esempio trattando la deissi personale coglie l’occasione per introdurre il concetto dei ruoli conversazionali, e nella sezione sulla deissi temporale discute le categorie della modalità e dell’aspetto - «per il loro stretto intreccio coi Tempi verbali, al cui valore complessivo in una data enunciazione contribuiscono significativamente» (140). Con i capitoli seguenti si torna a un discorso centrato sulle scuole di pensiero. La prima tradizione di ricerca ad essere presentata è la teoria degli atti linguistici (capitolo 3): Come fare cose con le parole di Austin (3.2), gli scritti di Searle nei quali vengono elaborate le idee austiniane e viene sviluppata una classificazione nuova degli atti illocutori (3.3), e gli atti linguistici dopo Searle (3.4). In quest’ultima sezione, l’autrice menziona in particolare la tipologia di atti linguistici proposta da Sbisà, e avverte due tendenze nella ricerca recente sugli atti linguistici: quella di esaminare la forza illocutoria nel suo rapporto con il contesto socioculturale e, a proposito degli indicatori di forza illocutoria, una presa di coscienza crescente della loro complessità. Un secondo filone (Grice e gli sviluppi successivi) parte da Grice (4.1-4.3), di cui sono presentate le riflessioni a proposito del significato (del parlante vs. dell’enunciato), come anche il postulato - specificato nelle massime conversazionali - circa la razionalità e la cooperatività della comunicazione, e l’analisi delle implicature legata ad esso. Nella ricerca dopo Grice (4.4), l’autrice identifica come fili conduttori da un lato l’ulteriore elaborazione di strumenti di analisi nell’ambito dell’implicito, e dall’altro lato il lavoro sulle 202 Besprechungen - Comptes rendus massime conversazionali, sia nella direzione di una loro riduzione, come nella teoria della pertinenza, sia nella direzione di un arricchimento, come nella teorizzazione sulla cortesia. Il passaggio dal capitolo 3 al capitolo 4 può essere visto come un avvicinarsi all’interazione come oggetto di ricerca, percorso che è compiuto nel capitolo 5 (Quando dire è interagire): «Dall’atto linguistico isolato (il performativo, l’atto di promettere ecc.) si è passati, con Grice e gli sviluppi successivi, ad una considerazione dello scambio verbale (e non verbale). Si tratta ora di riprendere un po’ i fili della ricerca pragmatica recente, per tracciare una prospettiva più ampia sull’interazione verbale.» (190). In questo ultimo capitolo, Bazzanella prima mette in contrasto due prospettive di analisi dell’interazione: l’analisi del discorso (5.1.1), che raggruppa diversi filoni di ricerca americani ed europei sviluppatisi in prossimità della linguistica testuale e avendo in comune un procedimento metodologico deduttivo, e l’analisi della conversazione (5.1.2), di impronta sociologica e dichiaratamente induttiva. Individua poi alcuni punti di convergenza fra le due tradizioni (5.1.3), sia sul piano metodologico (l’uso di dati reali e di sistemi di trascrizione) che sul piano delle categorie descrittive (p. es. l’adozione generale delle nozioni di turno e di sequenza). Per quanto riguarda il periodo più recente, l’autrice sceglie di mettere in evidenza i contributi che si organizzano attorno alla nozione di dialogo (5.1.4), nozione che propone di cogliere tramite un modello a prototipo con una serie di tratti riassumibili sotto le categorie dell’interattività e dell’intenzionalità (cfr. anche C. Bazzanella, «Prototipo, dialogo e configurazione complessiva», in: C. Bazzanella (ed.), Sul dialogo, Milano 2002: 19-34). Due dati importanti emergono dalla ricerca pragmatica e interazionista degli ultimi anni (5.2): da un lato il carattere negoziato sia della comprensione che della (co-)produzione linguistica, e dall’altro lato la stretta interdipendenza tra lo sviluppo sequenziale dell’interazione e varie dimensioni del contesto come p. es. il setting spazio-temporale o i ruoli dei partecipanti. Questi dati, come anche la problematica attualissima delle emozioni alla quale Carla Bazzanella accenna brevemente alla fine, e tante altre che aveva menzionato strada facendo, puntano verso la complessità (5.3) del significato pragmatico e dei processi di interpretazione. Johanna Miecznikowski ★ Claudio Galderisi, Diegesis. Études sur la poétique des motifs narratifs au Moyen Âge (de la Vie des Pères aux lettres modernes), Turnhout (Brepols) 2005, 230 p. (Culture et société médiévales) Après un livre très éclaté tentant d’appliquer à des corpus passablement hétérogènes de la littérature française médiévale la notion d’«incongru», sous le signe ambivalent des «enfances» (Une poétique des enfances. Fonctions de l’incongru dans la littérature française médiévale, Orléans 2000), Claudio Galderisi (C. G.) choisit une stratégie inverse dans son nouvel ouvrage: se concentrant sur le recueil hagiographique récemment revalorisé de La Vie des Pères, il fait rayonner le texte en traquant l’utilisation de ses motifs jusque chez des auteurs de notre modernité. D’emblée, tant la démarche que les objets abordés rendent hommage aux travaux de deux des médiévistes français qui ont le plus apporté à leur discipline durant ces dix dernières années: à son maître Michel Zink, C. G. doit en effet un regard nouveau sur la littérature religieuse du XIII e siècle, en particulier dans le sillage du récent Poésie et conversion au Moyen Âge (Paris 2003); à son ami Jean-Jacques Vincensini (voir, de ce dernier, Motifs et thèmes du récit médiéval, Paris 2000), il emprunte un processus d’analyse littéraire en termes de thèmes et de motifs. 203 Besprechungen - Comptes rendus
